L'articolo è scritto da Arnaud Roy, Vice President Marketing di Augure.
Se non sapete come investire il vostro denaro in questo periodo di caos finanziario, ecco la risposta ai vostri dubbi: l'influenza è il valore con la V maiuscola su cui scommettere nel 2015! Nonostante non sia (ancora) stata quotata in borsa, l'influenza non lascia dubbi: si tratta del nuovo "oro digitale" per chi ne è in possesso (i famosi influencer) e per un numero crescente di marche che scommettono sulle sue grandi potenzialità.
Difatti sono sempre di più le persone che riconoscono una grandissima opportunità in questo business emergente. Ed ecco spiegata l'apparizione di nuovi fenomeni, quali i market place, con delle specie di broker dell'influenza che offrono la possibilità a chi dispone di un pubblico consolidato di trarre profitto dal proprio "capitale di influenza" grazie alle marche. Detto in altri termini, gli influencer ricevono un compenso o dei prodotti gratuiti in cambio di un post sul proprio blog o un tweet che aiuti la marca a comunicare il proprio messaggio. Dal canto loro le imprese guadagnano la capacità di ingaggiare gli influencer più adatti alle loro necessità (quelli con il maggior potenziale o quelli più economici), per aumentare la diffusione della propria campagna. L'idea in sé non è niente di nuovo, basti pensare al modo in cui Klout ha ottenuto il proprio successo. La novità risiede invece nella velocità con cui nascono queste piattaforme (ne ho contate almeno 47 in soli 15 minuti di navigazione su Internet). A questo punto vi sarà facile capire come la scoperta di questo fenomeno abbia messo in discussione tutto ciò che pensavo di conoscere riguardo all'influencer marketing. L'esperienza mi aveva sempre insegnato che le relazioni con gli influencer sono un progetto a lungo termine, un investimento di cui prendersi cura con calma e dedizione, costruendo passo a passo il rapporto di fiducia e di stima reciproca con l'influencer... E adesso, invece, scopro che a una marca bastano poche ore per rintracciare e assoldare un intero plotone di leader di opinione, e per mettere in moto una campagna di passaparola. Significa forse che non ci avevo capito niente fin dall'inizio?
Non ci vuole molto a capire perché molti influencer si lascino sedurre dalle promesse di queste piattaforme. Queste offrono un plus di visibilità e, per essere del tutto onesti, gli influencer non hanno molto da perdere. E per quanto riguarda le marche? Eccoci arrivati alla domanda da un milione di dollari: la remunerazione economica è o non è la pietra angolare della relazione con gli influencer? Sono stati scritti centinaia di articoli su questo argomento, che ha causato e continua a creare non poche polemiche tra i guru dell'approccio organico e i difensori dei contenuti sponsorizzati.
Una questione di portata, di fiducia e di trasparenza
Cominciamo dando un'occhiata agli elementi che abbiamo a disposizione. Secondo il nostro recente studio sullo «Stato e prassi delle relazioni con gli influencer nel 2015», più di un terzo delle marche retribuiscono spesso o sempre gli influencer con cui collaborano. Questa tendenza è ancora più marcata in Italia, dove la cifra arriva al 42%. A prima vista sembrerebbe che la relazione basata sul compenso sia il modello più interessante per le marche, consentendo loro di controllare più facilmente il messaggio e il timing della pubblicazione (ad esempio nel caso del lancio di un prodotto), e di calcolare il ROI usando lo stesso metodo applicato alla pubblicità. Tutto ciò ha un indiscutibile vantaggio in termini di comodità e sicurezza per i professionisti del marketing.
Eppure, nonostante la remunerazione economica sembri essere il metodo più semplice e sicuro, è davvero quello più efficace? Se misuriamo l'efficacia esclusivamente in termini di portata del messaggio, è probabile che sia così. Tuttavia l'obiettivo ideale del processo di influencer engagement è molto più ampio del semplice numero di utenti che si riesce a raggiungere: ecco perché dovrebbe essere misurato in termini di fiducia costruita con il target finale. Se gli influencer sono così importanti per le marche è proprio perché sono riusciti a creare e sviluppare il suddetto rapporto di fiducia all'interno della propria community grazie alla loro grande esperienza riguardo a un certo argomento, oppure grazie un certo talento innato per la leadership. L'influenza non equivale alla popolarità ed è strettamente legata ai concetti di obiettività e autenticità. Ecco perché l'impatto di un articolo ottenuto in modo "organico" da un influencer che crede fermamente nel messaggio o nel prodotto della marca sarà notevolmente superiore a quello di un post o di un tweet sponsorizzato (difatti esistono già alcuni studi che lo dimostrano).
