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Whatsapp Business: a cosa serve e le ultime novità

Whatsapp Business: a cosa serve e le ultime novità

  • Con Whatsapp Business puoi creare un rapporto personale con i tuoi clienti, aumentandone così la fidelizzazione
  • Permette di impostare le risposte rapide per le domande più frequenti, una comunicazione veloce con i clienti… e non solo!

 

WhatsApp Business nasce con lo scopo di sfruttare la messaggistica istantanea per migliorare la qualità dei servizi delle PMI. Tutte le aziende, quindi, possono comunicare in modo più efficiente con tutti i loro clienti.

WhatsApp, fin dalla sua nascita, è l’applicazione di messaggistica che permette di rimanere in contatto con amici e familiari.

Whatsapp Business: a cosa serve e le ultime novità

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Un po’ di numeri…

Dal 2018, WhatsApp può essere utilizzata anche per rimanere in contatto con i propri clienti e, ad oggi, grazie alla versione Business conta più di 50 milioni di utenti in tutto il mondo. L’azienda di proprietà di Facebook ha rilasciato una versione ad hoc per le piccole e medie imprese, chiamata WhatsApp Business.

Tramite quest’app i clienti possono vedere il tuo catalogo e contattarti in maniera molto rapida.

  • Il 61% degli utenti preferisce scrivere ad un’azienda piuttosto che chiamarla;
  • Il 59% preferisce inviare messaggi tramite chat piuttosto che tramite e-mail.

La stessa azienda ricorda che:

I clienti non amano essere messi in attesa o trasferiti da un operatore all’altro durante le chiamate al servizio clienti e vogliono avere la certezza che i loro messaggi vengano letti da qualcuno.

La pandemia che stiamo vivendo ha dimostrato chiaramente che le aziende hanno bisogno di metodi alternativi per interagire con i clienti e concludere le vendite in modo veloce ed efficiente. WhatsApp si è rivelata una risorsa utile ed efficace, e ogni giorno oltre 175 milioni di persone inviano messaggi proprio ad account WhatsApp Business.

Una nostra ricerca ha rivelato che i clienti preferiscono inviare un messaggio alle attività per ottenere assistenza e sono più propensi a completare l’ordine quando questa opzione è disponibile.

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Cosa riguarderanno le novità

Forti di un processo ben collaudato, grazie al successo dell’applicazione stessa e delle API di Whatapp Business, l’azienda precisa che:

Siamo convinti che WhatsApp possa contribuire a fare della messaggistica lo strumento più efficace per mettere in contatto attività e consumatori.

Da qui, emergono gli interessi concreti per contribuire a rendere sempre migliore la gestione delle proprie conversazioni con i clienti. Ecco cosa riguarderanno le ultime feature e prospettive.

Acquisti

Nuove funzionalità per visualizzare i prodotti disponibili e completare l’acquisto direttamente dalla chat. Inoltre, si consentirà alle attività di integrare più facilmente queste funzioni con le proprie soluzioni di vendita e assistenza ai clienti, in modo da aiutare le piccole aziende, che in questo momento particolare sono le più colpite.

Servizi di hosting di Facebook

Ogni attività commerciale ha esigenze tecnologiche diverse e deve poter scegliere con quali aziende collaborare per la gestione delle comunicazioni con i propri clienti.

Proprio per questo, nell’arco dei prossimi mesi verranno ampliate le partnership, già in essere, con i fornitori di soluzioni aziendali con cui l’azienda collabora da circa due anni. Verranno messi a disposizione delle aziende anche nuove opzioni per la gestione dei messaggi di WhatsApp attraverso servizi di hosting che Facebook ha in programma di offrire.

Questa opzione, forse la più importante, permetterà, alle piccole e medie imprese, di avviare l’attività su WhatsApp, vendere prodotti, tenere aggiornato l’inventario e rispondere tempestivamente ai messaggi, anche quando i dipendenti lavorano in smart working.

Vendite di servizi alle aziende

L’unica nota dolente, seppur in mare di positivo, è quella che si riferisce all’addebito, nei confronti dei clienti business, d’una tariffa per alcuni dei servizi offerti.

Questo permetterà a WhatsApp di continuare a sviluppare la propria attività e, allo stesso tempo, garantire e ampliare il servizio di chiamate e messaggi gratuiti, protetti dalla crittografia end-to-end, per oltre due miliardi di utenti.

Una vera e propria dichiarazione d’intenti che mira ad incentrare tutto sulla facilità di scambio di informazioni, e quindi di creare ancora più “legame”, anche e soprattutto, in termini economici tra brand e clienti. Noi non vediamo l’ora, e tu?

Come aprire il profilo su Whatsapp Business

Il primo passo da fare è scaricare l’app gratuita da Play Store o App Store di Apple.

Se già usi WhatsApp, all’apertura dell’applicazione della versione Business ti viene richiesto di migrare tutte le chat e i contenuti multimediali da un account all’altro. Di fatto, usi solo l’app WhatsApp Business, su cui viene trasferito ogni contenuto, attraverso una procedura guidata. Non temere!

Se non hai mai utilizzato WhatsApp, allora ti viene richiesto di verificare il tuo numero di telefono. Portati a termine questi primi passaggi, devi:

  • Scegliere un nome per il tuo account;
  • Il nome dell’azienda;
  • Aggiungere un’immagine di profilo;
  • Definire la categoria a cui appartiene la tua attività (alimentari, abbigliamento, etc.).

Quando hai concluso questi step, l’applicazione di permette di procedere.

Così, giungi a una schermata dove trovi le tre sezioni dell’applicazione WhatsApp classica: ChatStato e Chiamate.

Allo stesso modo, in alto a destra si trovano i tre pallini bianchi del menu Altre opzioni. Quello che devi fare adesso è andare, dal menu, alle Impostazioni.

Questo passaggio è importante per completare il tuo profilo aziendale. Infatti, andando sul nome dell’attività e poi sul simbolo della matita in alto a destra, hai accesso ad un’altra schermata.

Da qui puoi inserire tutte le voci che riguardano la tua attività:

  • Numero di telefono;
  • Indirizzo;
  • Descrizione di prodotti o servizi;
  • Orari di apertura;
  • Indirizzo e-mail;
  • Indirizzo sito web

Whatsapp Business: a cosa serve e le ultime novità

A cosa serve

WhatsApp Business permette di creare una scheda della tua azienda, un po’ sulla falsa riga di Google My Business. Il tuo account business deve essere completo di tutte le informazioni utili ai tuoi clienti, per essere facilmente reperibile. Risulta indispensabile per tutti i commercianti che desiderano condividere informazioni sui loro prodotti e servizi più facilmente.

I cataloghi funzionano come vere e proprie vetrine mobili, nelle quali le aziende possono mostrare i loro prodotti. I clienti interessati possono semplicemente sfogliarli e scoprire facilmente cosa vogliono acquistare.

Finalmente i clienti possono visualizzare il catalogo completo direttamente all’interno di WhatsApp. Questo dà ai proprietari di aziende un aspetto più professionale e permette loro di coinvolgere i clienti in chat senza indirizzarli verso il sito web. Un sorta di rapida ed estensione digitale del proprio store fisico.

Fai attenzione al nome che decidi di dare all’attività, perché non avrai più occasione di modificarlo.

Come creare e gestire un Catalogo

  • Vai su Impostazioni > Impostazioni attività > Catalogo;
  • Clicca su “Aggiungi prodotto o servizio” per creare un nuovo catalogo;
  • Clicca sull’icona “+” e Aggiungi immagini;
  • Scegli foto esistenti dalla tua galleria o scattane di nuove tramite la fotocamera. Puoi scegliere fino a 10 immagini;
  • Aggiungi il nome dei prodotti o dei servizi, e, se desideri, puoi inserire informazioni aggiuntive, come la descrizione, il prezzo e un link che rimandi al sito web;
  • Una volta che hai concluso tutti i passaggi, clicca su “Salva”.

Vantaggi e svantaggi di Whatsapp Business

Eccoti alcuni dei vantaggi davvero degni di nota per tutti coloro che fanno uso di questa versione della celebre App:

  1. Puoi creare un rapporto personale con i tuoi clienti, aumentandone così la fidelizzazione;
  2. Permette di impostare le risposte rapide per le domande più frequenti;
  3. Permette una comunicazione veloce con i clienti;
  4. Permette di presentare la tua azienda e i tuoi prodotti;
  5. È gratis;
  6. È semplice da usare;
  7. Puoi fornire assistenza pre o post vendita;
  8. Non hai bisogno di avere un negozio online.

In merito agli svantaggi, ecco di seguito, alcuni di essi che ahimè risaltano davvero tanto… fammi sapere che ne pensi se già la utilizzi. Scrivi nei commenti!

  1. L’account è personale, e quindi la chat non può essere gestita da più collaboratori contemporaneamente;
  2. Non si possono inviare messaggi promozionali, altrimenti si rischia che l’account venga bloccato;
  3. Forte rischio di perdere il Tone Of Voice del tuo brand. Rimanere coerente al tuo modo di parlare.

Come permettere ai tuoi clienti di contattarti tramite WhatsApp Business?

Ecco due possibilità per essere contattati tramite l’app:

  1. Tramite numero di telefono;
  2. Per celebrare la soglia dei 50 milioni di utenti, WhatsApp Business ha introdotto una novità: tramite codice QR. I tuoi clienti possono iniziare a chattare con te semplicemente scannerizzando un codice QR!

Figo, no?

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Il futuro dello shopping è phygital: dal Virtual Shopping Service all’Home Try-On

  •  A causa del COVID-19, il mondo del retail ha dovuto accelerare il processo di digitalizzazione già in atto
  • La dimensione phygital sta diventando sempre più un driver del cambiamento, svelando nuovi modi di costruire la customer experience
  • Personalizzazione e connessione saranno i criteri determinanti nel successo del business che passa dal retail

 

Il COVID-19 ha rivoluzionato le nostre vite e cambiato il nostro modo fare acquisti e comunicare, incoraggiando sempre più persone a fare affidamento sulla tecnologia. Anche se l’adozione del digitale era già in ascesa, la pandemia ha accelerato questo trend, spingendo soprattutto i meno giovani a provare l’eCommerce.

Questa tendenza è destinata a crescere per tutto il 2021 e oltre. Gli utenti faranno sempre più shopping online e cercheranno servizi capaci di combinare i vantaggi dell’esperienza in store con la comodità e la personalizzazione dell’interazione online.

Per adattarsi a queste nuove istanze, le aziende dovranno valutare la possibilità di offrire un’esperienza d’acquisto tale da integrare l’esperienza fisica dello store con la componente digitale, e viceversa.

Ad oggi,  il 63% degli acquisti inizia online, tuttavia il 49% degli utenti preferisce ancora fare acquisti in negozio. L’ascesa dell’eCommerce porta gli shopper a sperimentare una customer journey personalizzata e on demand.  Questo fa sì che le loro aspettative relative all’esperienza in store siano altissime e non possano essere deluse.

Da qui, l’opportunità di offrire più valore a un costo inferiore attraverso una strategia phygital.

4 esempi di approccio phygital

Se ancora non hai piena dimestichezza di come potrebbe essere un approccio phygital, ecco alcuni esempi promossi dai grandi brand.

