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Il quartiere torna ad essere centro con la riscoperta dei piccoli negozi

  • La proliferazione irrazionale di iper e supermercati ha portato, negli ultimi anni, alla chiusura di centinaia, se non addirittura migliaia, di piccoli negozi alimentari
  • La diminuzione dei salari e l’aumento del tasso di disoccupazione hanno richiesto una maggiore attenzione alla spese e una più oculata gestione del portafoglio
  • Fino agli anni 80′ fare la spesa nelle botteghe di paese era assolutamente normale e chi entrava in negozio, lo faceva anche per scambiare “quattro chiacchiere” con un amico oppure con un conoscente

 

La proliferazione irrazionale di iper e supermercati ha portato, negli ultimi anni, non solo allo stravolgimento del tessuto urbano ma anche alla chiusura di centinaia – se non addirittura migliaia – di piccoli negozi alimentari.

Le classiche “botteghe di paese”, di cui spesso sentiamo parlare, con nostalgia e rassegnazione.

L’affermazione della GDO in Italia e la spesa come necessità

Tuttavia, a favorire l’espansione e l’affermazione della GDO in Italia, a scapito delle piccole produzioni artigianali, siamo stati noi.

Proprio noi, che oggi ci lamentiamo di ciò che abbiamo perso.

In realtà, però, la nostra è stata una scelta obbligata: la diminuzione dei salari, infatti, e l’aumento del tasso di disoccupazione – soprattutto tra gli under 30 – hanno richiesto una maggiore attenzione alla spese e una più oculata gestione del portafoglio.

E la GDO, grazie al proprio potere contrattuale – di gran lunga superiore a quello delle piccole realtà commerciali – è riuscita a soddisfare questa necessità, che “fa le pulci” al centesimo.

È cambiato, dunque, il nostro modo di fare ed intendere la spesa, che da occasione di socialità è diventata attività routinaria: camminiamo a passo svelto lungo le corsie, con lo sguardo fisso sulle offerte, segnalate mediante cartellini ed etichette fluorescenti, e riempiamo il carrello di prodotti all’apparenza convenienti, della cui provenienza e composizione raramente ci interessiamo.

Insomma, ci mescoliamo tra la folla, cercando di mantenere, se possibile, l’anonimato. Un tempo, invece, la realtà era ben diversa – come i nostri nonni e genitori ci possono confermare.

Retail et consommation: quel lendemain ?

Il valore sociale del “fare la spesa”

Fino agli anni 80′, infatti, fare la spesa nelle botteghe di paese era assolutamente normale.

La vita si svolgeva principalmente all’interno di piccoli centri urbani, dove ci si conosceva tutti, tanto che molte famiglie venivano identificate con soprannomi spesse volte stravaganti, legati a caratteristiche somatiche o comportamentali del capostipite.

Dunque, era difficile passare inosservati.

E chi entrava in negozio, lo faceva anche per scambiare “quattro chiacchiere” con un amico oppure con un conoscente, magari per ovviare a quella solitudine che oggi attanaglia molti di noi, nonostante le numerose soluzioni per tenerci in contatto.

Una quotidianità più semplice e, senza dubbio, meno pretenziosa di quella attuale, in cui le relazioni umane rivestivano ancora un ruolo importante, fondamentale.

Perfino con i negozianti si tendeva ad instaurare un rapporto sincero, di fiducia reciproca, che sottendeva la certezza di un buon acquisto. Poi, come vuole l’antico proverbio, il pesce grande ha mangiato quello più piccolo, e la “magia” è svanita in una nuvola di bolle.

Vecchie botteghe italiane - Il Post

Il riscatto dei piccoli negozi

Tuttavia, alla trama romantica – e a volte drammatica -, che possiamo costruire attorno ai piccoli negozi alimentari, dobbiamo aggiungere che, pian piano, queste realtà stanno tornando alla ribalta, anche grazie all’aumentata sensibilità delle persone verso temi come la sostenibilità ambientale e il chilometro zero.

Sempre più persone, infatti, ricercano prodotti dal gusto genuino ed autentico, provenienti da piccoli produttori locali che, alla sapienza artigianale, uniscono amore e passione per il proprio lavoro.

Un segnale, dunque, di ritorno alla semplicità, al piacere di conoscere e del mangiar bene, oltre che della socializzazione.

E anche se la GDO continuerà la propria espansione, offrendo una varietà sempre più grande di prodotti, c’è chi, nel proprio piccolo, cercherà di dare valore alle specialità regionali, soprattutto grazie alla propria personalità e alla capacità di “saper raccontare”, senza necessariamente dar adito a superflue forme di competizione.

American Express sostiene i piccoli esercenti » inno3

Piccoli negozi: tra luoghi comuni e falsi miti

E se in questo periodo, in cui gli spostamenti sono stati limitati, proviamo ad entrare nella bottega più vicina a noi, potremmo accorgerci che:

  • I prezzi non sono così alti come ricordavamo, anzi, a volte risultano davvero convenienti;
  • Gli imballaggi spesso sono ridotti rispetto ai supermercati;
  • Andare a fare la spesa a piedi è piacevole, e per una volta possiamo lasciare l’auto in garage;
  • Dal fornaio di quartiere troviamo dell’ottimo pane fresco e dei prodotti tipici di cui ci eravamo dimenticati;
  • Fare la spesa sotto casa ci consente di comprare meno e meglio, e di avere a disposizione prodotti sempre freschi;
  • I proprietari di negozi specializzati possono diventare i nostri esperti di fiducia per la scelta di prodotti e regali;
  • Conoscere di persona i negozianti, le commesse e le cassiere, scambiando quattro chiacchiere, ci rende più umani, vitali e cortesi;
  • Alcuni negozianti si occupano personalmente di consegnare a domicilio il pane o la spesa: un servizio utile per gli anziani, per chi non ha l’auto e in caso di emergenza;
  • Fare la spesa nei piccoli negozi è meno stressante e ci porta ad essere più attenti alla qualità piuttosto che alla quantità.

A volte basta poco per smentire un luogo comune, quanto mai obsoleto. In ogni caso, ad oggi, sostenere un piccolo commerciante, significa anche garantire la sopravvivenza di quella micro-economia, senza la quale la macro-economia non esisterebbe.

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La creatività non è morta, ma oggi si fonde con AI e Tech

  • L’intelligenza artificiale si fonde con la creatività e viene usata in mondi e modi non convenzionali
  • La creatività non è morta: si fonde col tech, che la supporta per essere al passo coi tempi

 

L’avete vista tutti Futurama, la sitcom statunitense creata da Matt Groening e trasmessa da FOX (negli USA) e su Italia 1 (in Italia).

Philip J. Fry, il protagonista, fattorino di una pizzeria, finisce accidentalmente in una capsula per il sonno criogenico, risvegliandosi mille anni dopo. Ha un robot come migliore amico, Bender.

Tra navicelle e avventure nello spazio, la sitcom è andata avanti per ben otto stagioni.

Spesso irriverente, induceva riflessioni su quello che avrebbe potuto essere il futuro.

No, oggi i tempi non sono maturi abbastanza per avere un robot come migliore amico, ma per l’automazione assolutamente sì.

Ads & Automation

Automation. Dove? È un po’ trasversale: dall’automotive all’health, dall’energia allo spazio. Ed è da qualche anno che se ne parla anche nell’advertising e nella comunicazione.

Qual è il futuro delle agenzie di comunicazione e dell’advertising?

In effetti, il destino delle agenzie, nella configurazione di come siamo abituati a conoscerle oggi, potrebbe essere profondamente segnato se non dovessero trasformarsi per rispondere alle nuove esigenze, stando al passo con le nuove tecnologie di automazione.

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Machine learning, intelligenza artificiale (AI) e l’accesso a molteplici informazioni e sorgenti di dati stanno cambiando tutti gli aspetti del mondo dell’ads.

