Esiste un mazzo di carte che può rendervi capaci di scrutare nel profondo e guardare lontano.
No, non stiamo parlando dei tarocchi, ma delle UX Domino Card, 42 input per non perdere la rotta nemmeno durante il più impetuoso dei brainstorming.
Il metodo è nato nell’ambito dello UX design, ma si è rivelato applicabile ad ogni genere di contenuto, progetto o idea imprenditoriale per il quale è necessario definire obiettivi, valutare target da coinvolgere e progettare azioni pratiche. Le card non si propongono solo come un tool utile, ma anche come un vero cambio di approccio alla progettazione.
Tutto ciò di cui avete bisogno per partire è una domanda e la consapevolezza che per cercare la soluzione ideale non bisogna avere fretta di trovarla. Il resto ce lo spiega Maria Cristina Lavazza, user experience designer e architetto dell’informazione, autrice delle UX Domino Card insieme a Stefano Dominici.
Cosa sono e come si usano le UX Domino Card?
Le UX Domino Card sono uno strumento formativo e ispirativo. Quando le abbiamo realizzate volevamo ideare un tool che aiutasse i giovani designer a comprendere la varietà di strumenti a disposizione (pensavo ai miei studenti!) e supportasse i professionisti a scegliere la strategia più adatta, da soli o in team.
Nella maggior parte dei casi le tecniche di ricerca sugli utenti, quelle di presentazione dei risultati al cliente o gli esercizi di codesign da realizzare con il team e gli utenti finali, erano presentati in maniera separata: una tecnica = una pagina web o cartacea.
Quello che mancava era una visione d’insieme con schede che si potessero comporre in base alla tipologia di progetto, ma anche combinare, spostare e discutere in maniera collaborativa.
Questo poteva essere realizzato solo in un formato come un mazzo di carte che, oltretutto, non è mai definitivo – tanto che su Amazon abbiamo avuto qualche problema a definire il tipo di prodotto! – ma può essere integrato e cambiare nel tempo.
In altre parole quando, come UX designer, service designer o designer thinker, ci approcciamo a progetti complessi siamo tentati di andare con il pilota automatico applicando sempre le stesse tecniche, quelle sulle quali ci sentiamo più forti, le UX Domino Card ci aiutano a spaziare, a inquadrare la strategia in maniera più ampia e produttiva.
Quali regole è importante seguire e quali bisogna assolutamente mettere da parte per raggiungere l’obiettivo?
Non ho una regola universale, ma posso dirvi quale applico io: cerco di concentrarmi sempre sul problema da risolvere, quello vero, magari meno evidente, mettendo da parte ogni possibile soluzione.
Con Stefano Dominici blocchiamo la naturale tendenza a tirare le somme prima di aver ascoltato tutte le persone coinvolte, non diciamo mai “qui si potrebbe avere questa soluzione”, ascoltiamo le persone, le coinvolgiamo, raccogliamo i risultati guidati dalla frase “come possiamo risolvere questo loro problema concreto”.
È una piccola rivoluzione copernicana: significa che è finita l’era dei guru con le risposte in tasca ed è nata quella dei facilitatori che veicolano le soluzioni ai bisogni e ai comportamenti degli utenti.
Una curiosità: da quale domanda è partita la realizzazione delle UX Domino Card?
Era un’idea che avevo nel cassetto da tanto tempo, quando sono entrata in Usertestlab la abbiamo realizzata in due mesi.
Le UX Domino Card servono ai professionisti, ma inizialmente la sfida è stata quella di spiegare al committente i possibili percorsi da fare per comprendere meglio i suoi utenti. Spiegare e combinare le attività attraverso un oggetto fisico come le carte aiuta la rappresentazione visiva e porta le persone dentro il processo.
Il committente vede, riflette, sposta, discute: insieme, e sottolineo insieme, si sceglie la strategia più adatta, perché, è vero che noi possiamo essere gli esperti, ma il cliente domina meglio di chiunque altro il proprio mercato e questo non va mai dimenticato.
Possiamo sfatare il mito dell’idea che spunta come un lampo di genio, già perfettamente definita e destinata al successo?
Assolutamente vero, io scherzo sempre dicendo “ho finito le buone idee e anche le cattive!”. Bisogna diffidare di chi vende soluzioni geniali, è necessario fare un passo indietro quando nelle gare chiedono soluzioni e proposte apriori, perché è un modello che non ha futuro.
Nei molti bandi di gara, per il pubblico come il privato, vorrei che chiedessero che tipo di approccio e quale strategia l’agenzia andrà a mettere in atto per progettare soluzioni efficaci e non il contrario.
Solo in questo modo, e il Nord Europa lo insegna, avremo reale innovazione, la possibilità di un vero cambiamento a livello sociale, prodotti a misura di clienti e strumenti che rendano la nostra vita migliore come cittadini, come professionisti e come aziende.