1. Nike

Nike ha sperimentato un nuovo tipo di negozio in stile pop-up, incentrato sul concept del negozio di quartiere. Il negozio Nike by Melrose a Los Angeles è stato progettato sulla base dell’analisi dei dati dei clienti di Los Angeles NikePlus. Questi insight hanno fornito le informazioni necessarie per stabilire le offerte promozionali in store e sviluppare selezioni di prodotti customizzate.

Attraverso l’app Nike, i clienti possono riscattare i premi in store, prenotare una sessione di test prodotto, ordinare gli articoli per il ritiro e accedere ai resi inviando un messaggio al negozio.

2. Gucci

Pochi mesi fa, Gucci ha lanciato Gucci Live, un nuovo servizio di personal shopping virtuale che consente agli utenti di fare acquisti da remoto, comunicando con i consulenti del brand in videochiamata.

Attualmente il servizio è in fase di test ed è attivo nella sede di Gucci 9 di Firenze, ma il marchio prevede di estenderlo nelle altre cinque sedi di Gucci 9 a New York, Tokyo, Singapore, Sydney e Shanghai.

3. Timberland

Al fine di integrare l’esperienza in store con quella sul web, Timberland ha introdotto i TouchWall. Questi display digitali offrono ai clienti presenti in negozio l’intero catalogo online degli articoli del brand, insieme alla possibilità di creare una raccolta di preferiti in pochi semplici tap.

CloudTags Timberland Connected Store from cloudtags on Vimeo.

Inoltre, Timberland utilizza i dati ricavati dai tablet usati in negozio e dai TouchWall per fornire una migliore esperienze retail e potenziare la propria strategia di remarketing.

4. Warby Parker

Warby Parker offre agli utenti il servizio Home Try On, cioè la possibilità di ordinare e ricevere a casa fino a 5 paia di occhiali da provare gratuitamente, per un periodo di 5 giorni. Come si legge sul sito ufficiale del brand, il servizio si articola in 3 step.

  • L’utente seleziona fino a 5 paia di occhiali da ordinare in prova;
  • Warby Park invia gli articoli campione e l’utente ha fino a 5 giorni per provarli;
  • Il cliente ordina online l’articolo prescelto e restituisce i campioni via posta.

I principali takeaway per le aziende

Una strategia che integra l’esperienza fisica dello store con la componente digital incoraggia le persone ad interagire con il brand, offrendo loro maggiore connessione e una migliore esperienza d’acquisto.

Inoltre, il vantaggio di un approccio phygital è che le aziende hanno la possibilità combinare al meglio i dati degli utenti in store con quelli raccolti online attraverso gli strumenti di marketing omnichannel.

Questo fornisce una panoramica completa delle abitudini d’acquisto di ciascun cliente, sia in negozio che sul web. Così, man mano che il brand acquisisce queste informazioni, può elaborarle per progettare una customer journey su misura, attraverso offerte e promozioni personalizzate.

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La crisi ha colpito tante aziende italiane, ma per rilanciare le attività c’è il Digital Marketing

Lo avrai sentito e ri-sentito, perché lo pensiamo un po’ tutti: il 2020 passerà alla storia come uno degli anni più negativi di sempre. Le chiusure e le limitazioni imposte dalle autorità da un lato e il rischio percepito da parte del pubblico dall’altro hanno fortemente compromesso la domanda di beni e servizi, con conseguenze drammatiche sul fatturato di migliaia di aziende, piccole e grandi.

Siamo tutti dinanzi a un vero e proprio punto di svolta e, in uno scenario così imprevedibile, sono soltanto due le opzioni che abbiamo disposizione: continuare a svolgere le nostre solite attività come se nulla fosse, affidando la speranza di sopravvivenza del nostro business a fattori al di fuori dal nostro controllo, oppure darci una scossa e trasformare una minaccia tanto terribile in un’opportunità.

Adattarsi alla realtà in evoluzione con il Digital Marketing

Coi tempi che corrono essere resilienti è un dovere morale. Adattarsi alla realtà in continua evoluzione, resistere e non mollare mai sono parole d’ordine da tenere sempre tenere bene in mente; per te stesso, per la tua famiglia, per quella dei tuoi collaboratori e perfino per i tuoi clienti più affezionati.

E in questo il Digitale può venirci in aiuto, ma forse non tutti sanno bene come né da dove iniziare.

Noi abbiamo deciso di fare la nostra parte, offrendo un programma di 12 giorni per entrare nel Digital che toccherà tutti i temi fondamentali della Digital Strategy e del Social Media Marketing e che si rivolge agli imprenditori, ai commercianti e a chiunque lavori in un’azienda in difficoltà a causa della crisi.

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La 12 Digital Days Challenge Ninja

Dal 13 al 24 novembre, ogni giorno, per 12 giorni, avrai l’opportunità di accedere gratuitamente a un corso diverso. Così facendo, in meno di 2 settimane acquisirai conoscenze complete e aggiornate che ti consentiranno di muoverti con agio nel mondo digitale e cogliere nuove opportunità di business.

Grazie a un metodo didattico innovativo e interattivo, imparerai l’importanza della Digital Strategy e la potenza del Digital Advertising per la promozione dei tuoi prodotti e servizi; apprenderai come utilizzare in maniera professionale i principali Social Media per il tuo business e le come sfruttare la tecnologia per automatizzare le tue operatività di marketing; scoprirai le tecniche di scrittura più efficaci per il web e come ottenere il massimo dalle tue attività di marketing digitale.

Nel tuo percorso di formazione sarai guidato dal team Ninja e da alcuni dei più esperti professionisti del settore, impegnati sul campo da anni, e potrai conoscere il loro punto di vista e apprendere esempi pratici da poter replicare sin da subito, adattandoli facilmente alle tue esigenze.

Ognuna delle 12 Lezioni Gratuite è stata ideata per condensare nozioni teoriche e casi studio reali attraverso un metodo efficace al 100%. Apprenderai solo di contenuti significativi e di assoluto valore. A te la scelta. Puoi decidere di seguirne uno, tutti o solo quelli che ti interessano.

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Workspace: il COVID-19 segna l’addio agli open office

  • Il COVID-19 ha trasformato il nostro modo di approcciarci al lavoro. Dagli uffici siamo passati al salotto di casa, lavorando da remoto
  • Abbiamo lasciato in sospeso la nostra postazione in un open office spazioso, ma cosa troveremo al nostro ritorno? Diremo per sempre addio agli uffici condivisi? 

Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.

Le parole sono di Winston Churchill e noi non possiamo far altro che annuire con la testa e pensare a questo 2020. Quanti sono stati i cambiamenti che abbiamo dovuto affrontare quest’anno? Nelle ultime settimane sentiamo più forte, sulla pelle, quell’aria d’incertezza che sembra schiacciarci, giorno dopo giorno, nell’attesa di nuove regole, nuove norme e altri cambiamenti. Non possiamo tirarci indietro, presto dovremo affrontarne altri e nessun ambito sarà escluso, specialmente quello lavorativo. Il COVID-19 ha stravolto i nostri piani e ha rivoluzionato il mondo del lavoro, modificandone l’approccio che avevamo. Abbiamo cambiato modo di lavorare e il luogo. Dagli open office dove tutti eravamo riuniti insieme, siamo passati al salotto di casa, destreggiandoci tra telelavoro, faccende di casa e la solitudine di un PC lampeggiante.

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A cambiare, siamo cambiati, ma alla fine, siamo davvero migliorati?

Lavorare da remoto: come è andata davvero?

Le giornate ci sono sembrate infinite. La mattina sveglia presto accompagnata dall’ormai inseparabile nausea mattutina dovuta alle notizie e l’ansia per la pandemia. Ore e ore al PC, una breve pausa, un pranzo veloce e si riattaccava a lavorare. Non tutti abbiamo avuto le stesse esperienze, c’è chi, purtroppo, non ha potuto nemmeno lavorare, e chi ha avuto tante difficoltà a relazionarsi con il lavoro da remoto. Il pensiero andava spesso agli uffici semivuoti che ci siamo lasciati alle spalle, e qualcuno ha anche rimpianto la calca degli open office.

Ovviamente ci sono state persone che invece hanno adorato questo nuovo modo di lavorare e non ne vorrebbero più fare a meno. Il lavoro da remoto non è però flessibile come lo smart working e all’inizio tutti abbiamo fatto molta confusione tra i due.

I pareri sono diversi, e le discussioni tra le due fazioni di chi ama e odia lavorare da remoto, diventano sempre più accese.

I pro e i contro

Lavorare da remoto significa trasformare totalmente il punto di vista su come e dove lavorare. Non esiste più un ufficio, non c’è quel solito brusio che accompagna le giornate e che aumenta durante le pause, quando tutti si riuniscono per un caffè o un pasto leggero.

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Gli open office erano il teatro dove si intervallano suoni e immagini che scandivano una normale giornata lavorativa: il ticchettio delle scarpe dei colleghi che, frenetici, si spostavano da una scrivania all’altra, il fruscio dei documenti svolazzanti e il bip incessante delle mail. Ora sono semi deserti e non sicuri. 

Tutto sta cambiando, e la nostra casa è diventato il posto dove vivere e lavorare. Spesso le due cose si mescolano tra loro, provocando smarrimento. La voglia di tornare alla normalità è tanta, ma non abbiamo idea di cosa troveremo al nostro ritorno.

Come cambiano gli uffici

In uno scenario in continua evoluzione quello che sappiamo è che al nostro ritorno gli uffici non saranno più gli stessi, specialmente gli open office. La storia di come si sono affermati nelle aziende e la loro evoluzione è interessante, anche se non tutti amano questa tipologia d’ufficio. 

L’evoluzione dell’open office

Alla fine degli anni ’60, l’open office iniziò davvero ad affermarsi come design popolare per i luoghi di lavoro. Burolandschaft, originariamente un approccio progettuale tedesco che si traduce in “office landscape”, mirava a democratizzare il posto di lavoro e creare una maggiore interazione tra tutti i colleghi.

In risposta alla crescente popolarità dei vasti spazi per uffici aperti, Robert Propst, presidente di Herman Miller Research Corporation, dichiarò che l’ufficio era una terra desolata che prosciuga la vitalità, blocca il talento, frustra la realizzazione. Secondo il suo parere, un ufficio non aveva bisogno solo di sedie e scrivanie, ma di un arredo. 

La replica dell’azienda fu il debutto dell’Action Office, il primo spazio per cubicoli flessibili, che offriva un ambiente di lavoro alternativo e con un po’ di privacy. 

Man mano che un numero sempre maggiore di aziende si avvicinò all’idea di Action Office e alla sua flessibilità modulare, il concetto cambiò e si trasformò in una produzione di massa di quelli che ora conosciamo come cubicoli. 

Odi et amo: come i lavoratori vedono l’open office

L’open office non ha un largo consenso tra gli addetti ai lavori, ma perché?

Amato dalle aziende perché consente di risparmiare denaro nella creazione e gestione degli uffici, è odiato dai dipendenti per diversi motivi:

  • la produttività personale è ridotta;
  • la mancanza di privacy;
  • i lavoratori si sentono esposti e monitorati;
  • rafforza il comportamento sessista a discapito delle donne.

Nonostante tutto, è stato anche dimostrato che migliora la cooperazione e la comunicazione. Il senso di comunità e la capacità di condividere conoscenze e idee sono le principali attrazioni del co-working.

