Il processo di rebranding è un gioco ad alto rischio alla ricerca di un equilibrio tra nuova creatività e tradizione esistente;
Un’organizzazione deve conservare la propria essenza e allo stesso tempo trasformarsi in qualcosa di nuovo ed evoluto
In un mondo in continua evoluzione la capacità di adattamento è necessaria per avere successo. Ciò vale soprattutto per le imprese che vogliono continuamente reinventarsi per cambiare con i tempi e adattarsi alle esigenze dei consumatori sempre in evoluzione. Per molte organizzazioni, questo cambiamento si presenta sotto forma di rebranding.
Nonostante il periodo di emergenza globale, le aziende continuano ad evolversi e ad adattarsi. Scopriamo nel dettaglio i marchi che hanno cambiato la propria identità durante il mese di aprile.
Il rebranding di Esprit
Istituito nel 1968, Esprit è un marchio di moda che progetta, produce e commercializza abbigliamento, calzature, accessori, gioielli e articoli per la casa. Famoso per il suo stile colorato e divertente tipico degli anni ’80, Esprit si è adattato a ogni decennio da allora con la sua visione di “positività essenziale”.
Fondato in California, attualmente ha 761 negozi al dettaglio gestiti direttamente e oltre 6.300 punti vendita all’ingrosso in 40 paesi. Di recente, il marchio ha introdotto una nuova identità disegnata da Pentagram New York.
Non ci sono differenze facilmente distinguibili tra il vecchio e il nuovo logo. Una nota più che positiva questa, in quanto Esprit è uno dei marchi più iconici della moda, cambiarne gli accenti sarebbe stato quasi un sacrilegio.
Ad ogni modo, le piccole modifiche apportate semplificano alcune lettere e aprono la spaziatura complessiva della scritta. Il nuovo logo si adatta perfettamente a tutte le campagne, stampa e digitali, nonché alle nuove etichette e alle shopping bag.
L’identity system presenta un nuovo carattere tipografico ispirato all’iconico logo dello stencil “ESPRIT” e riporta in auge l’utilizzo dei colori vivaci. La nuova identità è dinamica e può essere accuratamente declinata su tutti i punti di contatto, dalla più semplice alla massima espressione del brand.
Per la prima volta, il logo si trasforma in un carattere tipografico completamente personalizzato, l’ESPRIT Stencil.
Le lettere maiuscole e minuscole, che racchiudono lo spirito del marchio, ora possono essere mescolate per lanciare diversi messaggi.
La tipografia è accompagnata da un approccio radicalmente semplice ma efficace, basato su una palette nuova di colori. Il metodo, altamente sistematizzato, introduce una ruota di 72 colori che offre una vasta gamma di possibilità.
Il team di Pentagram ha creato una guida completa per lo stile del marchio che copre tutto, dai cartellini alle etichette, dai bottoni alle cerniere, sino alla carta velina e al nastro.
Il colore può essere applicato in modo selettivo sulla confezione con adesivi giocosi. Il quadro di identità coerente si estende ai sotto-marchi per le linee di prodotti edc, Esprit Sport, Esprit Jeans ed Esprit Kids, nonché a un sistema di icone personalizzate per l’iconografia digitale.
Il nuovo aspetto fluido di Microsoft Bing
Negli ultimi due anni Microsoft ha aggiornato molte delle sue icone per renderle in linea con il suo Fluent Design System. Un processo che mira a creare semplicità e coerenza su tutte le piattaforme.
Il motore di ricerca Bing è l’ultimo dei servizi ad attuare un processo di rebranding Fluent e i risultati sono impressionanti.
Il motore di ricerca di Microsoft ottiene un nuovo aspetto fluido e mantiene la “b” minuscola immediatamente riconoscibile, ma perde i bordi taglienti a favore di un design più curvo. Il vecchio look rigoroso e geometrico, lascia il posto a un nuovo aspetto, più elegante e di classe. Anche se il cambiamento della nuova versione appare come un semplice rinnovamento, l’effetto è ben più profondo.
Non possiamo negare che il nuovo logo di Bing sia in linea con l’aspetto uniforme e moderno che Microsoft sta cercando di dare a tutti i suoi programmi.
Tuttavia, il nuovo logo non è ancora visibile a tutti, e non ci sono notizie su quando sarà pienamente operativo. La società sta facendo un A/B test per provare il nuovo logo con un numero limitato di utenti.
Sicurezza e piacere: Trojan presenta nuovo logo e nuovi packaging
Trojan promuove una vita sessuale sicura, sana e divertente. Dai preservativi ai vibratori passando per i lubrificanti, da oltre 100 anni l’azienda fornisce prodotti innovativi e di alta qualità per offrire piacere e protezione.
Ad aprile, il brand ha rinnovato il suo sistema visivo con un logomark semplificato, decidendo di abbinare un nuovo senso di sicurezza al gioco, grazie all’introduzione di una nuova gamma di pack dal design colorato.
L’aggiornamento del marchio è stato realizzato dall’agenzia creativaDragon Rouge, che ha avuto il compito di spostare la percezione dei clienti dei preservativi come semplici dispositivi di “sicurezza ed efficacia” in catalizzatori di piacere.
La nuova identità del marchio trasmette forza, fiducia, prestazioni e mascolinità.
Il nuovo marchio trova perfetta applicazione nella confezione dei preservativi Trojan, dove il logo è stato razionalizzato in modo tale che la ‘A’ non sia più alta delle altre lettere e la ‘N’ non segua lo stesso ritmo.
Oltre a ciò, è stato aggiunto un livello serif alla “J” per bilanciarla alla ”T”.
Una serie di nuove trame per la mascotte Trojan che prende vita nelle 30 varietà di preservativi e continua a rappresentare la fiducia del marchio, ponendo maggiore enfasi sulla sensazione di eccitazione.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/05/rebranding-microsoft-bing-esprit-trojan-3.jpg6671200Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2020-05-04 17:30:112021-07-21 15:03:16Rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan
Le strette di mano, le pacche, darsi la carica, battere le mani, abbracciarsi forte, stare insieme, i tocchi affettuosi, le coccole. “Ode to close”, titolo in inglese, è un inno alla vicinanza responsabile, un mini-film con una serie di immagini toccanti che ci mostra tutti quei gesti che fino a ieri davamo per scontati e che adesso ci mancano, ricordandoci quanto sia bello stare vicini.
Adesso, però, per stare accanto alle persone alle quali vogliamo bene dobbiamo stare separati e rispettare le norme stabilite, perché ora più che mai essere responsabili fa davvero la differenza. “Separati. Ma insieme” è il messaggio alla fine del video.
Un nuovo modo di socializzare responsabilmente e un messaggio di speranza al centro della nuova campagna promossa da Heineken® per vivere insieme, anche se distanti, questo lungo periodo di isolamento forzato.
La birra è nella mente di tutti sinonimo di socializzazione, un momento conviviale da condividere con gli amici, quasi un rito, e adesso che milioni di persone in tutto il mondo sono costrette a stare separate o, in alcuni casi, in isolamento, comprendiamo ancora di più il valore della nostra vita sociale. È giusto voler stare insieme, ma va fatto in modo responsabile, rispettando le distanze.
Heineken® ha una lunga storia di brand che promuove comportamenti responsabili. Campagne globali come “Enjoy Heineken Responsibly” e “When You Drive, Never Drink” promuovono in maniera creativa stili di vita che impattano positivamente e in modo concreto sulle persone. Così anche in questa nuova campagna curata da Publicis Italy, ha voluto mostrare alle persone di tutto il mondo che cosa significa #SocialiseResponsibly: rimanere distanti e seguire le linee guida e le normative delle autorità competenti in ogni momento, usando anche intraprendenza e creatività.
La campagna è stata lanciata a livello globale nei giorni scorsi ed è on air a partire dal 2 maggio anche sulla TV italiana con uno spot da 30 secondi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/05/heineken-campagna-socializza-responsabilmente.jpg332693Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2020-05-04 16:46:212020-05-04 16:46:30La campagna di Heineken “Ode to close” è un inno alla vicinanza responsabile
Empatia, creatività e innovazione sono le parole chiave che permettono di andare avanti e di portare cambiamenti per prepararsi al futuro;
Per un brand la vera sfida del momento è qualcosa che finora abbiamo dato per scontato: comunicare.
Questo virus ha stravolto e probabilmente continuerà a cambiare la nostra vita nei prossimi anni. In bene o no questo lo deciderà il futuro; il punto vero sta nel cercare sempre un lato positivo anche nella situazione più buia.
Forse sembra una frase fatta, ma a volte gli scossoni possono portare nuove idee, bisogni e modi di fare differenti, magari migliori del passato.
Parlando di brand e di marketing in questo periodo conta esserci. Esserci per i propri clienti, mettendo conversion e revenue in secondo piano.
Parliamo anche qui di un’opportunità; quella di farsi conoscere per quello che si è, per i propri valori. Costruire brand awareness in un periodo così complesso potrebbe quasi sembrare folle, eppure può essere il primo vero passo per ricominciare e gettare le basi per il ritorno alla normalità, se così potremo chiamarla.
Non smettere di comunicare, ma non over comunicare
La prima azione da compiere è non scomparire; se fino al giorno prima le vostre promesse erano quella di creare engagement, non potete pensare di lasciare soli i vostri clienti in questo momento.
Oggi è molto importante essere attivi, senza esagerare, per consolidare la fiducia data nei vostri valori e nel brand o anche, perché no, trovare nuovi follower, potenziali consumatori di domani.
Cambiare il vostro piano di contenuti può aiutarvi a pensare in modo nuovo, a concentrarsi su attività e post che prima potevano sembrare troppo azzardati: pensiamo a workshop o allenamenti online, alle dirette su Instagram.
I brand stanno riscrivendo il modo di comunicare e di interagire con tutti, gettando solide basi per le attività future.
Importante però non andare alla cieca e avere fin da subito chiari i punti di forza della propria identità di brand, investirci e puntare su un piano di contenuti chiaro, flessibile e reattivo ma non eccessivamente volubile, così da consolidare la brand awareness e non creare confusione.
Il secondo punto è non terrorizzare i propri utenti con messaggi cupi, o tristi. Non è ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento. Ma nemmeno ignorare la situazione e avere toni eccessivi.
Questo è davvero il tempo di essere empatici; parlare con gli utenti mostrandosi a conoscenza della gravità della situazione e anche dello stress che questa può causare loro, senza gettare panico, ma tranquillizzando e proponendo alternative di intrattenimento o modi di comunicare che permettano a tutti di imparare cose nuove, evadere dalla realtà o pianificare già il prossimo futuro.
Promozioni o non promozioni?
I brand non possono dimenticarsi del business, ora più che mai. I numeri parlano di contrazioni di consumi, e con negozi chiusi e con stock invenduto la vendita online è l’unica vera opportunità in questo momento. Inoltre i consumatori non sentono necessità di spendere per abbigliamento, cosmetici, prodotti di consumo.
