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Si può ridurre il digital divide nelle scuole? La rivoluzione di Open Fiber

Vi siete mai chiesti quanto tempo, in media, trascorriamo su Internet? Passiamo all’incirca 6 ore della nostra giornata a navigare nell’oceano del web. E perché lo facciamo? Principalmente per comunicare con gli altri, essere informati su cosa succede nel mondo, e spesso connessi anche per divertimento.

Internet è un universo di opportunità che ci permette non solo di tenerci in contatto con tutti, ma anche di approfondire le nostre conoscenze, solleticare le nostre curiosità o semplicemente svagarci dopo una lunga giornata, guardando film, serie TV o video divertenti. Quante cose sono cambiate negli ultimi decenni con la cosiddetta rivoluzione digitale? Un termine che abbiamo sentito tante volte, e che nell’ultimo anno ha assunto un nuovo valore.

Accelerazione digitale ai tempi del COVID-19

Più che di rivoluzione, parliamo di una fortissima accelerazione. A causa del COVID-19 le nostre abitudini sono cambiate. Se prima ordinare un panino con un click ci sembrava pura comodità, con la pandemia è diventata un’esigenza. Se acquistare vestiti sul web ci sembrava una buona idea per non incontrare una fila chilometrica alle casse dei negozi, adesso è diventato il modo più veloce e sicuro per fare shopping. Ma questa è solo la punta dell’iceberg.

Anche tante realtà aziendali e scolastiche si sono dovute adeguare a gestire compiti e mansioni da remoto. La quotidianità di tutti è stata stravolta da avvenimenti così grandi che hanno costretto le persone a ritirarsi a vita privata, in un grande stato di standby. L’unico modo per continuare ad andare avanti? Restare online.

Ovviamente non è stato facile per tutti. Spesso diamo per scontato che accedere a Internet sia immediato per chiunque e in tutte le città italiane, quando molto spesso,  soprattutto in molti borghi e piccoli Comuni, non si dispone di una rete performante. Avete mai sentito parlare di digital divide?

digital divide

Digital divide: come abbatterlo?

Il digital divide è il divario che sussiste tra coloro che possono utilizzare senza troppe difficoltà le nuove tecnologie, accedendo a Internet, e quelli che non possono farlo. I motivi sono svariati, possono infatti essere tecnici, economici o sociali. 

Quando parliamo di problematiche economiche e sociali ci stiamo riferendo a quella fascia della popolazione più svantaggiata che non può permettersi gli strumenti necessari. Con l’accelerazione digitale dell’ultimo anno, queste persone sono rimaste purtroppo indietro, avendo ripercussioni sul piano scolastico, culturale e lavorativo. 

Se invece ci riferiamo agli aspetti puramente tecnici di assenza dell’infrastruttura, stiamo parlando di quelle zone del nostro Paese in cui l’accesso a Internet, in generale, e alle nuove tecnologie, come quelle in fibra ottica, in particolare, è completamente precluso, o quasi.

Può sembrarci strano, ma sono in molti ad avere difficoltà di questo tipo. Ci sono poi quelle attività che non dovrebbero mai farne a meno, perché Internet è una risorsa fondamentale e inclusiva, che riguarda tutte e tutti. Tra queste realtà purtroppo dobbiamo necessariamente annoverare le scuole.

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Il problema del Digital Divide nelle scuole

Il digital divide è un problema serio che molte scuole hanno vissuto in prima linea. Abituati a trascorrere la mattinata in classe e gran parte del pomeriggio a studiare sui libri, tutti gli alunni si sono ritrovati nella propria stanzetta, i più fortunati, a passare ore davanti al PC dalla mattina alla sera, vivendo una scuola a distanza, lontano dai compagni di classe e dagli insegnanti.

Stessa sorte è toccata ai più piccoli, quelli della materna. Ma come spiegare a bambini e bambine che non possono più giocare o colorare insieme? E gli universitari, finalmente liberi dagli orari scolastici e ora perennemente al PC. Quanti si sono laureati in giacca e pigiama?

Un cambiamento enorme di certo non facilitato da connessioni ballerine, ma non solo per ragazzi e ragazze. Molti sono stati gli insegnanti che si sono ritrovati a confrontarsi con strumenti a cui non erano abituati ma hanno dovuto imparare in fretta. 

Ma come si può superare il digital divide in ambito scolastico?

digital divide

La rivoluzione di Open Fiber parte dalle scuole

Open Fiber è un operatore wholesale only che ha come mission quella di realizzare un’infrastruttura a banda ultra larga (BUL) in Italia. Il suo obiettivo è proprio quello di creare un futuro in cui la nuova tecnologia in fibra ottica potrà cambiare la vita di tutti, a partire dai piccoli borghi fino ad arrivare alle grandi città.

In un periodo delicato come questo, è necessario migliorare lo stile di vita delle persone, delle famiglie e anche delle imprese attraverso il superamento del tanto agognato digital divide.

La rivoluzione di Open Fiber passa anche dalle scuole garantendo più servizi, velocità, accessibilità e affidabilità a molti istituti scolastici.

La svolta dell’Istituto Alighieri Kennedy di Torino

È il caso dell’Istituto Alighieri Kennedy di Torino che era già dotato di una connessione informatica fin dagli anni ’90, ma negli ultimi 5 anni aveva avviato i lavori per la connessione interamente in fibra ottica nella sede principale dell’Istituto. Il cambiamento è stato enorme e immediato.

La connessione ultraveloce in fibra ottica ha permesso di svolgere attività didattiche in molte classi simultaneamente senza avere problemi di disconnessione o lentezze di caricamento. Nel loro caso specifico, i ragazzi erano già abituati a lavorare online e in modo cooperativo anche prima della didattica a distanza, ma le attività erano legate essenzialmente a progetti e laboratori sia in presenza che da casa.

La chiusura delle scuole senza possibilità di frequenza ha trasformato drasticamente il modo di svolgere le attività progetto. Senza una connessione a Internet adeguata l’esperienza in DAD rischiava di essere poco fluida e non fruibile, ma grazie alla connessione interamente in fibra ottica non ci sono stati grossi intoppi. Gli stessi alunni dell’Istituto hanno notato e riconosciuto il cambiamento tra la connessione precedente e la rete FTTH. Ma questo non è di certo l’unico caso.

Come cambia l’Istituto Aleandri

L’Istituto Aleandri è una delle oltre 10.500 scuole raggiunte dalla fibra ottica FTTH di Open Fiber che, allo scoppio della pandemia, si è subito mobilitato per attivare forme di didattica alternative in grado di sopperire alle lezioni in presenza. Ma anche in questo caso l’inizio è stato traumatico. Di certo non è stato un lavoro semplice soprattutto coordinare i docenti più anziani che hanno avuto un’enorme difficoltà a mettersi a pari con i tempi. Ma non è stato facile nemmeno per i ragazzi, spesso spaesati e demotivati. 

La connessione interamente in fibra ottica è stata fondamentale per svolgere in maniera ottimale tutte le lezioni. I problemi antecedenti al suo utilizzo erano soprattutto di sovraccarico della linea con videochiamate lente e difficoltà di caricare compiti in tempo reale. Con il suo utilizzo queste problematiche sono venute meno, ottimizzando i tempi. 