Gli ultimi studi hanno effettivamente dimostrato che lavorare in un open office diminuisce la collaborazione dal vivo aumentando, invece, il coinvolgimento tramite posta elettronica. La produttività dei dipendenti è ridotta perché le persone si sentono a disagio.

In uno studio è anche emerso che specialmente le lavoratrici, si sentono osservate la maggior parte del tempo e giudicate in base al proprio outfit. Alcune di loro hanno perfino cambiato modo di vestirsi e truccarsi.

Molte donne sono consapevoli di essere costantemente osservate e il loro aspetto continuamente valutato, e questo le fa sentire inadeguate senza una reale motivazione.

Le persone hanno diversi problemi con uffici aperti e cubicoli, che hanno poca privacy, alti livelli di rumore, meno spazio e, apparentemente, un controllo della temperatura peggiore. Nel complesso, molti più lavoratori operanti in cubicoli e uffici aperti sono insoddisfatti del proprio ambiente di lavoro rispetto alle persone che lavorano in uffici privati.

La mancanza di spazio nei cubicoli e nei layout open space degli uffici è la ragione principale della frustrazione dei lavoratori. Di tutti i fattori valutati, la quantità di spazio è stata considerata la più importante.

Cosa ci manca della vita d’ufficio

Abbiamo visto che l’open office non è per tutti un ambiente di coesione e libertà, ma di fatto ha segnato un cambio di rotta nella gestione dell’ufficio. Le cose che probabilmente più ci mancano sono quei semplici gesti che prima erano normalità e che ora ci sembrano quasi fantascienza, e uno dei modelli che potrebbe estinguersi è proprio quello dell’open office.

La possibilità di scambiare informazioni dal vivo sui progetti e sulle strategie da seguire per raggiungere gli obiettivi prefissati, ma anche due chiacchiere in fila alla macchinetta del caffè sono cose che non si possono replicare lavorando da remoto. Adesso ognuno di noi è dislocato in un punto diverso, magari in città o addirittura Paesi diversi, lì davanti allo schermo, solo.

Per quanto sia più sicuro e molti hanno trovato migliore lavorare da remoto piuttosto che in ufficio, evitando l’agognato pendolarismo e riuscendo a gestire meglio il proprio tempo, abbiamo la mancanza dell’ufficio così come lo conosciamo. Forse questa velata malinconia è dovuta al fatto che non conosciamo realmente come potrebbe essere quello che ci aspetta, il nuovo ufficio che varrà. Se effettivamente ci sarà.

L’ufficio di domani: dati e previsioni

Secondo un sondaggio effettuato tra diverse aziende tecnologiche, meno della metà degli uffici open space manterrà questo tipo layout nell’era post-pandemia. La maggior parte sta valutando di apportare delle modifiche per tutelare le aziende e il personale.

Mentre pianificano di riunire nuovamente la propria forza lavoro in ufficio, vengono effettuati numerosi calcoli per fornire un ambiente che mantenga i lavoratori al sicuro, sani e produttivi.

La ricerca di Savills

Condotto dalla società immobiliare commerciale Savills in agosto e settembre, il sondaggio ha chiesto a 250 aziende tecnologiche, per lo più in Nord America, come la pandemia avesse influenzato i loro piani per la crescita degli spazi d’ufficio e sulla forza lavoro nel breve termine.

Prima dell’inizio della pandemia, il 46% degli intervistati ha affermato che i loro uffici erano interamente a pianta aperta, con panchine o cubicoli. Proiettandosi in un prossimo futuro, meno della metà, solo il 22% degli intervistati, ha affermato che continuerà a mantenere il proprio piano open office. Anche gli intervistati con un mix di piani per lo più aperti e alcuni uffici privati ​​hanno affermato che probabilmente cambieranno la struttura degli uffici. 

Ricreare nuovi assetti di lavoro abbandonando l’open office non è l’unico fattore che segnerà i grandi cambiamenti in arrivo nei settori più tech. Secondo il sondaggio, anche gli uffici potrebbero diventare più piccoli.

Oltre l’80% degli intervistati afferma che ridimensionerà gli spazi. Più della metà degli intervistati ha affermato che si libererà di almeno una parte, se non la maggior parte, dei propri uffici entro il prossimo anno e mezzo.

Ma questo non significa che l’ufficio sta scomparendo. Solo un decimo degli intervistati ha affermato di aspettarsi che oltre il 60% dei propri dipendenti lavorerà a tempo pieno in remoto in un ambiente post-vaccino.

Addio open office?

Quindi, se l’open office sta man mano scomparendo, ma gli uffici stessi sono contemplati nel futuro della maggior parte delle aziende, cosa ci aspetta? 

Per la maggior parte degli intervistati, questa è una domanda che non ha ancora trovato risposta. Quasi un terzo ha affermato che sta ancora valutando la pianificazione del posto di lavoro, e il 40% ha affermato di non aver ancora deciso i futuri layout dei nuovi uffici.

Tra i cambiamenti presi in considerazione, troviamo:

  • corridoi più ampi con pedonabilità unidirezionale;
  • migliore filtrazione dell’ariaù;
  • comandi touchless per ascensori;
  • materiali antimicrobici di nuova costruzione;
  • videoconferenza, anche all’interno dell’ufficio, per evitare la sala conferenze.

La pandemia ha avuto un impatto significativo sulla forma e sulla gestione del lavoro, ma le sue implicazioni sono ancora in evoluzione. Non ci resta che aspettare i prossimi mesi.

“É tempo di guarire”. Il primo discorso di Joe Biden come neopresidente degli Stati Uniti d’America

  • Il democratico Joe Biden è il 46esimo presidente eletto dagli americani
  • Kamala Harris è la prima donna alla Casa Bianca in qualità di vicepresidente
  • Il discorso dei democratici alla vittoria delle elezioni non poteva che essere un messaggio di speranza,  fede e unità

 

Joseph Robinette Biden, Joe Biden è il 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America. La sua vittoria contro lo sfidante Donald Trump è stata decretata alcuni giorni fa. L’insediamento ufficiale alla Casa Bianca ci sarà il 20 gennaio 2021. Intanto nella notte di sabato 7 novembre, il presidente neo eletto e la sua vice, Kamala Harris, hanno tenuto il loro primo discorso pubblico.

presidente joe biden

Lo speech del presidente inizia con Biden che saluta i concittadini americani. Poi mette una mano sulla fronte per guardare lontano, riconoscere, salutare e ringraziare i sostenitori tra il pubblico, in particolare i suoi familiari. Introduce il concetto di vittoria e parla dell’affluenza alle urne, che non si era mai vista prima. Ringrazia tutti coloro che l’hanno votato, parla di gioia, fiducia e soprattutto unità. Biden ci tiene a specificare che non esistono regioni rosse o blu (colori associati ai due partiti) ma esiste una sola America. Torna a ringraziare gli elettori e la famiglia. Cita la moglie Jill, la nuva first lady. Introduce nel discorso Kamala Harris, la sua vicepresidente, donna, nera, figlia di immigrati. Associa anche lei e il marito alla sua famiglia.

Biden parla di giustizia e sottolinea che in America tutto è possibile. Un segnale chiaro e inequivocabile. Per tutta la campagna elettorale dei democratici, Biden ed Harris hanno saputo incanalare il malcontento che negli anni e nei mesi precedenti ha visto bloccare le piazze americane, diventate teatro di scontri e proteste (vedi Black Lives Matter).

Nel continuare il suo discorso, Biden allarga il tiro includendo un po’ tutti e non dimenticando nessuno, i sostenitori delusi di Trump, repubblicani e democratici, tutte le varie minoranze etniche americane e le persone di ogni orientamento sessuale. Biden vuole essere il presidente di tutti. Allora a questo punto è doveroso fare un riferimento alla bibbia: “c’è una stagione per ogni cosa: per costruire, seminare, raccogliere. Ora è tempo di guarire”.

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Breve analisi del discorso della vittoria

Nessuna parola è a caso nel suo discorso. L’America di Biden ed Harris dovrà guarire poiché si troverà ad affrontare pienamente la pandemia da Covid-19 e l’eredità del sistema sanitario così come è stato lasciato dai suoi predecessori.

In maniera precisa e puntale il presidente ricorda quali sono i propri nemici e quali saranno le battaglie da combattere: il virus, l’economia, la sanità, il razzismo, e anche la battaglia per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici.

Un’attenzione particolare merita il nemico virus, che negli ultimi mesi ha portato via tante persone care, ha impedito a molti di costruire nuovi ricordi, festeggiare matrimoni e compleanni. Il suo primo impegno in carica sarà quello di trovare un vaccino.

Poi Biden parla delle varie opportunità che offre il paese, cita vari presidenti da JFK a Barack Obama. Fa riferimento al “sogno americano”, alla patria delle opportunità. Yes, we can!

Joseph Robinette Biden e Barack Obama

Nostalgia e speranza animano tutto il discorso. Un riferimento al figlio che non c’è più e a sua nonna. La famiglia è il cardine dello speech, ben orchestrato, in cui elementi del passato, del presente e del futuro trovano il giusto equilibrio.

“Questi sono gli Stati Uniti d’America: non c’è nulla che non siamo stati in grado di fare insieme”, aggiunge Biden.

Dare fiducia all’America, guardare di nuovo al futuro. Paragona le ali della speranza a quelle dell’aquila (animale simbolo degli U.S.A.).

Il discorso termina, come un sermone, con una benedizione, in una sorta di rituale di protezione, “Che Dio vi benedica!”

Secondo Il New York Times, Joe Biden stava preparando questo discorso da tutta la vita.

Non a caso Biden è il più vecchio presidente eletto nella storia degli U.S.A.

La sua carriera politica nell’ala democratica del paese è iniziata nel 1973 come senatore federale ed è proseguita negli anni fino a diventare nel 2009 vicepresidente di Barack Obama ed oggi presidente degli Stati Uniti.
Ma questo non è l’unico “primato” di questa tornata elettorale.

La sua vicepresidente, Kamala Harris è la prima donna, nera, indo-americana e figlia di immigrati a diventare vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Questo viene enfatizzato da Biden durante tutto il discorso. In America tutto è possibile, tutti possono avere un’opportunità. Bisogna avere fede, lavorare insieme e sperare. E forse la storia della Harris ha una portata ancora più ampia e fondamentale per tutte le donne a livello globale.

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Joe Biden, il discorso completo del 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America

Riportiamo il video del discorso integrale di Biden e la traduzione in italiano dello speech completo.

“Buona sera, miei cari concittadini americani, abitanti del Delaware. Vedo il mio amico senatore Tom Carper tra il pubblico, qualche governatore, membri del Congresso. C’è l’ex governatore, ci sono mia cognata, mia sorella. I cittadini di questo paese hanno parlato e ci hanno dato una vittoria chiara, che convince, una vittoria per noi, per il popolo, con un’affluenza alle urne che non si era mai vista prima. Noi abbiamo ricevuto oltre 74 milioni di voti, la cosa mi ha sorpreso devo ammettere. Stasera vediamo questo paese, tutto il mondo, che ci dimostrano la loro gioia, la speranza per un domani migliore.

