Content is king, content is king, content is king. Da quando il content marketing ha conquistato prepotentemente le luci della ribalta, tale frase è sicuramente fra le più usate (ed abusate). Molti colleghi e amici sostengono che sia sufficiente creare buoni contenuti per vincere la guerra dell’audience, per comparire primi nelle pagine dei motori di ricerca, per essere popolari sui social network e per far crescere il proprio business. E se le cose non stessero proprio così? Se servisse qualcosa di più?
A far luce sull’argomento arriva un interessantissimo rapporto del New York Times che, fornendo contenuti di qualità dal 1851, essendo un brand di caratura mondiale per eccellenza, “sfornando” oltre 300 url (articoli) al giorno e disponendo di una delle redazioni più prestigiose, dovrebbe avere gioco facile nella guerra dell'audience sul Web.
Se content is king, il king of contents non dovrebbe avere problemi a conquistare la Rete, cioè la nuova platea mondiale in cerca di contenuti di qualità. E invece … Il NYT sta perdendo terreno a scapito di nuove realtà che hanno rivoluzionato le regole del gioco e che spesso riescono a sfruttare i contenuti che il Times ha a disposizione per attrarre clienti verso il proprio business.
Perché il re dei contenuti perde colpi
Perché? Perché la storica testata, come spiega il rapporto che invito a leggere non ha curato “l’arte e la scienza di portare il proprio giornalismo ai lettori”. Lo studio nasce dalla constatazione che pur disponendo del miglior contenuto, la mancanza di una strategia, di app e di strumenti in grado di emergere nel nuovo scenario tecnologico ha bloccato la crescita e sta aumentando il vantaggio competitivo a favore di realtà che hanno sconvolto il modello di business dell’editoria tradizionale. Si tratta di un fenomeno nuovo?
No, nello stesso rapporto si evidenzia benissimo, come la lamentata perdita di competitività sia dovuta ad un errore concettuale commesso dalla testata: nell'economia tradizionale il NYT aveva sfruttato al meglio un avanzatissimo processo di distribuzione, in grado di portare le notizie (fisicamente) direttamente a casa dei lettori (from publisher to reader), mentre il management attuale, non avendo compreso le dinamiche della new economy, ha ritenuto che fosse sufficiente solo creare buon contenuto senza dover svolgere altre attività preparatorie e collaterali. Invece gli ultimi arrivati si sono adoperati e hanno messo in campo piani operativi e tecnologie innovative (“disruptive”) per accrescere e catturare la propria audience (creando engagement).
Gli (ex) outsider sono stati sottovalutati perché "il Times ha guardato la concorrenza con le lenti del contenuto invece che con quelle della strategia e i rivali li hanno sopravanzati per merito dei loro progetti e strumenti in grado utilizzare al meglio i social (ovvero grazie all'applicazione sapiente del social media marketing), di aggregare community, di sfruttare il search marketing” “nonostante il loro contenuto” e di creare applicazioni e tool in grado di adattarsi al fenomeno della diffusione del mobile ed ai nuovi gusti del pubblico in tema di fruizione dei contenuti.
Il contenuto alla caccia del lettore: reader is King
La chiamata alle armi risuona forte e chiara in ogni riga del rapporto: il dovere dei giornalisti (e/o blogger) di oggi e di domani è trovare la propria audience (o meglio, direi, applicare sapientemente i principi del permission marketing ed aiutare a farsi trovare dalla propria audience).
I reporter del Times smettono di lavorare quando l’articolo viene pubblicato mentre la concorrenza, in quel momento, comincia il proprio lavoro di promozione (anzi, molti competitor fanno un accurato lavoro di PR e sui social in fase di prelancio). Il vantaggio competitivo nella battaglia dell’editoria digitale è frutto di un lavoro scientifico ed artistico: al Wall Street Journal, ad esempio, hanno creato un apposito “audience engagement team” composto da SEO, social editor e analisti dei dati.
