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Ethereum merge: cosa c’è da sapere sul passaggio alla Proof of Stake

Di cosa si tratta

Il 06/09/2022 è stata una data storica per la DeFi e in particolare per il mondo delle blockchain: ha inizio l’upgrade (o meglio, la migrazione) dell’algoritmo di consenso di Ethereum che consentirà di ridurre del 99,5% il fabbisogno energetico della blockchain.

Tecnicamente il blocco con TTD (terminal total difficulty) numero 58750000000000000000000 della blockchain di Ethereum, che arriverà verso la metà di questo settembre 2022, sarà l’ultimo ad essere gestito con la PoW.

Una volta che l’Execution Layer avrà superato quel livello di TTD, avverrà l’integrazione tra la Ethereum Mainnet con la nuova Beacon Chain e il blocco successivo sarà prodotto da un validatore sulla Beacon Chain. La finalizzazione di questo blocco segnerà la transizione completa della blockchain di Ethereum a un meccanismo di consenso basato su Proof of Stake (PoS).

Perché ne parliamo

Per chi non lo sapesse, mantenere attiva una blockchain è estremamente oneroso sotto il profilo energetico dato che la validazione dei nuovi blocchi avviene mediante un’attività, il mining che richiede una potenza di calcolo molto alta espletata attraverso centinaia di GPU.

Questa potenza di calcolo è necessaria per svolgere i “compiti” dettati dall’algoritmo di consenso chiamato Proof of Work (o PoW) che imposta la difficoltà e le regole per il lavoro che i miner devono svolgere. Il lavoro dei miner viene remunerato attraverso frazioni di ETH o BTC in base alla blockchain per la quale lavorano.

Senza il lavoro dei miner, oggi non potrebbero esistere le blockchain.

Ethereum merge: perché è importante

Il passaggio di cui parliamo riguarda proprio l’algoritmo di consenso. Infatti si passerà dalla Proof of Work (o PoW) alla Proof of Stake (PoS) che abbatterà di oltre il 99% i costi energetici necessari al mantenimento della blockchain e di conseguenza anche il lavoro dei miner.

Questo abbattimento dei consumi energetici è dovuto al fatto che la PoS assegnerà ai nodi il diritto di validare i blocchi successivi sulla base dei token (monete) in loro possesso.
In generale, la probabilità di essere scelti è proporzionale alla quantità di monete che si possiedono: più monete hai, più alte saranno le probabilità che quel nodo verrà scelto per validare il prossimo blocco.

Al fine di rendere l’articolo più esaustivo ricordiamo che il processo di inserimento di un nuovo blocco in una blockchain con PoS è definita forging (rispetto al mining) ed infatti
con la proof of stake i blocchi sono forgiati e non sono minati.

Come vengono remunerati i nodi che partecipano alla validazione ?

Abbiamo detto che le persone che vengono selezionate per il forging devono avere in portafoglio una certa quantità di moneta virtuale, nel nostro caso Ethereum, per un certo periodo di tempo, attività che viene definita come staking.

Maggiore è il tempo che l’utente “congela” le proprie monete, maggiore è la remunerazione che ottiene.

Ethereum Merge e Proof of stake

Ma entriamo nel dettaglio: immaginiamo 100 investitori di Eth suddivisi in 3 gruppi dove ogni gruppo detiene una certa quantità di moneta. In base alle monete possedute, ogni gruppo ha una percentuale di partecipazione alla rete.

Al fine di garantire il principio di democrazia e decentralizzazione della rete il gruppo C ha si la maggiore probabilità di essere selezionato per il forging di nuove monete, ma una probabilità più bassa la hanno anche gli altri due gruppi.

Nel processo di selezione vengono utilizzati anche dei metodi aggiuntivi, per favorire non solo i nodi più ricchi presenti sulla rete. I due metodi più comunemente utilizzati sono il Randomized Block Selection e la Coin Age Selection.

Nel primo caso, i validatori vengono selezionati tra i vari nodi, utilizzando una combinazione tra il valore di hash più basso e lo stake più alto.

Nel secondo, i validatori vengono scelti considerando il numero di giorni a partire dal quale le monete sono state messe in staking e moltiplicato per il numero di monete in staking.

Una volta che un nodo ha forgiato un blocco, il coin age viene azzerato e si deve attendere un certo periodo per poter forgiare un altro blocco; questo impedisce, ai grandi nodi che fanno staking, di dominare la blockchain.

Cosa c’è da sapere

La necessità di passare dalla PoW alla PoS oltre che essere legata al fattore energetico nasce anche per oltrepassare alcuni limiti della Pow quali:

  • Mancanza di scalabilità e velocità legate ad un alto livello di latenza dovuto al processo di mining per poter approvare le transazioni e produrre nuovi blocchi. Grazie alla PoS le verifiche avvengono velocemente, impattando positivamente sulla scalabilità e velocità della rete.
  • Decentramento delle attività di validazione, problema che colpisce fortemente le reti PoW dovuta al fatto che il mining rischia si cadere nelle mani di pochi e grandi gruppi. Tramite la PoS si cerca di risolvere questo problema, diversificando e democratizzando l’accesso dei partecipanti ai diversi compiti della rete.
  • Timore verso l’attacco del 51% . Questo genere di attacco rappresenta una delle paure legate alle reti PoW. È sufficiente che un pool di mining abbia il 51% della potenza di calcolo della rete perchè avvenga un disastro; infatti con quella capacità, il gruppo di mining può manipolare la blockchain a piacimento. Ma in una rete basata sulla PoS è possibile solo se l’attaccante possiede il 51% di tutte le monete. Se l’attaccante effettua un tale attacco, il valore della moneta tende a diminuire, il che porta ad ingenti perdite economiche per l’attaccante. Questa situazione funge da deterrente per prevenire questi attacchi, pur mantenendo la sicurezza della rete.

Ninja Upshot

Grazie al passaggio dalla PoW alla PoS le blockchain supereranno moltissimi limiti che tuttora ne limitano pesantemente lo sviluppo di massa.

Grazie alle proprie caratteristiche intrinseche (mancanza di intermediari e decentralizzazione), la tecnologia blockchain ha il potenziale di soddisfare numerose esigenze della vita quotidiana e portare a nuove opportunità attraverso una maggiore trasparenza, una maggiore sicurezza e una più facile tracciabilità.

competenze più richieste dal mondo del lavoro

Quali sono le competenze digitali che i datori di lavoro cercano

Le aziende tecnologiche, ma in realtà tutte le organizzazioni dell’economia digitale, sono ben consapevoli che le competenze digitali sono fondamentali per i dipendenti nell’era digitale. È più che mai importante che i dipendenti e i nuovi assunti siano trasversali alle discipline e che abbiano competenze sia hard che soft. I selezionatori cercano, in chi si candida per una posizione aperta, un set di competenze più ampio e un’esperienza più vasta. Questo elenco comprende dieci delle principali competenze digitali che i datori di lavoro cercano oggi e che sempre più cercheranno nei prossimi anni.

