Tag di prodotto – Digital

Giornata Internazionale della Donna: le campagne più significative degli ultimi anni

  • Le campagne create per la Giornata Internazionale della Donna hanno contribuito a combattere il gender gap e gli stereotipi di genere
  • Da #NotMyJob a #EachforEqual: ecco quali sono stati gli approcci più efficaci alla sensibilizzazione sul tema uguaglianza di genere

___

Negli ultimi anni, sono molti i brand che hanno contribuito a rivoluzionare la figura della donna nella società.

Non c’è dubbio che le loro campagne siano state sviluppate a fini commerciali, ma alcune di queste contengono messaggi talmente potenti che non possiamo che condividerli.

Ecco la nostra rassegna di spot dedicati alla Giornata Internazionale della Donna, selezionati per la loro capacità di sfidare gli stereotipi, combattere i pregiudizi e promuovere attivamente la parità di genere.

Scopriamoli insieme.

Marie Claire reclama l’eguaglianza sul posto di lavoro

Per la Giornata Internazionale della Donna del 2018, Marie Claire lancia #NotMyJob, una campagna che mira a sradicare le molestie e le discriminazioni sul posto lavoro.

Come si legge nel video, #NotMyJob vuol dire che non è compito di nessuna donna fare lo stesso lavoro di un uomo ed essere pagata di meno. Non è compito di nessuna donna flirtare con il capo per garantirsi una carriera. E non è compito di nessuna donna essere penalizzata per aver scelto la maternità insieme al lavoro.

Per questo, la rivista femminile incoraggia le donne a non tacere o arrendersi di fronte agli abusi subiti, creando, in collaborazione con lo studio legale Judge Sykes Frixou, un vero e proprio hub che offre consulenza legale gratuita.

La piattaforma esperienziale di Cogs & Marvel

Nel 2019, l’agenzia Cogs & Marvel celebra l’8 marzo con l’evento artistico esperienziale That Lady Thing.

Ricco di esperienze interattive, spettacoli e installazioni, That Lady Thing adotta un approccio decisamente divertente e ironico per sensibilizzare le persone sul tema uguaglianza di genere.

That Lady Thing 2019 from That Lady Thing on Vimeo.

Come spiega la direttrice artistica dell’iniziativa, Jamie Shaw, si tratta di una piattaforma creativa che attira l’attenzione e affronta il gender gap offrendo esperienze che orientano al cambiamento sociale.

ElaN Languages lancia una feature contro gli stereotipi di genere

Il modo in cui parliamo ha un’influenza diretta sul nostro modo di pensare.

Un recente studio sociolinguistico afferma chiaramente che la lingua svolge un ruolo particolarmente importante nel forgiare gli atteggiamenti delle persone verso il genere e l’occupazione e nel creare una visione distorta di ciò che noi, come società, pensiamo siano i ruoli appropriati per uomini e donne.

Partendo da questa ricerca, lo strumento di traduzione online ElaN Languages  lancia la campagna per la Giornata Internazionale della donna dello scorso anno, introducendo il “pulsante unbias”, una feature che trasforma i sostantivi che hanno connotazioni di genere in parole neutre.

Stacy’s Pita Chips crea una linea di confezioni dedicate alla Giornata Internazionale della Donna

 Nel 2017, il brand lancia una linea di confezioni di snack in edizione limitata con disegni ispirati ai movimenti che hanno contribuito all’empowerment femminile nella storia americana.

Giornata Internazionale della donna stacy.png

Per ogni confezione venduta, il marchio devolve 10$ a Step Up, un’organizzazione senza scopo di lucro che sostiene le giovani donne in difficoltà.

Harlequins Rugby – The Game Changer

Nel 2018, La squadra di rugby femminile Harlequin lancia una campagna per rompere gli stereotipi di genere nel mondo dello sport.

 

Il video The Game Changer accende i riflettori sulle donne che compongono il team e che nella vita svolgono lavori a tempo pieno come il pompiere, l’insegnante o l’analista di dati.

