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rappresentazione della donna in pubblicità

Da governante a paladina: come è cambiata la rappresentazione della donna nelle pubblicità

Qual è la rappresentazione della donna in pubblicità? Nelle adv, generalmente, gli uomini sono stati rappresentati come forti, intelligenti e lavoratori, ma non si può dire lo stesso delle donne.

Ormai (per fortuna) le donne sono, il più delle volte, valorizzate dai media, ma non è sempre stato così. Non molto tempo fa, le pubblicità sessiste incoraggiavano le donne a essere principalmente due cose: una domestica e l’accessorio di un uomo. Anche dopo aver contribuito a far andare avanti il mondo durante la prima e la seconda guerra mondiale, le donne erano ancora considerate passive e, in un certo senso, inferiori.

Eppure, le donne sono un target molto importante per i pubblicitari: secondo uno studio del 2019 del The Economic Times, il 58% degli annunci contemporanei è rivolto alle donne, contro il 38% che si rivolge a entrambi i sessi.

Vediamo insieme come le pubblicità sono passate dal ritrarre le donne come casalinghe passive a celebrarne la forza.

La rappresentazione delle donne in pubblicità

Inizio del 20simo secolo

Prima della prima pubblicità televisiva, andata in onda nel 1941, la stampa e il cinema erano due dei modi più efficaci per gli inserzionisti per promuovere i loro prodotti a un pubblico ampio.

Pubblicità su carta stampata

Nel 1908, Henry William Hoover (inventore dell’aspirapolvere verticale) fondò il suo omonimo marchio in Ohio, USA.

Negli anni ’20, l’aspirapolvere Hoover era riconosciuto in tutti gli Stati Uniti come un prodotto essenziale per la casa. E la narrativa che le pubblicità del marchio spingevano per promuovere il loro dispositivo di pulizia era che un Hoover era il più grande desiderio di una donna.

Era comune imbattersi in pubblicità cartacee di Hoover accompagnate da didascalie come: “Non deluderla di nuovo questo Natale. Regalale una Hoover“, “Regalale una Hoover e le darai il meglio” e “Hoover salvaguarderà il suo orgoglio di avere una casa pulita“.

Rappresentazione della donna in pubblicità

Photo Credit: www.witness2fashion.wordpress.com

Pubblicità del primo Novecento come questa ritraevano la donna media come una domestica il cui unico desiderio nella vita era quello di tenere in ordine la casa per compiacere il marito.

Pubblicità al cinema

Negli anni ’30 i cinema cominciarono a spuntare ovunque e fecero il loro debutto alcuni dei film più importanti della storia del cinema, come Il mago di Oz e Biancaneve e i sette nani.

Per i pubblicitari, l’avvento del cinema significava un pubblico prigioniero a cui promuovere la propria merce.

Un esempio di pubblicità sul grande schermo degli anni ’30 è “A Film Mystery” di Dreft, che segue un personaggio chiamato Mrs Smith che, ovviamente, si trova in cucina mentre intenta lavare i piatti.

La voce narrante raccomanda agli spettatori, come la signora Smith, di iniziare a usare il detersivo Dreft per lavare piatti e bicchieri.

Si tratta solo di un altro esempio di come, in quell’epoca, le donne fossero viste come nient’altro che governanti.

Ecco una gallery delle pubblicità degli anni ’30.

Rappresentazione della donne nelle pubblicità degli Anni 40 e 50

Negli anni ’40-’50 la televisione si diffuse a macchia d’olio, tanto che. alla fine degli anni ’50. la maggior parte delle persone nei Paesi occidentali possedeva un televisore.

Naturalmente, sempre più inserzionisti capitalizzarono su questo nuovo pubblico, investendo nella produzione di pubblicità su schermo.

Nonostante le donne avessero assunto molti “ruoli maschili” durante la Seconda Guerra Mondiale, anche queste pubblicità erano piene di stereotipi sessisti.

Nella selezione di pubblicità degli anni ’40 qui sotto, raccolta da NowThis News, c’è un’ovvia linea guida: le donne devono essere all’altezza degli standard maschili.

Gli anni ’60

Coca-Cola (1961)

Nel 1961, Coca-Cola reclutò l’attrice Connie Clausen come protagonista di uno spot televisivo incentrato su una teoria stravagante: la famosa bevanda fa dimagrire. “Con Coca-Cola non ci si preoccupa del girovita“, recitava Connie, prima di addentrarsi nella spiegazione dei motivi per cui fosse utile la bevanda analcolica per tenere sotto controllo il peso.

Anche tralasciando l’aspetto scientifico, sappiamo quanto sia dannoso trasmettere alle donne il messaggio che il loro valore è intrinsecamente legato all’aspetto fisico.

Volendo trovare una nota positiva, almeno la protagonista è una donna in carriera, invece di una casalinga incatenata ai fornelli.

Kodak (1964)

Torniamo in cucina con questo spot Kodak, in cui la compianta Betty White prepara un picnic per la spiaggia mentre parla agli spettatori della pellicola a colori Kodak.

Anche se la protagonista non è intenta a cucinare, l’ambientazione lascia decisamente a desiderare.

La rappresentazione della donna in pubblicità negli anni 7o

Tab Cola (1972)

All’inizio degli anni ’70, si iniziano a intravedere veri e propri progressi nell’affrontare la disuguaglianza di genere nei media e nella pubblicità.

Vediamo come esempio questo spot di Tab Cola del 1972: non c’è un uomo, una cucina o un prodotto per la pulizia in vista. Tuttavia, il mondo della pubblicità aveva trovato un altro modo per “sfruttare le donne”: trasformarle in oggetto del desiderio maschile.

Le donne (come quella che si vede in questo spot) iniziavano a venire sessualizzate per invogliare gli uomini ad acquistare il prodotto o il servizio.

Tab (1978)

Sei anni dopo il brand di beverage pubblicò lo spot “Beautiful People“.

Come suggerisce il nome, lo spot ha come protagoniste una serie di persone, tra cui una donna al lavoro, una reginetta di bellezza, una donna sportiva in bici.

Appare chiaro come i pubblicitari stessere iniziando a capire che le donne non fossero tutte uguali e a celebrare invece la diversità.

Gli anni ’80

Martini (1981)

L’assoggettamento delle donne allo sguardo maschile era un problema ancora più sentito negli anni ’80; dopo il decennio della liberazione, le donne apparivano spesso nelle pubblicità indossando abiti succinti per suscitare l’interesse degli uomini.

Un esempio su tutti: La pubblicità della cameriera sui pattini di Martini, del 1981.

BT (1988)

Gli spot BT di Maureen Lipman della fine degli anni ’80 sono a dir poco esilaranti, ma con alcuni temi non proprio ideali che attraversano tutta la serie di pubblicità.

Ad esempio, nello spot che pubblicizza il servizio di ordinazione telefonica di BT, si capisce subito che il personaggio di Lipman non desidera altro che acquistare prodotti elettrici per la casa come aspirapolvere e lavatrici. Sembra di essere tornati agli anni ’20.

La rappresentazione della donna in pubblicità negli anni ’90

Bounty (1990)

Il sesso vende” era il motto degli anni ’90 e i pubblicitari si ingegnavano per trovare modi nuovi e originali per presentare donne seminude nei loro spot.

Ad esempio, questo spot Bounty porta gli spettatori su una spiaggia esotica, invitandoli ad “assaggiare il paradiso” mentre fissano una donna in bikini.

Ma c’è un aspetto in cui questo spot differisce da quello di Martini andato in onda un decennio prima: Bounty includeva anche un uomo seminudo, a beneficio dello sguardo femminile. Sì, era arrivato il momento che anche le donne potessero dare un’occhiata.

Spice Girls (1996)

Se pensiamo al girl power negli anni ’90, ci sono solo loro: le Spice Girls.

Il quintetto pop ispirava le donne di tutto il mondo ad abbracciare la propria personalità per distinguersi dalla massa.

La frase più potente dello spot è quella di Mel C, che sfrutta il suo momento per esclamare: “Attenti ragazzi, le ragazze sono qui!“.

Sembrava che il nuovo millennio avrebbe segnato una nuova era per le donne.

Gli anni 2000

Gillette Venus (2000)

Subito dopo la fine del 2000, Gillette pubblicò il suo spot Venus che prometteva alle donne che si sarebbero sentite “come delle dee” se avessero usato la nuova linea di rasoi del marchio.

È evidente fin dall’inizio che lo spot mira a incoraggiare le donne a radersi le gambe per se stesse, non per impressionare gli uomini.

Questo concetto viene confermato quando la voce narrante femminile dice: “È qualcosa a cui tutte le dee hanno diritto“, parlando di pelle liscia. Gli uomini? Chi se ne importa!

Mercedes (2007)

Anche dopo gli anni 2000, alcuni marchi non erano pronti a comprendere quanto non fosse più accettabile stereotipare le donne come poco intelligenti.

