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Chi ha un perché può fronteggiare ogni come: l’impresa significante

La crisi che sta investendo le imprese italiane (e non solo) non fa che aggiungersi alla crisi (finanziaria prima ed economica poi) che, a partire dal 2008, ha accelerato un’evoluzione già in atto nel contesto competitivo.

Infatti, già prima dell’avvento della crisi, le imprese italiane si trovavano ad affrontare importanti sfide strategiche, imposte dall’emersione di alcuni trend.

Tra questi, di particolare impatto sono stati senza dubbio quelli politico-economici, come la globalizzazione dei mercati di produzione e di sbocco che aumenta l’intensità della competizione internazionale comportando, tra l’altro, una progressiva trasformazione dei prodotti in commodities con una conseguente erosione dei margini.

In secondo luogo, quelli socio-culturali, tra i quali il cambiamento del comportamento del consumatore medio che, oltre al prezzo e alle funzioni del prodotto, è sempre più attento anche ai contenuti immateriali quali la creatività, il design e la sostenibilità, ricercando significati ed esperienze nuove.

Vanno considerati, infine, i trend tecnologici, in particolare l’avvento della quarta rivoluzione industriale che, tra gli altri effetti, porta a ridurre il ciclo di vita dei prodotti ma anche delle economie di scala, permettendo o imponendo la riconfigurazione di prodotti, processi e modelli di business.

La dimensione simbolica del prodotto

Studiosi ed esperti concordano nel ritenere che l’innovazione sia ormai l’unica strategia perseguibile dalle imprese italiane per rispondere alla sfida portata dai concorrenti operanti nelle economie emergenti e, più in generale, per uscire dalle molteplici crisi che le hanno investite.

Alcuni sostengono, poi, l’esigenza di affiancare all’innovazione tecnologica, volta a modificare le funzioni del prodotto per soddisfare i bisogni espliciti del cliente, l’innovazione culturale, volta a modificarne i significati per soddisfare anche i bisogni latenti del cliente.

Per quanto, infatti, non tutti si rendano ancora conto della fondamentale importanza di questo tipo di innovazione, è evidente a qualunque osservatore attento che sempre più le persone comprano i prodotti non solo e non tanto per le loro performance funzionali, ma anche per i messaggi che incorporano: e ciò vale anche per le imprese B2B.

I prodotti hanno, infatti, una doppia natura: la dimensione utilitaristica, che ha a che fare con la funzionalità, le prestazioni, l’usabilità, l’affidabilità e il prezzo, e la dimensione simbolica, ugualmente importante, che riguarda i significati, i messaggi, il design, le emozioni e lo status.

Se il produttore è consapevole di vendere simboli oltre che “utensili”, può avere una visione più completa del prodotto capendo non solo come l’oggetto proposto possa soddisfare determinati bisogni pratici, ma anche come esso possa veicolare significati a livello culturale.

Proprio per questo, è necessario affiancare all’innovazione culturale del prodotto l’innovazione culturale della strategia aziendale: come l’impresa agisce.

modello di business l'impresa significante

Il Tetraedro del Valore, modello teorico che rappresenta l’interezza di un’impresa e le relazioni tra i suoi diversi piani, dal più astratto al più concreto. «La missione aziendale è l’identità profonda e immutabile dell’impresa, l’obiettivo complessivo della sua strategia, e rappresenta quindi lo scopo che informa il modello di business» (Hamel, 2001)

Accanto all’innovazione di prodotto (e processo), assume quindi sempre più importanza l’innovazione strategica, che si concretizza nella riconfigurazione della value chain e del value system, per creare un nuovo spazio di mercato. In esso, resa irrilevante la concorrenza, si genera un incremento di valore tanto per l’impresa quanto per il cliente.

L’obiettivo non è giocare meglio degli altri, bensì cambiare le regole del gioco, gestendo il paradosso tra maggior valore e costo minore.

Se l’innovazione tecnologica, in primis quella digitale, crea opportunità e necessità evidenti per l’innovazione strategica, altrettanto vale per l’innovazione culturale.

I nuovi significati attribuiti ai prodotti (es. prodotti sostenibili) devono essere trasferiti anche a tutti gli altri elementi del modello di business (es. processi sostenibili, risorse rigenerabili, ecc.) per non perdere coerenza strategica. Le aziende italiane tipicamente si concentrano sul prodotto, ma il vero prodotto dell’imprenditore è l’azienda stessa, che per prima deve essere investita da un processo di innovazione strategica.

L’innovazione culturale del prodotto e della strategia non può prescindere dalla precisa (ri)definizione dell’identità aziendale attraverso la formalizzazione di una chiara missione, dei paradossi strategici sottostanti (ne parleremo più diffusamente in uno dei prossimi articoli) e di una altrettanto chiara visione: il perché dell’impresa stessa.

La missione, infatti, definisce il carattere duraturo di un’organizzazione, l’identità profonda che trascende i cicli di vita dei mercati o dei prodotti, la dirompenza tecnologica e i leader individuali. Il più grande contributo di coloro che hanno fondato e cresciuto imprese di successo duraturo è stato proprio la definizione della missione.

I leader muoiono, i prodotti diventano obsoleti, i mercati cambiano, le nuove tecnologie emergono senza soluzione di continuità, le mode del management vanno e vengono, ma la missione si rafforza nelle grandi imprese come una sorta di guida ispiratrice e antifragile.

l'impresa significante

I significati strategici del livello della missione; ogni impresa deve saper rispondere alle quattro domande fondamentali per poter definire con precisione la propria missione.

L’impresa significante

Quanto più le imprese italiane cercheranno di dare vita a un modello imprenditoriale che si interroghi e ponga al centro proprio la definizione della missione, dei paradossi strategici e della visione aziendale, imparando a integrare nelle proprie strategie un orizzonte culturale a lungo termine, tanto più si avvicineranno al concetto di “impresa significante”.

Per chiarirlo si può partire dalla definizione del suo contrario, l’impresa ‘insignificante’. L’impresa “insignificante” crea poco valore per i clienti e la società.

Proprio perché il valore creato è ridotto, tale impresa si concentra sulle modalità più efficaci per appropriarsi della sua fetta maggiore, vittima di una prospettiva limitata e limitante secondo cui il problema è la divisione del valore. Si alimenta così un circolo vizioso che porta a creare ancora meno valore per i clienti e la società.

Per contro, l’impresa “significante” crea molto valore per i clienti e la società. Proprio per questo non è schiava dell’ansia dell’appropriazione e si concentra invece sulle modalità più efficaci per distribuirne la parte più rilevante, nella convinzione che la vera soluzione sia moltiplicare il valore attraverso la condivisione.

Si alimenta, così, un circolo virtuoso che porta a creare ancora più valore per i clienti e la società. In questo senso, l’impresa significante è tale in quanto creatrice di nuovi posti di lavoro legati all’esclusività del territorio, ma anche di nuovi concetti ispirati dalla varietà del territorio e veicolati ai clienti e alla società attraverso i suoi prodotti, processi e modalità di relazione.