La squadra chiede supporto ai suoi fan per dare visibilità ai club di rugby femminile del Regno Unito.

Giornata Internazionale della donna 2020

#EachforEqual è il tema scelto quest’anno per la Giornata Internazionale della donna, un messaggio basato sulla convinzione che ogni persona possa contribuire concretamente alla parità di genere:

A livello individuale, siamo tutti responsabili dei nostri pensieri e delle nostre azioni – ogni giorno. Possiamo scegliere di sfidare gli stereotipi, combattere i pregiudizi, migliorare le situazioni di vita quotidiana e celebrare i risultati delle donne. A livello collettivo, ciascuno di noi può costruire un mondo dove esista la parità di genere.

Giornata Internazionale della donna

LEGGI ANCHE: Addio agli stereotipi: cari brand forse è ora di cambiare (partendo dai dati)

L’auspicio è quello che la società e le imprese possano andare oltre semplici iniziative di sensibilizzazione e scendere in campo con azioni tangibili.

In attesa di scoprire come i brand interpreteranno questo messaggio, vi invitiamo a condividere gli esempi di persone e aziende che contribuiscono ogni giorno, anche attraverso piccoli gesti, a costruire una società più equa.

Tempi duri per i detrattori dell’istruzione digitale, con le scuole chiuse e l’Italia ferma

All’improvviso anche l’Italia si è scoperta più tecnologica e avvezza alle tecnologie di quanto pensasse. Ha fatto di necessità virtù. Le scuole sono chiuse, molti uffici anche. E le aziende che non hanno chiuso promuovono, obtorto collo, lo smart working. Tutta l’Italia è ferma. Non si tratta più di un terremoto o di un’allerta maltempo cricoscritta. Siamo di fronte a un’emergenza nazionale

Ma le domande che ci si pone sono molte. Quanti genitori, potendo davvero scegliere, lascerebbero il proprio bambino ore e ore davanti ad un computer e a un microfono per svolgere le lezioni a distanza? Non è forse meglio accompagnarlo in classe dove può incontrare e interagire con altri coetanei e con gli insegnanti?

Il fattore umano è ancora decisivo. Soprattutto per la crescita cognitiva e relazionale dei nostri ragazzi.

In questi giorni, però, alcune zone d’Italia non hanno avuto alternative alla sospensione delle lezioni. E gli istituti scolastici si sono tutti più o meno organizzati con l’istruzione digitale, dando la possibilità di seguire le lezioni regolarmente attraverso le piattaforme digitali come Skype o WeSchool.

Il futuro, insomma, è già qui e la quarantena imposta dal Coronavirus ci ha obbligato a guardarlo in faccia cogliendo l’immensa opportunità che ci offre. Del resto la tecnologia ha già profondamente cambiato, per esempio, la formazione post-universitaria che ha attraversato numerose mutazioni, dall’e-learning degli anni 1990-2000, al continuous, dal digital learning fino al micro learning sul posto di lavoro.

La riflessone sulla formazione a distanza si è estesa alla scuola primaria e secondaria che non è, fortunatamente, immune al cambiamento.
Se per certi versi le nuove generazioni hanno una spiccata propensione ad integrare le esperienze fisiche all’utilizzo del digitale, per la formazione fin dalle più giovani età c’è ancora molta cautela nell’interferire con i tradizionali metodi educativi.

LEGGI ANCHE: Scuole chiuse in tutta Italia: le lezioni a distanza si fanno grazie a una startup e all’istruzione digitale

Il modello ibrido? Il migliore per il futuro prossimo

E così, la verità sta un po’ nel mezzo. L’apprendimento online ed il digitale non solo possono garantire l’istruzione in casi di necessità, ma anche migliorare l’esperienza scolastica dei nostri ragazzi in un modello di “blended learning”. Uno studio del Dipartimento della Pubblica Istruzione degli Stati Uniti individua nelle classi di apprendimento misto (blended) risultati statisticamente migliori rispetto ai loro omologhi basati sulla sola istruzione face-to-face.

