Avete mai fatto caso al fatto che i social network, senza di voi a viverli, sarebbero scatole vuote? Pensateci. Quanto sarebbe interessante navigare su Facebook, postare foto su Instagram, condividere video su Snapchat, se entrandovi non vi fosse nessun contenuto da guardare, e non vi fosse nessuno a guardare i vostri? Altro che storytelling: sarebbe una noia mortale!
Troppe volte si dimentica che a rendere speciale una qualsiasi azione, soprattutto se svolta online, è l’Esperienza, ossia il complesso di eventi e fenomeni che sono oggetto di percezione e riflessione della persona: più questa è customizzata e legata a dinamiche sociali, più risulterà autentica e speciale per l'utente. Anche per questo, provocatoriamente, la scriviamo con la E maiuscola.
Benjamin sosteneva che la narrazione nasce all'esperienza dell'uomo: non c'è storia che venga raccontata, che non sia nata e/o ispirata (direttamente o indirettamente) da fatti che il narratore ha vissuto. Ognuno di noi racconta perché vive: e quando lo fa rispettando i crismi di autenticità, ecco che quella storia acquisisce valore. Che poi siano sorte altre forme di racconto che hanno reso meno importante la figura del narratore puro, questa è un'altra storia.
Ciò che ci circonda, insomma, ci permette di raccontare. Ed è in un habitat come quello digitale che l'individuo ha riscoperto la capacità di condividere il proprio racconto, vedendolo premiato da un elemento fondamentale che, senza l'estensione sensoriale che il medium sa garantire, forse non sempre gli sarebbe stato riconosciuto: l'ascolto.
Proprio così. Se qualcuno ci ascolta, raccontiamo più volentieri. E siamo invogliati a farlo di più, e meglio (secondo i canoni che abbiamo).
Non produrre contenuti, e diventare indispensabile
A guadagnare su questo aspetto del comportamento umano, ovviamente, sono state le piattaforme che hanno semplificato l'incontro fra gli utenti: Facebook (in quanto leader del settore) è stato il principale beneficiario di questo trend. L'obiettivo di tener "in pancia" il più possibile ogni iscritto al social network è lo scopo finale della creatura di Mark Zuckerberg, tanto che la tendenza centripeta da sempre osservata in Facebook è diventata un vero e proprio percorso per riuscire a far vivere il Web dentro Facebook.
Dal blog personale all'album fotografico del compleanno, dall'ambiente di Instant Messanging allo shop online del nostro marchio preferito, fino al customer service del nostro rivenditore di fiducia: potenzialmente tutto può essere fruibile su Facebook.
Questo è possibile, come dicevamo prima, grazie a chi produce contenuti e li immette nel network: utenti semplici, o aziende. La domanda è sorta autonomamente: se fino a oggi Facebook ha potuto sopravvivere senza confrontarsi con alcuna contrazione, come potrà affrontare le sfide di domani, quando si comincerà a contrarre la propria base utenti (e un po' il fenomeno si sta già verificando, soprattutto con gli under 25)?
Una delle possibilità sul piatto era che diventasse una media company, ossia una società votata all’ideazione, produzione e diffusione di contenuti, che potessero essere nativamente multipiattaforma. Un po' come sta tentando di fare Amazon, che ha lanciato da poco più di un mese Amazon Prime Video. Un'idea - quella della media company - che, fino allo scorso dicembre, Mark Zuckerberg ha sempre scartato. Fino al dicembre scorso, appunto.
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Nonostante la presa di posizione, però, Facebook non produce contenuti. Quindi?
La definizione di media company "particolare", affibiatasi dallo stesso Zuckerberg, è indicativa: il social network, distribuendo contenuti di altri, influisce sulla dimensione esperienziale dell'utente esattamente come se proponesse suoi contenuti. Content creation e content curation, vissute dal punto di vista del fruitore, possono influenzare alla stessa maniera la user experience, soprattutto se la "curation" è la scelta a monte di privilegiare o meno un contenuto.