Le promozioni sono l’unica leva vera capace di smuovere i consumi, ma non bisogna eccedere, per non perdere credibilità e per non cambiare per sempre l’immagine del brand.
Sarebbe più corretto costruire calendari che tengano conto di promozioni ma anche di periodi a prezzo pieno, in cui comunicare, in modo soft, le novità, o puntando su categorie (come comfy apparel) più adatte al periodo e che possano essere interessanti lato consumatori.
Il Covid-19 ha creato sicuramente una situazione molto difficile per noi, per i nostri cari, per il mondo intero. Ma può essere una grande chance per noi come persone e per i business e brand per cui lavoriamo o che amiamo, per rinascere e creare innovazione per il “dopo”, qualunque forma abbia.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/05/comunicare-ai-tempi-del-coronavirus.jpg6521113Harukahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngHaruka2020-05-04 16:06:372020-05-06 16:51:49Cosa fare (e cosa non fare) per comunicare ai tempi del COVID-19
È un dato di fatto: le aziende che assumono donne sono più produttive, ciononostante il gender gap continua a persistere;
Le insicurezze e gli stereotipi influenzano i percorsi lavorativi delle donne nel settore tech;
Il report della Commissione europea dimostra che gli uomini – a parità di esperienza – valutano con più ottimismo le proprie competenze rispetto alle donne.
Prima di approfondire la tematica “donne in tech”, è necessario citare gli studi della Columbia University secondo i quali aziende con alte percentuali di dipendenti donne superano i loro concorrenti in termini di redditività. Nonostante ciò, posizioni di vertice, promozioni e salari più alti non sono equamente distribuiti tra i generi. I motivi attribuiti al divario sono diversi, tra cui le barriere burocratiche e le differenze culturali. Numerosi studi, inoltre, dimostrano come la carenza di fiducia nei propri mezzi delle donne le spinga spesso a sottovalutarsi e a frenarsi.
Al giorno d’oggi, nel settore della programmazione, le developer di sesso femminile sono sotto-rappresentate. Il digital report conferma il cosiddetto “confidence-gap” ovvero che le donne – a parità di anni di esperienza dei colleghi maschi – sottovalutano le loro capacità. Su una scala da 1 a 10, più del 70% dei developer maschi hanno valutato le loro abilità nella programmazione con voto 7 o più, mentre solo la metà delle donne ha scelto di darsi un voto uguale o superiore al 7.
Statistica tratta dal report della Commissione europea “women in the digital age”
Gli stereotipi di genere hanno fatto sì che le donne tendano molto meno degli uomini a pubblicizzare i risultati ottenuti.
La scrittrice e giornalista di ABC News Claire Shipmann, nel suo libro “The Confidence Code”, racconta che inizialmente giustificava il suo successo avuto come corrispondente della CNN con un semplice “sono solo fortunata”, essendosi trovata a suo parere nel posto giusto al momento giusto.
Inconsciamente credeva che i suoi colleghi di sesso maschile, in quanto più sicuri di sé, dovessero parlare di più in televisione rispetto a lei. Ma erano davvero più competenti?
Donne in tech: l’insicurezza alla base delle scelte lavorative
La carenza di fiducia femminile è sempre più quantificata e documentata. Nel 2011, l‘Institute of Leadership and Management, nel Regno Unito, ha effettuato un sondaggio tra i dirigenti britannici sulla fiducia che hanno nelle loro competenze. La metà delle donne intervistate ha espresso dubbi su prestazioni lavorative e carriera, rispetto a meno di un terzo degli intervistati di sesso maschile.
Hewlett-Packard (HP) diversi anni fa ha condotto degli studi per cercare di capire come portare più donne nelle posizioni di vertice. La revisione dei documenti interni ha rilevato che le donne assunte da HP hanno presentato domanda di promozione solo quando ritenevano di soddisfare il 100% delle qualifiche elencate per la posizione offerta. Gli uomini invece erano felici di candidarsi quando pensavano di poter soddisfare il 60% delle esigenze lavorative. Vari studi antecedenti a quelli di HP confermano l’ipotesi che la maggioranza degli uomini, seppur sotto-qualificati e sotto preparati per una certa mansione, non pensano due volte prima di lanciarsi in una nuova sfida.
Il cosiddetto “sesso debole” in realtà non lo è. È forse debole chi passa ore ed ore in sala parto per mettere al mondo un figlio? È debole colei che mensilmente si reca al lavoro seppur abbia il ciclo con forti dolori mestruali? È debole chi giostra famiglia-lavoro-casa?
Storia di una donna in tech: Mada Seghete, dal fallimento al successo
La carriera di Mada Seghete, oggi CEO di una startup della Silicon Valley, è iniziata quando ha lasciato la sua città natale in Romania per studiare ingegneria informatica negli Stati Uniti. Rimasta poi all’università per ottenere anche un master in economia aziendale, il suo primo tentativo di avviare un’azienda è stato un fallimento, ma proprio in quel momento di crisi ha scoperto una lacuna sul mercato, trasformando così la sua impresa.
Seghete racconta d’aver trovato equilibrio e supporto in gruppi di imprenditrici, dove ha potuto esprimere liberamente dubbi e insicurezze.
“Credi nel fatto di potercela farce. Credi che solo il cielo sia il limite. Credi che puoi fare più di quanto pensi di poter fare”.
In questa video-intervista racconta la sua carriera come donna in tech.
Il femminismo non è contro il genere maschile
Il femminismo ideologicamente non combatte per togliere diritti al genere maschile, ma combatte per ricevere equamente gli stessi diritti.Scende in strada anche per i diritti degli uomini, dei padri. Perché anche i neo-papà, al giorno d’oggi, non possono automaticamente prendersi un periodo di paternità, a meno che le circostanze non lo richiedano.
Ciononostante, molte persone alla parola “femminista” storcono ancora il naso o rispondono con un semplice “il mondo ha altri problemi”. Parlando di problemi, vogliamo citarne solo alcuni:
I dati del rapporto Eures 2019 su “Femminicidio e violenza di genere” mostrano che in Italia nel 2018 sono state 142 le donne uccise, +0,7% rispetto all’anno precedente, il valore più alto mai censito in Italia;
Il senato del Missouri nel 2019, composto maggiormente da uomini, ha deliberato che l’aborto dopo la 6a settimana rappresenta un reato, anche di fronte a stupro o incesto. Un giudice federale ha poi bloccato l’entrata in vigore della norma.
Il gender gap persisterà nel mondo in media per altri 99 anni. In Italia ci vorranno circa 54 anni per superare il divario;
Oggi, oltre ai femminicidi e alle violenze domestiche, non mancano innumerevoli episodi di insulti e l’uso di linguaggi violenti. Non basterebbe un articolo per completare la lista. L’avversario dei femministi e delle femministe non sono dunque gli uomini, ma è un sistema di ideologie discriminatorie.
La società odierna educa maggiormente le bambine ad essere gentili, perfette e diligenti, mentre i bambini ad essere più forti e più combattivi, ad avere successo, ad osare. I media, i libri e le pubblicità negli scorsi anni – con le dovute eccezioni – suggerivano alle bambine di aspirare ad una vita da principesse in attesa di un principe che le salverà. Ai bambini invece ad essere forti come i supereroi. L’esperimento della BBC spiega come gli stereotipi di genere possono involontariamente educare i bambini e le bambine a comportasi in un certo modo.
Insegniamo il coraggio, non la perfezione
Reshma Saujani, una delle più conosciute donne in tech, CEO e fondatrice di Girls who code, insiste sull’importanza di educare ogni ragazza a essere coraggiosa: è necessario uscire dalla logica della perfezione, perché è proprio questo tipo di educazione che favorisce atteggiamenti arrendevoli ed eccessivamente prudenti. “Dobbiamo insegnare loro ad avere fiducia, a osare e a credere nelle proprie capacità. È ormai famoso il discorso tenuto da Saujani al TEDx, da vedere e rivedere:
“Insegnate alle giovani donne il coraggio piuttosto che la perfezione”.
Anche il detto “dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna” è fuori luogo, non è più al passo con i tempi. Le grandi donne hanno diritto di stare affianco ad un grande uomo, non dietro. (Per par condicio: I grandi uomini hanno diritto di stare affianco ad una grande donna, non dietro).
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/donne-in-tech.jpg10801920Marina Nardonhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMarina Nardon2020-05-04 10:47:342020-05-05 17:59:29Nel tech per le donne ci sono ancora stereotipi da abbattere e insicurezze da vincere
Nel pieno del lockdown il mondo dell’arte si mobilita per aprire (virtualmente) le porte agli spettatori con tour virtuali, mostre online, realtà aumentata e applicazioni dedicate, accessibili per grandi e piccini;
Dalla Pinacoteca di Brera a Milano al Met di New York, al Louvre di Parigi e molti altri;
Tante anche le iniziative per stimolare e condividere il proprio estro creativo, sfruttando l’arte come mezzo per restare uniti e vicini, anche durante questa fase di distanziamento sociale.
Nonostante tutto, l’arte non si ferma. La pandemia di COVID-19, che ci vede ormai da molte settimane chiusi nelle nostre case, ha costretto anche musei e gallerie d’arte a chiudere i battenti per frenare il contagio. Molte esposizioni e mostre, in ogni parte del mondo, sono state cancellate oppure rimandate al prossimo anno.
Eppure, in questo quadro forse un po’ desolante, si moltiplicano le iniziative che artisti e musei hanno messo in piedi in poco tempo per portare arte e cultura nelle case degli appassionati, sfruttando tutte le occasioni rese possibili da internet e dalla tecnologia. Le istituzioni di tutto il mondo si stanno infatti spostando dai loro spazi di gallerie fisiche a piattaforme digitali per condividere le opere d’arte.
Alla base di tutto c’è Internet e la voglia di non arrendersi, in attesa che tutto passi. Se infatti l’isolamento sociale può portare a percepire una sorta di disconnessione dal mondo reale, Internet e le tecnologie digitali sono gli strumenti che ci permettono di sentirci più vicini e connessi che mai.
9 musei da visitare stando a casa: tour virtuali e collezioni online
Mentre il lockdown prosegue, e più della metà della popolazione del nostro pianeta è costretta a stare a casa, molti grandi musei aprono (virtualmente) le loro porte agli appassionati d’arte con tour virtuali e collezioni online.
Ecco qui qualche progetto degno di nota.
1. Pinacoteca di Brera di Milano
Il museo milanese ha sviluppato MyBrera, un progetto di visite ad hoc che permette a chiunque di ammirare i tesori custoditi nella Pinacoteca attraverso i ritratti scattati da James O’Mara. Il percorso della visita è articolato intorno ad opere, oggetti e luoghi selezionati da ogni membro della squadra del museo in modo da garantire “l’accesso al museo e alla biblioteca, in attesa che quest’ombra passi”.
