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Come prepararsi al Black Friday grazie al Cloud Server

Ancora oggi quando realizzano una campagna di marketing molto aggressiva o fanno una promozione importante in momenti specifici dell’anno come il Black Friday, le aziende sottovalutano l’importanza delle soluzioni web utilizzate. In queste occasioni, infatti, il portale web/eCommerce potrebbe subire in pochi minuti dei picchi di traffico, impossibili da quantificare prima dell’evento stesso.

Per molte persone la stagione delle festività natalizie è il periodo più bello dell’anno, ma per i retailer è certamente quello più intenso. Orde di desiderosi acquirenti di regali affollano negozi e siti web durante i mesi di novembre e dicembre, con una mole di vendite che può arrivare a rappresentare fino al 30% delle vendite annuali di un’azienda. E in particolare nei giorni di punta dello shopping, come il Black Friday (il prossimo 27 novembre!), i merchant online vedono un traffico tre volte superiore al solito.

Un dato destinato a crescere ulteriormente quest’anno, visto il boom dell’eCommerce legato alla pandemia.

Per trarre vantaggio da questo incremento di attività sul web (ma non solo), i rivenditori devono espandere rapidamente le loro infrastrutture e le loro operazioni per far fronte alle impennate della domanda. Non è un compito facile, ma preparandosi per tempo è possibile mettere al sicuro i propri affari, anche grazie al cloud.

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Il cloud per non perdere neanche una vendita

Si sente sempre più spesso parlare di esperienze di acquisto frictionless, per aiutare gli utenti a sentirsi a proprio agio nel completare il proprio shopping online. Immagina, quindi, la frustrazione che potrebbe provare un potenziale cliente, magari già pronto a cliccare su “Acquista ora”, nel vedere che il sito crolla e non è più raggiungibile. No, no, no. Brutto segno! E spesso questo lo porterà a desistere e a rivolgersi a un competitor.

Qual è la soluzione? I retailer più lungimiranti stanno già utilizzando il cloud server per gestire la corsa allo shopping natalizio. In realtà questi strumenti possono portare un vantaggio in qualsiasi momento dell’anno, dato che tutte le aziende che possono subire improvvisi ed estremi picchi di attività.

I vantaggi di un cloud server

Per evitare di perdere clienti e di danneggiare l’immagine del brand a causa di un blocco del sito web non pianificato, i più esperti leader tecnologici testano le le loro infrastrutture con largo anticipo. Molti si affidano alle soluzioni cloud per aggiungere dinamicamente più risorse di calcolo e di archiviazione man mano che il traffico del sito sale, per poi ridimensionarsi automaticamente quando la domanda diminuisce.

Oltre a prevenire le interruzioni, il trasferimento di traffico consente spesso di ridurre i costi di hosting dell’infrastruttura.

Un altro aspetto da non sottovalutare, inoltre, è legato al mobile. Se gli acquisti da smartphone stanno già superando quelli da desktop, tuttavia oltre il 50% dei siti viene abbandonato quando richiede più di tre secondi per essere caricato.

Per ridurre la latenza sui loro siti mobili e sulle app durante le festività, i rivenditori utilizzeranno soluzioni cloud che forniscono contenuti in tutti i punti di presenza distribuiti a livello globale.

Ma non si tratta solo delle vendite online. La tecnologia cloud, infatti, può contribuire ad abbreviare i tempi di attesa – e le lunghe code – anche per gli acquirenti in-store, ora che molti retailer hanno adottato soluzioni cloud-based che consentono agli addetti alle vendite di effettuare pagamenti con carta di credito in qualsiasi punto del negozio. Poiché le informazioni sono memorizzate nel cloud piuttosto che in locale, questi sistemi hanno l’ulteriore vantaggio di integrarsi perfettamente con altre fonti di dati, come i record del programma fedeltà e i motori di recommendation.

E questi sono solo alcuni degli aspetti da considerare e dei vantaggi da tenere in considerazione parlando di eCommerce, Retail e cloud.

Quali sono le caratteristiche del cloud server ideale

Pur avendo adeguato la potenza di calcolo del tuo cloud server o più in
generale della tua architettura per tempo, è da considerare l’importanza di un monitoraggio attento e continuo, cioè una sorta di presidio operativo.

Se la campagna che hai in mente per il Black Friday, ad esempio, dovesse riscuotere tantissimo successo, a fronte di particolari picchi di traffico, un rallentamento dei tempi di caricamento delle pagine di destinazione o addirittura una loro irraggiungibilità provocherebbe seri danni al tuo
business, con un abbandono degli utenti praticamente immediato, per non parlare della reputazione del tuo brand.

Di qui il fattore tecnico, ossia l’adeguatezza dell’infrastruttura cloud, ma anche quello umano, vale a dire l’adeguatezza del tipo di assistenza offerta dal provider. Un elemento di primaria importanza e da non sottovalutare in termini di prontezza nella risposta a qualsiasi imprevisto tecnico.

Volendole riassumere in pochi punti, le caratteristiche del cloud ideale per le campagne di marketing e la reazione ottimale ai picchi di traffico, quindi, dovrebbero essere:

  • avere una scalabilità immediata che non comporta variazioni di nessun genere: in cui basti, insomma, adeguare le risorse con upgrade verticali (dove non devo
    aggiungere altre virtual machine ma posso scalare quelle delle macchine che già compongono l’architettura web).
  • Una buona ottimizzazione /tuning dell’infrastruttura.
  • Un supporto tecnico disponibile in modo immediato (il fattore umano non va mai sottostimato, anzi!).
  • La possibilità di fruire di un servizio di presidio operativo per cui al momento della campagna, una persona dello staff del provider si occuperà di monitorare la coerenza delle prestazioni e del TTFB /tempo di caricamento delle pagine e interverrà con upgrade immediati o soluzioni laddove si noti una riduzione dei tempi di risposta dei server durante il click time.

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Perché il take away è un’opportunità di business (sottovalutata) per i ristoranti

  • Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano, sarebbero 18,9 milioni gli italiani che si rivolgono all’asporto, per un valore complessivo di oltre 5,5 miliardi di euro.
  • Tra le principali motivazioni che spingono ad usufruire del take away vi è anche la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, variando la propria alimentazione.
  • La FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) promuove l’asporto come una modalità emergente per servire la propria clientela.

I ritmi di lavoro incalzanti e, in generale, la frenesia della società in cui viviamo, spesso ci costringono ad una pausa pranzo veloce, difficilmente compatibile con i tempi – necessariamente più dilatati – di un pasto al ristorante.

Sempre più persone, infatti, ordinano “cibo d’asporto”, per consumarlo in ufficio o nella comodità di casa, al netto del costo del servizio al tavolo.

Il vantaggio economico è, senza dubbio, uno dei fattori determinanti del successo del take away in Italia: contratti precari e salari ridotti rendono la ristorazione tradizionale pressoché inaccessibile; uno sfizio saltuario, anziché un’abitudine del weekend.

LEGGI ANCHE: Come i ristoranti possono assistere meglio i clienti nei momenti di incertezza

Take away

Il take away vale 5,5 miliardi di euro

Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano, sarebbero 18,9 milioni gli italiani che si rivolgono all’asporto, per un valore complessivo di oltre 5,5 miliardi di euro – e il trend è in crescita.

Quello del take away, dunque, è un mercato che sta vivendo un vero e proprio boom, complice anche il lockdown, che ha favorito l’integrazione del servizio nella maggior parte dei ristoranti, non senza alcuni insuccessi.

Mercato in crescita

I dati di Gfk Eurisko sul mercato del take away

Dai risultati diffusi da Gfk Eurisko, 1°Osservatorio Nazionale sul mercato del take away, emergono alcuni aspetti interessanti, che introducono a nuove opportunità di business – e ad un lifestyle in evoluzione.

L’indagine è stata condotta su un campione selezionato di 2000 persone, che hanno risposto ad alcune specifiche domande.

Un fenomeno diffuso ma ancora “tradizionale”

Il 51% della “popolazione” ha dichiarato di aver ordinato cibo a domicilio negli ultimi 6 mesi, soprattutto telefonicamente (39%). Resta inoltre un 44% che ordina il cibo da asporto di persona, recandosi sul posto.

Italiani pronti a ordinare via digitale

Solo il 2% dei consumatori ha scelto il digitale, ma l’intenzione è in netto aumento, con il 19% (7 milioni di persone) che si dichiara intenzionato ad utilizzare questo canale per l’acquisto.

Online si spende di più

Il digital take away è ancora tutto da sviluppare, ma mostra una frequenza di acquisto e uno scontrino medio più elevati.