Facciamo però un passo indietro. Partiamo dalle basi: un compito ripetitivo può essere automatizzato. Le macchine, in effetti, saranno in grado di fare meglio e in minor tempo.

Secondo un report di Forrester, AI e automazione faranno sì che le advertising agency gestiranno più task con meno personale già durante il 2021.

E il trend continua verso questa direzione: l’11% delle agenzie creative sarà automatizzato entro il 2023.

Artificial intelligence marketing

Sempre Forrester prevede che le ads agency statunitensi taglieranno 52.000 posti di lavoro e le principali holding taglieranno 49.000 dipendenti a livello globale.

Con meno lavoratori le agenzie aumenteranno i loro investimenti in AI e automazione per gestire una più ampia gamma di attività.

Ampia perché la crisi sanitaria ha costretto e costringerà (anche per il prossimo anno) la clientela delle agenzie a essere molto intraprendente e sofisticata nelle campagne di marketing.

In effetti, si prevede che i marketers B2C aumenteranno la spesa per il marketing di fidelizzazione (l’aumento previsto per il prossimo anno è del 15%), riducendo il marketing basato su prodotti e prestazioni.

C’è chi parla di AI marketing, ovvero di Artificial Intelligence Marketing. Si tratta del settore del marketing che utilizza tecniche di AI per interagire con i clienti, migliorare la comprensione del mercato e suggerire azioni da intraprendere per affinare la strategia.

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L’agenzia del futuro, dunque, attraverso l’AI è in grado di ottimizzare il processo creativo, rendendo la comunicazione sempre più mirata e personalizzata.

E non abbiamo ancora considerato app e social!

Già. Si stima che tre quarti dell’intera popolazione internet (oltre 4 miliardi) saranno “mobile only” entro il 2025. Le principali app di messaggistica, cioè Whatsapp, FB Messangers, Wechat e Viber hanno superato per numero di utenti attivi le quattro principali app social: FB, Twitter, Linkedin e Instagram.

Inoltre, l’accesso ai social network da mobile è in forte crescita: 2,5 miliardi di utenti nel mondo. Mentre sono 28 milioni gli Italiani che accedono a Facebook da smartphone almeno una volta al mese.

Risultato? Facebook punta sull’intelligenza artificiale e chat robot per sviluppare brand experience coinvolgenti basate sulle conversazioni.

Sì, sono quasi ormai lontani i tempi in cui team di creativi erano composti solo dai copywriter e dall’art director. Oggi è abbastanza frequente contemplare nei team delle agenzie anche la figura del data analyst e del creative technologist.

Be tech, be creative

Qual è il risvolto della medaglia? Insomma, qual è il downside di tutto ciò?

So cosa state pensando: potrebbe essere la fine della creatività?

Si sa, l’ambiente delle ad agency è sempre stato un po’ reticente nei confronti dell’hi-tech. Come se il tech non fosse “creative friendly”. Sì, perché vi era l’abitudine di confrontarsi con i dati e i numeri solo alla fine di un processo creativo, non prima, a monte.

Oggi, invece, un messaggio si cambia al volo e in tempo reale si misura l’impatto delle scelte creative sui consumatori.

L’esempio è Alibaba che per il Blackfriday del 2019 ha prodotto 400 milioni di varianti per uno stesso messaggio pubblicitario, grazie ad un uso pesantissimo di algoritmi che permettono di realizzare versioni diverse di uno stesso messaggio.

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Inoltre, con l’AI, i messaggi che funzionano vengono usati sempre più spesso, mentre tutto ciò che non funziona viene cancellato dalla memoria del software, che impara e valorizza l’esperienza.

Più che contro la creatività, sembra che il tech sia a supporto della stessa.

Non credete, perciò, all’alternatività delle due cose. Piuttosto, oggi più che mai, si tratta di aspetti interconnessi dell’ad e della comunicazione.

Beh, certo, forse tra qualche anno ci ritroveremo a raccontare i nostri segreti a BFF come Bender, ma per il momento la creatività è ancora salva.

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Crawlability: cos’è e come può aiutarti a scalare la SERP

  • I problemi più comuni che ostacolano l’indicizzazione di un sito sui motori di ricerca riguardano la fase di scansione o crawling
  • Se un sito non è ben indicizzato, spesso si tratta di un problema di crawlability, ovvero di leggibilità per il motore di ricerca
  • Saper ottimizzare il crawl budget vuol dire saper orientare la lettura del sito da parte di Google in base ai contenuti più rilevanti

L’obiettivo di ogni SEO specialist è quello di posizionare le pagine del proprio sito tra i risultati di ricerca, possibilmente nella prima pagina della SERP, dove hanno maggiore probabilità di essere cliccate.

Per far sì che ciò avvenga, i contenuti della pagina devono soddisfare la query inserita nella barra del motore di ricerca dall’utente, ovvero saper intercettare il search intent sulla base di un criterio di pertinenza.

Dal punto di vista della SEO tecnica, si traduce in un’operazione ben precisa: rendere le pagine del sito ben leggibili dal crawler del motore di ricerca.

Cos’è il crawler 

Il crawler (o web crawler o spider) è un bot del motore di ricerca che esegue una scansione periodica dei contenuti presenti nel web, al fine di raccogliere informazioni dalle pagine e aggiungerle al suo indice.

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L’indicizzazione di un sito all’interno del web si svolge in 3 fasi:

  • Scansione (crawling);
  • Indicizzazione (indexing);
  • Posizionamento (ranking).

L’intero processo fa sì che quando la query viene inviata, in una frazione di secondo viene restituita una pagina contenente dei risultati posizionati per pertinenza e/o rilevanza.

Il crawling è la prima fase dell’indicizzazione, in cui tutti i contenuti presenti all’interno del web vengono passati in rassegna e ordinati all’interno di un database da un bot, che li classifica soffermandosi su elementi quali: il SEO title, la meta description, gli alt text delle immagini, le parti in grassetto o in corsivo del testo e i link.

Il crawler si sposta da una pagina all’altra seguendo i link interni e li utilizza per costruire la mappatura del sito e creare una gerarchia in base ai contenuti con un maggior numero di rimandi.

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Il processo di crawling è iterativo, il che vuol dire che lo spider ritorna a intervalli regolari su pagine già scansionate alla ricerca di variazioni e nuovi contenuti. Ogni volta che il sito viene aggiornato il crawler salva l’ultima versione.

Ottimizzare il crawl budget

In sostanza, crawlability vuol dire leggibilità del sito da parte del crawler. La capacità del crawler di accedere a una pagina e scansionarla correttamente rivela se il sito è stato ottimizzato nel modo giusto o, al contrario, sono presenti problemi di indicizzazione. In tal caso, il sito potrebbe non può comparire nei risultati di ricerca organici.

Inoltre, non è fondamentale che tutte le pagine del tuo sito web vengano scansionate: una pagina di contatto o una pagina di accesso all’area riservata, ad esempio, sono inutili ai fini dell’indicizzazione, poiché riservate a una nicchia di utenti.

3 consigli per migliorare il web design del tuo sito aziendale

Il tempo e le risorse del web non sono illimitati, ragion per cui nel processo di indicizzazione il crawler si trova a dare priorità ad alcune pagine rispetto ad altre, a selezionare i contenuti sottoposti a scansione e ignorare il resto.

Per ottimizzare il crawl budget o budget di scansione a tua disposizione, puoi contrassegnare queste sezioni meno rilevanti con il tag noindex, orientare la lettura con i tag canonici, limitarne la lettura mediante il set-up del file robots.txt.

Problemi di crawlability

Se hai ricercato keyword, target, creato contenuti pertinenti ma il tuo sito non risulta indicizzato correttamente e non hai un ritorno in termini di traffico, è molto probabile che si tratti di un problema di scansione.

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Saper individuare tutti gli elementi che ostacolano o limitano l’accesso del crawling è fondamentale per far sì che il sito venga indicizzato correttamente.

Quali sono i più comuni problemi di crawlability?

