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Trend, dati e potenziale del Food Delivery nell’era Covid

  • Coronavirus e lockdown hanno alimentato nell’ultimo periodo le consegne a domicilio: aumentano gli ordini da mobile e i pagamenti digitali.
  • Oggi l’ulteriore accesso al digitale per gli utenti ha un enorme potenziale nel food delivery.

 

Durante il lockdown, le strade deserte, senza pedoni e con pochissime macchine in circolazione, lasciavano spazio ad una presenza costante dei rider del food delivery.

La chiusura al pubblico di bar, pizzerie, ristoranti, infatti, non ha fermato l’attività di consegna al domicilio, anzi, molti clienti si sono avvicinati al servizio per la prima volta, proprio in relazione alla fase di emergenza.

Ma, cosa prediligono ordinare gli italiani?

consegne a domicilio

I cibi più ordinati sulle piattaforme di food delivery

Pollo allo spiedo di Giannasi 1967: il cibo più ordinato su Deliveroo

Deliveroo, piattaforma leader del food delivery, ha fatto il punto sulle preferenze degli italiani in termini di cibo a domicilio. Durante gli ultimi mesi, la città che più di ogni altra ha fatto ricorso a Deliveroo è stata Milano, davanti a Roma, Cagliari, Firenze e Bologna. Seguono Bolzano, Monza, Bergamo, Busto Arsizio e Modena. Tendenzialmente le persone preferiscono ordinare il fine settimana, con la preferenza per la giornata di sabato, seguita dalla domenica e dal venerdì. 

La cucina più apprezzata a livello nazionale è sicuramente quella italiana, con una predilezione per la pizza e la pasta. Seguono la cucina americana (in particolare gli hamburger), il gelato (+58%), il poke hawaiano e la cucina giapponese (sushi). Confrontando i dati con il passato, però, è notevole la perdita di posizione della cucina cinese, che fino ad oggi è sempre stata stabile nella top 5 delle cucine best-seller.

Quali sono i cibi più acquistati secondo Deliveroo? Al primo posto c’è il Pollo allo Spiedo di Giannasi 1967 (Milano), seguito dal Bacon King di Burger King (Roma) e l’OS Burger di Old Square (Cagliari). In quarta posizione c’è il Bowl Componibile di Pokeria By Nima (Firenze) e in quinta il Burger & Amazing Fries di Snack Jack (Bolzano). Seguono il Burger, pancetta, cheddar e insalata di La Birreria Italiana (Monza), il TW burger di Burger Wave (Bergamo), il Burger di manzo di Panino Grigliato (Busto Arsizio) e la Vaschetta 750 gr di Antica Gelateria Modenese (Modena). 

 

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Pizza, patatine, hamburger e dolci dominano la classifica di Uber Eats

Trend molto simili emergono dalle statistiche di Uber Eats: in cima alla classifica dei cibi a domicilio più ordinati troviamo la pizza, in particolare la margherita. Seguono, poi, le patatine fritte, il salmon poke e numerosi prodotti della tradizione americana come hamburger e chicken nuggets. Ma non solo, molti italiani hanno ordinato panini e sandwich di diverse tipologie: tra i più ordinati durante il lockdown ci sono la Pita Greca Gyros la piadina Kebab e il Pulled Pork Sandwich. Non mancano nemmeno i sapori della tradizione messicana come il Burrito di Pollo, il Tacos di Pollo Asado o i Ribs Tacos.

Tra i prodotti più ordinati ci sono anche i dessert, che hanno addolcito le giornate di quarantena. Con l’arrivo delle giornate calde aumentano sempre di più gli ordini di gelati, che si posizionano al primo posto della classifica. Riscuotono grande successo anche i mochi, dolce tipico giapponese, disponibile in diversi gusti come cocco, cioccolato o mango, e i dolci della tradizione italiana, come il tiramisù e i cannoli siciliani.

Nella classifica non ci sono solo pizza, patatine, hamburger e dolci. I clienti Uber Eats, di target femminile in particolare, hanno preferito un’alimentazione più sana ordinando insalate e zuppe. Fra i cibi veg primeggiano le famose Poke: al primo posto si posiziona infatti la più classica con il salmone, ma sono presenti anche la Chicken Poke, la Vegan Poke e la Spicy Tuna Poke. Fra le zuppe, invece, primeggiano i sapori orientali: al primo posto si posiziona la classica Zuppa di Miso, seguita da Zuppa di Mais e Zuppa Agropiccante.

Secondo Just Eat, il piatto più ordinato in assoluto è la pizza

Anche l’Osservatorio Just Eat ha analizzato i consumi del food delivery degli ultimi mesi: secondo le statistiche, la pizza si conferma al primo posto come il piatto più ordinato (68%), seguita dalla cucina italiana (26%), in particolare la carbonara, le tagliatelle al ragù e l’amatriciana, e dagli hamburger (22%). Il cibo più ordinato sui luoghi di lavoro, invece, è il sushi. Il gelato è una new entry assoluta, che si inserisce, per la prima volta, al quinto posto in classifica.

Tra i principali trend di crescita si attestano poi proprio i dolci e i gelati (+133%), ma anche il sushi in formato famiglia, come le barche e i mix (+124%) e le ormai famose poke bowl (+54%). Emergono inoltre trend specifici, come i menù dedicati a chi lavora da casa, i menù baby, le sfiziosità in abbinamento a cocktail, birre artigianali o bottiglie di vino.

 

Qual è il profilo dell’acquirente medio?

Just Eat ha anche profilato l’acquirente medio del food delivery in fase di lockdown. Si tratta principalmente di uomini (55%), appartenenti alla categoria dei millennials (58%), ma anche famiglie (20%) e adulti (6%). I motivi che spingono gli italiani a ordinare food delivery in questa fase di pandemia sono principalmente quattro: la limitazione delle uscite (59,35%), evitare inutili code al supermercato (47,49%), farsi una coccola (15,97%), oppure la mancanza di tempo o della voglia di cucinare (13,81%). 

Ordini mobili, pagamenti digitali e attenzione alla sicurezza

Fra le altre evidenze del periodo, è possibile riscontrare un leggero aumento degli ordini da mobile (77%), ma anche un incremento dei pagamenti digitali (+36%). Predominante anche la quota di giovani che prediligono l’app rispetto al sito, anche se non mancano acquisti da desktop.

Il tema della salute e della sicurezza, comunque, restano di fondamentale importanza. Secondo il survey, quando ordinano i clienti si aspettano: rider con guanti e mascherina (65%), consegna senza contanti (59%), pagamenti digitali (55%), confezioni ben sigillate (47%) e richieste particolari da parte del rider (25%). Ecco perché, fin dall’inizio, Just Eat ha introdotto una serie di misure di sicurezza importanti (oltre 15.000 mascherine, 50.000 paia di guanti e gel disinfettante monouso, pagamenti elettronici e supporto economico ai dipendenti contagiati). Questo tipo di servizio è stato apprezzato dalla maggior parte degli acquirenti (96,1%), oltre che dai rider (76%).

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Il futuro del food delivery

Le consegne a domicilio rimarranno un’opzione che verrà sicuramente sfruttata anche in seguito alla fase di lockdown: l’80% dei nuovi utenti Just Eat, ad esempio, dichiara che probabilmente ordinerà food delivery anche nelle fasi successive alla pandemia

Questo servizio diventa un punto di forza per ristoranti, pizzerie e bistrot. Secondo le statistiche del food delivery e stando alle parole dell’analista statunitense John Glass:

“Siamo nei primi giorni di un cambiamento potenzialmente significativo nell’accesso alla consegna di cibo a domicilio, in quanto diverse aziende iniziano ad offrire più che mai varietà, velocità e convenienza ai propri consumatori.

Ma, lo sviluppo del digitale ha ancora un enorme potenziale legato al food delivery, basti pensare che attualmente, in Italia, solo il 18% del mercato della ristorazione è digitalizzato.

Il mondo dopo il Covid: dati, previsioni e ipotetici scenari

  • Il Covid ha innescato una serie di cambiamenti, destinati a radicarsi in modo permanente nelle vite degli individui e delle comunità.
  • Nei prossimi mesi, saremo costretti ad affrontare un mondo dopo il Covid, a ridefinire le nostre abitudini, in termini di lavoro, mobilità, socialità ed esperienze di consumo.

 

È iniziata da poche settimane la fase due e ancora molti degli effetti a breve e a lungo termine di questa pandemia, restano incerti.

Fare previsioni su cosa ci attende diventa sempre più difficile, ma di certo il Covid ha innescato un cambiamento di portata globale, il più grande osservato da molto tempo.

Nel documentare l’emergenza vi è stato un ampio uso di espressioni come “economia di guerra” e “trincee negli ospedali” e a ben vedere l’uso del linguaggio bellico non è così improprio. Il clima di paura e incertezza induce le persone a farsi le stesse domande che ci si poneva durante i conflitti mondiali: cosa ci sarà dopo? Quali saranno i nuovi equilibri globali? Come cambierà la nostra vita in termini di lavoro, mobilità, relazioni sociali?