Uno degli esempi più famosi  degli anni Duemila è rappresentato dallo spot MercedesLa bellezza è nulla senza cervello“. In questo spot, una donna, senza rendersene conto, ordinava il suo pranzo a una bibliotecaria, scambiandola per l’impiegata di un fast food.

Che dire…almeno l’esperta bibliotecaria rappresentava le donne sveglie del mondo!

La rappresentazione della donna nelle pubblicità dal 2010

John Lewis (2010)

Nel 2010, la catena di grandi magazzini John Lewis ha celebrato le donne con uno spot emozionante e potente, che ricordava alle persone a casa che le donne sono il collante di tutti gli aspetti della vita.

Nike (2017)

Alla fine del decennio, i pubblicitari si sono resi conto quanto fosse vantaggioso (sia per loro che per il loro pubblico) spingere la convinzione che le donne fossero capaci di tutto.

Improvvisamente, le donne forti e resistenti erano di moda e nessuno (nemmeno gli uomini) si lamentava.

Alcuni dei migliori esempi di pubblicità che conferiscono potere alle donne ci arrivano da Nike, come “This Is Us” del 2017.

Dal 2020 in poi

Dior (2021)

100 anni dopo la pubblicità stampata di Hoover, Dior pubblica uno spot con Natalie Portman in cui l’uomo è un semplice accessorio nella sua vita.

Come sono cambiate le carte in tavola.

Squarespace (2022)

Per il Super Bowl 2022, l’azienda newyorkese di siti web Squarespace ha reclutato Zendaya per il suo spot che ruota attorno a una donna d’affari di successo.

Squarespace utilizza questo esempio di giovane imprenditrice per ispirare le giovani donne ad avviare le proprie attività.

 

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Sonic Science 2.0, ottimizzare l’audio adv con Spotify: intervista ad Alberto Mazzieri

Le tecnologie si fanno sempre più intelligenti e vicine ad ogni singolo utente. Un aiuto per gli inserzionisti alla ricerca di nuove modalità per rendere ancora più efficienti le campagne di advertising arriva dalle nuove tecnologie di Spotify.

Nella ricerca effettuata da Spotify lo scorso anno, e che ha visto la collaborazione con Neuro Insight, una società di Neuroscienze degli Stati Uniti nell’esplorazione gli effetti del suono sulle persone, si è evidenziato come l’effetto dell’esposizione ai contenuti audio possa realmente agire sul cervello e influenzare il comportamento degli individui.

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Come i contenuti audio digitali aumentano l’engagement dei brand

A parlarci delle adv su Spotify c’è Alberto Mazzieri, Head of Sales Southern Europe di Spotify che ci ha raccontato di come le aziende siano estremamente interessate a sfruttare la piattaforma per condurre al meglio i propri obiettivi di comunicazione ed aumentare la propria audience.

Alberto mazzieri spotify

Nella ricerca di quest’anno,Sonic Science 2.0, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Biometrica MindProber, si è invece indagato sull’impatto durante la giornata dell’audio digitale sul fisico e sul comportamento delle persone e di come questo comportamento possa fornire degli insights interessanti da elaborare per raggiungere in modo più efficace il pubblico.

Lo studio ha coinvolto un campione di diverse centinaia di persone distribuite tra US e UK e che sono state esposte nell’arco di 40 giorni a più di 15.000 sessioni audio per un totale di più di 22.000 ore di ascolto.

Grazie a dei sensori indossati nell’arco della giornata e durante ogni attività, è stato possibile analizzare dei dati ricavati dall’attivazione elettrodermica, ovvero alle reazioni della pelle sollecitata da un determinato tipo di stimolo.

Un ulteriore step della ricerca consisteva nell’acquisizione di dati pre e post esperimento per indagare come la percezione dell’esposizione a contenuti audio potesse generare cambiamenti sulla giornata, anche in termini qualitativi.

Il Mood Boost dei contenuti audio su Spotify

“Capire come il ruolo dei contenuti audio, non solo musicali, possano interagire ed influenzare i diversi stati psicologici è utile per avere degli insight interessanti. È interessante per i brand apprendere che l’ascolto di audio sia realmente parte della routine quotidiana e che genera un miglioramento dello stato d’animo e delle emozioni, a prescindere che si parta da uno stato positivo o meno e a prescindere dall’attività che si sta svolgendo. Il che si traduce, per i brand, avere un engagement più alto, con la possibilità di raggiungere un pubblico più connesso e interessato in un momento in cui c’è un’altissima attenzione. Un mood boost quindi, in cui Spotify riesce appieno grazie alla sua offerta non solo di musica ma anche di contenuti che sempre più stanno registrando livelli alti di attenzione e di ingaggio, come i podcast.”

Su Spotify, piattaforma leader nell’audio in streaming, oltre ad un’ampia offerta musicale ci sono moltissime categorie di contenuti podcast, basti pensare che sono presenti 5 milioni di titoli, che spaziano dalle news, al true-crime fino all’intrattenimento comedy: un tasso di immersività e di engagement che si riflette anche nella trasferenza degli annunci pubblicitari inseriti, ovvero nel livello di attenzione del pubblico al passaggio delle ads.

La personalizzazione di Sonic Science 2.0

E a questo proposito, la tecnologia di Sonic Science 2.0 fornisce una cerchia quasi infinita di informazioni utili per i brand, tali da poter personalizzare maggiormente il messaggio.

Infatti, in base al comportamento dell’utente su Spotify, della scelta musicale, di ritmo o di quantità di parole, la ricerca ha evidenziato come ad un determinato contenuto audio scelto durante le diverse attività della giornata, come a lavoro, in auto, con la famiglia o in palestra, sia associato un certo tipo di engagement e di relazione.

sonic science numeri

In questo modo il messaggio pubblicitario costruito su uno specifico momento, legato al contesto e all’ambiente risulta ragionevolmente più dinamico ed efficace rispetto a un messaggio targetizzato su quei dati “statici” come interesse, età e luogo geografico.

Come possono queste informazioni essere sfruttate al meglio per creare dell’advertising efficace su Spotify

I dati a disposizione permettono di creare ampi cluster suddivisi in base al mood e al momento, a cui veicolare le inserzioni in modo specifico e attraverso azioni strategiche: ad esempio se siamo in auto e ascoltiamo un podcast in cui l’attenzione è massima ed il flusso del racconto è costante, si creeranno dei messaggi che non distraggano troppo dal flusso e che abbiano un tono di voce coerente con ciò che si sta ascoltando.

Se invece l’attività sarà quella dell’allenamento in palestra, il messaggio che ci sarà proposto sarà coerente con il ritmo ed il mood di quel momento: presumibilmente sarà energico per non andare ad interrompere il carico adrenalinico del nostro corpo.

“L’iper-targetizzazione sebbene sia molto utile per le aziende, presenta dei limiti naturali, per alcuni casi e per alcuni brand o servizi, in cui è invece necessario raggiungere un pubblico più ampio possibile. In questo caso, bisogna essere consapevoli di non poter generare i numeri attesi o i volumi che si intende raggiungere con questo tipo di ads.  La semplice targetizzazione demografica, il lavorare con la reach e con il retargeting sugli utenti, si rivelano essere comunque azioni efficaci.”

Incuriositi dai dati di Spotify, che ricordiamo essere l’App su cui le persone passano più tempo da mobile rispetto agli altri social, abbiamo chiesto ad Alberto Mazzieri quale sia la percentuale degli utenti disponibili ad ascoltare annunci pubblicitari su questa piattaforma e quale attività quotidiana genera un mood boost superiore.

sonic science slide 01 - spotify

La risposta è chiara: si tratta di una percentuale abbastanza consistente. Il 73% degli utenti dichiara, infatti, di accettare ad essere esposti ai messaggi pubblicitari.

Un pubblico consapevole che le informazioni utilizzate da Spotify possano fornire forme di advertising rilevanti e congruenti, con un tone of voice costruito sulla base delle personali esperienze di ascolto.

“Inoltre, da parte nostra, il condurre regolarmente delle analisi ci porta a scoprire quale sia il feedback degli utenti sulla user experience e come migliorarla, fornendo un’esperienza soddisfacente e che li spinga a rimanere molto tempo sulla piattaforma. Un’ulteriore opportunità che fa gola ai brand proprio perché l’audio digitale, a differenza del video, può essere usufruibile anche indistintamente dallo schermo. “

Per quanto riguarda l’attività più “penetrante” in termini di mood positivo e di attenzione, sempre secondo la ricerca di Sonic Science 2.0, è senza dubbio l’attività fisica. Un momento ormai della quotidianità della maggior parte di noi in cui la presenza della musica è una costante e che registra un livello di engagement superiore del 19%.