La scelta dal New York Times: una buona strategia di Inbound Marketing
Qual è la ricetta per recuperare terreno? Anche se nel rapporto non viene mai citato il termine, l’unico modo che l’”elefante” NYT ha per recuperare terreno nei confronti delle (ex)“pulci”, è quello di abbracciare la metodologia dell’Inbound Marketing, ovvero l’arte e la strategia di “portare il contenuto dinanzi ai giusti lettori nel momento opportuno e nel posto opportuno” e di utilizzare le metodologie, i software e gli strumenti di analisi, testing e monitoring dei risultati offerti dal web in maniera “scientifica” . Che siamo proprio dinanzi ad una richiesta di strutturare un piano strategico di Inbound Marketing è testimoniato da un grafico pubblicato a pag 25 del rapporto.
Il funnel, l’imbuto (anche se mi convinco ogni giorno di più che la metafora più convincente del processo decisionale sia quella del viaggio aereo utilizzata da Google quando parla dello ZMOT) concettuale nel quale convogliare l’audience attuale e potenziale è tipico del procedimento dell’Iinbound Marketing e viene schematizzato nelle seguenti fasi ideali:
- da non lettori
- a lettori casuali
- a lettori abituali
- a utenti registrati
- a sottoscrittori a pagamento
- a loyalist
- (io aggiungerei anche un tassello ulteriore: quello degli evangelist in grado di attrarre altri lettori)
Chi voglia approfondire l’argomento dell’inbound troverà qui un “corposo” post in cui tento di illustrarne vantaggi, principi e modalità operative. Per chi voglia invece trarre consigli pratici dalla lezione del New York Times, utili sia per free lance che per aziende che intendono applicare strategie di content marketing, ecco dodici suggerimenti da approfondire e di cui fare tesoro:
Le 12 regole indispensabili per reporter, editor e blogger
- studia una strategia che ti consenta di ottenere la massima visibilità per ogni singolo post e per il tuo piano editoriale;
- scrivi articoli SEO friendly, elaborando un testo che deve essere utile alla tua audience ma deve tener conto delle “regole di grammatica” imposte dai motori di ricerca;
- tieni conto dell’avanzata del mobile e dei tablet e considera se valga la pena rifare il tuo sito aggiornandolo per il mobile first o rendendolo responsive e device friendly (N.B. se non lo fai rischi di perdere una grossa fetta di pubblico);
- scegli di essere attivo sui social in cui si ritrova la tua audience (ed in quanti più social possibili, tenendo conto delle tue possibilità di tempo e di risorse per tenerli tutti vivi);
- scegli il tempo giusto per pubblicare (prova e riprova analizzando i dati);
- costruisci la tua community o diventa leader di una giusta per le tue esigenze;
- fai networking intessendo relazioni con gli influencer della tua nicchia,
- riutilizza il contenuto che hai prodotto in maniera intelligente (spesso hai una miniera “nascosta” che aspetta solo di essere rielaborata e pubblicata);
- fai content curation, infatti segnalare contenuto altrui può essere altrettanto utile e proficuo che produrne di tuo;
- fai molti esperimenti, non avendo paura di fallire ma sbaglia ed abbandona in fretta ciò che non funziona;
- sfrutta le armi che la tecnologia ti mette a disposizione (siano esse app, alerts, modalità innovative di presentare contenuto ecc);
- misura, misura e ancora misura. Nell'era dei big data valutare i risultati e settare le proprie strategie in base alle giuste KPI (le metriche per valutare il ritorno dell’attività che si sta facendo) è fondamentale e lo sarà sempre più in futuro. (Se sei interessato a tale tematica non perdere il corso in Performance Analytics della Ninja Academy).
P.S. Un buon contenuto, anche se da solo non può assicurare il successo, è comunque un prerequisito fondamentale ed è alla base di qualsiasi valida strategia di Inbound Marketing.