IBM Watson Health è un sistema di intelligenza artificiale, o meglio, un sistema cognitivo. Impara e sa rispondere alle domande poste in linguaggio naturale. Mentre vi preoccupate di blindare il vostro profilo Facebook per estromettere i social impiccioni, curate le impostazioni delle vostre app per lasciare minime tracce della vostra vita a disposizione dei divoratori di dati, state attenti ai like dati, l’IBM ha siglato un accordo per impossessarsi in un colpo solo dei dati sanitari di tutti i cittadini italiani e darli in pasto a questo sistema.
A marzo del 2016, l'allora premier Matteo Renzi, secondo quanto hanno raccontato principali quotidiani italiani, ha ottenuto dalla azienda americana l’impegno a grandi investimenti finalizzati a creare un grande centro di ricerca europeo, da far sorgere a Milano. Non un centro di ricerca qualsiasi, ma uno destinato ad ospitare Watson Health.
IBM Watson è quel simpatico sistema di intelligenza artificiale che nel 2011, rispondendo alle domande del quiz televisivo americano Jeopardy, ha stracciato tutti i concorrenti umani.
Da allora ne ha fatta di strada ed ha sviluppato altre nuove abilità: vendite, generazioni di ricette, raffinati suggerimenti musicale, persino influencer.
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Il nuovo colonialismo
Secondo il giornalista investigativo e futurologo americano J.M. Porup, le IA e il Machine Learning sono nuove forme di sfruttamento coloniale.
Tra le sue 95 tesi per un mondo immateriale, nelle quali esplora la scomparsa dei confini tra vita reale e cibernetica, spiccano queste:
- la sorveglianza di massa possiede i nostri sé digitali;
- possedere qualcuno è una moderna forma di schiavitù;
- possedere i dati di una nazione è un modo di schiavizzarla.
Tesi da complottisti, apparentemente. Se non fosse che, oltre a quella di Porup sono molte le voci che evidenziano certi rischi e cercano di limitarne i danni possibili. Tra questi anche il Parlamento europeo, con le sue mozioni tese a limitare lo strapotere di giganti come Google e Facebook.
Walter Vannini, nel suo podcast DataKnightmare, in cui esplora (secondo le sue stesse parole) il lato oscuro della società dei dati ha dedicato alcune puntate a Porup e a questo accordo con IBM.
Cosa prevede l’accordo IBM Watson Health
Il primo a poter prendere visione dei documenti relativi a questo accordo (memorandum d’intesa è il suo nome ufficiale) è stato il giornalista Gianni Barbacetto, che riporta questo passo cruciale nel suo blog e sul sito del Fatto Quotidiano:
“Come presupposto per realizzare il Programma ed effettuare l’investimento, Ibm (incluse le società controllanti, controllate, affiliate o collegate, ove necessario) si aspetta di poter avere accesso – in modalità da definire – al trattamento dei dati sanitari dei circa 61 milioni di cittadini italiani (intesi come dati sanitari storici, presenti e futuri) in forma anonima e identificata, per specifici ambiti progettuali, ivi incluso il diritto all’utilizzo secondario dei predetti dati sanitari per finalità ulteriori rispetto ai progetti.
A titolo esemplificativo ma non esaustivo, si ritiene cruciale avere accesso a dati dei pazienti, ai dati farmacologici, ai dati del registro dei tumori, ai dati genomici, dati delle cure, dati regionali o Agenas, dati Aifa sui farmaci, sugli studi clinici attivi, dati di iscrizione e demografici, diagnosi mediche storiche, rimborsi e costi di utilizzo, condizioni e procedure mediche, prescrizioni ambulatoriali, trattamenti farmacologici con relativi costi, visite di pronto soccorso, schede di dimissioni ospedaliere (sdo), informazioni sugli appuntamenti, orari e presenze, e altri dati sanitari”.
Avete capito bene. Tutti i nostri dati, ogni cosa che riguardi la nostra salute sarà data in pasto ai server di IBM Watson Health perché possa apprendere e dedurre, coi suoi algoritmi, nuove cose. E cosa se ne farà?
Secondo l’accordo, potrà usarli per ogni cosa desiderino, compresa la cessione a terzi, come compagnie di assicurazione o aziende farmaceutiche.
E tutto senza dover rendere conto ne al governo ne ai suoi cittadini.
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Di chi sono i dati sanitari raccolti da Watson?