Le competenze digitali più richieste dalle aziende

1. Programmazione, sviluppo web e app

professioni più richieste - coding

Il cuore di qualsiasi prodotto tecnologico o servizio digitale è la programmazione. Queste competenze sono regolarmente elencate già da qualche anno nella top 10 delle più richieste dai datori di lavoro su LinkedIn.

Avere un portfolio di progetti che dimostrino le vostre capacità di coding può anche contribuire a convalidare le vostre conoscenze e competenze e aiutarvi a ottenere il ruolo dei vostri sogni. Esempi di esperienze di sviluppo web mobile e responsive vi daranno un vantaggio rispetto agli altri candidati.

Il coding è fondamentale anche per le tecnologie emergenti come la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR).

2. Digital Business Analysis

La Digital Business Analysis aiuta le organizzazioni a fare le scelte giuste, fornendo una mentalità indipendente e obiettiva e applicando una serie di tecniche di analisi comprovate per creare un caso aziendale convincente per l’investimento in una soluzione digitale.

Poiché la trasformazione digitale è fondamentale per tutte le organizzazioni, le competenze di Digital Business Analysis sono diventate le più richieste nel curriculum vitae. Gli analisti di business digitali sono l’epicentro dei progetti di trasformazione digitale. Aiutano le organizzazioni a sviluppare un ecosistema digitale di tecnologie che contribuiscono alla trasformazione digitale e alla crescita del business.

LEGGI ANCHE: Come fare onboarding di nuova generazione ed evitare i costi aziendali di un’esperienza negativa

3. Digital Design and Data Visualization

Siti web, applicazioni e servizi digitali hanno una cosa in comune: l’interfaccia utente. Un designer con esperienza nella creazione di esperienze utente efficaci e dinamiche sarà molto richiesto dalla maggior parte delle aziende tecnologiche.

I designer possono anche visualizzare dati complessi per aiutare il management a prendere decisioni aziendali fondamentali. Questa abilità si chiama visualizzazione dei dati. La visualizzazione dei dati è utile per i dirigenti in quanto li porta a ricavare informazioni preziose.

4. Le competenze digitali più richieste: Digital Project Management

competenze più richieste dai datori di lavoro - digital project manager

Il Digital Project Management non è affatto un’attività desiderabile solo per le aziende tecnologiche, ma è una parte vitale dello sviluppo di prodotti e servizi digitali in modo tempestivo e conveniente. La comprensione di una serie di metodologie come SCRUM e AGILE spicca in qualsiasi CV. I Digital Project Manager devono avere una comprensione olistica di come vengono sviluppati i progetti digitali, dall’ideazione al prototipo fino al prodotto o servizio digitale completamente sviluppato.

5. Digital Product Management

Un’altra competenza che non è esclusiva dello sviluppo software, ma che è comunque particolarmente preziosa, è la gestione del prodotto digitale. I servizi software, in particolare, hanno bisogno di un piano di gestione del ciclo di vita. La continua crescita del Software as a Service renderà il Product Management sempre più parte integrante del settore tecnologico.

6. Le competenze digitali più richieste: Digital Marketing

Per promuovere i propri prodotti e servizi le aziende tecnologiche si rivolgeranno al marketing digitale. La comprensione di come ottenere il massimo valore economico dalla più ampia gamma di reti sarà fondamentale in questo caso. Le competenze richieste ai Digital Marketer includono:

  • Conoscenza degli strumenti di marketing digitale
  • Conoscenza degli strumenti di analisi
  • Social Media Marketing
  • Content Marketing
  • SEO
  • UX (User Experience Design)

7. Social Media Management

Alcune delle attività più efficaci di PR oggi vengono svolte quasi esclusivamente attraverso i social media.

Twitter, Facebook, Reddit, Instagram e innumerevoli altre piattaforme consentono alle aziende tecnologiche di arrivare direttamente a clienti, leader di pensiero ed evangelist. I migliori responsabili delle PR tecnologiche hanno skill trasversali che comprendono il mondo del Social Media Management.

LEGGI ANCHE: Upskilling e reskilling: l’importanza di certificare le competenze per migliorare la propria vita professionale

8. Le competenze digitali più richieste: Data Science and Data Analytics

competenze più richieste dai datori di lavoro - analista dei dati

Le aziende raccolgono enormi quantità di dati che possono essere immensamente preziosi se hanno in organico un analista di Big Data in grado di dare un senso ai numeri.

I Data Scientist sono molto richiesti dai datori di lavoro di tutto il mondo e si tratta di un eccellente percorso di carriera per i professionisti dell’era digitale. Oggi la domanda supera di gran lunga l’offerta, rendendo i data Scientist altamente occupabili.

Un recente rapporto McKinsey ha dimostrato che “solo negli Stati Uniti mancano da 140.000 a 190.000 persone con competenze analitiche e 1,5 milioni di manager con capacità di prendere decisioni basate sull’analisi dei big data”. Poiché la “scienza dei dati” diventa un requisito minimo per un numero sempre maggiore di posti di lavoro a livello manageriale, questo percorso vi aiuterà a posizionarvi davanti a molti candidati.

9. Decision Making

Il processo decisionale è fondamentale per i leader nell’era digitale. Secondo il World Economic Forum, per coloro che desiderano rendere la propria carriera a prova di futuro, la costruzione di competenze in aree che difficilmente le macchine potranno affrontare in modo efficace (ad esempio la risoluzione di problemi complessi, la creatività e il problem solving) è probabilmente la migliore ricetta per il successo.

Le organizzazioni hanno bisogno di leader in grado di attingere alle proprie conoscenze ed esperienze per prendere decisioni rapide. L’economia comportamentale è una delle strade percorribili dai professionisti per migliorare le proprie capacità decisionali. L’economia comportamentale studia gli effetti dei fattori psicologici, cognitivi, emotivi, culturali e sociali sulle decisioni economiche di individui e istituzioni. L’apprendimento di questa competenza migliorerà le vostre capacità decisionali grazie all’acquisizione di conoscenze provenienti dai campi della psicologia cognitiva e sociale.

10. Skill che l’azienda non ha mai visto prima

Quando un datore di lavoro deve decidere tra una dozzina di candidati ugualmente qualificati, vorrà vedere qualcosa che lo aiuti a prendere una decisione, qualcosa di unico che un candidato può portare al team.

Potrebbe trattarsi di un lavoro su una tecnologia emergente o di qualcosa di completamente fuori dal campo di applicazione richiesto. Entra quindi in gioco un elemento di unicità: per esempio, l’esperienza di lavoro in team internazionali interfunzionali è molto richiesta dalle aziende tecnologiche di tutto il mondo. Comunicare in modo chiaro ai membri dei team di tutto il mondo e attraverso diversi fusi orari aiuta le organizzazioni a operare in modo più efficace ed efficiente.