La media è infatti di 4/5 volte al mese, contro le circa 1/2 volte al mese dell’ordinazione di persona e di quella per telefono, mentre la spesa si attesta sui 97 euro al mese contro i 32 e 37 euro dell’ordine personale e telefonico.

Un servizio legato al lavoro ed agender

Con una frequenza di 3 volte al mese l’ufficio risulta il posto da cui si fanno più ordini, seppur con una spesa media inferiore rispetto a chi ordina da casa.

L’utilizzo è inoltre equamente suddiviso tra uomini e donne.

La pizza resta l’alimento preferito, seguita dalla cucina giapponese

Nella top 10 degli alimenti ordinati da casa fanno poi il loro ingresso cucine come il messicano, il pesce e le tipicità regionali.

Pizza da Asporto

Gli amici sono la compagnia perfetta

Il servizio conferma ancora una volta la predisposizione italiana al social eating informale e in compagnia: il 40% ordina infatti con gli amici, il 22% in famiglia, il 20% con il partner e il 18% da solo.

Comodità e mancanza di tempo sono i driver

Il take away viene innanzitutto percepito come una grande comodità quando si è troppo stanchi per cucinare, ma anche come soluzione ideale in caso di mancanza di tempo e organizzazione.

Ma anche curiosità e voglia di qualità senza uscire

Tra le principali motivazioni che spingono ad usufruire del take away vi è anche la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, variando la propria alimentazione.

Segue l’utilizzo del servizio come alternativa al mangiar fuori e al ristorante, indice di come la percezione di quest’ultimo sia sempre più qualitativa.

Se una volta il take away era appannaggio esclusivo di pizzerie e rosticcerie, oggi interessa anche la ristorazione di qualità.

Asporto Alajmo

La FIPE promuove il take away

E ad essere sempre più convinta delle potenzialità di questo servizio – al di là della funzione ammortizzatrice che ha assunto durante la pandemia –  è la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che, dopo il lancio di Ristoacasa.net, continua a promuovere l’asporto come una modalità emergente per servire la propria clientela.

Una clientela eclettica nei suoi comportamenti, che vuole poter diversificare i luoghi della cena senza che ciò comporti la dicotomia: cibo mio a casa mia, cibo della cucina del ristorante al ristorante.

Nei prossimi anni, dunque, il ricorso al take away potrebbe non derivare da una scelta obbligata, ma da una scelta ponderata e sostenibile.

E i ristoranti che vorranno cogliere questa opportunità, dovranno concentrarsi sull’ottimizzazione dei tempi, della brigata di cucina, nonché della propria dispensa.

Nondimeno, dovranno provvedere ad un package tanto funzionale, quanto a norma ed ecologico, oltre che esteticamente pregevole e con insito il valore aggiunto del “racconto” della pietanza.

digital marketing per le PMI

L’importanza della presenza digitale per una piccola impresa

  • Ottimizzare la presenza digitale potrebbe aiutare le piccole imprese a raggiungere anche il rispettivo target offline: integrare le esperienze tradizionali con quelle digitali assume un’importanza sempre maggiore.
  • Anche le piccole imprese devono adattarsi ai nuovi comportamenti dei consumatori e per farlo devono costruire adeguatamente una customer journey omnicanale.

 

È quasi un anno che il Covid-19 si è abbattuto sulla quotidianità di ognuno, e non ha di certo fatto sconti alle piccole imprese italiane, messe a dura prova prima dalle norme sul distanziamento sociale, poi dal lockdown e più recentemente da quella che risulta essere la seconda ondata di contagi del virus.

Le norme sul distanziamento sociale hanno, per esempio, inevitabilmente danneggiato alcuni settori: per esempio tutto quello che si concentra sulla vendita al dettaglio oppure viaggi, eventi e ristorazione, solo per citarne alcuni.


Mentre in Italia si fa di tutto per scongiurare un nuovo lockdown generale, mai come in questo momento diventa di nuovo d’attualità, per le piccole imprese, la necessità di trasformare i propri modelli di business, tentando un avvicinamento al digitale, al fine di poter essere competitivi e raggiungere serenamente un futuro (si spera quanto più vicino possibile) periodo di Post-Covid.

D’altra parte, come ricorda anche un recente articolo su ThinkwithGoogle, rispetto a qualche tempo fa il contesto tecnologico è completamente mutato: l’utilizzo dei nuovi strumenti digitali ha fatto un grande salto in avanti nei settori del lavoro, della formazione e delle relazioni sociali.

Partendo da questa crescita del pubblico online, l’idea di ottimizzare la presenza digitale potrebbe aiutare le piccole imprese a raggiungere anche il rispettivo target offline che vuol recarsi fisicamente al punto vendita: integrare le esperienze tradizionali con quelle digitali assume, di giorno in giorno, un’importanza sempre maggiore.

L’online può aiutare l’offline?

Fiere del lavoro

In un articolo di ThinkwithGoogle sul futuro del retail, si legge che nel 2024 la maggior parte degli acquisti verrà ancora realizzata offline (78%). Continua dicendo che i rivenditori che potranno contare nel 2024 su una solida offerta digitale, incrementeranno le loro vendite. Da qui l’importanza di organizzarsi con una strategia sia commerciale che di marketing integrata tra mondo online e offline, creando vari touchpoint nell’esperienza di acquisto del potenziale utente.

La pandemia da Covid-19 ha effettivamente accelerato il processo di trasformazione digitale e anche le piccole imprese si sono spinte, in velocità, su questi canali: di seguito alcune tendenze e tecnologie che potrebbero entrare a far parte stabilmente del loro futuro.

eCommerce, trasformazione digitale e strategia omnicanale

LEGGI ANCHE: La vita (digitale) che potrebbe aspettarci dopo la morte

eCommerce

Considerando il know-how acquisito dalle persone durante l’ultimo lockdown in Italia, è importantissimo dare la possibilità a un potenziale cliente di acquistare un prodotto anche su uno store online.
Anche solo per informare il cliente con il prezzo e le caratteristiche di un prodotto o con l’eventuale disponibilità in uno store fisico dello stesso: essere presenti con una piattaforma eCommerce, in un momento in cui gli utenti passano molto più tempo online e con una predisposizione crescente verso questa tipologia di acquisto, può essere utile per condurre l’utente alla definitiva conversion (on o offline).

Trasformazione Digitale

Non solo eCommerce: le piccole imprese potrebbero considerare la possibilità di sfruttare a pieno le infinite potenzialità degli strumenti digitali. Basta pianificare con attenzione.
Dai tool per lo smart working fino a quelli per la gestione delle risorse umane.

Creare l’ambiente digitale della propria azienda può rivelarsi una soluzione funzionale per fronteggiare questo periodo di incertezza: la capacità di mutare velocemente una strategia, la possibilità di lavorare in remoto con i propri dipendenti, avere a disposizione una suite digitale che colleghi tutti i collaboratori coinvolti, magari con un repositor dati e un ambiente di comunicazione. Strumenti, mai come in questo momento, fondamentali.

Customer journey omnicanale

Anche le piccole imprese devono adattarsi ai nuovi comportamenti dei consumatori e per farlo devono costruire adeguatamente una customer journey (“viaggio del consumatore”) omnicanale: sembrerà una ripetizione, ma in questo momento storico occorre accompagnare il consumatore nel viaggio verso la conversion, attraverso molteplici touchpoint.

Altri touchpoint, oltre all’eCommerce, potrebbero essere rappresentati dagli strumenti di digital marketing (es. annunci sui motori di ricerca), la presenza sugli aggregatori di servizi (es. app di servizio per la consegna a domicilio di cibo nel caso di imprese impegnate nella ristorazione), le campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sui social network, le campagne commerciali on e offline, la presenza sul web con un sito responsive. Sono molteplici le possibilità, l’importante è avere le idee chiare sulla strategia omnicanale da attuare e sulla customer journey da riservare al proprio target.

Il rapporto umano: il vantaggio delle piccole imprese

retail contactless

Il grande vantaggio di una piccola impresa è rappresentato dalla conoscenza del proprio target: la possibilità di fidelizzare i propri clienti, attraverso la creazione di un rapporto umano e diretto (soprattutto per le piccole imprese che operano a livello locale), resta una delle chiavi del successo.

Sempre parlando di rapporto umano, non è da sottovalutare quello che si instaura all’interno del team di lavoro: la conoscenza e l’esperienza condivisa di un team di una piccola impresa è senza dubbio un elemento importante, soprattutto in un momento delicato come questo. Per le imprese di dimensioni più piccole, il fattore umano non dovrebbe essere sostituito da quello digitale: il vero scopo è trovare la migliore soluzione per integrarli e scoprire nuovi metodi per fronteggiare le difficoltà e ottimizzare i processi.

