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Le emozioni contano più nel marketing B2B che nel B2C (anche se forse avresti detto il contrario)

  • Nel marketing B2B, 7 aziende su 9 hanno un rapporto emotivo con oltre il 50% dei propri clienti.
  • Fiducia, sicurezza, ottimismo e orgoglio sono le emozioni più rilevanti nel rapporto fornitore e azienda.
  • Buyer Personas, personalizzazione, storytelling e misurazione costante dei risultati aiutano a valorizzare le emozioni.

“Nel Marketing B2B il linguaggio e il tono è formale e freddo, il processo decisionale è lungo e razionale, conta il prodotto e servizio più che il brand che lo vende”, ancora oggi queste convinzioni  attanagliano il mondo B2B, contrapponendolo al marketing B2C, più veloce, impulsivo, empatico ed emotivo.

Come se nel mondo del B2B le persone fossero tutte incravattate, con la faccia di marmo e una barriera emotiva davanti al cliente.

Oltre il fatto che sarebbe costruttivo e utile accostarsi a tutto il marketing e la comunicazione come Human to Human (H2H), le emozioni nel B2B contano tantissimo.

Nel B2B si investe più tempo nel creare relazioni durature e di fiducia con un numero più o meno ristretto di clienti. Molto spesso le relazioni vanno oltre l’automazione online, con telefonate, video call, incontri in presenza. Ogni contatto con il cliente o potenziale tale porta con sé delle emozioni determinanti per la continuazione del rapporto e per il passaparola.

Nei prossimi paragrafi approfondiremo il tema delle emozioni, capiremo insieme quanto pesano e come valorizzarle in una strategia di marketing B2B digitale.

Le emozioni nel marketing B2B

Uno studio di Google, Motista e Gartner ha confrontato il peso delle emozioni nel B2B e nel B2C con risultati che ribaltano ogni convinzione. Gli acquirenti nel B2B sono emozionalmente più legati ai brand rispetto al B2C.

Questi ultimi infatti hanno una connessione emotiva con i clienti dal 10% al 40%, mentre nel B2B per 7 brand su 9 la connessione emotiva sale a oltre il 50% dei clienti.

Marketing B2B

Il motivo principale è che nel B2B ci sono molteplici interazioni tra cliente e brand, in un processo decisionale più o meno lungo (a volte anche di anni), nel quale il potenziale cliente entra in contatto con il brand e diverse persone dell’azienda in molti touch point soprattutto one-to-one.

Per esempio può entrare in contatto prima con il marketing, poi con il commerciale, con l’amministrazione, con il tecnico, con l’assistenza e così via. Anche dalla parte dell’azienda cliente vengono solitamente coinvolte più persone, dai tecnici, ai responsabili, ufficio acquisti, ecc. Ogni persona ha un suo obiettivo da raggiungere, di status, carriera all’interno dell’azienda e la responsabilità di un acquisto giusto o sbagliato può influire emotivamente sul percorso professionale.

Facciamo un esempio pratico.

L’acquisto di un software complesso e con un costo alto per la gestione della documentazione in azienda. Il software promette di aumentare il controllo sui dati, l’organizzazione e la produttività. Le persone coinvolte nell’acquisto si prendono la responsabilità di spesa investendo per un ritorno economico di risparmio costi.  Se l’acquisto dovesse andare male, ne potrebbe risentire la loro reputazione e percorso di carriera, al contrario se andasse bene potrebbero ricevere una promozione. Entrambi sono stati emotivi, da considerare nel momento in cui si propone il prodotto e servizio.

Il referral

Un altro dato da tenere a mente nel marketing B2B è la potenza del referral. L’84% delle decisioni d’acquisto nel B2B iniziano proprio dal passaparola, che influisce con un Coversion Rate maggiore (circa 73%) e un tempo di chiusura acquisto minore (circa 69%). Il passaparola oltre chiaramente alla validità del prodotto e servizio è incentivato dalle emozioni, dall’esperienza positiva che il cliente vive, dal rapporto di fiducia che si viene a creare e lo fa consigliare ad altri, “mettendoci la faccia”.

referral

Il paradosso è che il passaparola è tanto potente quanto scarsamente utilizzato nel marketing B2B. Riprendendo le statistiche di Influive, solo il 30% delle aziende ha un referral program formalizzato.

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Le 4 emozioni rilevanti

Come abbiamo detto, nel B2B le emozioni sono legate alla sfera professionale. Una Survey condotta nel 2019 da B2B International su 2000 Decision maker in organizzazioni europee, statunitensi e cinesi, ha scavato proprio quali tra le principali emozioni che influenzano il processo decisionale nel B2B.

Marketing b2b produttività

L’affinità tra brand e acquirente è importante soprattutto all’inizio e alla fine del buyer journey. Per i fornitori è estremamente importante avere un brand forte nel quale i clienti possano riconoscersi e investire emotivamente.

Sono quattro le emozioni rilevanti, che aumentano per il 50% la scelta di un fornitore rispetto ad un altro:

  • la fiducia rispetto la credibilità del fornitore
  • la sicurezza sulla capacità del fornitore di consegna servizio e prodotto desiderato
  • l’ottimismo rispetto cosa il fornitore potrebbe fare per l’azienda cliente
  • l’orgoglio per la prospettiva di poter collaborare con il fornitore

Analizziamole una ad una.

Fiducia

I tre fattori per creare un senso di fiducia sono:

  • Affidabilità. Il fornitore dovrebbe essere percepito come affidabile, attenersi alle scadenze, essere reattivo, incontrare o superare gli standard del settore e mantenere sempre le promesse.
  • Competenza. Il fornitore dovrebbe mostrare competenza: far vedere che si intende del problema da una parte e fornire una soluzione esperta. La competenza dovrebbe essere rinforzata con contenuti e casi studio per mostrare come il fornitore ha aiutato le altre aziende del settore.
  • Customer experience. Il fornitore dovrebbe offrire un’esperienza “semplice”, senza interruzione e fluida all’acquirente in tutti i touch point.

Sicurezza

I decision maker hanno bisogno di sentirsi sicuri sul prodotto o servizio da acquistare. Vogliono qualcosa che incontri le aspettative, le superi e allo stesso tempo possa fargli fare bella figura con i propri superiori. Una scelta sbagliata influisce negativamente sulla reputazione della singola persona.

Una buona brand reputation come strategia di marketing B2B aiuta a creare sicurezza, oltre ad altri aspetti come il rapporto qualità-prezzo ed entrare in empatia con i problemi e bisogni del cliente.

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Ottimismo

Cosa potrebbe fare il fornitore per l’azienda? Il business ne trarrà vantaggio? Il fornitore può aiutare a raggiungere gli obiettivi?

Un fornitore dovrebbe aiutare il cliente a sentirsi ottimista mostrando competenza e comprensione verso le sfide che l’azienda vuole affrontare. Nel marketing si dovrebbe quindi adottare un tono di voce esperto. Riprendendo la metafora del viaggio dell’eroe, il fornitore è la guida che accompagna azienda cliente (eroe) nel suo viaggio per il raggiungimento del tesoro.

Durante i primi step del buyer journey, il fornitore dovrebbe ascoltare attentamente i bisogni del cliente, i desideri e trovare un modo efficace per incontrarli, con un approccio di valore e distinguibile dai concorrenti.

Orgoglio

Un acquirente vuole sentirsi orgoglioso di collaborare con il fornitore e il brand. Naturalmente questo è possibile se il brand è un leader nel settore. Il sentimento di orgoglio può essere raggiunto quando un fornitore mantiene le promesse, è affidabile, rispetta gli accordi, è sempre professionale e dimostra una comprensione autentica del modo in cui l’azienda acquirente lavora.

Inoltre il fornitore dovrebbe essere proattivo e mettere in buona luce l’acquirente davanti all’organizzazione e ai colleghi. Un fornitore proattivo è colui in grado di anticipare i problemi che l’acquirente potrebbe incontrare e offrire soluzioni, anche quando non espressamente richieste.

Un modo per essere proattivi è quello di rimanere costantemente in contatto con i potenziali clienti e rispondere alle loro richieste in modo tempestivo.

L’aspetto emotivo delle Buyer personas

Ora che abbiamo individuato le emozioni, indaghiamo alcuni strumenti e canali per valorizzarle in una strategia digitale di marketing B2B.

Essendo il target di potenziali clienti più “ristretto” nel B2B, possono crearsi delle buyer personas molto più centrate sul cliente tipo, quasi delle vere e proprie persone reali.

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Nel momento in cui si individuano le buyer personas è importante concentrarsi sulle aspetto emotivo, le motivazioni del potenziale cliente, i suoi limiti, le sue paure e avversioni. Questo è il modo in cui possiamo creare empatia con i nostri clienti e portare valore in una strategia di inbound marketing B2B.

Buyer personas

Un altro aspetto da tenere a mente è che le buyer personas sono dinamiche, quello che abbiamo individuato un anno fa potrebbe oggi non valere più. Il consiglio è restare sempre all’ascolto dei clienti, dei commerciali in campo, dell’assistenza, dei tecnici per aggiornare e arricchire i profili delle nostre bujer personas.

Non dimenticare la personalizzazione

Nell’inbound marketing attraiamo le persone sul nostro sito individuando i loro problemi, mostrando una comprensione verso di essi e successivamente accompagnandole passo passo nella loro risoluzione. Questo soprattutto attraverso il content marketing, per esempio in post all’interno del blog aziendale, sulle pagine social, nelle newsletter settimanali, ecc.