Horizon di Meta

Tegola sul Metaverso: il vice presidente di Horizon di Meta lascia la società

Il capo della piattaforma di realtà virtuale Horizon di Meta , la principale porta d’accesso al metaverso che l’azienda sta costruendo con miliardi di dollari, lascia il suo incarico per una nuova opportunità, secondo quanto dichiarato a Reuters.

Un portavoce di Meta ha confermato la partenza del vicepresidente Vivek Sharma e ha detto che il suo team riferirà direttamente a Vishal Shah, vicepresidente del Metaverse. Sharma non ha voluto approfondire con ulteriori motivazioni.

Il vice presidente Horizon di Meta lascia la società

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Di cosa si occupa Sharma in Horizon di Meta

Sharma è stato fino ad ora responsabile dello sviluppo dell’ambiente virtuale immersivo che gli utenti sperimentano all’interno del metaverso di Meta, accessibile principalmente tramite i dispositivi di realtà virtuale dell’azienda, come i visori Oculus.

Sebbene il business associato ai mondi virtuali dell’azienda sia ancora in fase nascente, l’obiettivo è quello di rendere questi mondi il luogo principale in cui i marchi e gli sviluppatori di terze parti possano raggiungere la base di utenti di Meta. Alla base del successo, naturalmente, c’è il presupposto che il metaverso decolli diventando mainstream.

Tra le piattaforme create dal team di Sharma ci sono Horizon Worlds, una vasta piattaforma di costruzione di mondi VR, e Horizon Venues, incentrata sugli eventi virtuali e già disponibile anche in Italia.

Horizon Workrooms, è invece una tecnologia per conferenze virtuali rivolta ai clienti aziendali, è gestita dalla divisione “casa e lavoro” di Meta, focalizzata sulle imprese.

La partenza di Sharma arriva a seguito di un episodio imbarazzante per Meta che ha coinvolto Horizon Worlds, in cui i critici hanno deriso la qualità grafica dell’avatar dell’amministratore delegato Mark Zuckerberg che aveva postato uno screenshot su Facebook scatenando immediatamente critiche e ironia e sollevando anche diverse perplessità sullo stato di maturità del progetto. Il post era però particolarmente rilevante per l’annuncio dell’apertura del mondo virtuale della corporate di Facebook in Spagna e Francia; l’ingresso in Europa di Horizon Worlds è infatti attesissimo.

Giorni dopo, Zuckerberg ha poi pubblicato una seconda immagine che mostra un avatar più sofisticato e un mondo virtuale decisamente più elaborato. Ha ammesso francamente che l’immagine precedente era “piuttosto elementare” e ha promesso “importanti aggiornamenti a Horizon e alla grafica degli avatar in arrivo“.

Sharma, che lavora per Meta da più di cinque anni, è stata in precedenza vicepresidente dei prodotti per Facebook Gaming e Facebook Marketplace.

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pubblicità su Netflix

In arrivo la pubblicità su Netflix: prezzi in calo e catalogo ridotto

Prepariamoci per l’arrivo della pubblicità su Netflix. Secondo un report di Bloomberg pubblicato nel fine settimana, l’abbonamento di Netflix con contenuti pubblicitari potrebbe costare da 7 a 9 dollari al mese. Per fare un confronto, negli Stati Uniti il servizio di streaming offre un piano base a schermo singolo per 9,99 dollari al mese, mentre il piano più venduto, che offre lo streaming full HD su due schermi, costa 15,99 dollari al mese.

Come sarà la pubblicità su Netflix

Il rapporto di Bloomberg ha sottolineato che Netflix prevede di mostrare circa quattro minuti di pubblicità per  ogni ora di programmazione, una quantità comunque pari o inferiore a quella dei suoi concorrenti. Il rapporto afferma inoltre che la società potrebbe mostrare annunci pubblicitari prima e durante uno spettacolo, ma non mostrerà nulla dopo la fine di un episodio.

Ad aprile, il gigante dello streaming aveva dichiarato di prevedere l’uscita dell’abbonamento ad-supported nel 2023. Da allora, diverse fonti hanno sottolineato che l’azienda potrebbe lanciare questo piano entro la fine dell’anno in almeno una mezza dozzina di mercati nell’ultimo trimestre del 2022.

pubblicità su Netflix - 2

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Pubblicità su Netflix: cosa cambia con il piano ad-fueled

Durante la recente conferenza stampa sugli utili, Netflix ha confermato che gli utenti che si abboneranno al piano ad-supported non avranno inizialmente accesso a tutto il catalogo, cosa che potrebbe dipendere dai suoi accordi di licenza con diversi studios. Recenti informazioni hanno anche rivelato che Netflix potrebbe consentire la visione offline del contenuti anche in questo nuovo tipo di piano.

Bloomberg ha anche suggerito che Netflix potrebbe non inserire pubblicità nei contenuti dedicati ai bambini, anche nel piano ad-supported e nella sua programmazione cinematografica originale.

Il gigante dello streaming sta cercando di raccogliere più utenti sperimentando piani più economici, come quelli per soli cellulari disponibili in India, Malesia, Nigeria, Kenya e Sudafrica.

Tuttavia, il piano ad-supported potrebbe diventare disponibile a livello globale dopo il lancio. Le stime indicano che gli annunci pubblicitari su Netflix genereranno entrate per 8,5 miliardi di dollari entro il 2027. Uno studio pubblicato a maggio da Digital TV Research suggerisce che il mercato globale dei video on demand supportati da pubblicità (AVOD) crescerà fino a 70 miliardi di dollari entro il 2027, con gli Stati Uniti che genereranno 31 miliardi di dollari.

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Anche Disney+ e Warner Bros. puntano sulla pubblicità

Netflix non è l’unico servizio di streaming che intende affidarsi a un piano di supporto pubblicitario per espandere la propria base di utenti. A marzo, Disney+ ha confermato l’intenzione di introdurre un sistema simile entro la fine dell’anno.

Durante la presentazione degli utili per il secondo trimestre del 2022, anche Warner Bros. Discovery ha dichiarato che sta esplorando un piano di supporto pubblicitario per il nuovo servizio creato dalla fusione di HBO Max e Discovery+ il cui lancio è previsto per il 2023.

messy middle model

Messy Middle Model: il nuovo modello che descrive processo di acquisto dei clienti

Il processo di acquisto è da sempre oggetto di studio e analisi da parte di coloro che sono impegnati nella funzione del marketing, alla ricerca di un modello che possa descrivere questo processo al fine di codificarlo per il proprio business di riferimento.
La teoria ha formulato negli anni tanti modelli ultimo dei quali il “Messy Middle Model”, che descrive le varie fasi del percorso d’acquisto, spesso molto confuse, che avvengono tra il primo trigger e l’acquisto effettivo e che rappresentano oggi la grande sfida di chiunque sia impegnato nel digital marketing.