E se da un lato la scelta del metodo dipende anche dagli obiettivi specifici della campagna della marca, la trasparenza rimane in ogni caso una condicio sine qua non. Si pensi al caso di Machinima, che recentemente ha proposto agli youtuber della propria rete di promuovere la Xbox in cambio di un compenso economico "confidenziale", e alla fine è stata presa con le mani nel sacco dalla Commissione Federale per il Commercio degli U.S.A.. Le ripercussioni sulla reputazione di Microsoft, che ufficialmente era all'oscuro di tutto ciò, all'interno della sua comunità di gamer sono state disastrose (per non parlare degli influencer coinvolti nello scandalo).
Pagate i vostri influencer prima di tutto con un buon contenuto
Esaminiamo adesso la questione dal punto di vista degli influencer. Devono essere remunerati per i servizi che prestano alle marche? La risposta è ovvia. Nonostante alcuni di loro non ne abbiano bisogno per vivere (dato che i giornalisti e gli esperti del settore usano i propri blog come una vetrina per la loro attività imprenditoriale o politica), ci sono sempre più persone che hanno fatto dell'influenza il loro principale strumento di sopravvivenza economica. Come ha affermato recentemente Jeff Bullas sul blog di Augure, questa è gente che ha lavorato sodo per costruire la propria community, per generare affidabilità agli occhi del pubblico e per guadagnarsi poco per volta la sua fiducia. I benefici che possono apportare alle marche sono enormi e il loro lavoro deve essere ricompensato in modo equo.
Eppure, la remunerazione è l'unica motivazione necessaria a un influencer per decidere di collaborare con una marca? Se consideriamo i risultati del nostro studio, la risposta è no: a quanto pare l’allargamento della propria comunità (55%) e il conseguimento di risorse necessarie a creare contenuti di qualità per il proprio pubblico (45%) superano di gran lunga il 25% della remunerazione economica nella "piramide di Maslow" degli influencer. Come dobbiamo interpretare questi risultati? Ecco, alla fine sembra che anche nel caso in cui sia presente un compenso economico, bisogna comunque convincere l'influencer che il contenuto che riceverà sarà pertinente e utile per il suo pubblico di riferimento, e che soddisferà le aspettative della sua comunità. Pertanto, in qualsiasi caso, sarà necessario creare una relazione con l'influencer, tenere presente il suo contesto e cercare il miglior modo possibile per aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi riguardo al suo pubblico. Brutte notizie quindi per i professionisti del marketing che speravano di darsi all'influencer engagement semplicemente facendo ricorso al denaro, così come per i market place di cui parlavamo all'inizio di questo articolo.
In definitiva conviene ricordare che gli influencer possono offrire alla vostra impresa molto più che la semplice produzione di un post, un tweet o un video sponsorizzato. Non dimenticatevi che spesso queste persone sono dei veri esperti del vostro settore e che hanno saputo creare una connessione particolare con il loro pubblico. Invitateli a darvi la loro opinione sulla vostra strategia o sulla vostra prossima campagna di lancio di un prodotto, fateli partecipare alle conferenze organizzate per i vostri clienti, create dei meeting per un numero ristretto di partecipanti (oppure online) o invitateli a scrivere insieme a voi un white paper o a condurre una ricerca. Tutti i precedenti esempi saranno delle occasioni eccellenti per far conoscere la vostra impresa e i vostri clienti all'influencer e, se il vostro messaggio lo convincerà, potete essere certi che vi aiuterà spontaneamente a diffondere la vostra prossima campagna.
Organico VS a pagamento: un dibattito sterile?
I professionisti del marketing digitale hanno capito da tempo che il posizionamento naturale (SEO) e la pubblicità nei motori di ricerca (SEM) hanno obiettivi differenti, pur essendo inseparabili. Nonostante le loro grandi differenze, hanno due caratteristiche in comune: nessuno dei due può funzionare senza un buon contenuto ed entrambi richiedono un lavoro di ottimizzazione a lungo termine. Lo stesso dicasi dell'influencer engagement. Spetta a voi trovare il mix giusto per la vostra impresa, ma ricordatevi sempre che l'influenza non si compra, si guadagna.