Sono onorato dalla fiducia che avete riposto in me. Ho promesso che unirò anziché dividere, perché non esistono stati rossi o blu ma solo gli Stati Uniti; con tutto il cuore vi dico che grazie a questa fiducia che avete posto in me voglio andare avanti ed è per questo che credo che l’America sia fatta di persone e che anche il nostro governo sarà fatto di persone, si occuperà di persone. Ricostruirò la spina dorsale di questo paese, per far sì che l’America sia di nuovo rispettata, unita. Avete votato perché credevate nella mia missione, ora è arrivato il momento di rendere reale questo piano per cui avete votato.

Come ho detto molte volte sono il marito di Jill e non sarei qui senza il suo amore e il suo sostegno, anche quello di mia figlia Ashley, di mio figlio Hunter, i loro figli, sono il mio cuore. Jill ha dedicato la vita all’insegnamento, per gli insegnanti americani questa è una giornata memorabile perché ci sarà uno di voi nella Casa Bianca. Jill sarà un’ottima first lady.

Ho avuto l’onore di avere al mio fianco un’eccezionale vicepresidente che farà la storia, prima donna nera, indoamericana, figlia di immigrati, eletta vicepresidente. Non venitemi a dire che c’è qualcosa di impossibile negli Stati Uniti. Ringrazio quelli che hanno combattuto con me per questo. L’America è andata verso la giustizia. Kamala, Doug, siete la mia famiglia. Ringrazio i volontari, quelli che hanno lavorato nei seggi, il mio team che ha dato così tanto per realizzare questo sogno, è a voi che devo tutto, a quelli che ci hanno sostenuto.

Abbiamo costruito la più ampia e diversificata coalizione della storia: democratici, repubblicani, indipendenti, progressisti, moderati, conservatori, giovani, anziani, città, periferie, omosessuali, eterosessuali, transgender, ispanici, asiatici, nativi americani; la comunità afroamericana ha continuato a sostenermi, io sosterrò sempre voi. Ho detto fin dall’inizio che volevo rappresentare tutta l’America e l’abbiamo fatto, anche il governo deve farlo ora. So che i sostenitori di Trump sono delusi, ma ora dobbiamo darci una possibilità reciproca. Mettiamo da parte la retorica, ascoltiamoci, non trattiamo i rivali come nemici, sono americani come noi.

 

La Bibbia ci dice che c’è una stagione per ogni cosa: per costruire, seminare, raccogliere. Ora è tempo di guarire. Qual è ora la volontà delle persone? Io credo che sia questa, che l’America ci abbia chiamato per restaurare l’onestà, la scienza, la speranza, perché dobbiamo combattere battaglie dure: il virus, l’economia, la sanità, il razzismo, e anche la battaglia per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici. Dobbiamo difendere l’onestà e la democrazia, dare a tutti una possibilità. È questo che ci chiedete.

Cominceremo dall’epidemia perché non è possibile costruire nuovi ricordi, partecipare a compleanni e matrimoni, a meno che non controlliamo il virus. Lunedì un team di virologi si riunirà per darci i consigli giusti, saremo operativi già dal 20 gennaio 2021, quando mi insedierò. Voglio lavorare ad un vaccino, prevenire le epidemie del futuro, mi impegnerò per sconfiggere la pandemia.

Governerò come presidente americano. Lavorerò duramente anche per quelli che non hanno votato per me, mettiamo fine alla demonizzazione, cominciamo a mettere fine a tutto questo adesso, subito. Il rifiuto di cooperare non è una forza misteriosa che non può essere controllata, è una scelta che possiamo cambiare. È parte del mandato che mi è stato assegnato, devo collaborare negli interessi di tutti gli americani, e faccio appello al Congresso perché faccia la mia stessa scelta.

La storia americana è piena di opportunità che sono state raccolte, anche se troppi sogni sono stati posticipati per troppo tempo, dobbiamo fare promesse per tutti a prescindere dalla religione o dall’etnia. L’America è sempre stata plasmata da momenti storici, decisioni importanti. Lincoln nel 1860 per salvare l’Unione, Roosevelt nel ’32, JFK nel ’60 e dodici anni fa Barack Obama dicendo: Yes, we can. Ancora una volta siamo in un momento storico, abbiamo la possibilità di costruire un’America fatta di prosperità. Per troppo tempo si è parlato della battaglia per la nostra anima, dobbiamo ricostruirla, dobbiamo trovare un equilibrio fra ragione e impulso, far sì che la ragione vinca.

Tutto il mondo ci guarda, l’America è un faro e dobbiamo guidare non solo col potere dell’esempio ma con l’esempio del potere. Ho sempre creduto che si possa definire l’America con una sola parola: “possibilità”. In America tutti hanno un’opportunità. Così i sogni si realizzano. Io credo nelle possibilità, in un futuro dove l’America è più libera, giusta, crea lavoro, cura le malattie, non lascia nessuno indietro, non si arrende mai, non cede mai. È una grande nazione, è sempre stata una grande nazione.

Questi sono gli Stati Uniti d’America: non c’è nulla che non siamo stati in grado di fare insieme. Nelle ultime settimane della campagna pensavo a mio figlio Beau che non c’è più, alla speranza, agli americani che hanno perso i loro cari per colpa del virus. Io sono con voi e spero che la speranza vi dia sollievo. Vi solleverà sulle sue ali, vi mostrerà una nuova alba e vi terrà sul palmo della mano. Adesso insieme sulle ali di quest’aquila possiamo guardare al futuro. Con mano ferma e fiducia nell’America, sete di giustizia, per essere una nazione che sia quello che sa di poter essere: unita, forte, guarita. Gli Stati Uniti d’America. Mai e poi mai non siamo riusciti in qualcosa facendolo insieme. Il nonno mi diceva: “Mantieni la fede”. La nonna mi diceva: “Diffondi la fede”. Che Dio vi benedica.”

Natale

Guida al marketing per un Natale che si preannuncia diverso da tutti gli altri

  • A seguito degli stravolgimenti causati dalla pandemia da COVID-19, la stagione natalizia si preannuncia diversa rispetto agli altri anni.
  • Ecco 5 insight chiave per capire i comportamenti dei consumatori online e creare campagne di marketing efficaci.

 

Questa stagione natalizia sembrerà diversa rispetto agli altri anni. Alla luce degli eventi del 2020, tutti noi ci sentiremo un po’ più grati per quello che abbiamo e faremo tesoro del tempo trascorso con la nostra famiglia e gli amici. Per questo motivo, il Natale continuerà ad essere il momento giusto per fare shopping, cercare regali e festeggiare.

Mentre pianifichi le tue campagne di marketing e crei i tuoi messaggi, usa gli insight di questa guida per capire come si evolvono i pensieri e i comportamenti dei tuoi clienti.

La ricerca di sicurezza

Il COVID-19 ha sconvolto le nostre vite e mutato il nostro modo fare acquisti e comunicare, spingendo sempre più shopper a fare affidamento sulla tecnologia. Anche se l’adozione del digitale era già in crescita, la pandemia ha accelerato questo trend, incoraggiando soprattutto i meno giovani a provare l’eCommerce.

 

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Questa tendenza continuerà durante il periodo natalizio. La sicurezza sarà al centro dell’attenzione di chi preferisce evitare il contatto fisico e i luoghi affollati.

Le persone faranno sempre più shopping online e cercheranno servizi convenienti e contactless capaci di garantire esperienze di acquisto sicure.

Per adattarsi a queste nuove istanze, i brand dovranno valutare la possibilità di offrire un’esperienza d’acquisto basata sul click-and-collect, un’opzione vitale durante il periodo natalizio poiché amplia le possibilità degli acquisti online e facilita lo shopping last-minute.

I vantaggi della connessione

La messaggistica offre un modo semplice e istantaneo per connettersi con le aziende e con le persone. I brand che favoriscono la connessione con i propri clienti contribuiscono a stimolare la considerazione e l’engagement nei propri confronti.

Infatti,  il 40% degli acquirenti a livello globale dichiara di essere più predisposta ad acquistare da un’azienda che può essere contattata tramite messaggistica.

La ricerca di novità

Il Natale è sempre stato un momento di grande sperimentazione. In media, il 64% degli acquirenti globali ha provato nuovi prodotti durante questo periodo dell’anno.

Per questo, una buona mossa è quella di aiutare le persone a identificare quali prodotti soddisfano le loro preferenze e sono più rilevanti, focalizzando la comunicazione su qualità, utilità o accessibilità.

Guida i tuoi clienti a scoprire quello che amano attraverso un’esperienza online personalizzata. Entra in contatto con quelli più propensi alla scoperta e ispirali lungo il path to purchase, creando contenuti interattivi.

L’importanza del brand activism

Ancora più che in passato, durante la pandemia le persone si aspettano dalle aziende azioni concrete, non di puro marketing.

È questo il periodo giusto per costruire la tua brand identity e raccontare in modo chiaro e semplice come stai contribuendo a supportare la comunità durante la pandemia da COVID-19.

Dialoga con le persone in modo autentico: aiutale a scoprire i tuoi valori e le tue azioni di responsabilità sociale. Considera l’idea di fare campagne benefiche e offrire agli utenti la possibilità di contribuire attraverso raccolte fondi e donazioni su Facebook o Instagram.

La ricerca di empatia

Mostra empatia e sensibilità verso gli stravolgimenti che questo momento storico ha portato nella vita dei tuoi clienti e delle persone in generale.

Monitora regolarmente le tue iniziative di marketing per assicurarti che i tuoi messaggi siano sempre empatici e pertinenti.  E soprattutto, ricorda, le idee che sviluppi devono arricchire la vita del tuo pubblico e della tua comunità.

In che modo il tuo brand può ispirare e migliorare la vita delle persone?

lavoro da remoto

Come Google o come Dropbox? Il lavoro da remoto non funziona per tutti

  • Lavorare da remoto, il dilemma di questo 2020 che divide aziende e lavoratori
  • Opinioni a confronto, cosa possiamo dedurre dalle esperienze di chi ha provato il lavoro da remoto
  • I pro e i contro e cosa ci aspetta nei prossimi mesi

 

Lavorare da remoto o non lavorare da remoto? Questo è il dilemma. Una domanda per nulla scontata in questo 2020, tante sono le testimonianze e le opinioni contrastanti di chi ha vissuto questo diverso approccio al lavoro.

Tutti noi abbiamo dovuto modificare le nostre abitudini per salvaguardare noi stessi, partendo dalle cose più semplici e ovviamente anche il mondo del lavoro ha subito un’evoluzione, che se non fosse stato per il COVID-19, avrebbe impiegato decenni. Questa primavera, a causa della pandemia, in molti sono passati al lavoro da remoto, e ora rischiamo di dover replicare rapidamente questa esperienza.

Vale la pena quindi chiedersi: abbiamo davvero capito cos’è? 

Lavoro da remoto e smart working: facciamo chiarezza una volta per tutte

Il lavoro da remoto è diverso dallo smart working, anche se per mesi li abbiamo confusi, soprattutto in Italia. Per smart working si intende il lavoro agile, che non riguarda solamente il lavorare da casa, ma si riferisce soprattutto alla flessibilità e all’autonomia nella scelta di spazi, orari e gli strumenti da utilizzare per svolgere le proprie mansioni, secondo una precisa normativa.