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Nuovi equilibri geopolitici: tra individualismo e cooperazione internazionale

In un suo articolo per The Gurdian, il giornalista britannico Timothy Garton Ash si domanda se quello che ci attende è uno scenario più affine al secondo dopoguerra o al primo, ovvero se andremo verso una crescita delle democrazie e della comunità globale, o all’avvento di nuovi nazionalismi e una tendenza alla chiusura degli Stati-nazione.

Come scrive Sylvie Kauffmann in un’analisi pubblicata su Le Monde, più che di rottura di equilibri preesistenti, è più corretto parlare di una brutale accelerazione di cambiamenti che erano già in atto prima della crisi.

Mentre negli Stati Uniti abbiamo assistito a un deciso inasprimento della dottrina “America first” del presidente Trump, rimasto sordo a qualunque cooperazione internazionale, la Cina continua la sua campagna di “diplomazia umanitaria”, approfittando della ritirata degli americani.

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L’esplosione dell’epidemia ha portato a galla tutte le criticità dei sistemi governativi delle singole nazioni, così come degli organi sovranazionali, a partire dall’Unione Europea, dimostratasi impreparata e incapace di dare risposte economiche concrete ai suoi stati membri.

Il rischio in l’Europa, scrive Kauffmann, è quello di una più profonda spaccatura tra nord e sud e un consolidamento delle correnti sovraniste.

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Gianpiero Petriglieri, esperto di leadership, ha spiegato che la metafora della guerra mondiale è applicabile anche sul piano politico, oltre che sanitario, perché, con la corsa al vaccino, i leader dei vari stati acquisirebbero un vantaggio competitivo a livello mondiale.

Nella fase in cui stiamo entrando ci sarà un gran bisogno di collettività, come ribadito anche dal viceministro agli affari esteri Emanuela Del Re in un’intervista con l’agenzia di stampa Dire: “La prospettiva multilaterale è fondamentale in questo momento, perché consente di partecipare a tutti i processi decisionali, e consente di mettere in campo la nostra grande esperienza in campo sanitario nel mondo”

La scienza è per sua natura internazionalista e, in una pandemia, ciò che serve è cooperazione globale.

Smart working e telelavoro, lo scenario italiano

Anche sul fronte telelavoro e smart working, i cambiamenti in atto sembrano destinati a radicarsi nelle nostre abitudini ancora per un bel po’. Attualmente, secondo un sondaggio condotto da Eurofound, sono 4 su 10 le persone che stanno lavorando da casa.

Le varie modalità di lavoro a distanza, che a tratti faticavano a farsi strada in Italia, sono dovute necessariamente diventare la nuova normalità, mettendo in luce i numerosi vantaggi del “lavoro agile”.

La filosofia manageriale su cui si basa lo smart working, è totalmente orientata al risultato prevede autonomia e flessibilità del lavoratore nella scelta di tempi e spazi di lavoro.

Se entrasse stabilmente a far parte delle nostre abitudini, potrebbe rappresentare una buona opportunità per le imprese anche in ottica sostenibile, in termini di risparmio su locazione, climatizzazione, pulizia e allestimento dei luoghi di lavoro, oltre che di alleggerimento del traffico e dei mezzi pubblici.

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Nonostante tutti i rosei presupposti, in Italia i risultati di una ricerca condotta da LinkedIn parrebbero evidenziare una situazione che proprio rosea non è.

Il numero di ore di straordinari da casa come quello dei lavoratori a rischio burnout evidenziano una preoccupante crescita.

Dai risultati è emerso che:

  • Il 46% dei lavoratori italiani si sente più ansioso o stressato perché lavora da casa
  • Il 48% ha sempre lavorato più ore dall’inizio della quarantena
  • Il 18% ha riscontrato un impatto negativo sulla propria salute mentale 
  • Il 16% teme un licenziamento al termine del lockdown

Questo perché nel nostro paese si parla ancora troppo di telelavoro piuttosto che di smart working, che è un concetto un po’ diverso, in primis perché prevede sempre la stessa postazione e orari d’ufficio.

Bisogna pur sempre considerare che parliamo di un cambiamento entrato prepotentemente nelle vite di tutti in un periodo già di per sé psicologicamente duro, in cui il confine tra lavoro, famiglia e tempo libero è diventato sempre più labile.

“Il lavoro da casa e l’impossibilità di uscire ci ha obbligato a una ridefinizione repentina degli equilibri tra lavoro, famiglia e tempo libero” – ha commentato Laura Parolin, vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi“L’organizzazione del lavoro prima della pandemia consentiva di evadere e prendere le distanze dagli altri ambienti di vita, una possibilità che ora manca, costringendoci al confronto costante con l’isolamento o alle relazioni con i conviventi”.

Il mondo dopo il Covid, tra iperconnessione ed esperienze di consumo

Dai meeting di lavoro agli aperitivi in balcone, ogni forma di interazione sociale durante il lockdown è passata attraverso uno schermo. Viene da chiedersi come e in che misura questo influenzerà il nostro modo di relazionarci e la socialità in generale, una volta che l’emergenza sarà rientrata del tutto.

Se da un lato il Covid ha cambiato le abitudini d’acquisto, segnando l’impennata degli eCommerce e in generale aumentando la dimestichezza con il digital anche dei meno giovani; dall’altro i primi a pagarne il prezzo sono i rivenditori al dettaglio.

Con il distanziamento sociale è venuta meno ogni esperienza di consumo per strada legata alla ristorazione e alla convivialità, così come quella di shopping tradizionale.

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La pandemia di Coronavirus è il più grande motore globale di cambiamento osservato da molto tempo ha dichiarato Carla Buzasi, Managing Director di WGSN, colosso della ricerca previsionale, commentando un’indagine condotta dalla società sulle abitudini d’acquisto nel mondo dopo il Covid.

La realtà che stiamo vivendo obbliga aziende e lavoratori a far appello a tutta la loro capacità d’adattamento, flessibilità, resilienza. Ma anche creatività.

Nel mondo che ci attende dopo la pandemia, sarà ancora più importante intercettare i bisogni delle persone e creare i prodotti giusti. Perché, come dichiarato ancora da Buzasi: Anche se facciamo affidamento sulla connettività digitale per sopravvivere a questo periodo turbolento, sarà il nostro bisogno di connessione umana che modellerà davvero le nostre vite”.

In particolar modo per i più giovani, i brand dovranno ingegnarsi ulteriormente nella creazione di prodotti e servizi che rispecchino il loro stile di vita, da un lato investendo molto sul digital, dall’altro dando ancora più esclusività all’esperienza di shopping dal vivo, con edizioni limitate e ambienti d’acquisto immersivi (e instagrammabili).

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Ma, come consiglia WGSN:

In una cultura ossessionata dai giovani, i marchi dovranno tuttavia aggiornare le loro rappresentazioni dell’invecchiamento per stabilire un dialogo con tutti e celebrare ogni età.

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Glickon annuncia l’acquisizione della piattaforma Isaak di StatusToday

Glickon era già in crescita come azienda del 116% per quanto riguarda i fatturati, raddoppiando il numero di dipendenti negli ultimi 12 mesi e ora mette a segno un’importante acquisizione: quella della piattaforma Isaak della società britannica StatusToday (Gartner Cool Vendor 2019 e Best AI Startup – AI Summit 2017).

Con questa acquisizione Glickon aumenta la propria capacità di trasformare ogni interazione tra le organizzazioni e le proprie persone in un’esperienza unica e significativa fornendo una potente piattaforma di ascolto, analisi e azione a chi ha il compito di guidare il business.

L’AI per migliorare il benessere di candidati e dipendenti

Con la crescente attenzione sui temi di Agile Working, le imprese stanno cercando strumenti basati sull’intelligenza artificiale per migliorare il benessere e l’impegno di candidati e dipendenti. L’azienda offre una gamma di soluzioni che hanno come obiettivo comune quello di migliorare il rendimento e la soddisfazione della forza lavoro: questa offerta sarà consolidata e arricchita dalle innovazioni tecnologiche della piattaforma Isaak di StatusToday per migliorare l’offerta in ambito People Analytics.

“Stiamo dando un concreto avvio alla fase di crescita di Glickon. L’acquisizione della piattaforma di StatusToday si inserisce nel nostro percorso di espansione e ci fornisce ulteriori innovazioni nel campo della People Analytics. Inoltre, questa prima acquisizione vuole essere uno dei tasselli iniziali per un’espansione all’estero che rappresenta il nostro naturale mercato di riferimento”, ha dichiarato Matteo Corte, Chief Financial Officer di Glickon.

“Un grande passo in avanti verso un mondo in cui le persone si svegliano ispirate e concludono la giornata soddisfatte del lavoro che hanno svolto”, continua Filippo Negri, Chief Executive Officer di Glickon.

L’approccio tailor-made

L’operazione ha avuto come oggetto l’acquisizione di alcuni asset strategici di proprietà intellettuale.

