Si può concordare con il fatto ormai assodato che le strategie dei social network, con Facebook in prima linea, stiano tutte convergendo nello spingere gli utenti e i professionisti del settore a pagare le loro campagne per raggiungere un numero più consistente di internauti che potrebbero, in ultima analisi, trasformarsi in potenziali consumatori del prodotto/servizio che si cerca di sponsorizzare.
Infatti, già nel 2012, cioè da quando Facebook limitò la portata organica dei post al 16%, si era compresa la strada che si voleva percorrere al quartier generale di Menlo Park, che ha continuato a ridurre gradualmente la portata dei contenuti organici, per buona pace dei brand e dei loro SMM.
In tal modo, si cerca di spingere i marchi a pagare per una maggiore copertura dei loro contenuti. Come è visibile da questo grafico, tra ottobre 2013 e febbraio 2014, la portata organica dei contenuti pubblicati dai marchi si è quasi dimezzata. E secondo Social@Ogilvy, questa potrebbe un giorno arrivare a zero, il che significa che non sarà più possibile raggiungere i propri fan su Facebook, e in generale sui social media, a costo zero.
È l'apocalisse dei contenuti organici? Anche no!
Stai sereno social media manager che ci stai leggendo, e anche tu, piccolo medio imprenditore che hai appena creato la tua pagina aziendale su Facebook (destinandogli un budget pari a zero), poiché c'è anche chi in realtà crede che il traffico organico non sia finito.
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È il caso di Douglas Karr (ma è solo uno dei tanti), imprenditore, autore ed esperto di marketing technology, che su Forbes.com afferma invece che i contenuti organici dei social media sono vivi e vegeti.
Il problema reale dei contenuti organici secondo Karr è che la maggior parte di essi siano insignificanti.
E in un social media marketing in costante sviluppo, che fa segnare un aumento esponenziale della creazione di pagine di attività locali (16 milioni nel maggio 2013, un aumento del 100% rispetto agli 8 milioni di giugno 2012), aumenta anche la concorrenza facendo alzare l'asticella della soglia di qualità per cui un contenuto organico possa diventare appetibile, e di interesse, o meno.
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È altrettanto vero che molti marketer fanno affidamento su un grande volume di lettori per supportare le entrate pubblicitarie. Ma è probabile che la tua azienda non abbia bisogno di quei numeri, con dei contenuti di qualità che vengono condivisi con regolarità.
In questo contesto, la maggior parte delle aziende continuano a spendere tempo prezioso e risorse per produrre post che non vengono neanche letti. Perché continuare a investire in più contenuti che nessuno condivide? Non sarebbe meglio impegnarsi nella produzione di contenuti eccellenti che generino un numero notevole di impressioni e che tutti vorrebbero, o avrebbero il piacere di condividere?!
Karr e il case study sui contenuti organici
Douglas Karr a sostegno della sua tesi porta un case study molto interessante. Dopo aver scritto con i suoi collaboratori 14 articoli su argomenti relativi al disaster recovery per uno dei loro clienti, afferma come questi, essendo "solidi ma non fantastici", ottennero come diretta conseguenza una consistente diminuzione di visite nel gennaio 2017.
A febbraio, dopo aver condotto delle ricerche sull'argomento, Karr e il suo team scrissero un articolo completo, con un migliore posizionamento sui motori di ricerca, più condiviso e rilevante sul sito del cliente, reindirizzando i 14 articoli, precedentemente redatti, ad esso.
Il mese successivo, come risultato, ottennero che le condivisioni social raddoppiarono. A partire dal primo novembre, hanno registrato un aumento di visitatori, con 1.271 visite attraverso il traffico organico dei social media alla pagina, con una media di oltre 170 visualizzazioni all'articolo ogni mese. Per di più, il tempo medio dell'utente trascorso sulla pagina è aumentato del 61%, arrivando a 3,3 minuti.
E tutto questo senza spendere nemmeno un dollaro per promuovere il pezzo.
Considerazioni (non apocalittiche) sui contenuti organici
Se a questi ragionamenti si aggiungono quelli sui dati che riguardano le informazioni sul livello percepito del ROI generato da canali di marketing selezionati, è possibile constatare che solo un 17% dei professionisti internazionali del settore ritiene che le sponsorizzazioni a pagamento sui social generino il ROI più elevato, rispetto al 20% di coloro che hanno affermato che questo tenda ad arrivare ancora da contenuti organici.
Tale dato, che va indubbiamente e continuamente monitorato e indagato nel lungo termine, conferma che in realtà le potenzialità di un contenuto organico eccezionale non è per nulla variato, anzi.
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Come scrive Salvatore Niffoi ne Il venditore di metafore, in un momento in cui tutto è narrazione continua e pervasiva (e in fin dei conti non lo è più niente), è probabile che l'utente tenda a percepire tutta questa produzione di contenuti forzata, finta e artificiale.
Perciò l'internauta, spinto dal "bisogno" di un sano contenuto autentico e unico, va alla ricerca dell'eccezionalità. Il che ci porta alla considerazione per ora finale di questo dibattito (che ormai va avanti da anni); ovvero che il contenuto organico di qualità nei social media non è morto, ma semplicemente si trova in un ambiente saturo di produzioni e prodotti sterili e insignificanti.