Lavorare da remoto, invece, significa lavorare in un posto diverso dall’ufficio, rispettando i tempi imposti dell’azienda. Lavorare da remoto può essere molto vantaggioso sotto molti aspetti, ma sicuramente non è flessibile come lo smart working.

Testimonianze diverse, opinioni diverse

Il fatto che tutti, o quasi, abbiano sperimentato e continuano a lavorare da remoto, non significa che abbiano tutti la stessa opinione o che abbiano avuto la stessa esperienza.

Per capire come sta andando e come le persone vi si sono approcciate, possiamo comparare diverse fonti e alcune grandi aziende che hanno preso pubblicamente posizione. Ciò che noteremo è che le esperienze sono molte soggettive, ma c’è un comun denominatore che preoccupa aziende e dipendenti: come creare una valida comunicazione aziendale.

Vogliamo esaminare tre diversi punti di vista per capire lo sviluppo, i pro e i contro di questo tipo di lavoro:

  • una ricerca interna di Google sulla produttività dei suoi ingegneri
  • una ricerca dell’Economist commissionata da Dropbox
  • un’intervista a Raj Choudhury, professore della Harvard Business School che spiega come alcune aziende stanno creando forza lavoro tutta o per lo più remota

Guardando da vicino i tre casi, i dati e le testimonianze, si evidenziano risultati molto diversi tra loro. Vediamoli nel dettaglio.

La produttività degli ingegneri di Google è calata

Una ricerca interna di Google ha evidenziato diversi problemi tra gli ingegneri che hanno avuto un calo nella produttività durante gli arresti del COVID-19, in particolare per quelli neoassunti.

Questo sondaggio visionato da The Information ha rilevato che fino a giugno, solo il 31% degli ingegneri intervistati ha ritenuto di essere stato altamente produttivo, un dato in calo di 8 punti percentuali rispetto al record registrato nel trimestre di marzo.

Quel calo e i dati più recenti sull’output di codifica degli ingegneri del terzo trimestre, hanno indotto il responsabile della produttività ingegneristica, Michael Bachman, a inviare un’email a dirigenti e ai dirigenti senior di Google, richiamando l’attenzione sui questi numeri.

La casistica potrebbe influenzare non poco l’opinione del CEO Sundar Pichai per quanto riguarda la possibilità d’intensificare il lavoro da remoto e il dibattito sull’aumento della produttività.

Con l’arrivo della pandemia oltre 200.000 dipendenti dell’azienda hanno lavorato da casa, e Pichai ha affermato che alcuni aspetti del lavoro a distanza sono stati piuttosto positivi, anche se il dubbio maggiore verte sulla produttività dei team quando si tratta di lavorare su nuovi progetti.

Dopo un calo iniziale, i sondaggi a livello aziendale di Google hanno riscontrato che la produttività è migliorata ed è ora più alta nel suo staff generale rispetto ai livelli pre-coronavirus.

Katie Hutchison, una portavoce di Google, ha anche fatto riferimento a un sondaggio dello scorso settembre che ha rilevato una produttività, tra gli ingegneri, superiore rispetto a quella dello stesso periodo dell’anno precedente, ma non ha messo a disposizione per The Information i risultati completi di queste indagini generali.

I dati evidenziano un calo importante

Michael Bachman ha dichiarato in una mail che solo il 53% degli ingegneri si è sentito soddisfatto della propria capacità di gestire i carichi di lavoro. Il problema era particolarmente visibile tra i dipendenti neo assunti.

Coloro che non si sentivano in grado di gestire i propri carichi di lavoro hanno speso il 30% in meno di codifica rispetto al periodo precedente.

Gli ingegneri di Google preoccupati o insoddisfatti che hanno dedicato meno tempo alla codifica, hanno anche presentato il 45% in meno di “elenchi di modifiche”, ha scritto Bachman nelle mail.

In confronto, gli ingegneri soddisfatti e quelli che non hanno avvertito alcun tipo di disagio, hanno inviato il 20% in meno di elenchi di modifiche. Queste metriche servono all’azienda per monitorare la produttività dei suoi dipendenti.

La raccomandazione del responsabile della produttività ai responsabili tecnici è stata quella di fare più check-in con dipendenti nuovi e assegnare loro dei tutor, adattando i loro carichi di lavoro in modo appropriato e in base alle circostanze individuali.

Un problema di comunicazione nel lavoro da remoto

I problemi del calo del rendimento e della difficoltà di codifica da parte degli ingegneri Google risiede in una gestione della comunicazione non ottimale. I neoassunti hanno mostrato un calo maggiore della produttività, nel secondo trimestre, rispetto alle loro controparti più esperte.

Questo sondaggio interno ha suscitato discussioni sul motivo per cui i nuovi ingegneri, ora liberi dalle distrazioni delle chiacchiere d’ufficio, trovano più difficile programmare. Alcuni dipendenti si sono chiesti se in questo nuovo assetto organizzativo, gli ingegneri senior stiano dedicando meno tempo a fare da mentore ai loro colleghi junior.

Il problema principale risiede nella comunicazione tra le parti. Molti dipendenti lamentano il fatto che non esiste un documento completo con delle linee guida esaustive che vadano a illustrare correttamente come svolgere una grande mole di lavoro. Ciò è penalizzante soprattutto per chi ha iniziato a lavorare da poco ed è magari ancora inesperto su alcuni fronti.

Hutchison, la portavoce di Google, ha dichiarato che continueranno a esaminare i dipendenti e a tener presente i propri stati d’animo per poterli supportare al meglio durante questo periodo.

Che strada prenderà Google?

Pichai è stato più titubante di altri rivali tecnologici a impegnarsi in una politica di lavoro a distanza più permanente. In un sondaggio di luglio pubblicato dall’azienda, il 62% dei dipendenti ha dichiarato che preferirebbe lavorare in ufficio solo alcuni giorni.

Solo il 10% voleva lavorare da casa in modo permanente dopo che la pandemia si è placata.

Il CEO dell’azienda ha affermato che Google probabilmente adotterà un approccio ibrido dopo che, ovviamente, il ritorno in ufficio sarà del tutto sicuro. Tutto ciò potrebbe significare maggiore flessibilità riguardo alla possibilità di lavorare da casa.

Aziende e lavoro da remoto: alcuni esempi

Il caso JPMorgan Chase

Altre grandi aziende hanno riferito che i nuovi dipendenti stanno avendo più problemi con il loro lavoro durante la pandemia. Il CEO di JPMorgan Chase, Jamie Dimon, ha detto apertamente di voler riportare il suo personale in ufficio, perché ha notato alienazione tra i suoi dipendenti più giovani mentre lavoravano da casa. Ha anche affermato di aver assistito a un calo della produttività in generale.

Ci sono aziende che invece hanno mostrato segni positivi sulla produttività, affermando che i dipendenti stanno lavorando bene e addirittura meglio da remoto.

Il caso Facebook

Il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, nel mese di maggio annunciò un nuovo piano per una politica più liberale del lavoro da casa, poiché oltre il 50% dei lavoratori di Facebook intervistati ha dichiarato di essere stato più produttivo mentre lavorava da casa.

Anche se alcuni dipendenti di Facebook, tuttavia, sono preoccupati che i team lavoreranno in modo meno produttivo con un capo remoto.

Il caso Microsoft

L’idea di Microsoft è invece diversa. Il colosso sta prendendo in considerazione l’idea di lavorare da casa per sempre per chi lo vorrà, oppure optare per il lavoro ibrido prevedendo lo smart working per meno del 50% delle ore settimanali.

La ricerca dell’Economist 

L’attenzione focalizzata è una delle componenti chiave di un’economia basata sulla conoscenza. È essenziale per la creatività, la risoluzione dei problemi e la produttività.

Ma la concentrazione delle persone è sempre più disturbata da continue distrazioni:

  • le comunicazioni digitali, come il controllo di mail
  • le interruzioni da parte dei colleghi
  • il chiacchiericcio d’ufficio

A causa dello sconvolgimento che la società ha vissuto e continua a vivere per colpa del COVID-19, il ruolo di focus nel mondo del lavoro ha assunto una rinnovata importanza. Sebbene ogni individuo abbia la propria soglia di concentrazione, gli studi indicano come periodo di concentrazione ottimale un lasso di tempo che va dai 60 ai 90 minuti. Successivamente comincia a calare, manifestandosi la fatica.

L’Economist ha intrapreso un programma di ricerca, commissionato da Dropbox, analizzando il costo macroeconomico della perdita di concentrazione nel lavoro di conoscenza.

Il problema delle distrazioni in ufficio

Le distrazioni sono una vera e propria piaga all’interno di un contesto lavorativo frenetico e collaborativo come quello di oggi. Si calcola che ogni anno, il 28% del tempo di un dipendente viene perso per colpa delle distrazioni, riducendo il tempo ottimale per un lavoro efficiente al 72%.

Ciò ammonta a 391 miliardi di dollari persi per le aziende statunitensi e si traduce in 34.448 dollari a persona in perdita di produttività.

Di conseguenza, la diminuzione delle distrazioni e la maggiore concentrazione potrebbero comportare un potenziale guadagno. Stiamo parlando di 1,2 trilioni di dollari attualmente perso ogni anno dalla produzione non sfruttata dei dipendenti, per colpa delle distrazioni.

lavoro da remoto

Fonte: The Economist

L’industria più colpita in termini finanziari è quella dei servizi professionali, scientifici e tecnici che perde 178 miliardi di dollari all’anno in costi salariali.

Le fonti di distrazione

Abbiamo assodato, e noi stessi possiamo confermarlo in base alle nostre esperienze, che lunghi periodi di profonda concentrazione sono difficili da perpetrare, e le distrazioni sono un problema sia per i lavoratori remoti che per quelli in ufficio. 

Agli intervistati è stato chiesto a quanto ammonti il tempo medio trascorso per svolgere un determinato lavoro senza interruzioni o distrazioni nel corso di una tipica giornata lavorativa.

Interruzioni dovute alla comunicazione

Solo il 53% degli intervistati riesce a restare concentrato su un’attività per più di un’ora durante una tipica giornata di lavoro. Le persone che utilizzano app per chattare o hanno comunicazioni dal vivo, hanno maggiori probabilità di concentrarsi più a lungo rispetto agli altri.

lavoro da remoto

Fonte: The Economist

In un contesto di ufficio, le interruzioni dei colleghi sono la fonte più comune di distrazione.

Ogni volta che una persona cambia attività, effettua un cambiamento cognitivo che esaurisce le sue risorse mentali, afferma Gloria Mark, professoressa del Dipartimento di Informatica dell’Università della California.

Le mail per comunicare

Nel complesso però gli intervistati hanno ammesso di non aver trascorso la maggior parte della giornata a gestire la posta elettronica ora che lavorano da remoto.

Il 71% ha trascorso più di un’ora al giorno a monitorare il flusso della posta elettronica, ma solo il 18% vi ha trascorso più di tre ore.

Gli studi hanno dimostrato che, quando le persone non devono controllare la posta elettronica per periodi prolungati, i lavoratori mostrano una maggiore concentrazione e minore stress.

Il controllo ossessivo delle mail

La frequenza è il vero problema: il 70% controlla la posta almeno una volta all’ora, interrompendo regolarmente periodi di concentrazione profondi. Da non sottovalutare che oltre il 56% degli intervistati afferma che la posta elettronica è il principale metodo di comunicazione utilizzato nella propria azienda per scambiarsi informazioni.