Forse è anche per questo che Facebook ha scelto di diventare sempre più "bravo" a ospitare contenuti altrui, lavorando a piattaforme in grado di accogliere al meglio precise attività e profili particolari: Instagram, Messenger, Facebook at Work, WhatsApp, sono solo alcuni dei luoghi della galassia Facebook dove è possibile produrre e condividere content in una forma unica e caratteristica. Piattaforme che permettono un'esperienza specifica, differente rispetto ai competitor, e che si stanno sempre di più specializzando nel presidiare una certa fetta del pubblico (e di esperienza).
L'individuo deve continuare a utilizzare Facebook in ogni istante della sua vita: perciò, Facebook gli restituisce spazi diversi in cui stare, a seconda dei ruoli che l'utente ricopre, e influenzando indirettamente ciò che fa.
Un nuovo punto di vista, per nuove storie: l'importanza dello Storytelling
La scelta di Mark Zuckerberg non è sbagliata: confrontarsi sul territorio dei contenuti rischia di rivelarsi per la sua creatura estremamente pericoloso. Sono troppi i player che sul mercato stanno agendo per accapararsi il consenso del pubblico, partendo dalla proposta di contenuto. Meglio allora influenzare le modalità d'interazione con esso, diventando il filtro con cui costruire le proprie relazioni, sociali e con il resto del mondo.
Oggi è normale interagire con il mondo attraverso il proprio smartphone, condividendo sensazioni e momenti attraverso video, foto, parole che vengono convogliate su spazi sempre più particolareggiati: e allora, presidiare quelle modalità d'interazione, influenzando i comportamenti dell'utente e spingendolo a usare una piattaforma per vivere le proprie emozioni, diventa decisivo, più che provare a giocare la partita su una call to action più - passateci il termine - entertainment.
Perché è quello l'obiettivo finale: diventare per ogni utente il modo di raccontare, perché è della narrazione dell'esistenza che tutti i social network si nutrono. Dall'evoluzione diaristica di Facebook, che vede nella Timeline la sua sintesi perfetta, tutti i social network hanno tentato di diventare la cartina di tornasole per scoprire le storie, e raccontare la propria: e come nei secoli la lettera, o i poemi, erano diventati format dove riversare il gesto del raccontare (snaturandolo, in nome del format), così oggi i social network (Facebook in particolare) costruiscono il proprio successo sullo sviluppo di narrazioni cross-canale sempre più destrutturate, brevi, disperse perché composte da tantissimi cenni, tantissimi attimi, ognuno condiviso perché è nell'incontro con gli altri che acquista valore.
Contenuti flusso che scorrono veloci, e che presi singolarmente rischiano di perdere senso. Al contrario, nella complessità, raccontano un pezzo di chi il social lo utilizza.
È ovvio che, in uno scenario dove l'individuo si sta sempre di più performando (e a volte appiattendo) sulle misure delle piattaforme digital più note, anche i brand devono fare lo stesso. Ed è altrettanto ovvio che la narrazione di marca venga costruita tenendo conto di come la user experience venga vissuta e considerata: è per questo che lo Storytelling, inteso come metodologia che applica le regole della narrazione alla comunicazione sociale e d'impresa, per diventare uno strumento efficace dev'essere applicato tenendo conto delle piattaforme digitali su cui i contenuti vengono condivisi - e le narrazioni vengono generate.
Come fare, è materia complessa.
Nel Corso in Content Marketing (Formula Online + Lab) di Ninja Academy proveremo ad esplorare la grande trasformazione che ha portato questo "riposizionamento" nelle modalità di comunicazione, e come le tecniche di narrazione possano effettivamente influenzare le modalità con cui le aziende comunicano con la propria audience di riferimento, anche attraverso lo sviluppo di esperienze sempre più complesse e multipiattaforma.
Esperienze che, è superfluo ricordarlo, sono possibili grazie all'erogazione di contenuti e hypercontent, cioè tutti quei contenuti che non rientrano in una determinata forma definita dal content marketing indipendentemente dalle peculiarità del fruitore finale, ma che trovano senso anche nella relazione che si instaura con lo spazio e il tempo circostante, ovvero con il contesto in cui l’utente è calato (per approfondire la definizione, vi rimandiamo qui).
Per lavorare assieme su questi, ed altri tempi, l'appuntamento è con la formazione online di Ninja Academy.
E buone storie a tutti!