In questo senso, il termine “significante” identifica un’impresa ricca di significato per tutti gli stakeholder che incrociano il suo percorso, espressione di un portato culturale e innovativo unico che la distanzia e la favorisce rispetto a qualunque competitor.

tiktok 2021

TikTok introduce nuovi strumenti di lead generation

Quando le aziende scelgono TikTok, sanno che tramite la piattaforma potranno comunicare in maniera inedita e originale con il proprio target, diventando parte integrante della community. Inoltre, grazie ai formati video immersivi, a tutto schermo, sound-on e di breve durata, riescono a catturare l’attenzione delle proprie audience, e al contempo far crescere la base clienti e aumentare l’impatto sui ricavi.

First-party

Uno scenario che oggi si arricchisce con la lead generation, la soluzione first-party di TikTok che aiuta le aziende a raggiungere i clienti e promuovere la conversione in modo semplice. In pochi, semplici tocchi, ora sarà possibile comunicare prodotti e servizi in modo più accattivante e interessante.

La lead generation sarà un aiuto concreto per le aziende di qualsiasi dimensione a creare interazioni per raggiungere i prospect e convertirli in potenziali clienti. Ad esempio, per gli utenti sarà possibile compilare con maggiore facilità eventuali form e fornire le proprie informazioni (come nome, e-mail o telefono), segnalando così il proprio interesse per quel particolare prodotto o servizio.

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Per rendere ancora più efficiente l’esperienza, inoltre, le informazioni di base che gli utenti già forniscono in fase di iscrizione alla piattaforma potranno essere inserite automaticamente. La lead generation di TikTok consente inoltre di creare messaggi completamente personalizzabili. Le lead possono essere scaricate manualmente o, se integrate con un CRM aziendale, attivate immediatamente. In questo modo, le informazioni degli utenti inserite nei form garantiscono alle aziende di raggiungere i clienti interessati in modo non intrusivo.

Con l’integrazione della lead generation, quando gli utenti inviano i propri dati a TikTok visualizzeranno un’informativa sulla privacy che chiarisce che si stanno raccogliendo le loro informazioni per gli inserzionisti, con link alla relativa policy di TikTok e a quella dell’inserzionista. Le informazioni personali compilate automaticamente nella lead generation saranno accessibili solo all’inserzionista e, in qualsiasi momento, gli utenti potranno modificarle o cliccare per uscire dal form. In questo modo assicuriamo alla nostra community controllo e sicurezza sulla privacy dei propri dati. 

Lead Generation

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In TikTok vogliamo supportare le imprese offrendo loro l’opportunità di creare un legame sincero con i consumatori assicurando al contempo che la nostra community si senta a proprio agio e al sicuro sulla piattaforma, aspetto prioritario per noi. Lead Generation è conforme alla GDPR. Continuiamo a migliorare la nostra piattaforma, le policy e i prodotti per aiutare le aziende a raccontare la loro storia, salvaguardando le informazioni della nostra community e proteggendo la nostra piattaforma e i dati degli utenti.

Siamo entusiasti di introdurre la lead generation per i business di tutto il mondo e di supportare il loro impegno a raggiungere, connettersi e ingaggiare in modo semplice con il proprio target. Per ulteriori informazioni su come iniziare ad utilizzare lead generation, leggi il relativo articolo del nostro Help Centre e scopri qui come brand di diversi settori – dall’automotive alla finanza fino al retail – utilizzano lead generation per creare una relazione con i consumatori su TikTok.

Fiat Professional sceglie ancora il Milanese Imbruttito per la campagna dell’E-Ducato

Dopo il successo della collaborazione per il lancio del Ducato con cambio automatico nel 2019, Fiat Professional sceglie ancora Il Milanese Imbruttito, agenzia creativa e community con oltre 2.5 milioni di utenti, per il lancio di E-Ducato, la versione 100% elettrica del veicolo commerciale più venduto in Europa nel 2020. La collaborazione prevede lo sviluppo di una campagna social multicanale dal titolo “Green & Grano (Duro) – il nuovo business imbruttito” che partirà a fine aprile e che sarà veicolata sulle pagine social delle due aziende.

Protagonista della campagna è il video “Green & Grano (Duro) – il nuovo business imbruttito” che vede coinvolti i personaggi più amati dalla community imbruttita: Il Milanese Imbruttito (interpretato dall’attore Germano Lanzoni), Il Giargiana (Valerio Airò) e il Nano (la giovane star Leonardo Uslengo). Il video sarà affiancato da 1 video pillola e 5 grafiche social, contenuti ideati e prodotti dal team creativo de Il Milanese Imbruttito.

Fiat Professional ha rinnovato la fiducia ne Il Milanese Imbruttito – community  con cui condivide un tone of voice distintivo e ironico – per il lancio del suo primo e più iconico modello elettrico, ideale per le consegne dell’ultimo miglio e  mission urbane. L’obiettivo del nostro brand, leader nel Mercato dei Veicoli Commerciali in Italia, è comunicare i valori green e i vantaggi del nuovo E-Ducato in maniera smart e coinvolgente, con un approccio di branded entertainment che Il Milanese Imbruttito è in grado di rappresentare al meglio.

Commenta Salvatore Cardile, Head of Marketing & Communication di Fiat Professional Italia.

Una collaborazione rinnovata, quella tra Fiat Professional e Il Milanese Imbruttito con l’obiettivo di mostrare come sia possibile coniugare agilità, sostenibilità e una buona dose di coolness quando si tratta di scegliere il veicolo per il proprio business, il tutto in stile imbruttito. Partendo da quì, il progetto prende vita con una nuova avventura imprenditoriale del famoso “Giargiana” che utilizzerà l’E-Ducato e ne mostrerà i punti di forza.

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Siamo entusiasti e orgogliosi di collaborare ancora con il team Fiat Professional per la promozione di un prodotto così innovativo e in linea con i valori della community imbruttita, sempre più attenta ai temi della sostenibilità e confermato anche dalla nostra ultima indagine. È la dimostrazione che l’ironia e il sorriso possono essere la chiave per veicolare messaggi importanti e dare vita a campagne di comunicazione di successo.

Commenta Tommaso Pozza, AD e co-fondatore de Il Milanese Imbruttito.

Nata come pagina Facebook nel 2013, oggi Il Milanese Imbruttito è un’agenzia creativa che opera nel mercato del content marketing e che, oltre ai 3 fondatori, riunisce diverse professionalità del settore della comunicazione digitale per offrire un servizio a 360°.

Punto di riferimento nel panorama italiano del social entertainment, nel corso degli anni Il Milanese Imbruttito ha sviluppato, oltre a una propria linea di prodotti, progetti editoriali e video per diversi clienti e brand internazionali tra cui Disney, Amazon, Sky, Samsung, PayPal, Microsoft e Coca-Cola, trasformando i loro prodotti in contenuti emozionali per la community.

Spotify lancia Paid Subscriptions, piattaforma su abbonamento per podcaster

Spotify annuncia il lancio di Paid Subscriptions, la nuova piattaforma ad abbonamento pensata in esclusiva per i podcaster. Una novità che arriva ad una settimana dal lancio del servizio su abbonamento di Apple Podcasts e l’ingresso di Facebook nel mondo del podcast. Spotify non tratterrà commissioni sugli abbonamenti e la piattaforma sarà completamente gratuita per i prossimi due anni, con la previsione di una tassazione del 5% sul costo dell’abbonamento a partire dal 2023.