L’Istituto Comprensivo di Palena-Torricella Peligna contro il digital divide

Abbiamo poi l’Istituto Comprensivo di Palena-Torricella Peligna che si compone di 17 plessi dislocati su 9 piccoli Comuni in un’area interna della provincia di Chieti. Anche qui la pandemia ha rappresentato una sfida per la scuola e al disagio dell’isolamento si è aggiunta la difficoltà della didattica a distanza, con i limiti della connessione. Ciò nonostante i docenti hanno messo in campo le proprie competenze e fondamentali sono stati le figure dell’animatore e del team digitale, oltre alla dotazione tecnologica già a disposizione. 

La scuola ha infatti concesso in comodato d’uso agli studenti tutti i notebook disponibili, ma non è finita qui. Il plesso ha avviato dei lavori per una connessione informatica veloce e potente, un accesso alla rete rapido e senza interruzioni. È stata la sindaca di Lettopalena, la dott.ssa Carolina De Vitis, con la sua Amministrazione, a dotare gran parte dell’istituto della tanto attesa fibra ottica FTTH. La connessione interamente in fibra ottica permette di sfruttare le potenzialità della rete condivisa tra più postazioni contemporaneamente e di valorizzare la dotazione tecnologica e le competenze digitali acquisite negli anni. Inoltre i servizi rivolti agli studenti implementati grazie all’utilizzo della fibra ottica hanno permesso:

  • la creazione di reti tra le piccole scuole all’interno dell’Istituto;
  • la gestione delle pluriclassi;
  • il coinvolgimento attivo del territorio e dei genitori;
  • la collaborazione fra realtà scolastiche appartenenti a territori lontani;
  • l’implementazione di un’istruzione di qualità attraverso la realizzazione di laboratori didattici linguistici, informatici e di coding;
  • la comunicazione interna ed esterna.

La rete FTTH favorisce un apprendimento oltre l’aula innovando la scuola. In contesti come questi mettercela tutta per superare il digital divide è importante. Bisogna garantire un’offerta formativa di qualità agli studenti che rappresentano il domani di un territorio a rischio di spopolamento.

Gli istituti connessi nella città di Lecce

Marco Nuzzaci, assessore comunale ai lavori pubblici della città di Lecce ha richiesto l’intervento di Open Fiber per cablare in fibra ottica 12 scuole del territorio comunale e garantire la continuità delle attività scolastiche online. Un’operazione che avrebbe certamente richiesto tempo per l’iter autorizzativo e per gli scavi che però è stata realizzata in soli 5 giorni.

Il Comune ha mostrato la sua capacità di fare sistema snellendo la burocrazia e lavorando costantemente per poter garantire in tempi rapidi il diritto allo studio. Numerosi sono i feedback positivi che sono arrivati da parte degli istituti scolastici e degli studenti.

Il digitale può potenziare e integrare tutto questo e, in una fase difficile come quella che stiamo affrontando, aiutarci a superare l’emergenza senza dover fermare il mondo della scuola.

Clubhouse per Android

Clubhouse per Android è arrivato e puoi già pre-registrarti sul Play Store

Benvenuti utenti Android!“. Clubhouse per Android è finalmente arrivato e sono stati gli stessi founder, Paul Davison e Rohan Seth, a darne l’annuncio tra gli aggiornamenti della piattaforma.

Clubhouse per Android: puoi invitare i tuoi amici

L’annuncio non è stato un fulmine a ciel sereno: l’azienda aveva già comunicato di essere molto avanti con lo sviluppo di un’app per il principale concorrente di iOS e di stare testando, internamente prima e con l’aiuto di alcuni esterni, poi, il software.

Con Android, crediamo che Clubhouse si sentirà più completo. Siamo molto grati a tutti gli utenti Android per la loro pazienza. Che tu sia un creatore, un organizzatore di club o qualcuno che vuole semplicemente esplorare, siamo entusiasti di darti il benvenuto nella comunità“, si legge nell’annuncio.

La versione Android di Clubhouse ha già cominciato a girare in beta il 9 maggio negli USA e presto seguirà il rilascio anche in altri paesi di lingua inglese, per poi gradualmente procedere al resto del mondo.

Il piano degli sviluppatori per le prossime settimane è quello di raccogliere feedback dalla comunità, risolvere eventuali problemi e lavorare per aggiungere alcune feature come i pagamenti e la creazione di club prima di distribuirlo più ampiamente.

Gli utenti Android possono comunque già scaricare l’app, in qualunque parte del mondo, e iscriversi. In questo modo, verranno avvisati quando le funzionalità saranno disponibili nel loro Paese.

Clubhouse per Android

Chi utilizza già Clubhouse su iOS, può anche invitare i proprio contatti che utilizzano Android: basta cliccare sulla “bustina da lettera” in alto e invitare i contatti dalla rubrica. L’operazione è fortemente consigliata proprio da Paul e Rohan. “Unitevi a noi nel dare il benvenuto ai miliardi di fantastici utenti Android di tutto il mondo nella comunità di Clubhouse. Clubhouse si sente molto più completo ora, e non potremmo essere più entusiasti“, hanno scritto nell’annuncio di rilascio.

LEGGI ANCHE: Ora tutti possono aprire un club su Clubhouse. Ecco come si fa

Perché ci è voluto tanto tempo per la versione Android di Clubhouse

Lo spiegano in maniera molto chiara i founder, i limiti sono stati soprattutto tecnici, causati dal grande successo dell’applicazione e dall’altissimo numero di iscrizioni: “Quando si scalano le comunità troppo velocemente, le cose possono rompersi. Così abbiamo fatto partire Clubhouse su una singola piattaforma e ci siamo espansi gradualmente attraverso un modello a inviti. 

All’inizio di quest’anno, Clubhouse ha iniziato a crescere molto rapidamente, poiché le persone in tutto il mondo hanno iniziato a invitare i loro amici più velocemente di quanto ci aspettassimo.

Per quanto felici del successo, la cosa ha avuto i suoi risvolti negativi, in quanto il carico ha stressato i nostri sistemi, causando interruzioni diffuse del server e guasti di notifica, e superando i limiti tecnici dei nostri algoritmi.

Questa scoperta, ci ha fatto spostare la nostra attenzione sulle assunzioni, sugli aggiornamenti e sulla costruzione dell’azienda, piuttosto che sugli incontri della comunità e sulle caratteristiche del prodotto su cui normalmente ci piace concentrarci. È stato un periodo importante di investimento, che pensiamo ci aiuterà a servire la comunità molto meglio nel lungo periodo.
La cosa buona di questo periodo è che ci ha mostrato quanto la voce sia universale come mezzo di comunicazione”.

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Il sistema a invito rimarrà anche su Clubhouse per Android

Gli sviluppatori e il team di Clubhouse ha sempre adottato un approccio misurato alla crescita, mantenendo il team abbastanza contenuto  e ricevendo moltissimi feedback dalla comunità durante il percorso di crescita.

cina clubhouse

Come parte dello sforzo per mantenere questa crescita misurata, l’azienda confermerà il sistema di inviti e di liste d’attesa, assicurandosi che ogni nuovo membro della comunità possa portare con sé alcuni contatti, grazie al set di inviti disponibile al momento della registrazione.

Cos’è Clubhouse

Se ancora non lo sapessi, Clubhouse è una piattaforma di social media basata sui contenuti audio, una sorta di podcast interattivo in tempo reale. Le conversazioni sono organizzate in chat tematiche tra le quali si può navigare e si può scegliere di partecipare alla conversazione o limitarsi ad ascoltare. Le chat possono anche essere create dagli iscritti al servizio.

agile digital marketing

Agile Digital Marketing: countdown per adattarsi al nuovo Digital Landscape

Il Digitale Agile si basa sul concetto di trasformazione digitale ed è la conseguenza pratica di cosa si intende, ad oggi, per Digital Transformation dal punto di vista del team di Digital Marketing.