Campagne pubblicitarie audio: una media strategy ottimale per le aziende

Dalla ricerca di Sonic Scienze 2.0 si evince anche quanto i dati delle campagne pubblicitarie siano positivi e coerenti su Spotify, in termini di ricordo, memorabilità e trasferimento dell’engagement, aumentando dunque le possibilità di conversione anche attraverso una singola campagna pubblicitaria.

L’immersività dei contenuti audio nel contesto e durante la giornata dimostra difatti che il 93% degli utenti rimane attento durante il passaggio da contenuti editoriali (musica o podcast) a quelli advertising e il 60% conserva un saldo ricordo dei brand e dei tipi di messaggi ascoltati.

sonic science statistica spotify

Di certo, questi sono risultati molto positivi in termini di engagement legato al livello di attività di attenzione, soprattutto se paragonati alle stesse campagne veicolate su altri mezzi. A conferma di come l’audio svolga un ruolo importante in una media strategy articolata.

“In definitiva, pensare di aumentare le prospettive dei brand attraverso Spotify può rivelarsi una mossa ottimale: le metriche di engagement audio sono superiori rispetto a qualsiasi altro social: coinvolgono la fedeltà degli utenti, non solo come tempo di permanenza sulla piattaforma ma anche di ritorno quotidiano, di brand awareness, di consideration del brand e del funnel di conversione. Senza contare che produrre audio è infinitamente più economico che produrre video, per cui c’è la possibilità veramente di declinare tanti soggetti e personalizzare la comunicazione.”

Il momento d’oro dei Podcast

Una grande opportunità che comporta un uso mirato e specifico della piattaforma, con contenuti che calzino perfettamente con essa: il consiglio che Alberto Mazzieri dà alle aziende è quello di fare attenzione alla tipologia di messaggio da veicolare. Utilizzare un formato radio come formato audio su Spotify sarebbe sconsigliato perché andrebbe a creare un’interruzione del flusso di ascolto, non coerente con il momento ed il contesto, generando così una perdita di attenzione dell’utente.

Così come pensare di veicolare uno spot tv su Instagram o Tik Tok: una perfetta strategia comporta una creazione ad hoc del messaggio rispetto ai diversi canali da sfruttare.

Alberto Mazzieri conclude la nostra intervista confermando i dati della ricerca che evidenziano come l’audio digitale sia un compagno quotidiano a prescindere dal tipo di attività svolta o del mood e di come nessun’ altra attività media ci influenzi in modo tanto pervasivo. Questo si riflette su un livello alto e continuo di engagement, che porta ad un ricordo maggiore dei brand e di conseguenza un’efficacia maggiore dei messaggi pubblicitari. L’audio digitale può contribuire in modo consistente al raggiungimento degli obiettivi di una comunicazione multipiattaforma e multicanale.

Un accento importante va posto sui podcast diventati ormai mainstream: secondo l’ultima analisi Ipsos il numero di italiani che ascolta questi contenuti è di circa 11 milioni.

“Quello dei podcast è un mercato su cui stiamo investendo e che contribuisce all’evoluzione dello stesso Spotify. Il nostro obiettivo è portare sia in ambito di misurazione e tracciamento delle campagne pubblicitarie all’interno dei podcast, la stessa qualità dell’ambito digitale. Abbiamo una tecnologia chiamata Streaming Ad Insertion, in grado di pianificare all’interno dei podcast in modo più accurato, con delle metriche di reach più precise rispetto alla tecnologia standard del mercato.”

Ed anche il pubblico esposto ai messaggi pubblicitari è in continua espansione, dal momento che le inserzioni inserite nei podcast, a differenza dei contenuti musicali, raggiungono sia gli utenti free che quelli premium.

Spotify può dunque aiutare gli inserzionisti a raggiungere i loro obiettivi di marketing, vista l’importante quantità e qualità di dati ed insight a disposizione al fine di conoscere davvero al meglio l’audience, e in particolare, la Gen Z che è il gruppo di utenti con maggiore aderenza alla piattaforma.

È fondamentale dunque fornire ai brand gli insight sul loro pubblico, sui comportamenti, sulle scelte, sui trend che seguono per poter costruire un messaggio accurato che garantisca una sferzata positiva sulla sua efficacia.

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I Trend 2023 per i Marketer, la ricerca di Spotify, l’arrivo di Bluesky e le altre news della settimana

È stata la settimana del secondo Wrap Up Ninja e abbiamo avuto modo di analizzare le notizie e i trend di questo 2023 grazie a top player del digital come Spotify e Salesforce (se te lo sei perso, tranquillo, puoi recuperarlo a questo indirizzo).

Per la nostra community questi appuntamenti mensili sono importantissimi, perché ci permettono di rimanere al passo con i cambiamenti velocissimi che riguardano il Marketing e il Digital (proprio per questo sta per partire il nostro corso dedicato all’intelligenza artificiale).

Infatti, tra le notizie importanti di questa settimana c’è l’annuncio della “versione di Meta” di ChatGPT (trovi molte info su questa AI qui e qui), che dopo l’arrivo del chatbot di Google, Microsoft ha inserito anche su Skype. Poi, l’arrivo di Bluesky, l’alternativa decentralizzata a Twitter (la firma di Jack Dorsey fa ben sperare) e la conferma che Facebook è ancora un importante punto di riferimento per le PMI italiane.

Sarà pure da boomer, ma i numeri (e i bilanci) non mentono. Mai.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

Ninja Wrap Up #2: i trend per i Marketer nel 2023

Il secondo appuntamento del Ninja Wrap Up, l’evento mensile con un condensato delle notizie più “scottanti” del mese che devi assolutamente conoscere, è stato dedicato ai Digital Trend e Tool che segneranno il 2023 dei Marketer.

notizie della settimana state of marketing slide

Due ore e mezza in diretta con Mattia Leopizzi, Manager, Solution Engineering, Salesforce; Massimo Nava, Creative Director, Artlandis Webinar; Alberto Mazzieri, Head of Sales, Spotify Southern Europe. Puoi guardarlo qui.

Arriva “Bluesky”, l’alternativa a Twitter

La piattaforma social decentralizzata fondata dall’ex capo di Twitter Jack Dorsey, sta per essere lanciata in beta privata con alcuni utenti selezionati. Il progetto ha l’obiettivo principale di sviluppare uno “standard aperto per i social media“.

ByteDance sta sviluppando una nuova piattaforma di apprendimento basata sull’AI

La società madre di TikTok sta iniziando a esplorare nuovi orizzonti dell’intelligenza artificiale per sviluppare GeniusJoy: una piattaforma edtech che sarà testata fuori dai confini cinesi.

Meta prepara la sua versione di ChatGPT…

Ha annunciato un nuovo linguaggio artificiale, un modello più semplice e democratico di GPT-3, progettato per aiutare i ricercatori a far avanzare il loro lavoro. “Meta si impegna in questo modello aperto di ricerca e renderemo il nostro nuovo modello disponibile alla comunità di ricerca dell’AI”, ha scritto Zuckerberg in un post su Facebook.

… e Mark Zuckerberg annuncia il nuovo team AI

L’azienda creerà un nuovo gruppo di prodotti incentrato sull’IA generativa. La mossa arriva mentre tutte le grandi aziende tecnologiche fanno a gara per pubblicizzare i loro progressi nelle tecniche di apprendimento automatico.

Il suono rafforza la memorabilità degli annunci

A dirlo è Sonic Science 2.0, il nuovo studio biometrico di Spotify. I risultati provano una correlazione tra la scelta di cosa ascoltare, gli ambienti fisici dove si trovano e le attività che stanno svolgendo.

sonic science - notizie della settimana

Il 93% del coinvolgimento cerebrale verso i contenuti ascoltati si è trasferito direttamente nell’engagement degli annunci, rendendo lo streaming audio più efficace di altri media.

Facebook è il network più importante per le PMI

Lo dice una nuova indagine di Skynova, secondo la quale Facebook rimane il connettore più critico per le PMI.

facebook skynova

Secondo i dati, i social media sono la piattaforma chiave per attirare nuovi clienti, ma il CRM svolge un ruolo fondamentale.

Il nuovo look di 7Up

7Up ha presentato il suo primo aggiornamento dopo 7 anni che include un nuovo posizionamento internazionale del marchio e un’identità visiva rinnovata.

7Up

Il restyling è stato effettuato dal team interno Design and Innovation con l’obiettivo di avvicinarsi il più possibile all’essenza di 7Up.

Durex insieme a Diesel alla Milano Fashion Week

La partnership è stata svelata durante la sfilata al Superstudio Maxi. I modelli hanno sfilato attorno a una montagna di 200 mila scatole di preservativi Durex con il logo rosso e bianco di Diesel.

Diesel

Il brand italiano di denim ha anche anticipato l’arrivo di una capsule di abbigliamento con Durex, che include magliette, jeans e cappellini in co-branding.

