Quanto è importante una brand image forte? Naming, logo, pay off, colori: ogni giorno i professionisti del branding rincorrono nuove fonti d'ispirazione per trovare la chiave che conduca al successo, sia che si stia costruendo un marchio ex novo sia per dare nuova vita ad uno già esistente grazie a un'operazione di brandwash.
In quest'ottica le neuroscienze si stanno ritagliando un ruolo da protagoniste, intercettando le motivazioni profonde che spingono il consumatore a votarsi a un prodotto/servizio, plasmandole in modo tale che - quelle razionali che giustificano una preferenza - vengano surclassate da quelle inconsce.
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Con "neuroscienza" in questo caso intendiamo "lo studio del sistema nervoso che cerca di comprendere le basi del comportamento del consumatore" e che - quando utilizzata nel marketing - prende il nome di neuromarketing.
Attingendo al subconscio, le motivazioni inconsce che ci inducono all'acquisto, le neuroscienze forniscono uno scenario particolarmente interessate per chi si trova a dover costruire un brand; spunti da poter utilizzare consapevolmente per "parlare" alla parte più recondita e meno razionale dell'audience, quella che davvero sta prendendo una decisione.
Sistema 1 e Sistema 2
Il risultato degli studi sul processo decisionale condotti dal Premio Nobel Daniel Kahneman, ha decretato che la capacità umana di frenare l'istinto e l'emotività davanti a un acquisto valutandolo in modo obiettivo (ad esempio fare la scelta che si dimostri più a nostro vantaggio), è completamente illusoria.
La realtà è che viviamo completamente immersi in un "humus culturale" costruito su e con condizionamenti - il più delle volte auto-inflitti, insiti nel nostro modo di pensare - che insidiano costantemente, deviandole, le nostre scelte. Per Kahenman esistono due istanze decisionali:
Sistema 1
Veloce ed intuitivo, è l'approccio automatico del cervello, quello che si attiva come un pilota automatico. Come ad esempio la fase in cui elaboriamo il particolare punto di azzurro di un maglione, proprio quello che manca nel nostro guardaroba.
Sistema 2
Questa è invece una fase di analisi più lenta, dove l'intuito cede il passo alla ragione e ci accorgiamo che no, non abbiamo realmente bisogno anche di questa nuances da aggiungere alla collezione.
Le decisioni d'acquisto sono però - la maggior parte delle volte - realizzate in frazioni di secondo, all'interno del Sistema 1, poggiandosi esclusivamente sulla parte emotiva del cervello. Ci troviamo così con l'armadio pieno di sfumature di ceruleo.
Benefici o impression?
Per loro stessa natura i marketers cercano sempre e in ogni modo di fare leva sul plasmabile e istintivo inconscio dei consumatori; una parte delle neuroscienze contribuisce a formare una solida base scientifica che sedimenti le conoscenze che già vengono implicate nel vendere il rossetto con "l'esatto punto di rosso che seduce senza stress".
I brand non sono altro che migliaia di impressioni accumulate nella mente delle persone che, ogni giorno, formano associazioni con la marca grazie alla loro esperienza e al tipo di interazioni avute con essa.
Il fatto più interessante è che tutte queste impressioni nascano a livello subconscio, soprattutto dal momento che tutti tendiamo sempre a giustificare le nostre scelte aggrappandoci a motivazioni razionali come la qualità, il peso o la funzionalità.
B2C vs B2B
Sollecitare i touch point subconsci, mentre ha molto appeal quando ci si riferisce al mercato consumer, trova ancora qualche reticenza quando invece ci si rivolge al business, dove viene ancora messo l'accento sugli aspetti funzionali e i benefici (qualità e prezzo su tutti) un po' come se, una volta entrati in ufficio, non ci si rapportasse più con persone.
Anche in questo caso invece, l'importanza del percepito è fondamentale e i brand più importanti nel mercato business evocano forti associazioni emotive: compriamo IBM, Microsoft o Intel con sicurezza e ci affidiamo senza troppe riserve ai servizi UPS o DHL.
La verità dei consumatori
Non è una novità che i tradizionali metodi di ricerca - vedi questionari o focus group - forniscano risultati imprecisi.
I consumatori non sono sempre in grado di articolare correttamente quali siano le ragioni che li spingano a preferire un brand anziché un altro e, anche quando lo fanno, molto più difficile è spiegare quali stimoli abbiano attivato queste reazioni.
Inoltre, molto spesso mentono. Ma perché mentire? Perché sottoposti alla pressione della "desiderabilità sociale" e questo porta a risultati falsati. Anche per questo i metodi di ricerca neuroscientifica ci vengono in aiuto, fornendoci maggiori dettagli sulle origini di queste impression.
Tra le tecniche utilizzate figurano l'Eye Tracking (ne abbiamo parlato qui), EEG e, meno invasivi, i test di associazione implicita che rilevano le associazioni automatiche di una persona tra i concetti e gli attributi, aiutando a svelare gli atteggiamenti non dichiarati.
Mentre non manca una buona dose di critica al neuromarketing, dove c'è qualcuno che si interroga se ci si stia spingendo troppo oltre cercando di arrivare ad un vero e proprio brainwash, sono sempre di più le grandi aziende che se ne avvalgono come Google e Microsoft.
Neanche le ricerche di Kahneman sono esenti da j'accuse: l'idea di questa netta divisione tra Sistema 1 e Sistema 2 non ha messo tutti d'accordo ed è probabile che - specialmente nel caso di acquisti importanti come una casa, ad esempio - i due sistemi lavorino insieme e la ragione prevalga sull'istinto.
Le nuove tecniche di neuromarketing non andranno a sostituire quelle già esistenti, tuttavia ci aiuteranno a dipingere un quadro più dettagliato di ciò che accade nella mente delle persone. E questo non è per forza un male.
Conoscere i collegamenti emotivi, capire meglio il subconscio contribuisce a creare migliori brand experience; come possiamo monitorare le interazioni tra il brand e il suo cliente, possiamo costruire impression positive e di lunga durata.