Tutti sappiamo che il covid ha dato un forte impulso alle vendite online e gli stessi analisti di Google hanno stilato vari modelli preposti ad aggiornare la prospettiva sul processo decisionale dei consumatori ricorrendo ad esperti nel campo delle scienze comportamentali, “The Behavioural Architects”.

Il lavoro svolto da questi professionisti ha delineato un percorso per decifrare il modo in cui i consumatori decidono cosa acquistare, portando a comprendere il modo in cui i consumatori prendono decisioni in un ambiente online con innumerevoli opzioni e infinite informazioni a disposizione.

La prima cosa presa in considerazione è stata che le persone sfruttano i bias cognitivi, o distorsioni cognitive, radicati a fondo nella propria mente per affrontare e gestire i concetti complessi e su larga scala. Questi bias non sono una novità, esistono da molto prima di Internet, ed influiscono sulle decisioni di acquisto delle persone.

La ricerca condotta da Google, ha alla fine portato ad un aggiornamento del modello decisionale del consumatore, dove al centro regna il caos, uno spazio complesso tra il primo trigger e l’acquisto finale, in cui i consumatori sono sopraffatti e confusi, il Messy Middle.

Le persone cercano informazioni su prodotti e brand di una categoria e poi valutano tutte le opzioni a loro disposizione. Questo si riflette in due schemi mentali diversi che prendono forma nel Messy Middle del percorso di acquisto

  • esplorazione, un’attività espansiva; 
  • valutazione, un’attività riduttiva. 

Qualsiasi cosa stia facendo una persona, in un’ampia varietà di fonti online, come motori di ricerca, social media, aggregatori e siti web di recensioni, può essere classificata in una di queste due mentalità.

Percorso di acquisto dei consumatori

Fin qui è chiaro il fine o meglio l’essenza del “Messy Middle model” come nuovo modello di marketing per decodificare il processo di acquisto di un cliente, ma in che modo questi si antepone ai precedenti modelli ? 

Questo framework prevede che la fase awareness non va interpretata semplicemente come la fase top del customer journey, infatti un potenziale cliente va esposto continuamente al messaggio comunicativo. 

Altra aspetto di rottura rispetto ai precedenti modelli è dato dal processo di valutazione, attivato dal cliente prima dell’acquisto. Un tempo era interpretato come un momento  statico, oggi va visto come un loop continuo e per questo motivo le nostre opzioni di acquisto devono essere sempre presenti nei momenti più rilevanti. Nello svolgimento di questo step è fondamentale disporre di strumenti di machine learning.

Dai due punti appena esposti va da sé che l’esperienza d’acquisto deve essere semplice e veloce per finalizzare il risultato.

Chiunque abbia affrontato un esame di marketing strategico all’università oppure abbia seguito un corso di specializzazione si sarà imbattuto in un modello che da oltre un secolo descrive il funzionamento della pubblicità, il modello AIDA (Attention o Awareness, Interest, Desire, Action) introdotto da Lewis, rivisto da Strong e in ultimo da Kotler.

Il confronto del Messy Middle Model con AIDA

Dal modello AIDA deriva il funnel Awareness-Consideration-Conversion che raggruppa due fasi così da potersi adattare meglio agli strumenti di misurazione digitale per via delle difficoltà che avremmo nella valutazione tramite KPI “l’interesse” ed il “desiderio”.

Che relazione c’è tra il “Messy Middle Model” e il modello AIDA ? semplice è una sua moderna e più dettagliata rivisitazione alla luce dell’introduzione della multicanalità e dei canali digitali che bombardano il cliente di informazioni. 

AIDA vs Messy middle model

Con il “MMM” viene abbandonando il concetto di fasi sequenziali ad imbuto per una rappresentazione ricorsiva e circolare, aspetto che coloro che analizzano i percorsi di conversione su Google Analytics possono confermare quando vedono i lunghissimi conversion path:

Google Analytics convertion path

Google Analytics convertion path

Confrontando il modello AIDA con il MMM possiamo ben vedere che non ha molto senso interpretare la fase di awareness come uno specifico momento al top del modello, ma ha più senso vederla come una fase ricorsiva che va presentata più volte al potenziale cliente durante il suo “viaggio”. 

Infatti affinché un prodotto o un brand restino impressi nella mente del consumatore è necessario che il messaggio venga riproposto di continuo. 

Una domanda che ci poniamo a questo punto è, in un modello ricorsivo quando inizia la fase che innesta il processo di acquisto?

Tale processo inizia con uno o più trigger, dove in informatica un trigger è una condizione che scatena un evento. Se ad esempio mi invitano ad una festa e ho bisogno di un jeans, questa condizione scatena il trigger della ricerca del  prodotto, se il costo della bolletta telefonica è altro inizierò a cercare una compagnia più economica.

Analizzando queste situazioni risulta palese che il processo di acquisto non inizia con la fase dell’ awareness e che le condizioni sopra descritte si presentino prima della fase di “esplorazione” e “valutazione”.

Riprendendo il lunghissimo conversion path di cui sopra è curioso vedere quante volte quel potenziale cliente sia stata ingaggiato dalla campagna di brand e da quante altre campagne a differenti livelli del funnel prima di convertire. Quanti ripensamenti prima di procedere alla conversione! Ed è evidente che vi sono tantissimi touchpoint e di conseguenza dati da analizzare che possono essere elaborati solo da una macchina e da un algoritmo di machine learning. 

Messy Middle Model

I vari ripensamenti appena accennati scaturiscono dai bias cognitivi che vedremo tra poco.

Le fasi del Messy Middle Model

Passiamo adesso a descrivere le varie fasi del MMM:

Esposizione, prima che inizi il processo di acquisto del consumatore è necessario essere già presenti nella sua mente per far parte di quell’insieme di brand tra i quali effettuerà la scelta. Questo richiederebbe, da un punto di vista strategico, l’utilizzo di una campagna ADV always-on oppure attivare campagne ADV in determinati micro momenti.

Esplorazione e Valutazione sono due fasi che camminano di pari passo. Il cliente mentre esplora effettua delle valutazione e durante queste fasi dobbiamo essere presenti tramite campagne basate sul machine learning, “smart” utilizzando una terminologia cara a Google.

Queste campagne si basano sull’intento di ricerca del cliente e non sul modello classico legato alle keyword. Anche Facebook utilizza campagne adatte a questo scopo basate sull’utilizzo del lookAlike. 

Durante questa fase assumono un ruolo importantissimo i “bias cognitivi” perché non solo modellano il comportamento di acquisto dei clienti, ma  influiscono sui motivi che li spingono a scegliere un prodotto rispetto a un altro.

I bias cognitivi rappresentano il modo con cui il nostro cervello distorce di fatto la realtà, sono dei pregiudizi.

I bias cognitivi nel percorso d’acquisto

Di seguito l’elenco dei bias individuati da Google a seguito di una serie di esperimenti:

Euristica di categoria: brevi descrizioni di informazioni chiave del prodotto possono semplificare le decisioni di acquisto.

