Il Team Building è diventato per molte aziende la regola organizzativa prioritaria per raggiungere risultati straordinari in termini di aumento della produzione e miglioramento del servizio al cliente. Il lavoro di squadra faciliterebbe, infatti, la comunicazione, avvicinando management e personale operativo, facendo emergere la leadership e veicolando con empatia vision, mission e valori aziendali.
Ma come si fa motivare, orientare e guidare gli altri verso il raggiungimento ottimale degli obiettivi di squadra? Abbiamo intervistato per questo Gianluca Lisi, docente del Percorso Esperenziale in Professional Empowerment della Ninja Academy.
1. Perché ad un'azienda conviene avere dei dipendenti felici?
Le aziende hanno due piani, due livelli di obiettivi: il primo è quello esplicitato nelle mission, nelle vision, nei budget, nei documenti e nelle dichiarazioni aziendali. Poi c’è il secondo, ed è un piano inconscio: l’azienda come gruppo umano forma un aggregato psicologico, una metapersonalità che si pone oltre quella delle singole persone che compongono l’azienda.
Quando le persone che lavorano in azienda non sono felici, il piano inconscio, che è quello che conta veramente, diventa una tendenza, non detta e non esplicitata ma presente e potente, verso la liberazione di quelle persone dall’infelicità tramite la distruzione dell’azienda. Avere collaboratori felici è quindi non solo conveniente per le aziende ma è una necessità vitale.
2. Quanto è importante oggi fare community e team building?
Recentemente è apparso sul Financial Times un articolo di Henry Mintzberg, uno degli esponenti più autorevoli del pensiero manageriale contemporaneo, nel quale si sostiene che il motivo principale della crisi economica attuale sia dovuto alla mancanza di spirito comunitario aziendale. In pratica, il disastro economico a cui assistiamo sarebbe dovuto alla mancanza di un vero spirito comunitario che ponga al primo posto il benessere della collettività, intesa sia come azienda che come società in generale.
Mintzberg fa rilevare come ci siamo spinti troppo oltre con l’individualismo economico e lo spirito competitivo: dobbiamo recuperare lo spirito di comunità e di cooperazione e con questo bilanciare la nostra tendenza culturale all’individualismo troppo estremo. Per questo, apprendere tecniche di lavoro che favoriscono la cooperazione tra le persone dell’azienda, è uno strumento essenziale per sviluppare questo spirito più comunitario e responsabile verso la collettività interna ed esterna all'azienda.
3. C’è un trucco (a parte la gratificazione economica ;) ) per motivare i collaboratori?
Il trucco c’è ed è semplice da capire ma difficile da mettere in pratica: diventare uno di quei manager o imprenditori che Jim Collins, un autore di grande valore nel campo del management, definisce Level Five Executive: un manager che rappresenti l’unione paradossale tra umiltà e volontà professionale. Più precisamente, occorre capire e poi mettere in atto l’idea che la leadership più vera e potente è quella che vede il leader al di sotto del gruppo, che sostiene gli altri. Robert K. Greenleaf ha definito questo approccio Servant Leadership, la leadership intesa come servizio agli altri, in primo luogo verso i propri collaboratori.
4. Dal grande dovere della leadership derivano più responsabilità o più soddisfazioni?
La soddisfazione vera deriva dall’assumersi le proprie responsabilità verso la vita, la sua evoluzione, verso quella corrente di energia che attraversa le persone e le fa crescere, soddisfa i loro veri bisogni e fa crescere le persone, le aziende e la società nel suo insieme. Non c’è contrasto tra i due termini, responsabilità e soddisfazione.
Il problema è che viviamo in un momento storico caratterizzato da una bolla culturale edonistica che tende a non distinguere la differenza tra piacere e gratificazione. La vera soddisfazione, quella che realizza i nostri bisogni è identificabile con la gratificazione: e ciò che è gratificante spesso non è piacevole. Ma è gratificante: servire gli altri con l’esercizio di una vera leadership è faticoso, spesso non è piacevole, ma è gratificante.
5. Durante il percorso esperienziale in Professional Empowerment parlerai di Co-Creation insieme a Mirko Pallera. Cosa devono aspettarsi i partecipanti?
Tutti noi siamo spinti verso le nuove esperienze dall’idea di andare là, oltre la nostra comfort zone, e portarci via qualcosa, portare a casa qualcosa. Quello che vorrei invece è che i partecipanti lasciassero qualcosa in questo corso, si liberassero cioè da alcuni pesi, pensieri o idee o atteggiamenti, che in qualche modo ostacolano la loro piena espressione personale e la loro crescita. C’è un futuro che vuole nascere attraverso di noi, come singoli e come gruppi, e per farlo deve trovare aperta la strada, il canale che noi siamo nei confronti di una grande volontà che vuole utilizzarci per realizzare un futuro migliore per tutti.
Quello che i partecipanti possono aspettarsi è quindi un nostro metterci in gioco con loro a livello profondo e sincero per capire chi siamo veramente, quali sono le nostre potenzialità ancora inespresse, e come possiamo metterci al servizio della forza creativa che ci chiede un nuovo e più profondo livello di impegno nella nostra vita professionale e nella nostra esistenza di persone.