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Food trend 2031: come sarà la nostra dieta tra 10 anni?

La pandemia che stiamo affrontando, ormai da più di un anno, ci ha insegnato che è l’imprevedibilità a modellare la realtà, inducendo a “rivoluzioni” del pensare e dell’agire.

E quello dell’alimentare, probabilmente, è uno dei settori che vedrà i maggiori cambiamenti, con un’accelerazione, o viceversa, un arresto, dei progetti pregressi e l’individuazione di nuove opportunità, tese a soddisfare nuove esigenze, dei popoli e del pianeta.

Nonostante la fragilità del momento, grazie al parere di alcuni esperti, che in passato hanno dato prova della loro lungimiranza, siamo in grado di azzardare delle previsioni, o meglio delle ipotesi, su quello che sarà la nostra dieta fra dieci anni.

Stando ad un recente report pubblicato dal WWF, la diffusione del coronavirus nel mondo non avrebbe fatto altro che evidenziare, ancora una volta, la stretta correlazione tra lo sviluppo di malattie pandemiche da zoonosi (cioè malattie che vengono trasmesse dagli animali all’uomo) e i cambiamenti climatici, sempre più accentuati e preoccupanti.

Cambiare la dieta per salvare il pianeta, una sfida per il futuro

Il surriscaldamento globale, infatti, non ha effetti devastanti solo sugli ecosistemi ma anche, e in modo sempre più diretto, sull’uomo.

Come già sottolineato in precedenza, l’allevamento e l’agricoltura sono tra i settori che più concorrono al climate-change, a causa delle ingenti emissioni di gas ad effetto serra, in primis, metano, e al consumo delle risorse naturali (acqua, suolo ecc.).

Pertanto questi settori sono sotto la lente di ingrandimento di ricercatori e filantropi miliardari, come Bill Gates, Elon Musk e Warren Buffet che, attraverso cospicue donazioni, finanziano progetti all’avanguardia per rendere la filiera agroalimentare sempre più sostenibile.

Tuttavia, ad indurre questi grandi “benefattori” ad elargire parte del proprio patrimonio non sarebbe soltanto la spiccata sensibilità verso il tema “ambiente” ma anche le interessanti prospettive di guadagno (a medio e lungo termine), ora che il mercato sembra finalmente pronto ad accogliere novità fino a qualche tempo fa inimmaginabili

Protesta per i cambiamenti climatici in corso

L’avvento del “biologico” in Italia: ieri, oggi e domani

Basti pensare all’evoluzione del biologico, di cui in Italia si cominciò a parlare agli inizi degli anni 70’ ma che solo recentemente ha riscosso un ampio consenso di pubblico, entrando stabilmente in GDO.

All’inizio, infatti, i pionieri del “bio” tra cui Gino Girolomoni, fondatore della Cooperativa Alce Nero, incontrarono non poche difficoltà nella promozione della loro filosofia, dal momento che la stragrande maggioranza delle persone non si poneva la questione di scegliere un’alimentazione che fosse anche naturale.

Con il boom economico degli anni 60’, l’industria alimentare era cresciuta a dismisura, tanto da rendere i consumatori “affamati” di cibi confezionati e, al contempo, ciechi di fronte agli ingredienti utilizzati, zuccheri, conservanti e coloranti erano infatti impiegati a profusione.

Poi, a partire dal nuovo millennio, sono proliferati i fast-food, per soddisfare la vita frenetica dei lavoratori e la limitata disponibilità economica dei più giovani.

Mentre oggi, appunto, grazie all’aumentato interesse dei consumatori verso temi quali il benessere e l’ambiente, sono i prodotti biologici a registrare il record di acquisti e, ben presto, potrebbero monopolizzare l’intera offerta di iper e super-mercati, similmente a quanto già accaduto in Danimarca.

Insomma, la dieta delle persone è fortemente legata al contesto storico-politico, economico, culturale ed ambientale di ogni epoca. Pertanto, ogni nuova proposta di cambiamento, per trovare concretezza, soprattutto nel breve periodo, dovrà basarsi sull’effettiva esistenza della domanda, dimostrando la propria sostenibilità economica.

Carote appena raccolte da agricoltura biologica

La corsa dei prodotti plant-based, dieta sempre più green

Dunque, per meglio capire quali cibi andremo a mangiare, per la prima volta o con maggior frequenza, fra 10 anni, dobbiamo tener conto anche di questo aspetto.

Accanto ai prodotti biologici che, come abbiamo anticipato, continueranno la propria corsa (+7% solo nel 2020), troviamo i cibi plant-based, cioè al 100% vegetali, che puntano a sostituire la carne e, in generale, tutti gli alimenti di origine animale; un mercato che si stima possa raggiungere un valore di oltre 12 miliardi di dollari già entro il 2023.

Una conferma del trend positivo di questi alimenti arriva dalla lettura dei bilanci di Impossible Foods e Beyond Meat, che negli ultimi due anni hanno visto letteralmente lievitare il proprio fatturato.

I loro prodotti, infatti, ora sono disponibili nelle più grandi catene di distribuzione nonché di ristorazione (vedi Mc Donald, Burger King o la nostrana WellDone), e sembrano convincere anche i “carnivori”, grazie al loro gusto estremamente simile a quello della “vera” carne.

Hamburger vegetale con cetriolini sottaceto e verdure miste

Carne “in vitro”: orizzonte sempre più vicino

Molto probabilmente, la diffusione della “carne vegetale” verrà affiancata dall’affermazione della carne in vitro, promossa da alcune start-up visionarie come l’olandese Mosa Meat guidata dal Dott. Mark Post, professore emerito di Fisiologia Vascolare all’Università di Maastricht e teorico dell’agricoltura cellulare applicata alla carne, secondo cui è possibile ottenere qualcosa come 175 milioni di hamburger a partire dalle cellule di una singola mucca, anziché macellarne 440 mila.

E già nel 2013, a Londra, in diretta internazionale, alcuni autorevoli giornalisti hanno potuto assaggiare in anteprima il primo hamburger di carne “coltivata”, costato la bellezza di 330.000 dollari.

Lo chef Richard McGeown è apparso sorpreso, mentre cucinava quello che probabilmente è stato il più esclusivo hamburger della sua carriera e davanti ai microfoni ha dichiarato entusiasta “emana un profumo veramente ottimo e mi sembra di cuocere un classico hamburger di carne, oltre al fatto che mantiene perfettamente la sua consistenza. Poi il colore è assolutamente fantastico, sembra incredibilmente appetitoso”.

Al di là dell’enfasi del tutto coerente con la straordinarietà dell’evento, appare evidente che ci sano ancora alcune questioni da risolvere, soprattutto di ordine economico.

Tuttavia, negli Stati Uniti, il 64% degli americani si dichiara pronto ad assaggiare la carne coltivata e a comprarla non appena raggiungerà un costo competitivo con quello della carne convenzionale.