Il primo punto certo su cui poter discutere è certamente l’innovazione continua come necessità nel Digital Marketing. Se non ci si innova, si perde il contatto con i prospect, lead e client.

Il cambiamento deve avvenire a partire dal modello di business, dalle procedure, dalla modalità di lavoro condiviso, dal continuo avvicendarsi tra aziende e dalla capacità di misurazione nel tempo.

Soltanto così avremo il potere di creare, apprendere e rilanciare tutte le iniziative digitali della nostra azienda e farci guidare al meglio.

Il problema comune è la risposta rapida che dobbiamo essere in grado di dare ai cambiamenti del mercato e alle esigenze dei clienti. La soluzione è fare Digital in modo diverso.

Da Agile Software ad Agile Marketing

La definizione di Agile Marketing, prende in prestito la formula e fa riferimento alla gestione dei progetti dedicati all’ambiente softwarista “Agile Software development”, in uso dal 1957, ma effettivamente in auge dagli anni ’70 grazie all’accelerazione dell’informatica di quell’epoca.

Non solo, “Agile” strizza l’occhio al Metodo Lean, filosofia e metrica di lavoro applicata da Toyota negli anni ’50, che, nel periodo tra gli anni ’80 e il 2000, viene esteso al Six Sigma: una delle prime modalità di lavoro basate sul data-driven.

six sigma principles
Il manifesto dell’Agile Development si serve di 4 punti che si sposano con le attività di natura digitale e, di riflesso, con le attività Marketing, e sono i seguenti:

1) Individua le interazioni nei processi e nei tool che utilizzi.

2) Utilizza software funzionanti con una documentazione omni-comprensiva e verticale: dalla funzionalità espresse, agli obiettivi imprenditoriali.

3) Customer collaboration: collabora con i clienti per migliorare.

4) Rispondi al cambiamento in riflesso ad un piano prestabilito e di risposta al mercato.

Tecnologicamente, il metodo Agile nei software viene utilizzato con diverse metodologie definite Scrum, WaterFall e così via, che dovrebbero essere inglobate e utilizzate nella attività esecutive digitali.

In sintesi, “Agile” è un insieme di principi, documentati nel suo manifesto, che si sono diffusi anche in altre funzioni e altri aspetti delle imprese moderne.

Una trasformazione Agile prevede di fornire funzioni all’intera organizzazione, con l’obiettivo di adottare dei principi snelli (agili, appunto) coltivando coinvolgimento e collaborazione.

Cosa caratterizza l’Agile Marketing

Se applicato correttamente, il Digital Marketing in versione Agile fornisce un valore immenso agli utenti finali ed è l’apripista su ciò che viene definito il Digital Marketing Ibrido, dove il team Marketing si incontra finalmente con il mondo della Marketing Automation. Vediamo insieme i punti chiave.

Cambio di mentalità

Il primo passo è cambiare mentalità grazie alla possibilità di automatizzare l’intera filiera marketing, dall’uso di email marketing passando per le campagne adv, lead scoring, lead acquisition, lead generation, bot. Il team marketing è troppo spesso sopraffatto dalle continue e incessanti moltitudini di operazioni nelle quali non è più possibile mantenere il pieno controllo.

Il cambio di mentalità consiste quindi nel comprendere l’aiuto delle macchine e dei software che possono operare per noi nei task che ad oggi risultano infinitamente ciclici e manuali; quante e quali attività di Marketing possono essere ridefinite, ricontrollate e agevolate dalle automazioni, dove la macchina può ricontrollare e ritornare al principio verificando ogni singolo cambiamento.

La sperimentazione continua

Ogni azienda è diversa e ha i propri obiettivi. Ma tutte le aziende hanno in comune un’esigenza “verticale”: ridurre i costi migliorando i margini operativi. Questo risultato è raggiungibile in modo naturale nel marketing e in tutti quei settori che ci permettono di migliorare i processi.

Il marketing è continua sperimentazione, controllo, lettura dei risultati, rimodulazione delle attività. Ed è un ciclo continuo senza sosta.

Il supporto della leadership

I leader delle aziende, non solo C-level (CEO, CIO, CMO, CFO e gli altri), nel mondo digital dovrebbero sforzarsi di contribuire a dare un considerevole contributo al team su due aspetti in particolare:

1. promuovere e attuare in prima persona i principi di Marketing Agile e, di conseguenza, promuovere e applicare i principi di automazione, agevolando l’intera filiera.

2. essere in grado di leggere e interpretare correttamente i dati che le automazioni e i software producono quotidianamente, ricevendo una conoscenza puntuale della situazione, senza dover necessariamente richiedere aggiornamenti al team.

Team-work e cooperazione

Il team-work non si basa sul concetto di “solitudine nell’applicazione di un task”. Si tratta, invece, di condividere contemporaneamente e in tempo reale le informazioni di un progetto, di una campagna digital, lo stato di salute, la riuscita, le difficoltà e gli obiettivi imposti a inizio campagna.

Un Digital Marketer non può permettersi il lusso di non conoscere le sfaccettature di un progetto, di perdere budget e di non avere il controllo della parte operational che, invece, possono in gran parte oggi (e finalmente) essere delegate alle automazioni.

Data-Driven Marketing

Anche il Data Driven è una modalità vincente di lavoro. Quando il Marketing pratica un approccio basato sui dati e l’azienda prende decisioni aziendali calcolate sulla base dell’analisi e dell’interpretazione di questi, possiamo con coerenza definirlo un Data-Driven Marketing.

Il Data-Driven Marketing consente di organizzare, leggere e agire sulla base dei dati raccolti con l’obiettivo di servire meglio i propri clienti, contestualizzare e personalizzare la comunicazione, guidare le campagne fino alla scelta dei contenuti pertinenti e inerenti al nostro pubblico.

Potenziare i clienti, posizionare il brand e definire attività inbound e outbound, nell’era del Marketing 5.0, sono obiettivi realizzabili mettendo al centro il cliente (approccio Customer-Centric) e utilizzando i dati per guidare le proprie azioni personalizzate su di essi.

Per parlare di Customer-Centric, torniamo a riferirci al Digital Lean Six Sigma, perché è proprio all’interno del Six Sigma che il manifesto del data driven è stato creato.

DMAIC
Esso ci viene in aiuto nel Digital Agile e può essere applicato, di conseguenza, nell’approccio Customer-Centric; ecco i punti definiti dal framework D.M.A.I.C.

  • Definisci: i problemi e gli obiettivi
  • Misura: cosa deve essere migliorato e cosa può essere scartato
  • Analizza: il processo. Definisci i fattori di influenza
  • Migliora: identifica e implementa miglioramenti
  • Controlla: i miglioramenti. Assicurati che i miglioramenti siano sostenuti.

Six Sigma è infatti un processo di risoluzione dei problemi basato sui dati. Comporta variazioni di processo e dovrebbe essere applicato come principio di soddisfazione dei clienti.

Come il Six Sigma migliora le attività marketing

Lean Six Sigma è un principio di miglioramento basato sui dati che valuta la prevenzione dei “difetti” rispetto al rilevamento di questi.

Promuove l’uso della standardizzazione e del flusso del lavoro attraverso la soddisfazione del cliente e i risultati finali, riducendo le variazioni, gli sprechi e il tempo di ciclo.