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re-hiring cosa è

Il fenomeno del re-hiring: perché le aziende riassumono gli over 50

Viene dagli Stati Uniti la nuova tendenza che sta rivoluzionando il mondo del lavoro. Si chiama re-hiring e vuol dire, letteralmente, “ri-assunzione”. Ma di cosa si tratta?

Cos’è il re-hiring?

Il fenomeno del re-hiring è la tendenza a riassumere in azienda gli over 50 che erano stati licenziati qualche anno fa, tendenzialmente prima del covid. La pandemia ha trasformato totalmente il mondo del lavoro. Il covid ha messo le aziende di fronte a nuove sfide, forse più complesse di quelle del passato.

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Partiamo da un presupposto (anzi più di uno): quando un’azienda è costretta a ridurre il proprio personale, è molto probabile che parta proprio dagli over 50, per una questione economica.

Tuttavia, il nuovo assetto organizzativo ed economico in cui le aziende si muovono oggi è sempre più difficile da gestire.

<<Domina i nuovi scenari HR, tra Great Resignation e GenZ: esplora il Corso Employer Branding>>

La tecnologia si evolve in modo ultra rapido, i mercati sono sempre più volatili, l’acquisizione di competenze è un elemento fondamentale per il buon funzionamento di un’impresa, ma talvolta i giovani non sono pronti – e come potrebbero esserlo? – a salire su un treno che corre veloce e che non può fermarsi neanche per farli salire.

cos'è il re-hiring

Ecco, dunque, che le aziende si trovano di fronte a un tale mismatch tra domanda e offerta. Sono portate, dunque, a rivalutare la generazione dei baby boomer, rinominati già longennials che, solo qualche hanno fa, erano stati etichettati dalle imprese e dalla società come incapaci di poter dare ancora valore al mondo del lavoro e, invece, oggi risultano elementi necessari e preziosissimi.

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Possiedono molta esperienza, hanno bisogno di poca formazione e possono essere messi a capo di un progetto in corso d’opera immediatamente, conoscono la cultura aziendale e sono legati all’impresa per cui hanno lavorato per anni, sposandone mission e obiettivi.

È questo il profilo che tutte le aziende cercano? Probabilmente sì, specialmente in questi anni.

Cosa dicono i dati?

Una ricerca realizzata da due psicologhe di Harvard, Tessa Charlesworth e Mahzarin Banaji, evidenzia come gli stereotipi riguardanti età e disabilità siano più persistenti di quelli legati alla razza, all’orientamento sessuale e alla religione.

Addirittura, si prevede che, mentre il pregiudizio nei confronti degli omosessuali sarà definitivamente superato entro 20 anni, quello nei confronti delle persone anziane ne impiegherà 150. Un dato che va in contro tendenza rispetto al fenomeno del re-hiring che, tuttavia, sembra non essere ancora definitivamente approdato in Italia.

I percorsi di mentoring

Ma, quindi, in questo modo si smette di investire sui giovani?

Certo che no. I longennials, oltre ad essere definiti lavoratori “ready-to-go”, possiedono una skill fondamentale per far parte della realtà aziendale.

Hanno acquisito l’intelligenza organizzativa che è una capacità che si genera attraverso l’esperienza. Sapere come muoversi in relazione a un progetto, saper gestire un gruppo di lavoro, anche a distanza, interpretare le situazione e avere reali capacità di problem solving. 

Tutto questo rappresenta l’intelligenza organizzativa che ha un’importanza enorme all’interno del mondo del lavoro.

Allo stesso tempo, reinserire persone con esperienza e altamente qualificate porta valore all’azienda anche da un altro punto di vista: la possibilità di avviare dei veri e propri percorsi di mentoring

LEGGI ANCHE: Il mentoring in azienda è importante e ci sono delle regole da seguire

Troppo spesso questo è impossibile, sia per questioni economiche che per scarsità di personale.

In questo modo per un giovane è davvero difficile acquisire le competenze richieste dalle aziende e quindi crescere professionalmente. Se non in azienda, dove possono imparare i giovani che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro?

L’importanza della seniority

Ecco che affiancare ai giovani persone qualificate e di esperienza che possano seguirli in un percorso di crescita è fondamentale anche per non disperdere le competenze che sembrano essere imprescindibili per le aziende.

Dal canto loro, i longennials sono ben disposti ad intraprendere un’esperienza differente rispetto al passato e quindi sono sempre più disponibili ad una consulenza maieutica.

Se nessuno si stupisce che un libero professionista o un imprenditore proseguano il loro lavoro anche oltre l’età pensionabile, perché dovrebbe essere così in azienda?

Il fattore della seniority assume una grande importanza. Oggi, ad esempio, sono sempre di più i manager che intendono spendere gli ultimi anni di carriera assumendo posizioni in seconda linea.

Questo potrebbe essere vantaggioso sia per i dipendenti che per l’azienda. Bisogna solo avere il coraggio di adottare tali soluzioni.

Dunque, se negli Stati Uniti il fenomeno del re-hiring è già un treno in corsa, quando e come rivoluzionerà anche il mondo del lavoro italiano?

<<Domina i nuovi scenari HR, tra Great Resignation e GenZ: esplora il Corso Employer Branding>>

Rebranding Nokia - ninja marketing

Il rebranding di Nokia che non ci farà tornare negli anni ’90

Nokia dopo 60 anni decide di proporre un rebranding del suo iconico logo. Una volontà che rispecchia un cambio del posizionamento del brand.

Nokia Connecting People

Conosciuto da tutti grazie ai suoi telefoni cellulari indistruttibili come il 3310, a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 Nokia è stato un marchio davvero iconico e popolare, dal design inconfondibile, dalle diverse personalizzazioni e dai ring tones ancora nelle nostre memorie.

Rebranding Nokia -vecchia pubblicità

Strumento innovativo per l’epoca, in cui già l’animazione dell’incontro di due mani alla sua accensione dava l’impressione di entrare nel futuro della tecnologia. Precursore dei giochi da telefono come l’indimenticabile Snake, protagonista di sfide interminabili tra amici.

 

Ma poi cosa è successo?

Nel boom del suo successo, il 1998, il fatturato delle vendite di Nokia ammontava a 20 miliardi di dollari con un profitto di 2,6 miliardi: il brand finlandese presidiava il 30% del mercato della telefonia mobile.

Nokia 3210 -rebranding - ninja marketing

Dal 2010 però tutto cambia: Symbian, il sistema operativo creato internamente, viene presto superato in termini di prestazione e tecnologia dai concorrenti Android e iOS.

Nokia preferisce investire ancora nel suo sistema invece che seguire le crescenti esigenze e le richieste in evoluzione di questo nuovo mercato. Nonostante gli sforzi, gli investimenti ed i cambiamenti attuati, Nokia non è riuscito a mantenere il passo con suoi competitor, tanto da finire negli anni nella friendzone dei telefoni cellulari.

Il rebranding, input di un vero cambiamento?

Dopo molti anni, Nokia intende dare una nuova percezione di sé. Non più azienda di telefonia mobile B2C ma azienda tecnologia e di innovazione B2B. E lo fa comunicando una nuova immagine del logo che riflette le peculiarità della sua nuova mission. Un nuovo marchio incentrato sulle reti e sulla digitalizzazione industriale che poco ha a che fare con Nokia dei nostri ricordi.

Nokia vecchio e nuovo logo

La vecchia caratterizzazione del logo è sostituita da un insieme di lettere ispirate alle forme e alla geometria. Sebbene le lettere N K e A siano state tagliate per dare un assetto pulito e più futuristico, nell’insieme non è difficile riconoscere il logo Nokia.

Rebranding Nokia 2023 ninja marketing

Presentato su sfondi colorati, sfumati e luminosi che richiamano l’energia, il rebranding attuato da Nokia, in collaborazione con la società di consulenza di design Lippincott, è accompagnato da una serie di immagini che rimandano alla tecnologia, alla trasformazione digitale e al potere che la sinergia umana genera nel mondo.

Rebranding Nokia tech - ninja marketing

Credits: Nokia & Lippincott

Tanto che il precedente payoff Connecting People non si distacca totalmente dal nuovo concept ma si evolve seguendo un panorama più contemporaneo: “Creiamo tecnologia che aiuta il mondo ad agire insieme” come afferma Pekka Lundmark, CEO di Nokia.

Nokia rebranding billboard

Credit: Nokia & Lippincott

I punti di debolezza

Nonostante il rebranding Nokia sia incentrato sulla contemporaneità e sulla digitalizzazione, la realizzazione non è piaciuta proprio a tutti.

La scarsa leggibilità e l’astrattismo concettuale tirato al limite hanno incontrato diverse critiche, tra cui l’associazione ad un altro rebranding non molto apprezzato, quello Kia.

Non apprezzato ma che ha, nel frattempo, generato sul web una grande ricerca di automobili marca KN.

C’è da dire che la decisione di inserire colori pastello e gradienti sono al momento delle scelte quasi obbligate per le aziende B2B che intendano parlare al pubblico in modo contemporaneo non distaccato.