Una nota della Pinacoteca di Brera di Milano promette – “Quando accadrà, saremo ancora più ‘smart’ e più impegnati a tutelare e valorizzare il nostro patrimonio. Così facendo non tradiremo il nostro passato né il nostro futuro”
2. Galleria degli Uffizi di Firenze
Per mantenere le sue porte aperte la Galleria degli Uffizi si è invece affidata a Ipervisioni. Sul sito del museo è possibile fare un tour virtuale e scoprire i capolavori delle collezioni e la loro storia, navigando tra spunti suggestivi e immagini in alta definizione delle mostre virtuali proposte dallo staff.
3. Musei Vaticani di Roma
Sono sette i tour virtuali messi a disposizione dai Musei Vaticani per godere, restando a casa, delle meraviglie contenute nei musei capitolini. I sette percorsi sono disponibili sul sito del museo: dalla Cappella Sistina al Museo Pio Clementino, dal Museo Chiaramonti al Braccio Nuovo, dalle Stanze di Raffaello alla Cappella Niccolina, fino alla Sala dei Chiaroscuri. Online il visitatore può esplorare ciascuno di questi ambienti, muovendosi in ogni direzione e focalizzandosi sui particolari anche minimi delle singole opere, riprodotte ad alta definizione.
Quotidianamente, inoltre, l’account Instagram ufficiale @vaticamuseums propone dettagli dei capolavori vaticani accompagnati da brevi didascalie che aiutano a comprendere storia e significato di tante opere, più o meno conosciute.
4. Museo Archeologico di Atene
Tra i più importanti musei archeologici del mondo, il Museo Archeologico di Atene sul proprio sito mette a disposizione sia il tour virtuale, realizzato attraverso Google Street View, sia le collezioni con foto delle opere esposte corredate da ampie didascalie. Una seconda applicazione disponibile sul sito del museo, parthenonfrieze, analizza e mette in luce in modo erudito e con chiarezza il capolavoro scolpito da Fidia: il Fregio del Partenone. Rivolta agli studiosi di archeologia, al pubblico in generale, ma anche ai bambini (con un gioco educativo appositamente sviluppato per loro), l’applicazione è stata messa a punto con delle fotografie di tutti i blocchi del fregio che in seguito furono corredate da didascalie in greco ed in inglese.
La terza applicazione presente sul sito del museo è “Athena, Goddess of the Acropolis”, (Atena, Dea dell’Acropoli). Dedicata alla Dea greca, presenta in modo interattivo una selezione di oggetti dalla collezione del museo che raffigurano Atena. Si tratta perlopiù di dediche, offerte dei devoti alla dea (statue di piccole dimensioni, rilievi e ceramiche) ma anche di alcune delle più importanti sculture architettoniche dell’Acropoli che hanno come soggetto temi tratti dalla mitologia della dea Atena.
I più piccoli possono invece divertirsi con “Color the Peplos Kore” (Colora la Kore col peplo), un gioco educativo digitale che invita i ragazzi a dipingere a seconda del loro gusto la Kore, per poi stampare o salvare il loro lavoro.
5. Museo del Prado di Madrid
Anche il Museo spagnolo del Prado di Madrid, che custodisce una delle più vaste collezioni e che raccoglie opere di pittura e scultura dal X al XIX secolo, mette a disposizione dei visitatori le collezioni sul proprio sito.
6. Louvre di Parigi
Sul sito del museo francese è possibile scegliere di visitare virtualmente 4 sezioni: La Petit Galerie, dove ora è in corso una mostra con opere di Delacroix, Rembrandt e Tintoretto, la collezione permanente con l’immensa sezione egizia, i resti del fossato del Louvre ed infine la Galerie d’Apollon, distrutta da un incendio nel 1661 e poi ricostruita da Le Vai.
7. British Museum di Londra
In questo blog il British Museum indica 11 modi per visitare il Museo da casa: dai tour con Google Street View, ai podcast e alle gallerie virtuali.
Per Hartwig Fischer, direttore del British Museum, è importante riuscire a mantenere vivo il dialogo con i visitatori:
È assolutamente fondamentale avere ancora un facile accesso alla cultura. Abbiamo i mezzi per impegnarci: li troviamo nella storia, nelle culture del passato, nelle culture del presente. E, se si parla del British Museum, si parla di come le persone negli ultimi due milioni di anni hanno affrontato grandi sfide, sfide sanitarie e altre ancora e ne sono uscite vincenti.
8. Metropolitan Museum di New York
Tra i più famosi musei della grande mela, il Met offre tour mozzafiato dei più grandi spazi.
Nella città di New York sono tante le possibilità per gli appassionati di arte che non vogliono rinunciare ad ammirare le opere più famose della città. Sono infatti diverse le gallerie d’arte che stanno creando percorsi virtuali online:
David Zwirner Gallery con la mostra delle foto psichedeliche di “James Welling, Pathological Colour”
Artsy: Uno dei siti web più visitati al mondo dell’arte per notizie e aste. Attualmente, Artsy sta celebrando il Mese della Storia delle Donne con una serie di spettacoli di artisti donne selezionate da altre artiste femminili più affermate.
9. L’Ermitage di San Pietroburgo
A partire dal 26 marzo L’Ermitage di San Pietroburgo ha reso disponibili 10 tour virtuali dedicati alle collezioni italiane conservate nel museo in lingua italiana. L’obiettivo, spiega il direttore del museo Michajl Pjotrovskij, è creare un ponte tra Italia e Russia in un momento di grande difficoltà.
Tanti i tesori, anche Italiani, in mostra nella reggia imperiale, che per due secoli ospitò le famiglie degli zar Romanov, e che svela i suoi tesori da Caravaggio, Leonardo, Filippo Lippi, Raffaello, Velazquez e Canova, fino agli impressionisti e a Pablo Picasso.
L’arte entra nelle case grazie alla realtà aumentata
Sebastian Errazuriz, insieme all’artista Zander Eckblad ha sviluppato All Show, una piattaforma che mette in comunicazione gli artisti, che vi caricano le proprie opere, e gli appassionati d’arte, che possono vederle in anteprima direttamente nel proprio salotto di casa grazie alla realtà aumentata.
Gli spettatori possono vedere le opere d’arte direttamente dal loro telefono. Una volta trovato quella di loro interesse, è sufficiente selezionare “see in AR” per vederla apparire all’interno della propria casa, proprio accanto alla poltrona oppure al tavolino da caffè. All Show non è solo una piattaforma commerciale. Unendo arte e tecnologia è stato possibile portare l’arte a casa delle persone e realizzare una straordinaria esposizione online, in cui i confini tra mondo reale e realtà virtuale sfumano.
Sebastian Errazuruz, designer e artista nato in Cile ma cresciuto a Londra, pensa che proprio grazie alla pandemia le persone svilupperanno nuovi modi per essere creativi.
La pandemia inaugurerà una nuova ondata di espressione creativa” afferma l’artista. “La realtà aumentata distruggerà il mondo dell’arte e del design nello stesso modo in cui le piattaforme digitali hanno distrutto l’intera industria musicale, i nuovi media o l’industria cinematografica.
Spunti per stimolare la creatività durante il lockdown
E se guardare non basta, Artwork Archive, piattaforma di inventario d’arte utilizzata dagli artisti per mostrare le loro opere d’arte, ha lanciato una sfida: #artuniteschallenge. L’obiettivo è raccogliere stimoli e suggerimenti artistici per condividere il proprio estro creativo e coltivare la comunità attraverso, l’arte taggando @artworkarchive su Instagram e usando l’hashtag #artuniteschallenge.
In questi giorni in cui si è più che mai soli, e lontani dalle proprie comunità, Artwork Archive suggerisce di usare l’arte per restare uniti e vicini, annullando così gli effetti del distanziamento sociale.
Ecco alcuni degli spunti creativi raccolti per stimolare la creatività durante il distanziamento sociale. Li potete trovare tutti sul sito di Artwork Archive.
Fai un tour virtuale di un museo. Seleziona il tuo lavoro preferito e ricrealo con uno stile diverso
Scrivi “gioia” o “gratitudine” nel mezzo di una pagina e disegna tre cose che ti portano piccole gioie o momenti di gratitudine durante questo periodo.
Fa’ come Monet con le sue ninfee: dipingi lo stesso soggetto in diversi momenti della giornata.
Crea un dipinto astratto per esprimere e condividere le tue emozioni.
Share the love: condividi 5 immagini di opere dei tuoi artisti preferiti.
Scegli un colore o un materiale che normalmente eviti ed usalo per creare un’opera d’arte.
Scrivi una lettera al futuro te stesso.
Prova a dipingere con caffè, dentifricio, vino o altri materiali non convenzionali.
Ricrea una scena oppure un momento del tuo libro preferito.
Usa i rotoli della carta igienica per creare un’opera d’arte.
Non serve un artista per fare arte. O almeno così la pensa Sarah Urist Green, curatrice e ideatrice del programma online The Art Assignment nel quale gli artisti incoraggiano gli spettatori a imitare i propri esercizi creativi.
Nel suo libro,You Are an Artist: Assignments to Spark Creation, spiega proprio questo, invitando le persone a esprimere se stessi attraverso l’arte senza farsi bloccare dal giudizio degli altri, da titoli di studio o da materiali fantasiosi.
Ecco dunque 5 progetti del libro che chiunque può realizzare, senza bisogno di esperienza o di materiali particolari.
1. Shadow Portrait
2. Fake Flyer
3. Contructed Landscape
4. Lost Object
5. Intimate, indispensable, gift
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/arte-virtuale-coronavirus.jpg574826Kumikohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngKumiko2020-05-01 12:20:102020-05-01 12:28:36L’arte al tempo della pandemia: tutti i musei e le mostre da visitare (virtualmente)
Ci sono bisogni del tutto nuovi, come quelli di evitare i contatti sociali, che hanno dato un ulteriore slancio alla trasformazione digitale delle nostre vite, anche lavorative;
Oggi, complice la diffusione improvvisa del concetto di smart working, possiamo lavorare seduti in poltrona e completare la stesura di piano editoriale, o programmare un sito, anche dopo cena;
Chi inizia una carriera nel digitale oggi deve assolutamente tenere a mente alcune qualità essenziali come flessibilità e curiosità, senza dimenticare che quella digitale è innanzitutto una rivoluzione culturale.
Anni fa, da ragazzini, sognavamo ad occhi aperti sfavillanti carriere in qualche ambito lavorativo futuristico, qualcosa che non esisteva ancora, ma che avrebbe cambiato per sempre le regole di gioco del mondo degli affari.
Crescendo, abbiamo visto cambiare il concetto di lavoro così come lo conoscevamo e come lo intendevano i nostri genitori. Tra globalizzazione, crisi economiche e avanzare della tecnologia, il mondo ha subito rivoluzioni che ci hanno investito in ogni ambito, trasformando la percezione di noi stessi e dei rapporti che instauriamo con l’esterno. Il lavoro è cambiato, e ancora sta cambiando, insieme a noi, insieme alle nostre necessità, ai nostri desideri e cerca di adeguarsi a ritmi sempre più veloci. Ma oggi sappiamo che non si tratta solo di ritmi: ci sono bisogni del tutto nuovi, come quelli di evitare i contatti sociali, che hanno dato un ulteriore slancio alla trasformazione digitale delle nostre vite.