Potere dell’immediatezza: più tempo bisogna aspettare per usufruire di un prodotto e minore diventa l’intenzione di acquistarlo.

Prova sociale: consigli e recensioni da altre persone possono rivelarsi molto efficaci.

Bias di scarsità: un prodotto diventa più desiderabile se la sua disponibilità diminuisce

Bias di autorità: l’opinione di un esperto o di una fonte attendibile è particolarmente influente.

Potere della gratuità: un regalo incluso con un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo.

Ritornando alle fasi del MMM abbiamo:

Esperienza, il riferimento è all’esperienza di acquisto online che, inutile dirlo, effettuata attraverso un mezzo digitale deve essere semplice e immediata. Questa fase va piantonata tramite campagne di search brand e retargeting.

Acquisto, il processo è terminato e si innescano altri processi legati al delivery, al post vendita, customer service, fidelizzazione, ecc. .

Resta quindi assolutamente consigliabile tenere sempre presente questi elementi, cercare di intuirne il loro funzionamento e la loro correlazione in modo da costruire delle esperienze che sempre più si avvicinano al reale comportamento del cliente.

I software di scrittura AI sostituiranno i copywriter con l’intelligenza artificiale?

Con i software di scrittura AI è stata superata ogni aspettativa. L’Intelligenza Artificiale, infatti, ha invaso letteralmente la nostra quotidianità sconfinando gli argini della nostra immaginazione.

Da qualche anno si sente parlare con crescente insistenza di software di scrittura AI che corrono in soccorso di copywriter e scrittori. I sistemi di scrittura basati su intelligenza artificiale consentono di creare contenuti di vario genere rimpiazzando, secondo i detrattori, l’abilità umana nel generare contenuti testuali. Ma è davvero possibile che ciò accada? Può l’intelligenza artificiale sostituire il lavoro di copywriter? Scopriamolo insieme. 

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Cos’è l’intelligenza artificiale

L’intelligenza Artificiale è da intendersi come l’abilità di una macchina di mostrare capacità tipicamente umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività.

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Detta in soldoni, l’Intelligenza Artificiale consente di creare hardware e software che siano in grado di replicare percezioni visive, spazio temporali e decisionali al pari dell’uomo. Alla base vi sono algoritmi, ovvero istruzioni di addestramento delle macchine a compiere certe azioni o ad orientare scelte.

L’Intelligenza artificiale ha trovato il suo ambito di applicazione nel settore del content marketing e, sembra, si stia proponendo come alternativa valida alla realizzazione di contenuti da utilizzare nell’ambito di strategie di digital marketing.

Prima fra tutte la SEO. I software che generano contenuti testuali si basano sul ‘deep learning’ e sul natural language processing. 

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Software di scrittura AI: Deep learning e del natural language processing

Il significato del natural language processing si esprime pienamente nella capacità di comprendere il linguaggio naturale sia scritto sia parlato, intendendo tutte le parole anche in base ai contesti in cui sono usate.

Nello specifico, la logica NLP permette di analizzare la struttura di un testo, associa le categorie morfologiche a ciascuna parola per poterla classificare, estrae le relazioni sintattiche e semantiche. Così facendo individua i significati ed è in grado di sintetizzare i contenuti. Obiettivo del Natural Language Processing (NLP) è quello di dotare i sistemi informatici di conoscenze linguistiche per 3 scopi principali:

  • Assistere l’uomo in attività connesse con il linguaggio: traduzione, gestione di documenti ecc.
  • Interagire con gli esseri umani in modo naturale.
  • Estrarre automaticamente informazioni da testi o da altri media.

I Software di scrittura AI

I contenuti generati da questi software di AI per la generazione di testi si avvicinano, dunque, al linguaggio naturale umano incrementando la velocità di scrittura.

Come è possibile? Attraverso il Deep Learning: apprendimento approfondito, è il ramo più avanzato del Machine Learning. Si tratta di un insieme di tecniche basate su reti neurali artificiali organizzate in diversi strati: ogni strato calcola i valori per quello successivo, in modo da elaborare l’informazione in maniera sempre più completa. Quali sono i software scrittura AI? 

Jasper AI

Tra i vari software di scrittura AI troviamo Jasper AI e Contents.com. Tutti e due perseguono l’obiettivo – ambizioso e nobile, forse – di ridurre i tempi di realizzazione di un contenuto scritto in modo automatizzato.

Jasper AI consente di creare contenuti testuali per varie destinazioni d’uso: SEO copywriting, descrizioni di prodotti eCommerce, blog post topic ideas, video titles e video description per approdare, in ultimo, a Facebook Ad Headline e Facebook Ad Primary Text.

Il software ha sviluppato di recente alcuni ‘template testuali’ che – almeno nell’idea progettuale – rendano i contenuti sviluppati con AI altamente creativi. AIDA Framework è uno di questi e non solo. Jasper AI è in grado di scrivere basandosi sulla tecnica PAS (Problem-Agitate-Solution) e consente di creare veri e propri storyboard video attraverso la funzione Video Script Hook.

Contents.com

Piattaforma 100% italiana che dichiara fin da subito la sua diversità rispetto al resto dei software presenti in circolazione: logica SEO integrata nella generazione dei testi e tocco finale dell’uomo per un ranking di qualità senza pari.

Format multilingue come nel caso di Jasper AI e integrazione con i flussi di lavoro e il planning di scrittori resilienti e pronti a esplorare i vantaggi dell’intelligenza artificiale. 

La tirannide della tecnocrazia

In molti si pongono la stessa domanda: la tecnologia ha superato l’uomo? Probabilmente no, ma tiene il passo. Sarà probabilmente difficile capire anche quali testi sono scritti dalla mano dell’uomo e quali, invece, sono frutto di intelligenza artificiale.

Non a caso ‘Il giorno in cui un computer ha scritto un romanzo’ prodotto di AI sviluppato dal team di Hitoshi Matsubara della Future University di Hakodate ha superato le fasi di selezione del concorso letterario Hoshi Shinichi.

Impressionante. Ma il vero dilemma di molti tenaci scrittori è sempre lo stesso: è possibile che i copywriter siano sostituiti dalle macchine? Le macchine sono addestrate comunque da uomini e, per quanto sia possibile trasferire tutto lo scibile umano a un software, neanche il più ponente algoritmo potrà mai imitare lontanamente la capacità umana di raccontare la poesia che si cela negli antri criptici delle parole. 

narrative design

Narrative Device: abbiamo provato la scrittura automatica con AI

Conosci Luca, Matteo, Marco e Giovanni? Sicuro che questi nomi non ti dicono nulla? Sono proprio loro: i quattro evangelisti. Coloro ai quali fu affidato l’arduo compito di scrivere il primo vero storytelling di tutti i tempi: il Vangelo.

Ebbene sì, lo storytelling non è un’invenzione della contemporaneità. O almeno, lo è se consideriamo la parola invenzione nella sua accezione latina e, quindi, ‘invenire’ che tradotto significa ‘trovare’.