Tramite i contenuti offriamo quindi comprensione, fiducia, sollievo, sicurezza e ottimismo al potenziale acquirente in cerca di risoluzioni.

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La sfida è saper bilanciare queste emozioni e direzionarle per ogni step del customer journey. Un modo per farlo è studiare il comportamento del persone sul sito web attraverso strumenti come la marketing automation.

marketing b2b

Per esempio quando un prospect inizia a esplorare il sito web in fase di scoperta, potresti creare una campagna automatizzata che mostra un contenuto informativo rilevante (ebook gratuito, post,messaggio chatbot, ecc.) rispetto al bisogno e preoccupazione che l’utente sta cercando di risolvere trovandosi proprio sulla pagina del tuo prodotto o servizio. Questo mostra al potenziale cliente che è compreso, valorizzato e che il tuo prodotto potrebbe “sollevarlo” dalle sue preoccupazioni.

Un esempio lo troviamo sul sito di Hubspot. Navigando nella sezione Marketing Hub, man mano che scorriamo la pagina, appare sulla destra il chatbot, con questo semplice messaggio “A great marketing strategy starts with the right tools. I can help make sure you’re on the right track. What would you like to do next?” e poi a seconda della risposta fornisce il contenuto desiderato.

Acquisendo il contatto del prospect e utilizzando sempre la marketing automation, è possibile poi sviluppare un percorso su misura del potenziale cliente, con flussi di email, comunicazioni e contenuti altamente personalizzati sul comportamento dell’utente, che passo dopo passo viene accompagnato lungo tutto il customer journey.

Usa lo storytelling, anche nel B2B

Il fornitore è la guida, l’azienda acquirente l’eroe che deve raggiungere il suo obiettivo. Lo storytelling, come metodologia che attraverso la narrazione suscita emozioni, può essere utilizzato anche nel marketing B2B. La difficoltà e l’opportunità di utilizzarlo è capire realmente quali sono le emozioni del prospect.

Un esempio semplice di utilizzo dello storytelling nel B2B è quello di Intercom, azienda software statunitense.

Marketing B2B Intercom

Nella vignetta abbiamo un prima, che mostra un problema con caos, tante persone e strumenti utilizzati per comunicare e un dopo con la soluzione, una comunicazione ordinata, volti sereni e sorridenti. L’eroe ha raggiunto il suo obiettivo grazie a Intercom.

Misura e sperimentazione

Come capiamo se la strategia di marketing B2B che abbiamo messo in piedi sta facendo leva sulle giuste emozioni?

Semplicemente misurando e sperimentando. Cambiare totalmente il proprio sito web, investire molto budget su campagne, o iniziare una nuova strategia di contenuti quando non si hanno ancora a disposizione dati concreti per supportare le azioni può causare grandi perdite di budget e risultati deludenti.

Una strategia di marketing dovrebbe valutare l’impatto di ogni azione con metriche rilevanti e test minuziosi, che spostando elementi e inserendo piccoli cambiamenti aiuta a comprendere cosa porta alla conversione o meno. Un pulsante messo nel posso sbagliato? Un messaggio che non ricalca il il problema?

Analytics Marketing B2B

Uno strumento che può aiutare a tracciare i test e raccogliere i dati è l’Experiment Card, utilizzato nel processo del Growth Hacking per validare le ipotesi e scalare quelle vincenti.

Un altro consiglio per capire se stiamo facendo leva sulle emozioni giuste è tenere sotto controllo i canali non direttamente controllati dal brand con la sentiment analysis come forum, gruppi e profili social, siti di opinione.

Se si stanno ottenendo opinioni negative significa allora che qualcosa sta andando storto. Inoltre puoi acquisire feedback da clienti e prospect inviando periodicamente delle survey nei diversi step del customer journey.

competenze

Perché le competenze trasversali sono al cuore dello sviluppo professionale

La scorsa settimana si è tenuta la terza edizione della Milano Digital Week quest’anno in versione full digital, che ha visto un palinsesto di oltre 500 eventi, panel, webinar e lectio magistralis seguendo il filo rosso di un confronto aperto e inclusivo sul digitale.

Tra questi, anche un interessante webinar tenuto da Emiliano Sironi, Ricercatore in Statistica Sociale dell’Università Cattolica di Milano, sul tema delle competenze trasversali, dette anche soft skill o, in letteratura, “abilità inter e intra-personali di tipo socio-emotivo”.

Mi sono confrontata con il prof. Sironi su questo argomento, cruciale quando si parla di formazione aziendale e sviluppo delle risorse umane ma anche importantissimo se rapportato alle fasce di popolazione più giovane, come studenti o lavoratori che si stanno affacciando adesso a un percorso professionale. 

Cosa intendiamo quando diciamo competenze trasversali

Buongiorno Emiliano, grazie per il suo tempo! Partiamo da una distinzione fondamentale, quella tra hard e soft skill. Le competenze sono quell’insieme di conoscenze, capacità e comportamenti utili nell’attività professionale. Le hard skill, tecnico-professionali, riguardano le conoscenze teoriche e abilità pratiche per svolgere una specifica professione e sono le competenze primarie nel mercato del lavoro. Quale potrebbe essere una definizione di competenze trasversali?

«Possiamo definire le competenze trasversali come quell’insieme di abilità comunicative e relazionali non specifiche di una particolare mansione, ma proprio per questo adattabili ad ogni compito e professione. Esse concorrono, unitamente alle competenze tecniche e in sinergia con esse, al successo professionale. 

Bennet le definisce come abilità generiche che supportano lo studio di ogni disciplina e che possono essere trasferite sia in contesti di studio che lavorativi. Le classifichiamo in quattro aree: gestione del sé, dell’informazione (tra cui ci sono anche le competenze digitali), degli altri e del compito. Quindi rappresentano quel bagaglio di approccio che permette di potenziare le competenze hard»

Tra queste troviamo ad esempio il problem solving, la capacità di assumere decisioni importanti sotto pressione e di lavorare efficacemente in gruppo. In un mercato del lavoro dinamico, dove nel corso dello sviluppo della carriera si cambiano mansioni e contesti relazionali, diventa fondamentale svilupparle. Come si maturano queste competenze e quali sono gli strumenti per coltivarle? 

«Le competenze trasversali maturano nell’arco dell’esperienza complessiva della vita dell’individuo. La scuola concorre in modo rilevante alla formazione di esse, attraverso la trasmissione di nozioni e la formazione della cultura. Ma anche attraverso l’insegnare a relazionarsi con adulti e con soggetti differenti dal contesto familiare e degli amici. 

Tuttavia, la formazione dell’individuo nel suo insieme è un processo permanente nel quale ogni scambio relazionale con l’altro ha il suo contributo. Quindi esperienze di sport, per quello che concerne l’abilità a lavorare in gruppo, così come esperienze di volontariato o di stage e tirocinio concorrono ad affinarle in età giovanile. In età adulta il maturare di diverse esperienze professionali e l’assunzione di ruoli di responsabilità assume via via un ruolo dominante».

Soft skill, smart working e competenze T-Shaped: le parole chiave del lavoro di oggi

Passiamo ad un altro tema cruciale. Stiamo vivendo un periodo storico in cui il lavoro da remoto è ormai al cuore della business continuity. Perché le soft skill sono così fondamentali in questo scenario di remote e smart working?

«Sono importanti in contesti come quelli del lavoro agile, perché modificano, ma non annullano, la centralità dell’aspetto relazionale del lavoro e dello scambio di informazioni. 

Allo stesso modo, il lavoro digitale cambia forme e contenuti del modo di lavorare, ma questo necessita un continuo spirito di adattamento a trasformazioni sempre più rapide e la capacità di far fronte all’imprevisto. Pensiero critico e capacità di governare il cambiamento sono elementi ricompresi nell’insieme delle competenze trasversali».

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Cosa pensi delle competenze T-Shaped? Io le reputo imprescindibili nello sviluppo di manager e professionisti di successo. 

«Le competenze T-shaped, ovvero quello che chiamavamo interdisciplinari, sono quelle sempre più rilevanti. Nelle professioni più qualificate, come la ricerca scientifica e nell’impresa, la capacità di dialogare con esperti di differenti mansioni e discipline rappresenta secondo me la sfida più ovvia ma più difficile da realizzare.

Ognuno cerca di misurare il modo di lavorare degli altri, secondo i propri paradigmi e il proprio modo di pensare. Questo va bene fino ad un certo punto, perché professionisti di altre discipline e ambiti lavorativi approcciano i problemi in modo diverso, secondo la sensibilità del proprio tratto caratteriale, della propria cultura e del contesto in cui si è cresciuti.

Il rispetto della qualità del lavoro altrui è il primo passo per dialogare alla pari. Io vedo questo elemento ancora incompleto in molti contesti lavorativi, coinvolgendo anche quelli più evoluti a ad alta professionalità».

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Misurazione e sviluppo delle competenze in azienda: da dove partire

Passiamo ora ad un tema particolarmente critico. Come mai possiamo leggere dati sulle competenze richieste, ma non su quelle effettivamente possedute dai lavoratori?