URL bloccati da Robots.txt

La prima cosa che un bot cerca sul tuo sito è il tuo file robots.txt, all’interno del quale puoi indirizzare il crawler, specificando “non consentire” sulle pagine che non desideri vengano scansionate.

Il file robots.txt è molto spesso la causa dei problemi di scansione di un sito. Se le sue direttive sono errate, possono impedire a Google di eseguire la scansione delle tue pagine più importanti o permettere la lettura di quelle inutili ai fini dell’indicizzazione.

Puoi individuare il problema dal “rapporto sulle risorse bloccate” di Google Search Console, che mostra un elenco di host che forniscono risorse al tuo sito, che risultano bloccate dalle regole file robots.txt.

Errori 500 e 404

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Il codice errore 500 rivela un problema del server su cui il sito è ospitato, mentre l’errore 404 dipende dal contenuto del sito stesso.

In entrambi i casi, se Google incontra questi errori quando arriva alla pagina è un grosso problema. Dal momento che viaggia seguendo i link, per il crawler è come trovarsi in un vicolo cieco.

Dopo aver raggiunto un numero elevato di pagine di errore, il bot smette di eseguire la scansione della pagina e del tuo sito.

Anche questo tipo di errore può essere individuato facilmente tramite la Search Console di Google.

Errori di tag SEO

Una cattiva indicizzazione può dipendere anche da un uso sbagliato dei tag, se risultano potenzialmente fuorvianti per la lettura del bot, o se sono mancanti, errati o duplicati.

Un metodo veloce per individuare il problema è analizzare il traffico sul sito, principalmente il percorso degli utenti. Le pagine con la frequenza di rimbalzo più elevata possono rivelare delle criticità.

Analizza anche le funzionalità di scansione avanzate della Search Console che mostrano quanti link interni vengono reindirizzati a una sola pagina. Fai attenzione agli elementi di best practice in questo passaggio, come l’assenza di reindirizzamenti 301 interni, la corretta impaginazione e le mappe dei siti complete.

Usabilità mobile

L’usabilità sui dispositivi mobili è un’area di primaria importanza per la SEO: se il sito non è ritenuto utilizzabile su smartphone e tablet, Google potrebbe non mostrarli nella SERP e questo comporta la perdita di una bella fetta di traffico.

 Questi problemi possono essere svelati anche dallo strumento della Search Console Google mobile friendly tester.

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È buona norma anche controllare sempre l’output dal lato mobile non solo quando il sito viene rilasciata, ma anche ogni volta che viene aggiornata una singola pagina.

Contenuto scarno

Se dopo aver verificato tutti gli elementi di cui sopra, il tuo sito presenta ancora problemi, è possibile che i contenuti delle pagine non siano considerati rilevanti.

Le pagine che presentano contenuti scarni non vengono tralasciate da Google nel processo di scansione, perché il contenuto non è abbastanza unico, non convalida i contenuti di altri siti giudicati autorevoli in quel settore oppure i collegamenti interni sono assenti o scarsi.

Oltre ad analizzare il contenuto non indicizzato e curare la strategia di backlink verso le pagine che non ricevono traffico, è bene aggiornare periodicamente le pagine con contenuti nuovi e dati recenti.

xingu ceo

La startup italiana Amazon focused Xingu viene acquisita dal gruppo internazionale Labelium

  • L’acquisizione attiva l’internazionalizzazione di Xingu in 14 paesi diversi. Francia, Spagna e Germania le prime nazioni in cui verranno aperti uffici a partire da gennaio 2021
  • Fondata nel 2018, Xingu ha raggiunto il break even point dopo soli 7 mesi di attività, registrando una crescita del 300% già dal secondo anno di attività e chiude il 2020 con un Ebitda pari al 20% del fatturato

 

Xingu ha appena annunciato l’inizio del processo di acquisizione del 60% delle sue quote da parte di Labelium, Global Digital Performance Agency che porterà il successo 100% made in Italy in oltre 14 paesi in tutto il mondo.

Mattia Stuani, ora nominato a Global CEO di Xingu, ha così commentato l’operazione: “Nel gennaio 2018, l’obiettivo a 3 anni come imprenditore digitale era quello di formare un team con competenze nuove sul mercato e un modello di business redditizio e scalabile basato su metodologie e strumenti interni che aiutassero le aziende ad avere successo su Amazon. Molte startup raccolgono troppi investimenti, poi per avere una plusvalenza significativa devono vendere a una valutazione troppo alta rispetto al mercato in cui operano, oppure impiegano anni ed anni. Xingu, in 2 anni e mezzo ha reso ai suoi investitori più di 3x sull’investimento mentre i partner operativi restano tutti nella società per raggiungere un obiettivo molto più importante insieme a Labelium. Sono orgoglioso di dire che siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo con grande successo e Xingu è presto diventata una delle migliori agenzie Amazon in Europa, collaborando con molti brand leader.

xingu labelium

Chi è Xingu

Nasce nel 2018 da un’idea di Mattia Stuani CEO & Founder ed Andrea Febbraio Lead Investor e Venture Builder come agenzia “100% Amazon Focused” per aiutare le aziende a massimizzare gli investimenti su Amazon su scala globale, offrendo servizi di consulenza strategici per ottimizzare al meglio la presenza dei marchi sul marketplace e sulle sue importanti piattaforme di pubblicità. Grazie alla sua metodologia, Xingu è in grado di tracciare, analizzare, automatizzare e gestire le attività Amazon con efficienza e scalabilità.

La startup vuole essere la chiave di volta per il successo dei suoi clienti. Oggi è formata da un team di 25 specialisti Amazon e appassionati di digitale. Grazie a Xingu, le aziende italiane approcciano il mercato su Amazon in 18 paesi con un servizio in lingua e specifico per ogni country, superando i limiti geografici del proprio business, per far conoscere i prodotti a milioni di nuovi consumatori. Questo ha portato ad una media del 70% di incremento business delle aziende partner.

Mattia Stuani, ha anche aggiunto “Abbiamo lavorato con Labelium per diversi mesi sull’accordo e, durante il processo, abbiamo scoperto di avere la stessa forte cultura umana e l’ambizione di raggiungere obiettivi importanti negli anni a venire. Ora, il team di Xingu è pronto a scalare sui mercati esteri e sono felice di dire che Labelium può aiutare notevolmente in questo processo, grazie alla loro presenza globale e grazie alla complementarità delle loro verticalità digitali a 360 °. Vorrei ringraziare enormemente le straordinarie persone del mio team che hanno dato vita a Xingu e gli investitori che si sono fidati di me, soprattutto Andrea Febbraio per il suo fiuto imprenditoriale e per il suo incontenibile entusiasmo . Pronti per la prossima sfida”.

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Black Friday e Cyber Monday aiuteranno a compensare le perdite dell’offline?

  • Il Black Friday in Francia è stato rimandato di una settimana. In Italia, invece, si prevedono cifre da record
  • Tra i settori più richiesti dai consumatori, si trovano sul podio: elettronica e abbigliamento

Ci siamo quasi. Anche se gli sconti sono iniziati già da qualche giorno, la data ufficiale del Black Friday resta quella dell’ultimo venerdì di novembre e dunque il prossimo 27. Almeno per l’Italia, dato che in Francia anche Amazon ha accettato di rinviare il giorno dello shopping pre-natalizio su richiesta del ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, che aveva invitato supermercati, grande distribuzione e rivenditori online a posticipare il Black Friday per tutelare i negozi che vendono prodotti non essenziali obbligati a rimanere chiusi durante il lockdown.

In Italia la storia è andata diversamente, nonostante la proposta avanzata al governo da parte di Confesercenti.

Come andrà quindi questo Black Friday 2020 “scaglionato”? Quali sono le previsioni sulle vendite? E soprattutto, potrà davvero contribuire a compensare, almeno parzialmente, le perdite sull’offline anche per le piccole imprese?