Pensaci bene: il marketing contemporaneo ha avuto la capacità di “invenire” e, quindi, di trovare in questi atavici esempi di narrazione, rarefatti afflati artistici che conducono alle moderne forme di storytelling.

I miti della tradizione ellenica, la Bibbia, i Vangeli e non solo. Le pitture rupestri, il Simposio di Platone, l’Epopea di Gilgameš, vergata su tavole di argilla in epoca sumerica, il Rāmāyaṇa, il Mahābhārata e i Purāṇa induisti sono tutti classici esempi di storytelling. E se gli evangelisti potessero assistere alle evoluzioni del racconto, Dio solo sa cosa potrebbero pensare.

E già, perché il felice connubio tra storytelling e intelligenza artificiale non ha tardato a compiersi. Il presagio di certi film hollywoodiani era chiaro, già in tempi non sospetti. 

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Parola all’Intelligenza Artificiale: nuovi modelli linguistici

Da tempi immemorabili, il racconto di storie è stato dominio esclusivo dell’uomo. Nessun’altra creatura vivente ha mai dato prova di particolare inclinazione all’elaborazione simbolica e di linguaggio alla base del racconto.

Ciò non deve indurci a credere che questa sia una prerogativa tutta umana. È opinione diffusa che l’intelligenza artificiale presto sarà in grado di compiere attività editoriali. In fondo è realtà abbastanza diffusa questa già oggi.

Gli apocalittici, invece, mostrano saldo scetticismo rispetto alla capacità degli algoritmi di dare compimento ad attività creative tra cui l’arte del racconto.  Semplici guastafeste? Probabile. Ma c’è chi è pronto a sparigliare le carte sul tavolo.

In un tweet abbastanza recente, il ricercatore Rodolfo Ocampo, ha annunciato urbi et orbi la sua ultima creatura: Narrative Device.

Narrative Device: software di AI per la scrittura

Si tratta di un progetto tanto interessante quanto semplice. Un’interfaccia minimal ma pur sempre efficace. L’utente ha la possibilità di inserire due parole e il match è fatto. Il risultato? Poche righe, nulla di più.

Magico preludio a un racconto il cui sviluppo spetta all’uomo. Come ci spiega Ocampo, infatti, alla base di tutto c’è la volontà di creare “spazi di collaborazione tra uomo e macchina”.

In un’interfaccia minimal, l’utente può inserire due parole. A partire da questi termini, un’Ia produce l’inizio di una storia. Solo le prime righe, nulla di più. Perché, come ci spiega il suo creatore Rodolfo Ocampo, “alla base di tutto c’è la volontà di creare spazi di collaborazione tra uomo e macchina”. Entriamo nel vivo della tecnologia: vediamo come funziona Narrative Device. 

La piattaforma prevede una preventiva dotazione di ben 5 token per attivare Narrative Device. AAA – Avviso ai naviganti: il sistema mette a disposizione 5 token free semplicemente inserendo la vostra mail.

Nella sezione dei ‘themes’ ho inserito due parole: storytelling e intelligenza artificiale. Giusto per rimanere in tema. 

In pochi nanosecondi il tool restituisce questo risultato:

Alt: posate la lente di ingrandimento. Vi indico di seguito l’output testuale:A young woman, Nora, is looking for a new story to tell. She has always been fascinated by the idea of storytelling, and has been trying to come up with her own story for years. One day, she meets a talking computer program named Sophie, who offers to help Nora create her story. Nora is hesitant at first, but Sophie is persistent, and Nora eventually agrees. Together, they create a story about a girl who is trying to find her way in the world. Nora is amazed at how well Sophie knows how to weave the story together, and she is excited to share it with her friends”.  Non male direi! E tutto senza sforzo. Un inno di giubilo a chi soffre della sindrome da pagina bianca.

Non sono soddisfatto e interrogo ulteriormente Narrative Device perché sono convinto che qualcosa ancora non funzioni. Questa volta come un buon alchimista ante litteram  provo a suggerire due parole: Narrative Device e Inspiration. 

Storytelling con pattern lessicali: software di AI per la scrittura

La piattaforma restituisce un racconto che potrebbe apparire in forma autocelebrativa. Guardate qui

Già dalle prime righe si ai più potrebbe sembrare che Narrative Device sia innervata di sicumera: Quando ero più giovane, sono sempre stata attratta dalle storie che utilizzavano un dispositivo narrativo. Che si trattasse di una storia che si svolgeva in sequenza, con un inizio, una parte centrale e una fine, o di una storia che ti lasciava con molti cliffhanger, le amavo tutte. E ancora oggi non posso fare a meno di ispirarmi a storie con una buona narrazione. 

Il dado non è ancora tratto cerchiamo di stanare l’inganno e proviamo a trovare punti deboli. Ammesso che ce ne siano. Metto su due altre parole: copy e seo. Non potevano di certo mancare all’appello. Che dite?

Perché copycat? Narrative Device ritiene i copy imitatori o dediti all’attività di copia e incolla? È proprio vero che il destino dei web writer è di rimanere incompresi. Ma questa è tutta un’altra storia.

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NFT: pro e contro di un trend che rischia di trasformarsi in bolla

In questa epoca dove tutto è con o senza etichette, dove nasce un trend al giorno e ne muore un altro con la stessa rapidità. Nella fase in cui la pandemia ci ha reso tutti più “digitali” e meno analogici, il Metaverso entra a capofitto nelle nostre vite, con il suo mondo virtualmente parallelo, insieme a tutti gli NFT con la loro rarità e applicabilità.

Christie’s, una delle case d’asta più tradizionali e storiche d’Europa si è resa protagonista delle due vendite NFT pionieristiche della storia con l’opera di Pebble. Si tratta della prima in assoluto venduta sul mercato nel marzo 2021, e con quella recentemente battuta all’asta per 69.300 dollari di Skygolpe. Dello stesso filone, Hyundai lancia in NFT un pacchetto di optional e gadget per i suoi acquirenti targettizzando un nuovo pubblico più giovane.

Tutti indizi che intendono affermare che gli NFT sono destinati a restare, così anche i più conservatori se ne devono fare una ragione. Ma è veramente così importante? Partiamo dalla definizione.

Gli NFT, acronimo di Non Fungible Token, sono a tutti gli effetti certificati digitali che attribuiscono ad un’opera, un’immagine o un personaggio di un videogioco, la proprietà da parte di un soggetto ben definito, proprietà che viene acquistata e scambiata usando criptovalute. Più il soggetto è raro, più il suo NFT avrà un valore economico rilevante.

Il paradigma diventa, quindi, legato al possesso di un bene e non al bene stesso.

NFT sì o no, il grande dilemma

Basta attivare Google Trend per capire che “NFT” è tra i trend mondiali, ma concentrato tra pochi Paesi: Cina, Hong Kong e Singapore compongono il podio in cui l’acronimo rappresenta uno dei maggiori trend di ricerca con circa 20.000 ricerche mensili per milione di abitanti.