Quello che non dovremo aspettarci di sicuro è che questo rebranding possa aiutare Nokia a tornare in auge come una volta perché con il suo nuovo posizionamento sembra aver definitivamente chiuso nel cassetto i suoi memorabili cellulari, come malinconicamente abbiamo fatto anche noi.

 

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pubblicità baci perugina-san valentino-ninja marketing

San Valentino e pubblicità: la storia e le campagne di Baci Perugina

La storia d’amore più bella, dal tempo infinito, il cui rimando a San Valentino è diretto? Di sicuro quella raccontata da Baci Perugina, che vede come protagonisti Luisa Spagnoli e Giovanni Buitoni e che continua fino ai giorni nostri attraverso le pubblicità. La fortuna di questi cioccolatini nasconde infatti la dolce storia dei due innamorati che, dal 1922 a oggi, viene associata proprio a San Valentino.

Un successo costruito anche grazie alle pubblicità che hanno visto l’evoluzione del brand attraverso stili, colori, modo di comunicare.

Tutto inizia a Perugia agli inizi del 1900 quando una giovanissima, ma dalle grandi intuizioni, Luisa Sargentini sposa Annibale Spagnoli; insieme apriranno una drogheria nel centro della città dedita alla produzione di caramelle, confetti e cioccolato. La piccola attività in poco tempo si amplia e subentrano altri soci, tra cui Francesco Buitoni, già fondatore dell’omonimo pastificio: nasce La Perugina.

sede Perugina

Fonte immagine: La Perugina

Negli anni, la gestione dell’azienda passa nelle mani di Luisa, dalle spiccate doti imprenditoriali, insieme a quella di Giovanni Buitoni, figlio di Francesco. Ed è proprio lei che nel 1922, grazie ad una sua intuizione dà vita al famoso cioccolatino composto da scheggie di cioccolato e granella di nocciole avanzate dalle produzioni giornaliere e chiamato inizialmente Cazzotto, dalla forma simile alle nocche chiuse. Giovanni Buitoni lo rinominò in seguito Bacio, per donargli un’accezione più romantica.

manifesto pubblicità baci perugina- san valentino

Fonte immagine: La Perugina

Ma sono i famosi bigliettini ad avere un ruolo fondamentale: sono il mezzo attraverso cui Luisa e Giovanni comunicano reciprocamente il loro amore segreto. Le frasi d’amore diventeranno – ed ancora lo sono a distanza di cento anni – la caratteristica che legherà questi cioccolatini al concetto dell’amore e alle occasioni più romantiche grazie anche all’idea di Federico Seneca – grafico, pubblicitario e direttore artistico di Perugina – di inserirli nell’incarto.

Le pubblicità di Baci e la condivisione delle emozioni negli anni

Le diverse pubblicità prodotte per Baci Perugina concordano con l’epoca in cui ognuna è stata ideata. Un linguaggio che dagli anni ’50 ad oggi si è evoluto, aderendo alle aspettative e ai modelli sociali e comunicativi di tutta Italia. Sempre rispettando però la filosofia centenaria di questo prodotto: i Baci, che “celebrano l’amore in ogni sua forma, rappresentano il gusto delle cose semplici in cui si manifestano le emozioni più autentiche”.

Tubiamo?

Dai primi spot più “rudimentali” degli anni ’60 , ai caroselli con i grandi attori come Vittorio Gassman a quelli anni ‘70 in cui il concept era proprio “Tanti Baci” in cui il gesto del donare cioccolatini si sostituiva alle parole.

 

Negli anni ’80, la comunicazione si allarga anche ai più giovani, coniando anche un neologismo legato alla cultura paninara di quegli anni: Tubiamo diventa il sinonimo di condivisione in una forma più pratica e veloce, come quella del packaging a forma appunto di tubo. Nello spot del 1986 troviamo i giovanissimi Riccardo Rossi, Claudia Gerini e Yvonne Sciò.

Più Baci Più Piaci e Diamoci Un Mondo di Baci

Tanti sono stati i claim che hanno caratterizzato negli anni le pubblicità di questi cioccolatini che, grazie anche all’ottimo lavoro delle grandi agenzie italiane, ancora oggi molti di noi ricordano e associano facilmente al brand.

Lo stesso si può dire per l’inconfondibile jingle, rimasto originale, anche se riadattato varie volte, per tutti questi anni.

Ed io? Sono troppo buona!

Dagli anni ‘90 i Baci allargano il loro posizionamento: un prodotto che non sarà adatto solo alle festività tra gli innamorati. Anche il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma diventano il momento giusto per condividere emozioni come affetto, gioia e felicità.

Un bacio è qualcosa di più

Un Bacio, cosa vuoi dirmi?

Nei primi anni 2000 vediamo un ritorno dello stesso concept, anche se rinnovato, degli anni ’70: il gesto del donare i Baci sostituisce le parole d’amore ma sottointende una dichiarazione.

Con Chi Ama, Baci del 2012 si iniziano a scorgere le nuove tecniche di comunicazione, dove storytelling, enfasi ed emozione si fondono in una trama forte, come nel caso di questo spot in cui tutta la forza si sprigiona anche attraverso i versi di Prevert.

 

La Dolce Vita dei 100 anni dei Baci

Negli ultimi anni I Baci rinnovano la loro anima, creando diverse sfumature di gusto: dal cioccolato bianco a quello al lampone passando per edizioni limitate firmate da grandi stilisti come Dolce e Gabbana. Nonostante l’innovazione di prodotto, il cuore del concept rimane quello di condividere e regalare emozioni.

Con Dolce Vita si celebra non solo l’eccellenza italiana ma anche il centenario della nascita degli iconici cioccolatini. Completamente al passo con i tempi e con le nuove e diverse necessità della società, i Baci parlano davvero a tutti in modo indistinto. Senza pregiudizi su limiti di età, di identità né di genere, nelle ultime pubblicità di questi anni le varie forme dell’amore si mostrano spontanee e si esprimono liberamente. L’amore, del resto è un sentimento corale, umano. Ed i baci sono la più tenera e potente dimostrazione di questo sentimento.

Quella di Baci Perugina è il racconto di infinite storie d’amore, con tante emozioni ancora da scrivere.

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google workplace

Google Workspace, guida base pronta all’uso

Prima era Google Business, ora si chiama Google Workspace, perché l’azienda ha voluto, anche nel naming, puntare al fatto che la sua suite di applicazioni mira a rendere il lavoro, di tutta la gerarchia aziendale, condiviso in qualsiasi parte del mondo e con qualsiasi device disponibile.

Due requisiti: la rete internet e le credenziali (user e password) a portata di mano.

Google ha saputo perfezionare il suo servizio per buttarsi a capofitto nell’era in cui “smartworking” è diventata la parola più usata, ampliando la durata dei Meet e facilitando la condivisione delle informazioni in tempo reale.

Ma andiamo su quello che è il tema di questo articolo, cercare di riassumere in una breve guida quelle che sono, oggi, le funzionalità più utili e rapide degli strumenti a disposizione.

Gmail e Drive, i VIP di Google Workspace

Iniziamo da Gmail, probabilmente uno dei provider di posta elettronica più famoso ed utilizzato al mondo.

Gli utenti lo usano sia a livello personale che aziendale.

Nel primo caso, è frequentemente utilizzato come suite gratuita, a pagamento se si decide di ampliare lo spazio e le funzionalità; nel secondo caso, viene utilizzato principalmente a pagamento, con diverse tariffe a seconda delle necessità.

Funzioni Base: scrivere una mail

Una volta selezionato “scrivi” si apre la casella di dialogo per la scrittura della mail vera e propria.
Oltre ai classici pulsanti di formattazione, di inserimento allegato, anche direttamente da Drive, e di inserimento link, le funzionalità utili sono:

  • Programma invio: di fianco al bottone “invia” c’è una freccina che se selezionata apre la possibilità di programmare l’invio della mail a data e ora desiderata.
  • Annulla l’invio: da impostazioni è possibile impostare “la seconda chance”. Si può infatti prevedere la possibilità di annullare l’invio di una mail entro un tot di secondi. A questo punto la mail tornerà come se fosse da finire di scrivere e potremmo procedere a correggere tutti gli errori.
  • Suggerimenti: figlio del correttore automatico, il suggeritore fa comparire delle evidenziazioni blu sotto le parole che secondo Google dovrebbero essere sostituite, liberi di scegliere.
  • Taggare persone: come per il tag nei post social, se nel testo vogliamo far riferimento ad una persona in modo specifico, ci basterà inserire @ e iniziare a digitare il suo nome o la sua mail. Cliccando su invio il nome comparirà in blu nel testo e la sua mail in automatico tra i destinatari.
  • Completamento parole e frasi con TAB: l’intelligenza artificiale di Google ci permetterà, usando il tasto TAB, di decidere se il suggerimento di completamento frase o parola è quello che stiamo cercando. I suggerimenti provengono anche dalle espressioni che più utilizziamo quando scriviamo le nostre mail.
  • La firma e il risponditore automatico
    Sempre da impostazioni possiamo inserire una firma personalizzata, con immagini, testo e link, che comparirà ogni volta che scriveremo nuove mail; e il risponditore automatico che darà risposte alle mail al posto nostro se fuori ufficio. Importante scrivere un testo propositivo, che magari dirotti le richieste su altri colleghi, e chiaro. Necessario poi scegliere le date di attivazione e di disattivazione.
  • Ultima info: cc e ccn
    CC, la mail è visibilmente in copia, il destinatario rimarrà nella conversazione se useremo la funzione “rispondi a tutti”
    CCN, la mail riceverà solo la prima mail che gli invieremo, ma il destinatario risulterà nascosto agli altri destinatari.
    Tips: non si risponde mai alle mail in cui siamo in ccn, ci sveleremmo.