Un recente rapporto del New Media Consortium ha rilevato che i corsi ibridi sono ormai la norma ed un trend crescete nelle scuole, nelle università e nei college di molte nazioni. A confermarlo anche da uno studio “Next generation Learning” finanziato dalla Fondazione Bill Gates che giunge alla conclusione che il “blended learning” (modello ibrido) produce risultati accademici superiori rispetto esclusivamente ai corsi frontali o esclusivamente online.

Flessibilità e autonomia si mescolano a interazioni e scambio di esperienza con altri studenti e tutor creando, così un equilibrio perfetto.

Restiamo umani parola dei padri dell’artificiale

Del resto lo sostiene anche Sebastian Thrun, ex professore di intelligenza artificiale presso la Stanford University e un pioniere dell’apprendimento a distanza. La sua azienda Udacity offre corsi online per aiutare gli studenti ad acquisire competenze in ambito delle nuove tecnologie esponenziali quali l’intelligenza artificiale, coding e nanotecnologie. Ma nonostante il valore riconosciuto a di tali corsi, lo stesso Thrun sottolinea che solo il 34% di coloro che iniziano i corsi arrivano in fondo. Un rate piuttosto elevato.

“L’apprendimento individuale è difficile – sostiene Thrun – Molte persone si imbattono in una sfida anche tecnica insormontabile che non riescono a superare. Senza il tipo di attenzione personale che proviene da forme più tradizionali di training, si demoralizzano e si arrendono”.

A fronte di queste constatazioni Thrun ha integrato i propri corsi con incontri ed esercitazioni di team building, creando un senso di comunità tra gli studenti. Anche la fase di gratificazione ha mantenuto un carattere umano e quando uno studente passa un test, riceve le congratulazioni e un ringraziamento da un essere umano “reale” via Skype.

Udacity non è sola. Alcune scuole e gli istituti di istruzione superiore stanno già integrando i metodi di insegnamento con tecnologie di prossima generazione come la realtà aumentata, l’AI e la realtà virtuale.

Esistono oggi alcune società come la statunitense Nearpod che vanta oltre sei milioni di studenti che hanno già frequentato lezioni basate sulla realtà virtuale, che includono gite virtuali in siti storici famosi come il Colosseo romano.

La società con sede a Copenaghen Labster, focalizzata sull’educazione universitaria e post universitaria, sta attualmente sviluppando una serie di prodotti VR con Google che consentiranno agli studenti di scienze di eseguire esperimenti virtuali. Un progetto include un gioco VR in cui uno studente di scienze forensi può indagare su una scena del crimine virtuale e analizzare le prove che trovano.

“La realtà virtuale è uno strumento accattivante, ma all’interno di un piano di lezioni di 35 minuti, potrebbe durare solo due o tre minuti. L’apprendimento è un’esperienza sociale. Non si tratta solo di imparare i contenuti, ma di imparare a trattare con gli altri. Gli insegnanti giocano un ruolo davvero influente”, ha spiegato Kovalskys, Amministratore delegato e co-fondatore di Nearpod.

Un modello ibrido per evolvere e garantire la continuità con l’istruzione digitale

Ma se Ecole42, istituto di formazione senza docenti con oltre 20 sedi nel mondo dove allievi tra i 18 e i 60 anni seguono lezioni secondo un programma governato da un algoritmo, è un caso di successo, dobbiamo essere coscienti che non tutti oggi sono pronti a questo cambiamento.

E allora in un sistema ibrido, ed in situazioni di crisi come questo che impongono l’interdizione ai luoghi fisici, spostarsi verso un livello superiore di digitalizzazione dell’istruzione ci porrebbe al sicuro, anche come Paese, dall’interruzione del “servizio” obbligandoci a munirci di un’infrastruttura. Oltre a favorire un interscambio disciplinare tra corsi e istituti scolastici.