Glickon è una delle principali società tech dedicata alle HR con sede in Italia e un nuovo ufficio nel Regno Unito, è stata fondata nel 2014 e sintetizza la sua attività in un payoff decisamente efficace: Simplify Human Experience. È senza dubbio possibile rendere più semplice ed engaging l’esperienza delle persone in azienda e la selezione dei candidati grazie a un mix di gamification e data science.

“Stiamo arricchendo una piattaforma flessibile che unisce la semplicità del gioco con l’efficienza dei dati avendo come obiettivo di rendere migliore la vita delle persone in azienda e la loro esperienza di lavoro. Tutto questo partendo sempre dall’ascolto”: con queste parole, Carlo Rinaldi, Chief Marketing Officer della società pone l’accento su un approccio consulenziale e tailor-made che non si limita a fornire dei tool efficaci ma segue i clienti da vicino ogni giorno attraverso team dedicati per monitorare l’andamento e i risultati di ogni progetto.

Con l’acquisizione di Isaak di StatusToday, Glickon si arricchisce di una piattaforma di analisi che aiuta le aziende a guidare il cambiamento organizzativo. Attraverso una tecnologia basata su Intelligenza Artificiale, la piattaforma misura la collaborazione, il benessere e l’engagement delle persone per migliorare l’esperienza di lavoro dei dipendenti in azienda. Uno sviluppo naturale degli strumenti quali l’Organizational Network Analysis e la Sentiment Analysis già presenti nell’offerta in ambito di Candidate ed Employee Experience, al fine di ottimizzare, automatizzare e semplificare i processi di selezione, onboarding, formazione e sviluppo e comunicazione interna facendo leva sul coinvolgimento in tutti i momenti salienti nel percorso di carriera delle persone.

Mai come adesso c’è bisogno di persone in grado di cambiare

Durante la terza edizione della Milano Digital Week in versione completamente online, abbiamo seguito gli appuntamenti di IAB all’interno del palinsesto di oltre 500 eventi, panel, webinar e lectio magistralis, intorno al tema del confronto aperto e inclusivo sul digitale.

“Game Changers” è stato il titolo degli eventi curati da IAB, nei quali personalità ed esperti hanno dialogato sul topic dell’innovazione in tutte le sue declinazioni, dall’educazione all’energia, fino all’entertainment.

Proprio su quest’ultimo punto abbiamo rivolto alcune domande a Sergio Amati, Direttore General IAB Italia.

Se negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad una rivoluzione digitale che ha cambiato il nostro mondo con modalità che non avremmo mai potuto immaginare, ora sta iniziando un nuovo decennio che si presenta come ancor più rivoluzionario, e ne stiamo avendo un primo assaggio.

La crisi che abbiamo vissuto (e ancora stiamo vivendo) ci impone di ripensare il nostro modo di comprendere il mondo e affrontare la sua complessità. Dobbiamo credere nella nostra creatività, nella nostra capacità di resilienza e nel nostro potere di diffondere il cambiamento sia a livello individuale che collettivo.

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La sfida di un evento che diventa full digital

Qual è stata la sfida più grande di una edizione completamente digitale, rispetto a un evento che avrebbe dovuto essere live come la Milano Digital Week?

«La Milano Digital Week era prevista agli inizi di marzo e abbiamo dovuto fermare tutto a pochi giorni dalla partenza. È stato uno shock enorme, come tutti ci siamo sentiti persi e senza punti di riferimento. La cosa che mi rende più orgoglioso è stata la nostra capacità di reazione. Ci siamo detti che questa era una grande opportunità per valorizzare il grande patrimonio di contenuti che avevamo raccolto e che costruire una piattaforma full digital avrebbe potuto essere la miglior risposta.

La piattaforma due mesi fa non esisteva e i contenuti erano stati pensati per essere erogati in contesti fisici. Abbiamo lavorato su più fronti: da una parte costruendo un team tecnico che ha progettato sia il sito che l’infrastruttura di erogazione degli eventi live e on demand e dall’altra abbiamo trasformato una redazione e una struttura operativa – pensata per l’offline – in una squadra in grado di gestire la combinazione di contenuti e tecnologia propria di un progetto digitale. Un modo nuovo di lavorare che tutti hanno abbracciato con entusiasmo.

Dall’inizio della Milano Digital Week è attiva una “war room” dove gestiamo in diretta tutti gli eventi. In questa sala operativa sono presenti sia i redattori che i producer, per reagire immediatamente in caso di modifiche all’ultimo minuto.

Oltre 500 eventi online in una settimana ci rendono sicuramente la manifestazione full digital più importante in Italia prima e dopo la crisi del COVID e quindi posso dire che la sfida sia stata vinta».

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I Game Changers siamo tutti noi

Chi sono i veri Game Changers oggi e in che modo il loro lavoro può incidere sulle nostre vite?

«A marzo noi di IAB avevamo pensato a una conferenza durante la Milano Digital Week che avevamo chiamato “Game Changers”. Abbiamo deciso di mantenere lo stesso nome nell’edizione online perché pensiamo che mai come adesso ci sia bisogno di persone in grado di cambiare, anzi di reinventare le regole del gioco.

Dalle conversazioni con grandi nomi (non cito nessuno perché sono per me tutti importantissimi) sono emersi tantissimi spunti interessanti. La capacità di adattamento e l’agilità sono sicuramente dei tratti comuni a queste persone. Si è parlato molto di “digital divide di seconda generazione” e una delle grandi sfide sarà di portare l’accesso al digitale a fasce di popolazione ancora escluse e di formare le persone all’utilizzo degli strumenti.

Chi vuole cambiare le regole del gioco deve concentrarsi sugli individui, che sono anche clienti, consumatori, dipendenti e collaboratori. Abbiamo parlato molto di come cambia la customer experience: sarà una vera e propria rivoluzione che farà tantissime vittime. Ripensare i canali di comunicazione e relazione, gli spazi fisici e le organizzazioni sarà un’altra grande sfida dei prossimi mesi/anni.

Lasciatemi dire però che i veri “game changers” sono gli 800 ragazzi e ragazze che hanno partecipato agli 8 hackathon dedicati agli Obiettivi Sostenibili delle Nazioni Unite. I giovani vengono spesso criticati per essere “sdraiati” ma io credo che i partecipanti agli hackathon siano uno straordinario esempio di impegno. Abbiamo avuto 120 team che hanno lavorato per 48 ore senza sosta e prodotto idee e progetti su temi come l’economia circolare, la medicina, le smart city, la parità di genere. I giovani hanno un’energia unica ed è nostra responsabilità dare loro le opportunità per poter esprimere il loro potenziale».

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Come cambia l’entertainment e cosa aspettarci dalla tecnologia

Riguardo all’entertainment, quali sono le regole che probabilmente ci porteremo dietro da questo periodo di emergenza?

«Con Maximo Ibarra, CEO di Sky, abbiamo parlato di come il mondo dell’entertainment si stia trasformando profondamente. La dimensione fisica e quella digitale, anche a causa della crisi sanitaria, si sono profondamente combinate e le persone si sono abituate a fruire di contenuti in modalità differenti.

Il grande salto che ci ha fatto fare il COVID a mio parere è stato di rendere concrete cose che prima erano solo keyword. Ad esempio, la parola “phygital” che ci è stata propinata per anni da società di consulenza ora diventa tangibile. La combinazione fisico / digitale è ora parte della nostra esperienza quotidiana e chi si occupa di entertainment dovrà adattare sistemi, contenuti, processi per migliorare sempre più questa esperienza. Lo sport ad esempio, dove il distanziamento sociale avrà un impatto fortissimo, dovrà trovare sistemi per far vivere da casa o da mobile una esperienza sempre più intensa. Siamo solo all’inizio di questo processo di trasformazione e sono sicuro che vedremo enormi innovazioni in questo campo».

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E a livello tecnologico, avremo delle vere innovazioni nel prossimo futuro o dobbiamo immaginare più uno sviluppo delle tecnologie che già in qualche modo conosciamo, come robot, realtà virtuale e intelligenza artificiale?

«Robotica, VR e AI sono tecnologie su cui si sviluppano le innovazioni. Io penso che queste tre tecnologie continueranno inevitabilmente a crescere e a combinarsi, con robot che saranno “alimentati” da motori di intelligenza artificiale e conterranno strumenti di realtà virtuale o aumentata. Le applicazioni in ambiti come il risparmio energetico, la mobilità smart, la sicurezza informatica saranno infinite.

Pensando alla tecnologia però mi viene in mente un passo della conversazione che, dentro “IAB Game Changers”, abbiamo realizzato tra Corrado Passera e Roberto Cingolani. Roberto ha raccontato di aver portato una volta un bambino in visita all’Istituto Italiano di Tecnologia e di avergli mostrato con orgoglio vari robot umanoidi. Il bambino non aveva mostrato grande stupore di fronte a questi oggetti, mentre invece era rimasto estasiato di fronte ad un “robot centauro” che rappresentava per lui qualcosa che veramente non aveva mai visto.