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eCommerce e Food: in atto un cambiamento radicale delle nostre abitudini

Digital Food Strategy: le aziende dell’alimentare diventano smart. È questo il titolo dell’ultima ricerca promossa e realizzata da Casaleggio Associati dedicata alla vendita online dei prodotti alimentari che è stata presentata il 27 ottobre durante un evento digitale.

Il cambiamento radicale del mercato nel 2020 ha indotto un’accelerazione verso il digitale dei produttori alimentari italiani che stanno trasformando le loro aziende per diventare smart. Il rapporto diretto con i clienti richiede, però, numerosi cambiamenti non solo organizzativi ma di visione. Per essere forti sul web diventa sempre più importante rafforzare il brand delle aziende verso il consumatore diventando delle media company, creare servizi per fidelizzare direttamente il cliente finale, gestire anche le vendite dirette senza creare conflitti tra i canali distributivi e dimostrare il tracciamento di filiera su blockchain.

“Stiamo assistendo alla nascita di nuovi business model, a percorsi alternativi di costruzione della relazione diretta con i clienti finali attraverso nuove logiche di comunicazione e soprattutto a nuove soluzioni per gestire le vendite dirette – spiega Davide Casaleggio, Presidente Casaleggio Associati – . Attraverso la ricerca metteremo a confronto i trend in atto e i migliori casi italiani e internazionali che hanno investito e deciso di cambiare radicalmente modo di fare business”.

eCommerce e Food: come sta influendo la pandemia

Le aziende del settore alimentare italiano cambiano modello di business
e investono nei canali online. Dalla Gdo ai piccoli produttori le aziende food puntano sulla relazione diretta con il consumatore e sull’eCommerce.

La ricerca ha analizzato i dati relativi alle vendite online del 2019 del settore alimentare che registrano una crescita del 19%.
Secondo le stime di inizio anno ed escludendo il delivery e i pasti pronti, il Food & Beverage online nel 2020 in Italia avrebbe dovuto raggiungere quota 653 milioni di dollari, con una crescita del 9,8% sul 2019. Le stime più recenti che considerano l’impatto del Covid hanno invece aggiornato questa cifra a 697 milioni di dollari. E nel 2024 si prevede che il settore raggiunga i
1.013 milioni di dollari, con una penetrazione in termini di user del 20,8% (6,6% in più rispetto al 2020).

I dati del primo semestre 2020 rilevano che la pandemia ha influito in modo sostanziale sull’evoluzione della presenza online del settore alimentare italiano con un incremento di oltre 2 milioni di clienti online da gennaio a settembre 2020.

Ma sebbene il mercato online alimentare in Italia non arrivi ancora all’1% del totale, contro il 4-8% nel resto d’Europa, è evidente come i brand e i produttori italiani abbiamo radicalmente cambiato l’approccio nei confronti della rete, luogo di vendita e di fidelizzazione imprescindibile.

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Luci e ombre della crescita dell’eCommerce nel Food

Ma se in molti hanno investito e hanno avuto successo, va evidenziato come il settore della logistica legata al food sia stato messo a dura prova dovendo far fronte ad un aumento della domanda con picchi anche del 300-400%.

“L’agroalimentare italiano è il primo settore industriale italiano e vale 538 miliardi di euro, il 25% del PIL, con 3,8 milioni di occupati in circa 70.934 aziende– spiega Casaleggio – Si tratta di imprese molto frammentate delle quali l’86% ha meno di 10 dipendenti. In questi ultimi mesi sia i grandi brand che i piccoli produttori si sono accorti dell’importanza di creare una relazione digitale diretta con il cliente. Con i negozi chiusi la rete è stato l’unico contatto con l’esterno e chi lo ha capito per primo ha sofferto meno. La pandemia ha dato una grande accelerazione alla digitalizzazione del settore alimentare portando la creazione o l’ottimizzazione degli eCommerce ma ha anche messo in evidenza la frammentazione del settore e le grandi differenze tra prodotti
per ognuno dei quali si impone una riflessione rispetto alla vendita in rete”.

Food ed eCommerce: 4 modelli ricorrenti

Attraverso l’analisi del mercato italiano e interviste ai top manager delle aziende alimentari del nostro Paese la ricerca di Casaleggio Associati ha individuato 4 modelli di business ricorrenti per l’eCommerce che variano in base alla tipologia di prodotto: il prodotto autonomo, ovvero singoli prodotti capaci di soddisfare il bisogno, il paniere proprietario, il paniere in partnership e i prodotti della spesa venduti attraverso la GDO.

I quattro modelli di strategia eCommerce generano un approccio diverso in termini di relazione digitale con il cliente finale e all’attività di marketing. Agire su queste due leve consente di ottimizzare il modello di eCommerce e di puntare all’affermazione della propria presenza online.

Investire nella rete e in un canale online comporta, infatti, investimenti non solo nella logistica e nella distribuzione ma anche nel marketing per instaurare e migliorare la relazione digitale con il cliente dando valore al brand, legando il prodotto a un’esperienza, differenziando i prodotti creando dei pack scorta o regalo, proponendo acquisti facilitati attraverso una gamma di prodotti di
più brand che completano il paniere, gli abbonamenti e il riordino automatico.

“Per le aziende del Food la presenza online non è più una scelta – continua Casaleggio – ma una richiesta che arriva dal consumatore. Il cliente finale vuole una relazione diretta con il brand, conoscere la filiera produttiva ed è sempre più attento a quello che consuma”. 

flywheel model

Il Flywheel Model cambierà per sempre il tuo modo di approcciarti al marketing

  • Flywheel Model, il nuovo modello di crescita aziendale in cui le strategie di Inbound Marketing e le persone sono il fulcro.
  • E il Funnel Model? Non va in pensione, ma si focalizza sull’analisi e sulla gestione delle singole fasi aziendali.

 

Flywheel Model, il cosiddetto “modello volano”, una rivoluzione che per i marketer più tradizionalisti sarà sconvolgente. Non perché rappresenta un nuovo modo di vedere e di concepire il cliente come centripeto per la forza e la crescita del business, ma perché mostra quanto il più studiato Funnel Model vada in parte superato, o meglio confinabile alle singole fasi decisionali aziendali.

In pratica, per semplificare il concetto potremmo dire che, più Funnel Model insieme creano una base solida per il più moderno Flywheel Model.

Flywheel Model vediamolo nel dettaglio

flywheel model 1

Iniziamo con una definizione, “Flywheel Model è un modello per la crescita del business che si concentra sull’utilizzo dello slancio dei clienti soddisfatti per guidare le referenze e le vendite ripetute”.

Hubspot, la famosa società statunitense specializzata in marketing per le vendite e il servizio clienti, è così che definisce il modello volano, ossia un modello per il quale i clienti soddisfatti e fedeli sono la forza centrale che fanno crescere il business.

Rendere felice e fedele il cliente, spinta del nostro volano di crescita, deve essere l’obiettivo principale della strategia e del team. E solo un team coeso può dare al cliente, ormai diventato potente e selettivo nel suo processo decisionale, l’esperienza che desidera e l’attenzione che merita.
A differenza di quanto accade nel Funnel Model in cui il cliente entra dall’alto, percorre tutto il percorso verso il basso e, una volta fuori, ha concluso il suo processo di acquisto; nel modello volano il cliente non esce mai, ma la sua esperienza positiva lo riporta all’inizio del processo oltre che coinvolgere nuovi potenziali clienti con passaparola e recensioni positive.

Ma quindi come funziona?

Il Flywheel Model si basa su 3 aspetti fondamentali: quanto veloce va, quanto attrito ha e quanto grande è.

  1. La velocità, più il modello gira veloce più è in grado di produrre energia di crescita per l’azienda. La velocità viene incrementata man mano che il team va ad intervenire su quegli aspetti di maggior impatto sulla soddisfazione dei clienti, come, ad esempio, campagne di inbound marketing dedicate, un customer service efficiente o iniziative volte ad incrementare il passaparola;
  2. L’attrito, per definizione, è quella forza che rallenta il modello e si manifesta, soprattutto, in ambito del team: un team poco coeso e che ha difficoltà a condividere le informazioni distoglierà l’attenzione dal cliente e quindi diminuirà la velocità di rotazione del modello;
  3. Grandezza intesa come numero di soggetti e clienti, anche potenziali, che il volano è in grado di attrarre. Più questo sarà grande più il business aziendale avrà successo.

Quindi: le persone sono al centro,  Non si tratta però solo dei clienti, ma anche del team inteso come primo vero brand ambassador.