«È il problema della valutazione. Sono pochi e diseguali i processi di misurazione scientifica e certa delle competenze di dipendenti e collaboratori; si tratta certamente anche di un elemento molto delicato e sensibile da affrontare, che va effettuato anche di concerto con le parti sociali. La necessità di processi di valutazione delle competenze, almeno basati su indagini a campione, sono però necessari per imprese, lavoratori e società.

Del resto alcuni lavoratori, in particolari ambiti, sono sottoposti molto spesso, a volte anche in modo eccessivo alle continue valutazioni del cliente: pensiamo alle rilevazioni di “Customer Satisfaction” ogni qual volta facciamo un acquisto online o utilizziamo un servizio. Forse possiamo fare un passo in avanti e non limitarci alla valutazione delle performance, ma passare a quelle delle competenze, dalle quali gran parte delle performance dipendono. Ma sempre con prudenza e in modo costruttivo».

Ultima domanda su un tema che mi sta molto a cuore perché in Ninja Academy gestisco la business unit dedicata al corporate training. Come dovrebbe agire un’azienda per consentire ai propri dipendenti di massimizzare lo sviluppo di queste competenze? 

«Investire sui propri lavoratori, promuovendo corsi di formazione e aggiornamento e stimolando nuove e diversificate esperienze all’interno dell’impresa. Soprattutto, dovrebbe mettere in relazione persone di ambiti diversi e promuovere un clima positivo di collaborazione, proponendo, nel limite del possibile, compiti diversificati ai lavoratori. Anche affiancare persone con età e percorsi di studio e professionali diversi aiuterebbe non poco.

Ciò ovviamente è più possibile in alcuni contesti piuttosto che in altri. Ma qualcosa si può fare, a patto che non si lavori sempre in emergenza per soddisfare la necessità del domani, ma con programmi nel lungo periodo per una strategia di lavoro diversificata. Qualità del lavoro e programmazione sono essenziali. In questo il ruolo di una leadership responsabile e illuminata è fondamentale».

Gucci a sostegno del Pianeta con nuove piattaforme digitali

Gucci ha lanciato oggi il nuovo profilo Instagram e ha rinnovato il suo sito web Equilibrium per ribadire il costante impegno della Maison nel promuovere cambiamenti positivi in favore delle persone e del pianeta.

Accanto alle iniziative a sostegno della generazione di un valore sociale positivo e della tutela dell’ambiente, oggi sono stati pubblicati anche i risultati del conto economico ambientale 2019, che rivelano una sostanziale riduzione (-21%) degli impatti ambientali totali rispetto all’anno precedente.

Gucci Equilibrium

Il portale Gucci Equilibrium, originariamente lanciato nel 2018, intende stimolare una comunità di voci a partecipare a conversazioni su temi cruciali per il mondo in cui viviamo. Aprendo nuovi percorsi rispetto agli altri canali e contenuti digitali di Gucci, il profilo Instagram e il sito web Equilibrium di Gucci si rivolgono a una comunità di persone curiose, consapevoli e motivate, la #GucciCommunity. Una comunità di individui impegnati e attivi, che condividono obiettivi e prendono posizione su questioni che definiscono il modo in cui tutti noi trattiamo il nostro pianeta e i suoi abitanti.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

#GucciEquilibrium and Planet: Respecting Nature. @gucci’s Environmental Profit and Loss (EP&L) account benchmarks its continuous progress against ambitious sustainability targets. Total environmental impacts within Gucci’s direct operations and across the entire supply chain measured at a 39% reduction in 2019, and the goal is a 40% reduction by 2025 from a 2015 baseline, relative to growth. Improving high impact areas through its supply chain, Gucci has increased the use of recycled raw materials and organic fibres in its collections, incorporating responsibly sourced precious metals in hardware and jewellery, including 100% ethical gold for jewellery. Gucci has extended sustainable processes and manufacturing efficiencies, such as Gucci Scrap-less for leather and Gucci-Up for circularity. Gucci has switched to green energy, reaching 83% renewable energy for its stores, offices, warehouses and factories with a 100% target by the end of 2020. Discover more on the new #GucciEquilibrium site through link in bio

Un post condiviso da GUCCI EQUILIBRIUM (@gucciequilibrium) in data:

Le nuove destinazioni digitali di Gucci condivideranno messaggi da gruppi diversi, organizzazioni e talenti, membri di Gucci Equilibrium e non, per promuovere azioni per la salvaguardia del clima e a favore di un mondo giusto, equo e solidale per tutti. Questo appello incoraggerà a sua volta la condivisione di nuove esperienze e idee per un cambiamento trasformativo.

“L’azione di Gucci è guidata da tematiche che costituiscono le fondamenta del nostro futuro collettivo e che lo influenzano profondamente. È fondamentale costruire un futuro in cui l’ingiustizia e la discriminazione in tutte le loro forme non possano prevalere. Alla luce degli eventi attuali, il nostro impegno a combattere il razzismo e lottare per l’uguaglianza è ora ancora più forte”, ha dichiarato Marco Bizzarri, Presidente e CEO di Gucci. “Come azienda, continueremo a concentrare i nostri sforzi nel generare un cambiamento positivo per le persone e per la natura in tutte le nostre attività. Abbiamo inoltre la responsabilità, come brand globale, di assumere un ruolo attivo all’interno della comunità per farci promotori di cambiamento. Gucci Equilibrium ha la capacità di richiamare e unire una comunità di voci diverse con il compito di aiutare a percorrere al meglio la strada che ci attende”.

Definito dai pilastri Persone e Pianeta, il sito raccoglie gli impegni e le azioni intraprese da Gucci per ridurre il suo impatto ambientale e proteggere l’ambiente, sostenendo al contempo i diritti delle persone e promuovendo l’inclusività e il rispetto, affinché tutti nella comunità globale di Gucci siano liberi di esprimere la diversità autentica del proprio essere.

Queste iniziative si espandono oltre le attività dirette di Gucci, per avere un impatto più ampio e sistemico. Alcuni esempi sono la creazione di opportunità per gruppi di giovani talenti sottorappresentati nell’industria della moda, nell’ambito del programma di finanziamenti e borse di studio Gucci Changemakers, o l’invito lanciato ai leader di ogni settore a proteggere l’ambiente attraverso la CEO Carbon Neutral Challenge.

L’interconnessione tra le persone e il pianeta è rappresentata anche attraverso la nuova identità grafica del sito, curata dall’artista MP5.

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Il Bilancio Ambientale di Gucci nel 2019

Gucci ha pubblicato anche i risultati del suo conto economico ambientale, per misurare il continuo progresso della Maison rispetto agli ambiziosi obiettivi di sostenibilità che si è preposta. Tali obiettivi, propulsori della strategia decennale per la sostenibilità (2015-2025) di Gucci, includono una riduzione del 40% degli impatti ambientali totali per le operazioni dirette e lungo l’intera catena di fornitura e una riduzione del 50% delle emissioni di gas serra entro il 2025 rispetto alla crescita (2015 è il valore base di riferimento).

Gucci è in anticipo sulla sua tabella di marcia e prossima al raggiungimento degli obiettivi previsti per 2025. Come riportato in dettaglio nel suo conto economico EP&L digitale interattivo, i nuovi risultati per il 2019 mostrano una riduzione del 39% degli impatti combinati della Maison, e una riduzione del 37% delle sole emissioni GHG rispetto alla crescita (valori misurati facendo riferimento al 2015). Confrontando questi risultati con l’EP&L del 2018, il brand ha ridotto il suo impatto complessivo del 21% e le emissioni GHG del 18% su base annua, rispetto alla crescita (valori misurati facendo riferimento al 2015). Questi ottimi risultati sono il frutto diretto degli sforzi compiuti da Gucci per migliorare le aree ad alto impatto lungo l’intera catena di fornitura, interventi che hanno portato a cambiamenti positivi e misurabili, tra cui:

  • l’incremento dell’uso di materie prime riciclate e fibre biologiche nelle collezioni, e utilizzo di metalli preziosi provenienti da fonti di approvvigionamento responsabili per gli accessori e nella gioielleria, come l’impiego di oro 100% etico per la gioielleria;
  • l’ estensione di processi sostenibili e efficientamenti nella produzione, come Gucci Scrap-less per la pelle e Gucci-Up per la produzione circolare;
  • il passaggio all’energia verde che ha portato Gucci a raggiungere un utilizzo dell’83% di energie rinnovabili nei suoi negozi, uffici, magazzini e stabilimenti, con l’obiettivo del 100% entro la fine del 2020.
tannico campari

Campari acquisisce il 49% di Tannico per puntare sull’eCommerce

Campari ha siglato un accordo con gli azionisti – inclusi il CEO, Marco Magnocavallo, P101 Sgr e Boox Srl – per acquisire una partecipazione del 49% di Tannico, la piattaforma eCommerce per la vendita online di vini.

L’accordo da 23,4 milioni di euro prevede la possibilità per il Gruppo di incrementare la partecipazione al 100% a partire dal 2025, in base a determinate condizioni.

Il perfezionamento della transazione è previsto entro la fine di luglio.

Per saperne di più sull’operazione abbiamo parlato direttamente con Marco Magnocavallo.

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tannico campari

La crescita di Tannico

Fondata nel 2013, Tannico ha una quota di mercato superiore al 30%. Con oltre 7 milioni di visitatori unici negli ultimi 12 mesi, il portale offre una scelta di oltre 14.000 vini provenienti da ben 2.500 cantine italiane ed estere. Oltre ai vini, l’offerta comprende spirit di fascia alta.