E fra qualche anno, grazie ai progressi della ricerca e all’introduzione di nuove tecnologie, la richiesta potrebbe venire soddisfatta.

A crederlo è anche Sergej Brin, CEO di Google, che ha finanziato il progetto Mosa Meat, con l’obiettivo di testare la bontà dell’idea e favorire altresì la diffusione di una carne realmente “pulita” (o Clean Meat), che oltre a non comportare l’uccisione di animali, non contiene neppure residui di antibiotici.

Dopo Mosa Meat, si sono aggiunte altre realtà, come Modern Meadow, Clara Foods e Perfect Day, tutte accomunate dalla volontà di rendere l’atto della macellazione solo un lontano ricordo.

E, come si legge in un recente articolo di Agnese Codignola, pubblicato su “Il Fatto Alimentare”, la prima carne coltivata è già disponibile in alcuni ristoranti, a Israele e a Singapore.

La carne sintetica è pronta a inserirsi tra il cibo del futuro - This MARKETERs Life

Insetti, un’alternativa sostenibile per il futuro

Rivolgendoci sempre al mercato delle proteine, ecco che incontriamo gli insetti che, grazie al recente via libera dell’EFSA al consumo umano di larve gialle essiccate (Tenebrio Molitor), sono stati finalmente sdoganati anche in Europa e, nel prossimo futuro, potrebbero far parte della nostra dieta.

Il loro profilo nutrizionale, infatti, è eccellente e il loro allevamento ha un impatto sull’ambiente che è nettamente inferiore rispetto a quello degli animali da reddito tradizionali, come vacche e suini.

Attualmente, si conoscono oltre 3.000 specie di insetti commestibili e la loro accettazione, come già sottolineato in un precedente articolo, contribuirebbe a rendere la filiera agro-alimentare non solo più sostenibile ma anche più varia.

Cavalletta riposa su un sasso durante una giornata di sole

Orti verticali, serre sottomarine e galleggianti: idee che diventano realtà

Tuttavia, la mania per le proteine, potrebbe subire una graduale contrazione, come affermato dalla Dott.ssa Morgaine Gaye, esperta in Food Trends, in favore di sali minerali e vitamine, e quindi di frutta e verdura.

In poche parole, la Dott.ssa Gaye sostiene che la dieta vegetariana potrebbe diventare sempre più popolare, premiando così i progetti di agricoltura sostenibile, non necessariamente sulla terra ferma.

E allora è probabile che mangeremo cocomeri provenienti da orti sottomarini (vedi Nemo’s Garden di Sergio Gamberini) oppure pomodori coltivati in serre galleggianti a forma di medusa, come quelle progettate Stefano Mancuso e presentate in occasione di EXPO 2015, che allora avevano suscitato un enorme interesse.

O ancora, le fragole in idroponica, cresciute senza l’utilizzo di pesticidi su orti verticali e sotto luci psichedeliche, che tutto richiamano alla mente tranne che l’agricoltura cosiddetta naturale.

Tuttavia è proprio l’idroponica ad avere le migliori prospettive di evoluzione, anche in vista della “conquista” dello spazio; non a caso, è stata scelta dalla NASA per compiere alcuni esperimenti a gravità zero.

Coltivazione di Radicchio in Idroponica

Fra dieci anni, dunque, la nostra dieta potrebbe vedere un’ulteriore riduzione del consumo di carne e, in generale, degli alimenti di origine animale e una maggiore inclusione delle alternative vegetali, nonché la definitiva accettazione dell’entomofagia e delle carni “coltivate”, nel caso raggiungessero dei prezzi accessibili.

Inoltre, la diffusione di taluni prodotti sarebbe probabilmente accompagnata da una completa eliminazione della plastica e dall’adozione di soluzioni di packaging eco-sostenibili, come in parte sta già avvenendo.

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Brand Purpose: 10 marchi che non hanno avuto paura di schierarsi

Brand Purpose: ovvero come anteporre un bisogno naturale del consumatore al suo portafoglio.

Da qualche anno le persone decidono di interagire con un brand o una marca più in base ai suoi valori che ai prodotti o i servizi che eroga.

Da molti questa è indicata come l’alba di un futuro che appartiene a quelle realtà che riusciranno a prendersi cura della collettività, oltre che dei risultati di business.

Che cos’è la Brand Purpose?

La migliore definizione di Brand Purpose che si possa immaginare è “un motivo superiore che giustifica l’esistenza di un brand che non sia il mero profitto economico“.

Per comprendere meglio cosa sia la Brand Purpose, il capolavoro di Simon Sinek, Partire dal Perchè, è senza dubbio il punto di partenza migliore.

Secondo Sinek, conoscere il “Perché” più profondo che spiega la ragione per cui un’azienda o un brand esistono, fornisce le basi su cui costruire tutto il resto. Ovvero il “Come” (la cultura organizzativa, l’esperienza e il know-how del marchio) e il “Cosa” (gli specifici prodotti o servizi offerti).

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Uno dei maggiori problemi quando si discute di questo argomento è che non sembra esserci un insieme di termini comunemente accettati per definire “purpose” e il modo in cui un’azienda lo traduce in azione. Una delle storie più efficaci che illustrano il potere della brand purpose come fonte di ispirazione per aziende e organizzazioni è quella che coinvolge il presidente americano John F. Kennedy.

In visita alla NASA nel 1962, Kennedy incrociò un inserviente intento a ritirare una scopa. Domandando all’uomo cosa stesse facendo, l’inserviente gli rispose: “Signor Presidente, sto aiutando la mia azienda a portare un uomo sulla luna“. Questa espressione è altamente indicativa di quanto lo “scopo” della NASA fosse permeato in ogni singola persona all’interno dell’organizzazione.

Una Brand Purpose semplice, immediata e aderente ai valori identitari è ciò che contraddistingue un’azienda agli occhi delle nuove generazioni di consumatori.

10 esempi di 10 aziende che hanno dichiarato la loro Brand Purpose

1. Bring Hemp Home, Patagonia

Non è un segreto che il brand di abbigliamento tecnico sportivo sia da tempo impegnato sul fronte della sostenibilità.

L’anno scorso, Patagonia Workwear ha messo in contatto un’azienda agricola della San Luis Valley, Colorado, con i geologi della Colorado State University, il governatore del Colorado e il fornitore di canapa per Patagonia dalla Cina.

Bring Hemp Home: Patagonia si è schierata in prima linea per fare in modo che lo Stato del Colorado aderisse a una partnership integrata per ripristinare l’industria della canapa negli Stati Uniti, promuove la salute del suolo e offrire agli agricoltori americani una possibilità di continuare a lavorare la terra.

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2. The Toughest Athletes, Nike

Nike si impegna per portare innovazione e ispirazione a ogni atleta nel mondo. La vision fortissima di Nike è che se hai un corpo, sei un atleta.