“Una piattaforma per podcaster incentrata sulle iscrizioni a pagamento – spiega Spotify – che permette ai podcaster stessi di fare passi avanti in termini di entrate, utenti raggiunti e visibilità».

Tre le grandi novità: oltre alla funzionalità Paid Subscriptions, anche il rilascio a breve della piattaforma Open Access e l’apertura di Spotify Audience Network ai creator indipendenti. Obiettivo: ottimizzare la monetizzazione per i creator e per massimizzare il pubblico in abbonamento.

La nuova struttura si servirà di “Anchor” e debutterà negli Stati Uniti con 12 podcaster indipendenti

Per la prima volta, Spotify consente ai podcaster sulla sua piattaforma di offrire abbonamenti ai loro spettacoli. Il prodotto in abbonamento debutterà negli Stati Uniti, che consentirà a partner selezionati, che ospitano i loro spettacoli su Anchor (società di Spotify per i podcast), di addebitare i contenuti.

Dodici programmi indipendenti, tra cui Tiny Leaps, Big Changes e Mindful in Minutes, offriranno contenuti bonus solo per gli abbonati, mentre NPR (National Public Radio, organizzazione indipendente no-profit che comprende oltre 900 stazioni radio statunitensi) lancerà versioni senza pubblicità di programmi popolari.

Intanto si si aprirà oggi la lista di attesa, attraverso cui i podcaster potranno registrarsi per essere inclusi nel lancio esteso nei prossimi mesi al mercato internazionale tra cui anche l’Italia.

I podcaster non dovranno pagare nulla a Spotify per i primi due anni. I creatori, tuttavia, dovranno coprire il costo delle commissioni di transazione tramite Stripe, il partner per i pagamenti di Spotify. Nel 2023, Spotify tratterrà una commissione del 5% sulle entrate totali degli abbonamenti: una cifra inferiore all’addebito di Apple, il cui nuovo servizio di abbonamento richiederà dal 15 al 30 percento delle entrate. I podcaster avranno tre opzioni di prezzo mensili tra cui scegliere: 2,99 dollari mensili, 4,99 o 7,99.

Spotify Paid Subscriptions vs Apple Podcasts

Apple ha dichiarato che la sua piattaforma di streaming prenderà una commissione del 30% dagli abbonamenti ai podcast nel corso del primo anno, quota che poi scenderà al 15% per gli anni seguenti. Spotify replica chiedendo agli utenti di effettuare gli acquisti per l’iscrizione ai podcast al di fuori delle app, mossa che potrebbe aggirare il sistema in-app su iOS e, quindi, le commissioni dell’App Store. Significa che Spotify non dovrà pagare Apple per gli abbonamenti venduti secondo i termini dell’App Store.

I contenuti a pagamento su Spotify saranno delimitati da un’icona a forma di lucchetto. Per sbloccare lo spettacolo, i potenziali abbonati dovranno accedere alla pagina web di destinazione Anchor dedicata al programma.

La piattaforma Open Access

La piattaforma Open Access è dedicata ai podcaster e agli editori che hanno ascoltatori paganti su altre piattaforme di ascolto. Questa tecnologia, in fase di test, permetterà agli utenti abbonati sparsi tra le vi in abbonamento su Spotify, senza che il podcaster debba cambiare sistema di login.

«Ciò offre ai creator che hanno già basi di abbonati la possibilità di fornire contenuti su abbonamento al loro preesistente pubblico a pagamento attraverso Spotify, così da mantenere il controllo diretto sulla relazione», spiega l’azienda.

Gli abbonati potranno ascoltare podcast a pagamento all’interno di Spotify o in un’app di terze parti tramite un feed RSS privato. I podcaster non riceveranno i nomi, gli indirizzi e-mail o altre informazioni personali sui propri iscritti.

“Spotify è aperto al feedback e considera diversi modi per rafforzare il rapporto abbonato–podcaster”, sottolinea Michael Mignano, Co-Founder, Anchor  ed Head of Podcaster Mission di Spotify a The Verge – Per il nostro modello è fondamentale esplorare modi in cui i creator possano entrare in contatto più a fondo con i loro iscritti. Inoltre, i contenuti non devono essere esclusivi di Spotify”.

Quindi nella fase di debutto sperimentale della nuova piattaforma, NPR utilizzerà Anchor come servizio di hosting per i suoi spettacoli di abbonamento Spotify senza pubblicità, come Planet Money Plus.

Planet Money è già disponibile su Spotify gratuitamente, così come su altre app di podcasting, mentre la Planet Money Plus sarà una pagina di spettacolo separata in cui risiede il contenuto a pagamento.

branded podcast

L’hosting di Anchor è ancora gratuito e Mignano afferma che la società prevede di mantenerlo così, il che significa che alcuni podcaster potrebbero decidere di gestire un feed separato da Anchor per fornire contenuti a pagamento all’interno di Spotify.

“Avere contenuti a pagamento integrati in Spotify significa una migliore possibilità di far scoprire i contenuti. Se le persone cercano un tipo di spettacolo specifico, un podcast in abbonamento potrebbe essere visualizzato e ottenere un follower a pagamento. Spotify potrebbe così suggerire anche quali sono gli spettacoli che gli utenti sarebbero disposti a pagare”, continua Mike Mignano.

Se un podcaster gestisce già un’attività in abbonamento altrove, ma desidera offrire i propri contenuti a pagamento su Spotify, dovrà iniziare a utilizzare Anchor oltre al proprio provider di hosting abituale.

Insieme alle notizie sull’abbonamento, Spotify ha anche annunciato l’intenzione di lanciare un modo per i podcaster che già gestiscono un’attività di abbonamento al di fuori di Spotify per portarlo nell’app. Non è del tutto chiaro come funzionerà e, alla domanda se Spotify supporterà semplicemente i feed RSS privati, cosa che attualmente non supporta, Mignano afferma: “È la nuova tecnologia che stiamo costruendo ora. Il team sta lavorando con partner selezionati, ma non divulgati, per svilupparla: tale tecnologia sarà descritta in dettaglio in futuro”.

La società ha anche fornito un aggiornamento sul proprio mercato pubblicitario e afferma che il 1 ° maggio alcuni utenti di Anchor potranno rendere il loro programma idoneo a ricevere annunci tramite Megaphone, l’altro servizio di hosting acquisito di recente dall’azienda e fornitore di mercato pubblicitario: annunci che potranno essere inseriti solo tramite la tecnologia di inserimento in streaming di Spotify.

Spotify Audience Network: il marketplace pubblicitario

Spotify aprirà Audience Network (marketplace pubblicitario che consente agli inserzionisti di raggiungere gli ascoltatori attraverso l’offerta di podcast e musica della piattaforma) a una selezione di creator indipendenti che usano Anchor.

I creator di podcast più grandi sono sempre più interessati a possedere tutte le parti dell’ecosistema del podcasting: i podcaster dovranno gestire vari feed su vari servizi di hosting e piattaforme per costruire un business completo.

«Ciò alla fine porterà più soldi (e spese più efficienti), a vantaggio dei creator che scelgono di monetizzare attraverso la pubblicità», insiste l’azienda.

