Che cosa è successo a YouTube? Perché in molti si sono fatti prendere dal panico e hanno temuto il peggio per il proprio canale (e quindi per il proprio portafoglio)? Come si sta realmente evolvendo la cosiddetta Adpocalypse?
Rispondiamo a queste domande facendo prima una piccola digressione e cercando di ricordare i motivi per i quali si è alzato questo polverone.
Quando e dove nasce la "guerra" a YouTube
Una moltitudine di media e testate giornalistiche questa primavera hanno intrapreso una vera e propria guerra su scala globale nei confronti di YouTube scatenando la cosiddetta Adpocalypse. Tutto è partito da uno screenshot che immortalava la pubblicità di Netflix in pre-roll ad un video, che ospitava contenuti giudicati inappropriati: il video riportava un messaggio di stampo terroristico.
L'algoritmo subito rottamato
Una grossa fetta di investitori della società di Mountain View ha deciso perciò di ritirare le proprie quote d’investimento, agitando i piani alti di YouTube che, in men che non si dica, hanno ordinato ai propri esperti di sviluppare una tecnologia che assicurasse standard elevati di brand safety per gli advertiser: è nato quindi un algoritmo il cui compito era quello di categorizzare i video “buoni” e i video “cattivi”, attraverso il riconoscimento del linguaggio utilizzato, di musiche, tipologia di interazioni e categorie di argomenti.
L’implementazione di questo nuovo algoritmo ha mandato nel panico i creators, che hanno visto compromesse le loro entrate (molto spesso le entrare pubblicitarie sono le uniche revenue che permettono ad un canale di rimanere in vita e di poter continuare la propria opera), a causa di un sistema poco preciso, non tanto per la tecnologia utilizzata, ma più per le modalità di categorizzazione dei contenuti.
L'algoritmo non è stato in grado di riconoscere quali video potessero essere effettivamente pericolosi e quali invece svolgessero compiti di informazione e divulgazione. È interessante notare come questi contenuti in televisione vengano trasmessi senza alcun tipo di problema, mentre con questo nuovo "sistema" diventano materiale non consigliato o violento, incontrando nella maggior parte dei casi barriere da parte della piattaforma e pregiudicando di fatto gli introiti pubblicitari degli Youtubers.
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Il nuovo algoritmo e le nuove regole per la pubblicità
YouTube, resosi conto dei limiti della soluzione proposta inizialmente, ha comunicato di aver aggiornato il suo algoritmo, adeguando inoltre le sue linee guida con il proposito di consentire agli Youtubers la creazione di materiale più ad-friendly. Nel calcolo e nel procedimento dell'algoritmo cambia poco, è stato "semplicemente" affinato il modo in cui l’algoritmo interviene nella categorizzazione dei video: la lista dei canali penalizzati, perché considerati pericolosi, è così calata del 30%.
Il nuovo algoritmo è stato creato seguendo e studiando le interazioni che gli utenti hanno avuto negli ultimi 3 mesi: video che erano erroneamente stati segnalati come video pericolosi potranno quindi essere retroattivamente rivalutati fornendo ai creators la possibilità di monetizzazione a posteriori.
In ogni caso Google continua ad incoraggiare gli utenti a segnalare quelle che sono giudicate come penalizzazioni non corrette, dal momento che questo nuovo algoritmo rappresenta un miglioramento, ma è pur sempre, a detta di YouTube stesso, ancora imperfetto.
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L'apocalisse non è ancora scongiurata
Non si può quindi affermare che con questo algoritmo i miglioramenti siano stati significativi, c'è ancora il rischio che i canali con il maggior numero di iscritti scelgano di traslocare su altre piattaforme (come Twitch) o addirittura verso piattaforme proprietarie, mentre, i creator minori continuano a segnalare al proprio pubblico la possibilità di chiusura definitiva dei propri canali qualora non vi siano variazioni significative che soddisfino le necessità dei creators.
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Sarà quindi fondamentale aspettare (e aspettarsi) ulteriori aggiornamenti sulla questione confidando che le soluzioni proposte al problema Adpocalypse siano sostanziali e non solo dei palliativi per cercare di accontentare un po' tutti.