Funzioni da “Posta in arrivo”

  • Rispondi a tutti e come rendere mute le notifiche
    Ci è capitato di essere in una conversazione con altri destinatari, ma di non essere i diretti destinatari delle mail; è possibile mutare le notifiche in entrata: apri la mail in questione – clicca sui puntini in alto – disattiva. La conversazione rimarrà archiviata ma non ti arriverà più alcuna notifica.
  • Etichette
    Servono ad organizzare al meglio per temi o destinatari le diverse conversazioni. Possiamo dargli un nome e un colore per raggruppare sotto di loro tutte le conversazioni di riferimento.
    L’impostazione di un’etichetta ad una conversazione può essere fatta “a mano” quindi creo l’etichetta e poi a mano l’abbino alla conversazione, o in automatico andando su impostazioni – etichette/filtri – crea nuova visualizzazione filtrata e inserendo i parametri sulla quale questa debba funzionare, come mail coinvolte o tematiche. A questo punto tutte le mail con le specifiche selezionate prenderanno l’etichetta impostata.
  • Silenziare una mail temporaneamente: una sorta di “ricordamelo in seguito”.
    Apri la mail – click sull’icona orologio – selezionare tra quanto vogliamo la notifica.
    In quella data la conversazione ricomparirà per magia nella posta da leggere
  • Reminder di conversazioni non risposte dopo alcuni giorni
    Se impostato, Gmail ci ricorderà di conversazioni e di mail arrivate giorni prima a cui non abbiamo dato seguito e ci chiederà se vogliamo o meno rispondere. A questo punto sta a noi decidere se declinare l’invito.

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Google Drive è lo spazio di archiviazione per eccellenza in cui poter salvare e produrre documenti o presentazioni.

Lo spazio di Google Drive può essere organizzato in cartelle e sottocartelle in cui si può decidere chi far accedere e con quali privilegi, se da Editor o solo in visualizzazione.

È possibile anche creare ambienti e sezioni dedicati a diversi team, così da lavorare in una sorta di spazio protetto.

Il punto forte di Drive è quello della condivisione, dove il proprietario del documento, comunque, rimane uno.

Ecco perché è bene conoscere la funzione “aggiungi a scorciatoia” con la quale è possibile inserire in una cartella di nostra proprietà un file o una cartella di altri, senza spostarlo ma creando una sorta di collegamento rapido.

La seconda cosa da tenere ben a mente è che, essendo uno il proprietario, eliminare l’account a cui era collegata la proprietà del documento va a minare l’esistenza e la condivisione del documento stesso. È bene quindi, prima di eliminare un account, capire se sia meglio solo cambiargli nome così da non perdere nessun documento importante.

Oltre all’archiviazione, Drive, con Sheets, Docs e Slides è in grado di fornire all’utente gli strumenti per creare direttamente i documenti in Google.

  • Docs potrebbe essere paragonato ad uno strumento di scrittura, come una sorta di Microsoft Word, in cui scrivere, inserire commenti e note nei paragrafi, taggare eventuali destinatari specifici di quella conversazione e poter lavorare in contemporanea, a più mani, sul documento.
    Il salvataggio è automatico: ma nessun problema se si sbaglia, “la cronologia delle versioni” serve proprio a tornare al momento giusto e ripristinare il documento com’era.
  • Sheets, invece, potrebbe essere Excel, in cui elaborare dati, inserire filtri e creare visualizzazioni filtrate personalizzate. Sempre richiamando in maniera diretta eventuali componenti del team.
  • Slides chiude paragonandosi a Power Point, ma non dimenticando mai le interazioni con il team. Punto forte dell’intera Google suite.

Tutti i documenti prodotti direttamente su Google possono essere consultati e lavorati in qualsiasi momento dall’account coinvolto e possono essere scaricati in formati anche diversi dal loro originale, come PDF o CSV.

Drive è in grado anche di aprire documenti non nativi Google grazie alla proprietà di conversione di cui è dotato. Una volta aperto “con Drive” a questo punto si trasformerà in un documento Google a tutti gli effetti e continuerà a poter essere modificato online.

Per chi ama avere tutto anche in remoto, è possibile collegare Drive al proprio pc, come se fosse una cartella di documenti e modificare il tutto anche da lì. Appena il pc si riconnetterà alla rete le modifiche verranno integrate.

Le funzioni per rimanere in contatto: Contatti, Meet, Chat, Calendar

Il secondo gruppo di app riguarda la pianificazione del lavoro e “il rimanere in contatto” con il proprio team.

Contatti non è altro che una rubrica di mail e numeri di telefono abbinati. Si crea direttamente dall’integrazione dei numeri che salviamo in rubrica dal nostro smartphone, se collegato ad un account Google e se scegliamo come posizione di salvataggio appunto l’account, e le mail o i contatti che usiamo frequentemente dalla nostra casella mail.

Attivando la sincronizzazione e andando a pulire, con la funzione unisci e correggi, i contatti rilevati, avremo la nostra applicazione completa di tutti i riferimenti necessari compresi di nome, numeri di telefono e mail.

Contatti funziona anche al contrario, posso inserire un contatto direttamente dall’applicazione e, in automatico, verrà inserito nella mia rubrica di account.

I contatti inseriti possono essere anche completati con tutte le informazioni utili per la lavorazione e possono essere organizzati in liste o per etichette in modo da essere più comodi nel momento di invio mail a un gruppo frequente di persone.

Con la funzione “crea etichetta” si va a creare il titolo della nostra lista di contatti.

Una volta creata bisogna, quindi, aggiungere i contatti alla stessa: selezionare la spunta di fianco ad ogni singolo contatto → click su “gestisci etichetta” e selezionare l’etichetta da abbinare. A questo punto la lista è creata.

D’ora in poi, nel momento in cui vogliamo mandare una mail ad un gruppo preciso di persone, e abbiamo creato l’etichetta relativa, ci basterà iniziare a digitare nella casella destinatari il nome dell’etichetta per trovare la lista relativa.

No panic! Una volta riportato l’elenco completo degli indirizzi è possibile eliminare a mano qualsiasi casella non da coinvolgere.

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  • Chi non ha mai sentito parlare di Meet in questi ultimi 3 anni?

Google Meet è lo strumento Google che ha avuto successo durante gli anni di lockdown e che, ancora oggi, viene utilizzato dalla maggior parte degli smartworkers in tutto il mondo.

Diciamo la verità, non era nemmeno lui pronto nel 2020, tanto che hanno fatto uscire di corsa sempre più release che lo rendessero uno strumento affidabile, senza perdere quote di mercato.

Google Meet, grazie all’integrazione con Google Calendar, dà la possibilità di programmare riunioni in automatico con l’inserimento del link della stanza di default nell’appuntamento e può essere raggiunto sia da app, anche mobile, sia da chiamata con un numero di telefono collegato.

Una volta aperta la stanza su Google Meet, tutti i partecipanti possono interagire, condividere schermo, usare la chat per gli interventi oppure “alzare la mano”.

Di recente introduzione, la funzione Lavagna, per creare appunti in diretta come in caso di un brainstorming o di definizione di schemi, e la possibilità di registrare la chiamata; oltre che l’integrazione con Chat per avviare una videocall anche da lì, un po’ come la videochiamata di Whatsapp.

Strumento di live chat usato molto nelle organizzazioni aziendali per parlare in maniera veloce e far arrivare un messaggio al collega rapido e diretto.
Oggi, con la nuova release, direttamente integrata nella casella Gmail, Chat è diventato un sistema di messaggistica semplice e intuitivo, allineato, anche per la possibilità di inviare GIF, con i più noti sistemi di messaggistica mondiali.

In aggiunta, la sua integrazione con Drive e la possibilità di inviare direttamente in chat allegati scaricabili, fa sì che per scrivere al collega della scrivania accanto un messaggio istantaneo non si esca più nemmeno da Google Workspace e, ancor meglio, tutte le conversazioni fatte tramite Chat rimangano tracciate e ricercabili nel motore di ricerca delle mail.