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Siete pronti a salvare Matilda? È uscito il videogioco ufficiale di Chiara Ferragni

Chiara Ferragni Collection, un brand italiano ma con un respiro internazionale, ha deciso di sperimentare il gaming come nuova forma di promozione innovativa e coinvolgente. Infatti, il settore dei videogiochi è in grandissima espansione, complice anche la pandemia, ed è una forma di svago che ormai ha conquistato persone di tutte le età. Nel mondo ci sono 2,7 miliardi di gamer (17 milioni in Italia, secondo l’ultimo report di IIDEA) e il mercato dei videogiochi, da solo, vale più di quello del cinema e della musica messi insieme.

Rescue Matilda!

Il progetto è stato sviluppato da Gamindo, startup specializzata nello sviluppo di videogiochi ad impatto sociale per brand, in collaborazione con il Pixel Artist Manolo “The_Oluk” Saviantoni e il Game Developer Samuele Sciacca, già noti al pubblico per la creazione del gioco Al Bano vs Dino.

Nel gioco Rescue Matilda, un platform game in pixel art, i ruoli finalmente si invertono: non è più il principe a salvare la principessa, ma è la principessa (in questo caso Chiara) pronta a superare ogni ostacolo per salvare Matilda. Dopo aver scelto l’outfit con cui giocare e un primo livello di ambientamento, dove si corre e si salta come nel più classico dei videogiochi, la difficoltà inizia ad aumentare e l’ultimo livello è raggiungibile solo per pochi.

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I nemici, bocche giganti e cactus spinati quasi a ricordare gli hater invadenti, sono sempre di più, gli ostacoli sempre più ostici, e i tempi di reazione necessari sempre più brevi. A motivare gli utenti c’è poi la classifica, con i migliori giocatori di sempre e della settimana.

Per giocare non serve scaricare nessuna app, basta cliccare questo link.

Siete pronti per l’avventura? Che la sfida abbia inizio!

Società digitale: la rete FTTH come driver di crescita

Sveglia, colazione e poi tutti pronti per la scuola e il lavoro: in una stanza i ragazzi, nell’altra i genitori, ognuno davanti al proprio pc per connettersi con il mondo. Sembrerebbe uno scenario da sit-com, invece è una normalissima mattina nell’era digitale. Tra DAD, smart working e il meritato svago della sera, abbiamo ormai perso il conto delle ore passate a navigare sul web ogni giorno. 

Anzi, in verità c’è chi si è preso la briga di contarle per noi: almeno 6 in media, secondo gli esperti. Con la digitalizzazione sempre più diffusa che coinvolge ogni aspetto delle nostre vite – complici anche le restrizioni dovute alla pandemia di Covid-19 che ci ha portato a usufruire dei mezzi con maggiore costanza – internet è ormai la risposta a ogni nostra necessità. 

Approfittiamo per invitarti mercoledì alle ore 09 su Clubhouse, all’interno della Ninja Morning, per la room powered by Open Fiber!

Il digital divide: l’antagonista delle nostre storie digitali

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C’è un aspetto della vita digitale che forse non è noto a tutti. Siamo ormai così abituati a connetterci al web con un semplice clic – meglio ancora con un tap sullo schermo dei nostri dispositivi mobile – che accedere a internet è, per la maggior parte di noi, un’azione quasi automatica. Eppure, anche nell’era della digitalizzazione ad ogni costo, esistono fasce di popolazione per le quali la possibilità di interagire col mondo via internet non è così scontata. Hai mai sentito parlare di digital divide? Se la risposta è no, puoi considerarti fortunato.

Uno dei player più attivi nella lotta a questo fenomeno di disuguaglianza digitale è proprio Open Fiber che, ad oggi, ha avviato la commercializzazione dei propri servizi in oltre 2000 Comuni italiani. Inclusi i piccoli Comuni delle Aree Bianche, le zone meno popolate che gli operatori spesso non si impegnano a raggiungere. 

Per dirla in poche parole, il digital divide è il divario che sussiste tra coloro che possono accedere alle nuove tecnologie per mezzo di Internet e quelli che non possono farlo. Nella maggior parte dei casi, è dovuto alla carenza di infrastrutture: alcune zone del paese – come ad esempio le cosiddette Aree Bianche e Grigie – si trovano costrette a connettersi al web attraverso infrastrutture ormai obsolete. Queste connessioni instabili e poco performanti non sempre sono in grado di supportare il traffico dati necessario per sostenere una mattinata in DAD o uno scambio di materiale con i colleghi senza rallentamenti. Di conseguenza, il digital divide è il nemico più importante della nostra epoca in ambito di telecomunicazioni. 

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La rete FTTH di Open Fiber come alleata di startup e aziende

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Tra email, messaggistica istantanea e videochiamate il lavoro non si ferma. Freelance, imprenditori e Pubbliche Amministrazioni sono tutti connessi su base quotidiana per portare avanti i propri compiti senza interruzioni. Le conseguenze della pandemia sull’economia e sul mercato del lavoro sarebbero state molto più importanti se gli eventi straordinari che stiamo vivendo si fossero verificati soltanto venti anni fa.

Ma la possibilità di lavorare grazie al web non è nulla se la connessione non è in grado di sostenere le attività necessarie a startup, aziende e liberi professionisti. Il lag – ritardo nella trasmissione delle informazioni – può rallentare notevolmente lo scambio di dati e materiale. Questo penalizza le performance e demotiva i lavoratori, che potrebbero trovare frustrante lavorare in condizioni del genere. Ecco perché la fibra ottica FTTH di Open Fiber, con la sua velocità di trasmissione dati che arriva fino a 1 Gbps, è la tecnologia ideale per garantire la crescita del business in Italia. 

Vittorio Colao: l’importanza di mappare le Aree Grigie 

La visione a lungo termine di un’Italia digitale è ben chiara anche a Vittorio Colao, Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione Digitale. Il Ministro ha preso particolarmente a cuore il cablaggio delle cosiddette Aree Grigie, zone in cui esistono infrastrutture per la banda ultra larga oppure in cui è prevista la realizzazione entro tre anni, senza nessun mercato concorrenziale. Parlando delle Aree Grigie durante un’audizione presso la Commissione Trasporti della Camera, ha dichiarato:

“Faremo rapidamente la mappatura e le consultazioni. Non appena pronto, porteremo il Piano al Comitato interministeriale per la transizione digitale. Un processo complesso che prevede l’interlocuzione con il mercato e con le Istituzioni nazionali e comunitarie. Lo vogliamo velocizzare il più possibile”.

Il piano di azione prevede interventi sia sull’offerta che sulla domanda di servizi digitali. L’obiettivo principale è la copertura dell’intero territorio con tutte le tecnologie in grado di abilitare l’accesso alla banda ultra larga: non solo FTTH, ma anche FWA per raggiungere i territori più impervi. 

Vittorio Colao

Il Ministro punta a connettere tutte le istituzioni, incluse le scuole, gli ospedali, gli uffici pubblici e tutte le 18 isole minori entro pochi anni:

Stiamo lavorando con Agcom e Infratel per far convergere in un unico sistema tutte le mappature. Cercheremo di erogare i nostri contributi in maniera efficiente. Speriamo di fare presto e arrivare entro fine anno ad avere tutto allineato per poter partire con le gare. Cercheremo di fare aree molto più piccole perché permettono agli operatori di essere più precisi. Speriamo a inizio del 2022 di avere il processo terminato.