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L’accelerazione digitale delle imprese italiane

Con una certa sorpresa (o forse no!), le aziende italiane che nel 2020 hanno accelerato sulla digital transformation toccano quota 85%, con una cifra decisamente superiore alla media europea (75,3%). A dirlo è il Digital Transformation Index di Dell Technologies.

“L’incertezza generata dalla pandemia sta portando i decision maker aziendali a immaginare nuove formule per restare competitivi in un mercato particolarmente sfidante. In Italia, l’81% del panel intervistato dichiara di essere impegnato a reinventare il proprio modello di business”.

Anche l’ultima ricerca di Casaleggio Associati su Food ed eCommerce ci aveva ricordato che ““Il Covid ha fatto accelerare il processo di trasformazione verso l’online almeno di 5 anni: chi non aveva ancora provato a comprare online lo ha fatto quest’anno”.

Insomma, un passo in avanti c’è già stato, ma ora dovranno essere le cifre a parlare sui risultati.

Le previsioni su Black Friday e Cyber Monday 2020

La stagione delle festività 2020 sarà diversa da tutte le altre, sostiene eMarketer in uno dei suoi ultimi report proprio sulle due giornate di shopping online. La pandemia incombe su tutto, creando venti contrari all’economia, complicando la catena di approvvigionamento e modificando i modelli di acquisto dei consumatori, rendendo imprevedibile quest’anno, in un momento in cui la posta in gioco non è mai stata così alta.

Quanto verrà speso durante le vacanze del 2020? Negli Stati Uniti la vendita al dettaglio, stando alle previsioni, aumenterà dello 0,9% fino a 1.013 trilioni di dollari. Se da un lato calerà del 4,7% quella dei negozi offline, le vendite nell’eCommerce saliranno del 35,8%, rappresentando alla fine il 18,8% del totale delle vendite nel retail.

Certamente anche lo spostamento in avanti (a ottobre) dell’Amazon Prime Day, non può essere lasciato da parte nelle valutazioni. Infatti, gran parte dei consumatori ha già cominciato a fare i suoi acquisti per il Natale in questa fase intermedia, complice un desiderio anticipato da parte delle persone di iniziare a gustare la tipica atmosfera festiva in un anno così particolare. Bisogno saggiamente intercettato da Amazon.

Sempre stando alle previsioni di eMarketer, il Cyber Monday sarà ancora una volta il più grande giorno di spesa online nella storia degli Stati Uniti, con un fatturato di 12,89 miliardi di dollari, in crescita del 38,3% rispetto all’anno scorso. E il Black Friday sarà il secondo giorno più importante della stagione, con un aumento delle vendite previsto del 39,4% a 10,20 miliardi di dollari.

Oltre ad Amazon anche le grandi catene che hanno adottato il modello del click-and-collect (cioè la possibilità di ordinare online un prodotto e di ritirarlo in negozio), come Walmart, Target e Best Buy riscuoteranno quest’anno un grande successo.

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E in Italia?

Secondo una ricerca effettuata da Shopify, ben il 96% degli italiani ha sentito parlare di Black Friday quest’anno e  l’84% prevede di fare acquisti in questa occasione, con uno scontrino medio previsto che si aggirerà intorno ai 377 euro a testa, salendo a quota 478 euro per gli uomini e a 515 euro per le famiglie con bambini.

L’Italia sarebbe inoltre la nazione con il maggior livello di partecipazione attesa secondo una stima internazionale dello stesso Shopify, seguita da Stati Uniti (67%), Francia (67%), Australia (61%), Germania (61%), Canada (50%) e Inghilterra (47%).

Secondo i dati raccolti da Trustpilot, invece, la crisi legata alla pandemia ha portato alla formazione di due fasce di consumatori: da una parte quelli che acquisteranno come al solito (20,8%) e dall’altra quelli che non acquisteranno affatto (19,8%). Il 14,9% del campione si direbbe intenzionato a spendere meno, contro il solo 9,8% che penserebbe di spendere di più. In ogni caso, sarà il prezzo l’elemento essenziale per il 32,7% dei consumatori, prima ancora del prodotto e della sua utilità (22%). Altrettanto importanti nella valutazione di acquisto saranno in questo contesto le politiche di reso (15,9%), più che i tempi di consegna e il servizio clienti.

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black friday trend italia

Cosa compreranno i consumatori quest’anno?

Elettronica e abbigliamento saranno ancora una volta ai primi posti dei desideri dei consumatori, con il 56% degli intervistati in Italia che sceglieranno queste categorie merceologiche. Alto l’interesse anche per il settore della salute e del beauty (43%). Seguono gli acquisti per libri e magazine (36%), elettrodomestici (33%) e giocattoli (30%).

Nonostante le restrizioni in molte regioni, il 49% degli italiani punta a fare shopping sia online sia offline, confermando la necessità per le imprese di rivedere le proprie strategie in ottica omnichannel. Se i Millennials e Generazione Z vedono nell’eCommerce il solo e unico canale d’acquisto (43%), il Black Friday intercetta la predisposizione allo shopping di una larga parte di over 55 (77%). Tra i più giovani (18-34 anni), invece, il 32% è già in cerca di affari e acquisterà soprattutto tramite mobile (64%), una percentuale che scende a quota 42% per la fascia 35-54 e a 30% per gli over 55.

Il Black Friday e il Cyber Monday, insomma, si preannunciano promettenti per il settore Retail, specialmente in un anno in cui moltissime aziende hanno saputo reinventarsi grazie al digitale. Ma dopo le previsioni, non ci resta che attendere i dati reali di vendita.

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Il colosso dell’eCommerce lancia in Italia “Accelera con Amazon”

Un programma per aiutare le piccole e medie imprese a superare le barriere esistenti nella vendita online in Italia e all’estero, attraverso sessioni di formazione e coaching. Lo ha annunciato ieri sera con un comunicato stampa il colosso mondiale dell’eCommerce, il suo “Accelera con Amazon” dedicato all’Italia.

Il programma include risorse di apprendimento online, corsi di approfondimento virtuali e un boot camp intensivo di una settimana per aiutare le imprese ad implementare la propria presenza in rete. È inoltre prevista la possibilità di accedere a consulenze mirate su strategia di business, di finanziamento, nonché su marketing e internazionalizzazione. Il tutto sarà realizzato in collaborazione con ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business, Confederazione italiana della piccola e media industria privata (CONFAPI), la principale organizzazione di rappresentanza delle Pmi italiane e Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale Italiano, per accelerare la crescita e la digitalizzazione di oltre 10.000 piccole e medie imprese italiane (PMI).

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L’eCommerce in Italia

In Italia le vendite attraverso l’eCommerce stanno crescendo ma continuano a rappresentare solo una piccola parte degli acquisti complessivi. In base all’analisi dell’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management Politecnico di Milano l’incidenza del valore delle vendite online sul totale delle vendite in ambito retail è cresciuto dal 6% all’8% nel 2020. Le piccole e medie imprese italiane hanno un gap da colmare se comparate ai cugini europei. Solo un terzo di loro è digitalizzata e solo una su sette (di quelle con più di 10 impiegati) ha una presenza online significativa. Di gran lunga indietro rispetto alle altre nazioni europee, l’Italia si posiziona al 25° posto tra i 28 Stati Membri dell’Unione Europea nell’edizione 2020 del DESI Digital Economy and Society Index.

Sono oltre 14.000 le piccole e medie imprese italiane che vendono su Amazon. Nel 2019 hanno registrato vendite all’estero per più di 500 milioni di euro ed hanno creato più di 25.000 posti di lavoro in Italia. Nel periodo dal 1° giugno 2019 al 31 maggio 2020, i partner di vendita italiani hanno registrato vendite per una media di oltre 75.000 euro ciascuno, ed hanno venduto più di 60 milioni di prodotti negli store Amazon

Francois Saugier, VP Seller Services Amazon in Europa, ha affermato “Il supporto alle imprese è al centro di tutto ciò che facciamo. Nel 2019, Amazon ha investito oltre 2,2 miliardi di euro in logistica, strumenti, servizi, programmi e persone per aiutarle a raggiungere il loro pieno potenziale”.

