La settimana scorsa, il giudice distrettuale degli Stati Uniti William Alsup ha parzialmente avallato le richieste di Waymo, emettendo un provvedimento inibitorio contro UBER sullo sviluppo di auto a guida autonoma.
Ma da dove nasce lo scontro tra la società di Alphabet e UBER?
1. La vicenda legale in sintesi
La startup Otto di Anthony Levandowski, ex-dipendente di Waymo, è da tempo parte di UBER, interessata ad accrescere il proprio know how sui veicoli a guida autonoma.
Parte fondamentale dell'acquisizione è stata la tecnologia dei sensori di telerilevamento LiDAR, che pare però fossere frutto di informazioni rubate a Waymo, controllata di Alphabet, holding che include anche Google Inc.
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Negli ultimi giorni, il giudice incaricato di seguire la causa ha preso due decisioni vincolanti.
2. UBER e Levandowski
Per prima cosa, Alsup ha rigettato la richiesta di UBER di risolvere la controversia ricorrendo all'arbitrato.
In caso di presunti illeciti legati ad argomenti particolarmente tecnici, è piuttosto comune ricorrere a una commissione di arbitri privati. In questo caso, però, la richiesta di UBER avrebbe avuto l'immediato effetto di secretare la vicenda sino all'esito finale, poiché non avrebbe avuto luogo un pubblico processo.
A complicare ulteriormente la posizione di UBER, la scelta di Levandowsky di non testimoniare, avvalendosi del diritto costituzionale di non auto-incriminarsi. Per questa sua scelta rischia il licenziamento, come esplicitato dal Consigliere Generale Salle Yoo.
La linea difensiva adottata dalla compagnia di trasporti è dunque quella di non negare che Levandowsky abbia trafugato informazioni sensibili, ma di sostenere che queste non siano mai giunte a UBER in nessuna forma.
3. I primi esiti della battaglia legale: la mezza vittoria di UBER
L'altra evoluzione della vicenda concerne il provvedimento del giudice Alsup che, in attesa di ulteriori sviluppi, regala una mezza vittoria ad entrambe le parti.
UBER non dovrà interrompere i suoi studi sui sistemi di guida driverless, ma Levendowsky è interdetto dal prendervi parte fino alla chiusura del processo. La società è soddisfatta di poter "continuare a costruire e utilizzando tutta la sua tecnologia".
Per ora, non c'è nulla di certo sull'evolversi dell'accusa di furto e sulla possibilità di un'indagine penale separata. Il giudice Alsup ha tuttavia dichiatato che non vi siano dubbi che Levandowsky abbia tradito il patto di fiducia con Waymo e che UBER avrebbe quantomeno dovuto sapere che l'ingegnere era in possesso di file trafugati.
Inoltre, al di là delle somiglianze tra i sistemi LiDAR adottati dalle due società, un altro fatto alimenta i sospetti delle autorità: UBER non avrebbe a richiesto a Levandowski di firmare un documento che garantisse il non utilizzo di proprietà intellettuali inerenti il vecchio lavoro, come avvenuto all'assunzione di altri altri ex dipendenti di Alphabet/Google.
4. Le alleanze strategiche e tecnologiche sulle self-driving car
Oltre alle questioni legali, UBER deve affrontare quelle legate alla doppia natura del suo business: il noleggio e le tecnologie driverless.
L'anno scorso, il CEO Travis Kalanick ha proposto un'alleanza strategica a Tesla, ricevendo da Elon Musk un rifiuto e un consiglio: limitare i propri interessi al solo ride hailing. Poco tempo dopo, è stato annunciato il Tesla Network, un programma per le auto a guida autonoma.
Al contrario, una recente intesa è stata raggiunta tra Waymo e Lyft, servizio di trasporto relativo ai taxi diretto concorrente di UBER negli Stati Uniti. Non sono ancora noti i dettagli, ma le due aziende collaboreranno per integrare la tecnologia di uno con la rete di trasporti dell'altro, contribuendo alla diffusione delle driverless car.
Le evoluzioni stretegiche e legali, ancor più che tecnologiche, mantengono costante l'attenzione dei media sul futuro del settore trasporti. Riuscirà UBER a tenere il passo o sarà travolta da questioni legali di varia natura?