Anche se il periodo che stiamo vivendo ci tiene con il fiato sospeso, ci fa sentire bloccati in una dimensione surreale in cui non riusciamo nemmeno a scandire gli attimi del presente, le lancette della rivoluzione digitale corrono veloci, e sembrano aver addirittura accelerato.
Come la rivoluzione digitale ha cambiato il modo di lavorare
La mattina, prima di fare colazione, controlliamo le notifiche sul nostro smartphone, laviamo i denti scrollando la home di Instagram, chattiamo con l’amica che si è trasferita all’estero, e programmiamo le varie call con i colleghi per fare il punto della situazione sul quel progetto in scadenza. Inoltre, ora si sono aggiunte anche le videochiamate con i nostri genitori che non vediamo da mesi.
Quanti di questi termini e di queste azioni facevamo pochi anni fa? Questa è la rivoluzione digitale, e ci rendiamo conto di quanto possa averci cambiato la vita anche ora, costretti a stare in casa, ma comunque raggiungibili ai nostri cari e ai nostri colleghi.
Ha cambiato la nostra percezione di spazio e tempo, possiamo lavorare seduti in poltrona, sorseggiando un drink (meglio se analcolico) e completare la stesura di piano editoriale, o programmare un sito, anche dopo cena. Possiamo gestire il nostro lavoro seguendo la nostra scaletta, o seguire quella dettata dall’azienda per cui lavoriamo, ma fare tutto da casa, o in ufficio, e con pochi potenti mezzi, tutti racchiusi in una scatola magica: un laptop.
La rivoluzione digitale però ha una caratteristica che potrebbe essere un grandissimo pregio ma è anche un difetto: la velocità. Correre con lei, seguirla salto dopo salto – perché di passi ne ha fatti tanti – non è semplice, ma nemmeno impossibile. Il super potere da avere per lavorare nel fantastico ed intricato mondo del digitale è principalmente uno, una naturale propensione ad accettare il cambiamento.
Accettare che ogni giorno sarà diverso, che cambierà qualcosa non appena ne avevate afferrata l’essenza, che quel codice non sarà più valido, che è questione di algoritmi e che bisogna studiare, leggere e aggiornarsi, sempre.
Carriere digitali: come nascono le nuove figure lavorative
La trasformazione digitale ha modificato il concetto stesso di lavoro, ma c’è un fattore costante e presente dagli albori, ed è quello che determinerà la riuscita o meno di un’azienda nell’obiettivo di trasformarsi ed evolversi in qualcosa di nuovo: i lavoratori.
Sono i dipendenti in grado di utilizzare le tecnologie digitali esistenti e adattarsi ai metodi in evoluzione e ai nuovi approcci, a fare la differenza. Senza di loro, le aziende faranno fatica a trarre il vantaggio che dovrebbero dagli ultimi progressi, come l’industria 4.0, i robot, l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e i nuovi modelli di business digitali.
Purtroppo, quelli con digital skill davvero efficaci sono ancora pochi, e le aziende sono continuamente alla ricerca di queste figure professionali. Queste dovrebbero creare nuovi pool di dipendenti digitali qualificati. Per fare ciò, devono capire chi sono queste potenziali figure, dove possono essere scovate e come possono essere attratte e mantenute.
Le aziende devono anche sapere quali tipi di talenti possono essere coltivati già al suo interno, perché il talento digitale deve provenire non solo dall’acquisizione di nuovo personale, ma anche dallo sviluppo di competenze digitali in ruoli già esistenti.
Inoltre la loro mission è quella di creare una vera e propria cultura digitale e inculcarla ai propri dipendenti per portare vantaggio non solo all’azienda, ma al rendimento lavorativo di tutti e di conseguenza anche alla soddisfazione personale di ogni dipendente.
Sostanzialmente, i datori di lavoro devono tener presenti tre interrogativi per cercare i propri talenti digitali:
CHI saranno questi dipendenti?
DOVE trovare i dipendenti richiesti?
COME assumerli e coltivarli nel tempo?
Senza personale qualificato, non può esserci trasformazione digitale. Non c’è spazio all’improvvisazione.
Fino a quando la società non comprende appieno i profili digitali, o le funzioni lavorative, disponibili sul mercato e all’interno dell’azienda, non può esserci un modo chiaro per determinare quanti dipendenti digitali, e quali profili, deve assumere, sviluppare e mantenere nel tempo.
Sono sei le aree in cui i talenti digitali possono avere maggiore impatto, ossia:
business digitale
marketing digitale
sviluppo digitale
analisi
industria 4.0
nuovi modi di lavorare
Gli esperti di business digitali escogitano idee innovative per nuovi modelli di business digitali, gli esperti di marketing sanno come utilizzare la moltitudine di canali digitali per avvicinarsi ai clienti, gli esperti di sviluppo aiutano a costruire questi canali, gli specialisti di analisi aggregano i dati per capire cosa piace e cosa vogliono i clienti, i professionisti dell’Industry 4.0 lavorano con il lato manifatturiero per creare nuovi prodotti, mentre i nuovi modi di lavorare riguardano tutti gli esperti che utilizzano metodi innovativi per migliorare l’efficienza complessiva, trasformando la cultura organizzativa aziendale.
Come si evince dalla tabella realizzata alcuni anni fa da BCG ma oggi ancora valida, all’interno di queste sei aree, troviamo 20 profili che sono essenziali per una trasformazione digitale sostenibile in qualsiasi azienda e in ogni settore:
Il digital venture strategist fornisce la leadership in ogni fase di un modello di business digitale.
Il marketing automation specialist supporta il marketing digitale utilizzando bot di intelligenza artificiale per interagire con i clienti online.
Gli user interface (UI) and user experience (UE) designer si concentrano su interfacce ed esperienze per gli utenti di applicazioni software.
Il data scientist analizza e interpreta i dati ed è in grado, ad esempio, di trovare connessioni nascoste o modelli interessanti nei dati.
L’ingegnere della robotica e dell’automazione costruisce, configura e collauda robot, principalmente per scopi di produzione.
Lo Scrum Master è specializzato sugli ultimi modi di gestire progetti di sviluppo e facilitare modi di lavorare più agili.
Il “dove”
Quando le aziende danno il via al reclutamento, devono sapere non solo chi stanno cercando, ma anche dove cercare. Devono identificare i posti in cui sono presenti talenti digitali, decidere un luogo in cui la società avrà appeal per i residenti nativi e in cui la società sarà in grado di costruire le sue risorse digitali nel medio e lungo termine.
L’azienda sta cercando centinaia di programmatori altamente qualificati a un costo ragionevole? Sta cercando di attirare i migliori talenti nell’innovazione digitale? Sta costruendo nuovi modelli di business digitali?
Dovrebbero essere presi in considerazione fattori come il numero di start up, la presenza di competitors con cui l’azienda competerà per i talenti, il livello complessivo dei salari e il numero di brevetti rilevanti generati nella città candidata. L’azienda dovrebbe ponderare ogni fattore in base al tipo di talento digitale che cerca.
Una volta che l’azienda ha una comprensione dettagliata del chi e del dove, deve affrontare il come. Come reclutare e selezionare il personale più qualificato, in un’era in cui la domanda dell’offerta è più alta dell’offerta stessa?
Mettersi nei panni dei dipendenti
È importante capire come pensano i dipendenti digitali. Indipendentemente dal proprio background e dal set di competenze, devono avere in comune una cosa, la mentalità digitale. Che vuol dire?
I dipendenti con questa mentalità sono imprenditoriali e propensi a decisioni basate sui dati. Si concentrano sullo sviluppo di prodotti e servizi incentrati sull’utente e sono creativi. Hanno esperienza in team multidisciplinari e mostrano una forte tendenza verso modi di lavorare collaborativi e agili.
Quando si tratta dell’ambiente di lavoro, i dipendenti digitali sono più preoccupati per i progetti e i prodotti che costruiscono e vogliono ottenere sempre più prestigio nella propria carriera. Vogliono essere circondati da colleghi ispiratori e leader di pensiero nel loro campo di competenza. Inoltre, in contesti di startup, sono più aperti rispetto ai dipendenti tradizionali a forme non convenzionali d’indennizzo, come stock option e quote di proprietà intellettuale. Molti vogliono anche avere un impatto significativo e positivo sul mondo e la maggior parte vorrebbe creare il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata.
Affidarsi a reclutatori esperti di tecnologia
Oltre il 90% dei possibili dipendenti con skill digitali utilizzano internet per cercare lavoro e lo trovano, in media, in meno di due settimane.
Per accaparrarsi queste persone, le pratiche di reclutamento tradizionali non sono sufficienti. Le aziende oggi hanno bisogno di assumere personale tramite i social media e attraverso la capacità di networking online, riuscendo a gestire software per le risorse umane e conoscenze digitali. In pratica, i programmatori possono reclutare programmatori e i reclutatori devono parlare la lingua dei propri candidati.
Cercare i canali giusti
Sono molte le organizzazioni che hanno già sviluppato qualche nuova forma di strategia per il reclutamento online, tuttavia, i loro sforzi spesso sono vani. Uno dei motivi è che le persone che stanno cercando potrebbero usare solo piattaforme di reclutamento specifiche della propria area di competenza. Per raggiungerle, le aziende devono utilizzare le piattaforme appropriate.
Ricorrere ai loro interessi
I reclutatori possono anche raggiungere un ampio gruppo di dipendenti digitali affidandosi direttamente ai loro interessi. Possono sfruttare eventi che consentono a persone creative di ogni tipo di socializzare, fare rete e condividere idee prima dell’inizio della giornata lavorativa.
Altri metodi includono la sponsorizzazione di concorsi virtuali attraverso comunità online o di eventi live che riuniscono grandi gruppi di programmatori, in genere studenti, per creare siti Web, app e altri progetti in breve periodo. Dall’altra parte, dunque, è bene tenere aperti gli occhi su queste opportunità se si è in cerca di lavoro nel digitale.
Acquistare e costruire
Uno degli approcci più costosi ma funzionali al reclutamento è l’acquisizione. Acquistare un’azienda non per la sua attività o linea di prodotti ma per il suo team.
In alternativa, le aziende possono creare hub o filiali digitali che hanno un ambiente simile a una startup e sono quindi più attraenti per i giovani, mantenendoli in qualche modo separati dalla cultura aziendale più ampia e tradizionale.
4 lezioni chiave per le persone che iniziano la loro carriera nel digitale
Se volete farvi valere in questo campo, dovete assolutamente tenere a mente alcune qualità essenziali che vi torneranno utili nei lavori di oggi e di domani.
Questi tratti, che non sono qualifiche comuni riscontrabili in molte domande di lavoro, sono caratteristiche che spesso tendiamo a dimenticare perché sopraffatti da ciò che ci accade intorno, o semplicemente perché le sottovalutiamo. Vediamole insieme.