Come funziona “Accelera con Amazon”

Il programma offre strumenti online di apprendimento e di consulenza per coloro che desiderano avviare una nuova attività online o accelerarne una già esistente. Inoltre, l’iniziativa offre moduli dedicati su come creare un’immagine del brand efficace e implementare strategie di marketing e di social media, strumenti per sviluppare modelli di business e corsi su come creare il team più efficace dal punto di vista delle risorse umane. Le realtà che parteciperanno potranno inoltre beneficiare di:

  • Un hub di apprendimento online realizzato con MIP Politecnico di Milano che include una serie di moduli e corsi online gratuiti che le piccole e medie imprese possono frequentare indipendentemente dal livello di digitalizzazione e conoscenza. Le PMI riceveranno formazione su un’ampia gamma di tematiche come la strategia commerciale, il finanziamento, il marketing e l’internazionalizzazione. I corsi saranno tenuti da docenti della School of Management del Politecnico di Milano e da esperti di e-commerce, oltre ad esperti Amazon e metteranno a disposizione degli studenti un metodo di apprendimento community-based.
  • Boot camp intensivi – MIP Politecnico di Milano ha progettato un corso intensivo virtuale di una settimana per offrire a 500 startup e piccole imprese un percorso su misura per sviluppare le loro competenze digitali per vendere online.
    Webinar organizzati con le sedi territoriali di Confapi per la promozione dei corsi di digitalizzazione offerti dal programma.
    Webinar e Contenuti video realizzati dall’Agenzia ICE per fornire contenuti formativi sul commercio elettronico e l’internazionalizzazione d’impresa.
  • Un percorso di webinar realizzati da Netcomm per comprendere come il digitale stia trasformando lo scenario di mercato globale e supportare le PMI nel definire le iniziative digitali che possono intraprendere sia in ambito BTB che BTC.
    Webinar AWS “Primi passi nel Cloud per le PMI” – I Primi Passi nel Cloud Amazon Web Services (AWS) sono una serie di appuntamenti online gratuiti in Italiano – progettati per Piccole e Medie Imprese – che hanno l’obiettivo di aiutare a innovare con il cloud AWS e di sfruttare a pieno le potenzialità della Regione AWS Italiana attraverso tutorial e dimostrazioni pratiche tenute dagli esperti di AWS.
  • Partner istituzionali e del settore insieme per supportare imprenditori e aziende interessate a digitalizzarsi e lanciare le loro attività online, offrendo un’ampia gamma di servizi di formazione.

Carlo Ferro, Presidente ICE Agenzia, ha così commentato il lancio del programma: “Gli interventi di supporto alla ripresa, e di riposizionamento strutturale sui nuovi mercati, richiedono un’accelerata transizione verso il digitale. È questa una sfida di capitale umano, una sfida alla sua capacità di essere attore di nuove proposte e di adeguarsi ai nuovi paradigmi del commercio mondiale e dell’innovazione tecnologica. In una parola, è una sfida di formazione”.

Trend 2021: un cambio di prospettiva su vita, tecnologia e business

  • I Trend 2021 guardano ad un mondo instabile con un cambio di prospettiva su Vita, Tecnologie, Business e Persone
  • La crescita della tecnologia a favore del distanziamento sociale e della creazione di Io digitali, in un mondo sempre più astratto
  • Persone e aziende in cerca di uno scopo e con la necessità di ridefinire il loro ruolo e impatto nella società

Ci apprestiamo a terminare un anno che ha rimesso in discussione il sistema mondo e occuperà un posto d’onore nei libri di storia. Il 2020 è: pandemia, elezioni americane, attivismo di piazza e di poltrona, crisi climatica, incendio di Beirut, nuovi equilibri geopolitici in Medio Oriente, la guerra economica tra USA e Cina, e l’anno non è ancora terminato. E anche tanta tecnologia, dai robot negli ospedali, alle navicelle di Elon Musk, alla sempre più presente intelligenza artificiale.

Trend 2021

Stiamo vivendo un cambiamento epocale. Possiamo rispondere all’incertezza fermandoci ad aspettare che finisca, oppure muovendoci a piccoli passi, cercando e sperimentando nuovi modelli di vita e azienda. Con questo secondo approccio presentiamo nei prossimi paragrafi alcuni trend 2021, in una visione che abbraccia con flessibilità un mondo instabile.

Vita, tecnologia, business, persone i macro temi che tratteremo partendo dalle ricerche e dai report di Deloitte, Gartner e Fjord di Accenture.

Il design incentrato sulla vita

Siamo abituati a sentir parlare di Human Centered Design (HCD). Una metodologia per progettare soluzioni realmente applicabili per le persone, attraverso una comprensione empatica delle loro esigenze.

Lo Human Centered Design, come suggerisce del resto il nome, ha una visione umano centrica. Quello che stiamo comprendendo è che l’uomo non è più il centro, ci sono anche le altre forme di vita, le specie a rischio, le piante. Il Covid-19 molto probabilmente è frutto di un passaggio di specie (spillover), causato dall’alterazione di ecosistemi naturali.

In questo contesto Fjord Trend parla di Life-centered Design, un concetto ispirato alle teorie dello scrittore John Tackara, cioè di progettare soluzioni per la vita, non solo per quella degli uomini. In quanto l’uomo è parte di un ecosistema. Parliamo quindi di una mentalità più sistemica nel design. Per esempio il design che coinvolge le persone in una causa collettiva è un design incentrato sulla vita.

trend 2021: life design

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Questo trend riguarda il modo in cui sta cambiando la perfetta sovrapposizione tra desiderabilità, fattibilità e vitalità del diagramma di Venn, e con essa le risposte progettuali delle organizzazioni verso prodotti o servizi sostenibili e che abbiano un senso e profitto per il business.

Un esempio è Dr. Martens che ha creato un modello di scarpe vegan, aumentando il profitto del 70%.

Trend 2021: Tecnologie

Il distanziamento sociale sta portando a un’accelerazione nell’utilizzo di quelle tecnologie, che creano e facilitano lo spostamento in digitale di persone, aziende, processi. Un esempio è la crescita nell’utilizzo della Telemedicina, cioè la possibilità di essere curati a distanza dal medico, i digital twin, l’evoluzione del Cloud, Internet of Behaviors e l’astrazione del denaro. Tecnologie che esistono già, ma oggi stanno mostrando tutto il loro potenziale e nei trend 2021 avranno un ulteriore sviluppo.

Telemedicina e sanità digitale

L’utilizzo della Telemedicina nel 2020 è passato in US dall’11% al 46% e il 76% delle persone, secondo una survey McKinsey, si dicono interessate ad adottare soluzioni di Telemedicina. Nel prossimo futuro si prevedono servizi sanitari più virtualizzati, in un mix bilanciato tra virtuale e in presenza.

Oggi si sta utilizzando molto la visita virtuale nella psicoterapia, ma potrà essere esteso a follow-up per riabilitazione cardiaca, o per la gestione da parte del medico di pazienti cronici, con supporto di strumenti di monitoraggio. McKinsey prevede che in USA 260 miliardi di $ in spesa sanitaria (Medicare, Medicaid, Commercial OP, ecc.) potrebbero essere completamente trasferiti in servizi virtuali.