Ora passiamo alla pratica.

Strutturare un Flywheel efficace è questione di regole e tecnica, poi la componente umana sarà quella che lo farà girare se guidata al meglio.

Bisogna innanzitutto partire dalle fasi strutturali base che spaziano da come attirare il cliente a come farlo acquistare e diventare brand ambassador.

Per attirare il cliente potenziale verso la nostra azienda è necessario farsi notare, partendo, per esempio, da un sito internet ottimizzato e con user experience spiccata, oltre a pensare a prove gratuite di prodotto o di servizio, insieme ad una pubblicità targettizzata.
Una volta che abbiamo l’attenzione del nostro potenziale cliente è necessario trasformarlo da potenziale ad effettivo, portarlo quindi ad acquistare. Per fare questo si può pensare a strumenti come il miglioramento del percorso d’acquisto, a delle offerte dedicate come sconti sul primo acquisto accompagnato all’iscrizione alla nostra newsletter attraverso la quale continuare ad inviare pubblicità mirata.
Il cliente ha comprato, per la prima volta, quindi il primo passo è compiuto (top), ma adesso la partita si sposta su farlo acquistare di nuovo e far sì che parli di noi, positivamente, con la sua rete di amici e contatti. Ecco quindi che scende in campo il servizio di customer care e di post vendita in cui l’azienda si mette a disposizione del suo cliente per aiutarlo a raggiungere il suo obiettivo di acquisto facendolo sentire importante ed al centro del suo processo di acquisto.

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Una volta gettate le basi per la costruzione del modello è necessario pensare alle metriche di misurazione della sua efficacia sia per ogni fase, sia del modello in toto per andare costantemente a fare manutenzione sul modello e sulla sua efficacia.
Si parla quindi di CRO test (Conversion Rate Optimization Test): test in grado di valutare l’efficacia degli strumenti di marketing e delle campagne studiate per andare a modificare o concentrare la strategia su quello che si è dimostrato più o meno efficace.

Infine la tanto nominata frizione, ossia la forza che rallenterebbe il volano. È necessario individuare le fasi deboli del nostro modello e lì concentrarci. Le campagne marketing, il team, la comunicazione o il servizio clienti possono essere alcuni degli esempi nei quali individuarle.

Ma questo blasonato Flywheel Model funziona davvero?

Ecco alcuni dati: il 57% dei processi di acquisto in ambito B2B si conclude prima di arrivare al contatto con la forza vendita e l’81% dei clienti basano la loro decisione sulle recensioni di altri compratori o di amici e parenti.

Dunque anche i dati confermano che un team efficace ed un cliente soddisfatto portano a un volano di successo.

Funnel Model vs Flywheel Model, perché l’innovazione funziona

Da sempre, chi ha studiato marketing lo sa bene, il Funnel Model è stato il pilastro del marketing e delle vendite, un percorso a fasi che conduce il potenziale cliente attratto da campagne di Outbound Marketing e che lo trasforma in un acquirente vero e proprio, ma che fuori dall’imbuto chiude il suo percorso di acquisto.

Nel nuovo Flywheel Model, al contrario, il cliente non è un semplice acquirente, ma un soggetto in grado, con il suo potenziale di acquisto, di guidare le scelte di business, consapevole di questo super potere: il consumatore, oggi, basa le sue scelte su recensioni e ricerche online fatte in prima persona ed è in grado, dall’altra parte, di influenzare gli altri, ecco perché in questo ultimo decennio il cliente è considerato un vero e proprio pilastro di crescita e sviluppo.

È quindi giusto dire che oggi il modello di crescita che la tua azienda dovrà adottare è quello a volano. Ma no panic, gli imbuti non scompaiono, solo devono essere applicati a quelle fasi dove davvero possono fare la differenza ossia i singoli processi aziendali, come quello di vendita, ad esempio.

In questo processo infatti, mappare le singole fasi attraverso cui il cliente viaggia può aiutarti a capire se e quale fase è farraginosa o complicata e quindi andare a mettere in atto manovre correttive specifiche come ad esempio migliorare l’efficacia del team vendita soprattutto nella fase pre vendita oppure rinforzare il customer care per incrementare il numero di referral o di brand ambassador.

Il Funnel Model, quindi, può aiutarti ad analizzare i diversi processi aziendali e creare un team coeso che abbia focus sui processi e obiettivi aziendali, persone in grado di coinvolgere altre persone (il target).

Possiamo quindi pensare ad un Flywheel Model come un vero e proprio volano meccanico i cui ingranaggi sono composti da Funnel Model specifici per ogni fase del processo di acquisto.

Come abbiamo già detto, la sostanziale differenza tra i due modelli sta nel fatto di come il cliente venga considerato; il prodotto, infatti, non basta più.

Nel Funnel Model il cliente è considerato come soggetto passivo, tramite outbound marketing il target viene bombardato in massa da messaggi pubblicitari e da comunicazioni in quanto il brand ha l’obiettivo di farsi conoscere da più pubblico possibile che sia in target o meno. Se è interessato ai nostri messaggi allora entrerà nel Middle of Funnel dove la nostra azienda viene paragonata ad altre della lista e il nostro futuro cliente sta ancora capendo se facciamo per lui o meno. Alla fine dell’imbuto troviamo i superstiti, ossia coloro che ci hanno scelto come soluzione, ma che ci abbandoneranno tanto in fretta quanto velocemente sono entrati.

E questo è il vero limite: non esiste una fase che punta al post vendita e a creare conversazioni intorno al brand.

Nel Flywheel Model, invece, il target cliente è il centro del modello, dai suoi acquisti, consigli e passaparola dipenderà il successo del nostro brand. Ecco quindi che il servizio di customer care non può assolutamente fallire.
Il cliente viene quindi attirato con un marketing che è diventato inbound, quindi targhettizzato, dopodichè viene coinvolto dal brand che gli offre informazioni di prodotto o su se stesso per cercare di instaurare un meccanismo di fiducia e infine cerca di fornirgli la miglior esperienza di acquisto che abbia provato, così che possa parlare bene di noi alla sua cerchia e portare nuovi clienti.

Outbound ed Inbound Marketing, due modelli a confronto

Pensatela come “ad ogni marketing il suo modello”, quindi outbound marketing e funnel model sono la prima coppia e inbound marketing e flywheel Model la versione più moderna.

Per Outbound Marketing si intende quel marketing di massa, “spinto” verso il cliente attraverso i media più classici come la stampa e la tv che interrompono l’attenzione di un target considerato passivo. Ecco quindi che con un target così si è pensato ad un modello a sua volta passivo, dove il cliente attirato all’interno dell’imbuto prosegue la sua esperienza verso il basso e in cui, una volta uscito, non viene considerato come possibile forza di crescita dell’azienda stessa.

Con l’avvento del marketing digitale, invece, il consumatore accresce il suo potere e cambia di ruolo, da passivo ad attivo e selezionatore di contenuti e brand da cui lasciarsi interrompere lasciando anche un contributo verso la sua cerchia con recensioni e feedback. Le aziende, quindi, pensano a un marketing più targettizzato e in grado di fornire contenuti di valore al loro fruitore. Si parlerà quindi, anche, di Flywheel Model, il modello volano in cui il consumatore è la forza di crescita (o di decrescita) del modello stesso e di conseguenza dell’azienda a cui si riferisce.

In particolare in relazione all’Inbound Marketing applicato al modello volano si studieranno campagne marketing in grado di alimentare l’attenzione del cliente in ognuna delle tre fasi fondamentali:

  • Attract, creo contenuti e conversazioni interessanti;
  • Engage, costruisco relazioni durature con il mio target;
  • Delight, delizio il mio pubblico con un’esperienza unica e tailor-made.

Alcuni esempi di strategie possono essere:

  • Fase attrattiva (attract): articoli propri su blog o social media, usare dei testimonial, ottimizzare i nostri contenuti per la SEO e le ricerche online
  • Fase di coinvolgimento (engage): mostrare all’utente perchè siamo la scelta per lui e che vantaggi avrebbe scegliendoci anche attraverso delle chiamate dirette, ma studiate a tavolino e che non sembrino le classiche chiamate da Call center
  • Fase di soddisfazione (delight): customer care anche online, canali per feedback e supporto anche su Facebook o Whatsapp, dare risposte tempestive

Con il cambiamento di modello cambiano anche le logiche dei team verso il cliente, se prima i venditori erano le figure chiave per trattenere un consumatore, oggi tutto il team deve essere in grado di attrarre e fidelizzare il cliente, ma ancor più importante è il servizio post vendita e customer care.