Questo per me rappresenta bene la nostra grande sfida: non copiare un organismo quasi perfetto come l’uomo, che non riuscirà mai ad essere riprodotto in modo migliorativo, ma usare la creatività per inventare cose nuove, magari facendo errori ma puntando sempre a nuovi traguardi di innovazione. La capacità dei giovani di pensare fuori dagli schemi è il migliore strumento per fare vera innovazione.

Sempre durante “IAB Game Changers” abbiamo fatto parlare persone appartenenti a generazioni diverse. Mettersi in gioco e accettare il confronto con i giovani deve essere a mio parere un punto fermo per chi guida una grande azienda, una amministrazione pubblica o qualsiasi altra organizzazione. I giovani sanno usare la tecnologia per esprimere meglio la propria creatività e non la vedono come una minaccia ma come una naturale estensione della loro vita».

App, streaming e divertimento: le iniziative benefiche più originali durante l’emergenza

  • Tante sono state le iniziative di brand, aziende e no profit per affrontare l’emergenza da Coronavirus.
  • Giochi, app utili e cinema hanno contribuito alla lotta. Abbiamo raccolto alcune iniziative di solidarietà, sensibilizzazione ed azione contro l’emergenza particolarmente interessanti.

 

Bisognerebbe sfruttare periodi come questo che stiamo affrontando affinché il genere umano possa capire appieno il vero significato della parola “insieme“. Solidarietà, altruismo e collaborazione hanno sicuramente avuto un ruolo d’impatto durante questa emergenza. Tante sono state le raccolte fondi, tante le iniziative benefiche a favore dell’emergenza da Coronavirus. Molti tra aziende, professionisti e privati hanno messo a disposizione in maniera gratuita corsi e servizi da offrire a tutte le persone costrette a rimanere in casa.

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Le iniziative che ci hanno fatto compagnia nell’emergenza

Innumerevoli sono state le idee e i progetti messi a disposizione per la lotta al Coronavirus. Partendo dal sostegno alle autorità sanitarie, per garantire l’assistenza medica alle persone contagiate, fino a soluzioni di supporto alle realtà economiche e culturali.

Tra queste abbiamo scelto 3 tra le iniziative più interessanti che ci hanno accompagnato durante l’emergenza da COVID-19.

1. Gamindo, la prima piattaforma che ti permette di donare giocando, senza spendere denaro

3 iniziative a servizio dell'emergenza da Covid-19

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Gamindo è un’app di gioco nata pochi mesi fa, sviluppata da un team composto da 8 ragazzi Under 30, che ha ricevuto già numerosi riconoscimenti, nazionali ed internazionali. Di recente, i due fondatori sono stati inseriti da Forbes Italia tra i Top 100 under 30 nella categoria innovazione sociale. Gamindo è un’app tutta italiana, che permette di convertire il tempo che spendiamo giocando sullo smartphone in donazioni agli enti non profit.

L’app ha visto crescere non solo il numero dei suoi utenti, ma anche il tempo medio speso per utente. Si tratta di un’applicazione, scaricabile gratuitamente da Google Play e App Store, grazie alla quale gli utenti possono giocare a diversi giochi che sono sponsorizzati da aziende che si impegnano ad effettuare una donazione per ogni partita fatta dall’utente al gioco. Hanno già aderito diverse realtà, tra cui Discovery Channel, Pool Pharma, Dolly Noire e stanno per arrivare dei giochi legati a grandi multinazionali.

In questa quarantena molti hanno deciso di passare parte del proprio tempo libero giocando con i videogiochi. Secondo Nielsen infatti, c’è stato un aumento del 45% del tempo speso giocando. Tutto ciò ha fatto sì che gli utenti che usano l’app siano raddoppiati. In seguito a questa esplosione sono già stati raccolti, grazie a centinaia di migliaia di partite, fondi per aiutare gli ospedali di Veneto, Lombardia e Toscana.

La fase più difficile dell’emergenza è ormai finita. C’è però ancora un gran bisogno di iniziative e fondi per la sanità e tutte quelle cause sociali trascurate in questo periodo. Non dobbiamo dimenticare che ci sono anche molte altre emergenze oltre al COVID-19, come ad esempio quella ambientale. Grazie alle partite degli utenti che utilizzano Gamindo, è stato possibile piantare anche 100 alberi con il programma Plant for the Planet.

I due fondatori Nicolò Santin e Matteo Albrizio dichiarano che questo è solo l’inizio. Infatti dopo il recente ingresso di un nuovo investitore nella società, la startup punta a diffondere a più persone possibili questa nuova soluzione di intrattenimento ad impatto sociale dove vincono tutti: le persone che donano senza spendere, le aziende che si possono promuovere in modo coinvolgente e gli enti che possono raccogliere fondi.

Non ci resta che andare a giocare e a donare gratuitamente!

2. CinemAmbiente a casa tua, l’iniziativa benefica con cui lo streaming diventa green

3 iniziative a servizio dell'emergenza da Covid-19

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CinemAmbiente a casa tuaè una rassegna online,  organizzata dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con il Festival CinemAmbiente e al Museo Nazionale del Cinema di Torino, che mette a disposizione di tutti, una selezione di film a tematica green.

L’idea è nata dalla voglia di mantenere alta l’attenzione sui temi ambientali e sulle possibili soluzioni, poiché, a emergenza sanitaria conclusa, secondo gli organizzatori, bisognerà ripartire proprio dalla salvaguardia dell’ambiente.

La piattaforma viene aggiornata ogni tre giorni con un nuovo lungo o mediometraggio. Ogni filmato è selezionato per intrattenere, formare e informare le persone riguardo tematiche complesse come l’inquinamento atmosferico, l’alterazione, ad opera dell’uomo, di habitat ed equilibri naturali fondamentali, l’aumento demografico incontrollato e la globalizzazione. Quale strumento più valido se non il cinema che può sicuramente aiutarci a comprendere meglio tutto ciò.

Gaetano Capizzi, direttore del Festival CinemAmbiente, ha ringraziato: “I distributori e i registi che hanno messo a disposizione gratuitamente i loro film, consentendoci di mantenere un contatto con il pubblico anche in questo difficile momento di distanziamento sociale.”

E ha esteso l’invito anche ad altre associazioni e organizzazioni al fine di favorire una riflessione, oggi quanto mai importante, sui tanti temi ambientali che sono stati messi in correlazione con la pandemia,talvolta con eccessive semplificazioni.

3. Vodafone DreamLab, il Covid-19 si combatte dormendo

3 iniziative a servizio dell'emergenza da Covid-19

DreamLab è un App, creata da Fondazione Vodafone, che permette a tutti di aiutare la ricerca medica, semplicemente andando a letto e mettendo a ricaricare il proprio smartphone. Questa iniziativa, nata nel 2015, ha già sostenuto quattro scoperte, tra cui le proprietà antitumorali di alcuni alimenti e farmaci esistenti. Oggi si propone di aiutare la comunità scientifica nella lotta al COVID-19.

Come? Sfruttando la potenza di elaborazione collettiva degli smartphone.

Nello specifico, il progetto Coronavirus (COVID-19) combina algoritmi di intelligenza artificiale e potenza di calcolo degli smartphone, accelerando la scoperta di nuovi componenti antivirali in prodotti già esistenti con l‘obiettivo di migliorare il trattamento del virus attraverso nuove combinazioni di farmaci e molecole alimentari.

Grazie a DreamLab è, dunque, possibile utilizzare il proprio telefono per alimentare un super-computer virtuale, in grado di elaborare miliardi di calcoli a favore di questa ricerca.

L’uso di DreamLab è molto semplice.

Al primo utilizzo, una volta installata, è sufficiente mettere in carica il proprio smartphone, aprire l’applicazione e, nella sezione ‘Progetti’, selezionare il progetto Coronavirus. A questo punto, dovrai entrare nella sezione ‘Laboratorio’ e cliccare su ‘Attiva Dreamlab’.
Fatto questo, tutte le volte che lo smartphone verrà messo in carica, basterà cliccare su “Attiva DreamLab” nell’Homepage dell’app DreamLab.
L’app è disponibile in tutti gli store e può essere utilizzata dai clienti di tutti gli operatori telefonici. L’unico vantaggio, per i clienti Vodafone Italia, è la possibilità di utilizzarla senza consumare datiSe siete con copertura wifi quindi, non vi è differenza.
Aiutare l’umanità, dormendo…un sogno che diventa realtà!

Conclusioni

cina ed emergenza da Covid-19

L’emergenza sanitaria, una volta terminata lascerà dietro di sè un terribile strascico, fatto di famiglie spezzate, di addii pronunciati in solitudine, di mascherine e camici impregnati di sudore e lacrime. C’è però una cosa, che questo virus ci ha ricordato, l’importanza della comunità. Stare lontani ci ha spinti a cercare obiettivi e sfide comuni per farci sentire più vicini.

Ed è proprio questo sentimento comunitario, il filo conduttore di tutte le iniziative di solidarietà nate in questo periodo. Le tre di cui vi ho parlato ne sono solo un piccolo esempio.

Google Shopping vs Amazon: il sorpasso?