5 obiettivi in 5 anni, la sfida del Ministro Colao

Le ambizioni del Ministro sono a dir poco interessanti: nonostante l’Unione Europea abbia stabilito come data simbolo della transizione tecnologica il 2030, Colao vuole battere sul tempo gli altri Paesi e punta al 2026. Per i 5 anni futuri, infatti, ha individuato altrettanti obiettivi necessari per la transizione digitale: 

  • Fare in modo che almeno il 70% della popolazione usi regolarmente l’identità digitale, contro la percentuale di utenti attuale che è meno della metà.
  • Rendere digitalmente abile almeno il 70% della popolazione.
  • Portare il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi cloud.
  • Erogare online almeno l’80% dei servizi pubblici.
  • Raggiungere il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra larga, grazie alla collaborazione con gli operatori di mercato e il MISE.

Una sfida che gli operatori impegnati in Italia nella lotta al digital divide, come ad esempio Open Fiber, non vedono l’ora di cogliere!

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Fernando Machado alla conquista dei gamer e degli eSports

Un genio creativo visionario e ribelle, capace di stravolgere gli schemi e lo storytelling del marketing. È considerato dagli esperti “la rockstar” del settore, con un approccio definito “hackvertising” perché capace di hackerare la cultura popolare in generale.

L’ex marketer di Burger King, Fernando Machado, dopo la notizia trapelata di recente, la scorsa settimana è entrato ufficialmente in Activision Blizzard, gigante del gaming.

La decisione di Machado, ex CMO di Burger King di lasciare la sua posizione per entrare in Activision Blizzard, ha generato un fermento fortissimo nel settore.

Tutti i riflettori sono puntati su gaming ed eSports, nel tentativo di comprendere quali saranno gli impatti di questo passaggio in termini di business per l’industria dei videogiochi, in fortissima ascesa.

I profitti mondiali di Activision Blizzard sono aumentati del 25% nel 2020 a 8,1 miliardi di dollari, beneficiando delle chiusure del lockdown a causa della pandemia Covid-19.

Obiettivo del colosso del gaming è mantenere lo slancio e ottenere un vantaggio nel settore altamente competitivo degli eSports, anche dopo la fase di ripresa, post quarantena e lockdown.

“Sono stati sette anni straordinari. Sono estremamente orgoglioso dell’impatto del team sui marchi, in particolare Burger King, e del lavoro intorno alla sostenibilità, alla qualità del cibo, alla diversità e all’inclusione”:

queste le uniche parole dedicate alla stampa da Fernando Machado, Global Chief Marketing Officer di Restaurant Brands International (holding che detiene anche Burger King).

Nessuna intervista ufficiale è stata rilasciata da Machado, che sarà però tra i protagonisti e gli Unbreakable Speaker di N-Conference, il primo Business Visionary Show di Ninja, in programma il prossimo 27 e 28 maggio 2021.

La società, in una dichiarazione a “Ad Age”, ha affermato che “la sua vasta esperienza internazionale sosterrà la base di attori globali in espansione. Fernando è un appassionato sostenitore della diversità, dell’equità e dell’inclusione e continuerà a sostenere l’attività in Activision Blizzard “, aggiungendo che” Fernando ha un’abilità unica nel combinare creatività e risultati misurabili, che porterà nei franchise principali di Activision Blizzard “.

Fernando Machado

eSports, un trend in ascesa: Olympic Virtual Series, NFT, stime e acquisizioni

Un trend in forte crescita, quello degli eSports, che conquista posizioni di mercato, confermato anche dall’annuncio nelle ultime ore dell’inserimento dell’Olympic Virtual Series nell‘agenda 2025: primo punto di incontro tra eSports ed Olimpiadi, segnale di come il Comitato Olimpico Internazionale si stia muovendo all’interno nel mondo esportivo.

Le Olympic Virtual Series saranno il primo vero test per l’inserimento degli eSports nelle Olimpiadi: cinque eventi in sinergia con le federazioni internazionali, tra cui vela, ciclismo, baseball, automobilismo, canottaggio.

Diverse le novità che interessano e il fenomeno degli eSports, con comunità di giocatori in forte espansione, che comunicano attraverso chiamate vocali, videochiamate, messaggistica istantanea, media e file in chat private.

Si pensi a piattaforme di livestreaming come Twitch di proprietà di Amazon, con oltre un milione di utenti online a qualsiasi ora, più delle reti televisive statunitensi.

Recenti le trattative di Microsoft per acquistare Discord, un sistema di chat audio molto popolare tra i videogiocatori perché permette di comunicare – su computer o da mobile – mentre si gioca. Una valutazione al momento di 10 miliardi di dollari, per una società neanche valutata in borsa, caratterizzandosi come una delle acquisizioni più forti nel settore degli eSports nel 2021 se la trattative andasse a buon fine. In caso contrario sembrerebbero pronte alle trattive anche Amazon (proprietaria di Twitch) ed Epic Games (produttore di Fortnite).

Gli eSports diventano sempre più attrattivi anche con l’avvento degli NFT, i non fungible tokens che si fondano su tecnologia blockchain (la stessa delle criptovalute come Bitcoin o Ethereum) per certificare oggetti digitali e renderli unici, quindi vendibili e collezionabili.

C’è già chi immagina, in futuro, la messa all’asta digitale di momenti memorabili dei grandi campioni con la vendita di video, poster o badge, negli Stati Uniti invece la Lega di basket ha realizzato il NBA Top Shots, un sito attraverso cui ha venduto video collezionabili per un totale di oltre 200 milioni di dollari.

Quali saranno gli effetti dell’ingresso di Machado sul settore dei videogames?

L’ingresso di Machado nella multinazionale di videogames sembra, così, destinata a fare scuola in un settore in forte ascesa. Si stima che il pubblico globale di giochi in live streaming raggiungerà i 729 milioni entro la fine del 2021, un aumento del 10% rispetto all’anno precedente, mentre i ricavi globali degli eSport supereranno per la prima volta 1 miliardo di dollari nel 2021, secondo il tracker di settore Newzoo.

Nel Global Games Market Report di Newzoo, che classifica le società di giochi pubblici in base alle entrate globali, Activision Blizzard si trova attualmente al 7 ° posto, proprio sopra Nintendo ed Electronic Arts, ma sotto i principali negozi di app tecnologici come Apple e Google.

Come riuscirà Machado a conquistare e fidelizzare il pubblico dei gamer con l’emergere del gioco nella cultura pop tradizionale, forte degli oltre 160 riconoscimenti al Cannes Lion Festival per le sue campagne pubblicitarie, molte delle quali hanno fatto storia?

La creatività del marketing per reinventare la comunicazione del gaming

Come reinventare, soprattutto, la comunicazione del settore gaming per essere al passo con l’evoluzione del mercato del live streaming e spingere il business dei videogiochi?