Se nel Funnel Model, insomma, era l’inizio del percorso la tappa più importante, con il Flywheel Model avviene tutto il contrario, è la fine quella che conta.

L'esigenze e i desideri dei lavoratori, sembrano mutare quotidianamente

Benefit aziendali: cosa sognano i dipendenti italiani

  • L’accesso ai benefit aziendali rappresenta un valore aggiunto per i lavoratori italiani.
  • Emerge la crescente difficoltà a creare un equilibrio tra sfera lavorativa e vita privata, ma i benefit al personale continuano a favorire l’aumento di produttività.

 

Per i dipendenti italiani, i benefit aziendali non costituiscono un optional, ma un asset importante dell’ecosistema professionale. Desiderano avere maggiore tempo per le attività sportive e intendono rimanere costantemente aggiornati: d’altronde dallo scorso lockdown si è notato un incremento delle iscrizioni ai vari corsi di formazione online.

Benessere fisico e della mente, convenzioni con centri sportivi e corsi di formazione per riqualificarsi e migliorarsi nel mondo del lavoro.

Salute fisica e crescita professionale, tra i benefit aziendali più ricercati

Benessere fisico e della mente, convenzioni con centri sportivi e corsi di formazione per riqualificarsi e migliorarsi nel mondo del lavoro.

Ecco cosa desiderano davvero gli italiani, che tuttavia da parte delle aziende continuano a trovare, come proposta più frequente, i classici buoni pasto. Lo rivela un’indagine di Urban Sports Club, l’applicazione per l’accesso ai centri fitness diffusa in tutta Europa. Dal sondaggio, è emersa la crescente difficoltà a creare un equilibrio tra sfera lavorativa e vita privata, in cui spesso i momenti da dedicare al proprio benessere fisico ed emotivo vengono sacrificati, e tutto ciò ha naturalmente un impatto al ribasso sulla macchina produttiva.

L’accesso ai benefit aziendali rappresenta un valore aggiunto per ogni lavoratore

Anche se, complice la profonda evoluzione degli stili di vita in atto, esigenze e desideri sembrano mutare quotidianamente, qual è lo scenario attuale e quali sarebbero le aree che a detta dei dipendenti potrebbero contribuire realmente a migliorare la qualità della vita?

“Il dialogo e la collaborazione con le aziende è fondamentale per realizzare questa visione attraverso l’erogazione di un benefit che possa davvero impattare in maniera positiva sulla vita dei dipendenti” – commenta Filippo Santoro, Managing Director per l’Italia di Urban Sports Club.

Mensa e assicurazione sanitaria i benefit più popolari

Eppure a disporre di benefit aziendali non sono in pochi, ma  il 70% dei lavoratori dipendenti. In ordine di popolarità, le aziende italiane propongono mensa o buoni pasto (52%), assicurazione sanitaria aziendale (47%) e prodotti di primaria necessità, quali acqua, caffè e snack in ufficio (45%). Al quarto posto ci sono il cellulare o computer aziendale, seguiti da generici premi o bonus. Al sesto posto c’è la possibilità di lavorare in smart working. Solo al settimo posto troviamo convenzioni con centri sportivi o fitness. In coda la palestra aziendale (6%) che tuttavia, va da sé, è concepibile solo in aziende di una certa rilevanza.

La classifica dei più utilizzati

Nella top 10 dei benefit aziendali più popolari in Italia non manca nulla, e si va dal caffè all’auto aziendale, fino ai buoni regalo:

  1. Mensa o buoni pasto
  2. Assicurazione sanitaria aziendale
  3. Beni di prima necessità (acqua, caffè, snack)
  4. Strumenti hi-tech (cellulare o computer aziendale)
  5. Premi o bonus
  6. Smart working
  7. Convenzioni con centri sportivi e fitness
  8. Auto aziendale
  9. Palestra aziendale
  10. Buoni regalo

LEGGI ANCHE: L’auto-organizzazione in azienda come alternativa alle gerarchie

La felicità dei dipendenti passa dai benefit aziendali

Ma cosa chiedono i dipendenti?

L’attività fisica è un’esigenza avvertita da molti e, almeno per quanto riguarda l’Italia, ancora poco radicata come forma di benefit aziendale. Circa un terzo del campione, tuttavia, sostiene di aver abbandonato lo sport a causa del protrarsi degli orari di lavoro. E, forse, proprio per questo sono in molti (52%), a dire che gradirebbero una convenzione con centri sportivi. Solo il 5% degli intervistati sostiene che sicuramente non usufruirebbe di questa opportunità.

Tra le proposte più apprezzate, quasi alla pari, ci sono poi corsi di formazione, aggiornamento e borse di studio, preferite dal 42% del campione. E in effetti, anche i corsi Ninja Academy sono disponibili sulle principali piattaforme di welfare, come EasyWelfare e Jointly.

Un benefit, dunque, finora poco considerato e che tuttavia, in tempi molto recenti, è stato rivalutato. Grazie anche al lockdown e allo smart working, infatti, numerose aziende hanno iniziato a puntare sull’aggiornamento professionale.

Chiude il podio, con il 28% delle preferenze, l’assicurazione sanitaria aziendale.

I benefici  alle persone favoriscono l’impresa

Ma a prescindere da quali siano, l’assoluta maggioranza (76%) dei dipendenti interpellati ritiene che gli incentivi possano generare output positivi anche per l’azienda stessa.

I benefit, dicono i lavoratori, favoriscono l’aumento di produttività, di conseguenza i dipendenti si sentono più soddisfatti e quindi più motivati. Dal canto suo, la realtà aziendale – afferma il 67% del campione – ne giova a livello d’immagine risultando più attraente agli occhi di nuovi possibili collaboratori e talenti. Inoltre si favorisce un legame più solido, di fidelizzazione, con i collaboratori già presenti nel team (52%).

Nello specifico, gli italiani credono che i benefit aziendali correlati alla sfera del benessere psico-fisico siano centrali, poiché impattano maggiormente sulla vita di chi ne usufruisce.

natale 2020

Natale 2020: tips per una strategia efficace durante la pandemia di Covid19

  • Il 44% dei consumatori prevede di spendere più o meno la stessa cifra degli anni scorsi per gli acquisti di Natale 2020.
  • Il 58% dei consumatori preferisce fare acquisti online piuttosto che in negozio, in particolare la Generazione Z (52%).
  • Una media del 74% degli acquirenti globali cerca regali per se stesso durante le festività natalizie, oltre che per gli altri.

 

Sentite anche voi nell’aria quel profumo di biscotti allo zenzero? Avete già sentito passare alla radio “All I want for Christmas is you”? State cercando di ricordare se le decorazioni sono chiuse in cantina o in garage?

Se la risposta è sì, allora ci siamo: è arrivato il momento di prepararsi al Natale!

Sicuramente state pensando “ma mancano ancora due mesi” però sappiate che, per un marketer, questo è il momento giusto per progettare la campagna natalizia

Una campagna che, quest’anno, sarà ancora più difficile da pianificare per colpa dei continui cambiamenti causati dalla pandemia di Covid19, che rendono incerto il futuro di tutti, dai consumatori ai brand.

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Da dove iniziare?

Prima di tutto, è fondamentale analizzare i dati per capire quali sono le previsioni di acquisto da parte dei consumatori.

Covid-19 effect on Christmas shopping

Secondo una ricerca condotta a giugno negli Stati Uniti e nel Regno Unito da GlobalWebIndex, il 44% dei consumatori afferma che prevede di spendere più o meno la stessa cifra degli anni scorsi per gli acquisti di Natale di quest’anno, mentre un terzo dei consumatori prevede inoltre di acquistare i regali di Natale in anticipo per risparmiare.

L’anno scorso, una media del 54% dei consumatori globali ha acquistato qualcosa durante un mega evento di svendita mentre più del 43% ha fatto acquisti durante il Black Friday.

Quest’anno invece grazie a nuova ricerca di Rakuten Advertising condotta su 8.673 adulti in tutto il mondo, sappiamo che che il 57% dei consumatori intende acquistare qualcosa durante le giornate promozionali, nonostante il 40% ammetta una diminuzione del reddito familiare a causa di Covid19.

Possiamo quindi prevedere che anche per il 2020 momenti come il Black Friday e il Cyber Monday che si terranno alla fine di Novembre saranno fondamentali per gli acquisti natalizi dei consumatori.

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eCommerce al primo posto

Cross-demographic appeal of online Christmas shopping

Dalla stessa ricerca emerge che, a livello globale, il 58% dei consumatori preferisca fare acquisti online piuttosto che in negozio (42%). Nello specifico, la generazione che predilige l’eCommerce è la GenZ (52%) seguita dai Millennial (48%).

