La notizia è di poco più di 24 ore fa: Amazon sancisce un'alleanza con Twitter e lancia in USA e UK un nuovo servizio per rendere ancora più semplice la fase di pre-ordine nel processo di acquisto online.
Come funziona? Semplice: usando due hashtag, #AmazonCart per gli USA e #AmazonBasket per gli UK, rispondendo a un tweet che conterrà un link ad un singolo prodotto di Amazon sarà possibile "inserire nel proprio cartello" lo stesso, per completare poi l'acquisto in un secondo tempo.
Un modo per agevolare ancora di più la possibilità di raccogliere i propri "prodotti preferiti", rimodulando però la fase d'ingaggio dell'utente. Uno strumento che, ad una lettura attenta, può essere anche il primo passo di un'evoluzione più complessa. Proviamo a spiegare perché.
L'engagement più forte è l'esperienza
Per illustrare il quadro, citiamo la scena di un film particolarmente divertente, che spiega in maniera efficace come funzioni il processo che porta ad acquistare un prodotto. Il film è High Fidelity, e il protagonista, John Cusack, ad un certo punto decide - come lui stesso ammette - di vendere 5 copie di un album in particolare, quello dei The Beta Band. Come?
Avete notato? Appena inizia a suonare il brano, i visitatori del negozio di musica improvvisamente cambiano atteggiamento. Chi comincia a flirtare, chi si pone all'ascolto, chi chiede apertamente chi siano i musicisti in sottofondo, complimentandosi per la scelta.
Non solo un escamotage cinematografico, ma un vero e proprio excursus di cosa capiti quando, in un contesto adatto, si inserisca un "assaggio" del prodotto che si vuole vendere a una platea potenzialmente pronta ad acquistare quello stesso prodotto.
John Cusack non fa altro che sfruttare l'esperienza che stanno vivendo i suoi clienti, sfruttando a suo vantaggio le condizioni ambientali.
In un negozio di dischi particolarmente ricercati, se dal niente viene fatto suonare un brano inedito e accattivamente, l'attenzione di chi si trova lì a cercare qualcosa di bello si polarizza, con buona probabilità che l'acquisto sia portato a buon fine (con sommo gaudio del negoziante).
Lo stesso processo, per sommi capi, può essere attivato in un social network. Uno spazio digitale, pieno di persone, in cui sono indicizzate discussioni di ogni genere e in cui è possibile promuovere la propria merce, se si riesce a contestualizzarla in maniera accattivante. Amazon, insomma, cerca di sfruttare queso aspetto andando a velocizzare il processo di "raccolta" dei prodotti più interessanti, giocando sul fatto che in una dimensione sociale l'utente è sospinto da meccanismi più emozionali che razionali.
Discuto con il mio brand preferito, partecipo a un topic di discussione, e magari incappo in un prodotto che può completare l'esperienza sociale, o soddisfare il bisogno che si è venuto a creare: grazie ad Amazon, sarà possibile velocizzare il processo di soddisfazione.
Twitter, Amazon e l'importanza dell'utente
Ma l'utente, in questo caso, è solo il terminale del processo? Un "twittero" è solo un consumatore qualsiasi?
Posto che non abbiamo provato il nuovo servizio, ma come si suol dire in questi casi "la domanda sorge spontanea": se un twittero qualsiasi condivide il proprio prodotto preferito con link correlato ad Amazon, e quel contenuto condiviso diventa veicolo per un acquisto, cosa capita? L'utente diventa il tramite decisivo per completare, se non altro, "l'inserimento nel carrello": per questo, viene premiato?
Se poi il gesto "order-later" viene compiuto proprio grazie a un bisogno generato dall'intercessione dell'utente - pensiamo a una discussione su un libro, o un film, o un qualsiasi articolo acquistabile su Amazon - che ci coinvolge in un topic mirato e inconsapevole, allora il focus diventa proprio quando la relazione che si instaura fra il sito di e-commerce e il consumatore finale non sia più limitata a due attori. La dimensione social di Twitter, ai fini di un acquisto che può essere sviluppato in quell'ambiente, può diventare quindi il fattore decisivo per far propendere in senso positivo la scelta se acquistare, o meno, un bene.
Un fenomeno già ampiamente osservato nella crescita esponenziale dei social network, ma che oggi rende ancor più monitorabile l'efficacia - in termini economici - di un'attività di social media marketing basata sul contenuto. Amazon farebbe bene, se il servizio dovesse prender piede, a cominciare a immaginare incentivi per quegli utenti di Twitter che, usando la propria influenza in una data sfera sociale, facessero concretizzare acquisti elettronici prima impensabili. E attenzione: non parliamo di account ufficiali: ma di utenti "normali". Aumenterebbe la propria influenza e fidelizzerebbe ancor di più chi già si serve di questo canale per i propri acquisti, proprio perché riconoscerebbe un ruolo a chi assolvesse il ruolo di endorser.
Sarebbe forse quello il primo passo per evidenziare come il ruolo del prosumer è ormai decisivo e, per certi versi, irreversibile. Il consumatore non è più un semplice terminale, ma un alleato su cui le aziende possono contare per veicolare i propri messaggi e vendere i propri prodotti.
Fattore non secondario: la penetrazione dei mobile. Se l'accesso al web si sposta più su smartphone e tablet che da desk, anche quei canali che sanno essere performanti in tempi ragionevolmente brevi (come Twitter, appunto) possono essere terreno ideale per "seminare" relazioni che si concretizzano. In un incontro, nel caso delle persone. In un acquisto, nel caso di un link a un sito di ecommerce.
Insomma: l'alleanza fra Amazon e Twitter può portare sviluppi per certi versi imprevedibili.
Voi che ne pensate, amici lettori?