1. Essere flessibili
Non dovremmo mai chiuderci alle opportunità facendo ipotesi su dove si trovano i lavori migliori o dove avvengono le maggiori innovazioni. Spesso associamo l’innovazione alle start-up, ma alcune delle organizzazioni più innovative oggi sono marchi affermati che stanno facendo notevoli investimenti nelle persone e nella tecnologia per trasformare se stessi e i loro mercati.
Hanno sia la forza della leadership sia le risorse finanziarie per fare scommesse audaci e offrire al proprio personale esperienze uniche nel loro genere. Ciò che è ancora più importante è trovare un’azienda e un capo che condividano i nostri valori su cose come: la diversità, l’integrità e il duro lavoro. Soprattutto, nei primi anni della nostra carriera, questi valori daranno vita a come vogliamo essere, quindi conta dove lavoriamo e quando cominciamo il nostro viaggio professionale.
Non dobbiamo legarci ai preconcetti, alle cose così come sono e come sono sempre state. Essere flessibili consiste nell’essere aperti ad affrontare una nuova sfida, un nuovo ruolo o semplicemente a fare le cose in un modo diverso dal solito e abilitato digitalmente.
2. Essere curiosi
Dobbiamo cogliere le opportunità che ci capitano. Sempre. Dobbiamo viaggiare, imparare una nuova lingua e una nuova cultura anche se ciò significa lasciare la famiglia, gli amici e abbracciare il cambiamento. Non spegnere mai la fiamma della nostra curiosità.
Se ci viene offerta la possibilità di spostarci in una nuova sede, in una nuova squadra o in un nuovo ruolo, buttiamoci. Rendiamo questo salto il nostro successo.
Esploriamo ciò che è possibile con nuove persone e la tecnologia, ripensiamo ai ruoli, alla responsabilità e all’interazione con i nostri clienti. Accettiamo la sfida digitale. Siamo costantemente curiosi.
3. Restare umani
In un mondo in cui la tecnologia influenza tutto, spesso dobbiamo ricordarci dell’importanza delle interazioni umane. Non c’è dubbio che la tecnologia ci consenta di essere più produttivi, più connessi e potenzialmente svolgere un lavoro più interessante. Ma la connettività virtuale non sostituisce il coinvolgimento reciproco.
Conoscersi a vicenda, non solo come professionisti, ma come individui con prospettive, background ed esperienze uniche è fondamentale. Ormai le interazioni virtuali sono la norma, sono le interazioni faccia a faccia che stanno diventando più limitate, ma di conseguenza più preziose.
4. Non dobbiamo aver paura
Sembra banale, ma non lasciamo che la nostra paura di guadare un campo inesplorato ci tenga lontano da qualcosa di nuovo. Abbracciamo l’ignoto. In una realtà pullulante di dati e previsioni, non possiamo sempre calcolare il rischio, il rendimento o il risultato di un’azione.
Agli studenti di oggi e di domani verrà chiesto di fare cose per le quali non esiste punteggio SAT, GPA o misura di sicurezza per valutare se vale la pena o meno cogliere un’occasione. Il ritmo della nuova tecnologia e dell’innovazione implica che nasceranno nuove industrie, aziende, ruoli e modi di lavorare.
È molto più divertente essere un pioniere e pensare in modo diverso che essere vincolati da un pensiero obsoleto.
Siamo flessibili, curiosi, restiamo umani e non spaventiamoci. Stiamo vivendo un’incredibile interazione tra umanità e tecnologia ed è un’occasione unica.
Non abbiamo ancora finito, eccovi una preziosa lista, dalla A alla Z per tutti i neofiti del digitale!
Guida dalla A alla Z: come iniziare una carriera nel Marketing Digitale
Un alfabeto digitale che non potete assolutamente perdervi, ad ogni lettera corrisponde una parola chiave da tenere a mente, in un contesto in continua evoluzione e rivoluzione.
A – Analytics. In un mondo sempre più legato ai dati è importante non solo registrarli ma anche comprenderli, e quindi come monitorare il successo delle proprie campagne.
B – Brand. Per molti anni, i marketer digitali sono stati così concentrati su numeri e successi che molti hanno dimenticato l’importanza del marchio. I nostri clienti hanno bisogno di un marchio che i consumatori e, quindi, Google, riconoscano e di cui si fidino all’istante.
C – Certificazione. La certificazione in una serie di attività darà ai datori di lavoro e ai clienti la fiducia e la certezza di quello che si sta facendo. Non trascuriamo mai l’importanza di avere un attestato che confermi cosa abbiamo studiato e sappiamo fare.
D – Dati. Cosa sono i dati? I dati sono tutto ciò che è intorno a noi e nel marketing digitale ciò significa conoscere a fondo i consumatori e il pubblico di rifermento.
E – Engagement. Insieme alla costruzione di un marchio è la parola chiave per incoraggiare il coinvolgimento tra il pubblico e il cliente. Un esempio? Il reciproco scambio tra influencer e brand.
F – Funnel, ossia Imbuto. L’imbuto è una parola ricorrente nella sfera del marketing digitale. Si riferisce al viaggio che si intraprende con il proprio pubblico partendo da una massa indefinita fino ad arrivare ad ottenere il consenso da parte di un gruppo di consumatori fidelizzati al nostro marchio.
G – Google. Google domina tutto ciò che facciamo nel marketing digitale, dalla SEO all’analisi, fino al coinvolgimento e alle nostre canalizzazioni.
H – History. La storia è importante da comprendere. Ci aiuterà ad essere informati su coloro che ci circondano e ci daranno un vantaggio nel prevedere le tendenze future mentre impariamo dalle lezioni del passato.
I – Influencer. Gli influencer sono utenti dei social media che hanno (spesso) grandi seguaci e danno voce a ciò che pensano e fanno i consumatori di un settore specifico. I grandi marchi stanno diventando sempre più intimi con loro e c’è molto spazio di crescita se si riesce ad essere innovativi in questo ambito.
J – Job hungry. La fame di lavoro in un campo così competitivo significa che bisogna prendere tutto quello che possiamo per ottenere il meglio fin da subito. Ogni lavoro ci aiuterà a costruire il nostro portfolio, le nostre capacità, ad aumentare la fiducia nelle nostre risorse e in quella riposta in chi ci circonda, senza dimenticare la formazione continua.
K- Keyword. Parola chiave. Questo campo è cambiato radicalmente nel corso degli anni. Per padroneggiare SEO, content marketing, PPC e CPM è necessario essere esperti di ciò che è una parola chiave, quando e come deve essere utilizzata e cosa comporta.
L- Landing Page. La pagina di destinazione. L’esperienza dell’utente è una parola che ha assunta una valenza focale solo da poco tempo, anche grazie al cambio di algoritmo di Google per favorire i mobile device. Comprendere l’importanza della pagina di destinazione nella progettazione del sito Web e nella gestione delle canalizzazioni è fondamentale.
M – Metriche. Le metriche vanno di pari passo con dati e analisi. Li utilizzeremo nelle interviste con i datori di lavoro e nelle riunioni con i clienti. Comprendere le metriche ci mette in una posizione di forza.
N – Networking. Saremo ripetitivi, ma non ci stancheremo mai di sottolineare abbastanza quanto sia importante incontrare quante più persone possibili, in qualsiasi campo.
O – Ottimizzazione. Si riferisce a tutto ciò che facciamo per dare al nostro brand la maggiore visualizzazione possibile nelle SERP (Pagina dei risultati dei motori di ricerca). Ciò include parole chiave, content marketing, coinvolgimento e autenticità del marchio.
P – Passione. Stiamo cercando di entrare in uno dei campi più richiesti nel mondo del lavoro. Pertanto, dobbiamo essere appassionati di ciò che facciamo, dedicando molto del nostro tempo e delle nostre risorse a un settore che non riposa mai.
Q- Query. Letteralmente significa interrogazione. E tutte quelle degli utenti vanno analizzate, seguite e utilizzate al meglio, per capire cosa realmente le persone vogliono da noi e si aspettano.
R – Revenue. I ricavi, ossia il nostro guadagno. Mettere in pratica tutte le tecniche di vendita per massimizzare il volume delle entrate. Di conseguenza tutte le nostre strategie e progetti di marketing sono inutili se non offrono un buon ROI.
S – Social Media. Le piattaforme di social media hanno cambiato il nostro mondo. Cosa c’è di popolare? Cosa sta calando? Dobbiamo sempre tener presente i trend del momento, e i canali social.
T – T-shaped marketer. Significa comprendere molteplici e vaste aree del panorama del marketing digitale , ma specializzandosi in una o due abilità specifiche.
U – UX (User Experience). Colpisce il nostro tasso di conversione e l’affidabilità del proprio marchio. Entrambi influenzano tutto il resto. UX si riferisce al modo in cui un utente del nostro sito Web trova ciò che sta cercando e può interagirvi.
V – VR. La realtà virtuale è una scena che si sta modificando velocemente. Gli esperti di marketing digitale ne faranno un uso maggiore nel tempo, quindi non è una cattiva idea cominciare ad interessarsene, se non l’avete ancora fatto.
W – Sito web. Esso rappresenta il nuovo negozio sulla strada principale, quindi è fondamentale dedicare tempo e sforzi all’apprendimento di tutto, dalla progettazione allo sviluppo, fino al lancio e all’analisi dei risultati.
X – Fattore X. Siamo in un campo competitivo, quindi dobbiamo avere qualcosa che gli altri non hanno e che tutti vorranno da noi. Focalizziamoci sui nostri punti di forza e ottimizziamole al meglio.
Y – Youtube. Se riusciamo a sfruttare la conoscenza del potere che YouTube offre ai nostri clienti, saremo in una posizione migliore rispetto a molti nostri colleghi.
Z – ZZZ. Ultimo ma non meno importante, questo è il settore che non dorme mai! Ciò è sia una benedizione che una maledizione quando ci lavoriamo, perché ogni giorno è diverso ed eccitante, ma è anche implacabile. Teniamo il cervello acceso.
E se le dritte non vi bastano, ecco 10 consigli prêt-à-porter!
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10 consigli per una carriera nel Digitalcoi fiocchi
1. Progetti personali
La migliore possibilità che abbiamo di diventare veramente bravi in qualsiasi cosa è la pratica. Le qualifiche sono importanti, ma uscire e iniziare il nostro progetto non solo ci dà fiducia nelle nostre capacità, ma ci rende unici agli occhi di potenziali reclutatori.
2. Siamo il nostro brand
La creazione di un marchio personale è importante per i datori di lavoro per capire principalmente due cose: siamo bravi in ciò che facciamo e prendiamo sul serio il nostro settore.
3. Impariamo il gergo
Il marketing digitale è un settore serio, in continua evoluzione e competitivo. I progetti e le qualifiche personali ci aiuteranno, è vero, ma è necessario essere sempre sul pezzo.
4. Restiamo aggiornati
Leggere, studiare, ascoltare. Non stanchiamoci mai delle conoscenza.
