Alcuni giorni fa UberEATS è sbarcato in Italia, portando a Milano la consegna dei pasti a domicilio. Il servizio è attivo 7 giorni su 7, non c'è minimo d’ordine né spesa di consegna.
Attraverso il portale o l'app dedicata è possibile ordinare il pasto in pochi clic e riceverlo in massimo trenta minuti.
Nata nel 2014 a Los Angeles come startup, UberEATS è oggi disponibile in 44 città del mondo, cinque delle quali in Europa: Londra, Parigi, Amsterdam e Bruxelles, e appunto il capoluogo lombardo.
L'app UberEATS
L’app si presenta con grafica minimal, un banner in prima fascia indica le offerte speciali del momento, seguito dalla lista dei ristoranti aperti. La side bar comprende i dettagli del profilo, il riepilogo ordini, le modalità di pagamento (carta di credito o PayPal) e una sezione promozioni in cui è possibile inserire un codice sconto.
Una volta effettuata la ricerca per keyword si può selezionare il ristorante in base a prezzo e tempi di consegna stimati. UberEATS offre 100 ristoranti tra cui scegliere e ce n’è per tutti i gusti, dalla cucina tradizionale italiana a quella asiatica, dalle specialità vegane allo street food.
E' possibile seguire in tempo reale lo stato del proprio ordine attraverso la geolocalizzazione, fino alla consegna dello stesso.
Dopo aver consumato il proprio pasto è possibile lasciare una recensione sul cibo e sul servizio attribuendo un pollice all’insù o un pollice verso, aggiungendo nelle note le proprie considerazioni.
La consegna UberEATS
La consegna per il momento avviene in bicicletta o in scooter, UberEATS si affida a lavoratori autonomi che possono comunicare la propria disponibilità ed essere retribuiti direttamente dai ristoratori.
Non ci sono quindi vincoli orari, si viene pagati a consegna e a chilometraggio. UberEATS indica ai corrieri gli orari di punta in cui possono effettuare maggiori consegne.
I fattorini vengono quindi pagati grazie all’app, attraverso la commissione trattenuta ai ristoranti partner. Il modello è quello Uber, in cui la società fa da intermediaria mettendo in contatto chi fornisce il servizio con chi ne vuole usufruire.
Il food delivery in Italia
Il food delivery è una realtà sempre più consolidata nelle grandi città nostro Paese.
Da Foodora a Deliveroo che hanno costruito la propria rete a JustEat e Glovo che hanno acquisito piccole startup del settore per una presenza più capillare sul territorio.
I segreti del successo del food delivery vanno certamente ricercati nelle nuove abitudini di vita: ritmi frenetici e brevi pause pranzo, ma anche poco tempo per dedicarsi alla cucina o poca voglia di lasciare il divano di casa per uscire e recarsi al ristorante.
Parliamo di pasti di scarsa qualità? No, oggi il food delivery è un affare per gourmet, è la nuova frontiera dell'healthy food, chic e di qualità.
Il food delivery è dunque un settore in crescita, con investimenti che dal 2012 a oggi, hanno superato i 5 miliardi di dollari. Solo in Italia il comparto vale 400 milioni di euro e, secondo gli studi di Rocket Internet, il mercato globale varrà 90 miliardi di dollari nel 2019.
Sharing economy, il dibattito è aperto
In Italia nei giorni scorsi i corrieri di Foodora hanno protestato per rivendicare diritti e migliori condizioni lavorative, come già avevano fatto in estate i loro colleghi del Regno Unito.
Sharing Economy, Gig Economy (economia dei lavoretti), on-demand economy sono fenomeni sempre più dibattuti in Commissione Europea poiché le leggi dei Paesi membri risultano essere discordanti tra loro e occorre armonizzare la regolamentazione dei modelli di business.
Il food delivery è solo il fenomeno più recente, il focolaio è stato certamente quello della mobilità e del turismo di piattaforme come Uber, Airbnb e BlaBlaCar.
Come conciliare una maggiore autonomia lavorativa con scarse garanzie?
Le linee guida che provengono da Bruxelles scoraggiano l'applicazione di divieti promuovendo nuove normative che favoriscano la condivisione di mezzi e risorse, seppur con le dovute limitazioni.
Il dibattito è aperto.