Lean Six Sigma combina le strategie di lean e six sigma, al fine di migliorare l’efficienza e la qualità del processo.

Queste strategie sono, principalmente:

  • la riduzione delle informazioni;
  • la non ripetizione delle stesse operazioni che possono essere sostituite dalle macchine o dalle automazioni;
  • il controllo sulla lettura dei dati;
  • il riconoscimento della centralizzazione del cliente, il suo bisogno, la volontà con cui esso interagisce con le attività digitali e attraverso il supporto dei processi interni.

In questo modo, l’intero ecosistema avrà maggiore qualità, eliminando di conseguenza i difetti delle campagne o attività stesse.

Può essere applicato ovunque nel mondo digitale. Non esistono limiti: eCommerce, mondo B2B, mondo turistico, Marketing Automation, gestione del contatto nel campo sales, nelle attività di lead scoring, lead acquisition e lead generation.

Il metodo Data-Driven

Data-Driven sta proprio per “marketing basato sui dati”. Grandi quantità di dati con l’obiettivo di creare tecniche di marketing efficaci, vengono inglobati e centralizzati in una sola piattaforma e di conseguenza viene costruito ciò che tecnicamente è definito CDP (Customer data platform).

Dai dati demografici a gruppi di utenti specifici, fino al livello individuale, i dati informano il marketing e la filiera decisionale circa il processo in corso che stiamo osservando.

L’obiettivo emergerà naturalmente: i dati ci riveleranno se la nostra intuizione sia corretta o meno e produrranno informazioni sofisticate sul comportamento dei consumatori, che, se processate in tempo utile, possono far crescere significativamente le attività.

Poiché i big data vengono appresi direttamente dalle interazioni con i clienti, queste possono divenire informazioni importantissime che arricchiscono qualsiasi strategia di marketing.

Questo livello di conoscenza e comprensione dei clienti apre la strada alle organizzazioni per creare contenuti più pertinenti, nei momenti più significativi nel customer journey path di tutti gli utenti, per qualsiasi sito web, app o software Saas.

Promuovere la cultura Digital Agile Marketing + Data Driven

È interessante notare che i maggiori ostacoli alla creazione di attività basate sui dati non sono tecnici, ma culturali.

Affinché le aziende possano implementare con successo un approccio basato sui dati, è necessario apportare modifiche a livello manageriale, ai vertici e di dialogo con le aziende esterne. La cultura aziendale sui dati deve essere in forte cambiamento affinché essi diventino una considerazione automatica tra i vari attori/aziende in essere.

Democratizzare l’accesso ai dati è una filosofia tutt’oggi attiva nelle grandi realtà. Solo con questi è possibile esercitare un forte impatto sul comportamento, scegliendo abilmente cosa misurare e quali metriche ci si aspettano che vengano utilizzate.

Democratizzare l’accesso ai dati all’interno delle aziende significa anche investire in una piattaforma dati universale.

Troppo spesso, i dati sono accessibili solo da analisti e non sono disponibili a tutti. Affinché sia ​​possibile una cultura basata sul Digital Agile, tutti gli attori all’interno di un team dovranno essere consapevoli dei processi e di come interagire a tutti i livelli.

eLearning trends

Learning trends e riqualificazione del lavoro: cosa è cambiato durante la pandemia

Il mondo del lavoro è, probabilmente, uno di quelli che più ha dovuto fare i conti con l’arrivo della pandemia. L’acronimo L&D, (Learning and Development), è entrato prepotentemente nelle nostre conversazioni quotidiane, specie in ufficio.

L&D, in italiano, sta per apprendimento e sviluppo ed è un processo continuo, a lungo termine, progettato per mantenere alte le capacità e le prestazioni individuali dei dipendenti allineandole con gli obiettivi e i requisiti dell’azienda. Lo scopo è quello di aiutare le persone ad acquisire nuove competenze e a mantenerle motivate ​​e produttive nel tempo.

Si è parlato molto di Learning and Development l’anno scorso, perché non solo aiuta a formare i lavoratori appena assunti, ma è anche estremamente utile alla formazione di tutti i dipendenti all’interno di un’organizzazione o un’azienda.

I professionisti L&D cercano di educare continuamente il personale, ma mai come l’anno scorso questo processo di formazione si è trasformato in un vero e proprio apprendimento, un qualcosa di quotidiano e costante per far fronte alle nuove emergenze e sfide.

Molte aziende hanno dovuto allinearsi a cambiamenti così forti e improvvisi che hanno colti tutti alla sprovvista. Abbandonati gli uffici, il lavoro si è spostato a casa, tra le mura domestiche, ma non tutti erano in grado di approcciarsi a questo diverso modo di lavorare.

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Learning and Development: come sta andando davvero

Dopo la spinta iniziale, molti dubbi sulla necessità di perfezionare le tattiche di L&D sono scomparsi.

L’apprendimento just-in-time, la cross-skilling e il miglioramento delle competenze, tendenze che si profilavano già da un po’, sono state fondamentali per andare avanti. Il problema era che nessuno conosceva l’immediatezza e l’impatto che avrebbero avuto quando il lavoro è stato stravolto dalla pandemia.

Molte di queste tendenze preannunciate nel 2020 si sono rivelate vere e necessarie. Sono entrate in gioco velocemente, con urgenza. Da semplici modelli d’aspirazione si sono trasformati in imperativi categorici nel giro di pochissimo tempo.

E, adesso che siamo a metà 2021, come siamo messi? È probabile che queste tendenze di apprendimento, che ormai sono vitali dallo scorso anno, continuino a crescere. Si svilupperanno ancora più velocemente e richiederanno un approccio più mirato e definito.

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C’è bisogno di un miglioramento costante del proprio team

Molti hanno parlato della nascita di una vera e propria rivoluzione. Richard Wang, CEO di Coding Dojo, ha definito questo cambiamento come una quarta rivoluzione industriale.

Questa è un’era non solo d’innovazione, ma di rivoluzione e trasformazione guidata dalla tecnologia, e non solo per i passi da gigante fatti negli ultimi anni. Tutte le organizzazioni, dalla piccola e media azienda ai grandi colossi del mercato, hanno dovuto amplificare la propria presenza digitale. Un’esigenza dovuta e accelerata dal COVID-19.

Quante realtà si sono digitalizzate nell’ultimo anno? Non dobbiamo per forza andare troppo oltre, ma basterà dare uno sguardo a noi stessi. Anche ai più scettici, coloro che non si sarebbero mai accostati al mondo del Web, si sono ritrovati ad acquistare online qualsiasi cosa, dai beni di prima necessità a una pizza gourmet, senza batter ciglio.

Di conseguenza, se oggi non si è presenti nell’infinito e, ormai, affollato universo digitale, sarà davvero difficile essere notati. Cosa possono fare le aziende per adeguarsi?

Un primo passo può essere quello di affidarsi a dipendenti più tecnologi ma, come ribadisce Wang, per le imprese è davvero complicato scovarli per poter alimentare questa rivoluzione digitale.

La soluzione? Migliorare e riqualificare gli attuali dipendenti.

Le iniziative di learning aiutano le persone ad approcciarsi a un mondo che cambia migliorando il proprio lavoro e, nel complesso, l’andamento dell’azienda. 

Le competenze più richieste sono la codifica, lo sviluppo web e l’analisi dei dati, ma una comprensione di base della logica computazionale, come quella utilizzata negli strumenti di posta elettronica, è comunque utile.

