Giampiero Cito, insieme ad Antonio Paolo, è l'autore di Mad in Italy.
Quindici consigli per fare business in Italia. Nonostante l’Italia, uscito il mese scorso (e già in ristampa).
Quando ho seguito una delle sue prime presentazioni ero a Siena, nella sua città, e sono rimasta colpita dalla risposta di sua madre quando qualcuno le ha fatto i complimenti per un così bravo figlio. "Ah, ma lui è uscito così da solo!" ha risposto la signora, facendomi subito venire in mente uno dei capitoli-consiglio più belli del libro: 11. "Fai le cose a modo tuo".
Giampiero e Antonio, direttore creativo e strategic planner dell'agenzia Milc che hanno fondato, sono i due pubblicitari che nel 2009, "decapitati" dalla crisi, hanno creato Mad in Italy! e hanno affermato che la capacità reale di fare impresa oggi in Italia e proporre prodotti leader a livello mondiale è frutto della genialità degli imprenditori che hanno il coraggio, la lungimiranza e la creatività di realizzare la propria idea d'impresa in Italia, guidati da “lucida follia”, viste le enormi difficoltà che un'azienda deve affrontare ogni giorno nel nostro Paese per non morire.
La storia di Mad in Italy! non finisce però con un libro, perché presto sentiremo parlare di "Italia Caput Mundi". In attesa che il nuovo progetto veda la luce, abbiamo chiacchierato con Giampiero e questo è il risultato.
Che cos'è Milc, da cui nasce il progetto Mad in Italy, e cosa vuol dire "fare esperienze di comunicazione nuove di zecca"?
Milc è un'agenzia di comunicazione pubblicitaria che, per scelta, ha deciso di sviluppare la propria attività a Siena, in quella che fino a pochi anni fa poteva essere definita "la periferia della periferia della comunicazione pubblicitaria". Negli anni abbiamo costruito un gruppo di persone complementari e validissime che condividono la nostra stessa idea: dove si vive bene si pensa meglio. E pensare progetti e produrre idee nuove è il nostro pane quotidiano.
La comunicazione sta attraversando un momento di rivoluzione epocale. Da alcuni anni gli strumenti cosiddetti "tradizionali" diventano spazi per divulgare campagne nate e pensate per essere veicolate altrove, sul web e sui social network, ad esempio. Abbiamo coniato un termine che è "sitevertising"; il concetto è quello di unire le logiche dell'advertising con le potenzialità del web. Per alcuni clienti, ma anche per i progetti autoprodotti da noi, seguiamo questa logica.
Alla base di tutto c'è sempre una brand idea. Tutto parte da una chiacchierata dove si inventano nomi, strategie e movimenti di pensiero che, per il fatto che prima non c'erano, diventano immediatamente notiziabili. Nuovi di zecca.
Cosa significa "brand new"?
"Brand new" è il nostro pay off. Letteralmente vuol dire appunto "nuovo di zecca", ma se inverti l'ordine delle parole hai "new brand", una marca che, a partire da questa rivoluzione delle idee ne risulta completamente rinnovata. Lo facciamo per clienti di ogni settore, dalla finanza all'assicurazione, dal vino al food, dalla pubblica amministrazione ai servizi al cittadino.
Che cosa significa comunicare l'innovazione oggi? E qual è la tua percezione di ciò che viene comunicato dagli stakeholders?
Se per "innovazione" si intende meramente l'attesa dell'ultimissimo modello di smartphone o l'upgrade di un sistema operativo, siamo confinati in un'innovatività a breve scadenza.
Tra un anno ci sarà sicuramente un nuovo modello o una nuova versione che la renderanno già obsoleta. Se invece con "innovazione" si identifica l'opportunità che la novità è capace di generare, allora si può pensare di avere realmente in mano gli strumenti per provare a cambiare il mondo. O quantomeno una porzione di esso.