5. Disponibilità e passione
Dobbiamo essere consapevoli che il lavoro che stiamo scegliendo richiede aggiornamento costante e una passione spropositata della materia. Dobbiamo lavorarci tutti i giorni, dobbiamo informarci e tenere presenti gli eventuali sviluppi.
6. Fare Networking
Parlando di clienti e potenziali colleghi, il networking è una delle parti più importanti di qualsiasi lavoro. Circondiamoci di persone che hanno più esperienza nel marketing digitale, soprattutto più di noi, e cerchiamo di imparare qualcosa di nuovo da chiunque incontriamo.
7. Qualificazione
Questo è un lavoro strategico, analitico e organizzato, il tutto condito da un pizzico di creatività e logistica rigorosa. Bisogna allenarsi costantemente per ottenere il giusto equilibrio.
8. Lasciamo uscire il nostro lato più tech
Scopriamo il lato tech che è in noi. Anche se non ci occupiamo della creazione di siti web, ma scriviamo contenuti, sarà di aiuto per tutto conoscere i diversi tool del mondo digitale.
9. T-shaped marketer
Vogliamo diventare una risorsa essenziale per un’azienda? Tuffiamoci a capofitto in più discipline di marketing digitale, e cerchiamo di essere informati sul marketing in generale.
10. Comprendere dati e metriche
Impariamo a leggere i dati e le metriche. Quei numeri magici sapranno svelarci parecchi segreti.
Come accelerare la trasformazione digitale in azienda
1. Digitalizzare e personalizzare
Una volta raggiunti i giusti gruppi è il processo di selezione che distinguerà l’azienda di successo dai suoi concorrenti. La maggior parte delle aziende tradizionali deve ancora accelerare e automatizzare questo processo per diventare completamente digitale. Durante tutto il processo di reclutamento, le aziende dovrebbero cercare di mantenere il proprio tocco personale.
2. Mantenere e coltivare i talenti
Con così tanti nuovi impiegati digitali, le aziende devono creare un ambiente in cui queste persone vorranno rimanere a lungo termine. Possono farlo fornendo, ad esempio, opportunità di apprendimento continuo e percorsi di carriera interessanti. Le aziende possono aiutare il proprio team a creare un equilibrio positivo tra lavoro e vita privata e coltivando un ambiente di lavoro collaborativo e flessibile.
3. Cosa occorre
Per capire quanta parte della domanda può essere soddisfatta internamente, le aziende devono prima capire quali competenze digitali sono necessarie. Quando queste esigenze saranno completamente definite, le aziende potranno quindi creare e istituire un programma di abilitazione digitale per tutti.
Verso una nuova cultura, non solo in campo digitale
Abbiamo cercato di analizzare una carriera nel digitale sotto due punti di vista distinti: quello del professionista e quello dell’azienda. Questo perché è essenziale conoscere anche chi sta dall’altra parte per costruire una vera crescita e trovare le migliori opportunità, ma anche perché si può costruire una carriera in questo settore tanto in modo autonomo quanto da dipendente.
Il passo più importante nelle assunzioni e nella fidelizzazione a lungo termine è quello di utilizzare i nuovi talenti per aiutare a creare una vera cultura digitale, che conduca l’intera forza lavoro in un viaggio di apprendimento digitale e inculchi una profonda comprensione degli imperativi digitali dell’azienda.
Per creare una vera cultura digitale, l’organizzazione deve introdurre e adattarsi a nuove forme di cooperazione, implementando più lavori basati su progetti e gestendoli in modo più flessibile. Deve introdurre nuovi metodi di lavoro come la progettazione del prodotto agile e incentrata sull’utente, insieme a più sperimentazione e creatività, meno regole fisse e più tolleranza per l’assunzione di rischi.
I dipendenti esperti nel digitale sono dinamici, vogliono stare su progetti importanti ed essere impattanti, ma possono commettere errori. Una cultura che accetta il fallimento è essenziale.
La nuova mentalità digitale è tanto generazionale quanto funzionale.
Qualsiasi azienda che si sta adattando a questa mentalità sta anche facendo un passo significativo nella più ampia trasformazione organizzativa che è attualmente in corso, poiché i nuovi modi di lavorare vanno ben oltre il campo del digitale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/carriera-nel-digitale-come-fare.jpg544829Mariagrazia Repolahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMariagrazia Repola2020-04-30 17:42:422020-05-04 22:30:09Come iniziare una carriera nel Digital: guida dalla A alla Z
Il servizio di video conferenza di Google da domani sarà gratuito;
I meeting virtuali possono ospitare fino a 100 persone in contemporanea;
Per arginare eventuali minacce alla sicurezza e alla protezione dei dati Google ha introdotto nuove misure.
Da domani, Google Meet sarà gratis per tutti gli utenti. Il servizio di video conferenza solitamente incluso negli account Enterprise ed Education è ora accessibile a chiunque abbia un account Google attivo.
Dal 1°maggio al 30settembre la durata delle video-conference non avrà alcun limite di tempo, mentre da ottobre tutti gli account basic potranno usufruire di questo servizio gratuito solo per un massimo di un’ora.
Il rollout di Google Meet annunciato per maggio sarà graduale.
Come accedere ai meeting su Google Meet
Per accedere a una conference occorre essere connessi al dispositivo su cui si si usa Google Meet, non solo avere un account Google.
Questa è solo la prima delle misure di sicurezza implementate da Big G per impedire che utenti anonimi possano inserirsi nel virtual meeting.
Inoltre, tutti coloro che sono aggiunti alla riunione video – per esempio attraverso il semplice invio di un link – senza essere stati preventivamente invitati su Google Calendar, vengono ammessi preventivamente in una virtual room d’attesa, fino a che l’host non avrà approvato la loro partecipazione.
Google tiene a evidenziare che le conference su Meet vengono crittografate in tempo reale e tutte le registrazioni archiviate su Google Drive restano criptate.
Per creare una riunione o per avviarla da browser è sufficiente atterrare sull’home di Google Meet, mentre se si opera da mobile è necessario scaricare l’applicazione gratuita su App Store e Play Store.
Verso il New Normal, i dati di Google Meet
La mossa di Big G tende a favorire la transizione alla fase di “new normal” di tutti coloro che continueranno a lavorare da casa e viene anche incontro all’esigenza di creare classi scolastiche virtuali.
In tal senso, Google ha rilasciato un’analisi dei dati sull’utilizzo di Meet nelle ultime settimane:
da gennaio, l’utilizzo quotidiano di Meet è aumentato di 30 volte.
Ogni giorno, Meet ospita conferenze video per un totale di 3 miliardi di minuti e rileva 3 milioni di nuovi utenti.
Dalla settimana scorsa, coloro che ogni giorno si riuniscono Meet superano i 100 milioni.
Quali sono le misure di sicurezza di Google Meet?
Vediamo insieme tutte le misure implementate da Google per garantire sicurezza del servizio di video-conference.
Alle conference non sono ammessi utenti anonimi, questo significa che gli che user privi di un account Google non possono partecipare ai meeting creati dagli account dei singoli utenti.
Di default, i codici per partecipare alle riunioni sono complessi e quindi resilienti a qualsiasi tentativo di accesso forzato.
Come accennato, le conference su Meet vengono crittografate in tempo reale e tutte le registrazioni archiviate su Google Drive rimangono criptate.
Non è necessario alcun plugin per installare Meet. Il servizio funziona direttamente su Chrome e altri browser, per questo motivo è meno vulnerabile ad eventuali minacce.
Gli utenti Meet possono registrare il proprio account all’interno del Programma di Protezione Avanzata di Google, sistema di protezione contro il phishing e il furto di identità
Tutti i servizi di Google Cloud sono sottoposti a rigorosi controlli di sicurezza e privacy.
I dati degli utenti su Meet non vengono usati a fini pubblicitari, né ceduti a terzi.
Google offre questo servizio su attraverso una rete privata altamente sicura che connette tutti i data center tra loro – garantendo la sicurezza dei dati.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/google-meet-1.jpg554887Giulia Migliettahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiulia Miglietta2020-04-30 17:26:392020-05-04 22:30:32Google Meet diventa gratis per tutti dall'1 maggio (e fino a settembre)
Le HR si configurano come il vero driver dell’innovazione e della digital transformation;
Le aziende devono ridisegnare i processi aziendali e al tempo stesso rassicurare le persone per accompagnarle verso un nuovo modo di lavorare.
L’emergenza sanitaria in corso, scatenata dalla pandemia COVID-19, ha cambiato in poco tempo, e probabilmente cambierà per sempre, le abitudini di vita e di lavoro delle persone. Ha cambiato anche le strategie aziendali e, in particolar modo, ha modificato la gestione e l’organizzazione delle persone verso una modalità di lavoro delocalizzata e sempre più digital.
Questo veloce cambiamento ha portato le Human Resource ad essere il vero driver dell’innovazione e della digitalizzazione. Le HR, infatti, sono state chiamate (dalla sera alla mattina) a reinventare processi organizzativi per consentire all’impresa di proseguire l’attività lavorativa; non hanno solo modificato il modo di lavorare delle persone ma sono profondamente cambiate anche nel loro interno, mettendo in luce in poco tempo skill come leadership e change management.
Digital transformation, digital tools
La prima scelta delle HR, imposta anche dal Governo, è stata quella di implementare velocemente:
Attraverso l’utilizzo di questi strumenti le organizzazioni sono riuscite a dare continuità all’attività lavorativa. La risposta lato umano è stata ottima, passando a una riorganizzazione del privato per accogliere il lavoro all’interno dell’ambiente domestico.
Non solo, le persone hanno dovuto sviluppare differenti capacità: autonomia, collaborazione, condivisione e responsabilizzazione. Perché una modalità di lavoro agile passa, in primis, da un rivoluzione organizzativa d’impresa e poi da un cambiamento personale dell’individuo.
In poco tempo, le HR hanno dovuto creare processi digital che consentissero alle aziende di continuare ad operare, e ai lavoratori delocalizzati di gestire il lavoro in autonomia pur rispettando le scadenze prefissate.
Sfida non facile, perché comporta un cambio culturale e organizzativo obbligato e veloce, legato a questi due fattori:
Change management. Con questo termine inglese (traducibile come “gestione del cambiamento”) si intende un approccio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società che rende possibile (e/o pilota) la transizione da un assetto corrente ad un futuro assetto desiderato. Il change management, così come viene comunemente inteso, fornisce strumenti e processi per riconoscere, comprendere e gestire l’impatto umano di una transizione, ad esempio dovuto all’innovazione tecnica o a una variazione nella gestione operativa.
Employee experience. Racchiude tutto ciò che un lavoratore osserva e percepisce durante l’intera esperienza di lavoro con una determinata azienda. La qualità di questa esperienza viene influenzata da elementi come gli spazi di lavoro e la flessibilità nella gestione del tempo e degli obiettivi, le interazioni con colleghi e dirigenti, il work-life balance (ovvero l’equilibrio ideale tra lavoro e vita personale, che per ogni lavoratore si trova su un punto diverso), la dotazione di strumenti tecnologici per rendere più efficiente e semplice il lavoro e, ovviamente la remunerazione e la presenza di benefit.