  • La pandemia ha portato ad una consacrazione finale dell’eCommerce come principale strumento di vendita.
  • Sempre più retailer si stanno spostando da un business offline a uno online.
  • Google ha dichiarato il proprio desiderio di aiutare i rivenditori più piccoli, a prescindere dal budget investito su Shopping, ma lo ha fatto anche per contrastare un involontario vantaggio che aveva dato ad Amazon.

 

Google Shopping e Amazon, lo scontro tra titani del digital in campo di vendita online. La situazione in cui ci troviamo ci ha fatto capire quanto sia fondamentale per il nostro successo, la presenza sul web.

Google ha da poco dichiarato che, per aiutare i retailer più piccoli a risollevarsi dopo il duro colpo subito, ha aggiunto alle listing una parte di prodotti date dalle ricerche organiche dei consumatori, a prescindere dal budget speso per la parte di advertising.

Prima di capire quanto questo possa rappresentare una rivoluzione, e una minaccia per il rivale Amazon, è necessario fare un veloce ripasso su come gli investimenti fatti sui differenti canali portino benefici agli inserzionisti.

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Come funziona Google Shopping (in parole semplici)

La piattaforma di Google Shopping è lo strumento a pagamento che consente di promuovere i propri prodotti ai consumatori attraverso il motore di ricerca.

Il funzionamento di Google Shopping non va però confuso con un altro strumento, al quanto famoso, chiamato Google Ads.

A differenza di quest’ultimo, non è possibile inserire delle keyword per far apparire i propri prodotti, ma è necessario curare i propri contenuti e le parole chiave contenute nelle immagini e nelle descrizioni prodotti o categorie, per apparire nelle giuste queries.

Il vantaggio di Google Shopping? mostra ai consumatori i prodotti più rilevanti e aumenta la brand awareness, portando gli utenti sui siti dei brand.

Come funziona Amazon

Amazon è una piattaforma eCommerce che offre ai propri consumatori sia prodotti del proprio marchio sia di altri retailer.

La similitudine principale a Google Shopping è sia quella di beneficiare degli investimenti degli inserzionisti sia di proporre prodotti derivanti solo da traffico organico.

Anche Amazon può beneficiare di investimenti fatti in advertising, qualora un brand desideri che il suo prodotto appaia come scelta principale per il target di consumatori prefissato.

Cosa cambia oggi

Fatta questa premessa, torniamo dunque alla rivoluzione di Google: l’obiettivo dichiarato è quello di proporre soluzioni agili, semplici ed efficaci in un mercato come quello di oggi, in evidente difficoltà in ogni settore.

Inoltre, Google propone una soluzione accessibile anche ai brand più piccoli, permettendo di capitalizzare un investimento minimo con maggiore visibilità.

Ci sono anche altre ragioni dietro la decisione: la prima si chiama investimento incrementale.La speranza è infatti quella che i piccoli brand, a seguito di un minimo investimento, o in assenza di esso, vedano un incremento notevole nell’esposizione e conversione dei prodotti, da essere spinti, in futuro immediato, a spostare gli investimenti verso Google Shopping ottenendo maggiori benefici.

Il problema di Amazon

La scelta fatta da Google rappresenta una “minaccia” reale per il sito di eCommerce più solido al mondo. I motivi sono diversi.

Il primo è che il colosso di Mountain View punta alla debolezza di Amazon: la poca varietà di brand proposti. Non tutti i brand e retailer hanno budget a sufficienza per investire su Amazon e, per di più questo non rappresenta un canale di vendita diretto. Il periodo in cui ci troviamo è strettamente collegato a queste scelte.

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Google Shopping ha il vantaggio di dare, per lo stesso tipo di prodotto o servizio, un’ampia varietà di scelta al consumatore, aumentando le possibilità di conversione.

Il secondo vantaggio di Google Shopping è, come anticipato, la brand awareness: il consumatore di Amazon infatti non cerca un prodotto o un brand specifico, ma quello più utile e meno costoso.

Google Shopping invece offre un accesso diretto ai siti di vendita diretta di ogni brand, rafforzando la fedeltà di un consumatore al marchio e permettendo di incrementare sforzi ed investimenti su contenuti, categorie e miglioramenti della propria piattaforma, tramutandole in maggiori visite, entries e dunque conversion dirette.

Google ha ora annunciato l’aggiunta di annunci organici al suo sito Shopping e ad altre proprietà, con lo scopo di aiutare i rivenditori a connettersi con i consumatori indipendentemente dalla spesa pubblicitaria. Proprio questa mossa potrebbe essere la chiave di un ribaltamento dei risultati di ricerca (che ora vedono una abbondante presenza di prodotti proprio da Amazon) e un duro colpo al business del gigante dell’eCommerce.

Online c’è davvero posto per tutti? Staremo a vedere.

marketing b2b

Le emozioni contano più nel marketing B2B che nel B2C (anche se forse avresti detto il contrario)

  • Nel marketing B2B, 7 aziende su 9 hanno un rapporto emotivo con oltre il 50% dei propri clienti.
  • Fiducia, sicurezza, ottimismo e orgoglio sono le emozioni più rilevanti nel rapporto fornitore e azienda.
  • Buyer Personas, personalizzazione, storytelling e misurazione costante dei risultati aiutano a valorizzare le emozioni.

“Nel Marketing B2B il linguaggio e il tono è formale e freddo, il processo decisionale è lungo e razionale, conta il prodotto e servizio più che il brand che lo vende”, ancora oggi queste convinzioni  attanagliano il mondo B2B, contrapponendolo al marketing B2C, più veloce, impulsivo, empatico ed emotivo.

Come se nel mondo del B2B le persone fossero tutte incravattate, con la faccia di marmo e una barriera emotiva davanti al cliente.

Oltre il fatto che sarebbe costruttivo e utile accostarsi a tutto il marketing e la comunicazione come Human to Human (H2H), le emozioni nel B2B contano tantissimo.

Nel B2B si investe più tempo nel creare relazioni durature e di fiducia con un numero più o meno ristretto di clienti. Molto spesso le relazioni vanno oltre l’automazione online, con telefonate, video call, incontri in presenza. Ogni contatto con il cliente o potenziale tale porta con sé delle emozioni determinanti per la continuazione del rapporto e per il passaparola.

Nei prossimi paragrafi approfondiremo il tema delle emozioni, capiremo insieme quanto pesano e come valorizzarle in una strategia di marketing B2B digitale.

Le emozioni nel marketing B2B

Uno studio di Google, Motista e Gartner ha confrontato il peso delle emozioni nel B2B e nel B2C con risultati che ribaltano ogni convinzione. Gli acquirenti nel B2B sono emozionalmente più legati ai brand rispetto al B2C.

Questi ultimi infatti hanno una connessione emotiva con i clienti dal 10% al 40%, mentre nel B2B per 7 brand su 9 la connessione emotiva sale a oltre il 50% dei clienti.

Marketing B2B

Il motivo principale è che nel B2B ci sono molteplici interazioni tra cliente e brand, in un processo decisionale più o meno lungo (a volte anche di anni), nel quale il potenziale cliente entra in contatto con il brand e diverse persone dell’azienda in molti touch point soprattutto one-to-one.

Per esempio può entrare in contatto prima con il marketing, poi con il commerciale, con l’amministrazione, con il tecnico, con l’assistenza e così via. Anche dalla parte dell’azienda cliente vengono solitamente coinvolte più persone, dai tecnici, ai responsabili, ufficio acquisti, ecc. Ogni persona ha un suo obiettivo da raggiungere, di status, carriera all’interno dell’azienda e la responsabilità di un acquisto giusto o sbagliato può influire emotivamente sul percorso professionale.

Facciamo un esempio pratico.

L’acquisto di un software complesso e con un costo alto per la gestione della documentazione in azienda. Il software promette di aumentare il controllo sui dati, l’organizzazione e la produttività. Le persone coinvolte nell’acquisto si prendono la responsabilità di spesa investendo per un ritorno economico di risparmio costi.  Se l’acquisto dovesse andare male, ne potrebbe risentire la loro reputazione e percorso di carriera, al contrario se andasse bene potrebbero ricevere una promozione. Entrambi sono stati emotivi, da considerare nel momento in cui si propone il prodotto e servizio.

Il referral

Un altro dato da tenere a mente nel marketing B2B è la potenza del referral. L’84% delle decisioni d’acquisto nel B2B iniziano proprio dal passaparola, che influisce con un Coversion Rate maggiore (circa 73%) e un tempo di chiusura acquisto minore (circa 69%). Il passaparola oltre chiaramente alla validità del prodotto e servizio è incentivato dalle emozioni, dall’esperienza positiva che il cliente vive, dal rapporto di fiducia che si viene a creare e lo fa consigliare ad altri, “mettendoci la faccia”.

referral

Il paradosso è che il passaparola è tanto potente quanto scarsamente utilizzato nel marketing B2B. Riprendendo le statistiche di Influive, solo il 30% delle aziende ha un referral program formalizzato.

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Le 4 emozioni rilevanti

Come abbiamo detto, nel B2B le emozioni sono legate alla sfera professionale. Una Survey condotta nel 2019 da B2B International su 2000 Decision maker in organizzazioni europee, statunitensi e cinesi, ha scavato proprio quali tra le principali emozioni che influenzano il processo decisionale nel B2B.