Perché così frequente?

Le persone inizialmente consideravano la posta elettronica un modo più efficiente per lavorare. Invece questo metodo ha causato uno spostamento molto più ampio del previsto e il lavoro di conoscenza è ora, quasi uniformemente, tutto via mail. Di conseguenza chiunque può essere raggiunto in qualsiasi momento per qualsiasi cosa, interrompendo ciò che sta facendo.

 

Le maggiori fonti di distrazione (The Economist)

Le riunioni e l’uso dei social media

Il 46% degli intervistati dichiara di non dedicare più di un’ora al giorno a riunioni di lavoro e il 21% le considera la principale fonte di distrazione.

Gli intervistati del settore tecnologico però, non amano molto le riunioni e riferiscono di esserne maggiormente distratti. Questo dipende dal proprio settore che prevede lunghi periodi di scrittura e revisione del codice.

In generale, i media, inclusi musica e l’uso dei social media, sono una fonte di distrazione dominante per l’11% degli intervistati di tutti i settori.

Lavoro da remoto: pro e contro

Il 36% si sente più concentrato a lavorare da casa rispetto al proprio ufficio, il 28% si sente, invece, meno concentrato.

Ma anche in questo caso ci sono molte distrazioni, solo che sono diverse. Quasi il 30% degli intervistati dichiara che il voler prendersi una pausa per rilassarsi un po’ è la distrazione dominante. Anche il sentirsi disconnesso dai colleghi è considerato un ostacolo all’impegno in attività produttive.

lavoro da remoto

Lavoro da remoto: le maggiori fonti di distrazioni

I vantaggi dell’ufficio difficili da replicare

Con il lockdown e la maggior parte dei lavoratori operanti da remoto, le aziende hanno dovuto affrontare molte difficoltà riguardo la comunicazione coi dipendenti. Ovviamente non essendo tutti insieme in ufficio, è più difficile comunicare, incluso il mantenimento dell’innovazione e della coesione del team.

È anche questione (molto) di volontà

Un dato importante è dovuto all’importanza che le persone danno alla propria forza di volontà. Il 76% è d’accordo che ognuno di noi è responsabile della propria attenzione. Una gran parte ammette che il vagabondare con la mente è la principale fonte distrazione, rispetto a qualsiasi fattore esterno.

Le cinque migliori tattiche per gestire la concentrazione

Il 54% fa pause regolari per migliorare la concentrazione, ma le tattiche più usate sono:

  • indossare le cuffie
  • disabilitare le notifiche di chat per telefono, e-mail o desktop
  • riordinare il proprio piano da lavoro
  • riservare momenti di tempo per terminare attività specifiche
  • passare da uno spazio di lavoro caotico a uno più tranquillo

La necessità di riorganizzare gli spazi

Nonostante l’attenzione dei lavoratori sulla responsabilità personale, l’indagine rivela che diverse cause di distrazione sono implicitamente organizzative. La maggior parte degli intervistati si siede su una scrivania fissa, in un ufficio open space o in un ufficio condiviso. Tutto ciò può essere fonte di distrazione per alcuni lavoratori: l’interruzione faccia a faccia è, infatti, la principale fonte di disattenzione citata nel sondaggio.

Il 40% degli intervistati ha un ufficio privato. Il restante 60% si trova in ambienti di uffici open space. Tali uffici possono anche, paradossalmente, aumentare l’uso della posta elettronica per ridurre al minimo la perdita di concentrazione dovuta alle interazioni personali.

Quasi il 60% degli intervistati ha affermato che le aziende dovrebbero consentire più opzioni per lavorare da remoto dopo la pandemia.

Assodato che i livelli di concentrazione sono più elevati durante il lavoro da remoto e dato che gli ambienti domestici della maggior parte delle persone non sono configurati per essere adibiti a spazi di lavoro, tutto ciò getta una luce negativa sugli uffici aziendali che dovrebbero supportare la produttività in base alla progettazione.

Sono poche le organizzazioni che stanno attivamente cercando di proteggere e promuovere la concentrazione dei lavoratori. Le aziende non stanno facendo abbastanza per costruire in modo proattivo una cultura della focalizzazione, incoraggiando comportamenti semplici, e gratuiti, come, per esempio, la disabilitazione delle notifiche mobile e delle mail.

Come ridurre le distrazioni?

Agli intervistati è stato chiesto se utilizzano, per proprio conto, dei metodi per ridurre le distrazioni.

Solo il 20% dispone di strumenti tecnologici, come la pianificazione automatizzata, per ridurre il tempo speso in attività amministrative che potrebbero essere fonte di distrazione.

Il 10% sostiene il “focus time” per scoraggiare o impedire il controllo delle comunicazioni digitali, e il 15% afferma che la propria azienda tiene corsi, seminari o invia messaggi che promuovono la concentrazione o scoraggiano il multitasking.

Le differenze gerarchiche, purtroppo, contano

Anche le disuguaglianze gerarchiche richiedono attenzione, poiché alcuni lavoratori lottano maggiormente per mancanza di concentrazione a causa delle strutture e delle aspettative radicate nella loro organizzazione aziendale. 

La capacità di proteggere e migliorare la focalizzazione è proporzionale all’autonomia e alla capacità di una persona di gestire il proprio tempo, i metodi di comunicazione e il luogo di lavoro.

Focus e status lavorativo

C-suite

È più probabile che i membri della C-suite, i responsabili dell’azienda, sono molto più concentrati, ma sono anche quelli che hanno maggiori probabilità di avere un ufficio privato. 

Manager

Gli intervistati a livello di gestione e strategia hanno maggiori probabilità di gestire e migliorare la concentrazione.

Le organizzazioni dovrebbero tener presente la posizione di chi è impiegato in ruoli intermedi, che possono essere svantaggiati rispetto agli altri, perché assaliti da pressioni derivanti dall’alto e dal basso.

Staff generale

Il personale generale ha meno possibilità di avere libero arbitrio su compiti e tempo individuali.

Personale operativo

È probabile che il personale operativo dedichi meno tempo a lunghi periodi di concentrazione.

L’attenzione e la concentrazione sono sempre più essenziali per la produttività

Non esiste un unico modo con cui gli individui raggiungono una concentrazione ottimale, ma questi sono i punti chiave su cui le aziende dovrebbero concentrarsi.

La comunicazione è essenziale

In un’epoca caratterizzata da collaborazione e agilità, il lavoro deve essere strutturato e organizzato per consentire un focus efficace. Le due distrazioni dominanti, ossia le mail e le interruzioni di persona, sottolineano il ruolo cruciale della comunicazione nel lavoro di oggi. 

Le aziende devono incoraggiare:

  • la comunicazione asincrona in cui i messaggi vengono inviati senza l’aspettativa di una risposta rapida
  • le comunicazioni in batch
  • l’utilizzo di chat app tramite posta elettronica

Inoltre, non possono semplicemente dire ai lavoratori di dedicare meno tempo al controllo della posta elettronica, ma potrebbero aver bisogno di ripensare ai flussi di lavoro in modo più approfondito.

Potrebbero anche fare di più per supportare il personale attraverso lezioni e seminari su concentrazione e multitasking e incoraggiare pause, riposo e tecniche per riattivare la concentrazione. 

Strategia di lavoro nell’era post COVID-19

Mentre le aziende pianificano l’era post COVID-19, dovrebbero allontanarsi dal vecchio status quo che, abbiamo visto, è molto anti-focus.

Ripensare al layout del posto di lavoro o adottare disposizioni più ibride per ridurre il numero di lavoratori affollati negli uffici. Una riorganizzazione potrebbe portare a un risultato migliore di entrambi i mondi, mantenendo l’attenzione, pur consentendo la collaborazione e la coesione dell’ufficio.

Le conclusioni del sondaggio

Il sondaggio ha rilevato che la maggior parte degli intervistati ritiene che i vantaggi del lavoro a distanza superino gli svantaggi, con solo il 17% in totale disaccordo. Due su cinque affermano di potersi concentrare di più quando lavorano da casa rispetto a meno di un terzo che ha notato una minore concentrazione. I livelli di coinvolgimento sono rimasti stabili nonostante l’isolamento.

Considerando le sfide apparenti, dalla mancanza di attrezzature e spazio, all’offuscamento dei confini tra lavoro e vita personale, questi risultati testimoniano la resilienza e la flessibilità dimostrate da individui e aziende.

L’eliminazione delle distrazioni in ufficio è la seconda ragione più importante per un miglior approccio con il lavoro, dopo il sollievo di poter evitare il pendolarismo.

Come possiamo evincere, alcune aziende ritengono che il lavoro a distanza abbia reso i loro lavoratori più produttivi. Altri lamentano la perdita di opportunità di collaborazione.

Ma… 

Chi lavora da remoto guadagna in produttività, ma spesso perde vantaggi più difficili da misurare, come la creatività e il pensiero innovativo. Le persone che lavorano insieme nella stessa stanza tendono a risolvere i problemi più rapidamente rispetto ai collaboratori remoti e che la coesione del team soffre nei lavori a distanza.

I lavoratori a distanza tendono anche a fare pause più brevi e a concedersi meno giorni di malattia rispetto a quelli che operano in ufficio e, negli studi, molti riferiscono di avere difficoltà a separare il proprio lavoro dalla vita domestica.

Lo studio di Raj Choudhury, professore della Harvard Business School

In ultima analisi, un’intervista a Raj Choudhury, professore della Harvard Business School, ci spiega come alcune aziende stanno creando la propria forza lavoro tutta, o quasi, remota.

Afferma che sempre più organizzazioni stanno adottando il lavoro da remoto come strategia aziendale, una soluzione che non solo riduce i costi immobiliari, ma aumenta anche il coinvolgimento e la produttività dei dipendenti.

Il lavoro da remoto, sintetizza il professor Raj Choudhury, consente la flessibilità geografica, permettendo al lavoratore di avere più tempo. Meno pendolare, meno stress. Può lavorare la mattina, lavorare la sera, qualunque cosa gli sia più consono, anche lavorare in pigiama, se lo gradisce.

La cosa più importante, però, è la flessibilità in termini di scelta del posto in cui vivere. Potrebbe essere una città che il lavoratore preferisce, o in alcuni casi avrebbe la possibilità di cambiare Paese e vivere in un luogo dove l’azienda potrebbe non avere uffici.

In Italia stiamo assistendo a una cosa simile grazie al South Working, un cambio di rotta che ha visto, soprattutto i Millennials fuori sede, tornare al Sud, nei luoghi d’origine, risparmiando sul carovita imposto nelle regioni più a Nord.

I vantaggi del lavoro da remoto 

Ma quali sono i vantaggi per le aziende che adottano questa politica? 

Senza dubbio, il modello offre notevoli vantaggi alle aziende e ai loro dipendenti. Le organizzazioni possono ridurre o eliminare i costi immobiliari, assumere talenti a livello globale e, secondo la ricerca, trarre vantaggio dai guadagni di produttività. 

I lavoratori ottengono flessibilità geografica, eliminano i pendolari e percepiscono un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. 

Quantificare la produttività nel lavoro da remoto

Come si misura la produttività in un lavoro totalmente da remoto?