Lo scorso anno Tannico ha realizzato vendite nette pari a 20,6 milioni e il cagr delle vendite nette negli ultimi tre anni (2016-2019) è stato pari al 50% circa. Complice il lockdown, il trend è cresciuto in modo significativo nel primo trimestre 2020, raggiungendo un sostanziale break even gestionale.

Il deal tuttavia non è frutto della crescita di quest’ultimo periodo: «I primi contatti sono avvenuti prima del lockdown, che non ha avuto impatto rispetto a questo accordo», spiega il CEO.

Dal 2017 la società ha ampliato la propria presenza a oltre 20 mercati, tra cui Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Francia. «Nei prossimi anni seguiremo un progetto di internazionalizzazione ed espansione all’estero ancora più rapido», sottolinea Magnocavallo. «Il canale B2B è già dall’anno scorso una delle nostre priorità per il futuro e con maggiori energie e capitali potremo sicuramente spingere l’acceleratore in modo più pesante», aggiunge. L’interesse del Gruppo Campari sembra infatti essere motivato anche da questa doppia possibilità: rivolgersi sia al b2c che al b2b attraverso un’unica acquisizione.

«Il modello di Tannico si è formato mano a mano che scoprivamo e capivamo il mercato. Intelligence, WinePlatform, B2B, Tannico Flying School e wine bar non erano previsti all’inizio».

tannico campari

Cosa succederà dopo a Tannico

In base all’accordo al Gruppo Campari è garantita anche la possibilità incrementare la partecipazione al 100% a partire dal 2025. Abbiamo chiesto al CEO cosa accadrà dopo questa data: «Tannico sarà un brand sempre più affermato e conosciuto e le persone saranno ancora più felici di essere servite e guidate dalla nostra azienda», conclude.

incertezza improduttiva

Come non farsi paralizzare dall’incertezza improduttiva (e cogliere le opportunità anche in tempo di crisi)

  • Nathan Furr, docente di strategie all’INSEAD ha condotto uno studio sulla reazione delle persone di fronte ad un periodo di incertezza improduttiva.
  • Lo studio fornisce un grado generale sulla situazione e viene arricchito da consigli utili per superare anche in momenti di ansia.

 

Di fronte a una situazione carica di ansia e ambiguità – che si tratti di una pandemia come quella in cui ci troviamo attualmente, una recessione, la perdita di lavoro, un cambiamento familiare indesiderato – la maggior parte di noi non è in grado di immaginare una possibilità, un vantaggio. La prima sensazione è la paralisi, cadiamo cioè vittima di uno stato di incertezza produttiva. Tuttavia queste situazioni possono – se pensate attraverso un pensiero positivo – aiutarci ad eccellere. Come?

Nathan Furr, professore di strategia all’INSEAD – The Business School for the World, ha condotto negli ultimi cinque anni uno studio sulle persone che sono in grado di eccellere di fronte all’incertezza.

I soggetti dello studio, apparso anche su HBR (Harvard Business Review), includevano innovatori, imprenditori, amministratori delegati e premi Nobel, insieme a giocatori d’azzardo, paramedici e surfisti. Ciò che veniva fatto durante lo studio era identificare gli approcci che usavano questi soggetti per resistere alle situazioni di incertezza e scoprire il potenziale nascosto al loro interno.

Tre peculiari abitudini sono state identificate come migliori per il nostro scopo. Vediamole insieme.

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Incertezza improduttiva

Incertezza improduttiva? Apri gli occhi su tutte le opzioni, presenti e future

Se siamo minacciati da incertezza improduttiva cerchiamo di concentrarci su ciò che è immediato, tralasciando le possibilità che – diversamente – saremmo in grado di cogliere facilmente.

Questo tipo di comportamento, afferma Furr, non solo crea inquietudine, ma può anche portarci a prendere decisioni avventate o a rinunciare alle opportunità che ci si presentano perché non le riconosciamo nemmeno: un po’ come la storia del pesce che per diventare “grande” abbandona l’oceano per andare a nuotare in uno stagno.

Questo tipo di comportamento – secondo Furr – avviene molto frequentemente nella fase di scelta dei futuri studenti universitari. Molti di questi infatti scelgono di non intraprendere percorsi di studi scientifici a causa dei loro punteggi SAT (il famoso test attitudinale necessario per l’accesso alle università americane).

Secondo lo studio – in cui si mettono a paragone gli studenti di scuole superiore e universitari di Harvard – gli studenti i cui punteggi SAT li collocano tra i primi tre della loro scuola hanno il 50% di possibilità di perseguire un titolo scientifico, mentre quelli con un punteggio inferiore hanno solo il 15% di probabilità di farlo. Queste statistiche creano nella mente di chi ha avuto un punteggio inferiore una sensazione di inappropriatezza che li mette nella condizione di pensare di non essere abbastanza intelligenti come i loro coetanei, e quindi di scegliere università più facili.

Lo stesso comportamento avviene per gli studenti di Harvard, perché la natura umana ci porta a prendere decisioni sulla base della nostra esperienza vissuta piuttosto che con un occhio al quadro più ampio. Gli studenti di Harvard con il punteggio più basso sono sicuramente abbastanza intelligenti da riuscire nelle discipline scientifiche, ma non riescono a vedere quel quadro più ampio e quindi non si danno una possibilità.

Se riusciamo a ricordare che esiste un contesto più vasto di quanto avremmo potuto pensare, pieno di possibilità più di quanto avremmo potuto immaginare, avremo molte più probabilità di raggiungere un risultato ottimale.

Ancora più importante, saremo in grado di resistere al disagio dell’incertezza improduttiva con maggiore ottimismo e calma.

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marketing b2b

Pensa in termini di probabilità, non di risultati

Durante periodi di incertezza improduttiva, spesso ci blocchiamo ad immaginare quali saranno i risultati dei nostri dubbi. Gli innovatori esperti nella gestione di questo stato d’animo pensano in termini di probabilità.

L’emergenza COVID-19 ci viene in soccorso in questo caso per presentare un esempio calzante. Nel momento in cui la pandemia stava iniziando a diffondersi, ciascuno di noi ha iniziato a preoccuparsi della chiusura dei confini territoriali per fare in modo che la pandemia non si espandesse velocemente. Tuttavia pensare in termini binari – chiusura dei confini o non – crea inevitabilmente ansia.

Tutti volevamo che avvenisse in fretta per frenare questo fenomeno, considerata la mancanza di informazioni utili a capire come reagire.

In casi come questi valutare l’intera gamma dei possibili risultati ed assegnare loro delle probabilità, dà sollievo e ci permette di spalmare determinate percentuali di “liberazione” anche in un momento di terribile indecisione.

incertezza improduttiva

Ricorda che esistono sempre possibilità

Esistono sempre delle possibilità, anche tra l’incertezza improduttiva più dolorosa? O la capacità di trovarle è un privilegio per pochi? E ancora: la teoria regge in tempi di grave difficoltà? 

Siamo in un periodo molto particolare, dove l’esitazione è una sensazione comune. L’Italia ha risposto bene: eppure, se ci dovessimo descrivere attraverso uno dei cinque organi di senso, questo sarebbe certamente il tatto. Gli italiani sono per loro natura accoglienti, gioiosi, necessitano di contatto, di stringersi la mano ma sono storicamente anche in grado resistere, di fare di necessità virtù e trasformando le loro incertezze produttive in possibilità.

Basti pensare alle tante aziende di moda (e non solo) che hanno convertito, temporaneamente, la loro produzione di indumenti in dispositivi di protezione individuale per ricordarci che siamo tra gli stati del mondo più adattivi e fantasiosi.

Una dimostrazione che anche dalle peggiori crisi possono nascere nuove strade e che l’incertezza si vince percorrendole.

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giornata dell'ambiente

Giornata mondiale dell’Ambiente: il post-Covid aiuterà l’ecologia?

Sono passati quasi 50 anni da quando le Nazioni Unite hanno indetto la prima Giornata Mondiale dell’Ambiente, celebrata per la prima volta il 5 giugno del 1974 con lo slogan “Only One Earth”.

In quegli anni, l’umanità cominciava giusto a rendersi conto del proprio impatto sul mondo. Gli studi ecologisti erano appena all’inizio, ma già si delineava uno scenario drammatico, con una curva che, gli esperti annunciavano, ci avrebbe portato al collasso entro pochi decenni. Bisognava invertire subito la rotta, dicevano.

E invece, così non è stato. All’epoca il mondo era popolato da meno di 4 miliardi di persone, e oggi siamo arrivati a più di 7. Il numero di automobili non ha fatto che crescere, così come il consumo di carne, lo sfruttamento selvaggio delle risorse, l’inquinamento di fiumi e mari.

Addirittura, molti hanno continuato ad additare figure che combattevano per l’ambiente come Greta Thunberg come “uccelli del malaugurio” e a considerare la crisi climatica una specie di esagerata leggenda. Gli sforzi per contrastare la crisi sono stati pochi e poco decisi, specialmente da parte dei governi, e la situazione ha continuato a peggiorare senza che nessuno ci facesse particolarmente caso (l’aria a Milano era irrespirabile a inizio anno, ma nessuno si preoccupava delle morti e malattie dovute anche a questo).