Marketing b2b produttività

L’affinità tra brand e acquirente è importante soprattutto all’inizio e alla fine del buyer journey. Per i fornitori è estremamente importante avere un brand forte nel quale i clienti possano riconoscersi e investire emotivamente.

Sono quattro le emozioni rilevanti, che aumentano per il 50% la scelta di un fornitore rispetto ad un altro:

  • la fiducia rispetto la credibilità del fornitore
  • la sicurezza sulla capacità del fornitore di consegna servizio e prodotto desiderato
  • l’ottimismo rispetto cosa il fornitore potrebbe fare per l’azienda cliente
  • l’orgoglio per la prospettiva di poter collaborare con il fornitore

Analizziamole una ad una.

Fiducia

I tre fattori per creare un senso di fiducia sono:

  • Affidabilità. Il fornitore dovrebbe essere percepito come affidabile, attenersi alle scadenze, essere reattivo, incontrare o superare gli standard del settore e mantenere sempre le promesse.
  • Competenza. Il fornitore dovrebbe mostrare competenza: far vedere che si intende del problema da una parte e fornire una soluzione esperta. La competenza dovrebbe essere rinforzata con contenuti e casi studio per mostrare come il fornitore ha aiutato le altre aziende del settore.
  • Customer experience. Il fornitore dovrebbe offrire un’esperienza “semplice”, senza interruzione e fluida all’acquirente in tutti i touch point.

Sicurezza

I decision maker hanno bisogno di sentirsi sicuri sul prodotto o servizio da acquistare. Vogliono qualcosa che incontri le aspettative, le superi e allo stesso tempo possa fargli fare bella figura con i propri superiori. Una scelta sbagliata influisce negativamente sulla reputazione della singola persona.

Una buona brand reputation come strategia di marketing B2B aiuta a creare sicurezza, oltre ad altri aspetti come il rapporto qualità-prezzo ed entrare in empatia con i problemi e bisogni del cliente.

sicurezza marketing B2B

Ottimismo

Cosa potrebbe fare il fornitore per l’azienda? Il business ne trarrà vantaggio? Il fornitore può aiutare a raggiungere gli obiettivi?

Un fornitore dovrebbe aiutare il cliente a sentirsi ottimista mostrando competenza e comprensione verso le sfide che l’azienda vuole affrontare. Nel marketing si dovrebbe quindi adottare un tono di voce esperto. Riprendendo la metafora del viaggio dell’eroe, il fornitore è la guida che accompagna azienda cliente (eroe) nel suo viaggio per il raggiungimento del tesoro.

Durante i primi step del buyer journey, il fornitore dovrebbe ascoltare attentamente i bisogni del cliente, i desideri e trovare un modo efficace per incontrarli, con un approccio di valore e distinguibile dai concorrenti.

Orgoglio

Un acquirente vuole sentirsi orgoglioso di collaborare con il fornitore e il brand. Naturalmente questo è possibile se il brand è un leader nel settore. Il sentimento di orgoglio può essere raggiunto quando un fornitore mantiene le promesse, è affidabile, rispetta gli accordi, è sempre professionale e dimostra una comprensione autentica del modo in cui l’azienda acquirente lavora.

Inoltre il fornitore dovrebbe essere proattivo e mettere in buona luce l’acquirente davanti all’organizzazione e ai colleghi. Un fornitore proattivo è colui in grado di anticipare i problemi che l’acquirente potrebbe incontrare e offrire soluzioni, anche quando non espressamente richieste.

Un modo per essere proattivi è quello di rimanere costantemente in contatto con i potenziali clienti e rispondere alle loro richieste in modo tempestivo.

L’aspetto emotivo delle Buyer personas

Ora che abbiamo individuato le emozioni, indaghiamo alcuni strumenti e canali per valorizzarle in una strategia digitale di marketing B2B.

Essendo il target di potenziali clienti più “ristretto” nel B2B, possono crearsi delle buyer personas molto più centrate sul cliente tipo, quasi delle vere e proprie persone reali.

LEGGI ANCHE: Per capire i consumatori non basta un approccio data driven, servono le buyer personas

Nel momento in cui si individuano le buyer personas è importante concentrarsi sulle aspetto emotivo, le motivazioni del potenziale cliente, i suoi limiti, le sue paure e avversioni. Questo è il modo in cui possiamo creare empatia con i nostri clienti e portare valore in una strategia di inbound marketing B2B.

Buyer personas

Un altro aspetto da tenere a mente è che le buyer personas sono dinamiche, quello che abbiamo individuato un anno fa potrebbe oggi non valere più. Il consiglio è restare sempre all’ascolto dei clienti, dei commerciali in campo, dell’assistenza, dei tecnici per aggiornare e arricchire i profili delle nostre bujer personas.

Non dimenticare la personalizzazione

Nell’inbound marketing attraiamo le persone sul nostro sito individuando i loro problemi, mostrando una comprensione verso di essi e successivamente accompagnandole passo passo nella loro risoluzione. Questo soprattutto attraverso il content marketing, per esempio in post all’interno del blog aziendale, sulle pagine social, nelle newsletter settimanali, ecc.

Tramite i contenuti offriamo quindi comprensione, fiducia, sollievo, sicurezza e ottimismo al potenziale acquirente in cerca di risoluzioni.

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La sfida è saper bilanciare queste emozioni e direzionarle per ogni step del customer journey. Un modo per farlo è studiare il comportamento del persone sul sito web attraverso strumenti come la marketing automation.

marketing b2b

Per esempio quando un prospect inizia a esplorare il sito web in fase di scoperta, potresti creare una campagna automatizzata che mostra un contenuto informativo rilevante (ebook gratuito, post,messaggio chatbot, ecc.) rispetto al bisogno e preoccupazione che l’utente sta cercando di risolvere trovandosi proprio sulla pagina del tuo prodotto o servizio. Questo mostra al potenziale cliente che è compreso, valorizzato e che il tuo prodotto potrebbe “sollevarlo” dalle sue preoccupazioni.

Un esempio lo troviamo sul sito di Hubspot. Navigando nella sezione Marketing Hub, man mano che scorriamo la pagina, appare sulla destra il chatbot, con questo semplice messaggio “A great marketing strategy starts with the right tools. I can help make sure you’re on the right track. What would you like to do next?” e poi a seconda della risposta fornisce il contenuto desiderato.

Acquisendo il contatto del prospect e utilizzando sempre la marketing automation, è possibile poi sviluppare un percorso su misura del potenziale cliente, con flussi di email, comunicazioni e contenuti altamente personalizzati sul comportamento dell’utente, che passo dopo passo viene accompagnato lungo tutto il customer journey.

Usa lo storytelling, anche nel B2B

Il fornitore è la guida, l’azienda acquirente l’eroe che deve raggiungere il suo obiettivo. Lo storytelling, come metodologia che attraverso la narrazione suscita emozioni, può essere utilizzato anche nel marketing B2B. La difficoltà e l’opportunità di utilizzarlo è capire realmente quali sono le emozioni del prospect.

Un esempio semplice di utilizzo dello storytelling nel B2B è quello di Intercom, azienda software statunitense.

Marketing B2B Intercom

Nella vignetta abbiamo un prima, che mostra un problema con caos, tante persone e strumenti utilizzati per comunicare e un dopo con la soluzione, una comunicazione ordinata, volti sereni e sorridenti. L’eroe ha raggiunto il suo obiettivo grazie a Intercom.

Misura e sperimentazione

Come capiamo se la strategia di marketing B2B che abbiamo messo in piedi sta facendo leva sulle giuste emozioni?

Semplicemente misurando e sperimentando. Cambiare totalmente il proprio sito web, investire molto budget su campagne, o iniziare una nuova strategia di contenuti quando non si hanno ancora a disposizione dati concreti per supportare le azioni può causare grandi perdite di budget e risultati deludenti.

Una strategia di marketing dovrebbe valutare l’impatto di ogni azione con metriche rilevanti e test minuziosi, che spostando elementi e inserendo piccoli cambiamenti aiuta a comprendere cosa porta alla conversione o meno. Un pulsante messo nel posso sbagliato? Un messaggio che non ricalca il il problema?

Analytics Marketing B2B

Uno strumento che può aiutare a tracciare i test e raccogliere i dati è l’Experiment Card, utilizzato nel processo del Growth Hacking per validare le ipotesi e scalare quelle vincenti.

Un altro consiglio per capire se stiamo facendo leva sulle emozioni giuste è tenere sotto controllo i canali non direttamente controllati dal brand con la sentiment analysis come forum, gruppi e profili social, siti di opinione.

Se si stanno ottenendo opinioni negative significa allora che qualcosa sta andando storto. Inoltre puoi acquisire feedback da clienti e prospect inviando periodicamente delle survey nei diversi step del customer journey.