In Europa, il trend registrato è disomogeneo, con Stati anti-NFT come il caso polacco o pro-NFT se si parla del Montenegro; picchi estremi che vedono tra loro ricerche più o meno frequenti a tema.

Questa diversità è, probabilmente, legata alla storia che hanno vissuto e incarnano i due continenti, il cosiddetto vecchio continente ancora molto legato alla visione analogica e materiale del possesso e dove anche la diffusione di tecnologia “avanzata” è ancora agli albori; in contrasto con un continente che ha fatto dell’innovazione tecnologica la sua forza nel mondo e, in cui, novità come queste non possono che arrivare per prime.

Ma ora analizziamo, come si fa nei migliori casi, i pro e i contro dei tanto chiacchierati NFT.

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Perché NFT sì

  • Sono democratici. In un mondo, come quello post pandemico, in cui i rapporti sociali sono ridotti al minimo, avere un ambiente, seppure digitale, in cui ogni possessore di NFT è uguale ad un altro, con lo stesso potere decisionale o di discussione è un vantaggio. Anzi rappresenta uno dei modi più concreti oggi di sentirsi parte di un gruppo o di una “community” che dir si voglia
  • Creano interazione. Per i brand che vogliono abbracciare il mondo NFT la possibilità di creare un rapporto esclusivo con i propri clienti, tramite release dedicate o pacchetti speciali, è sempre più rilevante. Si ha quindi la possibilità di fornire del valore aggiunto ai propri clienti
  • Rappresentano un nuovo tipo di investimento. Portando con sé il titolo di una proprietà, possono aumentare o diminuire il loro valore nel tempo o in relazione alla rarità di quello che rappresentano; quindi, oltre che una rendita, possono confluire nel capitale di una azienda
  • Definiscono in modo univoco ed inequivocabile un titolo di proprietà grazie alla loro registrazione in blockchain
  • Donano valore al creatore del contenuto: pago per avere una tua opera, sei un’artista concretamente valorizzato. Il concetto della fruizione gratuita o freemium va a decadere.

Ma ora, perché NFT no?

  • Non è vero che sono a numero limitato, nessuno ti impedisce, e ci sono piattaforme dedicate, di creare degli NFT nuovi da immettere sul mercato, con il problema del copyright per l’acquirente: certo tu “possiedi” l’opera che acquisti, ma il copyright dell’opera rimane in capo al suo creatore che potrebbe replicarla quando vuole
  • La blockchain non è ancora di comune utilizzo e, quindi, l’archiviazione dell’NFT non è completamente al sicuro: non è detto che l’algoritmo-magazzino del tuo certificato sia eterno. Il rischio che improvvisamente scompaia esiste.
  • Anti-Green. Minare e tenere in vita intere stringhe scritte in blockchain costa energia e capitali importanti per i minatori, con un conseguente impatto ambientale molto rilevante.
  • Tutto in poche mani. Il sistema di creazione di NFT e di blockchain oggi è per il 70% localizzato in Cina, senza una vera decentralizzazione del sistema il punto 1 dei vantaggi, la democraticità, potrebbe venire meno.

Gli NFT più chiacchierati e cercati sul web

Axie Infinity e Decentraland, in assoluto gli NFT più popolari con una diffusione, del primo, in 112 Paesi al mondo e il secondo quello il più ricercato in 43 Stati. Vediamo una carrellata di NFT popolari, così da avere un quadro completo.

Partiamo da:

  • Axie Infinity è il gioco più famoso online quando si parla di NFT e cryptovalute, AXS è tra le prime 50 crypto capitalizzate sul mercato ed è solo una delle due del gioco, quella utile a comprare Axie o terreni, l’altra, Smooth Love Potion, attesta più un “riconoscimento” di potere e si ottiene sconfiggendo l’avversario in battaglia.
    Durante il gioco, il giocatore, può guadagnare AXS sbloccando livelli o vincendo battaglie e li può sia riutilizzare nel gioco che convertirli in denaro corrente, secondo il modello Play-to-Earn.
    Cosa c’entrano, però, gli NFT? Ogni Axie è un NFT. Un Axie è una sorta di animaletto da combattimento le cui sembianze sono composte da combinazioni di algoritmi, combinazioni infinite che creano, così, NFT unici infiniti.
    AXS è stato distribuito a giugno 2020 e, oggi, la fornitura totale di AXS è pari a 270 milioni di AXS, di cui sono attualmente in circolazione 60 milioni di token, ma entro il 2026 saranno tutti sul mercato.
  • Decentraland, invece, è strettamente connessa al Metaverso e ha come protagonisti tanti piccoli avatar umani impegnati nella compravendita di terreni attraverso la sua crypto nativa MANA.
    Gli NFT di Decentraland sono i Land, ossia gli spazi che gli utenti possono acquistare e vendere nella piattaforma.
    Ci sono a disposizione circa 2 miliardi di MANA, di cui, oggi, solo la metà circa è in circolazione.

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Passiamo poi a Bored Ape Yacht Club, la collezione composta da 10.000 NFT unici di immagini di scimmie con caratteristiche tutte diverse tra loro.
Il loro successo è stato così dirompente che oggi sono disponibili solo da reselling con un prezzo a partire da 380 dollari cadauno.

Chi possiede le Bored Ape, non solo ha in mano uno strumento di investimento, ma ha accesso a contenuti limited edition, come accessori o animali domestici per la sua scimmia, oltre che a una prelazione su nuove release di Bored Ape.
Il futuro riserva la nascita di un proprio Metaverso, con la raccolta di circa 460 milioni di dollari per la sua creazione.

Chiudiamo con OpenSea, che più che NFT in sé, è la piattaforma che permette ai content creator di creare il loro NFT.
Coniare, comprare, vendere e visualizzare NFT ecco a cosa serve OpenSea.
Dopo uno scandalo che l’ha vista protagonista nel 2021, nel 2022 si è assicurata finanziamenti per 300 milioni di dollari che hanno portato la sua valutazione a oltre 13 miliardi di dollari

Staking NFT, cos’è e a cosa serve

Staking NFT, di cosa si tratta? Per Staking NFT si intende la politica per il quale si sta bloccando la vendita e lo scambio di un NFT su una porzione di blockchain, NFT sbloccabile solo in seguito al pagamento di una sorta di ricompensa, anche più alta del valore stesso dell’NFT.

Lo Staking NFT, quindi, porta del reddito passivo al possessore del certificato, in quanto, come in tutti i migliori mercati, riducendo la disponibilità di un prodotto ne aumenta il valore e bloccando degli NFT, gli utenti possono ricevere delle ricompense in base a un rendimento percentuale annuo (APY) e al numero di NFT in Staking.

La pratica di Staking aumenta quindi le rendite andando a contrastare comunque i problemi ambientali di minare nuovi NFT.