McKinsey & Company survey

Fonte: https://www.mckinsey.com/industries/healthcare-systems-and-services/our-insights/telehealth-a-quarter-trillion-dollar-post-covid-19-reality#

Digital Twins

I Digital Twins come il 3D e i modelli di dati sono strumenti consolidati nella produzione e industria, sono utilizzati per la riproduzione digitale di prodotti e sistemi al fine di testarne il comportamento. Sono legati alla diffusione dei progetti IOT, per esempio in ambito industriale si utilizzano per la manutenzione predittiva. Secondo un report di Grand View Research, il mercato dei digital twins raggiungerà 26,07 miliardi di dollari entro il 2025

I Digital Twins si stanno affermando e continueranno a farlo anche fuori l’ambito industriale. Un esempio è The Diigitals, che ha creato una fashion agency di modelle realizzate completamente in 3D, con una vera e propria personalità. Un altro esempio è l’utilizzo dei Digital Twins nell’ambito dell’assistenza sanitaria. In futuro avremo “pazienti digitali”, cioè un modello digitale personalizzato del paziente lungo tutta la sua vita. Ad oggi questa idea è stata già applicata da Philips su una singola parte del corpo, con un’applicazione chiamata Heart Model che crea un cuore in 3D partendo dalle immagini ecografiche 2D del paziente.

Cloud distribuito

Il cloud distribuito è il futuro del cloud. Si tratta della possibilità di distribuire servizi di cloud pubblico in diverse posizioni fisiche al di fuori dei data center dei provider. Quest’ultimi, nonostante non debbano necessariamente avere la proprietà di alcuni sistemi su cui risiedono dati e servizi propri dell’utente, mantengono la responsabilità sull’efficacia del servizio globale erogato. Si preoccuperanno quindi della sicurezza, governance e aggiornamenti tecnologici. Consentire alle organizzazioni di avere questi servizi fisicamente più vicini aiuta con scenari a bassa latenza, riduce i costi dei dati e aiuta a soddisfare le leggi che impongono che i dati debbano rimanere in un’area geografica specifica. Le organizzazioni inoltre continuano a trarre vantaggio dal cloud pubblico e non gestiscono il proprio cloud privato, che può essere costoso e complesso.

Internet of Behaviors (IoB)

Tra i trend 2021 sulla tecnologia, Gartner ci parla di Internet of Behavior (IoB). Si tratta dell’utilizzo dei dati, che i dispositivi tecnologici acquisiscono nella nostra vita quotidiana, per influenzare i comportamenti delle persone attraverso una serie di feedback.

Per esempio per le automobili, monitorando i comportamenti di guida, le aziende possono utilizzare i dati per migliorare le performance, il percorso e la sicurezza delle persone.

Un altro esempio sono i dispositivi wearable che le compagnie di assicurazione sanitaria possono utilizzare per  tracciare l’attività fisica delle persone e ridurre i premi assicurativi. Gli stessi dispositivi potrebbero essere usati anche per monitorare l’acquisto di alimenti, i prodotti poco salutari faranno quindi aumentare i premi quelli salutari invece abbassare.

Chiaramente questo comporta anche implicazioni etiche e sociali, che dipendono dallo scopo e i risultati che si vogliono ottenere. Le leggi sulla privacy per questo avranno un grande impatto sull’utilizzo dell’IoB.

Relazione con il denaro

Negli ultimi anni la nostra relazione con il denaro fisico sta diventando più ambigua ed astratta, grazie a sistemi di pagamento digitale come smartphone, riconoscimento facciale, impronta digitale e negozi senza cassieri. Proprio la pandemia ha portato a preferire pagamenti con carte per avere meno contatto possibile con il denaro. Tra i trend futuri, Fjord ci parla di un cambiamento ancora più radicale e astratto con il denaro. Pensate alla possibilità di aggiungere valore (come un emoji) attraverso lo scambio di una fotografia sui social network, oppure a unità di denaro che portino con sé dei livelli di informazioni e diano automaticamente accesso ad agevolazioni a seconda dello status sociale, come studenti. O ancora donazioni verso enti benefici, che sblocchino automaticamente sul conto corrente sconti per negozi nelle vicinanze.

trend 2021: money

A fronte di un’astrazione del denario stanno entrando in gioco nuovi attori nel panorama finanziario, pensiamo a Facebook Libra. I servizi tradizionali, hanno dalla loro parte la fiducia e la sicurezza delle persone, ma anche una grande sfida ad innovare e garantire ai propri clienti la qualità di esperienze sempre all’avanguardia, in grado di differenziarli dall’affollato panorama di competitor.

Trend 2021: Business

La pandemia ha portato o sta portando molte persone a riconsiderare l’acquisto e il consumo di beni e servizi in un’ottica più consapevole. Le persone chiedono alle aziende nuovi modelli di crescita, un senso nell’acquisto che porti valore anche per il mondo circostante, che sia sostenibile da un punto di vista ambientale e sociale. È sotto gli occhi di tutti del resto la difficoltà di governi e istituzioni a fronteggiare l’emergenza sanitaria, climatica, sociale.

Qual è il ruolo delle aziende oggi? Come possono crescere è aumentare i profitti, restituendo valore al mondo? Purpose e Partnership tra i trend 2021.

Organizzazioni guidate da uno scopo

Le Organizzazioni che sanno perché esistono e per chi stanno lavorando, sono in grado di navigare un cambiamento senza precedenti e far crescere i loro profitti. Non è la prima volta che parliamo di Purpose, sappiamo bene quanto sia importante conoscere e perseguire il proprio perché sia per i propri clienti, per i dipendenti e per la comunità.

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Consideriamo tuttavia ancora il purpose tra i trend 2021, perché le aziende lo stanno prendendo sempre più in considerazione e “attuando” autenticamente. Il Purpose infatti non è una dichiarazione nelle pagine “About us” del sito web, è qualcosa che l’azienda persegue ogni giorno con il proprio lavoro, è la base su cui l’azienda si poggia, si muove e prende le proprie decisioni, a prescindere dal prodotto che vende. Le imprese guidate da uno scopo non solo hanno maggiore attenzione da parte delle persone, ma stimolano anche una loro azione positiva.

Il purpose per essere perseguito richiede prima di tutto una grande consapevolezza dell’azienda, poi dovrebbe essere condiviso a tutti i livelli  e non gestito in silos con il rischio di apparire confusionario o falso, non da ultimo concretizzato con policy aziendali adeguate e misurato con KPI.

Per dimostrare l’impatto positivo del Purpose sul profitto dell’azienda, Unilever ha misurato le performance dei suoi “Sustainable Living Brand”, cioè brand guidati da scopo ambientale o sociale,  rispetto al resto dei prodotti del portfolio. Il risultato è stato che i primi sono cresciuti del 69% più velocemente rispetto gli altri, portando al 75% di crescita dell’azienda.

Quando un’azienda conosce e persegue il proprio perché internamente ed esternamente è quasi naturale collegare il ruolo dell’impresa nella società e il valore che può portare agli stakeholder.

Partnership

In ottica Human-centered, le aziende stanno scavando più a fondo nel capire i reali problemi delle persone e come possono risolverli in modo olistico. In questo contesto parliamo di nuove strategie di partnership, fusione, collaborazione tra aziende, che rafforzino il singolo prodotto o servizio del brand offrendo una serie di soluzioni correlate.

trend 2021: partnership

Un esempio in questa direzione è ExxonMobil, una delle principali compagnie petrolifere statunitensi, che ha creato un nuovo ecosistema di cura delle auto in Cina, passando dal tradizionale sistema B2B a un mercato customer-driven. ExxonMobil ha fatto una partnership con una global tech company e un brand locale per la manutenzione dell’auto, creando un’esperienza digitale che permetta ai clienti di ricevere consigli per curare la propria auto e prenotare servizi di manutenzione. Questo ha consentito a ExxonMobil non solo di rifornire i veicoli, ma anche assicurare che funzionino in modo sicuro ed efficiente.

Un altro esempio interessante è quello di Lloyds Bank, che in partnership con Mental Health UK, ha creato un servizio per promuovere la consapevolezza pubblica e offerto delle risorse per affrontare l’impatto psicologico negativo portato da problemi finanziari. Lloyds Bank con l’aiuto di un partner ha offerto quindi non solo una soluzione finanziaria, ma anche il benessere mentale delle persone in un momento in cui c’è molta ansia e il portafogli è in difficoltà.