Si va quindi verso una cooperazione forte tra HR (driver) ed employee, ossia verso una visione persona-centrica.
Come le HR modificheranno l’ambiente di lavoro
La pandemia inevitabilmente cambierà le organizzazioni, i metodi di lavoro e le relazioni con le persone.
Ecco come le Risorse Umane diventeranno il driver della digitalizzazione.
Si investirà nell’HR
Il Coronavirus ci sta mostrando la centralità delle risorse umane in tandem con la digital transformation.
Mai come in questa situazione abbiamo visto che investire in questo binomio, ha consentito di dare continuità all’attività lavorativa utilizzando la digitalizzazione come medicina contro il virus, consentendo altresì, in alcuni casi, anche di aumentare le performance dei collaboratori.
Si andrà verso un modello employee-centric
Le HR lavoreranno per:
Un coinvolgimento importante dei lavoratori partendo dai punti di forza di ciascuno. In questo modo si otterrà maggiore produttività anche in situazione di lavoro a distanza;
KPI innovativi, tra cui: la capacità di progressione, ossia l’abilità di sapersi evolvere velocemente quando necessario, ridefinendo spazi, tempo ed energie, la leadership ecologica, che va in ottica di una valorizzazione della crescita e dell’evoluzione delle persone, la ricerca di Ambassador della Positività, persone che sanno trasformare un momento critico in un’occasione di vicinanza, cioè persone con una buona dose di intelligenza emotiva, empatia e ottimismo.
Si continuerà verso lo smart working ma solo insieme al team building
Non sarà sicuramente possibile far rientrare massivamente le persone sul posto di lavoro, per questo motivo lo smart working sarà ancora, per molto tempo, il protagonista assoluto.
Lo smart working, per funzionare nel modo corretto, dovrà necessariamente essere supportato da un importante lavoro di team building al fine di ottenere una comunicazione efficace, fluida e condivisa in tutti i reparti. Eliminare i protagonismi per dare spazio al lavoro di squadra.
Il ritorno in aula per i consueti appuntamenti formativi rimane ancora un miraggio, per cui è il momento questo di puntare sull’innovazione e sul digital learning.
Le HR dovranno quindi spingere in questa direzione per creare percorsi formativi personalizzati sulle esigenze degli employee in un’ottica di community, come il social learning, ad esempio.
Occorrerà ripensare tutta l’esperienza di apprendimento investendo su metodi sempre più innovativi, gamification e AR su tutti.
Pianificazione e riorganizzazione degli spazi aziendali
Le HR dovranno anche ridisegnare gli spazi aziendali, per accogliere le persone mantenendo la distanza di sicurezza che la legge impone.
Occorrerà strutturare un lavoro su turni, per esempio, oppure creare per alcune tipologie di lavoro (come i commerciali) degli spazio di lavoro virtuali (digital desk).
Cushman & Wakefield, società americana di servizi immobiliari globali, ha elaborato delle linee guida per un corretto rientro in ufficio. “The 6 feet office”, questo il nome del progetto, sta per “6 piedi” (i nostri 2 metri), ovvero la distanza consigliata dagli esperti per evitare la trasmissione del virus da persona a persona. È composto da sei punti chiave.
un’analisi dell’attuale ambiente di lavoro nell’ottica di migliorarlo per impedire la diffusione del virus;
l’introduzione di un codice di condotta che tutti devono rispettare per mantenere l’ambiente in sicurezza;
la creazione di un percorso unico per ogni ufficio con un sistema di segnalazione visivo;
l’individuazione delle figure chiave che possano verificare che tutto il processo si svolga correttamente;
il conseguimento di una certificazione di sicurezza: un attestato vero e proprio che determini la sicurezza del luogo di lavoro;
Ridisegnare i processi aziendali e, al tempo stesso, rassicurare le persone accompagnandole verso un nuovo modo di lavorare non è una sfida semplice.
Le organizzazioni dovranno inevitabilmente sostenere dei costi per potersi adeguare a questa trasformazione obbligata. Le realtà che hanno già iniziato, nel passato, il percorso di digital transformation sono meno impreparate, ma purtroppo sono ancora tante quelle che non hanno intrapreso questa strada.
Le HR possiedono competenze gestionali e, da un po’ di tempo a questa parte, anche digitali e sono quindi il driver più importante per accompagnare le imprese verso una nuova e mai provata operatività. Appare oramai piuttosto scontato che la modalità di lavoro a distanza sarà ancora per molto tempo la forma di lavoro preponderante in molti settori, per cui le istituzioni dovranno intervenire per introdurre strumenti agevolativi per consentire a tutti di adeguarsi a questa trasformazione in ottica di abbattimento dei costi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/hr_digital.jpg449800Elisa Bonatihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngElisa Bonati2020-04-30 13:56:552020-05-04 22:29:25Coronavirus e Digital Transformation: spinte evolutive per la direzione HR
Un settore colpito dalla situazione di lockdown più di tanti altri: rispetto ai “semplici” commercianti ci sono diverse voci di spesa e un personale in media più numeroso;
In un simile contesto, per i ristoranti è importante – se non addirittura vitale – mantenere il contatto con i propri clienti attraverso il Content Marketing.
Con il Dpcm dell’11 Marzo 2020, i ristoranti hanno abbassato le serrande per contenere il contagio da coronavirus.
I tavoli sono vuoti, sedie e sgabelli accatastati contro il muro. In cucina è calato il silenzio, una tranquillità assordante, che rende la tensione del servizio e il clangore dei coltelli solo un lontano ricordo. I cuochi, abituati ad anteporre il proprio lavoro a tutto il resto, appaiono spaesati e inquieti davanti all’incognita del futuro.
In Italia, il mondo della ristorazione sta attraversando uno stato di forte impasse, vittima tanto dell’incertezza causata dalla pandemia, quanto della precarietà aggiunta della burocrazia italiana.
Un settore colpito dalla situazione di lockdown più di tanti altri: rispetto ai “semplici” commercianti infatti, ci sono diverse voci di spesa, e un personale in media più numeroso di quello di un qualsiasi altro negozio.
Perché continuare a fare Content Marketing è importante
La ristorazione vive la quarantena con due velocità e necessità diverse, spiega Lara De Luna su Repubblica. “Da un lato quella di tamponare il più possibile le perdite dell’oggi, barcamenandosi tra tasse, pagamenti e aiuti fiscali promessi ma difficili da ottenere, dall’altro quella di capire come e quando ripartire”. Un bisogno di programmazione frenato dalla certezza che il mondo che troveremo una volta riaperte le porte sarà profondamente diverso negli usi e nei costumi quotidiani.
In un simile contesto, è importante – se non addirittura vitale – mantenere il contatto con i propri clienti, rendendoli partecipi delle proprie iniziative, e della propria quotidianità, quella più semplice ed informale. Dopotutto, il fatto che si trovino in isolamento forzato, non significa che non possano continuare a garantire il loro valido supporto, magari attraverso un “passaparola digitale”.
Nel gennaio del 1996, Bill Gates pubblicò, sul sito della Microsoft, un breve articolo intitolato “Content is King”, in cui affermava che, nell’era digitale, i contenuti di qualità sarebbero diventati lo strumento più prezioso per acquisire nuovi clienti. Un frase profetica, oggi assunta come mantra da tutti coloro che si occupano di Content Marketing e Blogging.
Pubblicare regolarmente contenuti unici, infatti, consente di rafforzare il proprio brand, e mantenere vivo l’interesse dei propri clienti, fidelizzandoli.
Ecco quindi cinque consigli utili per rendere efficace la tua content strategy durante l’emergenza coronavirus.
Uno dei principali motivi per cui le persone scelgono il tuo ristorante e non un altro, oltre che per la bontà del cibo, è per il modo in cui le fai sentire. Quindi, porta i tuoi clienti nel backstage del tuo locale, raccontando ad esempio alcuni aneddoti relativi alla tua cucina, oppure alla tua carriera.
E ancora, intervista i membri del tuo staff, chiedendo loro com’è lavorare nel tuo ristorante e far parte del tuo team (puoi registrare gratuitamente le videochiamate adoperando piattaforme come Skype e Zoom).
Sii spontaneo, riponi la maschera della professionalità nell’armadio, almeno per un po’, e riscopri il bello delle gaffe. Le persone cercano l’umanità e il divertimento, anche nel mondo virtuale.
2. Mostra come stai affrontando la quarantena
Chiudere un’attività, anche se temporaneamente, non è mai semplice. Quindi, sfrutta questo momento come un’opportunità, per mostrare ai tuoi clienti e fan più affezionati come stai affrontando questa crisi.
Ad esempio, se ha intenzione di adottare delle misure aggiuntive per supportare il tuo personale, condividilo sul tuo sito web, sui social, o via email. Dietro ogni ristorante, ci sono progetti, investimenti, passione e anima. Non aver paura di esporti e mostrare alle persone anche questo lato del tuo business.
3. Condividi ricette e tutorial
In questo periodo, le persone hanno molto tempo a disposizione e cercano costantemente qualcosa da fare. Quindi, perché non offrire loro un mini corso di cucina? Ad esempio, puoi insegnare ai tuoi fan come preparare i tuoi piatti più rappresentativi, le cosiddette signature recipes. Ma anche la cucina tradizionale ha sempre un certo appeal, soprattutto se legata a un ricordo, a un’emozione.
Scatta foto sequenziali, registra piccoli video dimostrativi, organizza dirette su Instagram e Facebook ad orari prestabiliti.
I tuoi clienti proveranno le tue ricette a casa, diventando ambasciatori del tuo marchio.
E non temere, l’esperto rimarrai comunque tu.
4. Iscriviti ad un nuovo canale social
Il momento giusto è ora. Entra in contatto con nuovi potenziali clienti, attraverso nuovi social e/o funzionalità che non hai mai provato prima.
Ti incuriosiscono le dirette streaming su Facebook, Instagram o YouTube? Oppure i contenuti pubblicati dai tuoi colleghi ristoratori su Tik Tok? Anche quello sui social è Content Marketing.
Molti utenti Tik Tok hanno già caricato le loro video ricette, perché consapevoli delle grandi opportunità che questa piattaforma può offrire, soprattutto in termini di visibilità.
Se in passato avevi bisogno di una strumentazione professionale e costosa per sviluppare una delle suddette tattiche di marketing, oggi è sufficiente possedere uno smartphone. Lo smartphone infatti, è abbastanza potente per creare contenuti di qualità, capaci di attirare l’attenzione delle persone, e diventare virali.