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Il focus sull’apprendimento a lungo termine resta fondamentale

Le tendenze di learning dello scorso anno hanno visto primeggiare modalità come cross-skilling, cioè sviluppare competenze in ambiti diversi, e la capacità di approcciarsi alle cose con punti di vista differenti. Non bisogna però sottovalutare l’importanza dell’apprendimento a lungo termine. 

Basti pensare che alcuni dei lavori che sono molto richiesti oggi non esistevano nemmeno tre anni fa. Ecco perché le persone devono adattare lo sviluppo delle proprie competenze per stare al passo con esigenze di mercato che mutano velocemente. I processi di learning devono assumere un approccio proattivo per fornire ai dipendenti i giusti strumenti per facilitare e migliorare l’apprendimento sul lavoro e tracciare il loro percorso di carriera.

Ciò non toglie che ci saranno sempre alcune abilità più difficili da padroneggiare, come la creatività, l’innovazione e la leadership inclusiva, tutte cose che richiederanno un approccio a lungo termine.

Il lavoro a distanza richiede un nuovo tipo di apprendimento

Non è un mistero: il lavoro da remoto sta prendendo sempre più piede nelle aziende per i vari vantaggi che comporta.

Con la continua necessità di lavorare a distanza, le aziende dovranno affrontare nuove sfide legate al learning, come ha riferito in una e-mail a HR Dive la CMO di Hibob, Rhiannon Staples. 

Sono molte le aziende e i manager che stanno ancora imparando ad approcciarsi in modo efficace al telelavoro, dall’onboarding alla gestione quotidiana del proprio lavoro.

Una mossa intelligente sarà proprio quella di insegnare ai nuovi dipendenti a lavorare fin da subito da remoto. Una cosa che non era necessaria per molte strutture prima della pandemia di COVID-19, ma che ora sta diventando essenziale per la crescita e il successo del proprio business.

È un ulteriore passo in avanti che le aziende devono fare: trovare nuovi strumenti tecnologici per le risorse umane che facilitino la funzionalità incrociata di Learning and Development, mentre le risorse umane dovrebbero garantire che leader e manager abbiano una formazione adeguata. 

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Le credenziali fanno la differenza

Molti corsi di laurea non hanno più il valore di un tempo. Approcci teorici, sistemi non aggiornati, ma soprattutto ai giganti della tecnologia come Google, Apple e Netflix non interessano questi requisiti. Un percorso di studi tradizionale non rilascia tutte le competenze di cui ora le aziende hanno bisogno.

Invece, le istituzioni che concedono micro credenziali possono offrire ai candidati l’opportunità di acquisire le competenze di cui hanno necessitano al di fuori di una tipica esperienza universitaria.

Perfezionamento di un vantaggioso Learning and Development

Le aziende devono continuare a migliorare le tecniche di L&D rendendole più agili e moderne. L’eLearning, per esempio, può risultare lungo, e passivo. Ecco perché è meglio puntare su microlearning e sul social learning. Lo scopo è quello di connettere le persone agli esperti del settore, creando un’esperienza più coinvolgente.

Fornendo piccole quantità di contenuti, le persone sono in grado di concentrarsi meglio e assimilare di più. Ciò offre l’opportunità di assorbire il contenuto della formazione in un modo diverso per rafforzare l’apprendimento. La gamification e le microvalutazioni consentono di verificare i propri progressi per raggiungere gli obiettivi prefissati.

L’onboarding è un’altra area da rivedere. Staples ha affermato che non è più possibile, o almeno per ora, ritornare a sessioni di esami in aula. Ecco perché le organizzazioni devono trovare modi per facilitare l’onboarding da remoto, rendendolo personalizzato, informativo e tempestivo.

Le aziende devono investire nei lavoratori perché dipendono da loro, e non solo perché è la cosa giusta da fare. Inoltre, i team di L&D hanno aggiunto valore collaborando strettamente con le aziende, strategizzando  il futuro e co-costruendo. 

I riflettori sono tutti puntati sui dipendenti ma non solo sulla loro resa, ma anche al benessere, alla diversità ed equità. La necessità di investire nel proprio team è diventata massima.

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Cosa possiamo prevedere nel prossimo futuro?

Man mano che le esigenze aziendali accelerano ed evolvono, garantire ai dipendenti le competenze di cui hanno bisogno è una strategia vincente e una tendenza che si perpetuerà per sempre, o magari fino alla prossima rivoluzione digitale. 

L’apprendimento è un requisito essenziale per l’innovazione e il successo prolungati nel tempo. Le tendenze a lungo termine e la natura dell’attuale momento storico indicano una conclusione: L&D sarà di fondamentale importanza per le aziende nel mondo post-COVID, dove il successo dipenderà in gran parte dalla capacità di adattarsi rapidamente a forze imprevedibili.

La “trasformazione” come concetto astratto è stata ormai sostituita da esempi concreti di come il nostro mondo sta cambiando in tempo reale.

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Burger King, vaccino Covid a dipendenti e 4mila ristoratori italiani

Burger King Restaurants Italia aderisce alla campagna di vaccinazione aziendale proposta dalle autorità. “Torniamo concorrenti” è la nuova campagna lanciata dalla catena di fast food, che si impegna a mettere a disposizione le proprie strutture e il personale medico sanitario necessario per vaccinare contro il COVID-19 i suoi 4mila dipendenti che lavorano nei ristornati di tutta Italia.

L’azienda, inoltre, consapevole del grave impatto economico della pandemia sulla ristorazione e della difficoltà di molti operatori nell’aderire da soli alla campagna vaccinale, ha promosso la stessa opportunità per altri 4.000 piccoli ristoratori di tutta Italia con non più di 4 dipendenti (ristoranti, pizzerie, bar, gelaterie, sushi, kebab): una possibilità, totalmente gratuita, per circa 1.000 aziende sul territorio nazionale che potranno prenotarsi da subito per la vaccinazione contro il COVID-19.

L’invito di Burger King ai grandi player della ristorazione

“Torniamo Concorrenti è un progetto che Burger King sta implementando su tutto il territorio nazionale”,  spiega Alessandro Lazzaroni, AD di Burger King Restaurants Italia.

“Qualunque ristoratore, dalla Sicilia al Friuli, che abbia un’attività con meno di 4 dipendenti e abbia fatturato meno di 500.000 euro nel 2019 può pre-aderire attraverso la piattaforma dedicata www.torniamoconcorrenti.it. Fino ad oggi siamo l’unica azienda in Italia a proporre le vaccinazioni, oltre che per i propri dipendenti, anche per i colleghi del comparto, ma il nostro obiettivo è proprio quello di invitare gli altri big player a fare la stessa cosa, per spingere quanto possibile la ripartenza del settore, affinchè possa tornare ad operare al 100% in sicurezza il prima possibile”, sottolinea Lazzaroni.

“Normalità” vuol dire per Burger King tornare ai livelli di concorrenza pre-pandemica: “Prendendo atto del grave momento che il mondo della ristorazione sta vivendo, abbiamo scelto di riservare ai piccoli operatori del settore la stessa attenzione che dedichiamo alle nostre persone. Si tratta di un’occasione ulteriore che si aggiunge alla modalità ordinaria di vaccinazione, senza svantaggiare in alcun modo la programmazione vaccinale riservata a tutti i cittadini – insiste Alessandro Lazzaroni – I piccoli imprenditori sono una parte fondamentale del tessuto economico italiano e il nostro obiettivo è dargli una mano e tornare quanto prima a una sana e vivace concorrenza. Pertanto Invitiamo gli altri grandi attori della ristorazione a fare altrettanto e a seguire questo nostro piccolo grande esempio. È un importante atto di responsabilità sociale da compiere per accelerare il superamento della pandemia e dare un contributo incisivo e concreto per facilitare la ripartenza”.