L’approccio orwelliano è davvero controproducente, ossia l’invadente ed eccessivo uso di software per monitorare la produttività dei lavoratori e prevenire le sottrazioni, perché può essere efficace solo a breve termine. Se si continua a farlo, anche i migliori dipendenti se ne andranno alla prima opportunità disponibile, perché la pressione aumenta e si sentirebbero costantemente spiati.

La soluzione è quella di ripensare, ancora una volta, a come misurare la produttività. Dovrebbe essere fatto in base al numero di ore passate davanti allo schermo? O la produttività dovrebbe essere misurata in base al lavoro davvero fatto? Magari in base al feedback dei clienti?

Le aziende che operano da remoto valutano i lavoratori in base alla qualità del loro output di lavoro, alla qualità delle interazioni virtuali e al feedback di clienti e colleghi.

La comunicazione resta il problema

Tuttavia, persistono preoccupazioni per quanto riguarda il modo in cui il lavoro da remoto influisce sulla comunicazione. Gli aspetti riguardano:

  • il brainstorming e la risoluzione dei problemi 
  • condivisione delle informazioni
  • la socializzazione
  • il tutoraggio
  • la valutazione e compensazione delle prestazioni
  • la sicurezza e la regolamentazione dei dati

Le possibili soluzioni

Come riuscire allora a convincere i membri del team a riunirsi per concentrare il loro tempo e la loro attenzione sui progetti?

Riunioni regolari

Stabilire un ordine del giorno in anticipo e dare il compito a un membro del team per facilitare la riunione e mantenere il gruppo in pista, guidando il processo decisionale. Inoltre, è invitabile la presenza di qualcuno che prenda appunti e li indirizza alle parti interessate, in modo da non dover sprecare tempo prezioso tenendo un altro incontro sullo stesso argomento, in futuro.

Condividere i documenti

Ci sono diversi strumenti, come Google Docs, Teams, Slack o qualsiasi altro servizio di condivisione di file.

Quando si utilizza questo metodo, assicurarsi di impostare una scadenza per la revisione, attivare le modifiche alla traccia e chiarire esattamente ciò di cui si ha bisogno dai revisori nel documento.

Lavorare fianco a fianco

Lavorare fianco a fianco, anche in modo virtuale, è possibile. Durante una videochiamata con un collega, svolgere in diretta un compito su un particolare progetto condiviso per facilitarne la riuscita. Poiché la persona è già lì, in un certo senso, la collaborazione può andare avanti più agevolmente. 

Questa strategia è efficace anche quando dobbiamo svolgere un lavoro complesso che, quando siamo soli, tendiamo a rimandare. La pressione positiva della presenza di un collega ci porta a svolgere quell’attività, e potrebbe essere un ottimo incentivo per sbloccarci.

Non farsi monopolizzare dalle chat

Sebbene gli strumenti di chat collaborativa siano efficaci per lavorare in team, assicuriamoci di non esserne sopraffatti. Decidiamo quanto spesso e per quanto tempo interagire con quei i canali. 

Se non riusciamo a svolgere un compito tramite chat, telefoniamo direttamente. In questo modo, avremo un maggiore controllo sul nostro tempo, senza frustrazioni e distrazioni.

Lavorare in team da remoto tramite i giusti strumenti non significa che dobbiamo essere continuamente reperibili, ma ci serve per essere allineati con la nostra squadra. Collaborare efficacemente da lontano, rispettando i ritmi degli altri, e raggiungendo gli obiettivi prefissati nel modo più efficace possibile, è auspicabile.

Lavoro da remoto: sì o no?

Le aziende stanno subendo un processo di trasformazione organizzativa enorme e tutto sto avvenendo ora, sotto i nostri occhi. La maggior parte vuole adottare un approccio ibrido remoto, in cui potremmo essere in grado di lavorare da remoto tre giorni alla settimana.

Il rischio è che le persone che lavorano da remoto vengano tagliate fuori dalle informazioni e dai sistemi di comunicazione di cui godono le persone in ufficio. I lavoratori a distanza in un’organizzazione remota ibrida potrebbero sentirsi isolati professionalmente e socialmente. La soluzione è quella di optare per un modello, a maggioranza, remoto.

La comunicazione resta il perno fondamentale, non solo della nostra società, ma soprattutto, ora più che mai, del mondo lavoro e della sua trasformazione.

Dal badge all’ufficio infinito di Facebook: ecco come sarà la nostra prossima vita professionale

  • Call, video call, ritardi, riunioni, email, la vita lavorativa on site ha una routine demanding, contorniata da ritardi e magari traffico.
  • Lo smart working sarà il futuro della vita professionale. I trend in crescita segnalano che non sarà più un’eccezione o una componente residuale della vita lavorativa.
  • More smart and less phisical: l’ufficio si smaterializza e diventa completamente virtuale con FB Infinite Office.

 

CTRL+C, CTRL+V, ho una call, sposto il meeting e il business travel.

E ancora: sveglia alle 7.30, prendi il bus, corri perché sei in ritardo, accompagna bimbi a scuola, entra in ufficio per iniziare la giornata.

Riunioni fiume, email su email, call e video call.

Quante volte l’abbiamo fatto? E quante volte siamo arrivati in ritardo? Abbiamo perso bus, tram, metro? E, ancora, abbiamo annullato call e posticipato cene in famiglia?

Insomma, alzi la mano chi è uscito indenne da tutto ciò durante la propria professional life.

Probabilmente non ci sarà nessuna standing ovation, in effetti è capitato un po’ a tutti.

Sì, certo, lo smart working, soprattutto in questi ultimi mesi, ha cambiato tantissimo le nostre abitudini lavorative, ma si può fare ancora di più: siamo solo all’inizio di una vera e propria rivoluzione.

Less physical, more smart

Gli scettici dello smart working sono ancora tanti. C’è chi ancora concepisce il lavoro come un qualcosa dalla presenza necessaria, seduti alla scrivania dalle 9.00 alle 18.00.

E non importa se obiettivi e task non sono stati fissati, l’importante è che tu ci sia.

Visione obsoleta, scandita dal cosiddetto timbro del cartellino.

Il futuro dovrebbe essere il management by objective, ovvero gestire le risorse per obiettivi e non in base alla presenza in ufficio.

smart working infinite office

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Si, soprattutto oggi con i DPCM che lo “raccomandano fortemente”, lo smart working e le relative policy sono un tema caldo.

E se provassimo ad andare uno step forward? Se l’ufficio non avesse più confini, se non ci fossero più il desk, il PC e il telefono? Se non fosse più richiesta la nostra presenza e se lo smart working non fosse più un qualcosa di straordinario?

In poche parole, se l’ufficio si dematerializzasse e fosse virtuale?

Infinite Office

Sì, se l’ufficio fosse infinito?

Durante il lockdown abbiamo appurato che il digitale ha ridotto ogni distanza. Abbiamo potuto lavorare, senza essere necessariamente in ufficio.

Abbiamo fatto meeting virtuali, partecipato a sessioni formative da remoto. Dunque, in parte, abbiamo già sperimentato il lavoro agile, con tanto di interview svolte metà in camicia e metà in pigiama (ormai sono un clichè).

E allora qual è lo step forward?

In occasione dell’evento Oculus Connect, Facebook, ora proprietaria di Oculus, ha presentato il nuovo modello Quest2. Si tratta di un sistema di realtà virtuale all- in -one, più piccolo e leggero rispetto alla versione precedente. La novità è che, nonostante i visori VR siano stati ideati ed utilizzati soprattutto per l’intrattenimento con lo sviluppo di appositi videogiochi, questi dispositivi possono essere d’aiuto anche per la produttività.

smart working infinite office

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Proprio per quest’ambito, Facebook ha annunciato Oculus Infinite Office, che ricrea un ambiente virtuale con il quale interagire tramite gesture, consentendo così di lavorare ai propri progetti ovunque e un qualunque momento.

Cioè, per dirla in maniera semplificata: indossi il device e sei in ufficio. Tramite gesture puoi inviare email, partecipare a meeting, fare call, portare avanti progetti.

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Super interessante anche la possibilità offerta dal visore di vedere ugualmente quello che ci circonda e regolare la trasparenza degli oggetti a schermo.

Una tastiera Logitech, abbinata ad Oculus, permette di digitare nella vita reale e di vedere poi il risultato negli schermi virtuali.

Cosi, il badge sarà presto un ricordo.

Trend

In Europa il 17% dei lavoratori è oggi in smart working. I danesi in testa con il 37% del totale, Italia ultima con il 7% (siamo ancora fan del badge).

Fuori dal Vecchio Continente, USA e Giappone sono intorno al 40% e il trend è in crescita, a prescindere dalla pandemia.

Visti i trend in crescita, si presume che lo smart working nei prossimi anni non rappresenterà più un’eccezione né sarà una componente residuale del lavoro d’ufficio. E le persone che lavorano da casa potrebbero non disporre di uno spazio di lavoro ampio per disporre i diversi monitor (pratica utilizzata spesso per migliorare la produttività).

Infinite Office consente di posizionare i monitor in uno spazio virtuale, in modo da rendere più efficace la giornata lavorativa.

Una rivoluzione non solo tech, ma anche umana se si considera quanto possa cambiare (e magari essere più equilibrato) il cosiddetto work life balance.

Sicuramente c’è ancora tanta strada da fare: FB ha affermato che Infinite Office verrà rilasciato come funzionalità sperimentale per Quest 2 durante quest’inverno. Nessuna parola per l’uscita definitiva.

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E noi? Saremo capaci di gestire il cambiamento o continueremo ad essere legati al ragionier Ugo (Fantozzi alias Paolo Villaggio), personaggio in cui si si è riconosciuta non solo una classe di lavoratori (gli impiegati), ma una generazione intera, che vedeva nel posto fisso l’unica situazione lavorativa ed esistenziale possibile?

Allora, siete ancora fan del badge?

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Election Day 2020: le migliori campagne dei brand

  • Le elezioni presidenziali 2020 negli Stati Uniti sono state accompagnate da una serie di campagne dei brand per incentivare l’affluenza alle urne.
  • L’obiettivo è stato quello di rendere più consapevoli le persone e agevolarle nella procedura di registrazione al voto.
  • In un paese in cui l’affluenza è notoriamente bassa, il brand activism mira a creare partecipazione tra le fasce meno rappresentate.

 

Con la pandemia da Covid-19 ancora in corso, l’economia in recessione e le questioni legate all’ambiente e ai diritti della comunità afroamericana che restano al centro dei dibattiti, l’attesa del prossimo Election Day 2020 continua a tenere gli Stati Uniti (e non solo) con il fiato sospeso.

E se da un lato non è inedita nella storia americana la partecipazione alle campagne elettorali anche di organi normalmente estranei alla politica, d’altra parte l’impegno dei grandi marchi è un fenomeno abbastanza recente.

La tendenza sembra essere una logica conseguenza della crescita del brand activism che quest’anno ha raggiunto il culmine: le questioni sociali e la necessità di cambiamento sembrerebbero non poter essere trascurate nella comunicazione con il pubblico.

Dopo l’assassinio di George Floyd, per tutta l’estate i brand hanno soppesato sul razzismo e sugli abusi della polizia, ogni parola delle loro campagne.