La maternità potrebbe sembrare diversa per ogni donna di questo mondo. Ma il marchio sportswear più famoso al mondo ci tiene a sottolineare che non importa come una mamma si allena. È sempre l’atleta più tenace.

Questa è l’ultima campagna di Brand Purpose con cui Nike dichiara di fare tutto il possibile per espandere il potenziale umano. Non solo con l’innovazione tecnologica dei suoi prodotti, ma lavorando per una produzione sostenibile e producendo un impatto positivo nelle comunità in cui è presente.

3. Plants Now Made from Real Plants, LEGO

Quando il celebre produttore di giocattoli danese ha annunciato l’intenzione di riformulare l’essenza letterale del suo prodotto – sostituendo la plastica tradizionale con plastica di canna da zucchero – a molti è sembrata una mossa rischiosa.

Tuttavia, l’impegno di LEGO per distribuire i nuovi mattoncini nella maggior parte delle sue collezioni entro il 2030, dimostra un scelta di responsabilità verso la sostenibilità e le generazioni future che mette da parte le logiche di marketing aziendali in favore di un serio impegno sociale.

4. FedEx Commits to Carbon Neutral by 2040, FedEx

FedEx Corp, una delle più grandi compagnie aeree cargo al mondo, ha annunciato pochi giorni fa di voler impegnarsi per raggiungere un obiettivo ambizioso: completare le consegne a livello globale a emissioni zero entro il 2040.

Per contribuire a raggiungere questo obiettivo, FedEx sta impegnando più di 2 miliardi di dollari di investimento in tre aree chiave del suo business: elettrificazione dei veicoli, uso di energia sostenibile e abbandono graduale di fonti energetiche provenienti dal carbonio.

5. Buy a Lady a Drink, Stella Artois

Probabilmente Stella Artois, la storica produttrice di birra belga, è l’ultimo marchio a cui tipicamente si associa una campagna di Brand Purpose. Tuttavia la sua campagna “Buy a Lady a Drink” è durata tre anni fino al 2017 e ha portato maggiore consapevolezza sulla crisi idrica globale.

Presentata da Matt Damon e in collaborazione con Water.org, Stella Artois ha utilizzato annunci televisivi per ingaggiare ulteriormente i consumatori e sensibilizzarli.

La campagna prevedeva che per ogni confezione di bottiglie e calici in edizione limitata acquistati, si poteva fornire un mese di acqua pulita alle donne e alle loro famiglie nei paesi in via di sviluppo.

6. The Look, P&G

Lanciata nel 2019, la campagna “The Look” racconta fatti e storie contemporanee per evidenziare il pregiudizio di carattere razziale sperimentato da donne e uomini di colore in America.

Il cortometraggio aiuta a creare empatia, cambiare prospettiva, sollecitare l’introspezione personale e riunire le persone per affrontare un dibattito costruttivo.

Procter & Gamble, con il video The Look e la più ampia campagna Talk About Bias, ha deciso di affrontare la questione razziale in America con uno strumento educativo che ispirasse trasversalmente tutti i livelli sociali del paese.

7. Flowe

Difficile scegliere un’unica campagna che rappresenti in pieno la Brand Purpose di Flowe, l’app di servizi finanziari che promette di piantare un albero in Guatemala per ogni carta di debito aperta con il servizio. L’azienda è stata fondata prendendo in considerazione quelli che sono i principali bisogni dell’uomo di oggi e del futuro: sostenibilità e crescita personale.

Flowe ha deciso di racchiudere il suo brand (e il suo business) all’interno di due direttrici ben definite: un ambiente più sano e un uomo migliore. Grazie al forte coinvolgimento di giovani creator, influencer e youtuber, l’azienda guida le persone verso scelte consapevoli, che guardano all’evoluzione della società cercando di alleggerire in qualsiasi modo il carbon footprint, la produzione di plastica e l’impatto dei consumi sulla Terra.

8. Apple at Work – The Underdogs, Apple

Nella Top 10 delle Brand Purpose, non poteva mancare Apple, il brand ispirazionale per eccellenza.

Nel 2019 Apple ha aggiornato la sua homepage business con un nuova sezione ”Apple at Work” in cui si descrive come gli utenti aziendali possono sfruttare i device della casa di Cupertino al meglio.

Per sostenere questa iniziativa, Apple ha realizzato un video intitolato “The Underdogs”. Il corto si concentra su come i vari prodotti hardware di Apple lavorino in sinergia e senza soluzione di continuità per creare un ecosistema condiviso e coeso.

Il messaggio che Apple vuole trasmettere è il seguente: “quando le persone hanno il potere di lavorare come vogliono, possono cambiare il futuro della loro attività“. “The Underdogs” segue quattro colleghi che hanno due giorni per preparare un progetto e presentarlo in meeting.

È così che Apple bussa alla porta di milioni di lavoratori e colleghi in tutto il mondo per far sapere che i suoi prodotti saranno sempre pronti ad offrire il sostegno necessario. Per inciso, la scatola della pizza progettata nel video è quella che Apple utilizza realmente nei suoi Caffè Macs a Cupertino.

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9. The Nightwatch on tour, Philips

Il 2020 è stato certamente un anno fuori dall’ordinario. E Philips, come tanti altri brand, ha preso parte alla lotta contro la pandemia con i mezzi a sua disposizione, attraverso i valori che contraddistinguono l’organizzazione in campo tecnologico e sociale.

Uno dei recenti progetti che ha maggiormente contraddistinto la Brand Purpose dell’azienda è “Night Watch On Tour” sviluppato nell’estate del 2020. Una speciale partnership tra Philips e il Rijksmuseum di Amsterdam, ha permesso di ammirare diverse repliche a grandezza naturale del dipinto The Night Watch di Rembrandt in trenta case di cura in tutti i Paesi Bassi.

Lo scopo dell’iniziativa era proporre agli anziani residenti, bloccati a causa della pandemia, un momento piacevole di intrattenimento culturale di alto livello. I volontari di Philips hanno reso possibile il progetto agendo come vere e proprio guide museali per i residenti delle case di cura, raccontando la storia dietro il capolavoro e rispondendo alle domande degli ospiti.

10. Womb Stories, Bodyform

Bodyform, azienda UK di prodotti per l’igiene e la cura della persona,  si è schierata in prima linea per far luce sugli aspetti che influenzano in modo particolare la salute delle donne. La campagna “Womb Stories” del 2020 mirava proprio a questo: evidenziare le “verità non dette” che caratterizzano le esperienze fisiche delle donne, come l’endometriosi, l’infertilità, i primi cicli mestruali e le vampate di calore della menopausa. Momenti che hanno un impatto sul benessere emotivo e mentale di una donna.

