Da qualche settimana la parola d’ordine nel web sembra essere chatbot.
A inizio aprile è stata KIK ad annunciare la possibilità di creare chatbot usando la sua piattaforma di messaggistica, e Facebook durante la conferenza F8 una settimana dopo ha fatto lo stesso annuncio per Messenger.
Telegram addirittura ha annunciato pochi giorni fa di voler distribuire entro il 31 dicembre 2016 ben un milione di dollari in premi per gli sviluppatori che creino i migliori bot (vi interessa? Cliccate qui! ).
Kik, dalla pagina dedicata agli sviluppatori, li presenta come una evoluzione del web: dopo i siti, dopo le app, ecco i chatbot.
Ma cosa sono i chatbot?
Questa la definizione più semplice: sono programmi che mimano una conversazione con l’utente.
Facebook per esempio, offre due possibilità per crearli: le API send/receive annunciate alla conferenza F8 (e che secondo David Marcus, VP per i prodotti di messaggistica, sono più che sufficienti nella maggior parte dei casi) e la bot engine basata sul lavoro della Wit.ai, azienda acquisita l’anno scorso.
In quest’ultimo caso, il bot impara da solo, grazie al machine learning, come rispondere agli utenti, basandosi su esempi di conversazione che gli vengono sottoposti.
M, l’assistente virtuale per Facebook Messenger, usa quest’ultima tecnologia. Attualmente in fase di beta testing con un ristretto gruppo di utenti in California, la risposta di Facebook a Siri e Cortana potrebbe presto vedere la luce.
Giorgio Robino, organizzatore del primo evento italiano sulla “computazione conversazionale”, nella pagina dedicata all’evento che si terrà a Milano il 24 giugno prossimo, ci spiega che ci sono diversi tipi di chatbot e modi di classificarli.
Per generazione, per esempio, potremmo distinguerli in
- Command Based (1ª generazione): sono la maggior parte dei bot oggi esistenti. Capiscono pochi comandi, strutturati in modo preciso. Poncho ne è un esempio.
- Conversation based (2ª generazione): con loro si può conversare in maniera più fluida, come con una persona. Sono, per intendersi, gli assistenti digitali, capaci di interpretare meglio le vostre richieste. Mitsoku, su Telegram, è un esempio di questo tipo di chatbot.
- Chatbot “persona”, con capacita inferenziali (3ª generazione): hanno una personalità modellabile e sono capaci di fare dei ragionamenti, integrando e anticipando in un certo qual modo, le richieste del loro interlocutore. Siri di Apple o Alexa di Amazon rientrano in questa categoria.
A darci l'occasione di approfondire il lavoro di Giorgio Robino è stato questo post su Linkedin di Rachele Zinzocchi, prima fonte che l'aveva citato.
Ma perché i chatbot?
Una delle cause principali è senza dubbio l’uso massiccio delle varie piattaforme di messaggistica. Le app di instant messaging sono infatti tra le più usate negli smartphone, e fra le più famigliari per gli utenti. Perché allora scomodare l’utente e farlo uscire dall'app che preferisce per obbligarlo ad aprirne un’altra che non conosce? Questo e la grande offerta di app sono, secondo molti, la ragione per cui i chatbot avranno successo.
Che sia per ottenere informazioni veloci, richiedere assistenza o acquistare qualcosa, le nuove API messe a disposizione per Facebook Messenger, Kik o Telegram permettono (o almeno promettono) di captare e soddisfare la necessità del cliente direttamente lì dove è già.
Se ad esempio si volesse sapere che tempo farà domani, senza uscire dalla propria messaggistica per aprire il sito delle previsioni meteo, sarà possibile chiederlo direttamente in chat al bot che se ne occupa. Dovete andare in fretta dall’altra parte della città? Senza aprire Uber, potrete richiedere il servizio direttamente rivolgendovi al bot che se ne occupa.
In Italia tra le prime azienda a muoversi in questa direzione c’è la Yamaha Motor Europe Filiale Italia che ha deciso di sfruttare i Facebook Messenger Bot, commissionandone lo sviluppo a Connexia: attraverso le chat, sarà possibile conoscere i colpi disponibili per la livrea del nuovo modello.
La realtà
Molti bot già operativi non sembrano andare oltre le capacità di certi programmini che si facevano girare, decenni fa, nei primi home computer (i vari Commodore e Sinclair) per impressionare la mamma o la nonna che erano state convinte a metterli sotto l’albero di natale.
Anche se nell’entusiasmo generale molti scomodano l’Intelligenza Artificiale, i bot non sembrano ancora in grado di replicare un dialogo sufficientemente fluido.
Le prime esperienze d’uso con alcuni bot sono infatti state piuttosto deludenti: Tay, il chatbot creato da Microsoft facendo ricorso all’intelligenza artificiale, è diventato razzista in poche ore, obbligando l’azienda a metterlo offline.
Molti esperti, interpellati sulla ragione di questo disastro, spiegano che Tay è stata vittima del cattivo esempio degli umani con cui ha interagito. Louis Rosenberg, fondatore di unanimous AI, ha infatti dichiarato: “Tay non ha alcuna idea di ciò che dice. Imparando dagli schemi di comunicazione dei troll online, ha iniziato ad usarli. In realtà non è molto diversa da un pappagallo che in un bar ripete le parolacce che sente senza in realtà comprenderle”.
Su Facebook Messenger invece è disponibile Poncho, un chatbot per le previsioni del tempo.
Per usarlo, vi basta cercarlo nella casella "Cerca" di Messenger.
Che capisca solo l’inglese non è una sorpresa: anche nella sua lingua natale, però, il suo grado di comprensione è comunque limitato a ben poche espressioni, rigidamente codificate. Durante il dialogo poi, capiterà di dover rispondere solo scegliendo tra le alternative che il bot stesso propone.
Tutti esperimenti interessanti, che indicano come siamo ancora a uno stadio iniziale e abbondano, per il momento, solo chatbot di prima generazione, ma la tecnologia e le competenze per lo sviluppo e la diffusione di bot di terza generazione ci sono.
Commercio elettronico, home banking, domotica, intrattenimento, formazione sono solo alcuni dei settori in cui è possibile immaginare di interagire, a breve, con un chatbot invece che con una app.
Una possibilità interessante e preziosa per l'azienda che desideri interagire in un modo nuovo e diverso con i propri clienti, ma solo se se usata correttamente: il futuro, per ciò che riguarda i chatbot, è tutto ancora da scrivere.