Anche su Google Chat esistono i gruppi, ma sono più divisioni operative per la gestione del team e delle tematiche.

  • Ultimo, ma non per ordine di importanza, è l’app salva-vita (anche della vita privata), parliamo di Google Calendar, agenda digitale condivisibile, su richiesta per calendario o per singolo appuntamento, con terzi.

Ogni account ha un suo Calendar automatico e principale, ma si possono poi creare nuovi calendari, condivisi e tematici, che possono essere visualizzati tutti insieme, o esclusi all’occorrenza, da ogni account Google coinvolto.

Per creare un calendario nuovo, aperta l’app, selezionato il + di fianco ad “altri calendari” si potrà creare un nuovo calendario con un nome specifico. Una volta selezionato “crea calendario” verrà creato. Ora bisogna selezionarlo dall’elenco dei “nostri calendari” per assegnare un colore, personalizzare le notifiche da ricevere e, facoltativamente, condividerlo con altri attraverso l’opzione “aggiungi persone o gruppi”.

A questo punto, una volta creati degli impegni attraverso il bottone “crea” a sinistra, si dovrà scegliere su che calendario vogliamo che questo impegno venga riportato (N.B. di default ogni tuo impegno, anche se legato ad un calendario specifico, verrà riportato anche nel tuo calendario personale).

Si può decidere, infine, la visualizzazione dei calendari, visivamente, nell’agenda complessiva, anche per differenti account. Se, per esempio, siamo proprietari di più account Google, avremo calendari divisi per account, ma posso decidere di visualizzarli tutti insieme nell’app dove sono stati fatti gli accessi in maniera contemporanea di più account.

A questo punto, consiglio: scegliete colori diversi per diversi calendari così da avere subito il quadro più chiaro di che tipologia di impegno stiamo parlando e codificate, per i calendari di team, nomi e modalità di scrittura del titolo dell’impegno così che sia universalmente, all’interno dell’azienda, riconosciuto.

Ogni impegno, infine, può essere ricercato successivamente nella finestra di ricerca in alto, per parole chiave per esempio, e può essere integrato ad un documento Drive per gli appunti da ricordare.

In Google Calendar possono essere registrate anche le scadenze legate alla app Task.

Riordina i to do con Keep o Task e produci contenuti con Google Form e Sites

L’ultimo gruppo riguarda app di appunti, Keep e Task, e piccole app di sviluppo, Google Form per i sondaggi e Google Sites per creare landing page o websites basic.

#1. Google Keep è l’app salva-memoria e non solo perché ci scriviamo cose che non possiamo dimenticare, ma perché ci permette di creare post-it condivisi dove ognuno può inserire appunti o, ancora, è utile per tenere una lista della spesa dinamica. Grazie alla funzione “elenco a punti” rimangono in memoria e possono essere ripristinati all’occorrenza.

Google Keep è il nuovo modo di scrivere delle Note, che non possono essere dimenticate grazie:

  1. alla possibilità di impostare dei promemoria per via dell’icona con la campanella
  2. all’essere fissate in alto con la puntina
  3. al poter essere condivise con la scelta di un collaboratore o via chat e al poter essere organizzate scegliendo etichette e colore di sfondo.

#2. Google Task, dall’altra parte, è la app del “to do”.

Si parte con decidere in che elenco di Task voglio inserire il nuovo “to do”. Di default viene inserito quello relativo alle proprie attività, ma è possibile creare un elenco diverso cliccando su “la mie attività”.

A questo punto si può “aggiungere un’attività” a cui dare un titolo e meglio ancora una data, integrata con Google Calendar, e una descrizione.

Sarà poi possibile “aggiungere attività secondaria” selezionando i tre pallini in alto a destra; avrai quindi un Task completo di tutto lo svolgimento fino a che non vorrai completarlo. Allora cliccherai sul pallino a sinistra segnandola come completata. Tutte le task completate compariranno in un elenco unico dove potrai continuare a visualizzarle e ripristinarle nell’elenco “da fare” se andranno riaperte.

#3. Google Form è quell’utilissimo tool che tutti noi abbiamo conosciuto durante il periodo di Tesi e che ci ha permesso di compiere piccole indagini di mercato. Questa è la sua finalità: essere uno strumento a disposizione di chi deve fare sondaggi o raccogliere risposte ed opinioni.

Può essere creato inserendo domande obbligatorie o facoltative, a risposta multipla o discorsiva ed è integrato direttamente con un Google Sheet per la tracciabilità delle risposte.
Unica pecca: non può essere del tutto anonimo, a chiunque lo compili viene richiesta di inserire la propria mail.

#4. Google Sites, infine, dà la possibilità, anche senza l’aiuto di un professionista, di creare una landing page basic o un mini sito.
Con la sua semplice logica drag and drop ha l’obiettivo di essere una facile alternativa a Google Slides. Perfettamente integrato e integrabile con altre app di Google Workspace rappresenta anche una valida alternativa per presentare in maniera dinamica il lavoro prodotto dal team.

Ci sarebbe ancora tanto ancora da dire su Google Workspace, per un approfondimento individuale, anche in base alle necessità di ciascuno, si rimanda alle guide ufficiali di tutte le app che sono sempre molto chiare e complete.

griglia immagine di copertina notizie della settimana

I pancake di Barilla, i licenziamenti di Google e le altre notizie della settimana

Prima di passare alle notizie della settimana, concediamoci una veloce riflessione.

Se negli ultimi mesi ti sei convinto che la tecnologia avrebbe impattato fortemente sul mondo del lavoro, andando a sostituire alcuni lavoratori meno qualificati, come i camerieri nei ristoranti e i cassieri del supermarket, beh, caschi male.

L’esplosione delle conversazioni generate attorno a ChatGPT (di cui abbiamo ampiamente parlato qui e che è solo una piccolissima anticipazione della rivoluzione in atto grazie all’intelligenza artificiale) ha squarciato il velo di Maya degli high skills jobs: le AI sanno scrivere, creare immagini, condurre analisi e preparare piani editoriali. Con che qualità? Salvo alcuni casi, per il momento, ancora sotto la media, ma l’esponenzialità dello sviluppo (e degli investimenti) per questa tecnologia è in grado di togliere il sonno anche al più ferrato dei creativi.

Per questo, arriva il momento di riflettere su come comprendere la forza disruptive dell’AI e piegarla alle nostre esigenze (noi ci stiamo già provando, confrontandoci con un pool di esperti).

Se non sei del tutto convinto “del pericolo”, ti basti sapere che ChatGPT ha superato con successo l’esame finale del programma di Master of Business Administration dell’Università della Pennsylvania.

Le AI possono imparare (forse anche insegnare, come abbiamo letto qui) meglio e più velocemente di noi?

La domanda è interessante e la risposta non è per nulla scontata.

Quello che al momento ci preme capire è se, quando gli algoritmi, oltre alle immagini per i pancake e per i cocktail, ne scriveranno anche la ricetta, il sapore sarà lo stesso o ci sembrerà un po’ più amaro.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

I pancake di Barilla generati con l’AI

Alessio Galea ha intervistato per Ninja Alessio Garbin, coordinatore Data & Digital Marketing di Barilla per l’Italia sulla discussione nata dalle immagini generate con Midjourney e poi diffuse sui canali di Mulino Bianco.

pancacke mulino bianco Midjourney

Alessio Garbin parteciperà al Ninja Wrap Up: “Perché l’AI non ti ruberà il lavoro” in programma martedì 31 gennaio e mercoledì 1 febbraio, dalle ore 12.30 alle 14.30.

Notizie da non perdere: ChatGPT, esame superato

Tra le notizie della settimana troviamo una ricerca condotta da un professore della Wharton School dell’Università della Pennsylvania, che ha scoperto che il chatbot GPT-3 è stato in grado di superare l’esame finale del programma di Master of Business Administration (MBA) della scuola. Il punteggio ottenuto dal bot, ha scritto il Prof. Terwiesch, dimostra la sua “notevole capacità di automatizzare alcune delle competenze dei lavoratori altamente remunerati in generale e, in particolare, dei lavoratori della conoscenza laureati MBA, come analisti, manager e consulenti“.

Shutterstock lancia un toolkit di AI generativa

I clienti della piattaforma di design online Creative Flow di Shutterstock potranno creare immagini sulla base di suggerimenti testuali, grazie a OpenAI e Dall-E 2. Le immagini ottenute, secondo quanto dichiarato dall’azienda, saranno “pronte per la licenza” subito dopo la loro creazione.

Google risponde a ChatGPT…

Il New York Times riporta che i fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, hanno intenzione di lanciare oltre 20 prodotti di intelligenza artificiale quest’anno, tra cui una demo del proprio chatbot di ricerca.