La campagna video, supportata da una serie di animazioni che si intrecciano con filmanti di vita reale, raffigura gli avvenimenti all’interno dell’utero di sei donne che vivono vite diverse. Womb Stories è stata creata sulla scia di una ricerca che ha rilevato che il 21% delle donne percepisce un dibattito sociale insufficiente riguardo le esperienze specifiche del sesso femminile. Mentre il 44% delle donne coinvolte nella ricerca, ritiene che ciò abbia danneggiato la propria salute mentale.

“Together We Can”: il nuovo posizionamento di brand di Vodafone

Vodafone lancia il suo nuovo posizionamento di brand che mette al centro l’interazione tra la tecnologia e le persone per il progresso della società. Questo weekend Vodafone presenterà il suo nuovo claim – “Together We Can” – con un piano di comunicazione che si svilupperà lungo tutto l’anno, a testimonianza della profonda convinzione di Vodafone che l’unione fra tecnologia e società può costruire un futuro migliore.

Together We Can

Il nuovo posizionamento del brand di Vodafone è ispirato da un’indagine condotta sui consumatori che ha rimarcato quanto la tecnologia stia profondamente trasformando la vita delle persone: non ha più soltanto un impatto sugli individui ma gioca un ruolo significativo in tutta la società, facendo la differenza anche su temi come la sostenibilità e lo sviluppo sociale.

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Per esempio, nel corso dell’ultimo anno la sostenibilità ha assunto un peso sempre più importante nelle scelte dei consumatori e nella loro fiducia nei brand: è un elemento chiave per circa otto persone su dieci. Nei prossimi mesi, il messaggio di Vodafone “Together We Can” sarà tradotto in azioni concrete grazie all’espansione delle reti ad alta velocità per una migliore connettività per le persone e le comunità, all’impiego delle tecnologie di comunicazione per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e sostenendo l’istruzione, la salute e il benessere, con l’obiettivo di creare una società più inclusiva e sostenibile.

La campagna Together We Can sarà lanciata in Italia il 4 aprile con La ragazza inarrestabile, uno spot televisivo che ha per protagonista una ragazza che pone domande sul mondo che la circonda e sul ruolo che la tecnologia può giocare nel curare le malattie, nel combattere il cambiamento climatico e nel contrastare il digital divide

La campagna si concentrerà sul ruolo di Vodafone nel contribuire a dare una risposta a queste domande grazie all’espansione del 5G, della Giga Network e della connettività nelle zone più remote del mondo, fino al contributo dell’app di Vodafone DreamLab nella battaglia contro il cancro e contro il Covid-19.

La rinnovata identità verrà sottolineata dallo speechmark, l’iconico logo di Vodafone, e dall’inconfondibile rosso. Il nuovo posizionamento sarà introdotto in 30 Paesi: oltre all’Italia, sono inclusi Germania, Spagna, Regno Unito, Romania, Grecia, Irlanda, Ungheria, Albania, Olanda (attraverso Vodafone-Ziggo), Portogallo, Repubblica Ceca, Turchia, Australia, Sud Africa, Ghana, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Lesotho e Mozambico.

Anche i Paesi dove Vodafone è presente con accordi di partnership, inclusi Qatar e Nuova Zelanda, daranno il via al nuovo posizionamento. La creatività della campagna “Together We Can” è stata realizzata dall’agenzia New Commercial Arts con sede a Londra, e lo spot televisivo è stato diretto da Tom Green, autore di serie TV pluripremiate nel Regno Unito come Misfits Blackout. La pianificazione media è curata da Carat.

The Story Lab firma la campagna #BeUnited di Benetton su TikTok

United Colors of Benetton arriva su TikTok con la challenge #BeUnited, un inno all’inclusione, alla voglia di divertirsi e sentirsi parte di una collettività, cercando di abbattere le distanze sociali e culturali che caratterizzano questo particolare momento storico.

#BeUnited è l’hashtag da seguire per partecipare alla campagna ideata da The Story Lab, l’advertainment agency di dentsu italia, che ha lavorato al fianco del team di TikTok alla creazione di un soundtrack originale e allo sviluppo di un Brand Effect dedicato: un filtro interattivo e colorato che attraverso una serie di icone in movimento insegna i passi della coreografia.

LEGGI ANCHE: Inter, il nuovo logo e l’appeal per le nuove generazioni

#BeUnited

Gli step da seguire sono suggeriti, ma la realizzazione è assolutamente libera: tutti sono invitati a partecipare con le loro “mosse” migliori. Il concept alla base del progetto è infatti l’inclusione: muoversi insieme, uniti dallo stesso ritmo, circondati dal colore e seguendo gli stessi passi. Tutti uguali e tutti diversi. 

Nata con l’obiettivo di raccontare la nuova collezione Spring Summer 2021 di Benetton, la campagna #BeUnited ha coinvolto nella sua fase di lancio 8 TikTok stars: Yusuf Pansieri, Martina Socrate, Muriel, Valentina Vernia, Alessandro Bedetti, Jingherly, Leonardo Barili e Tasnim Ali. Otto ragazzi e ragazze celebri per la loro unicità che per primi hanno interpretato #BeUnited in maniera personale, invitando i propri followers a unirsi alla danza.

Dopo appena tre giorni dal lancio della challenge su TikTok, la campagna ha già superato le 115 milioni di visualizzazioni sulla pagina dedicata.

La pianificazione è a cura di Simple Agency.

Inter, il nuovo logo e l’appeal per le nuove generazioni

Icona culturale, oltre che sportiva. Con radici profonde nella propria storia e in quella collettiva, ma proiettata ad una narrazione sempre più contemporanea e vicina alle giovani generazioni. L’Inter esalta i propri valori fondanti e rafforza il legame con la città di Milano attraverso la sua nuova identità visiva.

A celebrare il lancio del nuovo logo uno storytelling che gioca sulle iniziali del Football Club Internazionale  e Milano, in quell’ “I AM”, che da acronimo diventa anche un urlo identitario, in quell’ IO SONO ripreso dalla lettura dell’espressione inglese.

Un restyling della visual identity minimal e innovativo, per aprirsi ad un pubblico sempre più digitale e attento all’estetica, per raggiungere target globali e differenti fasce d’età.

“Perché un club, un brand, si dedica al restyling o cambia la propria visual identity? Perché i brand hanno sempre bisogno di evolversi. Un’evoluzione che va di pari passo con i propri fan, con la volontà di connettersi ai mondi nuovi, con l’obiettivo diventare più globale”, esordisce Luca Danovaro, Chief Marketing Officer dell’Inter.

 

Un percorso delicato, lento, durato circa 3 anni, durante i quali il Club si è imposto tra i leader di intrattenimento digitale.

