C’è qualcosa di raro nel viaggiare in cabina di pilotaggio di un Frecciarossa insieme al padre del marketing, Philip Kotler. Non a caso forse il nostro treno Roma - Milano arriva in anticipo, come se volesse strizzare l’occhio a chi ha costruito una carriera sulla soddisfazione di un cliente perennemente al centro dell’universo.
Torniamo ai nostri posti dopo aver attraversato tutte le carrozze - di sicuro molti passeggeri si saranno chiesti chi fosse questa rockstar di 86 anni. Il suo ultimo “album” si chiama Marketing 4.0 e si concentra sul passaggio dal marketing umano e spirituale (3.0) a quello specifico per la cultura digitale nella quale ci troviamo.
Come si sono evolute le competenze di chi lavora nel marketing?
Molti marketer non sono cresciuti col digitale ma col modello broadcast di un marketing tv-centrico. Le persone più avanti negli anni ora sanno che devono imparare ad usare piattaforme come Facebook, Instagram e via dicendo; è importante per le aziende assumere i nativi digitali, profili che non hanno bisogno di imparare come funziona Facebook perché già lo usano per la maggior parte del tempo. La prima mossa strategica per le aziende è quella di assumere abbastanza giovani a cui poter dare fondi per giocare e sperimentare con le piattaforme digitali, per vedere quali hanno il maggior impatto sul proprio mercato.
Come può oggi un brand creare empatia con community digitali e consumatori always on?
Il tema qui è come usare questi strumenti digital e social per relazionarci coi nostri clienti. Ora le aziende riescono facilmente a costruirsi un database che mostra ogni singolo cliente, la sua età, il reddito, i suoi interessi. La risposta alla tua domanda ha a che vedere col Content Marketing, la cui premessa risiede nel capire cosa interessa a ciascun individuo o a ciascun gruppo cui un’azienda si indirizza. Alcuni di questi individui potrebbero per esempio essere interessati allo sport e di conseguenza noi potremmo condividere storie interessanti in tal senso. Sto distinguendo tra messaggi selling e contenuti non selling: sono questi ultimi il modo migliore per relazionarci coi nostri consumatori.
Quali principali cambiamenti nella cultura corporate hai osservato, dai primi anni della tua carriera ad oggi?
Questi cambiamenti seguono l’evoluzione dei media. All’origine il marketing assomigliava ad un catalogo che elencava funzionalità di prodotto. Con l’avvento della stampa, il focus era tutto sui giornali. Poi è arrivata l’era della radio in cui le aziende creavano ed investivano in veri e propri show radiofonici, in stile “brought by Procter & Gamble”. La televisione è stata esplosiva, le aziende erano attratte dalla sua forte componente visiva. Ora si parla di comunicazione integrata e credo che nessuno di questi “old” media vada abbandonato: si tratta solo di raggiungere l’equilibrio giusto nel media mix e sì, questo oggi vuol dire dare più spazio al digital. Attualmente P&G investe 35% del suo budget nel digitale ed il resto va sui mezzi tradizionali. Questo equilibrio potrebbe presto arrivare ad essere fifty fifty.
Che ruolo può giocare il marketing quando arriveremo alla singolarità tecnologica?
Ci sono molte professioni del marketing che potrebbero migliorare grazie all’abbinamento dell’intelligenza artificiale alle decisioni umane. Si tratta di demandare cose alle intelligenze artificiali in maniera tale che i processi decisionali umani ne escano alleggeriti.
È sicuramente possibile che intere professioni si trasformino in software e programmi di AI: la marketing automation ne è un esempio. Esistono oggi software che possono mandare un messaggio diverso ad ogni tuo cliente ed è così che si avvera il concetto di “messaggio giusto alla persona giusta”. Magari lo manda nel bel mezzo della notte, senza che ci sia un essere umano a dirgli cosa fare. L’automation è l’esempio perfetto della sostituzione integrale del marketer in carne ed ossa che pianifica tutto di volta in volta.
Che rapporto hai coi social network? Ti piacciono, li usi, ci sono delle piattaforme che preferisci?
Mi trovo spesso a guardare il mio feed su Facebook, su Instagram e anche Snapchat. Lo faccio più che altro per restare aggiornato sulle loro funzionalità piuttosto che per lo scopo per il quale sono nati e cioè il contatto sociale. Ovviamente la mia famiglia è coinvolta nello specifico nella mia pagina Facebook, ma a parte questo gioco con le altre piattaforme per avvicinarmi il più possibile all’essere un vero nativo digitale!
Possesso materiale versus accesso: come sta cambiando in questo senso il marketing e quali sono i case study più interessanti della sharing economy?
Credo che la sharing economy sia buona per alcuni versi ma spaventosa per altri. È indubbio che stia creando lavoro per tante persone che ad esempio hanno un'automobile e vogliono diventare autisti per Uber, o per chi ha una stanza libera e la vuole fittare per la notte. La sharing economy è positiva quando diminuisce i prezzi dei taxi tradizionali e delle stanze di albergo, ma dall’altro lato è negativa per i tassisti e per gli albergatori che vendono meno stanze. Ci sono e ci saranno conflitti inevitabili sulla regolamentazione specifica di tutte le funzionalità di condivisione. Se però pensiamo che in questa direzione si riduce il numero di auto possedute o si diminuisce la quantità di libri stampati… allora sarà per noi benefica nel lungo termine.
In un episodio di Black Mirror i protagonisti hanno accesso a diversi tipi di prodotti in base alla loro influenza e reputazione social. Quale scenario si sta plasmando grazie al digitale?
Sai, mi piace seguire quello che scrivono gli scrittori di fantascienza specialmente quando si allontanano dalle trame più “galattiche” e si concentrano su come potrebbero cambiare gli stili di vita del nuovo mondo digitale. Ci sarà più disponibilità di prodotti, per più persone e per condurre una vita migliore? La mia preoccupazione principale è se l’intelligenza artificiale ucciderà più mestieri di quanti ne creerà. Se si avvera questo scenario dovremmo iniziare a riflettere su come sostentare un numero crescente di persone anche se non c’è lavoro a sufficienza per tutti. Questa è il tema delle future speculazioni: cosa fare del proprio tempo nel momento in cui non si può più trovare lavoro? Dovremo risolvere questo problema.
Foto: Emilio Pantuliano
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