Importanti cambiamenti in casa P&G. Dal 1 luglio, infatti, il colosso multibrand statunitense ha abbandonato la sigla marketing director e l’ha sostituita con quella di brand director. Di conseguenza, l’ufficio marketing è diventato Brand management, e si occuperà di “strategie, piani e risultati per i brand”.
Il cambiamento si propone di "unificare le risorse per concentrarsi sulla realizzazione di migliori risultati, chiarire ruoli e responsabilità per prendere decisioni più rapide, e semplificare la struttura per guadagnare tempo per la creatività e un’esecuzione migliore", ha dichiarato P&G in un comunicato.
Il Brand management di P&G ha ora quattro funzioni:
- brand management, una volta noto come marketing;
- consumer and marketing knowledge, ovvero ricerche di mercato;
- communications, relazioni pubbliche ed esterne;
- design, o visual brand identity.
Il marketing è morto. Lunga vita al branding?
È passato qualche decennio dalla definizione di marketing così come lo conosciamo.
Senza dubbio il marketing non è più semplicemente “quell’insieme di attività che vanno dall’ideazione di un prodotto o servizio al suo utilizzo da parte del consumatore”.
Era il 1965 quando Philip Kotler definiva il 'nuovo marketing' come il concetto che comporta “la ricerca di aree in cui esistono desideri dei consumatori (attuali o potenziali) insoddisfatti”. E più recente è l’idea secondo cui il marketing comprende “l’insieme di attività con cui un’organizzazione soddisfa le esigenze di persone o altre organizzazioni, mediante prodotti o servizi, oppure sostenendo idee e valori.”
Se avete studiato bene, però, la scelta di P&G di abbracciare una strategia più orientata al brand management che al marketing non dovrebbe sorprendervi più di tanto. Fu proprio Neil H. McElroy, presidente di P&G, che nel 1931 parlò per la prima volta di brand management in un memo interno all'azienda!
Negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Internet, i social network, i consumatori. Oggi non è più sufficiente gestire. Oggi bisogna creare. Creare valore, contenuti, relazioni.
Ecco perché Kotler, sempre lui, oggi parla di un marketing sempre più legato alla sfera emozionale, ai valori, alla collaborazione e all'emancipazione del consumatore sempre più attento.
I marketer sono diventati dei narratori, al pari di editori e registi, in grado di raccontare storie.
Cosa ama il marchio? Cosa fa per migliorare il mondo? Cosa ha in comune con me?
Queste sono le domande a cui i brand manager di P&G devono rispondere.
Dimentichiamo la famosa casalinga di Voghera che tra Beautiful e Centovetrine vede la pubblicità dello smacchiatore che toglie anche le macchie più ostinate e corre a compralo al Conad più vicino.
La cliente P&G è quella che guarda su YouTube i video virali e si emoziona guardando "Thank you, Mom". È quella che approva un packaging eco-sostenibile e che apprezza che la sua opinione sul prodotto venga ascoltata.
Un benvenuto ai brand manager
Facciamo quindi un 'in bocca al lupo' ai nuovi marketer, i brand manager, alle prese con storytelling, SEO, customer experience. Ci chiediamo se anche altre aziende accoglieranno la rivoluzione messa in atto da P&G e cambieranno anche loro etichetta.
"Cosa c'è in un nome?", si chiedeva Shakespeare. Coloro che chiamiamo marketing manager o brand manager, anche con un altro nome, faranno sempre lo stesso lavoro - più o meno.
Però, diciamolo, brand manager è molto più cool.