Qualcosa unisce le pubblicità post Covid dei brand (e le rende tutte un po’ simili)

  • In un momento come quello attuale è necessario che i brand facciano sentire la loro responsabilità nei confronti del pubblico.
  • I messaggi dei brand nelle pubblicità post-Covid si fondano su uno scenario universale: comunicando la propria vicinanza, celebrano le emozioni riscoperte, lo spirito creativo, l’adattabilità ed una forza tutta italiana, per una ripartenza consapevole.

 

Avete notato come è cambiato il tono delle pubblicità nelle ultime settimane? I brand stanno comunicando in modo diverso, come è diverso il momento che stiamo vivendo a causa del Covid-19. Dopo il picco di emergenza sanitaria, il lockdown e i divieti imposti per oltre due mesi, entriamo nella Fase 2, una fase di progressiva riapertura in cui ci ritroviamo a fare i conti con una triste realtà emotiva ed economica.

L’Italia sente l’esigenza di una spinta verso la ripresa. Ci siamo fatti forza con la solidarietà, il “sentirci vicini rimanendo lontani”, le connessioni del quotidiano. Ma ora più che mai abbiamo bisogno di identificarci con valori essenziali e con messaggi positivi ed incoraggianti per affrontare questa nuova fase. Così anche la pubblicità segue una sorta di trend del post-Covid (e non solo in Italia).

pubblicità-post-covid-ikea-ninja marketing

I brand che ci accompagnano ogni giorno si connettono con il momento particolare e fanno sentire la loro vicinanza – o meglio – la loro responsabilità nei nostri confronti. Le pubblicità post Covid raccontano le nostre giornate passate in casa alla riscoperta di tante emozioni che avevamo forse messo da parte. I brand riconoscono nella tecnologia il ruolo fondamentale di connessione tra affetti e condivisione alternata tra momenti di svago e attività lavorative.

In questo momento ritroviamo infatti uno scenario “universale” il cui target è ampio, al limite del generico.

Momenti e spazi condivisi

Lo spot Chiquita celebra l’originalità tutta italiana dimostrata durante il lockdown. Una serie di foto e video che dietro un momento storico difficile mostra un vissuto simpatico, espresso da ognuno attraverso i propri spazi e impegnando la propria creatività. Un ringraziamento agli italiani, che non si sono arresi e che con la stessa forza e originalità sono pronti a ripartire. (Agency: Bitmama)

Sulle note della canzone My Favourite Things, Mulino Bianco ci ricorda che la felicità è fatta di piccole cose, dai gesti quotidiani ai piccoli vizi golosi. Le immagini raccontano questi ultimi mesi, ripercorrendo quegli attimi che ci hanno reso protagonisti nelle nostre case, allo stesso modo. Sono proprio questi momenti di positività su cui il brand si fa forza per restituircela, per accompagnarci al ritorno della normalità senza dimenticare di fare tesoro delle belle emozioni riscoperte. (Agency: Publicis)

Così anche Carrefour ci fa compagnia in casa dove, per noi amanti del buon cibo, gli ingredienti non sono un semplice elenco di prodotti ma un insieme di occasioni per tenerci uniti. (Agency: Publicis)

Vicinanza ed empatia anche per Jeep che attraverso i volti dei lavoratori, l’inventiva e lo spirito combattivo degli italiani incita ad un nuovo inizio. L’augurio del brand è quello di una nuova ripartenza, la nostra e quella dell’economia italiana. (Agency: Leo Burnett)

LEGGI ANCHE: Cosa si aspettano in questo momento i consumatori dai brand, secondo Twitter

I brand dunque ci spronano, assicurano la loro vicinanza, promettono di tenerci la mano in questa risalita. Forse per questo, per l’uso di parole rassicuranti, toni e musiche pacate, scene di convivialità, riconosciamo una certa somiglianza tra le pubblicità post Covid.

Del resto in questo particolare momento, l’insight che ritroviamo è lo stesso per tutti, per i diversi brand e anche per noi.

Alcuni spot però, almeno nella narrazione sono riusciti a distinguersi dagli altri, distaccandosi da una esagerata ricerca dell’effetto empatico e da una rincorsa ai buoni sentimenti. 

Pibblicità post-covid: ripartire consapevoli di emozioni riscoperte

Milano è una delle città sfortunatamente protagoniste di questa pandemia. Ma Milano non si ferma: come un leone colpito si rialza fiera, un passo alla volta, con la voglia di rialzarsi ancora più forte.

Il rapper Ghali, tra i diversi quartieri, ci racconta una città ferita, ferma ma impaziente di ricominciare, che si adatta, aspetta, si reinventa. L’alba è quella tanto attesa da una metropoli che si sveglia ancora assonnata ma con la determinazione di ripartire con le sue mille attività. Perché dopo il buio arriva sempre l’alba che si apre in “quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello” (cit. Manzoni, Promessi Sposi). (Agency: TBWA)

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Mentre il mondo è andato in pausa, le emozioni e le esperienze hanno continuato ad esistere in casa con ognuno di noi. Uno specchio di vita, di preoccupazioni, di cambiamento, di amore, di riscoperte raccontate proprio dai nostri spazi più familiari.

Ed è da lì che Ikea ci sprona a ripartire e continuare, anche se in modo diverso, quella vita che almeno dentro casa non si è mai fermata. (Agency: DDB)

Lavazza inneggia al sentimento di un’umanità ritrovata, alla sensibilità individuale che fa eco nella comunità. Il rispetto e la responsabilità verso ciò che è diverso, verso il nuovo e quello che già esiste grazie anche al ruolo della tecnologia e della scienza: queste sono le parole tratte dal discorso finale di Charlie Chaplin nel suo film “Il Grande Dittatore”.

La ricerca di ciò che è giusto per tutti attraverso un consapevole annullamento degli stereotipi e delle prevaricazioni. Sembra strano realizzare che queste parole, attuali più che mai, siano state pronunciate nel 1940. (Agency: Armando Testa)

C’è chi dice basta alla pubblicità post-Covid

Eppure, c’è sempre un rovescio della medaglia. Dopo esser stati bombardati da messaggi rassicuranti, ringraziamenti e celebrazioni di una nuova fase c’è qualcuno che mal sopporta queste pubblicità.

Sui social, da qualche settimana è diventata sempre più forte l’insofferenza verso questa retorica nella comunicazione. C’è infatti tutto un altro pubblico che non si riconosce in queste esagerate coccole dei brand. Un pubblico che prende voce e si rivolge ai brand, sgridandoli.

La campagna si riferisce all’esasperazione spettacolare di molte pubblicità ideate già prima del Covid ma che per alcuni, calza perfettamente con questo momento. (Agency: 5hort)

Orientarsi ai tempi del Coronavirus: come i leader di 6 agenzie stanno ridefinendo la strategia di brand

Questo articolo è stato scritto da Sadie Thoma, Director, Creative Development at Google.

Le agenzie pubblicitarie non sono nuove ai cambiamenti radicali. Sono loro gli esperti cui si affidano i brand per avere una guida attraverso i mutamenti culturali, economici e tecnologici. In questo periodo, sono in molti a vantarsi di essere disruptor, in quanto mettono in discussione lo status quo e sanno orientarsi in questa nuova situazione.

Mentre l’epidemia da Coronavirus si evolve come la forza più dirompente mai vista in tempi moderni, le agenzie stanno aiutando i brand ad affrontare una nuova realtà senza precedenti. In mezzo a tanti rapidi cambiamenti, ora è più importante che mai restare al passo. Per chi si occupa di strategia, questo significa raccogliere i dati in tempo reale, scoprire nuovi comportamenti, ridefinire obiettivi e successi e trovare e creare nuove prospettive veicolate dai dati.

Sei esperti di strategia e leader di agenzie hanno spiegato quali sono le differenze nei modi di affrontare la pianificazione tattica e gli approfondimenti sui dati in questo momento, offrendo alcuni utili consigli per i brand.

Ecco che cosa hanno raccontato a Think with Google.

Sfrutta le opportunità di un totale cambiamento di mentalità

“Molti dei brand che stanno registrando sell-through da record devono passare rapidamente da una mentalità che predilige ‘l’aumento delle vendite dalla sera alla mattina’ a una che si concentra sullo ‘sviluppo del brand nel tempo’. Non si tratta di una sfida nuova, ma la situazione corrente richiede un cambio di prospettiva“, spiega Aki Spicer, Chief Strategy Officer di Leo Burnett.

Trovo che siano i brand con fondamenta solide, vale a dire una forte motivazione e un punto di vista definito, a poter superare questa transizione con facilità. È giunto il momento di dimostrare la nostra motivazione ai nuovi clienti, che forse interagiscono con noi per la prima volta dopo tanto tempo”.

Analytics Marketing B2B

Adatta la tabella di marcia interna in modo che misuri il successo

“Oltre a trovare le parole giuste, aiutiamo i clienti a capire che cosa è meglio fare, esplorando modi significativi di offrire valore concreto.

In questo momento tutti desideriamo ottenere un impatto che richieda il superamento delle misure tradizionali del patrimonio di marca e rifletta il feedback dei clienti, a indicare che abbiamo fatto realmente la differenza. Le misure del successo devono riflettere questo obiettivo”, indica Jonathan Lee, Chief Strategy Officer di Grey.