Finora gli editori di giochi hanno commercializzato e promuovendo i singoli titoli rispetto ai marchi in modo piuttosto conservativo, molto più vicino al marketing cinematografico, in linea con le nuove uscite.

Non è la prima volta, in realtà, che Machado si è approcciato al settore del gaming, già in Burger King, quando ha trasformato un campo da basket nel videogioco NBA 2K21 in un menù in cui i giocatori potevano segnare per vincere cibo gratis.

Le campagne di marketing e il coraggio di sfidare le convenzioni

Nominato CMO dell’anno da “Ad Age” nel 2020, ha raccolto i massimi riconoscimenti, tra cui diversi Gran Premi di Cannes per le sue idee fuori dagli schemi come “Whopper Detour” di Burger King, una campagna incentrata sui dispositivi mobili che ha allontanato i consumatori da McDonald’s con la promessa di Whoppers da un centesimo e di “Home of the Whopper”, una campagna che ha prolungato la durata di uno spot di 15 secondi attivando i dispositivi Google Home dei consumatori. Più recentemente, c’è stato “Moldy Whopper“, che ha mostrato l’impegno della catena per ingredienti reali, mostrando un hamburger verde in fase di putrefazione con la muffa.

Divergenti i punti di vista dei varai analisti e settore, su quanto gli sforzi del marketing ripaghino, in realtà, in termini di business reale. La recente campagna di Burger King per la Giornata internazionale della donna, che conteneva il tweet che recitava “le donne appartengono alla cucina“, un tentativo spigoloso di promuovere il sostegno del marchio alle chef donne, è diventata una lezione su come non condurre una strategia sociale. Inoltre, nel 2020 il marchio ha perso la sua posizione numero 2 nella catena di hamburger degli Stati Uniti a favore di Wendy’s. Le vendite di Burger King a livello di sistema negli Stati Uniti sono diminuite del 5,4% a quasi 9,66 miliardi di dollari lo scorso anno. McDonald’s continua a dominare, con vendite a livello di sistema negli Stati Uniti che superano i 40 miliardi di dollari.

N-Conference : gli speaker 2021

Quale sarà la funzione di Machado in Activision Blizzard?

L’approccio di marketing incentrato sulla creatività di Machado sarà finalizzato, inoltre, alla costruzione dell’amore per il marchio, supervisionando nella nuova sede di Santa Monica in California il marketing per le tre divisioni dell’azienda: Activision, che gestisce titoli di videogiochi come “Call of Duty” e “World of Warcraft”; Blizzard, i cui titoli includono “Overwatch”; e King, basato su app, con il suo famoso “Candy Crush”.

Non è ancora chiaro quanto Machado sarà coinvolto nelle attività di eSport di Activision Blizzard, che includono campionati come Overwatch League e Call of Duty League e competizioni come Hearthstone Grandmasters e World of Warcraft Arena World Championships. Activision Blizzard gestisce anche l’organizzazione collegiale di eSport Tespa. Una portavoce di Activision Blizzard afferma che Machado “sosterrà il marketing di eSport”, ma non si è espansa nei dettagli.

L’attesa intanto è altissima. Riuscirà a replicare i successi realizzati in Burger King anche nel gaming? Intanto aspettiamo con ansia il suo incontro e la sua Lectio Magistralis Unbreakable ad N-Conference!

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Salesforce si riorganizza per sostenere al meglio la crescita dell’ecosistema italiano

Salesforce, azienda leader globale nel CRM, continua a crescere e l’Italia rimane uno dei paesi che fa segnare dei numeri significativi in tutti gli ambiti. Per questo, per meglio servire e consigliare i propri clienti impegnati in un forte processo di trasformazione e accelerazione digitale, ha deciso di darsi una nuova organizzazione.

Nuova organizzazione

La prima linea è caratterizzata da una Leadership al femminile con Vanessa Fortarezza che in qualità di Area VP Enterprise Business Unit segue tutti i clienti dei settori Financial Services, Telco, Energy e Utilities, Automotive, Manufacturing e Travel&Transportation, mentre Eva Maria Mengoli in quanto Area VP Commercial Business Unit segue le aziende di medie dimensioni fiore all’occhiello del tessuto imprenditoriale italiano in molti settori industriali. Alessandro Paglioli è il Senior Regional VP Retail, Pharma, Media e CPG. I tre manager riportano direttamente al nuovo Country Leader Mauro Solimene.

success: team

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L’altra importante novità riguarda le vendite specializzate. Qui, Maurizio Capobianco in qualità di Area VP Cloud Sales coordina i team di Marketing Cloud guidato da Andrea Buffoni, Commerce Cloud da Gianluca De Cristofaro e Platform e Service Cloud sotto la direzione di Alberto Azerrad.

Nicola Lalla, VP Solution Engineering, estende la sua responsabilità all’area Mediterranean, Middle East & Africa, guidando tutto il team di Solution Engineers a supporto delle vendite.

Salesforce da quest’anno pone inoltre un’attenzione particolare alla Pubblica Amministrazione come segnale dell’urgente necessità di digitalizzare i processi per servire al meglio i cittadini. A riprova di questo impegno è stata affidata a Federico Della Casa la responsabilità di Senior Vice President Sud Europa, Settore Pubblico. In Italia il mercato è invece seguito da Augusto Davico quale Senior Regional VP.

A completare la struttura anche la divisione SMB per i servizi alle piccole e medie imprese con Giovanni Crispino che in quanto Senior Area VP segue Sud Europa, Medio Oriente, Israele e Africa. Marco Marcone Regional VP Alliances & Channel continua a guidare la gestione delle partnership e dei programmi che impattano la Salesforce Economy mentre Silvia Kyselova’, Direttore Marketing coordina le campagne di Awareness e lead generation in modalità integrata.

Mauro D’Addazio, Senior Regional VP ha la responsabilità di guidare i team di progetto del Customer Success Group area critica per il successo dei clienti e per i rinnovi contrattuali.

Resta centrale il ruolo di Paolo Bergamo, Senior Vice President Product Management che in quanto Executive Sponsor dalla California continua a essere un punto di riferimento per i clienti italiani e rappresenta il contatto con l’Headquarter di San Francisco.

La nuova campagna di Heineken celebra la nostra creatività durante le chiusure

Oggi, Heineken lancia una nuova campagna globale, “We’ll Meet Again”, che celebra la resilienza e la creatività delle persone nell’ultimo anno e il modo in cui hanno trovato modi creativi per reinventarsi e mantenere vivo lo spirito.

We’ll Meet Again

Disponibile su Youtube, We’ll Meet Again viene lanciata esattamente un anno dopo l’uscita della prima campagna #SocialiseResponsibly di Heineken, “Ode To Close”, la prima di una serie di creatività che hanno mostrato sostegno agli utenti durante la pandemia globale.

La creatività mostra il modo in cui le persone si sono reinventate nel quotidiano durante la chiusura, in qualcosa di inaspettato e divertente: dal vestirsi per fare colpo quando si porta fuori la spazzatura, fino a trasformare una passeggiata con il cane in una festa da ballo. We’ll Meet Again riconosce la forza dei consumatori, che hanno usato la loro creatività per mantenere alto l’umore dopo più di un anno di pandemia e limitazioni associate.