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Diverse fonti evidenziano una crescita negli ultimi anni della percentuale di consumatori che dichiarano di essere attenti alle scelte di responsabilità sociale dei marchi che acquistano, in particolar modo nella fascia di età 18-34.

Un articolo pubblicato da Harward Business Review mette, però, in evidenza una grande criticità del brand activism in tema di politica.

Adottare un approccio di parte all’impegno civico può alienare dipendenti o clienti nell’ambiente iperpartitico di oggi. Il nostro studio trova un punto debole per le aziende: essere a favore della democrazia e dell’elettorato, senza essere di parte.

Ma non vi è nessuna presa di posizione nel sostenere apertamente la democrazia, se non ci si schiera a favore di nessuno dei due candidati. Oltre a stimolare la partecipazione degli elettori, le aziende affermano di aver tratto benefici dai programmi di impegno civico, come aumentare la consapevolezza del marchio tra i consumatori o rafforzare i rapporti con dipendenti e azionisti.

VOTE!

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Il focus resta quindi stimolare l’affluenza alle urne, che negli Stati Uniti è notoriamente molto bassa, rispetto agli standard internazionali.

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Innanzitutto, diversamente dall’Italia, per votare bisogna iscriversi volontariamente nelle liste elettorali, e questo scoraggia una vasta fetta dell’elettorato, generalmente più povera e meno istruita.

La percentuale di non votanti aumenta in modo significativo anche se ci si sposta nella fascia under 25.

Meno del 56% della popolazione in età di voto ha votato alle elezioni presidenziali del 2016, con un leggero aumento rispetto al 2012 ma inferiore rispetto al 2008.

Ma, come confermato dalla maggior parte degli americani, ciò che s’intende con “alta affluenza” varia molto da paese a paese e secondo quale metro di valutazione si utilizza.

When we all vote

When we all vote è l’organizzazione no-profit fondata da Michelle Obama con lo scopo di colmare i gap di età e razza tra gli elettori, cambiando la cultura del voto e stringendo partnership strategiche per raggiungere tutti gli americani.

 

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@Shaq is a first time voter, and you can be too. Click the link in our bio to get started.

Un post condiviso da When We All Vote (@whenweallvote) in data:

Obiettivo dell’associazione è quello di guidare le aziende e le organizzazioni partner, fornendo gli strumenti e la formazione necessaria affinché i loro clienti, dipendenti e membri comprendano come votare e partecipino in maniera più attiva e informata.

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Oltre a tutte le iniziative finalizzate al coinvolgimento e all’informazione, When we all vote ha svolto un ruolo fondamentale nella divulgazione della campagna VOTE, che ha coinvolto molti brand del fashion, tra cui Levi’s, Gap, Patagonia, Michael Kors.

Tutti i capi d’abbigliamento e gli accessori delle edizioni limitate “VOTE” sono disponibili anche sul sito dell’associazione, nella sezione Vote 4ever Merch.

La scelta non è ricaduta casualmente sullo streetwear: la campagna si rivolge principalmente alla fascia più giovane della popolazione, tradizionalmente la più sottorappresentata nella registrazione degli elettori.

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Snipes x Puma – #USEYOURVOICE

La collaborazione di Snipes con Puma per la campagna #USEYOURVOICE, nasce con lo scopo non solo di rendere più accessibile agli elettori la procedura di registrazione, ma anche di informare e sensibilizzare.

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In tutti i 95 punti vendita Snipes, sono stati allestiti degli speciali chioschi  con schermo touch screen, in cui tramite registrazione o scansione del QR code si viene rimandati al sito di registrazione al voto o ai siti d’informazione del proprio stato.

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Quattro negozi tecnologicamente più avanzati, tre a Filadelfia e il primo shop 2.0 presso il Barclays Center di Brooklyn, dispongono di chioschi Vengo interattivi che inviano collegamenti di registrazione degli elettori e dispensano mascherine riutilizzabili SNIPES USA x Puma #USEYOURVOICE. Tutti gli altri punti vendita utilizzeranno la segnaletica personalizzata in negozio con codici QR.

La campagna #USEYOURVOICE è durata fino alla scadenza per la registrazione degli elettori, il 19 ottobre.

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Time to vote

Oltre che parlare ai consumatori, le aziende sostengono anche programmi rivolti ai dipendenti.

Time to vote è un’organizzazione no-profit nata nel 2018 proprio con questo scopo: garantire ai dipendenti delle aziende partner un programma di lavoro che permettesse loro di votare alle elezioni di medio termine. Sempre nel 2018 è stata registrata la più alta affluenza alle elezioni di medio termine degli ultimi decenni, e Time To Vote ha avuto menzioni da The New York Times, The Washington Post e The Boston Globe.

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Time to vote si pone come movimento apartitico che mira a creare una comunità imprenditoriale attivamente impegnata nell’affrontare le questioni più significative del nostro tempo.

Tra le aziende partner ci sono Abercrombie & Fitch, Backcountry, Dick’s Sporting Goods, Eileen Fisher, Gap, Harbor Freight Tools, J. Crew, Levi Strauss & Co., Macy’s, Madewell, Nike, Obey Clothing, Patagonia, Steve Madden, Stitch Fix, Target, The North Face, Timberland, Walmart e Warby Parker.

Molte di queste aziende offrono ferie retribuite oppure orari flessibili per i dipendenti che si offrono volontari nei seggi elettorali.

Levi’s si è impegnata a fornire 15.000 mascherine per i lavoratori del sondaggio “per garantire che nessuno debba scegliere tra il proprio voto e la propria salute”, ha affermato il presidente e CEO Chip Bergh in una dichiarazione.

Patagonia: make a plan to vote

Patagonia ha sempre fatto della sostenibilità ambientale una pietra angolare della filosofia del brand. L’incoscienza delle azioni intraprese dall’amministrazione Trump ha dato una spinta per intraprendere ulteriori azioni e a lanciare un messaggio non più così sottile

A cominciare proprio dal messaggio cucito nell’etichetta dei suoi pantaloni “Vote the assholes out” che, come dichiarato dall’azienda, non si rivolge solo a Trump ma qualsiasi politico che neghi la realtà del cambiamento climatico.

Make a plan to vote è la call to action con cui Patagonia lancia la sua iniziativa di per i diritti di voto incentrata sul sostegno ai propri clienti e dipendenti nella registrazione degli elettori, in particolare tra le comunità di colore che incontrano maggiori difficoltà anche solo per la registrazione.

Email Marketing, influencer e merchandising

Le aziende hanno adottato approcci molto diversi tra loro per affrontare questioni politiche.

Ben&Jerry’s ha dedicato un podcast Who We Are: A Chronicle Of Racism In America, alle questioni razziste per lanciare il suo appello a smantellare la supremazia bianca.

 

La Gap Inc. ha lanciato la campagna, Stand United per creare una community “unità per l’umanità e l’uguaglianza”. Definita dalla stessa azienda una spinta di marketing a 360 gradi, lo sforzo di Gap include una pagina dedicata alla registrazione degli elettori, $ 25.000 in donazioni sia a When We All Vote che a Rock the Vote, musica, discorsi di attivisti ed esperti, e una linea di abbigliamento in edizione limitata.
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Alla Old Navy è stato predisposto un piano di incentivi per i dipendenti che lavorano alle urne il giorno delle elezioni. Levi’s, con il merchandising, ha ingaggiato influencer e celebrità nella sua campagna che incoraggia la registrazione e l’affluenza alle urne. Gli elettori possono anche registrarsi presso il flagship store di Saks Fifth Avenue a Manhattan.

American Eagle Outfitters con due release speciali ha destinato il 100% del ricavato a beneficio dell’organizzazione elettorale giovanile HeadCount, che gestisce un centro di azione per il voto 2020 per registrarsi, iscriversi alle newsletter “e conoscere ancora più modi per fare la differenza”.

quibi

Cosa è successo a Quibi, la piattaforma di streaming che non ce l’ha fatta

  • Quibi, la startup dei grandi nomi, ha chiuso i battenti: dopo sei mesi di attività ne è stato annunciato il fallimento.
  • La piattaforma di video in streaming non è riuscita a tenere il passo con la concorrenza.

 

Quibi sta per Quick Bites (bocconi veloci), è un servizio di streaming, lanciato 6 mesi fa, che permette all’utente abbonato di guardare video brevi della durata massima di 10 minuti.

Abbiamo iniziato questa cosa con l’idea di reinventare lo storytelling (…). O l’idea non era abbastanza forte per fare stare in piedi un nuovo servizio di streaming, oppure abbiamo sbagliato il momento.

Hanno dichiarato Jeffrey Katzenberg e Meg Whitman annunciando il fallimento della piattaforma.

Dopo i primi tre mesi di attività, dei 900mila utenti registrati ad aprile alla versione di prova, solo 70mila hanno rinnovato l’abbonamento.

Quibi, le ragioni del flop

L’app è stata creata, come appena ricordato, da Jeffrey Katzenberg e Meg Whitman. Il primo nome conosciuto nell’ambiente di Hollywood e il secondo noto nel panorama delle grandi compagnie. Il fondatore di Quibi, vanta nel curriculum lavori alla Disney e alla DreamWorks; mentre il suo CEO,  ha lavorato per DreamWorks, Procter & Gamble, Hasbro, Ebay.

Nella fase di startup la coppia è riuscita a reperire fondi per oltre 1miliardo e mezzo di euro coinvolgendo investitori quali Disney, Sony Pictures, Alibaba, AT&T’s WarnerMedia, Goldman Sachs e JPMorgan.

Ma ciò non è bastato a gettare le basi per un progetto veramente innovativo.

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Secondo alcune analisi, Quibi non è stata in grado di cogliere le esigenze del mercato e di rispondere in maniera innovativa alla concorrenza. L’idea di base era quella di permettere all’utente di guardare video brevi da mobile accompagnandolo nei viaggi in metropolitana piuttosto che in altre situazioni di mobilità. I video dell’app sono stati studiati per essere visualizzati sia in orizzontale che in verticale in momenti diversi della giornata e in maniera disordinata.

Complici la pandemia (i relativi lockdown) e la concorrenza delle altre app di video gratuiti, tra cui TikTok e Instagram, la piattaforma di streaming non ce l’ha fatta ad uscire dalla sua fase di startup. Eppure il management di Quibi aveva investito in collaborazione con grandi nomi tra cui Guillermo del Toro e Steven Spielberg.

Neppure il prezzo, inferiore a quello di Netflix e di Amazon Prime, ha lasciato l’app immune dal virus della concorrenza.

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Quibi, vittima della Pandemia?

Lavorare da casa è stata la campana a morte per Quibi, è il titolo che Rebecca Nicholson scriveva sul The Guardian lo scorso 24 ottobre. Katzenberg e Whitman infatti hanno fatto le loro più profonde scuse a tutti, attribuendo gran parte del fallimento aziendale alla Pandemia in corso.

Ma già in tanti avevano il sentore che questo tipo di app non ce l’avrebbe fatta ad emergere nel mare della concorrenza. Secondo alcuni analisti, il problema principale è stato la mancanza di focus e di conoscenza dell’utente, secondo altri una fase di test inesistente, secondo altri il ritardo di accordi per allargare la fruizione, come ad esempio l’accordo con Apple Tv, mentre altri ancora lamentano un’esosa campagna pubblicitaria televisiva.