E allora sfruttiamo la crisi e la contingenza per andare a fondo alle potenzialità che la tecnologia ci può offrire, creando la giusta sintesi, al fine di stimolare sempre di più i nostri ragazzi e rendere la scuola un luogo capace di guardare al futuro senza subirlo o rincorrerlo.

E se si potrà integrare la propria formazione accedendo a librerie di knowledge di altri istituti, recuperare una lezione persa accedendo ad un modulo di recupero on-line o partecipare ad una gita attraverso la realtà virtuale, siamo pur certi che nulla può valere di più di una pacca sulla spalla dopo aver preso un bel voto.

scuole chiuse coronavirus startup

Scuole chiuse in tutta Italia: le lezioni a distanza si fanno grazie a una startup

Con la chiusura totale di scuole e università fino alla metà del mese di marzo, molti istituti stanno cercando soluzioni alternative per permettere agli studenti di non perdere giorni di lezione oltre che di frequenza.

Una startup in particolare ha deciso di mettere a disposizione gratuitamente la piattaforma, anche partecipando alla call del Ministero dell’Istruzione per sostenere la didattica a distanza.

Già dalla scorsa settimana, Schoolr aveva aperto gratuitamente le lezioni “da uno a molti”- le Schoolr Classroom -, dove un tutor può svolgere lezioni con gruppi fino a 30 studenti, per permettere così alle scuole di non restare indietro con il normale svolgimento dell’attività didattica.

Come funzionano le lezioni online

Grazie alla piattaforma, lo studente può connettersi con il tutor, da qualsiasi dispositivo e senza scaricare nessun tipo di applicazione o programma, accedendo semplicemente via web, con un link: un elemento di fondamentale importanza perché permette l’accesso a tutti, senza discriminazione di prezzo o di dispositivo.

L’aula virtuale è dotata di un pacchetto di funzionalità di ultima generazione, che consente di ottenere un’eccezionale esperienza di insegnamento e apprendimento online. Lo studente e il tutor interagiscono attraverso webcam full HD/microfono possono condividere una lavagna virtuale per la scrittura a mano, una per la scrittura con tastiera (analogo a word) e una, fornita di un compilatore con tutti i linguaggi di programmazione, per le lezioni di informatica.

Sono disponibili anche strumenti come l’equation tool, che consente di scrivere tutte le equazioni con i simboli esatti e il photo tool, con cui scansionare in pochi secondi un foglio cartaceo per portarlo all’interno dell’aula virtuale. Lo studente può scaricare ogni lavagna per avere sempre a disposizione i propri appunti di lezione. Inoltre, tutte lezioni sono automaticamente registrate dal sistema, e ciò permette a ogni studente di rivedere la propria lezione su qualsiasi dispositivo, anche scaricandola per la fruizione offline.

LEGGI ANCHE: Per gestire l’emergenza Coronavirus entrano in campo anche i chatbot

Le startup a disposizione dell’emergenza

Schoolr ha scelto di mettere a disposizione gratuitamente la propria piattaforma perché la nostra vision è proprio quella di rendere accessibile a tutti l’educazione e la formazione scolastica e universitaria: questa situazione di emergenza mette alla prova il nostro lavoro e i nostri valori.

spiega Cristiano Scarapucci, CEO di Schoolr.

Nostalgia, 10 campagne che ti ricorderanno perché è una tattica fondamentale

Nostalgia nel Marketing: 10 campagne che ti ricorderanno perché è una tattica fondamentale

  • La nostalgia è un sentimento potente, soprattutto in comunicazione
  • Da Nintendo a McDonald’s abbiamo selezionato alcuni tra i migliori commercial a tema

___

Muovere sulla leva della nostalgia nel marketing e nella comunicazione è l’equivalente del comfort food: affidabile, comoda e dal risultato assicurato.