L’adozione di una corretta strategia di Content Marketing, ti permetterà di allineare offline e online, creando un sofisticato sistema di targeting, che trascende dal comune concetto di ristorante, inteso come luogo per il consumo del pasto, e abbraccia una più moderna visione imprenditoriale, che alla proposta culinaria integra altri e nuovi servizi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/ristorazione-marketing-1024x535-1.jpg5351024Kevin Feragottohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngKevin Feragotto2020-04-30 13:28:302020-05-04 22:29:415 consigli di Content Marketing per il tuo ristorante in tempo di Coronavirus
Il 2020 lo ricorderemo, oltre che per la sua bisestilità, anche per uno dei più grandi stravolgimenti prima sanitari e poi economici della storia: il COVID-19
I settori trend trainanti, i rapporti sociali, il modo di essere imprenditore: ancora una volta si punta sui giovani per idee innovative che ci guideranno in questo nuovo mondo post apocalittico
Alcuni la definiscono come un periodo di crisi mai visto per il nostro tessuto economico, una crisi sanitaria che si è trasformata velocemente anche in crisi economica e dell’imprenditoria, una situazione in cui non si riesce a vederne la via d’uscita certa, ma nella quale oggi ci si sta muovendo per tentativi. Tutto vero, ma poi si legge e si guarda di come, in una situazione così buia, il popolo italiano abbia ritrovato senso di unione e umanità e si sia fatto valere per quello che è: una Nazione piena di innovazione e di idee, che salvano anche la vita, come quelle di alcuni giovani imprenditori.
Ecco che possiamo citare un caso emblematico: Issinnova con il team bresciano guidato da Cristian Fracassi con le sue valvole stampate in 3D che ha trasformato un hobby, lo snorkeling, nella soluzione creando una partnership con Decathlon. O ancora parlare di Copan, guidata dall’italianissima Stefania Riva, a cui è stato chiesto di incrementare la produzione di tamponi per far fronte all’emergenza.
Continuare ad essere un brand di successo convertendo le produzioni per fare la propria parte è forse quello che ci si aspettava, ma essere un neo imprenditore in un contesto come quello attuale è una mossa coraggiosa e cosa più importante di nomi ce ne sono!
Il trend economico per il 2020, previsioni e settori “caldi”
È importante partire da dove saremmo se il 2020 fosse stato l’anno che tutti si aspettavano. In particolare guardando a quelli che sono e saranno i settori caldi.
Lo scenario previsto all’inizio di quest’anno vedeva tutti gli economisti d’accordo su una crescita del PIL ed una decrescita della disoccupazione nella maggior parte dei Paesi con un ruolo delle banche centrali sempre più defilato.
Insomma si era considerato il 2020 come un anno di rinascita e crescita dopo l’ultima crisi finanziaria.
Sul fronte Globalizzazione, invece, seppur pareva un trend in continua crescita, i dati parlavano di slowbalisation e a questo punto sarà il vero trend economico rilevante: ossia la condizione per il quale tutte le economie del mondo continueranno ad essere interconnesse, ma con meno accelerazione rispetto agli anni passati. Il tessuto locale su cui fare focus si fa un’esigenza sempre più importante e questo sia per i dazi imposti all’import-export di alcuni beni, ma anche per lo sviluppo economico in crescita dei cosiddetti Paesi Emergenti.
Se i sistemi di pagamento via smartphone sono uno dei comparti in crescita costante da qualche anno, vedi Apple Pay o Google Wallet, e uno dei settori trainanti del Fintech, non solo in Italia, con il raddoppio degli utenti che ne utilizzano le funzionalità anche la sezione bot e chatbot non scherza. Tecnologia sempre più “umana” con un’attenzione particolare alla loro interazione con l’uomo e al fatto che possano rendere interattivi gli oggetti più comuni.
Al terzo e quarto posto un grande tema: l’alimentazione. Non solo per le tecnologie blockchain, ma anche perché forse siamo pronti, o no, al cambiamento: da carne da animali alla farina di insetti. Ce lo dice Fucibo, startup italiana, che per metà maggio ha in programma il lancio della sua linea di pasta con 100% farina di insetti.
Quando invece si preferisce ancora la carne tradizionale, ecco che al quarto posto, si fa strada l’eticità dell’allevamento: focus sugli allevamenti attenti agli animali, al bio o anche solo all’aria aperta; Slowfood ha lanciato una vera e propria campagna di sensibilizzazione verso una riduzione di consumo di carne e di un prodotto di qualità migliore
Quinto e sesto per l’economia della cura così suddivisa: il tech nel beauty e l’attenzione per il prossimo, per altro vero trend del 2020 ad oggi.
L’acquisto di prodotti online di beauty ha un valore attuale di 22,1 miliardi di dollari con una previsione di crescita a 27,8 miliardi nel 2022. Con più mercato per i giovani imprenditori che vogliano partire da un eCommerce per fare la loro fortuna e un diffuso impiego della realtà aumentata per “la prova” sul proprio viso del prossimo makeup.
La cura per gli altri invece, si sta concretizzando in startup come Ugo, in grado di incrociare domanda ed offerta nel campo dell’assistenza alla persona, soprattutto per le esigenze quotidiane come la spesa o il trasporto in ospedale per le visite di routine.
Ultimo, ma legato a quello che il tema ecologia e green, è il settore legato al mondo vegetale, non solo alimentare, ma anche giardinaggio, cura del verde, architettura con nuovi modi di riportare gli alberi in città. Ci basta pensare al lancio del famoso Hashtag #urbanjungle.
Le startup nate con il COVID, l’innovazione non si ferma
Se queste erano le previsioni, probabilmente qualcosa andrà rivisto o solamente adattato, il fintech e la cura del prossimo sono anche in questa situazione COVID oriented tra i settori più di interesse per le nuove startup che si fanno avanti.
Si parla già di economia del confinamento e chi fa o vuol fare impresa la deve conoscere al meglio per sfruttare quelle che sono nuove o vecchie leve che porta con sè.
Questa emergenza, primariamente sanitaria, ha portato al coinvolgimento in una situazione di limitazione delle libertà umane di praticamente tutta la popolazione mondiale e anche quando il lock-down avrà termine le abitudini umane avranno subito un notevole cambiamento, tutto si concentrerà ancora di più sul demand, l’on-line e la consegna a domicilio, gli italiani potrebbero, per una volta, essere un popolo freddo e distaccato.
Se ai grandi brand vogliamo dire di farsi ricordare come chi ha fatto del bene durante l’emergenza e non solo inventando ed implementando format anche social di intrattenimento per i clienti rinchiusi, ma anche, e soprattutto, come colui che ha donato, che ha riconvertito la propria produzione per produrre il materiale utile ai soccorsi e che ci ha messo la faccia nel fare qualcosa per il suo Paese e i suoi dipendenti.
Tranquilli, finita l’emergenza i risultati saranno tangibili: la clientela avrà ben presente su che brand investire e i migliori talenti sapranno qual è l’azienda per cui vogliano lavorare.
E per i giovani imprenditori?
I giovani imprenditori sono sempre una delle risorse più importanti del tessuto economico perché con sé portano nuovi bagagli di conoscenze, nuove idee, la fame di successo e la flessibilità di adattamento.
Ecco allora che sbucano bandi, sia della commissione Europea sia di Innova, per chi è in grado di creare tecnologie ed idee al servizio del periodo di emergenza, che possano essere anche rivoluzionari nel bel mezzo della pandemia.
La Commissione Europea ha messo a disposizione 164 milioni di euro e chiama startup e PMI puntando sul comparto tecnologico e innovativo per il monitoraggio o la misurazione del contagio.
Il bando di Innova, concluso a fine marzo, ha preso in considerazione 3 settori di provenienza dei candidati:
l’ambito DPI, dispositivi di protezione individuale, e respiratori o componentistica per chi è in grado di produrne in quantità:
l’ambito diagnosi con i soggetti in grado di produrre tamponi o kit innovativi che misurino il contagio
l’ambito monitoraggio e prevenzione includendo tutte quelle app o tecnologie che possano registrare gli spostamenti dei cittadini e relativi comportamenti
Ecco, quindi, che vogliamo citare, dopo aver già citato in apertura Issinova e Fracassi, altre due startup guidate da giovani imprenditoriche in questo periodo hanno avuto l’idea, hanno saputo prendere il bello anche da questa situazione come solo dei giovani imprenditori sanno fare.
Il primo caso è quello di Webtek, guidata dal 35enne Piasini, che ha convertito parte della sua azienda di software nella creazione di un’app in grado di tracciare gli spostamenti e con chi è venuto a contatto un paziente positivo al Covid.
La app ha un nome chiaro “Stop Covid 19” e sarà in grado, tramite incrocio di tracciati GPS, di fornire una mappa quasi precisa degli spostamenti del soggetto andando quindi ad intercettare e avvisare chi negli ultimi giorni è venuto in contatto con lui.
E sul tema privacy? L’utente deve fornire autorizzazione, per 2 volte, dell’utilizzo della sua geolocalizzazione ed è obbligato solo a fornire il suo numero di telefono.
Ovviamente questi arresti forzati non danno grande evidenza del funzionamento in quanto la maggior parte dei soggetti è confinata, ma alla riapertura potrebbe rappresentare davvero uno strumento molto utile.
La seconda startup è Pharmap, nata nel 2017 da una coppia di oggi trentenni premiati da Forbes per il 2020 e che sostanzialmente fonda il suo business sulla consegna a domicilio dei farmaci.
Pharmap è un servizio importantissimo per i cittadini che possono ricevere a casa propria i farmaci da loro acquistati abitualmente o occasionalmente anche quelli con prescrizione medica, ma altrettanto importante per la farmacia aderente: una via nettamente utile per incrementare clientela e fidelizzazione.
La startup che già aveva la strada segnata, con un incremento del 200% nel 2019 degli utenti, ha visto incrementare con questa emergenza la sua popolarità garantendo anche la consegna gratuita per un periodo limitato. I piani per il futuro vedono l’azienda proiettata in altri Paesi d’Europa, quindi stiamo a vedere.
Classifiche: i talenti Under 30 del 2020
Ecco quindi che, come da tradizione, spunta la classifica dei 100 talenti under 30 di Forbes sia America che Italia. Sono praticamente 200 ragazzi che con le loro idee stanno cambiando il mondo.
Tra i 100 USA ci sono anche tre nomi italiani: i primi due sono di due sorelle, Recchi che hanno creato un chatbot-tutor per gli studenti universitari (EdSight) e quello di un italoamericano, Stefano Daniele, impiegato nella ricerca medica per quella che parrebbe una vita cerebrale dopo la morte.
Per gli italiani, invece, abbiamo già citato Pharmap, ma i settori dei giovani talenti sono tra i più diversi, non solo quindi il settore Healthcare, ma anche intrattenimento, finanza, food&drink e marketing che mettono in luce talenti.
I candidati non devono necessariamente essere startupper, ma anche o giovani imprenditori che, presa l’azienda del padre, ne hanno cambiato l’immagine o hanno puntato su nuove feature per renderla al passo coi tempi.
Ragazzi su cui puntare e ai quali verranno affidati tutor d’eccellenza del loro settore di operatività che li aiuteranno “a diventare grandi”.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/lifebelt-3426088_1280.jpg8531280Emikohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEmiko2020-04-30 10:54:532020-04-30 17:45:22Giovani imprenditori ai tempi del COVID-19: le nuove idee ci salveranno
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