“Siamo partiti rivedendo in chiave più moderna i nostri valori, abbiamo cambiato il nostro modo di dialogare e commentare, con un tone of voice molto più definito, più distinto, che ci ha permesso di avvicinarci alle nuove generazioni – sottolinea Danovaro –  Diverse sono state le tappe di questo iter. Il lancio di oggi della nuova identità visiva del Club, del nostro nuovo logo, è per noi una proiezione verso il futuro. È stato un lavoro molto professionale, bilanciato, perché il brand è il Dna di un Club, di un’azienda. Sintetizza quel legame tra business e passione. Per una squadra di calcio, poi, i colori sono determinati, perché racchiudono ricordi, gioie, aggregazione. Desideravamo che questa evoluzione celebrasse la passione di milioni di fan nel mondo in 113 anni di storia, e in contemporanea volevamo collegarci agli elementi culturali, di design, di moda di Milano. Terzo elemento, comunicare con colori e linguaggi più collegati alle generazioni future”.

Minimal, innovativo, aperto ad una platea globale

Dal primo stemma disegnato nel 1908 da Giorgio Muggiani, evolutosi nel tempo fino a quello di oggi, creato da Bureau Borsche: una rivisitazione moderna dello storico simbolo del Club, in una veste più leggera e minimale, in continuità con la versione originaria, ma più adatto ad integrarsi nell’era dell’intrattenimento. Il focus è sulle lettere I e M, mantenute nella disposizione ideata da Muggiani e coronate dal classico doppio cerchio, come da tradizione nerazzurra. Il lettering si alleggerisce, scompaiono le lettere F e C dall’immagine grafica, ma persistono nel nome e del Club, FC Internazionale Milano. I colori rimangono quelli scelti nella notte del 9 marzo 1908, resi più vibranti. Un “brand Inter”, quindi, riconoscibile per i tifosi, ma aperto ad un’audience più ampia.

La campagna I M

Il restyling di un brand: cosa significa per un’azienda?

E’ un momento cruciale, per un’azienda, il cambio di un logo, in cui si riconosce l’immaginario collettivo, in particolare nell’universo calcistico, in cui tifosi e città si riconoscono. La necessità, quindi, di non creare disillusione, ma coinvolgimento.

“I tifosi stanno reagendo bene, si percepisce un sentiment positivo – afferma il Chief Marketing Officer dell’Inter – Nel rispetto della tradizione e nello sviluppo del logo abbiamo chiesto feedback ai tifosi veri, ai nostri giocatori, alle nostre legend. Abbiamo voluto rispettare fortemente la passione, come nei colori vivaci, l’azzurro più vibrante, acceso, dinamico, facile da riconoscere nei device digitali attraverso cui fruiamo il calcio e non solo. Legati alla tradizione, alle due lettere I ed M, semplificate da 4 a 2, molto più semplice da riconoscere, ma soprattutto perchè rappresentano la nostra essenza, perché l’Inter incarna in sé i valori della città, ovvero lo spirito internazionale, la propensione all’innovazione e al mutamento continuo”.

Luca Danovaro, Chief Marketing Officer dell’Inter

I valori di inclusione e il legame con i tifosi e la città, con un’aspirazione internazionale

L’inter racconta così la sua storia e i suoi valori anche nel merchandising, che assume una connotazione più profonda per le aziende, che è nella capacità di identificazione e di riconoscersi in un immaginario collettivo.

“Il merchandising quanto è importante per un brand, non solo in termini commerciali di business e di profitti, ma soprattutto sotto il profilo valoriale – Insiste Luca Danovaro – Con la nuova identità, oggi abbiamo realizzato anche una Capsule Collection in edizione limitata, la prima linea di prodotti con la nuova identità visiva del Club, visibile sullo store ufficiale, con pochi prodotti, che lasciano intravedere cosa sarà il futuro. Il nostro obiettivo vero è quello di essere rilevanti, soprattutto per i più giovani, che si identificano nel nostro sistema valoriale, non solo legato al calcio, ma anche all’inclusione e all’innovazione- Il nostro sogno è che, negli anni, questo logo possa vivere attraverso una t-shirt o un altro elemento di vestiario, comprato nel mondo, senza sapere che è legato a una squadra di calcio, ma semplicemente perché piace. L’Inter è un’icona di calcio, che ha vinto tanto e speriamo di vincere ancora tanto, ma la nostra ambizione è essere percepiti come icona culturale e dell’intrattenimento, anche da chi nei 90 minuti non è un nostro fedelissimo”.

Il lancio di oggi, in realtà, è un teaser, perché il logo sarà utilizzato ufficialmente dalla prossima stagione 2021/22, dopo una fase di transizione in cui i due loghi, vecchio e nuovo, conviveranno.

“La nuova identità visiva sarà presentata nelle prossime partite contro il Sassuolo e il Cagliari – continua il manager – Abbiamo realizzato una landing page, sul nostro sito, con applicazioni, foto con giocatori del presente, legend e talenti del futuro, ma anche tifosi artisti, chef, moda, oltre a rappresentare spazi di Milano, che è l’elemento fondamentale”.

Il video spot e la raccolta fotografica I M –  “IO SONO”

Una raccolta fotografica espressione dell’ I M FC Internazionale Milano, dell’espressione IO SONO, per descrivere l’essenza di ogni tifoso, senza nessuna distinzioni, italiani e stranieri,  in un viaggio attraverso della città, simbolo di tradizione e innovazione, cultura e stile, energica e vitale, che ha dato vita al video Hero.

 

A fare da ambassador tifosi, personaggi dello sport, dello spettacolo della cultura fotografati da Alessandro Furchino Càpria: campioni del recente passato legati indissolubilmente alla storia del Club,  come Javier Zanetti, Marco Materazzi, Christian Chivu, Maicon, Beppe Bergomi, Nicola Berti, Beppe Baresi e Riccardo Ferri- E ancora atleti di altri sport, tra cui il campione NBA Marco Belinelli, la ciclista Letizia Paternoster e il surfista Leonardo Fioravanti. Talenti della nuova scena musicale come Tedua, attrici di successo come Matilde Gioli, il pioniere della cucina Pop chef Davide Oldani. creativi come Moab Villain, Naomi Accardi e Allison Fullin, lo skater Guy Mariano e il film maker Federico Vitetta.

Un comunicazione identitaria che si allarga a nuove connotazioni, ad un uso metaforico dove il gioco del calcio diventa talento, voglia di affermarsi e di mettersi in discussione, anche nella sfida della quotidianità.

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Capire gli eSports: mercato milionario e opportunità per i brand

Quinto appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

Abbiamo parlato di diversi argomenti in questi cicli di Webinar PRO, spaziando tra Trend, Podcast, Blockchain e AR\VR. Questa volta luci puntate sul vasto mondo degli eSport, i videogiochi competitivi professionistici, e lo facciamo con un grande esperto della materia, da oltre 15 anni lavora nel campo del gaming: Pier Luigi Parnofiello, CEO e Founder di PG eSports.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • Cosa sono gli eSports: min 06,30
  • Differenza tra sport e eSports: min 11,10
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  • Differenza del mercato tra Europa e Italia: min 22,00
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Perché è importante insegnare ai propri figli il valore dei soldi

Dicono che i soldi non fanno la felicità, ma purtroppo anche quelli servono soprattutto in periodi difficili come questi che stiamo vivendo.

