Il Native Advertising è ormai una grandissima realtà e anche Netflix ha sperimentato questo nuovo strumento pubblicitario per promuovere la serie Orange is the new black. Sul New York Times è apparso infatti un testo di circa 1500 parole riguardante l'incarcerazione femminile negli Stati Uniti, argomento di cui tratta la serie.
Quello per OITNB è tra i primi esperimenti di Native Adv del nuovo T-Brand Studio del Times
"I progetti funzionano perché noi collaboriamo con i marchi, troviamo storie, cerchiamo trame che non sono come vendere direttamente il prodotto ma che i lettori collegheranno al prodotto ricevendone informazioni utili" - dice Sebastian Tomich - vice presidente del settore pubblicitario del Times e co-ideatore del T-Brand Studio.
Cos’è il Native Advertising?
Con il Native Advertising, un contenuto pubblicitario è visualizzato all’interno dei contenuti offerti al lettori. A differenza della pubblicità tradizionale che ha l’obiettivo di “distrarre” il lettore dal contenuto in modo da comunicare il messaggio, il Native Advertising ha l’obiettivo di “immergere” la pubblicità all’interno del contesto.
Chi progetta e realizza campagne pubblicitarie native, non ha lo scopo di attrarre solo l’attenzione dell’utente, ma desidera creare engagement.
In sostanza si cerca di invogliare qualcuno a dedicare la propria attenzione alla pubblicità facendo in modo che non sembri pubblicità. Ecco che cos’ è il native advertising: convogliare gli utenti su un brand o un prodotto senza forzarli.
Sono svariati i motivi per cui i brand dovrebbero preferire il native advertising alla pubblicità online tradizionale, in primis la possibilità di associare al brand un contenuto informativo e non intrusivo che stimoli la condivisione. Ce lo dimostra Buzzfeed che non presenta banner pubblicitari e punta tutto su sponsored stories, il che produce un risultato fantastico in termini di brand awareness. Dunque, lo scopo è realizzare dei contenuti connessi in maniera indiretta al brand.
Il Native Adv per Orange Is The New Black
OITNB, per esempio, è uno show che riguarda l'esperienza di una donna in prigione, e la seconda stagione dello show è disponibile da qualche settimana su Netflix. La serie racconta di Piper Chapman, una donna proveniente dal Connecticut, residente a New York, che viene condannata a scontare quindici mesi al Litchfield, un carcere federale femminile, per aver trasportato una valigia piena di soldi illeciti per una trafficante di droga internazionale.
Attraverso la tecnica del Native Adv, il Times non dice mai esplicitamente ai suoi lettori di guardare lo show con i post sponsorizzati a pagamento ma indaga approfonditamente l'argomento delle donne in prigione tramite articoli, informazioni e notizie sul tema.
I Native adv sono ormai un importante pezzo della strategia di guadagno digitale del Times. Sotto la guida di Meredith Kopit Levien, vicepresidente esecutivo del settore pubblicitario del Times, il quotidiano ha introdotto il primo progetto di Native Adv a gennaio. Tra i primi inserzionisti ad usare il prodotto ci sono stati Dell e Goldman Sachs.
Grazie a questa scelta, nel primo trimestre di questo anno, il Times ha interrotto una serie di insuccessi in pubblicità-vendite durato 3 anni, portando un incremento del 3.4% nei suoi ricavi.
Creare contenuti importanti per i marchi con il native adv è solo parte del lavoro. L'altra parte è rappresentata dalla distribuzione. I marchi vogliono “arrivare” ed è per questo che T-Brand studio ha raddoppiato i propri investimenti social. “A chi importa quanto grandioso è il racconto se nessuno lo legge?” dice Mark Thompson, CEO del Times.
Native Advertising in espansione
Gli analisti prevedono che entro il 2016 ci sarà il boom degli investimenti per questa nuova forma pubblicitaria. Alexis Caffrey su Memeburn spiega che la il 99.8% dei banner vengono ignorati, mentre i native ad vengono guardati il 52% in più della pubblicità tradizionale.
NativeAdvertising.it riporta infatti questi dati:
Le previsioni sono:
• investimenti per 3 miliardi di dollari entro il 2016;
• il 70% dei creativi afferma che la User Experience è la vera forza della native advertising;
• il 14.3% dei publisher si sono dichiarati propensi a sperimentare questo sistema per incrementare le revenue;
• il 57% degli investitori punterebbero su questo nuovo tipo di advertising;
• il 59% delle agenzie pubblicitarie credono nelle potenzialità di questa nuova forma pubblicitaria.