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L’endorsment del Governo all’iniziativa

Significativo l’endorsment delle istituzioni con cui Burger King ha avviato un dialogo, sottoponendo il progetto al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e alla Presidenza della Conferenza delle Regioni.

Apprezzamento per l’iniziativa da Andrea Orlando, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. La campagna, infatti, consentirà ad 8.000 lavoratori in totale di essere vaccinati, senza discriminazioni tra aziende grandi e piccole.

“Un passo importante verso la ripresa”, a cui si associa anche Massimiliano Fedriga, Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome: “Ho apprezzato particolarmente il progetto vaccinale di Burger King. Una collaborazione virtuosa tra istituzioni e importanti realtà private, vista anche la capillarità territoriale che si propone di raggiungere, che permetterà ai piccoli ristoratori, dopo il vaccino, di poter tornare alle loro attività con maggiore sicurezza”.

“Diventa sempre più pressante la necessità di una ripresa rapida e in sicurezza – aggiunge Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe Confcommercio (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) – La disponibilità di vaccini equa e non discriminatoria tra i diversi Paesi è, innanzitutto, un atto di civiltà e costituisce un prerequisito per ritornare in tempi rapidi alla normalità, garantendo altresì quella leale competizione economica necessaria per la sopravvivenza di tanti settori produttivi in coincidenza con la data di riapertura del turismo. In quest’ottica, il progetto proposto da Burger King rappresenta un passo importante e ci auguriamo che anche altre grandi realtà della ristorazione prevedano iniziative simili”.

Uno stimolo alla solidarietà, come nella precedente campagna, ironica e dirompente “Ordinate da McDonald’s”

Con “Torniamo Concorrenti”, Burger King Restaurants Italia vuole dare il proprio concreto contributo per una rapida ripresa. Uno stimolo alla solidarietà per l’intero settore, anche se competitor, come nella precedente campagna, “Ordinate da McDonald’s”, realizzata con un’ironica lettera/appello, assolutamente fuori dagli schemi, pubblicata su Twitter, in cui si leggeva: “Ordinate da McDonald’s. Non avremmo mai pensato di chiedervelo. Come non pensavamo mai che vi avremmo incoraggiato a ordinare da KFC, Subway, Domino’s Pizza, Pizza Hut, Five Guys, Greggs, Taco Bell, Papa John’s, Leon, o un altro food store, il cui elenco è troppo lungo da riportare qui. In breve, da qualunque delle nostre sorelle catene alimentari, (fast o non fast). Non avremmo mai pensato di chiedervelo, ma i ristoranti che danno un’occupazione a migliaia di lavoratori hanno bisogno del vostro supporto. Perciò, se volete aiutare continuate a coccolarvi con cibi deliziosi usando il delivery, il take away o il drive through”.

La piattaforma Torniamoconcorrenti.it è già attiva. I dipendenti e i ristoratori verranno contattati secondo le tempistiche concordate con le singole autorità regionali.

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eCommerce, quota 26,7 trilioni di dollari globali. Italia ottava con il 22% del Pil

L’eCommerce mondiale sfiora i 26,7 trilioni di dollari (+4% rispetto all’anno precedente), con una salto in avanti del 20% nelle vendite online sulla spinta del COVID-19. Se a dominare la classifica sono gli Stati Uniti, seguiti da Giappone e Cina, l’Italia si attesta in ottava posizione in ambito mondiale, secondo il report 2019 elaborato dall’Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, che riporta i primi dati di previsione anche per il 2020.

Un aumento del commercio elettronico determinato dalle restrizioni indotte dall’emergenza pandemica, che ha provocato un’accelerazione delle vendite al dettaglio online, registrando una crescita dal 16% nel 2019 al 19% nel 2020, secondo gli analisti Onu. In base a quanto emerge dal rapporto, le vendite al dettaglio online sono cresciute notevolmente in diversi Paesi, con la Repubblica di Corea che ha riportato la quota più alta al 25,9% nel 2020, rispetto al 20,8% dell’anno precedente. Quasi 1,5 miliardi di persone hanno fatto acquisti online nel 2019, più di un quarto della popolazione mondiale dai 15 anni in su.

Le Top Ten Countries 2019 secondo l’analisi Unctad

Con un fatturato di 431 miliardi di dollari, pari al 22% del Pil, l’Italia si classifica nella top ten del ranking internazionale, sebbene ai vertici si riconfermino gli USA con 9.580 miliardi di dollari (pari al 45% del Pil), con a seguire Giappone (3.416 miliardi e 67% del Pil), e Cina (2.604 mld, 18%). Prima per percentuale sul Pil ( 79%) ma quarta per profitti la Corea del Sud con 1.302 miliardi. In quinta posizione il Regno Unito (885 mld, 31%), sesta la Francia (785 mld, 29%) e settima la Germania (524 mld, 14%), che precedono l’Italia.  In classifica anche l’Australia (347 mld, 25% del Pil) e Spagna (344 mld, 25%).

“Queste statistiche mostrano la crescente importanza delle attività online. Sottolineano anche la necessità per i paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, di disporre di tali informazioni mentre ricostruiscono le loro economie sulla scia della pandemia COVID-19 “, sottolinea Shamika Sirimanne, direttore della Tecnologia e della logistica dell’Unctad.

Tra le aziende eCommerce, spicca in prima posizione la cinese Alibaba con 1.145 miliardi (+20%), rispetto ad Amazon con 575 miliardi (+38%) e alle altre due società cinesi JD.com (379 mld, +25,4%) e Pinduoduo (242 mld, +65,9%).

A dominare il settore eCommerce sono le vendite B2B (21.800 miliardi di dollari), che includono sia le vendite su piattaforme online sia le transazioni di scambio di dati elettronici.

La pandemia, tuttavia, ha provocato fortune alterne per alcune società di e-commerce B2C, invertendo i profitti delle aziende che offrono servizi come il ride-hailing, i trasporti e i viaggi, come mostrano i dati per le prime 13 società di e-commerce, 11 delle quali provenienti da Cina e Stati Uniti.

Il crollo del settore trasporti e la crescita delle società eCommerce B2C

Le aziende di viaggio hanno registrato, infatti, un forte calo del valore lordo della merce (GMV, venduta attraverso marketplace eCommerce) e corrispondenti a crolli di posizione in classifica. È il caso di Expedia, scesa dal 5 ° posto nel 2019 all’11 ° nel 2020, Booking Holdings dal 6 ° al 12esimo e Airbnb, che ha lanciato la sua offerta pubblica iniziale nel 2020, slittata dall’11esimo al 13esimo.

Nonostante la riduzione delizi, il GMV totale per le prime 13 società di e-commerce B2C è aumentato del 20,5% nel 2020, più del 2019 (17,9%). Ci sono stati guadagni particolarmente ampi per Shopify (+ 95,6%) e Walmart (72,4%). Complessivamente, il valore della merce B2C GMV per le prime 13 società si è attestato a 2,9 trilioni di dollari nel 2020.

