Leggiamo su Marketing Land che il termine “mobile-first” è talmente impiegato a sproposito che ha cominciato a perdere significato. C’è chi si chiede se voglia dire, sic et simpliciter, creare un’app mobile, e chi invece pensa sia da riferirsi ad un sito con un’interfaccia responsive. Dunque: cerchiamo di fare chiarezza.
Mobile-first
Si tratta, in realtà, di ripensare completamente la customer experience, ridisegnarne la mappa, specialmente in quanto concerne la generazione Y dei consumatori e dei lavoratori, quella dei cosiddetti millennials. Un gruppo di persone che si discosta parecchio dalle generazioni più vecchie, totalmente immerso com'è nel mondo digitale dall’infanzia, se non addirittura dalla nascita.
Ora che il traffico da mobile ha superato quello da desktop è indispensabile pensare al mobile-first nella strategia di creazione dei contenuti. Questo vale anche nella scrittura, suggerisce Digiday: chi scrive deve figurarsi il proprio pubblico innanzitutto come un insieme di persone con uno smartphone o un tablet in mano (o un orologio al polso).
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Authentically mobile
Si spiega così la recente scelta da parte del New York Times di interdire ai propri redattori la navigazione desktop per qualche ora, onde sensibilizzarli alle necessità dei lettori che per il 47% leggono da dispositivi mobile il prestigioso giornale.
Tuttavia, anche i servizi che si presentano come mobile-first spesso non sono all’altezza nell’offerta di nuove funzionalità che supportino la produttività e il profitto. Allora: c’è vita dopo il mobile-first? Secondo TechCrunch sì e la risposta si chiama “authentically mobile”.
Il panorama
Le applicazioni mobile-first certamente rappresentano già un progresso rispetto al classico approccio “paving-the-goat-path” (letteralmente, “pavimentare il sentiero delle capre”: indica uno spreco di nuove competenze) che scimmiotta le funzionalità desktop su piattaforme mobile.
I servizi mobile-first hanno UI (User Interface) eleganti e intuitive, e traggono vantaggi consistenti da alcune proprietà esclusive degli smartphone e dei tablet. Ma fanno (ancora) leva sull’ottimizzazione di flussi di lavoro già esistenti piuttosto che sulla creazione di funzionalità nuove di zecca.
Le prospettive
Le app "authentically mobile", invece, mettono l’accento soprattutto sulla raccolta e l’analisi dei dati che di volta in volta alimentano i loro innovativi procedimenti. Ma diciamolo subito: le app autenticamente mobile sono ancora piuttosto rare.
Uber, che ne è un esempio, usa a proprio vantaggio la peculiare estemporaneità del mobile e sfrutta il GPS per tracciare la posizione delle persone. Sarebbe ridicolo pensare di sviluppare un’app del genere di Uber per il desktop: può essere questa la cartina da tornasole per stabilire se un’applicazione è autenticamente mobile oppure no.