…e licenzia 12.000 persone

La notizia è arrivata ai dipendenti attraverso una email del CEO Sundar Pichai, e si aggiunge ai tagli annunciati nelle ultime settimane da Amazon e Microsoft, che hanno licenziato complessivamente 28.000 persone.

notizie della settimana - tech layoffs

Finora, nel 2023, ci sono stati 175 licenziamenti in aziende tecnologiche con 57.914 persone coinvolte.

Su ChatGPT individuato un piano professionale

Alcuni utenti hanno identificato un’opzione “Upgrade plan” nell’interfaccia web di ChatGPT. Il piano professionale consentirebbe l’accesso al software anche quando la domanda è elevata e una maggiore velocità di risposta.

Le sfide per i Marketer: Italia indietro

Dal report State of Marketing emerge un tasso di maturità leggermente inferiore in Italia, rispetto ai rispondenti globali, sull’adozione di tool che possano semplificare la vita dei marketer.

priorità e sfide dei marketer in italia 01

Il 66% dei marketer in Italia afferma che soddisfare le aspettative dei clienti è più difficile rispetto a un anno fa.

Trovi qui le altre statistiche e puoi ascoltare nel nostro podcast cosa ci ha detto Andrea Buffoni, Regional Vice President di Salesforce Marketing Cloud in occasione della presentazione del report.

I creative trends del 2023

Depositphotos ha pubblicato le sue previsioni annuali nel report “Creative Trends 2023: Ready to Escape?”.

notizie - 7-creative-trends-2023-depositphotos-17

Sono stati esaminati stili, temi e idee che influenzeranno la comunicazione visiva e creativa per fornire informazioni e consigli su come i brand e i creator debbano interagire con il loro pubblico durante il corso dell’anno.

Ninja Wrap Up #1

Il primo appuntamento del nuovo format per commentare le news e i trend del mese con il Ninja Team e i migliori esperti. Si parte con una puntata speciale di Wrap Up sul Marketing applicato all’Intelligenza Artificiale. Clicca qui per partecipare all’evento.

google chatgpt

Google risponde a ChatGPT: 20 nuovi prodotti di AI nel 2023

Google risponde a ChatGPT.

Il New York Times ha recentemente riportato la notizia secondo la quale i fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, starebbero discutendo la potenziale contromossa al successo di ChatGPT, con l’intenzione di lanciare oltre 20 prodotti di intelligenza artificiale quest’anno, tra cui una demo del proprio chatbot integrato nel motore di ricerca.

Già a dicembre era circolata la voce che i dirigenti di Google temevano che, nonostante gli ingenti investimenti nella tecnologia AI, una diffusione troppo rapida avrebbe potuto danneggiare la reputazione dell’azienda. Il panorama sembra però cambiato velocemente: l’azienda si concentrerà sull’Intelligenza Artificiale considerandola una priorità.

<<Partecipa al Ninja Wrap Up #1 per scoprire l’impatto dell’AI sul Marketing e le principali applicazioni nel tuo lavoro>>

Anche se non è stata indicata una data ufficiale di presentazione dei nuovi prodotti AI based, tra cui l’attesissimo chatbot integrato in Search, la situazione sarebbe seria al punto di coinvolgere i fondatori dell’azienda, Page e Brin, dopo che i due hanno lasciato formalmente i propri ruoli operativi nel 2019. E l’invito sarebbe arrivato proprio dall’amministratore delegato di Google/Alphabet Sundar Pichai.

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Il chatbot AI di Google e le differenze con ChatGPT

Lo strumento per la ricerca tramite chatbot punterà sull’esattezza dei risultati di ricerca, con l’obiettivo di “far sì che i fatti siano corretti, garantire la sicurezza e sbarazzarsi della disinformazione“.

Un passo in avanti rispetto ai numerosi test che hanno dimostrato l’inattendibilità delle risposte di ChatGPT in diverse occasioni.

Google sta infatti lavorando a un processo di revisione per verificare se questa nuova tecnologia sia in grado di operare in modo corretto ed etico.

Non solo testo tra i prodotti AI di Google

I prodotti previsti nel lancio del 2023 non si limitano alla sfera di elaborazione testuale dell’intelligenza artificiale: il gruppo di dirigenti coordinato da Jeff Dean, che dirige il dipartimento di ricerca e IA, prevede di presentare anche un generatore di immagini e una serie di strumenti specificamente studiati per le aziende, chiamata MakerSuite.

Inoltre, sono in fase di test applicazioni di Intelligenza Artificiale per la scrittura di codice (PaLM-Coder 2) e per la creazione di app per smartphone (Colab + Android Studio).

Google accelera sull’Intelligenza Artificiale

Negli ultimi anni, Google si è mossa con cautela quando si è trattato di rilasciare nuovi prodotti di intelligenza artificiale. L’azienda si è trovata al centro di un dibattito sull’etica dell’intelligenza artificiale dopo aver licenziato due importanti ricercatori del settore, Timnit Gebru e Margaret Mitchell. I due avevano espresso critiche ai modelli linguistici dell’intelligenza artificiale, rilevando problemi come la loro propensione ad amplificare i pregiudizi nei dati di addestramento e a presentare informazioni false come fatti.

Sebbene la ricerca sull’IA di Google sia ritenuta altrettanto avanzata di quella di altre importanti aziende tecnologiche, ha testato il software solo con barriere particolarmente restrittive.

Ad esempio, l’applicazione AI Test Kitchen, offre accesso a strumenti di generazione di immagini e testi simili a DALL-E e ChatGPT di OpenAI. Tuttavia, Google limita fortemente le richieste che gli utenti possono fare a questi sistemi. L’azienda ha già mostrato alcuni dei suoi prodotti di intelligenza artificiale per la chat, tra cui una dimostrazione non pubblica nel 2021 di un sistema simile a ChatGPT.

google e chatgpt

Con il lancio di ChatGPT di OpenAI, però, e gli allarmismi sull’imminente scomparsa di Google, sembra che l’azienda stia rivedendo le proprie tattiche. In passato, Google ha dichiarato di aver evitato di lanciare alcuni prodotti di intelligenza artificiale a causa del potenziale “danno alla reputazione”.

Ora, sembra che la reputazione che vuole evitare sia quella di essere in ritardo sui tempi.

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Martini lancia una campagna generata con l’AI

Nell’ambito delle sue attività di promozione, Martini ha pubblicato 9 spettacolari foto inedite. Ogni immagine è stata realizzata sulla piattaforma AI Midjourney per creare una rappresentazione visiva di nove cocktail con Martini.

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“Unbottling Martini” la campagna visiva fatta con l’AI

Per creare un’interpretazione unica dei prodotti Martini, alla piattaforma AI sono stati forniti gli ingredienti chiave delle bevande. Questo ha permesso al brand di proprietà della famiglia Bacardi la creazione di immagini che illustrano i sapori principali dei vari cocktail.

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Le foto rappresentano una gamma di bevande a base Martini, tra cui un Negroni Sbagliato e un Martini Vibrante & Tonic analcolico.

La campagna inaugura una nuova era per il marchio che con quest’operazione vuole educare i clienti sul profilo aromatico di Martini: “Con questa nuova suite di foto avanzate digitalmente, guardiamo al futuro, sfruttando la tecnologia all’avanguardia per introdurre i consumatori nel mondo di Martini rivelando cosa c’è in ogni bottiglia” ha dichiarato Avril Nunez, responsabile dello sviluppo creativo globale di Martini.

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I brand iniziano ad interessarsi alla creatività artificiale

Si tratta di uno dei primi esperimenti al mondo compiuto da un marchio di liquori. La campagna generata dall’intelligenza artificiale consolida lo status di Martini come leader culturale nello spazio pubblicitario delle bevande.

Martini non è il primo ad aver utilizzato l’intelligenza artificiale per creare immagini di campagna. Già Nestlé e Heinz hanno iniziato a sviluppare questo tipo di creatività per il marketing.

Nestlé ha usato l’intelligenza artificiale per espandere il dipinto “The Milkmaid” di Vermeer

Per celebrare l’arrivo del 2023, qualche settimana fa, i profili Instagram e Facebook di Mulino Bianco sono stati arricchiti da una deliziosa sorpresa: una pubblicità con immagini generate dall’intelligenza artificiale con delicati pancake immersi in luoghi mozzafiato. Sfondi iconici e abbaglianti di un futuro neanche così troppo lontano.

mulino bianco

Nonostante la rivoluzione generata dall’avvento della creazione di immagini da parte di software come Midjourney o Dall-E, il metodo di progettazione di questi visual rimane oggetto di dibattito.

Questi programmi per la creazione di immagini hanno accesso a un’infinità di dati e di artwork, alcuni dei quali sono stati creati da artisti, che hanno precedentemente pubblicato le loro opere sul web. Mentre le battaglie sul copyright si scaldano, il futuro di queste divergenze rimane incerto; solo il tempo ci dirà cosa ci aspetta.