Fateci caso, quante volte la parola “soldi” diventa la protagonista principale di tante conversazioni? Magari stiamo chiacchierando con familiari o amici dei nostri sogni e progetti, ci soffermiamo sul nostro lavoro o su quello che vorremmo fare e poi si finisce a discutere di soldi e della loro importanza. Tutto questo sembra svilire qualsiasi discorso.

I soldi non sono mica tutto, ma è importante parlarne, nel modo giusto e senza esserne ossessionati, anche con i propri figli. 

Sembrerà una cosa azzardata, soprattutto affrontare l’argomento con i più piccoli, ma educare i propri bambini e ragazzi al valore dei soldi fin dalla più tenera età li aiuterà a essere futuri consumatori consapevoliMa vediamo come affrontare quest’ostico argomento nel migliore dei modi.

soldi figli

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Il valore dei soldi: come spiegarlo ai più piccoli

Evitare certe conversazioni rimandandole a data da destinarsi non protegge di certo i più piccoli, anzi. Parlare apertamente di soldi, del loro valore e spiegando che non sono l’unica cosa che conta nella vita, è importante. 

Ci sono persone che valutano gli altri in base al lavoro che svolgono e al volume del portafoglio perdendosi in congetture e pregiudizi, ecco perché una delle prime cose che dovremmo chiarire ai nostri figli è che il valore dei soldi non equivale al valore delle persone. Per alcuni potrebbe sembrare una cosa scontata, ma per altri non lo è per niente. 

Come facciamo a spiegare nel modo corretto il valore dei soldi ai bambini e ai ragazzi? Ecco 5 consigli da tenere a mente per affrontare l’argomento in modo consapevole e sereno.

5 consigli per spiegare il valore dei soldi ai propri figli

Parlare apertamente di soldi, senza tabù, del loro valore e soprattutto spiegare ai propri figli che monete e banconote non sono frutti che crescono su un albero, ma che bisogna guadagnarli svolgendo un lavoro che poi sarà retribuito. Ma tutto questo non deve restare pura teoria, è importante che siano loro a sperimentare il tutto in prima persona, ma come?

Affidar ai propri figli delle piccole faccende in casa

Se vogliamo insegnare il valore dei soldi ai più piccoli, dobbiamo far capire loro come è possibile guadagnarli. Una buona idea potrebbe essere quella di affidar a ragazzi e ragazze dei lavori da svolgere in casa. Sistemare il letto la mattina prima d’iniziare la giornata, portare a spasso il cane, tener ordinata e pulita la propria camera, ma anche aiutare i genitori in semplici faccende, come cucinare o sistemare il garage.

Alla fine della settimana, o del mese, premiarli con una paghetta, insegnando in questo modo che per essere premiati devono dimostrare il loro impegno ogni giorno. Un’altra idea potrebbe essere quella di premiarli anche per i buoni vuoti a scuola.

Imparare a risparmiare sin da piccoli

Un altro aspetto da non sottovalutare è quello di spiegare ai propri figli la differenza tra desideri e necessità. Con la paghetta che riceveranno non dovranno soddisfare solo piccoli capricci, come è normale alla loro età, ma dovranno imparare a risparmiare, mettendo dei soldi da parte per raggiungere un gruzzoletto e poter spendere con parsimonia il resto. 

Sarà molto utile per loro capire che con quei soldi potranno acquistare qualcosa di utile e piacevole, come libri e fumetti, ma se vorranno qualcosa di più costoso dovranno imparare ad aspettare mettendo da parte i propri risparmi. Dobbiamo insegnar ai nostri figli a ragionare per obiettivi e non lasciarli acquistare in modo impulsivo spinti anche dalle mode del momento.

Tener traccia delle loro spese

Concedere denaro ai propri figli però non significa che non possiamo controllarli, ovviamente senza star col fiato sul collo, ma guidandoli e consigliandoli nella scelta delle proprie spese. 

Ci sono alcuni brand che hanno capito l’importanza di affrontare questo argomento e stanno cercando di supportare i genitori con la gestione dei conti dei propri figli attraverso servizi mirati e facili da usare. Tra questi c’è l’offerta di Enel X Pay, il conto online con carta Mastercard e IBAN italiano con cui effettuare pagamenti online e nei negozi fisici, scambiare denaro con gli amici e gestire in tempo reale le spese, tutto da un’unica App

Le funzionalità incluse da questo servizio sono tante, tra cui l’Opzione Family, il piano pensato per le famiglie e i più giovani. Questa consiste nella possibilità per i genitori di aprire e attivare il primo conto ai figli, in età compresa dagli 11 ai 17 anni, con carta Mastercard e App dedicati a loro. Con l’Opzione Family la gestione economica della famiglia diventa semplice e senza intoppi. È possibile visualizzare il saldo e le spese dei figli, accreditare loro la paghetta digitale, inviargli denaro in qualsiasi momento ed educarli al valore delle cose.

Non un semplice conto, ma l’occasione di mostrare loro il reale valore dei soldi e come gestirli.

Alfabetizzazione finanziaria: parlare di soldi senza filtri

Abbiamo detto che è importante parlare di soldi con i nostri figli, ma soprattutto è necessario parlarne senza filtri. I ragazzi e le ragazze devono da subito capire come si affrontano le spese, dagli acquisti di prima necessità, al pagamento delle bollette. È fondamentale includerli in tutte le decisioni che riguardano il nucleo familiare, mostrando loro concretamente come ci si approccia ai soldi. Per esempio, vogliamo organizzare una vacanza estiva? Parliamone con i nostri figli, condividendo anche i costi che comportano il viaggio e il pernottamento.

Imparando a gestire queste situazioni fin da bambini, in futuro non avranno tante difficoltà ad approcciarsi ai soldi e alla gestione delle spese perché saranno stati istruiti precedentemente.

Dare il buon esempio

Ultimo punto ma certamente non per importanza, dobbiamo dare sempre il buon esempio. Non possiamo pretendere che i nostri figli siano assennati risparmiatori se noi siamo i primi spendaccioni. Tutte le regole e le informazioni che tanto ci prodighiamo a ripetere devono essere rispettate in primis da noi.

Se vogliamo che la società che verrà sia migliore di quella attuale, ogni cosa deve essere insegnata in tenera età, ma non come una semplice e passiva abitudine, ma in modo consapevole.

Google News Showcase: nuovi accordi di licenza con gli editori italiani

Google firma in Italia nuovi accordi di licenza con una serie di editori, sia di portata nazionale che di carattere locale, tra cui RCS Media Group, Sole 24Ore, Gruppo Monrif, Caltagirone Editore, il Fatto Quotidiano, Libero, Il Foglio, Il Giornale, Il Tempo, Ciaopeople, Edinet, Gruppo Corriere, Citynews e Varese web. 