Persone Liquide

Come in un cerchio abbiamo guardato i trend 2021 partendo dal Life-centered design e chiudiamo tornando alle persone e alla vita. Fjord Trend ci parla di Persone Liquide, guardando alla crescita da un punto di vista umano. In questo ultimo anno, molti di noi hanno iniziato un percorso di ridefinizione di sé stessi, della vita che conduciamo, del lavoro che svolgiamo e del nostro impatto sul mondo che ci circonda. E la definizione del nostro essere si sta sempre più staccando dagli oggetti. Creando un vero e proprio conflitto tra desiderabilità, appagamento nell’acquisto ed etica.

trend 2021: persone liquide

Siamo maggiormente consapevoli di problemi come il cambiamento climatico, la salute mentale, la sostenibilità. Abbiamo iniziato a pensare ad una vita che abbia uno scopo e a fare profonde riflessioni su ciò che è veramente importante. La chiusura in casa per proteggere l’altro, ha portato un senso di responsabilità personale, ma anche di maggiore consapevolezza di vivere in una comunità e di come l’azione di uno possa impattare l’altro, soprattutto se appartenente a fasce più deboli.

Questa ridefinizione di sé stessi trova un riscontro concreto nel consumo e nel nostro lavoro quotidiano. Il consumo non è morto, ma sta cambiando e le aziende devono aiutare le persone a definirsi in un modo diverso che va oltre quello che consumano. Iniziamo a riflettere di più prima di acquistare nuovi prodotti (Conscious consumer) o lavorare per aziende senza uno scopo, soprattutto se quest’ultime sono incuranti dell’impatto sociale che hanno. E ne parliamo, ci confrontiamo all’interno di community, indignandoci o sostenendo le aziende che a loro volta ridefiniscono sé stesse.

Il COVID-19 e turismo: cosa cambierà nei prossimi mesi?

  • Tra i settori maggiormente colpiti dal COVID-19, c’è il turismo. Il virus ha influito con conseguenze catastrofiche sulla mobilità 
  • Il 2021 sarà caratterizzato da spostamenti finalizzati al ricongiungimento con i propri cari

 

Il settore turistico è senza alcun dubbio il comparto che è stato messo maggiormente in ginocchio dalla pandemia di COVID-19 e dalla crisi sanitaria internazionale, che in questi mesi stanno colpendo l’intero pianeta. 

In aggiunta ai numeri che possono destare non poche preoccupazioni, il virus sta modificando radicalmente la nostra società e con essa l’intero sistema economico. 

Molte cose cambieranno e tante altre sono già cambiate. Gli scenari che dovremo affrontare saranno innumerevoli e le scelte che il virus ci imporrà di fare saranno numerose. Ma ciò che in realtà sta cambiando (e danneggiando) notevolmente, è il nostro modo di viaggiare e muoverci. Il comparto turistico sta vivendo una profonda crisi e lo stesso World Trade and Tourist Council ha affermato che la pandemia sta avendo un impatto così profondo tanto da danneggiare l’intera economia di paesi come l’Asia gli Stati Uniti e la stessa Europa.

Cosa cambierà nel comparto turistico nel 2021

Se nel 2020 la crisi sanitaria internazionale ha profondamente danneggiato l’intera industria turistica, nel 2021 gli scenari che si prospettano non sono di certo più rosei. 

Le scelte che in questi mesi sono state messe in campo per limitare la pandemia, avranno delle conseguenze catastrofiche sui viaggi e più in generale sugli spostamenti. Un esempio su tutti è l’adozione della didattica distanza, che senza alcun dubbio muterà profondamente i periodi di vacanza e connessi gli spostamenti per lavoro o divertimento. 

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Altro aspetto da non sottovalutare sarà la pulizia, che senza alcun dubbio continuerà ad essere una prerogativa di tutti i viaggiatori. Sebbene molti Hotel abbiano assunto dei responsabili delle pulizie alla quale è possibile rivolgersi in caso di dubbi sulle sanificazioni e sulle procedure di messa in sicurezza, i viaggiatori continueranno a preferire gli appartamenti privati per evitare assembramenti e code.

Infine i viaggi a lungo raggio, che saranno inevitabilmente influenzati dal numero dei contagi, dalle zone rosse e limitazioni negli spostamenti. Dunque continueranno ad essere un sogno ancora troppo lontano. 

Il viaggio: cambia forma e significato

La pandemia oltre ad offrire tutta una serie di limitazioni degli spostamenti, ha certamente mutato anche il significato stesso del viaggio. Nel 2021 viaggiare significherà avvicinarsi ai propri cari, ricongiungersi e rincontrarsi dopo mesi di lontananza forzata. 

È in questa prospettiva che uno dei portali turistici più rivoluzionari degli ultimi anni, cioè Airbnb, offre e rilancia l’idea della condivisione degli spazi ed appartamenti privati, che oltre ad offrire un reddito extra potrebbero rappresentare (anche se in parte) uno slancio al settore turistico. 

L’idea di Airbnb è supportata da un’indagine condotta negli Stati Uniti d’America chi ha essenzialmente portato a galla tre importanti aspetti.

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1. La possibilità di lavorare e studiare ovunque 

La didattica distanza ed il lavoro in remoto hanno senza anche degli aspetti positivi, uno su tutti è la possibilità di svolgere queste due attività in qualunque angolo del paese. Ad esempio viaggiare senza interrompere gli studi dei propri figli è evidente che possa essere un grande vantaggio, come la possibilità di trasferirsi in un altro luogo per poter lavorare o studiare in remoto. 

L’importanza di questi aspetti è sottolineata da uno studio fatto sulle recensioni degli ospiti nelle quali le percentuali delle persone (introno al 23% ed attualmente in aumento) confermano di aver usufruito del servizio per trasferirsi nelle aree rurali per lavorare in remoto o per spostamenti di lavoro. 

2. Nuove destinazioni più vicine

La pandemia globale ha senza alcun dubbio scoraggiato i grandi viaggi gli spostamenti internazionali, favorendo mete più vicine ma senza rinunciare al divertimento e al relax. 

Dunque il virus ha completamente riformulato il concetto di viaggio anche in questo senso incoraggiando l’esplorazione di località più vicine optando per destinazioni idonee per vacanze in ogni periodo dell’anno. 

La riformulazione del concetto di viaggio e la scelta di destinazioni più vicine comporta e comporterà, due conseguenze molto importanti: la prima sarà la riduzione dell’inquinamento atmosferico determinato da viaggi essenzialmente più brevi, la seconda sarà una destagionalizzazione delle mete turistiche.

3. In viaggio anche con le emozioni

Le limitazioni della libertà personale e della possibilità di muoversi da un posto ad un altro, hanno certamente aumentato la voglia di muoversi e viaggiare. Ma quali sono i viaggi che le persone in questi mesi e nei prossimi vorrebbero intraprendere? Torneremo a viaggiare con le stesse motivazioni con le quali nei mesi e negli anni precedenti eravamo soliti fare?

La risposta è no. Viaggiare, come già accennato, significherà ricongiungersi con i propri cari, stare vicino ai propri amici e vivere la propria vacanza in un ambiente dei bassi rischi determinati dalla socializzazione con altri ospiti.

Viaggiare dunque in gruppo diverrà il nuovo modo di muoversi prevedendo attività di gruppo come esperienze creative, esperienze intellettuali e formative. 

Quando sarà possibile nuovamente viaggiare lo faremo certamente con uno spirito diverso. Nonostante l’incertezza del momento presto torneremo a spostarci, ma lo faremo in modo del tutto inedito e ciò che non cambierà sarà la voglia di tornare ad abbracciarci.

amazon pharmacy

Amazon lancia Pharmacy, la farmacia online che potrebbe rivoluzionare il settore

Amazon ha annunciato il lancio di Pharmacy, un servizio che offrirà sconti fino all’80% sui farmaci generici acquistati dagli abbonati Prime senza assicurazione sanitaria

La farmacia online del colosso dell’eCommerce apre la strada a una possibile rivoluzione in un’industria che vale miliardi di dollari e in effetti l’annuncio ha affondato i titoli dei colossi del settore.