Le vendite business-to-business dominano l’e-commerce

Il rapporto stima il valore dell’e-commerce B2B globale nel 2019 a 21,8 trilioni di dollari, che rappresenta l’82% di tutto l’eCommerce, comprese le vendite su piattaforme di mercato online e le transazioni EDI (Electronic Data Interchange).

Il commercio elettronico B2C che supera le frontiere nazionali ammonta a circa 440 miliardi di dollari nel 2019, con un aumento del 9% rispetto al 2018. Il rapporto UNCTAD rileva, inoltre, che la quota di acquirenti online che effettuano acquisti transfrontalieri è passata dal 20% nel 2017 al 25% nel 2019 .

Le aziende di eCommerce e le performance ridotte per inclusione digitale

A fronte degli ampi profitti, in base all’indice pubblicato dalla World Benchmarking Alliance nel dicembre dello scorso anno, molte delle aziende eCommerce hanno ottenuto scarsi risultati rispetto all’inclusione digitale.

L’indice, infatti, classificato 100 aziende digitali, comprese 14 società di eCommerce, utilizzando come indicatore il modo in cui contribuiscono all’accesso alle tecnologie digitali, costruendo competenze digitali, rafforzando la fiducia e promuovendo l’innovazione. Le imprese di eCommerce hanno registrato performance inferiori rispetto alle società di altri settori digitali, come l’hardware o i servizi di telecomunicazione. Tra queste, ad ottenere il punteggio più alto è stata eBay al 49esimo posto, però, secondo la World Benchmarking Alliance.

Secondo il rapporto UNCTAD, il fattore principale per la scarsa performance sarebbe da rintracciare nel fatto che le società di eCommerce sono relativamente giovani, tipicamente fondate solo negli ultimi due decenni.

“Queste aziende si sono concentrate maggiormente sugli azionisti piuttosto che impegnarsi con un ampio gruppo di stakeholder e compilare metriche sulle loro prestazioni ambientali, sociali e di governance”, spiega il rapporto.

Piccole inversioni di tendenza si stanno registrando in diverse società di commercio elettronico che offrono formazione gratuita agli imprenditori sulla vendita online, mirata a gruppi vulnerabili come le persone con disabilità o le minoranze etniche.

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3 modi per gestire la performance e la privacy nell’app marketing di iOS

Il marketing delle app digitali sta evolvendo rapidamente, allineandosi alle crescenti aspettative dell’utente in termini di privacy e agli importanti aggiornamenti normativi. I cambiamenti dell’ecosistema mondiale – incluso il prossimo lancio della nuova policy App Tracking Transparency (ATT) di Apple – fissano dei limiti alla modalità di raccolta e utilizzo dei dati dei consumatori per la pubblicità

Questi cambiamenti sono il continuum dei trend del settore che mirano a dare alle persone più trasparenza e maggiore controllo sui loro dati e sulle interazioni con gli inserzionisti. Per i brand è importante investire nell’innovazione per garantire ai consumatori un’esperienza sicura in termini di privacy e preservare (al contempo) la performance di vendita. 

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Ecco tre strategie che le società possono adottare per avere successo.

1. Stabilisci delle basi di misurazione solide attraverso relazioni dirette

Costruire relazioni più solide con i nuovi utenti dell’app e con quelli già attivi dovrebbe essere un pilastro portante della vostra strategia di sviluppo che metta al primo posto la privacy. I dati proprietari – ovvero i dati che le società raccolgono direttamente dai consumatori con il loro consenso – rappresentano una fonte importante di interazioni visibili che possono aiutare a capire il customer journey, dal click su un annuncio all’interazione con l’app. Questo getta le basi per i modelli di conversione: il machine learning di Google, partendo dalle conversioni visibili, applica dei modelli statistici a quelle parti di traffico dell’app con dati incompleti o assenti.

Coinvolgere direttamente gli utenti dell’app può aiutarvi a costruire un rapporto di fiducia con i vostri consumatori. Date alle persone dei modi semplici e intuitivi di condividere delle informazioni che le riguardano e dimostrate loro che userete quelle informazioni per garantire un’esperienza sull’app più personalizzata e utile. Comunicate agli utenti il valore aggiunto che otterranno in cambio dei loro dati – un codice promozionale in cambio di un indirizzo e-mail, accesso a contenuti esclusivi, consigli customizzati o una procedura d’acquisto più semplice.

Costruire relazioni più solide con i nuovi utenti dell’app e quelli già attivi dovrebbe essere un pilastro portante della vostra strategia di sviluppo che metta al primo posto la privacy.

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Per snellire il processo, il rafforzamento delle relazioni dirette e lo sviluppo di una struttura solida possono tradursi in una modifica del flusso di onboarding e contrattazione, l’avvio di programmi di fidelizzazione, o anche l’adozione di nuove funzionalità, come chat all’interno dell’app. Questi cambiamenti possono richiedere notevole quantità di tempo e fatica, ma dovreste considerarli come investimenti necessari, affinché le vostre campagne di marketing risultino sempre attuali e aumenti il valore del ciclo di vita dei clienti.

In Google stiamo lavorando ad alcune soluzioni di misurazione e reportistica che terranno conto delle prossime modifiche alla privacy, incluse alcune funzionalità per la tutela della privacy per il Firebase SDK su Google Analytics. Per ottenere il meglio da questo tipo di soluzioni, dovete assicurarvi di avere dei dati di input che durino nel tempo.

2. Gestisci la performance delle campagne con i giusti dati di conversione

Le piattaforme per l’advertising, incluse quelle di Google, sono alle prese con gli stessi disagi che hanno gli inserzionisti: anche noi ci stiamo adattando in tempo reale ai continui cambiamenti dell’ecosistema. La natura sfumata e in continuo divenire delle sfide che stiamo affrontando contribuisce a cambiare il modo in cui le conversioni vengono misurate e riportate sulle reti.

Per esempio, le piattaforme per le campagne funzionano sia sul web che sull’app, e presentano annunci con testo, immagini e video. Fare marketing usando diversi canali e formati può presentare delle sfide per la compatibilità e la coerenza tra le Campagne per app e SKAdNetwork di Apple.

I diversi approcci alle finestre di conversione personalizzate, l’attribuzione web-app, la misurazione delle reinstallazioni e le visualizzazioni video rendono difficile il confronto diretto tra le metriche di conversione che si possono vedere su Google Ads, SKAdNetwork e altre reti pubblicitarie. Vi consigliamo di approfondire queste differenze quando valutate le metriche e quando prendete decisioni in merito all’app marketing.

La natura sfumata e in continuo divenire delle sfide che stiamo affrontando contribuisce a cambiare il modo in cui le conversioni vengono misurate e riportate sulle reti.

Per rendere le reportistiche sulle conversioni più solide possibile, includeremo i dati “modellati solo quando siamo sicuri che ci sia stata una conversione e quando abbiamo sufficienti informazioni per realizzare un modello con certezza. Mantenendo un alto livello di qualità dei dati e per la creazione di modelli, evitiamo di fornire troppi report, e ci assicuriamo che non vengano mostrate le conversioni che non raggiungono uno standard rigoroso e che queste non vengano utilizzate per ottimizzare le campagne.

3. Preparati a diversi scenari di performance iOS

Sappiamo che siete già molto impegnati a capire come avere successo in un contesto in cui le norme per la privacy sono in rapida evoluzione. Ecco perché stiamo ideando delle soluzioni con l’obiettivo di assorbire quanta più competenza tecnica possibile. Incorporiamo i modelli direttamente all’interno della reportistica di conversione e ottimizzazione, e ci assicuriamo che siano compatibili con nuovi input e caratteristiche, come i dati e le misurazioni aggregate di SKAdNetwork, senza che sia necessario nessun ulteriore intervento. Così facendo manteniamo anche la continuity della performance delle campagne per app, perché si adattano a futuri cambiamenti.