Tutto è andato avanti come se nulla fosse. Almeno fino a quando un’altra crisi ci ha colpito: il Coronavirus.

cambiamento climatico negativo

Tutti ambientalisti ai tempi del Covid

Un virus è riuscito in poche settimane a fare ciò che in quasi 50 anni privati, aziende e governi avevano solo immaginato: a ripulire i cieli, a far tornare trasparenti i mari, a bloccare i fumi che escono dalle fabbriche e i liquami che vengono gettati nei fiumi.

Un virus ci ha bloccati in casa e costretti al silenzio, mentre la Natura si prendeva una meritata vacanza. Tanto è stato esplicito il sospiro di sollievo che la terra ha tirato, che alcuni hanno anche voluto vederci quasi una sua “vendetta” per il modo in cui la trattiamo.

Chiaramente questa è una teoria un po’ troppo animista per essere riconosciuta, ma effettivamente ci sono fonti autorevoli che suggeriscono una correlazione tra l’insorgenza del Coronavirus e crisi climatica: abbiamo già parlato in un altro articolo di come la riduzione degli ecosistemi e della biodiversità abbia aumentato drasticamente le zoonosi, cioè malattie trasmesse all’uomo dagli animali, tra cui probabilmente c’è anche il Covid-19. E ancora, l’Università di Harvard ha stabilito una forte correlazione tra polveri sottili e tasso di mortalità del Coronavirus.

Insomma, tra queste notizie uscite sui giornali, le foto di coniglietti nei parchi e di delfini nei porti che hanno invaso i social, e l’aria incredibilmente pulita e fresca che potevamo respirare dalle finestre quando eravamo chiusi nelle nostre case, finalmente una consapevolezza ecologista ha colpito i più.

E forse, dico forse, questa potrebbe essere la miglior cosa che potesse succedere per la lotta al cambiamento climatico. Se ci impegniamo abbastanza, quantomeno.

LEGGI ANCHE: Per il post-covid abbiamo bisogno di una ripresa economica sostenibile

aziende inquinanti

Nelle mani di chi?

Come abbiamo visto in questo articolo, uno studio Ipsos condotto dal 21 febbraio al 6 marzo 2020 in 29 nazioni, tra cui l’Italia, ha indagato come il mondo vede il cambiamento climatico e il Covid-19. Per il 71% delle persone il cambiamento climatico deve considerarsi una crisi quanto la pandemia.

Il consumo sostenibile, già in crescita in tempi non sospetti prima della pandemia, diventerà probabilmente una priorità maggiore per i consumatori (specialmente se gli Stati riusciranno a renderlo economicamente sostenibile).

Un sondaggio effettuato nel Regno Unito ha evidenziato come il 45% dei cittadini, colpiti dalla qualità dell’aria durante il blocco, si sia dichiarato interessato a comprare un’auto elettrica; erano solo il 17% coloro che avevano già pensato di acquistarne una prima.

I singoli quindi, anche alcuni di quelli che fino a pochi mesi fa additavano Greta come il male del mondo, potrebbero quindi finalmente iniziare a fare attenzione alla propria impronta ambientale, a comprare meno plastica, consumare meno carne, risparmiare energia in casa. Una grande vittoria, certo, ma abbastanza per invertire la tendenza?

No purtroppo, ormai lo sappiamo bene.

Non basta lo sforzo dei privati: servono azioni drastiche e congiunte da parte dei governi, dei potenti, di chi detiene i capitali. Serve che l’economia green diventi non solo “cool” ma anche conveniente.

E questo dramma che abbiamo appena vissuto come popolazione del mondo, sarà probabilmente l’ago della bilancia: la direzione che i potenti faranno prendere alla “ricostruzione” post-Covid sarà determinante.

Perché se da una parte ci sono Stati come la Polonia e la Repubblica Ceca, che proprio in questi giorni propongono di mettere da parte gli investimenti Green per concentrarsi sulla risoluzione della crisi attuale, dall’altra fortunatamente molti Paesi ritengono vero quello che ha detto Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea:  Prima o poi i nostri scienziati e ricercatori troveranno un vaccino contro il CoronavirusMa non c’è vaccino contro i cambiamenti climatici. Per questo motivo l’Europa deve ora investire in un futuro pulito“.

E l’intreccio politico ed economico che il Covid ha causato sta finalmente creando le condizioni perché questo possa avvenire abbastanza velocemente da essere efficace.

Giornata mondiale dell'ambiente 2020

Il mondo post-Coronavirus può essere più green

Dopo la crisi finanziaria del 2008, gli economisti hanno rilevato che i progetti verdi creano più posti di lavoro, offrono maggiori rendimenti a breve termine per ogni dollaro speso e portano ad un aumento dei risparmi sui costi a lungo termine, rispetto ai tradizionali stimoli fiscali.

In quest’ottica, la nuova crisi che ci troviamo ad affrontare ci offre l’opportunità unica, dovendo risolvere adesso problemi legati ai trasporti, al lavoro, alla socialità etc., di accelerare cambiamenti che altrimenti rischiavano di andare per le lunghe e diluire la propria utilità.

Trasporti post-Covid

Il primo ambito in cui vedremo sicuramente conseguenze notevoli sarà quello dei trasporti, che è destinato a cambiare velocemente in quantità e qualità.

Con il passaggio allo smart working che (si spera) verrà mantenuto quanto più possibile da molte aziende, la riduzione dei posti disponibili sui mezzi pubblici e la chiamata dell’OMS a “utilizzare la bicicletta quanto più possibile”, molti governi si stanno attivando con piani ingenti per migliorare la mobilità delle città.

Parigi, Londra e Milano sono tra le avanguardie europee, con piani da svariati milioni di investimento. A questo si aggiungono gli incentivi del governo italiano per la mobilità post Covid, che per caso o per fortuna vanno tutti nella stessa direzione green.

Giornata mondiale dell'ambiente 2020

Lo smart working è qui per restare?

Poi c’è il lavoro: finalmente lo smart working è sulla bocca di tutti, e tra alti e bassi ha dimostrato di sapersi difendere come modalità lavorativa alternativa, soprattutto nella Fase 2 in cui si è potuto coniugare con regole un po’ meno rigide di clausura.

Uno studio appena pubblicato da Enea ha analizzato il suo impatto in 29 amministrazioni pubbliche, evidenziando come la mobilità quotidiana del campione esaminato si sia ridotta di un’ora e mezza in media a persona. Durante l’emergenza Covid, il numero dei lavoratori agili in Italia è raddoppiato superando il milione, ed è auspicabile che lo smart working rimanga a questo punto una modalità lavorativa da implementare stabilmente per molte realtà.

“Basterebbe anche un solo giorno a settimana di smart working per i tre quarti dei lavoratori pubblici e privati che utilizzano l’automobile per ridurre del 20% il numero di km percorsi in un anno. In questo modo si otterrebbe un risparmio di circa 950 tonnellate di combustibile, oltre a una riduzione di oltre 2,8 milioni di tonnellate di CO2, di 550 tonnellate di polveri sottili e di 8mila tonnellate di ossidi di azoto, con un significativo impatto positivo sulla salute della popolazione”, spiega Marina Penna dell’Unità Studi, Valutazioni e Analisi di ENEA.

LEGGI ANCHE: Non chiamatelo smart working: come affrontare il lavoro in quarantena

L’impatto di Internet sull’ambiente

Il digital sembra aver modificato le nostre vite in meglio in pochi attimi, pensando ad esempio allo smart working: tutto è più semplice, immediato, non richiede spostamenti. Eppure anche Internet ha il suo peso ambientale.

Questo mondo virtuale non si trova collocato da qualche parte nel cloud, ma per utilizzare rapidamente il nostro motore di ricerca preferito o per fare shopping online, abbiamo bisogno di qualcosa di tangibile, così come per lo streaming video o per il gaming online.

Oltre a influenzare e cambiare il comportamento dei consumatori, il digitale ha un’infrastruttura molto materiale, che non è priva di impatto energetico e ambientale.

Secondo i dati di Google, la ricerca sul browser utilizza in media circa 0,0003 kWh di energia, pari a circa 0,2 grammi di CO2, vale a dire l’equivalente di accendere una lampadina da 60W per 18 secondi. Ma poi – secondo Google ogni anno vengono effettuate più di 2 trilioni di ricerche (1.000.000.000.000.000). Quindi questa lampadina potrebbe rimanere accesa per più di un milione di anni! Ciò che all’inizio sembra incredibilmente piccolo si trasforma in qualcosa di notevole impatto, visti i trilioni di volte in cui viene eseguita.

Secondo un report di Greenpeace, “Si stima che l’impronta energetica del settore IT consumi già circa il 7% dell’elettricità globale. Con un previsto triplice aumento del traffico globale di internet entro il 2020, l’impronta energetica di internet aumenterà ulteriormente, alimentata sia dal nostro consumo individuale di dati che dalla diffusione dell’era digitale a un numero maggiore di persone nel mondo, da 3 miliardi a oltre 4 miliardi a livello globale”.

Se tutto questo non fosse abbastanza, anche cryptocurrency e blockchain hanno aggiunto ulteriore impatto energetico del mondo virtuale su quello fisico.

E il carbone?

Una delle opportunità più “golose” per gli ecologisti è ciò che sta succedendo in ambito petrolifero.

Il comparto petrolifero non sarai mai più lo stesso. Penso che questa crisi cambierà le strategie della società, come è successo dopo l’Accordo di Parigi”, ha dichiarato Ben van Beurden, amministratore delegato della Shell.