Un altro modo di vedere lo Staking NFT è quello dell’asta o della scommessa, chi possiede crypto da investire le investe in tavoli in cui sono presenti NFT bloccati, la maggior offerta avrà, probabilmente, i diritto di proprietà. Le Crypto su ogni tavolo possono essere disinvestiti all’occorrenza e le piattaforme di staking danno ai diversi puntatori delle ricompense giornaliere.

Axie Infinity è una piattaforma che ha il suo canale di Staking con gli animaletti da collezione.

smart tv

Il gaming sulle smart tv rappresenta la nuova frontiera della pubblicità

Il gaming sulle smart tv rappresenta la nuova frontiera della pubblicità. A dirlo è un rapporto di Samsung dal titolo “Behind the screens: gaming trends report” che mostra chiaramente quanto stia crescendo il gaming delle CTV, i televisori connessi a Internet per la riproduzione di video e musica in streaming.

I gamer, definiti come i nuovi heavy streamer della tv intelligente, trascorrono davanti lo schermo il 45% in più di tempo rispetto a chi non gioca.

“Il valore crescente del gaming e il continuo engagement dell’audience post pandemia rivelano come il gioco sia diventata una vera e propria abitudine quotidiana degli utenti dei televisori Samsung. E la nostra posizione unica e privilegiata nel settore del gaming ci permette di comprenderne i fruitori sia dal punto di vista dell’hardware che da quello del comportamento”, ha commentato Alex Hole, vicepresidente di Samsung Ads Europe.

Dai numeri dell’azienda emergono dati positivi per gli investitori e per il mercato pubblicitario che si sta muovendo in tal senso. Per i brand è importante capire dove i consumatori fruiscono i contenuti, per entrare direttamente in contatto con loro.

Essere attenti all’evoluzione dei comportamenti degli utenti è l’elemento chiave per essere presenti, aumentare la copertura e non perdere terreno rispetto ai concorrenti.

L’aumento delle vendite delle CTV apre quindi nuovi possibili scenari. Vediamoli nel dettaglio analizzando qualche dato.

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La crescita delle CTV

I dati del rapporto Samsung Ads parlano chiaro: nel primo trimestre 2022 le smart tv utilizzate per giocare hanno mostrato un aumento del 12% annuo rispetto al primo trimestre dell’anno precedente, registrando di fatto un passaggio da 4,8 milioni di utenti a 5,4 milioni.

In particolare, in Italia si registra un +10%, equivalente esattamente a 786.000 tv Samsung utilizzate per il gioco.

Un valore che sta crescendo anche in Europa. In particolare, nell’EU5 (Francia, UK, Germania, Spagna, Italia), le ore passate a giocare con una smart tv sono aumentate del 9%, passando da 530 milioni di ore nel primo trimestre 2021 a 576 milioni di ore nello stesso trimestre del 2022. Aumenta del 2% anche il tempo medio delle singole sessioni di gioco.

Gamer batte streamer

I numeri rendono il mercato dei gamer sempre più attraente: dal rapporto emerge che i giocatori trascorrono il 45% in più di tempo di fronte allo schermo rispetto ai non giocatori; per il 51% del loro tempo sono presenti in ambienti streaming, per il 32% in ambienti lineari, con fruizione di contenuti video in diretta con abbonamento via cavo/satellite/antenna, come la tv tradizionale.

I soggetti che giocano ai videogiochi su smart tv infatti raggiungono in media 195 ore di streaming a trimestre, rispetto ai non gamer, con 101 ore di fruizione lineare.

Nel nostro Paese, il 25% risulta essere un giocatore “heavy streamer”, cioè molto forte in considerazione del tempo dedicato all’attività, e viceversa il 44% degli heavy streamer italiani è un giocatore.

I gamer sono “sul pezzo”

Non solo heavy streamer, i gamer risultano essere anche heavy adopter, pronti ad adottare con repentinità nuove tecnologie.
Tra i giocatori con tv connesse Samsung risulta che la maggioranza utilizza ancora console di prima generazione (PS4, Switch, Xbox One), parliamo del 79% della totalità delle console nei territori EU5, ma il numero è destinato a cambiare in fretta. Le console di nuova generazione (PS5, Xbox Series X e S), lanciate nel novembre 2020, si stanno facendo largo con prepotenza nel mercato. In Italia, Samsung ha registrato una crescita del 150% nel primo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021.

Quest’ultimo non è un dato da sottovalutare, considerando che il gioco con le nuove console ha infatti portato ad un aumento del tempo trascorso davanti allo schermo: nei primi tre mesi di quest’anno, il tempo medio giornaliero di gioco con una smart tv Samsung è salito ad 1 ora e 36 minuti, rispetto ai 38 minuti dell’anno scorso.

L’atteggiamento dei consumatori di fronte ad un nuovo prodotto dipende dalle proprie inclinazioni. Generalmente gli innovatori, disposti ad assumersi il rischio, oscilla intorno al 2%, secondo il libro “Marketing, Il Management orientato al mercato”, Pastore, Mattiacci.

Il fenomeno, nelle caso delle console, è probabilmente dovuto alla curiosità per la novità, ma non solo:

“La superiorità del tempo trascorso dai gamer davanti alle nostre TV non può, però, essere attribuita solo al gaming. È più probabile che accedano ad una serie di opzioni Smart TV, dalla TV lineare alle piattaforme di streaming on-demand. Ed è così che per i gamer, le Smart TV diventano il fulcro della casa”, ha specificato il Vicepresidente Hole.

Il valore del gaming per la pubblicità

Il 34% delle ore di streaming sulle tv dei giocatori è rappresentato dalla fruizione di contenuti in ambienti AVOD (ad-supported video on demand), piattaforme di streaming a cui gli utenti accedono gratuitamente grazie al supporto della pubblicità. Il tempo che vi passano i giocatori registra il 41% in più rispetto ai non giocatori.

L’approccio degli utenti verso tali piattaforme appare positivo, dimostrando di accettare di buon grado i messaggi pubblicitari. YouTube è ancora la regina indiscussa del settore, ma altre piattaforme, come Samsung Tv Plus, Pluto e Rakuten, vedono aumentare l’apprezzamento nei loro confronti in Europa.

Nell’EU5, i giocatori hanno il 10% di probabilità in più di guardare Samsung Tv Plus (il servizio streaming di proprietà Samsung, supportato proprio dalla pubblicità). Per quanto riguarda la tipologia di contenuti, i preferiti sulla piattaforma dell’azienda, nel primo trimestre dell’anno in corso, sono stati l’intrattenimento, le news e l’istruzione.

Con la raccolta dei dati relativi al rapporto emesso il 19 luglio, provenienti da circa 30 milioni di Samsung Smart Tv, l’azienda ha presentato una visione olistica dei comportamenti dei telespettatori, senza dubbio di grande utilità per gli inserzionisti pubblicitari dell’Advanced Tv.

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