Le misurazioni e le reportistiche integrate dovrebbero aiutarvi a risparmiare le energie necessarie a preparare la vostra strategia di advertising per la policy ATT Apple. Il grado di influenza che gli aggiornamenti Apple avranno sull’app marketing dipende in gran parte dalla scelta di utilizzare la richiesta ATT e dalla percentuale di utenti che danno il consenso ATT. Le stime variano principalmente a seconda di come i consumatori reagiranno alle nuove richieste di consenso – questo varierà a seconda dei Paesi in cui commercializzerete la vostra app, del segmento di mercato in cui vi trovate e del grado di ricettività degli utenti ai messaggi che spiegano il motivo per cui dovrebbero consentire il tracciamento.

Social Report

Man mano che il dialogo sulla privacy continua, gli inserzionisti di app hanno l’opportunità di investire in soluzioni a lungo termine che possono aiutarli a navigare in questo mare in continua evoluzione.

Non avendo dei precedenti da prendere come punto di riferimento, dovreste anticipare un intervallo di livelli di consenso. Prevedete quanto ognuno di questi può influire sul vostro business e pianificate diverse strategie per mitigarli. È inoltre fondamentale considerare fattori come: quanto velocemente cambiano i vostri clienti e (quanto spesso) richiedono nuove versioni dell’app? Puntate molto sul reingaggio di utenti preesistenti affinché ritornino a usare la vostra app? La vostra app genera più fatturato dall’advertising o dalle vendite?

Un’app con un’utenza fedele e attiva e alti tassi di opt-in per l’ATT potrebbe non richiedere importanti modifiche di marketing. D’altra parte, un’app con pochi opt-in che si basa sulla riattivazione di utenti persi potrebbe aver bisogno di modifiche, a causa del traffico di reingaggio ridotto, e delle capacità di personalizzare gli annunci diversificando la spesa per media.

Man mano che il dialogo sulla privacy continua, gli inserzionisti di app hanno l’opportunità di investire in soluzioni a lungo termine che possono aiutarli a navigare in questo mare in continua evoluzione. Restate aggiornati, nei prossimi mesi, su ulteriori innovazioni in merito a misurazioni, analytics e privacy che possano aiutarvi a crescere e a monetizzare con successo sulle varie piattaforme.

Articolo di: Stephanie Cuthbertson

Traduzione a cura di: Debora Melania Martuccio

I Coldplay presentano su TikTok il loro nuovo singolo ‘Higher Power’

I Coldplay tornano sulla scena musicale con un nuovo singolo, Higher Power, disponibile da oggi in anteprima esclusiva su TikTok. Un annuncio che anticipa la release ufficiale di venerdì 7 maggio via Parlophone/Atlantic.

Per 24 ore, la community globale di TikTok potrà ascoltare una clip della nuova canzone tanto attesa e utilizzarla, prima di chiunque altro, nei propri video.

Negli scorsi giorni l’account TikTok ufficiale dei Coldplay – Coldplay – aveva stuzzicato la curiosità dei fan sull’uscita del nuovo singolo pubblicando video di billboard enigmatici che rimandavano a un misterioso sito webalienradio.fm. Nel corso della settimana, tantissimi contenuti esclusivi saranno disponibili per la community e i fan.

 

@coldplayI got my hands up shaking just to let you know ##HigherPower ?♬ Higher Power – Coldplay

Higher Power è prodotto da Max Martin ed è disponibile per il preordine sulle piattaforme streaming.

I Coldplay vantano un’ampia fanbase globale su TikTok con la quale condividono tanti e diversi contenuti – dai filmati d’archivio alla partecipazione al #NationalSoilDay fino ai remake delle loro hit realizzate dai creator della piattaforma. Anche dei Creator italiani – Mirko e Valerio – hanno, in passato, conquistato Chris Martin che ha cantato sulla loro performance al violino.

Come cambia il mondo del lavoro: la nuova frontiera dell’orientamento è il podcast

Far entrare la Zed Generation in sintonia con il mondo del lavoro nelle grandi aziende, scoprire quali competenze e attitudini non possono mancare per farne parte e apprendere i metodi migliori per affrontare un percorso di selezione è la nuova sfida. Il mondo del lavoro cambia e con esso anche l’orientamento per le nuove generazioni che oggi diventa più intimo e autentico, sicuramente più smart e innovativo.

La nuova frontiera dell’orientamento al lavoro è il Podcast. E non poteva essere altrimenti visto che il fenomeno è in continua ascesa: crescita del 15% anno su anno. Secondo l’indagine condotta da Nielsen, in Italia si è passati dai 12 milioni di ascoltatori nel 2019, ai 13,9 milioni del 2020, un aumento di quasi due milioni di persone. L’audio digitale piace alle nuove generazioni che secondo i dati IPSOS sono il 52% sotto i 35 anni e con un aumento sempre più significativo di ascoltatori laureati e junior professionals.

Il suono del lavoro

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Nasce da qui la serie “Il suono del lavoro”: per la prima volta nella storia un podcast interaziendale per orientare i giovani alla carriera professionale. Ad idearlo That’s Y, il più affermato podcast italiano dedicato alle nuove generazioni e al people management, nato meno di un anno fa: un luogo digitale di incontro di voci e riflessioni che promuove tutte le settimane la valorizzazione dei temi dell’inclusione generazionale, sempre più attenzionati anche dall’agenda politica ed economica.

A dispensare segreti e consigli saranno proprio le voci HR di grandi realtà nazionali e multinazionali; numerosi i manager che hanno risposto con passione: un’iniziativa storica per il mondo delle Risorse Umane, per quello del podcasting e per l’ambito dell’orientamento al lavoro per le nuove generazioni. 26 episodi, 19 aziende e più di 80 minuti di consigli e “job tips” che i professionisti donano come iniziativa di responsabilità sociale verso la Zed Generation, annunciati nella puntata di lancio prevista proprio il 1 maggio 2021 e poi quotidianamente dalla pagina Instagram di That’s Y.

In un mondo velocissimo ed incerto, è difficile comprendere le informazioni. Ma attraverso il potere dell’ascolto può essere efficace acquisirle in maniera autentica e profonda, direttamente da chi tutti i giorni si occupa di lavoro in azienda

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Questa è la scommessa che fa Giulio Beronia, autore e curatore di That’s Y. 

“Il suono del lavoro” sarà in programma dal 3 al 27 maggio, dal lunedì al venerdì dalle 8.00; ogni giorno un episodio in podcast di 5 minuti per orientare i giovani verso un mercato del lavoro che ha sempre più bisogno di fiducia e motivazione per incontrarlo. Le puntate saranno disponibili sul canale “That’s Y – Generazioni al lavoro!” attraverso le principali piattaforme audio: Spotify, Apple Podcast, Google Podcast, Spreaker e Amazon Music.

Short Video: strumenti e best practice per usarli al meglio

Sesto appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

Abbiamo deciso di dedicare questa puntata a un trend sempre più in forte aumento sui social network: gli Short Video. Ospite di questo appuntamento è Eliana Salvi, Founder e Managing Director di Cosmic, agenzia verticale dei video brevi.

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