Questi nuovi accordi, firmati su base individuale, rappresentano un importante passo avanti nella relazione di Google con gli editori italiani, remunerando gli editori aderenti per Google News Showcase.

Questi accordi per News Showcase tengono in considerazione i diritti previsti dall’Articolo 15 della Direttiva Europea sul Copyright in relazione agli usi specifici online delle pubblicazioni giornalistiche (tali diritti non si applicano ai collegamenti ipertestuali e all’utilizzo di estratti molto brevi). 

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Google News Showcase

Google News Showcase è un nuovo programma di licenze annunciato da Google nel 2020, che offrirà ai lettori l’accesso a contenuti più approfonditi a fronte di una remunerazione per gli editori firmatari degli accordi. News Showcase permetterà agli editori di rafforzare la propria relazione con i lettori, sviluppare nuovi modelli per la monetizzazione dei contenuti e trarre beneficio dall’aumento di traffico verso il proprio sito. News Showcase sarà disponibile in Italia nei prossimi mesi. 

News Showcase si inserisce in un quadro più ampio di iniziative che rappresentano l’impegno di lungo termine di Google verso il mondo del giornalismo. Oltre a programmi come la Google News Initiative e alla collaborazione in ambito pubblicitario con gli editori a livello globale, attraverso le sue piattaforme Google invia ogni mese ai siti degli editori 24 miliardi di clic, che permettono agli editori di aumentare i ricavi attraverso annunci e nuovi abbonamenti sui loro siti e app.

In Italia, dal 2015 Google ha investito 11 milioni di Euro in progetti italiani di giornalismo attraverso il Fondo per l’Innovazione della Digital News Initiative, mentre nel 2016 ha sottoscritto con FIEG un accordo triennale che ha portato l’azienda a investire oltre 16 milioni di Euro su una serie di settori strategici per l’editoria digitale. E nel 2020, con il diffondersi della pandemia di COVID-19, ha offerto supporto economico a oltre 300 redazioni italiane attraverso il suo Fondo globale di emergenza per il giornalismo locale. 

Siamo soddisfatti di aver raggiunto questo accordo che, regolando anche il tema dei diritti connessi, riconosce l’importanza dell’informazione di qualità e l’autorevolezza delle nostre testate. Un nuovo tassello nella partnership con Google che valorizza i quotidiani RCS e offre un ulteriore impulso alla crescita della nostra customer base, supportando con una sempre più ampia copertura informativa.

Urbano Cairo, Presidente e Amministratore Delegato di RCS Media Group.

Il programma Showcase apre una nuova stagione di relazione con Google, perché affronta il tema dei diritti connessi alla distribuzione dei contenuti digitali, consente di promuovere il giornalismo di qualità delle nostre testate e di accelerare la trasformazione digitale dei processi editoriali e lo sviluppo dei ricavi da subscription.

Michela Colamussi, Director of Transition to Digital and Innovation Gruppo Monrif.

L’accordo con Google è un ulteriore riconoscimento del valore dell’informazione di qualità quale è quella de Il Sole 24 Ore. La remunerazione dell’informazione, inclusi i diritti connessi alla distribuzione dei contenuti digitali, è un fronte su cui il nostro gruppo editoriale è impegnato in prima linea con l’obiettivo di tutelare il nostro patrimonio di contenuti ad alto valore aggiunto. Questo accordo si inserisce in tale strategia ed è coerente con il processo di innovazione editoriale e tecnologica su cui Il Sole 24 Ore si è impegnato negli ultimi due anni. L’adesione alla GNI di Google e quella a News Showcase sono alcuni degli esempi.

Giuseppe Cerbone, Amministratore Delegato Il Sole 24 Ore.

Questi nuovi accordi rappresentano un importante passo avanti e confermano l’impegno di Google verso gli editori italiani. I nostri editori partner avranno accesso a nuove opportunità per valorizzare i propri contenuti e per aumentarne la profittabilità. Siamo felici di contribuire allo sviluppo dell’ecosistema digitale per il mondo degli editori e di rafforzare il nostro impegno verso il giornalismo di qualità.

Fabio Vaccarono, Vice President di Google e Managing Director di Google Italy.

Splio acquisisce la startup Goodfazer e potenzia il Referral Marketing

Splio è orgogliosa di annunciare l’acquisizione della startup francese Goodfazer, piattaforma SaaS per la gestione dei referral. L’innovativa soluzione permetterà ai brand di utilizzare la raccomandazione dei clienti e sfruttare la forza del passaparola per  l’acquisizione di nuovi contatti tramite l’uso strutturato ed intelligente dei canali digitali.

Splio è una piattaforma marketing di fidelizzazione che consente alle aziende di ingaggiare e fidelizzare la clientela su tutti i canali. Con questa acquisizione Splio rinforza la sua vision per cui l’engagement e la fidelizzazione rappresentano potenti leve di crescita per i marchi. Con oltre 500 clienti nel retail, eCommerce, transportation e food, Splio si conferma leader nel Martech ed esperto di trade, lavorando per fornire una piattaforma che unisca tutte le esigenze di attivazione marketing dei merchant.  

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Splio pone il cliente al centro della strategia di crescita dei brand

Il Referral Marketing è oggi al centro della trasformazione dei processi decisionali di acquisto. È una leva marketing che si basa sul forte principio della raccomandazione e della fiducia, ed è proprio questa la vision che Mireille Messine, CEO di Splio, rende accessibile grazie alla piattaforma Splio.

Scegliere il passaparola del cliente, significa optare per una leva di sviluppo organico, che capitalizzi la clientela acquisita e conquistata, e che la ponga al centro della strategia  di crescita dei brand. Il passaparola digitale ha già dimostrato il suo valore negli Stati Uniti e ha portato al successo marchi come Uber, Airbnb e Dropbox.

Mirelle continua:

L’obiettivo di questa  acquisizione è quello di estendere le sue potenzialità e il suo utilizzo a beneficio di una fascia di brand più ampia possibile. L’arrivo di Frédéric Faivre nel team e l’integrazione della piattaforma Goodfazer, è un’ottima notizia per Splio. Apre nuove prospettive ai marketer e nuove opportunità  per i nostri clienti.

Goodfazer: da un progetto imprenditoriale a Splio

Il potere del Referral Marketing si misura nella natura esponenziale del passaparola, che trasforma il cliente in un canale di influenza e vendita. Il cliente crea valore ed è più che mai un  canale di comunicazione da non sottovalutare. L’ha ben compreso Frédéric Faivre, fondatore di Goodfazer. Fondata nel 2018, Goodfazer consente ai brand di acquisire nuovi clienti grazie alla creazione di programmi di referral e campagne coinvolgenti. 