Senza dubbio questa tendenza è dettata anche dalla costante preoccupazione per la propria salute da parte dei consumatori, con un terzo degli acquirenti (32%) che afferma di voler evitare di stare in mezzo a grandi folle – esempio in un centro commerciale – pensiero che spinge i consumatori a fare acquisti online.

Questi dati suggeriscono quindi che lo shopping natalizio di quest’anno avverrà principalmente su piattaforme di eCommerce e social media, tendenza accelerata senza ombra di dubbio dalle conseguenze della pandemia di Covid19.

Natale 2020: l’importanza del self-care in tempo di crisi

Un altro aspetto da non sottovalutare, sottolineato nello studio “The 2020 Facebook Holiday Package” pubblicato appunto da Facebook, è l’importanza del self-care durante la pandemia di Covid19.

Sono sempre di più, infatti, le persone che in momenti di incertezza, di crisi e di difficoltà in generale cercano in qualche modo di consolarsi e di rimanere positive concedendosi qualche auto-regalo.

Vediamo infatti come una media del 74% degli acquirenti globali intervistati cerca regali per se stesso durante le festività natalizie, oltre che per gli altri ovviamente.

Recensioni e UGC guidano le decisioni di acquisto

Un articolo pubblicato da Internet Retailing consiglia inoltre di prestare particolare attenzione alle recensioni e ai contenuti creati dagli utenti, in relazione a un prodotto o servizio.

Sembra che Luglio abbia registrato uno dei più alti tassi di interazione con gli UGC, evidenziando che gli acquirenti sono influenzati da recensioni, foto, domande e risposte dei clienti durante il processo di acquisto online.

Il 48% dei consumatori afferma infatti che prediligono per i loro acquisti i brand che rispondono alle recensioni degli utenti. 

LEGGI ANCHE: eCommerce in Cina 2020: oltre al Single’s Day c’è di più

Quali sono i principali takeaway del Natale 2020 per i brand?

  • Pianificare una mini-strategia in occasione del Black Friday e del Cyber Monday per anticipare i bisogni dei consumatori ed arrivare preparato al Natale.
  • Investire maggiormente nell’eCommerce e nello shopping online, senza dimenticare totalmente l’esperienza in-store. Infatti, per adattarsi alle nuove aspettative, le aziende dovrebbero considerare il BOPIS (Buy Online, Pick-up in Store) per agevolare i consumatori e rendere più facile lo shopping dell’ultimo minuto.
  • Concentrarsi sui bisogni di auto-compiacimento dei consumatori e offrire prodotti o esperienze in grado di soddisfarli.
  • Considerare gli UGC nella strategia di comunicazione natalizia, dato che per gli acquirenti si tratta di un contenuto fondamentale per prendere decisioni di acquisto.

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In generale il 2020 è stato un anno assurdo e continuerà ad essere imprevedibile anche nei suoi ultimi mesi. Per questo i brand dovranno comunque continuare a prestare attenzione a tutti i cambi improvvisi nelle abitudini dei consumatori per adattare rapidamente la loro strategia Natalizia.

single's day cina ecommerce

eCommerce in Cina 2020: oltre al Single’s Day c’è di più

  • Il mercato eCommerce cinese vale il 50% delle vendite online mondiali e fattura il triplo degli USA, ma per penetrarlo sono necessari dei “must” digitali.
  • Alibaba è un colosso eCommerce con prodotti retail, wholesale, in border e cross border. Taobao, Tmall, Youku e DingTalk fanno parte del gruppo.
  • Ma oltre ad Alibaba e al Single Day ci sono una serie di altri player (JD.com, Vip.com, Secoo, WeChat) e di eventi marketing da conoscere.

 

La più grande festività commerciale in Cina è in arrivo e i brand sono in fibrillazione. Lavoro in un’agenzia che supporta le aziende in Cina e mai come in questi giorni ho pensato di darmi all’ippica. Scherzi a parte, il lavoro è quadruplicato. Per immaginare fino a che punto, vi invito a pensare alla preparazione pre-Black Friday. Ma con un lavoro massivo di traduzione linguistica e culturale dietro.

Però mica ci possiamo lamentare. Mentre noi precipitiamo verso il prossimo lockdown, in Cina il futuro pare un po’ più roseo. Mai come oggi, “Vendere in Cina” è diventato un ibrido tra un mantra e un diktat per aziende che vedono la Cina come un paradiso di consumatori alto-spendenti che salverà i loro bilanci aziendali. A torto o ragione (la Cina non è per tutti), c’è un po’ di background da conoscere prima di pensare al Single Day. Facciamo un po’ di chiarezza in questo articolo.

eCommerce in Cina: un mercato grande quanto la Spagna

Partiamo con un paio di dati impressionanti: la Cina, da sola, copre il 50% delle vendite online mondiali e supera di tre volte il fatturato eCommerce degli Stati Uniti (1.5 trilioni versus 566 miliardi, $). Per condividere un’ultima iperbole, il peso del mercato eCommerce cinese è maggiore del PIL spagnolo.

Siamo quindi tutti d’accordo se dico che la Cina oggi ha un fascino che va ben oltre la grande Muraglia per l’occidente, no? Approcciarla, però, non è così semplice.

L’ingresso digitale in Cina. I must have

Per farla molto breve, per poter vendere (o anche solo comunicare) in Cina ci sono dei must. Prima di tutto: l’awareness. I più fortunati l’hanno già (come Salvatore Ferragamo per le scarpe, Flexform per i mobili, Ferrero per le merendine), altri la devono costruire. Costruirla è un processo che richiede tempo, possono volerci anni per costruire un forte ricordo di immagine nella mente dei consumatori e soprattutto sforzi, perché quello cinese è il target a cui occorre adattare maggiormente il proprio marketing.

Digitalmente l’adattamento si traduce in un sito in lingua, con un hosting locale (altrimenti ciao velocità in Cina) e una manciata di account ufficiali sui social locali più importanti, primo tra tutti WeChat.

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Un’infografica che racchiude solo una parte di tutte le piattaforme per fare marketing in Cina (Sekkeistudio 2020)

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Dopo aver costruito una presenza solida (possibilmente anche offline), si può pensare alla strategia eCommerce. E anche qui le possibilità sono immense.

eCommerce in Cina = marketplace

Le abitudini di acquisto online in Cina sono molto diverse. Gli utenti non hanno nessun interesse a comprare un prodotto sul sito ufficiale del brand: spesso il sito si carica lentamente, non è interamente tradotto e ha meno comodità di un multistore come Tmall, del gruppo Alibaba. Ma oltre ad Alibaba (e il suo Single Day) c’è tutto un mondo di piattaforme (più o meno) emergenti che potrebbero rispecchiare maggiormente il target. Vediamo le percentuali di mercato.

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Quote di mercato dei marketplace in Cina (Statista 2020)

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Padrone indiscusso della piazza è Tmall, che possiede più del 50% delle quote di mercato (statista, 2020). A seguire, il rivale storico JD.com (entrambe sono nate come piattaforme generaliste) e il newbie Pinduoduo, che troppo novellino non è (287 milioni di visite al mese – Webretailer, 2020)

Taobao e Tmall: gli assi nella manica di Jack Ma

Permettetemi di ripetermi: non solo eCommerce in Cina, oltre ad Alibaba c’è di più, ma anche Alibaba, oltre a Tmall c’è di più. Se ci si addentra tra le parole chiave del marketing in Cina per i non addetti ci si può accorgere che tutte convertono ad Alibaba – Tmall – Single Day. Come se la grandezza di un mercato tale potesse trovare una spiegazione esaustiva in questi tre passaggi.

Prima di tutto, Alibaba è un ecosistema. Ha un core di attività legate all’eCommerce comunemente inteso: Tmall è il leader per il B2C, cui si accompagna Taobao (C2C e B2C), Freshippo (per il segmento food), AliHealth (healthcare) e Tianmao Chaoshi, che tradurrei letteralmente come il market di Tmall (à la Amazon Prime Now).

E-commerce in Cina_Alibaba

L’ecosistema Alibaba (Chozan 2020)

Questo per quanto riguarda l’in-border: per tutto il mondo cross-border (che tradotto per i non addetti è quello di chi non ha una sede o stock in Cina) ci sono poi Tmall Global e AliExpress tra i più conosciuti.

Accanto ai marketplace retail ci sono poi quelli wholesale: dedicati al B2B. Per i locali c’è 1688 (che sarebbe, peraltro, la forma originale di Alibaba, che era nato per connettere le imprese, non i consumatori) e per i forestieri Alibaba.com.