Sempre secondo quanto denuncia Barbacetto, il documento confidenziale infatti recita: "IBM manterrà la proprietà intellettuale pre esistente dell’intera piattaforma cognitive (IBM Watson) e delle nuove soluzioni Watson e degli strumenti che risultino sviluppati. [...] Inoltre manterrà la proprietà dei risultati della ricerca ma ne darà licenza d’uso alle altre eventuali parti progettuali".
La prima regione a dover cedere i dati è la regione Lombardia. Non solo darà gratis i dati dei suoi cittadini, ma dovrà anche contribuire al nuovo centro di ricerca con 30 milioni di euro.
Cosa dice il Garante della privacy
La Regione vuole vederci chiaro e interpella il garante della privacy. Il garante naturalmente richiede alla Lombardia tutti i perché e soprattutto per come abbia intenzione di procedere. Cioè in che modo ha intenzione di fornire i dati rispettando i vincoli di
- liceità (che i trattamenti siano leciti);
- necessità (che i dati forniti siano necessari);
- proporzionalità (che i dati non siano in eccesso rispetto alle necessità);
- finalità (che i dati vengano effettivamente usati per le finalità dichiarate).
Non sappiamo come sia continuato il dialogo tra Regione e Garante, ma sappiamo come abbia risposto a Vannini, che lo ha interpellato direttamente con queste domande:
- se qualche dato sanitario di cittadini italiani sia stato già fornito a IBM;
- a quali condizioni specifiche di tutela della privacy (certamente non quelle definite nell’accordo sottoscritto da Renzi) il Garante potrà avallare la trasmissione di dati sanitari di cittadini italiani a IBM Watson;
- se il Garante abbia richiesto una ridotta e più precisa definizione dello scopo per cui questi dati vengono utilizzati.
E il Garante risponde velocemente e così: "In base alle prime informazioni ricevute dalla Regione Lombardia su richiesta dell’Autorità il progetto è ancora in una fase preliminare e allo stato non risulterebbero trasferiti i dati dei cittadini lombardi, oltretutto in assenza di un parere da parte del Garante. Parere che la Regione ha dichiarato di voler acquisire in via preventiva prima di dar corso al progetto".
"In assenza di un progetto dettagliato da parte della Regione Lombardia, il Garante non può dunque esprimere alcuna valutazione sulla liceità del trattamento che sarà effettuato. Ad oggi, non sono neanche chiari i ruoli della Regione e della stessa IBM rispetto al trattamento dei dati sanitari della popolazione della Lombardia, né su quali basi giuridiche IBM avrebbe accesso a questi dati". Inoltre, "il Garante vigilerà sulla vicenda per contemperare libertà della ricerca scientifica e tutela dei diritti dei pazienti". "Dalle informazioni preliminari acquisite risulta che l’Accordo sia un atto di intenti molto generale che necessita per il suo sviluppo di successive specificazioni operative".
"Il Garante farà rispettare le norme in materia di protezione dei dati personali sulla salute e il livello di garanzia fissato a suo tempo nelle proprie autorizzazioni generali (in particolare quelle sul trattamento dei dati sanitari e sulla ricerca scientifica)". In pratica e in poche parole, tutto è ancora fermo, ma il Garante farà il garante, e non è poco. IBM invece, interpellata anch’essa, dice di non avere informazioni da dare in merito alla questione.
Giace intanto in Parlamento anche una interrogazione parlamentare dell’onorevole Pierpaolo Vargiu, presentata il 19 maggio scorso, ma alle sue domande non è stata data ancora alcuna risposta.
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Quanto valgono i nostri dati sanitari
Certo, non si può pagare al supermercato con un like, ma questa mole di dati ha un valore notevole sul mercato del deep web, dove i dati sanitari di una persona possono essere acquistati per circa 10-15 dollari.
I dati ceduti gratuitamente in base a questo accordo avrebbero quindi un controvalore di quasi 915 milioni di dollari, oltre 700 milioni di euro, se preferite.
A termini di legge i dati sanitari, quando si tratta di ricerca medica, biomedica, epidemiologica e quant’altro, possono essere usati SENZA il previo consenso dell’interessato quando la ricerca è prevista da una espressa disposizione di legge. Ma non c’è niente nella legge che dica che tutti i dati sanitari di tutta la popolazione senza eccezioni possano essere dati in uso a una entità commerciale senza che ci sia alcuna specifica finalità in questo ultilizzo.
I dati verrano anonimizzati, così dicono. Ma anche su questo aspetto c'è poco da stare tranquilli.
Proprio sistemi di Intelligenza artificiale come IBM Watson Health possono, con poca fatica, renderli di nuovo personali.