Da quando Internet è prepotentemente entrato nelle nostre vite quotidiane il tema del plagio e l’inevitabile dibattito che ne segue si sono riproposti fra le issues più discusse.
Indubbiamente non si tratta di una novità, il plagio è sempre esistito e – probabilmente – sempre esisterà.
Quello che è invece nuovo, e che rappresenta la grande svolta della nostra era, è la facilità con la quale è possibile copiare e riutilizzare qualsiasi cosa si trovi all’interno della rete.
Diciamoci la verità, siamo tutti, chi più chi meno, parte della cultura del copia-incolla. Ctrl+c e Ctrl+v non sono più oscuri codici da nerd ma abbreviazioni che appartengono quasi al linguaggio comune.
Indubbiamente la tematica è complessa e di non facile soluzione. Se da un lato gli autori di qualsiasi opera di creatività ne rivendicano, giustamente, la paternità ed i relativi diritti, dall’altra parte della barricata molti dei componenti del cosiddetto Popolo della Rete si battono per il diritto di appropriarsi di qualsiasi contenuto online e utilizzarlo e manipolarlo come meglio si crede. Probabilmente la verità sta, come quasi sempre accade, nel mezzo, ma si tratta di opinioni personali su una questione che difficilmente potrà mai considerarsi chiusa.
L’argomento principale di questo articolo è invece una delle ultime puntate di questo dibattito, che si sta svolgendo in questi giorni in Italia. Protagonisti della questione sono due interessanti eventi romani, il Romaeuropa Web Factory e il Romaeuropa FAKE Factory.
Per chi non li conoscesse, eccovi un brevissimo riassunto delle puntate precedenti. A Settembre del 2008 nasce il Romaeuropa Web Factory. L’idea è quella di creare una grande community per artisti e creativi, divisi in quattro categorie: Video Art, 100 words, Music@ e Spot.
L’oggetto del concorso è la produzione di un’opera ispirata al pay-off “una Generazione avanti”. Web Factory si propone di valorizzare i nuovi artisti più creativi e meno convenzionali nei quattro ambiti selezionati in un esperimento di cultura creativa che consenta di trasformare chi prima era solo fruitore in produttore di immagini, suoni e parole grazie alle nuove tecnologie ed in un’ottica pienamente 2.0.
Ad oggi il concorso, ancora in fase di svolgimento, ha raccolto 500 opere in concorso e 2500 iscritti alla community. Indubbiamente un’iniziativa interessante e creativa, premiata anche da una buona partecipazione di pubblico. E allora qual è la mela della discordia?
Il punto da cui nasce la questione (ed il Romaeuropa FAKE Factory) è il numero 8 del regolamento del Web Factory:
“Non è ammessa, da parte dei partecipanti, alcuna attività di mashup, remix ed ogni altro genere di manipolazione, in ogni caso le opere frutto di mashup, remix ed ogni altro genere di manipolazione non potranno in alcun modo partecipare al Concorso”
In pratica, secondo le regole del Web Factory, non è consentito agli artisti di partecipare con opere frutto di remix e manipolazione di contenuti pre-esistenti. Inoltre i partecipanti sono obbligati a cedere, tramite liberatoria, tutti i diritti sulle loro opere, a tempo indeterminato, in esclusiva e a titolo gratuito, cedendo agli organizzatori il diritto di manipolare le stesse.
C’è anche da dire che l’articolo citato esclude totalmente una delle più importanti creazioni della giurisdizione in rete: le licenze di distribuzione aperta (come le Creative Commons), secondo le quali la libera diffusione (o addirittura manipolazione) rientra nei diritti esplicitamente garantiti dall'autore/distributore alla comunità.
In un’epoca in cui il remix ed il mash up sono una vera e propria cultura, tale divieto, unito all’appropriazione del diritto di manipolare da parte degli organizzatori, ha fatto nascere l’idea del Romaeuropa FAKE Factory, che si va ad inserire proprio nella nicchia esclusa dal Web factory. Il Fake Factory prende spunto dal suo “rivale” per avanzare una riflessione ed una pratica su temi quali i diritti digitali e la proprietà dell’informazione.
L’iniziativa è molto ben curata, a partire dal sito che si presenta come un “fake” di quello della Web Factory, logo molto simile, template praticamente identico come pure la scelta dei colori. Ma le similitudini non vanno molto oltre, a cominciare dalle sezioni: 100cuts (video arte), 100samples (musica elettronica), 100quotes (letteratura) e law art (creazione di testi di legge in materia di proprietà intellettuale). È possibile inviare le opere entro il 15 marzo, per chi volesse contribuire i nomi delle sezioni linkano direttamente ai bandi relativi!
Lo scopo che si prefigge il FAKE Factory è quello di analizzare criticamente, con l’aiuto delle opere partecipanti, la cultura contemporanea per poterla comprendere al meglio. Proprio per questo motivo, a differenza della Web Factory, qui non ci saranno classifiche e premi. Le opere saranno oggetto di studio e di discussione, per poi venire raccolte in un catalogo. Il tutto inoltre confluirà in un’esposizione pubblica.
Forse qualcuno di voi si starà chiedendo da che parte ci siamo schierati noi di Ninjamarketing. Ebbene, vi basta una breve visita al sito per notare che il nostro ninjalogo fa bella mostra di se fra i partner del Romaeuropa FAKE Factory, il cui banner campeggia invece nella nostra home.
Senza nulla togliere al Web Factory, che è indubbiamente un concorso valido e interessante, riteniamo infatti che l’idea del FAKE Factory sia molto più vicina al nostro modo di pensare e soprattutto molto in sintonia con la direzione che ha preso la cultura della rete. In definitiva, senza voler creare un muro contro muro, un “o con noi o contro di noi”, tra le due realtà ci siamo sentiti di appoggiare ufficialmente quella che ci è sembrata meno “istituzionale” e più coerente con il nostro “non-conventional do”.
Il FAKE Factory è appena agli inizi e già è argomento di interesse e discussione, noi Ninja vi terremo in continuo aggiornamento con le iniziative degli amici romani. Stay Tuned!