Il consumo mondiale di petrolio è calato del 30%, cioè 70 milioni di barili al giorno invece che 100, e il prezzo è crollato. Si è rafforzata la consapevolezza che il picco della domanda di petrolio sia prossimo o addirittura già passato, e che il futuro preveda una strutturale riduzione dei consumi.

Questo scossone potrebbe avere anche un effetto positivo sulle multinazionali petrolifere, obbligandole ad accelerare i timidi tentativi in corso di diversificazione verso le rinnovabili.

Se a tutto ciò aggiungiamo la riduzione dei consumi prevista per il post-Covid per l’impatto sul trasporto legato al probabile mutamento degli stili di vita e di lavoro visto sopra, lo scenario che si prospetta è molto più verde.

giornata mondiale dell'ambiente 2020

Giornata Mondiale dell’Ambiente 2020: gli effetti di una rivoluzione green

Tutto questo vuole essere una visione positiva (ma ragionata) di alcuni degli effetti che la ripresa post Coronavirus potrebbe avere sull’ambiente.

Certo, è una visione rosea (anzi, verde). Potrebbe succedere anche l’opposto. Potremmo tutti rinchiuderci nelle nostre vecchie auto inquinanti per paura del contatto con gli altri, essere così presi dai nostri problemi contingenti da dimenticarci le buone abitudini ecologiche che avevamo preso durante la pandemia, etc etc.

Sicuramente è uno sforzo che dobbiamo fare tutti, collettivamente, soprattutto i nostri governanti (adeguatamente pungolati dall’opinione pubblica).

Al momento, come sempre dopo ogni grande crisi, siamo sulla cresta dell’onda del cambiamento: è possibile tutto e il contrario di tutto. Questa crisi può essere distruzione o opportunità, come abbiamo visto in altre occasioni.

Più che mai sta a noi, dal singolo cittadino al capo di governo, prendere le giuste decisioni perché tutto ciò avvenga. La Natura ci ha dato una grande opportunità, anche se non la vediamo. Cerchiamo di coglierla.

Il Fuorisalone al tempo del Coronavirus, tra difficoltà e nuovi format digitali

Il Fuorisalone al tempo del Coronavirus, tra difficoltà e nuovi format digitali

  • Ventura Projects chiude dopo 10 edizioni e dice addio al Fuorisalone, le parole di Margriet Vollenberg
  • Mentre passiamo da una fase all’altra della pandemia, si guarda già alla prossima edizione del Salone Internazionale del Mobile

 

Punto di riferimento per il settore del design, il Salone Internazionale del Mobile nasce a Milano nel 1961 come esposizione delle soluzioni di arredo e interni per la casa. Fino al ’91 si teneva a settembre presso la Fiera campionaria, poi la data è stata spostata ad aprile.

Fiera dal respiro sempre più internazionale, il Salone del Mobile nei primi anni ’80 allarga i suoi orizzonti pervadendo l’intera città grazie all’evento complementare del Fuorisalone, la cui istituzione ufficiale risale all’inizio degli anni ’90 grazie alla rivista Interni che ne edita una guida. Su questo primo primo opuscolo erano elencati in ordine alfabetico gli eventi e le feste con una mappa generica della città che indicava semplicemente la zona dell’happening.

Due eventi, Salone e Fuorisalone (che insieme compongono la Design Week), destinati a consacrare definitivamente Milano come capitale del design, che da sempre utilizza la creatività come elemento distintivo e simbolo della cultura italiana in tutto il mondo.

Il Fuorisalone al tempo del Coronavirus, tra difficoltà e nuovi format digitali

I nuovi format digitali del Fuorisalone 2020

Nonostante l’annullamento dell’edizione 2020 del Salone del Mobile Milano, il Fuorisalone, si prepara ad allargare la sua influenza con altre forme e nuovi spazi tutti virtuali. Per metà giugno, precisamente dal 15 al 21, verranno presentate online tutte le anteprime dei brand che avevano scelto di prendere parte all’evento, attraverso una piattaforma che sfrutta al meglio i nuovi strumenti di Fuorisalone.it e di Brera Design District.

Il Fuorisalone al tempo del Coronavirus, tra difficoltà e nuovi format digitali

Sul vero significato della Design Week esordisce così la design blogger Alessandra Barlassina alias Gucki: “È la mia settimana preferita dell’anno, sicuramente non può essere sostituita da una versione digitale. La formula che la compone è come una formula magica, impossibile replicarla. In quella settimana Milano si trasforma, l’energia della città è una componente fondamentale che in digitale è impossibile riprodurre. Ma quest’evento digitale non nasce per sostituirsi alla versione ‘live’, per quest’anno purtroppo sarà l’unica versione possibile, ma per le edizioni future, sarà sicuramente un nuovo e potente strumento. Quest’edizione digitale sarà una grande opportunità per le aziende che sono chiamate a rafforzare la loro presenza e comunicazione online. Ogni azienda deve trovare il proprio tono di voce e il proprio modo di raccontarsi e raccontare i propri prodotti in modo nuovo. Le opportunità sono moltissime e con una grande forza comunicativa” .

Fuorisalone

Courtesy Salone del Mobile.Milano

Il Fuorisalone lancia così quattro nuovi format, pensati inizialmente come supporto all’evento e che invece in questa situazione di emergenza acquisteranno maggiore forza e valore. L’iniziativa è sviluppata in partnership con il comitato Fuorisalone di cui fanno parte Brera Design District, Ventura Projects, i referenti di Zona Tortona, i distretti di inBovisa, 5vie e Porta Venezia in design e il progetto Asia Design Milano.

  • Fuorisalone.Tv, un palinsesto video che riempirà le giornate in assenza del Fuorisalone con contenuti live (talks, interviste, presentazioni di prodotto, concerti) e contenuti confezionati da design e aziende che vorranno presentare i propri progetti e idee in un formato innovativo. Il palinsesto durerà 7 giorni, 12 ore al giorno. I contenuti saranno poi accessibili on demand 10 giorni dopo l’evento sulla stessa piattaforma.
  • Fuorisalone Meets, per tutto il mese di giugno la piattaforma webinar di Fuorisalone.it metterà in contatto aziende con partner, clienti, rivenditori e pubblico selezionato. Questo per fare formazione e promozione, creando un contatto diretto tra aziende e addetti ai lavori al fine di presentare nuovi prodotti, condividere le strategie con la forza vendita e incontrare nuovi potenziali clienti.
  • Fuorisalone Cina, ad aprile sarà inaugurato il canale ufficiale Wechat, Weibo e Tencent Video. Questo è il primo passo di un progetto di collaborazione e networking più ampio con le più importanti Design Week cinesi.
  • Fuorisalone Japan, che prevede il lancio ad aprile di una nuova piattaforma web dedicata al Giappone. Rivolta ad architetti, designer e aziende oltre che al pubblico giapponese, pensata per comunicare il meglio del design e del lifestyle e promuovere la cultura della Milano Design Week grazie a un team operativo tra i due Paesi e servizi di consulenza dedicati.

“Il format digitale ha anche dei punti di forza non trascurabili: renderà il Fuorisalone accessibile anche da lontano. Il mio intento negli anni è sempre stato raccontarlo a chi non poteva esserci, le mie storie su Instagram accompagnano in giro per gli eventi chi non può esserci di persona. La mia app Gucki Fuorisalone Guide vuole essere una guida dei migliori eventi e delle location più belle. Una selezione di quello che proprio non ci si può perdere in una settimana dove si concentrano così tanti eventi. La versione digitale renderà più accessibile il calendario di eventi, dilaterà il tempo, amplierà il pubblico e farà selezione di contenuti. Forse il rischio di questa edizione sarà di rivolgersi a un pubblico di addetti ai lavori rimanendo un po’ lontana dai numeri popolari, perdendo l’appeal di aperitivi e installazioni scenografiche” aggiunge Gucki.

LEGGI ANCHE: Milano Digital Week, dal 25 al 30 maggio l’evento in versione online

Courtesy Salone del Mobile.Milano

La voce dei protagonisti

Il Fuorisalone digital si traduce in una piattaforma rinnovata con 4 nuovi format. L’uso integrato dei format consentirà alle aziende che non potranno partecipare dell’evento fisico a causa del Covid-19, di comunicare comunque al meglio.

L’architetto e fondatrice del blog di progettazione d’interni MakeYourHome Roberta Borrelli, non ha dubbi sul valore del digitale in una fase come questa: “Penso che il digitale sia un’opportunità di evoluzione per molte aziende che sopratutto nel nostro settore non ne comprendono ancora il potenziale. Se pensate che molti cataloghi vengono ancora prodotti in cartaceo, capirete la grande necessità di sviluppare e ottimizzare processi legati alla comunicazione del design. Ma oltre all’opportunità di crescita in se non credo che si possa prescindere dal fattore esperenziale che regala questo evento. Le suggestioni non possono essere trasmesse ugualmente attraverso le immagini o la fruizione di contenuti video”.

fuorisalone

Courtesy Salone del Mobile.Milano

Roberta è una di quelle professioniste che il salone lo fa e non sono poche le difficoltà che ha incontrato quest’anno: “La prima grande delusione arriva dal vedere sfumato non solo un bellissimo progetto di allestimento ma anche sei mesi di lavoro. Difficilmente lo studio fatto sui trend attuali potrà traslare di un anno. La mia analisi personale mi ha portato, nonostante abbia raccontato attraverso i miei canali social il progetto mancato, uno scetticismo nei confronti della percezione del progetto in termini digitali. Con l’aggravante che l’immobilità di questi mesi non poteva consentire la creazione di nuovi contenuti che andassero oltre la mera ricerca”.