Investi in “conversazioni autentiche” con persone reali

Christine Chen, Partner, Head of Communication Strategy di Goodby Silverstein & Partners, aggiunge: “Siamo sommersi da dati strutturati riguardanti argomenti seri quali perdita del lavoro e diffusione della malattia. Gli approfondimenti più interessanti, che vertono sulle speranze e sulle emozioni personali, sono più difficili da misurare e spesso ci pervengono sotto forma di ‘focus group di una sola persona’.

Abbiamo bisogno di un maggior numero di dati come questi, ma la loro acquisizione richiede colloqui con i consumatori a scadenza regolare. Le domande da porre devono poi essere simili a quelle che gli intervistati si aspetterebbero da parte di amici o familiari, non da ricercatori di tipo tradizionale”.

Marketing B2B emozioni

Utilizza la strategia di marketing per creare valore là dove è maggiormente necessario

“La triste verità è che la pandemia ha messo in luce le differenze sociali. Ci sono intere comunità e parti della forza lavoro che vivono un’esperienza molto diversa da quella di chi, come noi, ‘lavora da casa’.

Concentrarci su questi gruppi e cercare di entrare in sintonia con i loro sentimenti e il loro modo di esprimersi è forse la cosa più importante che possiamo fare per capire che cosa succede. Una profonda comprensione dei segmenti di pubblico consentirà ai nostri partner di adottare misure che abbiano un vero impatto e apportino un reale valore”, racconta Kelsey Hodgkin, Head of Strategy di Deutsch LA.

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I test sulla creatività ci aiutano a orientarci tra le sfide poste dalla scelta dei messaggi

“Capire come parlare ai consumatori durante un periodo di panico senza precedenti dà la sensazione di camminare sulle uova, ma restare in silenzio è ugualmente rischioso”, spiega Stephanie Bohn, Chief Brand Officer di VidMob.

“È difficile prevedere le reazioni dei consumatori anche in situazioni normali, figuriamoci durante una pandemia. È fondamentale, quindi, affidarsi ai test sulle creatività. I brand hanno bisogno di indicatori in tempo reale per capire che cosa ha maggiore risonanza, in modo da dare forma alle strategie creative e convalidarle oppure, se necessario, aggiustare il tiro”.

Osserva gli indicatori del pubblico per scoprire la nuova normalità

“Ci affidiamo massicciamente ai dati di ricerca come fonte di approfondimento. Di solito possiamo affidarci ai trend anno su anno o al comportamento di ricerca più recente per avere buone indicazioni sul futuro. Purtroppo quando sopraggiunge una crisi dobbiamo reagire in tempo reale alle variazioni del comportamento di ricerca.

La corsa agli acquisti dettata dal panico, ad esempio, causa massicce fluttuazioni e irregolarità. La natura di questa crisi protratta sul lungo periodo rende difficile prevedere l’aspetto della nuova ‘normalità’.

Per aiutarci, cerchiamo di impostare una soglia per queste fluttuazioni e definire in base a questo standard la ‘nuova normalità’, o almeno la ‘prossima normalità’, una volta che le irregolarità tornino a essere considerate alla stregua di anomalie”, conclude Aaron Levy, Group Director, SEM di Tinuiti.

marketing trend salesforce

State of Marketing: trend e insight da un’era di cambiamento globale

La tecnologia spinge oggi le aspettative dei clienti a nuovi livelli e in questo contesto professionisti e responsabili del marketing diventano promotori di relazioni significative ben oltre il primo acquisto.

Sulla scia della pandemia di COVID-19, gli standard di coinvolgimento dei clienti stanno cambiando ancora una volta e i marketer sono in prima linea nell’innovazione, come mostrano i dati raccolti da Salesforce nella sesta edizione della ricerca “State of Marketing”.

Le aspettative e i comportamenti dei consumatori, delle imprese e della società in generale stanno cambiando con una velocità e una portata senza precedenti. I marketer sono sotto un’enorme pressione per rivedere i loro modelli organizzativi e l’uso della tecnologia, per questo l’innovazione è la priorità numero uno nel settore.

Mentre i clienti imparano una serie di “nuove norme”, personalizzazione ed empatia non sono mai state così importanti. La consegna di messaggi e offerte in linea con le esigenze e le aspettative uniche di ciascun cliente richiede una profonda comprensione.

I responsabili marketing stanno cambiando il modo in cui si procurano e gestiscono i dati e stanno incrementando l’uso di tecnologie come l’intelligenza artificiale che li aiutano a sfruttarli al meglio. La crescita nell’adozione dell’AI è pari al 186% dal 2018.

Man mano che le aziende passano dalla comprensione di questa crisi alla ripresa e all’adattamento, i marketer hanno l’opportunità unica di trasformare le relazioni con i clienti in valore commerciale. Tenendo sempre più traccia di metriche come la soddisfazione del cliente, l’impegno digitale e il valore del cliente possono oggi ottenere un quadro olistico di ciò che funziona e ciò che non funziona nel customer journey.

I marketer B2B, infine, hanno un ruolo particolarmente importante nella crescita del business attraverso l’Account-Based Marketing (ABM).

Per scoprire più nel dettaglio gli insight del settore, Salesforce Resarch ha intervistato quasi 7.000 leader del marketing in tutto il mondo.

“Le interviste risalgono a gennaio e febbraio, prima dell’emergenza Covid-19, ma pensiamo che i risultati, alla luce di ciò che è successo, oggi abbiano ancora più valore”, ha spiegato in una conferenza stampa Stefano Cassola, Head Corporate Communications Italia e Spagna di Salesforce.

>> Scarica il sesto report “State of Marketing” di Salesforce <<

marketing trend e insight

Il nodo di Customer Experience e Innovazione

Sono questi i due aspetti che mettono oggi sotto pressione i marketer. Mentre le aziende cercano di connettersi con le persone e di costruire la fiducia in tempi incerti, l’esperienza del cliente è diventata più importante che mai.

L’84% dei clienti afferma che l’esperienza che un’azienda fornisce è importante quanto i suoi prodotti e servizi – in aumento rispetto all’80% del 2018.

Oggi l’88% degli high performer marketer guida iniziative di customer experience nelle organizzazioni, rispetto al 68% degli underperformer. Ma il cambiamento di mentalità e l’esecuzione sul campo sono due cose molto diverse, e molti marketer faticano a far corrispondere le operazioni alle aspirazioni. Meno della metà delle organizzazioni di marketing tiene traccia del customer lifetime value (LTV).

Innovazione significa fondamentalmente adattamento al cambiamento e questo è un punto critico nel momento storico nel quale ci troviamo. Già prima della pandemia COVID-19 , i responsabili del marketing riconoscevano nell’innovazione la loro massima priorità.

L’impegno innovativo in tempo reale non è un’impresa facile, per questo strumenti e tecnologie migliorate completano le principali priorità di marketing del 2020. Tuttavia, i responsabili del marketing riconoscono che raggiungere i loro ambiziosi obiettivi sarà una sfida.

Una rivalutazione dei budget per una nuova era

I budget di marketing erano costituiti da una gamma diversificata di attività che andavano ben oltre la pubblicità. Come tutti i leader aziendali, i CMO stanno ora rivalutando le voci di spesa.

“Ogni leader deve essere adattabile in tempi senza precedenti come questi, quando si pensa alla strategia e al budget. […] Nel breve termine, tattiche come fiere e pubblicità potrebbero essere ridotte o messe in pausa, ma gli investimenti in tattiche come l’ABM, il content marketing e la tecnologia rimangono fondamentali, osserva Phil B. Clement Chief Marketing Officer di Johnson Controls.

“Ora è il momento di riaffermare i fondamenti del brand ai consumatori che si sono fidati di voi prima di COVID-19. Questo è ciò che
dovrebbe guidare qualsiasi strategia di budget e tutte le decisioni di aggiustamento”, spiega Doug Zarkin Chief Marketing Officer di Pearle Vision.

marketing budget

Guardare avanti, ecco i prossimi marketing trend

I marketer – insieme al resto del mondo – si trovano oggi ad affrontare una crisi. Ma con il passare del tempo, il business si riprenderà, la fiducia aumenterà, e un ritrovato apprezzamento per l’innovazione si farà strada. I professionisti del settore si aspettano che i prossimi 10 anni portino grandi impatti di trasformazione dal punto di vista delle nuove tecnologie e ma anche degli sviluppi della società.

“La crisi Covid-19 sta costringendo i marketer italiani a ripensare ogni aspetto della propria attività, dalla definizione delle priorità e delle sfide strategiche, alle competenze tecnologiche e di team di cui avranno sempre più bisogno per migliorare sempre più la customer experience nella nuova normalità”, ha dichiarato Andrea Buffoni, Regional VP di Salesforce Marketing Cloud.

Da un punto di vista tecnologico, i marketer si aspettano che le reti wireless 5G avranno il maggiore impatto sul loro lavoro, ma anche la legislazione e i cambiamenti sociali sono destinati a trasformare ulteriormente il marketing.

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