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La piattaforma Goodfazer è nata da un’iniziativa intraprenditoriale incubata da Becoming Group, mentre Frédéric Faivre, ancora direttore associato dell’agenzia Grenade, gestiva le operazioni di referral per Sosh e Orange. Questo progetto rientrava nello sviluppo di un’innovazione al servizio della vision della società, e ha permesso a Frédéric Faivre di sviluppare la piattaforma di referral di cui i merchant avevano bisogno.  

I clienti ingaggiati e fedeli vogliono ricoprire un ruolo attivo per i brand che amano. Stiamo assistendo a una trasformazione radicale nella scelta di acquisto dei consumatori, che è meno influenzata dalla pubblicità e maggiormente dalla raccomandazione e il passaparola tra amici e conoscenti. Restituire il comando ai consumatori, rendendo la raccomandazione accessibile a tutti i commercianti, grazie a una piattaforma innovativa e di  semplice utilizzo, questa è la nostra ambizione al fine di rendere la raccomandazione una customer experience ingaggiante e fidelizzante.

La raccomandazione ingaggia e fidelizza su tutti i canali

La raccomandazione in modalità SaaS ha già guadagnato sostenitori, tra cui Sandrine Privat Pedoussaut, direttore marketing di NAF NAF, che ha sviluppato un programma di referral multicanale con Goodfazer, per ingaggiare nuovi clienti e aumentare le vendite online e offline al di  fuori dei periodi commerciali di punta:

Abbiamo integrato facilmente la piattaforma Goodfazer nel nostro ecosistema phygital, eCommerce e nei punti vendita, e implementato rapidamente campagne di referral all’interno della rete NAF NAF con ottimi risultati. 

Alla fine della sua prima campagna, NAF NAF aveva aumentato il paniere medio di 1.5 per i nuovi clienti e di 2 per i clienti ambassador.

Joule4Ideas: il progetto di Eni per ripartire dalle idee sostenibili

Stiamo vivendo mesi complicati in cui è difficile programmare anche le cose più semplici e non perché non abbiamo tempo come “prima”. Prima, un periodo che ci sembra qualcosa di lontano, come se il prima risalisse a un secolo fa. Il problema in realtà è il dopo e non stiamo parlando di decenni, ma del prossimo futuro. Ci sembra qualcosa d’intangibile che non riusciamo a immaginare e che un po’ ci fa paura. Fare progetti, ipotizzare possibili scenari di vita, tutto ci appare quasi un azzardo, ma dobbiamo provarci, e non solo noi, ma anche le aziende.

Eni è una di quelle realtà che ha capito l’importanza di andare avanti e di puntare tutto sulla forza motrice più potente del mondo: la volontà di rinascita delle persone.

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Ripartire con Eni e il progetto Joule

Il progetto di cui vogliamo parlavi è molto ambizioso e riguarda Joule, la scuola di Eni finalizzata a formare e a sostenere il percorso di crescita di chi vuole fare impresa in modo sostenibile.

La scuola è stata infatti creata per formare aspiranti startupper che vogliono dar vita a imprese sostenibili, ma non solo nel campo energetico. Il focus di Joule è sul cambiamento climatico, l’economia circolare e la decarbonizzazione.

Ma cosa indica precisamente il termine Joule?

Il nome è stato ispirato dall’unità di misura del lavoro e dell’energia e si fonda sull’integrazione tra esperienze imprenditoriali, competenze accademiche e il vissuto di chi aderisce al progetto. La base da cui vuole ripartire Joule sono le persone e le loro idee, ma in che modo?

I programmi d’apprendimento di Joule

Human Knowledge Program è il nome del programma d’apprendimento ideato da Joule che si divide in due possibili percorsi:

  • l’HK Blended, misto in aula e distance, partito già a metà ottobre;
  • l’HK Open, l’innovativo percorso full-distance accessibile a tutti.

Lo scopo del programma Open è quello di fornire strumenti e competenze necessarie per fare crescere una startup innovativa e sostenibile focalizzando l’attenzione sul percorso di transizione energetica e sul passaggio da un modello di sviluppo economico lineare a uno circolare. 

In cosa consiste il programma Open

Il programma Open consente a tutti i partecipanti di allenare le proprie capacità imprenditoriali raccogliendo consigli e ispirazione dai racconti di chi ha già intrapreso questa strada.

Avranno a disposizione Skills Coach, la web app per esercitare le proprie soft skills e una community in cui avere un confronto aperto con una rete d’imprenditori, esperti e appassionati. 

Il progetto è stato realizzato in modo innovativo, è un format che unisce lo studio online e le serie in web streaming. Open coinvolgerà i Joulee (così si chiamano gli aderenti al programma) in un viaggio di apprendimento attraverso una web serie interattiva, “The Rising Star Hotel”.

Formata da 12 episodi, è basata sulla storia di 2 giovani imprenditori Anna e Pietro. I Joulee dovranno prendere le decisioni cruciali al posto dei protagonisti così da provare nel concreto e simultaneamente le nozioni apprese. 

Joule4Ideas

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Ma non finisce qui, perché Joule permetterà alle aspiranti imprenditrici e agli aspiranti imprenditori che vogliono lanciarsi in quest’avventura, di mettersi subito in gioco con l’iniziativa Joule4Ideas.

Che cos’è Joule4Ideas

Joule4Ideas è un’iniziativa nata da Joule, la scuola di Eni per l’impresa e supportata dal PoliHub, incubatore del Politecnico di Milano. L’idea è quella di raccogliere e portare avanti i progetti imprenditoriali più validi e che sapranno distinguersi all’interno del percorso Open.

I temi centrali di questi progetti saranno le soluzioni innovative nell’ambito della sostenibilità, dell’economia circolare e della decarbonizzazione.

Joule4Ideas

Coloro che vorranno accedere al Joule4Ideas dovranno aver accumulato 80 crediti del sistema Level Up della piattaforma Joule Open.

Il sistema Level Up traccerà il completamento da parte degli utenti su attività ed eventi formativi attivi sulla piattaforma, e attribuirà un numero di crediti in base alle attività formative svolte.

Come partecipare a Joule4Ideas

La partecipazione alla piattaforma è gratuita ed è accessibile a chiunque, basta registrarsi sul Portale Open di Joule. Le candidature saranno aperte fino al prossimo 01/04/2021.

I progetti verranno successivamente valutati da Eni Joule e PoliHub, e i migliori potranno accedere al Joule Selection Day che si terrà il 30/04/2021. Durante questa giornata, i partecipanti prenderanno parte a una selezione finale in cui verrà assegnato almeno un percorso d’incubazione Eni Joule erogato attraverso il Polihub. 

In un momento particolarmente complesso per il Paese, Eni ha scelto di supportare la nascita di nuove imprese sostenibili attraverso la modalità della formazione a distanza, con iscrizioni aperte a tutti e a tutte e che non conosce ostacoli nonostante la crisi pandemica.

Siete pronti a guardare avanti e dire sì al cambiamento?