Ci vorrebbe un articolo solo per spiegare ognuna delle piattaforme del mondo Alibaba, ma basti dire che in aggiunta a tutte le piattaforme nominate poi ce ne sono altre complementari e che coprono altre industry: Alipay è insieme a WeChat Pay il metodo di pagamento digitale più diffuso; Youku la piattaforma video leader in Cina, DingTalk una sorta di chat aziendale ma più complessa e Ele.me il Just Eat orientale (di cui ammetto di aver fatto largo uso back in times).

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JD.com, Pinduoduo e tutti gli altri

Le altre piattaforme, che – disgraziatamente – negli articoli generalisti di eCommerce (e in questo) hanno sempre meno spazio, si distribuiscono più o meno equamente il target cinese.

JD.com, tuttavia, merita una menzione speciale in quanto rivale storico di Alibaba e marketplace che comunque ridendo e scherzando raccoglie quasi il 30% delle quote di mercato in Cina (Statista, 2020). Nato anch’esso come piattaforma generalista, oggi JD.com è forte in qualità di retailer e conosciuto per la sua rete distributiva pressoché onnipresente in Cina (ha più di 750 warehouse).

Tra gli altri marketplace che meritano una menzione ci sono Pinduoduo, focalizzato sugli acquisti di gruppo, Secoo e VIP.com, dedicati entrambi al segmento Fashion & Luxury e i miniprogram WeChat, dell’altro grosso gigante cinese Tencent (proprietario di WeChat, WeChat Pay, Tencent Video, Sougou e via dicendo).

Il Single’s Day e i mega festival commerciali in Cina

Paese che vai, calendario che trovi. Credo che ormai lo sappiano tutti: la Cina non segue il calendario gregoriano, bensì quello lunare. Che a mio modesto avviso è ricco di festività molto più interessanti degli onomastici di nomi che non ho mai nemmeno sentito. Questa differenza, unitamente alle tradizioni storiche e culturali cinesi altre, comporta un forte discostamento del calendario commerciale cinese rispetto a quello occidentale.

Il calendario lunare in Cina

Prima di tutto il Capodanno: qui è sempre il 31 dicembre, in Cina cade a cavallo tra gennaio e febbraio e varia data ogni anno. La sua celebrazione dura circa una settimana ed è seguita da ulteriori festività: la Festa delle Lanterne, San Valentino (quello internazionale e quelli cinesi – Qixi Festival e 520 Festival), la Festa delle Dragon Boat, quella di Mezzo Autunno e infine la Festa della Repubblica (studiata appositamente per lasciare la popolazione cinese in vacanza e permetterle di spendere).

E-commerce in Cina_calendario

Le festività (commerciali e non) cinesi sono numerosissime e diverse da quelle occidentali. Una marketing strategy vincente opera secondo il calendario del target, non il proprio. (East Media 2020)

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Tra Single Day e 618 Festival: il calendario eCommerce in Cina

In questo ventaglio di feste tradizionali, si inseriscono anche i mega festival commerciali. Il più famoso è ovviamente il Single Day, che nel 2019 ha generato 1482 miliardi di RMB in un giorno, di cui 10 in un minuto e mezzo (KR Asia 2019). Questo solo per Alibaba, perché anche su JD.com nonostante l’evento sia originariamente targato Jack Ma ha avuto ottimi risultati: 205 miliardi RMB.

Al Single Day JD.com ha comunque risposto con un altro festival commerciale branded: il 618, che sarebbe la data di fondazione della piattaforma e ha una crescita annua del 100%, 2.000 brand partecipanti e risultati altrettanto sorprendenti: 100 milioni di RMB, in 2 minuti, tramite Live Streaming (Chozan 2020).

Oltre a questi due eventi di portata gigantesca, ci sono poi eventi “minori” (tra virgolette, perché muovono comunque milioni di RMB) dedicati alle varie industry (il Food & Wine Festival si è appena concluso, ad esempio) e il National Day, con i brand che ogni anno vendono l’11,5% in più yoy.

Che dire? Manca meno di un mese al Single’s Day, ma in case you miss that, direi che potete ripiegare su tanto altro. E farcela per il prossimo.

splio contactless mobile wallet

Le potenzialità della tecnologia contactless per il rilancio del Retail, online e offline

La crisi sanitaria ha inevitabilmente accelerato la trasformazione digitale dei brand, in media dai 6 ai 7 anni, ponendoli davanti a nuove sfide necessarie per rispondere alle esigenze mutate del consumatore post-lockdown.

I consumatori hanno colto l’occasione per cimentarsi in nuove abitudini di acquisto: primo tra tutti troviamo l’esplosione dell’eCommerce, con una crescita stimata del 26% nel 2020. E un trend crescente di tutte quelle modalità di acquisto strettamente connesse agli acquisti online, come il Click & Collect, il Food Home Delivery, il Proximity Commerce e il reso dei prodotti indipendentemente dal canale utilizzato per l’acquisto.

La sicurezza ha fatto il suo ingresso nella customer experience: se da una parte i consumatori desiderano sentirsi sicuri nelle loro esperienze di acquisto, dall’altra il successo in-store è fortemente legato alla digitalizzazione del punto vendita.

Di fronte a questi consolidati cambiamenti, hai già pensato a come gestire la relazione con la clientela in questo periodo di nuova normalità?

Prova l’esperienza interattiva del Mobile Wallet e scopri come raccogliere i dati dei tuoi prospect grazie a Splio!

La tecnologia contactless, oltre a soddisfare le esigenze sanitarie, può accompagnare la tua strategia CRM. Il Mobile Wallet ti consente infatti di ottimizzare i costi di acquisizione, raccogliendo i dati dei tuoi prospect già dalla prima interazione, avvenuta online o in negozio. Splio, a tal proposito, ha creato un’esperienza interattiva per mostrare nel dettaglio come funziona il Mobile Wallet, sia per l’eCommerce che per il punto vendita fisico. L’esperienza offerta è unica, poiché l’utente è messo nei panni del consumatore e può avvertire immediatamente e in prima persona gli innumerevoli vantaggi di questa tecnologia.

Cos’è il Mobile Wallet?

Un vero e proprio portafoglio digitale, il Mobile Wallet è un’applicazione nativa che abbiamo tutti nei nostri smartphone: Apple wallet per l’iPhone e Google Pay per i telefoni Android. Sono applicazioni che non possono essere disinstallate, che non hanno bisogno della rete internet per funzionare e che sono attive automaticamente per le impostazioni del telefono.

In altri termini, la tecnologia contactless del Mobile Wallet rappresenta un’enorme opportunità per i marketer che desiderano stare al passo con i consumatori mobile first e iper-connessi. Costituiscono un nuovo canale di comunicazione, conforme alla GDPR, per ingaggiare e offrire ai tuoi prospect un’esperienza unica e di fidelizzazione a partire dall’inizio della vostra relazione.

Il mercato è in piena trasformazione e sono proprio i consumatori a guidarlo, ed è grazie al mobile che questo avviene. Il 93% degli italiani possiede uno smartphone, ciò significa che 9 italiani su 10 hanno accesso al mobile wallet.
Ma quali sono le opportunità per i marketer con questa tecnologia contactless?

Secondo Splio il Mobile Wallet è una leva di acquisizione, di fidelizzazione e di sicurezza dei punti vendita da sfruttare per il rilancio dell’attività retail, online e in negozio.

Una nuova esperienza in-store contactless

Il negozio è il canale di vendita e il CRM per eccellenza del settore retail: il 62% degli italiani infatti preferisce effettuare il primo acquisto in-store, per l’esperienza che solo il negozio fisico è in grado di offrire.

Il distanziamento sociale e le misure sanitarie sono oggi fondamentali e comportano una trasformazione dei punti vendita. I consumatori post-lockdown si recano in negozio per acquistare ciò per cui sono venuti, cercando di limitare le visite in negozio. Il drive-to-store assume quindi un’importanza chiave.

Ma quale esperienza in-store offrire oggi per stimolare le visite e le vendite?

In passato la fedeltà era rappresentata da una carta fisica nel portafoglio, che bisognava estrarre e mostrare in cassa. L’adesione al programma fedeltà avveniva compilando un form cartaceo, che comportava necessariamente il contatto fisico.

Oggi è divenuto imperativo sfruttare la tecnologia, per trasformare questi processi ormai obsoleti: la digitalizzazione del tuo negozio e l’utilizzo del mobile come interfaccia con il cliente possono aiutarti a rispondere sia alle esigenze sanitarie che ai nuovi bisogni del cliente post-lockdown.