 

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Il racconto quotidiano di un fuorisalone mancato tra sogni, progetto e design Giorno 1 – Dicotomia e progetto #poeticadellabitare

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Sul valore degli eventi digitali e sulle preoccupazioni che sta vivendo il settore design interviene anche il docente universitario e content curator Paolo Ferrarini: “Tutte le iniziative digitali hanno lo stesso obiettivo: presentare contenuti, nuovi prodotti, innovazioni e tanto altro ancora. La preoccupazione maggiore è quella di perdere il contatto con le persone ma anche l’essenza di vedere dal vivo quello che hanno preparato i designer. Le design week, infatti, sono un’occasione imprescindibile per le aziende che vogliono incontrare le persone e le proprie community. Sono importanti perché mantengono vivo il contatto, anche se spesso sono momenti più per gli addetti ai lavori che per il grande pubblico. Tra le paure principali c’è anche quella di perdere occasioni di business, quest’aspetto tocca sia il designer emergente che quello più stagionato”.

I Ventura Projects a Milano chiudono dopo 10 edizioni

La crisi Coronavirus ha colpito il mondo intero, l’industria degli eventi e del design, e quindi anche diverse aziende, tra queste c’è Ventura Projects. Dopo dieci edizioni di successo e già pronti per l’undicesima durante la Milano Design Week 2020, l’incubatore di talenti, organizzato da Organisation in Design, chiude i battenti. Sia Ventura Centrale che Ventura Future sono state cancellate a causa dell’epidemia globale COVID-19. Sfortunatamente, queste cancellazioni hanno avuto un impatto enorme e irreversibile sulla società.

ventura projects

“Ho trascorso molte notti insonni preoccupandomi se e come avrei potuto salvare o trasformare l’azienda per adattarmi a una nuova normalità per essere ancora in grado di servire il mondo del design e abilitare il talento come abbiamo sempre fatto. È quindi con grande dolore nel mio cuore che sono giunta alla conclusione che non è più possibile costruire il mio sogno, e quindi i sogni di molti designer e di studi di design. Le circostanze attuali non mi lasciano altra scelta che terminare i Ventura Projects”, ha dichiarato a metà maggio la fondatrice, Margriet Vollenberg.

Il Fuorisalone al tempo del Coronavirus, tra difficoltà e nuovi format digitali

Un decennio all’insegna della ricerca e dei giovani designer, un vero e proprio forum per creativi internazionali che lanciano i loro progetti grazie al supporto di due team dedicati, uno nei Paesi Bassi e uno in Italia. Questo è Ventura Project, che negli anni non ha solo lavorato con progettisti e brand internazionali, ma ha aiutato molti di loro ad avviare la propria carriera. Dopo molte edizioni di successo gli eventi di Ventura Projects non saranno più allestiti durante la Milano Design Week e in altre kermesse internazionali dedicati al design.

“Come in tutti i periodi di cataclismi, ci sono cose che scompaiono e altre che si resettano, che prendono una nuova forma. Anche in questo caso ci saranno delle aziende che spariranno, magari ci saranno meno espositori e gli investimenti saranno più oculati. Come succede in tutte le crisi, potremmo aspettarci delle collaborazioni inattese, tra correnti che si mescolano. Non escludo, infatti, che nei prossimi anni, potremmo avere più gruppi di aziende che si coalizzano, magari con stand condivisi. Ci sarà più digitalizzzazione, le fashion week e le dirette dalle sfilate ne sono un esempio, ma di certo eventi di questo tipo non potranno mai diventare “solo” digital: il contatto fisico sarà la prima cosa che torneremo a valorizzare e far rinascere” aggiunge Paolo Ferrarini.

LEGGI ANCHE: Design (Digital) Fair: come sono cambiati gli appuntamenti della creatività

Uno sguardo alla Fall Design Week e al futuro del Fuorisalone

Andando verso l’autunno ci saranno delle forme ibride, nuove presentazioni, workshop, dove si arriverà a una dimensione di semi contatto fisico. Le prenotazioni, la regolazione dei flussi e delle visite, tutto sarà rivisto in una nuova ottica. Così mentre passiamo da una fase all’altra, si guarda già alla prossima edizione.

La prima domanda che tutti si pongono è se la Design Week sarà rivoluzionata alla luce di questa pandemia: “Spero che ci sia un’evoluzione ma non un cambiamento radicale. Lavoro con il digital da 10 anni e ho sempre riscontrato nell’evento una mancanza di apertura rispetto a questo canale, differentemente da quanto si è visto nelle fiere di settore internazionale. Ma mi auguro non finisca mai la possibilità di girare per la città e lasciarsi emozionare, in un cortile nascosto di Milano dovrà sempre esserci un’installazione ad aspettarci”, conclude Roberta Borrelli.

brera design days 2020

“Sicuramente l’edizione di Salone e Fuorisalone 2021 (come di qualsiasi altra manifestazione) dovrà cambiare e considerare delle nuove norme. Impareremo probabilmente un nuovo modo di progettare e partecipare agli eventi. Si tornerà a un’edizione ‘live’ con una nuova consapevolezza e un importante nuovo strumento (il digitale, ndr) che nel frattempo dovremo aver imparato a esplorare nelle sue potenzialità. Se c’è qualcosa che può ridefinire il nostro modo di vivere, quello è proprio il design. Le potenzialità sono infinite, creativi, progettisti, architetti e designer sono chiamati a ripensare le nostre città, percorsi e modi di incontro. Questa pandemia è sicuramente uno stimolo forte al cambiamento e il design non tarderà a rispondere con nuove soluzioni”, aggiunge Alessandra Barlassina.

Il “recupero” della Design Week 2020 passa anche dai Brera Design Days, in questa ottica gli attori del Fuorisalone stanno valutando un evento condiviso tra settembre e ottobre, che coinvolgerà tutti gli showroom permanenti partendo da Brera fino al resto della città.

salone del mobile

Courtesy Salone del Mobile.Milano

Si ritorna quindi a settembre come il mese del design, con un evento territoriale che unirà virtuale e reale, talk e attività negli showroom (circa 120 realtà solo nel Design District di Brera). Questi ultimi saranno protagonisti con percorsi all’interno dei loro ambienti per far conoscere i nuovi prodotti e all’interno degli stessi spazi espositivi sarà inoltre possibile vivere percorsi virtuali grazie alla tecnologia Living 3D.

Un momento clou e molto vivace, per le aziende del mondo design per fare cose interessanti.

app immuni

L’app Immuni si può scaricare (ma è già allarme ransomware)

Il sistema di tracciamento dei contatti, utile per arginare eventuali nuovi focolai di contagio da Coronavirus, Immuni, non sarà subito attivo, ma l’app dovrebbe essere scaricabile già nelle prossime ore.

Immuni sarà disponibile sugli store di Google e Apple, manca però l’ok delle due piattaforme per lo scaricamento da parte degli utenti.

Intanto, secondo quanto riportato da La Stampa, una campagna di virus informatici starebbe interessando l’Italia nelle ore in cui sta per essere resa disponibile l’app Immuni. “A renderlo noto Agid-Cert, la struttura del governo che si occupa di cybersicurezza”.

Il ransomware (virus che prende in ostaggio i dispositivi e poi chiede un riscatto per sbloccare il dispositivo) si attiverebbe con il pretesto di far scaricare un file denominato Immuni. La diffusione avviene con una mail che invita a cliccare su un sito fake costruito per riprodurre quello del Fofi, la Federazione Ordini dei farmacisti italiani.

LEGGI ANCHE: Perché non è la privacy la giusta preoccupazione sulle contact tracing app

app immuni

L’app Immuni scaricabile ma non ancora funzionante

Il sistema di tracciamento dei contatti non sarà subito attivo. La sua sperimentazione comincerà infatti il 5 giugno in solo quattro regioni pilota: Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria. Da quanto si apprende, nel resto d’Italia l’app potrà essere scaricata ma il contact tracing non funzionerà. Con la pubblicazione dell’app il controllo della sperimentazione passerà al ministero della Salute e il tempo stimato per rendere realmente funzionante il sistema è qualche settimana.

Intanto il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano, prova a spiegare con più chiarezza l’utilità dell’app nella fase 2: “adesso dobbiamo capire come mettere immediatamente in quarantena eventuali contagiati e i loro contatti stretti. L’app Immuni serve a questo fine. Se qualcuno arriva in Puglia potremmo chiedergli la cortesia, non l’obbligo, di segnalare la propria presenza e di tenere memoria dei contatti”.

Come funziona l’app

Stando agli ultimi documenti pubblicati dagli sviluppatori, l’applicazione seguirà il modello decentralizzato di Google e Apple:

  • i dati raccolti saranno conservati sui singoli device e non su un server centrale;
  • non traccerà gli spostamenti, ma solo i contatti di prossimità tra smartphone;
  • non sarà obbligatorio scaricarla, né usarla;
  • i dati raccolti potranno essere condivisi solo con l’autorizzazione del possessore dello smartphone;
  • tutti i dati raccolti e condivisi con il server centrale, dovranno essere cancellati entro dicembre 2020.