Il film è stato diretto dal pluripremiato regista François Rousselet e girato a Barcellona, in Spagna, secondo i rigidi protocolli COVID-19, rafforzando il bisogno di intraprendenza e ingegnosità che è al centro della campagna.

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Bram Westenbrink, Heineken Global Senior Director ha dichiarato:

In Heineken il nostro obiettivo è raccontare storie che siano in sintonia con le persone di tutto il mondo. Quando abbiamo lanciato Ode To Close più di un anno fa, il mondo era bloccato e il nostro messaggio era incentrato sulla sicurezza dei nostri clienti: socializzare responsabilmente. Con We’ll Meet Again, la campagna attinge al sentimento collettivo del momento, mostrando esperienze di vita reale a cui quasi tutti possono relazionarsi, celebrando la resilienza e l’immaginazione con un chiaro messaggio di speranza per il futuro.

Bruno Bertelli, Global CCO, CEO di Publicis Italia, ha dichiarato:

Sebbene il blocco e la riapertura delle città siano stati diversi in ogni paese, ciò che ci ha uniti è il nostro desiderio comune di riconnetterci con le persone attraverso momenti sociali. Con We’ll Meet Again di Heineken, abbiamo realizzato una campagna che celebra l’umanità, sottolineando anche la resilienza, lo spirito positivo e mai arrendevole delle persone in tutto il mondo.

lavoro liquido

Largo al lavoro liquido: è finita l’era dei percorsi lavorativi lineari

  • Siamo tutti “slasheur”: cambiano i paradigmi delle professioni tra freelance e lavoro dipendente.
  • Le piccole grandi rivoluzioni sostenibili che le aziende possono innescare nel mercato del lavoro con il recruiting responsabile.
  • “Assumere fiducia” è il concetto chiave per motivare alla ricerca di lavoro e portare in azienda i valori e le attitudini necessarie per l’organizzazione.

La sovrapposizione ormai problematica tra vita professionale e vita personale, il nomadismo digitale e il lavoro agile, l’obsolescenza delle competenze per via della trasformazione digitale, rappresentano i cardini di una trasformazione critica del lavoro che va di pari passo con i cambiamenti profondi innescati negli anni della pandemia.

In questo scenario, si modifica vistosamente anche il concetto di occupabilità, da considerare come la capacità delle persone di trovare un lavoro, di mantenerlo o di saperlo comunque cercare in maniera attiva. Un processo che era già in atto negli ultimi anni (vd. Il Report  2018 del progetto EU “Independent Workers and Industrial Relations in Europe”) e che ha inevitabilmente accelerato la sua evoluzione, mese dopo mese, e continuerà a farlo.

lavoro agile

Il mito del posto fisso, già incrinato da tempo, ha generato uno sgretolamento definitivo anche dei percorsi lavorativi “lineari”. E in un mondo dove “non sappiamo ciò che non sappiamo” (come rappresenta il framework del Cynefin – kəˈnɛvɪn), se il mercato del lavoro è sempre più incerto, per il job seeker perseguire la ricerca di più posti di lavoro anche inconciliabili tra loro diventa una tattica.

Sia che il fenomeno sia di tipo congiunturale oppure una scelta consapevole, non può essere sottovalutato anche dall’universo delle grandi aziende, soprattutto se sono alla ricerca di “talenti”.

“Job Surfers”, “Lance Libere” e “Professioni barrate”

Quanto mai centrate suonano le parole che sir Walter Scott faceva dire al Capitano dei Free Companions nell’Ivanhoe: “Grazie a questi tempi inquieti, un uomo d’azione trova sempre un impiego”. In quel romanzo, che ha fatto la storia della letteratura, veniva coniato per la prima volta il termine “free-lance” per descrivere un soldato mercenario medievale; oggi sta a significare un libero professionista che presta il proprio operato per diverse organizzazioni dove nello specifico il soggetto non ha clienti diretti ma soprattutto indiretti, perché sono resi disponibili dai committenti.

Una sorta di “subappalto” di opportunità dove però si gioca un ruolo fondamentale se si è esperti nella risoluzione di problemi specifici attraverso il mettere a disposizione le proprie competenze.

Ancora di più questo concetto è radicalizzato dalla presenza sempre più crescente di “slashworkers” che, come spiega Matteo Sola, sono in molti casi persone di talento, dotate di competenze che risultano essere scarse sul mercato (come nel caso delle competenze digitali) che, non avendo il mito del posto fisso e delle sue garanzie, infatti, non hanno nessun interesse a diventare collaboratori fissi di un’azienda.

Certamente, molti di questi profili sono spinti dalla necessità, per dirla all’inglese, del ““keep body and soul together” (sbarcare il lunario), che trovano espressione in molte professionalità della gig economy, ma ancora più spesso si tratta di ibridazioni consapevoli, soprattutto a livello aziendale.

Per giunta, come sottolinea Marielle Barbe in “Profession Slasheur” si tratta di un fenomeno che riguarda più generazioni, non solo quelle più giovani, e che riflettono il desiderio di attribuire sensemaking alle proprie attività lavorative in maniera deliberata.

Lo slash “/”, che contraddistingue sempre di più le headline dei professionisti nei propri profili Linkedin, è così il simbolo forse di una crisi di identità professionale, che culturalmente sta cambiando la nostra abitudine a catalogare le persone secondo il lavoro che fanno (ed è sempre più spinoso porre la domanda “cosa fai nella vita?”).

Per le nuove generazioni, i tempi in cui ci si poteva identificare col proprio lavoro sono finiti. Le carriere sfuggono alle classificazioni classiche che la generazione precedente sovrapponeva alla vita personale per trenta o quaranta anni. Nelle piccole località italiane è sempre stato naturale identificare “il maresciallo”, “l’avvocato” o il “dottore” come identità nette che rappresentavano anche valori e profili di personalità già delineati.

colloquio di lavoro

Come sottolinea Nicolò Andréula in Flow Generation, gli economisti identificano questo comportamento come path dependency (dipendenza dal percorso): crediamo di sapere chi siamo e in cosa siamo bravi perché abbiamo studiato una certa materia o perché abbiamo lavorato in un certo ambito per anni. Ma oggi il mito del posto fisso non trova più lo stesso spazio di applicazione.

Si tratta di costruire un percorso, non di trovare un lavoro, in accordo con le leggi della società liquida denominata da Zygmunt Bauman da ormai diversi anni e diventare dei “giocolieri di mestieri”, mentre ci si rende conto che l’intelligenza artificiale e la tecnologia digitale diventano sempre più presenti nei posti di lavoro, mettendo in crisi le nostre certezze lavorative.

Ma esistono anche risvolti innovativi e di cambio di mindset: la pandemia, con il più grande esperimento di remote working della storia dell’umanità, ha fatto vivere ancor di più a tutti un’esperienza che prima era solo una prerogativa dei nomadi digitali, evidenziando molto bene quali compiti e quali mestieri possano essere riformulati in un’ottica diversa nel “new normal” e quali no. Per molti, inoltre, è fiorita l’occasione di immaginare altre professioni o nuove competenze a cui attingere per ricodificare il proprio profilo professionale.