Amazon Pharmacy

Per il momento Amazon Pharmacy opererà solo negli Stati Uniti e i prezzi ridotti potrebbero attirare anche quei consumatori che finora erano stati reticenti agli acquisti di medicinali sul web, ma che in seguito alla pandemia si sono adattati ad acquistare qualsiasi prodotto online.

Il colosso di Bezos, insomma, scommette sul cambio delle abitudini dei consumatori che, complice il Covid-19, hanno iniziato ad usare Amazon per ogni tipo di acquisto.

amazon pharmacy

“Siamo consapevoli dell’importanza di medicinali a prezzi convenienti e riteniamo che gli abbonati Prime vedranno un notevole valore” nel nuovo servizio, afferma Jamil Ghani, vice presidente di Amazon Prime. La farmacia online “è un’importante e necessaria aggiunta alla piattaforma”, aggiunge Doug Herrington, vicepresidente della divisione consumatori in Nord America di Amazon.

Il nuovo servizio dovrebbe partire a giorni, riservato solo a clienti maggiorenni. Non saranno venduti medicinali classificati Schedule 2, che includono anche gli oppioidi. Per acquistare i farmaci bisognerà fornire alcuni dai e caricare online la prescrizione del medico, quando necessaria. Tuttavia se l’acquirente non dispone della prescrizione, Amazon potrà svolgere un ruolo da intermediario e richiederla direttamente al medico curante.

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Dove tutto è iniziato

Nel 2018 Amazon aveva mosso i primi passi nel settore acquistando PillPack per oltre 700 milioni di dollari. Il servizio era rivolto a pazienti che soffrono di malattie croniche e assumono diversi medicinali al giorno. Amazon Pharmacy sembra voler ampliare proprio questo servizio, offrendolo a un pubblico decisamente più ampio.

abbigliamento da casa

Come la pandemia ha cambiato il nostro abbigliamento da lavoro

  • Mentre ci sottoponiamo ad un altro lockdown nazionale, accogliamo nei nostri guardaroba abiti casual e loungewear.  Tornano i look comodi e si propagano nuove tendenze in fatto di abbigliamento da lavoro
  • Spazio a nuove campagne pubblicitarie irriverenti e a limited edition per consacrare lo smart working ed un nuovo dresscode lavorativo

 

Molti di noi, negli ultimi mesi, hanno lasciato gli uffici per lavorare da casa a causa della pandemia globale. I lavoratori hanno dimostrato entusiasmo per questa importante novità, diversi hanno subito approfittato dell’opportunità di dormire quell’ora in più ogni mattina. Per altri questo periodo è stato una vera e propria lotta: un continuo destreggiarsi tra vita e lavoro con conseguente sconfinamento.

Ad ogni modo, il lavoro da casa ha ridefinito la questione dell’abbigliamento una volta per tutte. La fine degli incontri vis-à-vis e delle riunioni in presenza hanno sacrificato gli outfit più formali per dare spazio al comfort.

abbigliamento da lavoro

Secondo un recente studio di Harvard Business Review il look business professional è prediletto da chi vuole apparire esperto agli occhi di clienti e colleghi, anche durante le videochiamate. Fra gli over 60 la percentuale di chi sceglie un abbigliamento formale da remoto è addirittura del 46%. Si tratta di un trend che guarda da vicino anche le nuove generazioni. Infatti, otto giovani su dieci scelgono un dress code business anche su Skype e Zoom. Un metodo per impressionare positivamente chi partecipa all’incontro.

In quest’ottica, durante una videochiamata, i vestiti sono considerati uno degli elementi più importanti per fare bella figura, secondi solo al background. Facciamo riferimento agli sfondi pieni di libri, tra i più inflazionati dell’ultimo anno. E se lo smart working sembra aver sdoganato il pigiama per le settimane di lavoro a distanza, c’è chi si preoccupa dell’outfit ideale.

La nuova campagna pubblicitaria “Working from Home” di Henri Vézina

Recentemente il marchio di abbigliamento Henri Vézina ha lanciato la sua nuova campagna pubblicitaria. Gli scatti sono stati realizzati, in collaborazione con l’agenzia creativa Dentsu, per pubblicizzare la nuova collezione “Work from Home” del marchio canadese che presenta modelli maschili vestiti con abiti semi-formali.

abbigliamento da lavoro

Il brand ha creato una comunicazione che suggerisce ai suoi clienti di ridurre della metà il costo del loro guardaroba aziendale e di preoccuparsi solo della parte superiore dell’abbigliamento formale. Perché, siamo onesti, nessuno vedrà la metà inferiore. Le foto della campagna mostrano modelli maschili vestiti con abiti formali a metà.

abbigliamento da lavoro

Ogni annuncio stampato presenta un modello che indossa un due pezzi, ma senza pantaloni. Sembrano eleganti, sembrano accattivanti e pronti per una videochiamata sgargiante.

Telcollection, la campagna di Prisma per lavorare in giacca e intimo

A giugno una campagna pubblicitaria molto simile a quella di Henri Vézina è stata lanciata da Prisma. La catena finlandese di abbigliamento low cost ha incluso modelli vestiti con abiti a metà, senza pantaloni.

abbigliamento da lavoro

“Non appena è stato annunciato l’inizio del blocco nel paese, c’è stato un aumento esponenziale delle vendite di homewear. Ci siamo subito resi conto di quanto fosse necessario pensare in modo attivo e produttivo per soddisfare questa esigenza”, ha dichiarato il vicepresidente per lo sport e l’abbigliamento di Prisma, Päivi Hole.

abbigliamento da lavoro

La linea Telcollection (dalla sigla Telco del mondo delle telecomunicazioni) è stata creata per soddisfare le esigenze di chi è perennemente in conference call. Non una moda passeggera, ma un vero e proprio cambiamento di stile che ha ormai invaso le nostre vite.

Cole Haan collabora con Slack per lanciare una collezione di sneaker in edizione limitata

Un’ode distopica all’ascesa del lavoro a distanza, Cole Haan collabora con Slack per creare una collezione di sneaker in edizione limitata ispirata alla popolare piattaforma di comunicazione aziendale.

abbigliamento da lavoro

Le scarpe sono ispirate all’ascesa del lavoro a distanza che ha portato molte aziende a fare affidamento su programmi come Slack.

Una collaborazione adatta a questi tempi incerti, la scarpa “Generation Zerøgrand”, costa 145 euro e include quattro modelli, nei quattro colori distintivi di Slack, che mostrano in modo ben visibile il logo dell’app.

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Il marchio di abbigliamento ha pubblicato un annuncio sulla sua pagina Twitter, dicendo ai suoi follower di “mantenere attive le notifiche” per il lancio ufficiale. Secondo Cole Haan, la collezione nasce dall’attuale esigenza di molte aziende di utilizzare programmi come Zoom e Slack per facilitare la comunicazione virtuale e gestire i flussi di lavoro senza essere in ufficio.

“La partnership è sembrata una scelta naturale per i due marchi innovativi, in particolare dato che ogni fase dello sviluppo del prodotto di Cole Haan – inclusa la creazione di questa particolare collaborazione – avviene su Slack”, si legge in una nota di Cole Haan.

La popolarità diffusa di Slack negli ultimi anni ha contribuito a spingere il marchio tecnologico a presentare la sua offerta pubblica iniziale nell’aprile 2019 con una valutazione di 23 miliardi di dollari. Sebbene Slack attualmente abbia una linea di merchandising online con articoli di marca come calzini e magliette, questa è la prima collaborazione esterna dell’azienda con un importante marchio di moda.

“Le capacità innovative di Slack si sono dimostrate uno strumento prezioso e una risorsa per la nostra azienda”, ha affermato in un comunicato David Maddocks, presidente di Cole Haan.