La data del 5 giugno naturalmente non contribuisce a placare le polemiche verso le tempistiche di rilascio del sistema di tracciamento, quasi 20 giorni dopo la riapertura della maggior parte delle attività in tutta Italia.

Dialoghi Ribelli verso N-Conference. Segui il Ninja Talk

L’emergenza COVID-19 e il lockdown hanno generato un cambiamento rapidissimo in moltissimi settori. Tutto ciò a cui eravamo abituati è cambiato.

Anche N-Conference, l’evento ufficiale organizzato da Ninja che tanto aspettavamo, per ovvi motivi, è stato rimandato alla primavera 2021.

Ma questo non ha cancellato l’entusiasmo e la carica che attendevamo di ricevere dai due giorni live. Anzi, ci ha dato la spinta per chiederci quali nuove sfide ci attendono ora, come cambieranno mondi come quello del Retail e del Travel, quali saranno le nuove strategie di marketing post covid-19, quali mantra hanno seguito gli HR delle grandi aziende per mantenere vivo lo spirito di squadra nonostante il periodo difficile e il remote working forzato.

Per rispondere a tutte queste domande, abbiamo pensato a un Ninja Talk spin-off di N-Conference, i “Dialoghi Ribelli”, proprio durante la settimana della Milano Digital Week.

>> Iscriviti al Ninja Talk “Dialoghi Ribelli: Verso N-Conference 2021” <<

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Di cosa parleremo durante Dialoghi Ribelli

In live streaming oggi, 28 Maggio 2020, dalle ore 17 alle 20.30, il Founder & CEO di Ninja, Mirko Pallera, dialogherà con alcuni dei Top Speaker Ribelli che vedremo (finalmente) nella tanto attesa N-Conference 2021.

Inoltre parteciperanno con noi altri ospiti d’eccezione che ci condivideranno il loro punto di vista in termini di business, digital, travel, service design.

Riprendendo i tre Vertical di N-Conference – Technology powered by TIM, Culture powered by AW-Lab e Industry powered by GoDaddy – ci confronteremo con Marco Attisani, Founder Watly, sul tema della singolarità.

Insieme al VP Consumer Market TIM, Quang Ngo Dinh, parleremo di come le tecnologie che cambiano i mercati; con Roberto Ciacci (Marketing Director Robintur S.p.A.),  Mirco Pasqualini (VP Strategic and Innovation Design) ed Enea Roveda (Group CEO LifeGate) parleremo di cosa ci aspetta nei prossimi 18 mesi, dal mondo dei viaggi al service design e nella comunicazione d’impresa.

Ci confronteremo anche sul tema della musica come il linguaggio universale per superare la crisi, insieme a Fabio Zaffagnini (Rock Band – Founder Rockin’1000) e con Domenico Romano (Marketing Manager Aw-Lab) chiacchiereremo sul tema del “Rebel Retail: guida galattica alla phygital economy”.

Infine, ci confronteremo con Guido Stratta (Direttore sviluppo, training, recruiting & people caring Gruppo Enel) sulle lezioni imparate nel gestire le risorse umane durante il lockdown.

Scopri il futuro che verrà insieme ai top speaker di N-Conference. Iscriviti al Ninja Talk!

10 appuntamenti da non perdere durante la Milano Digital Week 2020

L’edizione completamente online della Milano Digital Week di quest’anno ci ha già regalato moltissimi appuntamenti interessanti, e tra quelli da non perdere fino a sabato 30 maggio, ne abbiamo raccolti dieci da segnare assolutamente nella nostra agenda digitale.

In un contesto del tutto particolare come quello attuale, Milano Digital Week riparte dalle riflessioni sulle trasformazioni del vivere quotidiano, con una possibilità ridotta di fruire fisicamente gli spazi, di vivere le relazioni interpersonali, di far parte di una comunità. Il tema centrale attorno al quale si muovono gli oltre 600 eventi con più di 200 speaker tra live talk, conferenze, webinar, lectio magistralis, Hackathon, è quello della “Città trasformata”.

La manifestazione, promossa dal Comune di Milano – Assessorato alla Trasformazione digitale e Servizi civici – e realizzata da IAB Italia, Cariplo Factory e Hublab, con il sostegno di Intesa Sanpaolo, punta così a valorizzare le esperienze e gli approcci alle tecnologie che partono dai cittadini, dal sistema produttivo e da quello accademico, la promozione dell’open access, l’inclusione e l’alfabetizzazione digitale.

#1 L’identikit delle professioni del futuro

Webinar | 28 maggio – 15:15–15:45

In uno scenario di trasformazione digitale, diviene importante ripensare ai luoghi di lavoro. Marco Russomando, head of Human Resources di illimity, ci spiega l’importanza di una visione sinergica dove competenze umane e digitali, creatività e tecnologia, possono accendere il potenziale delle persone e creare luoghi di lavoro realmente inclusivi.

Ingresso gratuito con registrazione obbligatoria.

#2 Le top skill per una carriera in cybersecurity

Webinar | 28 maggio – 16:00–16:30

Hai mai pensato di poter diventare un Cybersecurity Expert? Vorresti sapere quali sono le competenze digitali più richieste in uno degli ambiti lavorativi più ricercati dalle aziende? Potrai scoprirlo durante il worshop organizzato da Accenture insieme a Marilisa Del Vecchio, Cybersecurity Consultant, alla scoperta delle nuove figure professionali più quotate nel mondo della sicurezza informatica.

Ingresso gratuito con registrazione obbligatoria.

#3 Dialoghi Ribelli verso N-Conference

Ninja Talk | 28 maggio – 17:00–20:30

Tutto ciò a cui eravamo abituati è cambiato. Tutto quello che fino a ieri ci sembrava impossibile è avvenuto.

N-Conference è l’evento ufficiale organizzato da Ninja e, come tutti sappiamo per ovvi motivi, è stato rimandato alla primavera 2021. Ma noi di Ninja non ci fermiamo e durante il Ninja Talk il Founder & CEO di Ninja Mirko Pallera “dialogherà” con alcuni dei Top Speaker Ribelli di N-Conference 2021.

Inoltre parteciperanno con noi altri ospiti d’eccezione che ci condivideranno il loro punto di vista in termini di business, digital, travel, service design.

Ingresso gratuito con registrazione obbligatoria.

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#4 Assistenti vocali e reti neurali

Webinar | 28 maggio -17:30–18:00

Mirko Tavosanis, professore di Storia della Lingua italiana all’Università di Pisa, parlerà delle evoluzioni nel campo dei traduttori automatici e degli assistenti vocali.

Ingresso libero.

LEGGI ANCHE: Milano Digital Week, dal 25 al 30 maggio l’evento in versione online

#5 Automation, Intelligent Automation ed ora Hyper Automation

Webinar | 29 maggio – 09:30–10:00

Durante il webinar organizzato da IBM approfondiremo soluzioni in grado di incrementare la produttività delle aziende grazie all’Intelligenza Artificiale. Gli interventi di business automation ci hanno permesso di velocizzare il percorso di trasformazione digitale, aumentando efficienza, flessibilità e riducendo i costi operativi. Ora è giunto il momento di dare un’ulteriore accelerazione, incrementando la produttività di ogni “knowledge worker” ad un livello superiore grazie all’Intelligenza Artificiale e al Digital Worker.

Ingresso gratuito con registrazione obbligatoria.

#6 Le competenze trasversali

Webinar | 29 maggio – 16:30–17:00

Emiliano Sironi, Ricercatore in Statistica Demografia, Università Cattolica Milano, spiega natura e importanza delle cosiddette competenze trasversali nel mondo del lavoro digitale.

Ingresso gratuito con registrazione obbligatoria.

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#7 Stop agli haters: la linguistica computazionale contro l’odio online

Video

Marco Guerini, Ricercatore Fondazione Bruno Kessler, illustra il ruolo della linguistica nella battaglia all’odio online.

Ingresso libero

#8 Workin(out): Realtà Virtuale per i detenuti

Video

Paolo Strano, Presidente Associazione Semidilibertà, ci mostra l’applicazione della Realtà Virtuale per aumentare il benessere psicofisico dei detenuti.

Ingresso libero.

LEGGI ANCHE: Human vs Artificial Intelligence: l’illimity talk della Milano Digital Week

#9 L’economia generativa

Live Lectio Magistralis | 30 maggio – 12:00–13:00

La stagione di una crescita pensata come aumento indiscriminato e illimitato di possibilità è finita.

Abbiamo bisogno di una concezione diversa. Sempre di crescita si tratterà. Ma una crescita capace di trovare un nuovo (difficile e delicato) equilibrio tra le esigenze della produttività e quelle dell’ambiente; tra l’efficienza economica e la giustizia sociale; tra gli investimenti in tecnologia e quelli nelle persone; tra l’eccellenza e la fragilità; tra la quantità e la qualità; tra la competitività e la coesione. Intervento a cura di Mauro Magatti, sociologo ed economista.

Ingresso libero.

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#10 Final Party MDW2020

Live talk | 30 maggio 21:00–22:30

L’incanto di un artista unico nel suo genere, Venerus. Una location iconica, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. Un biglietto a un prezzo simbolico, in grado di lanciare un forte messaggio a sostegno delle produzioni dei live stream concert.

Il party finale di MDW – il primo concerto in streaming in Italia con pubblico pagante – è realizzato in collaborazione da RADAR concerti e Milano Digital Week e DICE, la piattaforma di ticketing e discovery.

Ingresso a pagamento.