Sono passate poche settimane da Seo&Love, uno degli eventi più originali del mondo digital ormai entrato tra i riferimenti del settore. Speaker nazionali ed internazionali, contenuti di qualità ed un formato unico, ecco gli elementi chiave di questa edizione 2017. Oltre 42 relatori che hanno condiviso esperienze e know-how con gli oltre 600 presenti e online attraverso un live streaming. Seo&Love è il risultato concreto delle potenzialità che nascono quando content, personal branding e networking lavorano insieme.
Non potevamo certo mancare anche noi di Ninja ed oggi ti racconteremo alcuni dei trend più rilevanti emersi durante la giornata, destinati a durare e caratterizzare questo 2017. Perché il content non è mai stato così vivo e continua, inesorabilmente, ad evolversi. A noi tutti il compito di adeguarci e renderlo a prova di mode, trend e, mai scordarlo, di utente.
#1 Content e brand devono profumare di buono
I contenuti restano leva essenziale per intercettare nuovi utenti e attrarli sui nostri media. Sono una via preferenziale per migliorare la propria reputazione e dimostrare le proprie expertise, andando a rispondere concretamente alle esigenze degli utenti.
Non è mai solo questione di posizionamento o serp: non è sufficiente incuriosirli e far loro raggiungere i nostri canali (sito o social che siano), serve un passo oltre: dobbiamo sempre farci trovare al meglio in ogni più piccolo aspetto. Sì, come recita il founder di Seo&Love Salvatore Russo, il nostro brand (e quindi i contenuti) devono "sapere di buono", raccontandoci e rappresentandoci al meglio. Inutile portare utenti sul nostro sito se non sarà curato o avrà problemi. Pericoloso, se non dannoso, sfruttare un touchpoint che non siamo stati in grado di valorizzare a dovere.
La presenza online dei brand è formata da tanti piccoli aspetti che creano quel substrato di sentiment che è la nostra online reputation e che è sempre più determinante per ottenere risultati.
Un profumo "univoco", che deve guidare ogni elemento del brand, così da essere chiaro, riconoscibile e caratterizzante. Deve bastare un assaggio (o nel nostro caso una lettura) per far subito venire alla mente degli user il nostro brand.
#2 Content deve far rima con tecnologia
Se è vero che il contenuto non è mai solo questione di strumento e innovazione, lo è altrettanto che per far bene content marketing è sempre più necessario lavorare anche a livello tecnologico. Sia per posizionarci o donare un'adeguata user experience agli utenti sono molti gli aspetti tecnici a cui dobbiamo, con attenzione, guardare.
È l'esempio del nuovo protocollo https o del http/2, sistemi ormai vitali per rendere il nostro sito performante lato SEO, permettendoci di dare un rilevante aiuto ai contenuti prodotti. Una maggiore velocità di caricamento delle pagine web e l’ottimizzazione dell’ esperienza di navigazione sono alcuni degli elementi salienti dei nuovi protocolli. Plus fondamentali ribaditi a più riprese nel suo intervento da Bastian Grimm, esperto di fama internazionale.
Basti pensare al supporto tecnologico che sta dietro il fenomeno Salvatore Aranzulla, in grado, grazie a soluzioni software dedicate, di portare avanti il suo celebre blog con appena 3 risorse dedicate.
Il legame content/tecnologia torna forte anche quando parliamo di mobile. La fruizione dei contenuti in mobilità è in continua crescita come ben sappiamo, una crescita che difficilmente troverà freno, diventando anzi in futuro lo standard. Un cambio netto che segna profondamente l'approccio ancor prima della realizzazione dei contenuti stessi e che deve gioco forza sfruttare al meglio l'innovazione tecnologica.
Come ben illustrato da Aleyda Solis, design dedicati, siti sempre più veloci, AMP sono solo alcuni degli elementi tecnici con cui confrontarsi.
Insomma, pare prorpio che non ci sia più content senza nerd.
#3 Content: la monetizzazione è la nuova sfida
Non c'è dubbio che la sfida maggiore lato content sia quella relativa al far propria l'attenzione di utenti sempre più "bombardati". Un'esigenza complessa, che non conosce regole o formule fisse e che costringe i brand ad uno sforzo quotidiano fatto di ricerca, impegno, qualità, uno sforzo che nonostante l'investimento non sempre dà le positive risposte attese.
In questo macrosistema altamente competitivo dobbiamo inoltre affrontare user evoluti e selettivi nonché strumenti tecnici come gli adblock nati per rendere la vita sempre più difficile. Nasce da tutto questo l'esigenza di un ripensamento degli schemi odierni di monetizzazione dei contenuti, andando oltre le classiche forme di adv (ottima in tal senso la tavola rotonda tra Daniele Sesini, Nicola di Campli, Massimo Squillace e Davide Tran).
Una possibile risposta? Native advertising ma non solo. La soluzione è infatti molto più ampia e non può fermarsi tanto a uno strumento o un mezzo, quanto alla filosofia alla base dell'attività di creazione: mettere l'utente realmente al centro. Tradotto significa progettare attorno alla persona, andando a generare mezzi capaci davvero di creare coinvolgimento ed interazione. Il brand raggiunge i suoi obiettivi solo se prima riesce a creare soddisfazione nell'utente.
#4 Il content dev'essere a prova di "aspettativa"
Ciò che un utente si aspetta da un brand ed i suoi contenuti può far la differenza tra un successo o un insuccesso. Sia ben chiaro, rispettare o tradire tale aspettativa va ben oltre la qualità dei contenuti. Io posso essere soddisfatto di un contenuto di medio livello se la mia aspettativa è bassa, come viceversa non esserlo per un contenuto ben più qualitativo se mi attendevo di più.
Come ha ben spiegato Andrea Saletti, lavorare sulle attese diventa per questo vitale, portandoci dinanzi ad i pensieri e le caratteristiche più recondite della gente. Una questione che va oltre la semplice analisi e che costringe brand e professionsiti ad una conitnua attività di esplorazione delle opinioni, dell'utilizzo dei social, delle emozioni e del sentiment che trasmettono online ed offline.
Un passo oltre le buyer personas, perché più profondo, che tocca discipline come la psicologia comportamentale o il neuromarketing. Tali metodologie, quando applicate al web, ci permettono di conoscere meglio il funzionamento del cervello umano in questi contesti ed individuare le giuste azioni necessarie a non tradire l’attrazione emotiva suscitata nel nostro utente.