Per me ogni innovazione è tale se, una volta immessa nel mondo in cui si vive, porta una serie di sviluppi, anche collaterali e inattesi che, nel corso del tempo, modificano la nostra quotidianità. Nel caso dei social network, ad esempio è innovazione l'algoritmo di Facebook o le immense aperture mentali che la sua creazione ha portato nelle teste di un miliardo di utenti? Su Facebook sono diventato "amico" di mio padre che ha oltre 65 anni di età. Se non è innovazione questa!.
La comunicazione può e deve avere, per questo, una funzione "terapeutica" rispetto alle distorsioni che il quotidiano ci presenta davanti. Comunicare vuol dire creare condivisione tra due o più attori. Questa è una grande opportunità che noi stiamo utilizzando su più fronti e su molti dei nostri progetti. Ci riconosciamo in pieno nell'idea di Paolo Iabichino che,con il suo "Invertising", propone di invertire il senso di marcia della comunicazione pubblicitaria così come la conosciamo.
Credi che oggi per fare impresa sia sufficiente avere un sogno da realizzare?
Quando alla fine del 2010 noi di Milc abbiamo dato vita al progetto "Mad in Italy", per dare un input agli imprenditori italiani sul bisogno di riconoscere il valore delle proprie idee e continuare a crederci investendo in un Paese difficile e complesso come l'Italia, ci siamo posti questo dubbio. Dopo due anni in cui la crisi di allora non si è affatto sopita, anzi, sta creando numerosi e ulteriori sconquassi, la risposta è: no, i sogni non bastano.
Bisogna avere la capacità di capire se la nostra idea è realmente valida, non innamorarsene e, se serve, essere pronti a modificarla o addirittura a disfarsene. Se invece, ci si accorge che l'idea è concretamente positiva, nel senso che può creare reali opportunità di business, sviluppi virtuosi, posti di lavoro, non investirci per paura della crisi, quello sí che sarebbe un delitto.
Pensi manchi qualcosa al Decreto Sviluppo per aiutare e tutelare gli imprenditori italiani?
In un momento delicato come quello che stiamo attualmente vivendo, credo che siano fondamentali progetti come questo dove si parte dalla concretezza dei bisogni primari per chi inizia una nuova attività imprenditoriale. La mia idea di start-up è, tuttavia, un po' diversa da quella che solitamente viene proposta. Credo che sia ormai superata la fase in cui le nuove imprese erano prevalentemente quelle legate ai concetti di innovazione tecnologica.
Il mercato si sta saturando di realtà con una "mortalità infantile" altissima, molte delle quali non superano i due anni di vita.
Credo che sia il tempo di pensare a start-up dove si fa innovazione a partire anche dalle radici produttive della nostra cultura agricola e industriale. Abbiamo tanti settori e comparti di produzione in cui siamo ancora molto competitivi. Comunicare il bisogno di investire in innovazione di processo su questi settori, è una sfida che ci piacerebbe portare avanti nei prosssimi anni.
Non ci dimentichiamo che quando Michele Ferrero inventò la Nutella lo fece a partire dagli ingredienti della crema di gianduia, uno dei prodotti della tradizione piemontese. Si possono creare nuovi prodotti e nuovi mercati,anche internazionali, se siamo capaci di rinnovarci. E non soltanto parlando di nuove tecnologie e di settore digitale.
Qual è l'ostacolo con cui ti sei scontrato più spesso durante il tuo viaggio professionale?
L'indisponibilità di molti dei nostri interlocutori a farsi guidare in percorsi diversi da quelli logici. Quando il cliente si lascia condurre su strade laterali vengono fuori le cose più belle, i progetti migliori, le campagne più efficaci. A volte nei viaggi di ritorno da un appuntamento andato male, mentre guido, capita che un account mi riporti alla realtà dicendomi: "Non erano ancora pronti per questa idea". Fortunatamente non sempre è così.
Lasciaci con un consiglio: come crescere nel senso più imprenditoriale che hai in mente?
Smetti di perdere tempo a citare Steve Jobs e prova davvero a fare nel tuo campo quello che lui ha fatto nel suo. Pensa, ma poi attivati per fare!