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Nel futuro del mondo del lavoro sarà quindi sempre meno importante aver seguito un percorso di carriera lineare. Quello che conterà di più sarà la propria capacità di risolvere problemi specifici e di essere autosufficienti e affidabili nel processo decisionale. La domanda da fare quando ci presentiamo a qualcuno potrebbe pertanto diventare nei prossimi anni non più “cosa fai nella vita?” ma “in cosa sei bravo”?

Dal responsabile di selezione alla “selezione responsabile”

In questo panorama di riformulazione delle strategie di employability che riguardano il singolo, come devono essere riformulate le strategie organizzative HR?

Accrescere l’occupabilità è generalmente un obiettivo prioritario delle politiche per l’occupazione a livello istituzionale, ma lo sarà sempre di più anche per il mondo del business, che deve favorire la crescita delle persone all’interno dell’organizzazione e riformulare i processi di acquisizione di nuove risorse dalle skills multiple.

L’ innovazione, infatti, non è detto che passi unicamente per la digitalizzazione dei processi di selezione, in quanto non è auspicabile renderla un’attività meramente “meccanica”, dove basta pubblicare un annuncio e poi lasciar fare tutto il lavoro all’intelligenza artificiale o ad alcuni specialisti per misurare le persone e individuare senza fatica il candidato più adatto.

La ricerca del lavoro reca con sé un costo emotivo per l’individuo sempre rilevante, che rischia di essere ulteriormente caricato dalla tensione sociale ed economica di prossimo avvento, non appena la fine del blocco dei licenziamenti sarà formalizzata. Anche per l’azienda occorre riprendere la dimensione umana del lavoro, evitando i messaggi di assistenzialismo o attribuendo percorsi formativi o nuovi ruoli professionali senza mettere le persone al centro del proprio progetto lavorativo.

Ecco quindi alcune piccole, grandi, innovazioni che possono essere attivate nelle funzioni People & Culture aziendali per attualizzare i processi al mercato del lavoro post-pandemico e approcciare la gestione dei talenti in un’ottica sostenibile.

Job Description Agili

Nell’approccio Agile declinato sui processi delle risorse umane gli aspetti del reclutamento possono essere ridisegnati iniziando ad operare con la missione del fit culturale tra le nuove risorse e l’organizzazione, puntando sugli aspetti attitudinali ancor prima delle competenze di ruolo.

L’intero processo di selezione dovrà però contemplare oltre ai requisiti di tipo tecnico specialistico anche la valutazione delle cosiddette competenze a “T”, degli aspetti motivazionali e del fitting culturale: i tratti di apertura al cambiamento, diversity e adattamento saranno da ritenersi privilegiati per la rappresentazione di un mindset più vicino ai principi “agili”.

Gli annunci di lavoro, al di là dei ruoli e delle funzioni presenti negli organigrammi, dovranno esplicitare più marcatamente: gli ambiti di innovazione, di team involvement, di impatto e carriera organizzativa e forse meno segnatamente le sole classiche conoscenze e competenze tecniche richieste dal ruolo.

Sarà una misura più “sostenibile” perché dall’informazione più trasparente, più legata ad una visione olistica della persona nonché prodromo indispensabile per la relazione di fiducia reciproca che deve instaurarsi tra il datore di lavoro e il job seeker.

Corporate Entrepreneurship e Recruiting per team

Che le nuove generazioni siano maggiormente attratte dall’universo delle start-up rispetto all’ambiente corporate probabilmente non è più un segreto.

Attrezzare quindi i processi di recruiting e selezione immaginando l’inserimento di interi gruppi di lavoro già coesi da un’esperienza professionale pregressa (giovani o adulti che siano), potrebbe significare una vera rivoluzione.

Magari anche attraverso la costruzione di “Call for Ideas” formalizzate che non siano semplicemente rivolte al singolo, ma anche a team di lavoro (e non per forza sotto forma di contest o hackathon con dei premi in palio).

Non è un caso che la spinta verso l’Open Innovation o l’acquisizione di intere Start-up all’interno della galassia Corporate sia stata un processo sempre più diffuso negli ultimi anni.

Accompagnata dalla declinazione della filosofia della “Corporate Entrepreneurship” all’interno del contesto organizzativo, la ricerca del lavoro può in questo modo essere incoraggiata all’esterno come percorso collettivo condiviso che favorisca la contaminazione e il networking tra competenze professionali diversificate, che reagisca all’estrema volatilità delle figure professionali identificate dalle linee di business e risponda in maniera più aderente alla ricerca di profili “multipotenziali” o “ibridi”, spesso idealizzati, la cui caratteristica principale è purtroppo sempre l’estrema rarità.

lavoro intergenerazionale

Employability e Multi-generational Learning

Una visione del mercato del lavoro fluido e contaminato tra esterno ed interno non può che guardare anche alla possibilità di agevolare processi di learning organization che mettano a fattor comune competenze e potenzialità multi-generazionali.

Le peculiarità dei senior che l’azienda ha con sé possono essere messe a disposizione delle nuove generazioni per migliorare le skills trasversali di time management, comunicazione efficace, gestione dei progetti, di leadership, etc: skills strategiche che non possono mancare agli “slash-workers” di oggi e di domani.

Allo stesso modo, l’avvicinamento della Zed Gen al mondo del lavoro può avvenire, forse per la prima volta nella storia, a partire dalla possibilità di rendere i giovani e i giovanissimi dei “trainer” di competenze tecniche (digitali) o culturali, utilissime ai lavoratori più adulti per il proprio reskilling e il proprio rinnovamento di employability.

Last 2¢: “assumere fiducia”

In conclusione, il termine employability rappresenta le caratteristiche individuali e sociali utili al lavoratore e al job seeker di fare fronte ai problemi di adattamento e all’incertezza del mondo del lavoro. Ma sempre di più si fa strada l’idea che per avvicinare domanda e offerta nel mercato, si debba ricostruire il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e persone.

L’esperienza dell’home working/remote working ha polarizzato tantissimo il concetto di collaborazione tra azienda e persone, rappresentando minacciosamente sullo sfondo la possibilità di immaginare un futuro dove il “datore di lavoro” può diventare un mero “datore di stipendio”, poiché le mansioni possono essere svolte senza vivere la collettività e i valori culturali di uno specifico brand o di un ambiente particolare. E puntare sulla relazione di fiducia per ricostruire i legami è l’unica strada possibile in tal senso.

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In fondo, da sempre, l’interesse e la passione per un lavoro (o per un determinato ambiente professionale) hanno sempre valso molto più dei titoli di studio, dimostrare quello che si è capaci di fare è considerato molto più valido di un’autodichiarazione in un CV e sappiamo tutti che avere già “esperienza” alla prima assunzione è un paradosso a cui inevitabilmente si deve fare fronte intraprendendo un percorso di apprendimento informale all’interno dell’organizzazione diventando solo col tempo efficaci nel ruolo per cui ci si è candidati.

Allora “assumere fiducia” significa biunivocamente, prendere coraggio e infonderlo verso il job seeker attraverso gli strumenti e la forza dell’orientamento professionale e, al contempo, portare a bordo in azienda i valori della competenza, della coerenza e della chiarezza sapendoli confermare, giorno dopo giorno, nell’evoluzione continua del lavoro.