Digitalizzando la carta fedeltà sul Mobile Wallet, risparmierai del tempo in cassa poiché il cliente dovrà semplicemente mostrare il suo smartphone al personale di vendita che scansionerà il codice. Inoltre, il cliente fidelizzato avrà accesso in tempo reale ai punti loyalty e ai vantaggi offerti, visualizzando una vetrina interattiva del brand.

Grazie al QR code esposto nel punto vendita, sulle pareti o in cassa, l’acquisizione di nuovi clienti in-store sarà semplicissima. Il cliente potrà facilmente scansionare il QR code con il suo smartphone e verrà reindirizzato a una pagina web, con un breve modulo precompilato da convalidare. Verrà generata automaticamente una carta fedeltà che il cliente aggiungerà al suo Mobile Wallet. Il brand avrà così acquisito in-store un nuovo membro al suo programma loyalty.

Generare lead da mobile nell’era del digital

L’mCommerce, ovvero lo shopping online effettuato tramite smartphone, è in rapida ascesa e conferisce crescente importanza al mobile. Durante il lockdown, il 50% degli acquisti online è avvenuto da mobile, evidenziando che i consumatori acquistano con lo smartphone anche comodamente dal proprio divano.

Nell’era del digital e dei social network è per i brand necessario considerare nuovi strumenti per attirare l’attenzione dei consumatori e ingaggiarli direttamente da mobile. La tecnologia contactless del Mobile Wallet consente di coinvolgere fin da subito i consumatori online.

In aggiunta alla digitalizzazione della carta fedeltà sullo smartphone, il Mobile Wallet consente di dematerializzare i coupon e ticket dei brand sul telefono.

Con il Mobile Wallet puoi raggiungere un prospect sui social network e instaurare con lui una relazione unica fin da subito. Il brand inserisce per esempio su Instagram un post sponsorizzato, per comunicare un buono sconto. Il consumatore clicca l’Ads e compila un breve form. Automaticamente si crea un coupon sconto digitale, che il prospect aggiungerà al suo Mobile Wallet. Il brand ha acquisito così un nuovo cliente fidelizzato sui social network.

Le nuove priorità dei marketer per adattarsi alla nuova normalità

È evidente che la crisi sanitaria ha reso indispensabile parlare di un prima e di un post-covid, sia dal punto di vista economico sia relativamente alle abitudini di consumo. Secondo Splio, i marketer per avere successo oggi in questa nuova normalità dovranno necessariamente mettere sotto una nuova luce il CRM, l’omnicanalità e la fidelizzazione. Poiché sono fattori di importanza chiave per implementare piani marketing di successo e aumentare la fiducia del consumatore.

Il CRM post-lockdown valorizza la conoscenza del cliente poiché la sua fiducia dipende proprio dalla segmentazione e dalla personalizzazione. Il successo delle campagne può avvenire solo tramite una gestione intelligente di KPI realistici, come la frequenza di acquisto.

L’omnicanalità non è più opzionale e deve rispondere a nuove abitudini di consumo, che rendono indispensabile ripensare ai canali di vendita in un’ottica integrata. I brand possono avere successo solo mettendo il cliente al centro e rispondendo alle esigenze e alla personalizzazione in tempo reale direttamente sullo smartphone dei consumatori.

La fedeltà post-lockdown deve ricompensare anche l’engagement, poiché se i premi del programma fedeltà stimolano il riacquisto, l’engagement influenza la fedeltà. Le interazioni social e web divengono quindi nuovi punti fedeltà da tenere in considerazione nel programma fedeltà, in aggiunta ai punti transazionali.

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Mini è la parola chiave per i nuovi prodotti di Apple

  • Apple ha annunciato i suoi nuovi prodotti durante il suo evento iPhone 12.
  • C’era grande attesa e le novità non sono state solo nel formato. Ecco le principali.

 

Sono stati mesi molto impegnativi per Apple. Dopo il lancio di nuovi iPad e Watch, l’azienda ha presentato oggi la sua linea di iPhone 12, circa un mese più tardi del solito.

Ecco quindi tutto quello che Apple ha annunciato ieri.

HomePod Mini

Apple ha rivelato il tanto atteso HomePod mini che è una versione più piccola dell’HomePod. Davvero piccolo, alto solo 5 centimetri.

Secondo quanto illustrato, l’“audio computazionale” permette all’altoparlante di sintonizzarsi automaticamente su diversi tipi di musica per fornire prestazioni ottimali. Può riprodurre musica in stereo automaticamente (supponendo di acquistarne due) e, naturalmente, supporta anche Siri.

Costerà 99 dollari ed è disponibile nei colori bianco e grigio, con pre-ordini a partire dal 6 novembre e disponibilità a partire dal 16 novembre.

Nuovo iPhone 12

Oltre a cambiare la fotocamera, l’iPhone 12 rinfresca un po’ il design che era lo stesso più o meno dai tempi dell’iPhone X, allontanandosi dai bordi arrotondati e dal vetro che caratterizzavano i vecchi dispositivi per un nuovo design con bordi piatti – più simile all’iPad Pro e al nuovo iPad Air.

Il display fa un grande salto di qualità con un pannello OLED Super Retina XDR rispetto al vecchio LCD, e raddoppia sostanzialmente anche la risoluzione. Forse più interessante è il nuovo vetro “a scudo di ceramica” – sviluppato in collaborazione con Corning – che Apple sostiene essere il più grande salto di durata mai fatto su un iPhone.

I telefoni sono alimentati da un processore A14 Bionic, come nell’iPad Air, che secondo Apple è “il chip più veloce mai presente in uno smartphone”.

L’iPhone 12 è dotato di due fotocamere con lenti larghe e ultra larghe.

L’iPhone 12 partirà da 799 dollari ed è disponibile nei colori blu, verde, nero, bianco e rosso. Sarà pronto per il pre-ordine venerdì 16 ottobre, e diventerà disponibile il 23 ottobre.

L’iPhone 12 Mini

Mini è stata la parola chiave di ieri. Per la prima volta dall’iPhone 5S, Apple ha reso moderno un telefono di punta che può essere giustamente considerato “piccolo” per gli standard odierni.

Nonostante le dimensioni più piccole, mantiene essenzialmente le stesse specifiche dell’iPhone 12 – compreso il Super Retina Display.

L’iPhone 12 Mini partirà da 699 dollari con gli stessi colori dell’iPhone 12. I pre-ordini iniziano venerdì 6 novembre, e sarà disponibile a partire dal 13 dello stesso mese.

L’iPhone 12 Pro e Pro Max

L’iPhone 12 Pro e il Pro Max si basano sulle caratteristiche dei loro fratelli più economici. Sono dotati di un elegante telaio in acciaio inossidabile con una finitura più lucida rispetto al normale iPhone 12, e sono disponibili nei colori grafite, argento, oro e blu pacifico. Il 12 Pro passa da una diagonale di 5,8 pollici a 6,1 pollici, mentre il Pro Max passa da 6,5 a 6,7 pollici.

Saranno disponibili per il pre-ordine venerdì 16 ottobre, e saranno disponibili una settimana dopo, il 23 ottobre. Il prezzo parte da 999 e 1.099 dollari rispettivamente per il Pro e il Pro Max.

Il sistema di telecamere è la vera storia qui. La 12 Pro ha essenzialmente le stesse fotocamere del normale iPhone 12, più un teleobiettivo equivalente a 52 mm per i soggetti lontani. Un nuovo sensore LiDAR su entrambi i telefoni permette inoltre ai dispositivi di avere effetti di profondità e realtà aumentata più realistici grazie a stime accurate della distanza. Permette anche ritratti in modalità notturna e una veloce messa a fuoco automatica in condizioni di scarsa illuminazione.

Apple Pro RAW

Apple permetterà di catturare le foto in RAW mantenendo la piena elaborazione del chip A14.

Questo darà ai fotografi molta più di flessibilità e opportunità creative per la loro fotografia mobile.

Carbonio zero entro il 2030

Apple ha infine annunciato che prevede di avere un impatto netto di carbonio zero entro il 2030, un obiettivo aggressivo considerando la massiccia produzione di hardware dell’azienda. Apple afferma di essere riuscita a farlo utilizzando materiali riciclati di terre rare, materiali di migliore provenienza.

Nessun caricabatterie o EarPods nella scatola

Anche questa mossa punta all’impatto zero. Come preannunciato dall’evento per iPad del mese scorso, Apple non include più un caricabatterie nella scatola – e nemmeno gli EarPods. L’azienda afferma che i suoi cambiamenti cumulativi le consentiranno di risparmiare 2 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, con un impatto equivalente a quello di togliere 450.000 auto dalla strada ogni anno.