In quest’epoca frenetica, dove ad ogni passo si affacciano mille pensieri sul futuro, abbiamo bisogno della nostalgia, abbiamo bisogno di tornare – almeno con il pensiero – a momenti che nel nostro contemporaneo immaginario iperconnesso, siano rassicuranti.

Poco importa se “quegli anni” li abbiamo vissuti realmente o no.

Ernesto Calindri per Cynar 1966

Ernesto Calindri per Cynar, nel 1966, avrebbe detto: “Contro il logorio della vita moderna” ma oggi, a supporto di questa tesi, c’è anche uno studio pubblicato sul Journal of Consumer Research.

Ebbene, pare che la nostalgia ci predisponga anche a spendere di più.

Preparate i fazzoletti allora, a voi alcuni brand che non se lo sono fatti ripetere due volte.

1. Nintendo, Two Brothers


LEGGI ANCHE: Le più belle pubblicità del Super Bowl dal 1972 al 2018.

Gran parte dei commercial che stiamo per vedere si riferiscono a noi “Millennial”, ossia quell’immenso e indefinibile target che comprende le persone nate tra il 1981 e il 1996.

Ecco, a me questa clusterizzazione non è mai tornata molto, troppo ampia e generica. Se sei nato nell’81, quando Steve Jobs ha tirato fuori l’iPhone dalla tasca avevi 27 anni, se sei nato nel ’96 ne avevi 12; difficile negare che ci siano delle differenze.

Ma nell’intro abbiamo parlato anche di “ricordare anni che in realtà non abbiamo vissuto”e possiamo dire che è proprio il caso di Nintendo.

Torniamo a noi, rampante over 30, ti ricordi quanto fosse figo il compagno di classe che per Natale ricevette la console?

Ovviamente andava condivisa con amici, compagni e soprattutto fratelli. Di questo parla “Two Brothers”, dell’evoluzione – non sempre facile – del rapporto tra i due, accomunati dal ricordo più bello: i pomeriggi insieme a raccogliere funghi e salvare principesse con Super Mario.

Gli anni passano, i dissidi si inaspriscono, ma quel legame (il loro e quello con la Nintendo) non svanisce: per fortuna la tech company nipponica è cresciuta con te e oggi tu e tuo fratello potete continuare a giocare con Nintendo Switch, anche se non condividete più lo stesso soggiorno.

2. Spotify, Never Ending

Una fortunata longevità simile era più improbabile della pettinatura di Limahl.

Eppure (complice forse il successo della seconda stagione di Stranger Things“Never Ending Story”, continua ad essere riprodotta anche su Spotify, ogni giorno (Spotify è la solita Maestra di utilizzo creativo dei dati).

Per questo Wieden + Kennedy New York, nel 2016, è riuscita a rimettere Atreyu in sella a Falkor, il suo Fortunadrago.

La coppia appare proprio come l’avevamo lasciata nel 1984, volando tra le nuvole con la sua iconica soundtrack in sottofondo.

Non posso credere che la gente ascolti ancora questa canzone

esclama Atreyu/Noah Hathaway, mentre Falkor/Alan Oppenheimer esplode in una delle sue tipiche risate…tutto mentre si allontanano e l’orizzonte si tinge di quella grana spessa che ci ha accompagnato per tutti gli anni ’80.

3. Target, Share the Force


Sarà che a me, quando parte la fanfara di Star Wars, una lacrimuccia scende comunque ma guardando questo commercial non puoi rimanere inerme davanti alla Forza.

E così, per spingere Star Wars: il risveglio della forza, la narrazione si snoda in un’epopea che ha segnato più generazioni. Facendo parlare loro, i piccoli-grandi Leia, Han, Chewbacca, in un montaggio che tra foto e filmati originali condivide una Forza che scorre potente dal 1977.

4. Adobe, The Joy of Sketching with Adobe Photoshop

Bob Ross – popolare guru della pittura – ha dominato con “The Joy of Painting” la Tv degli anni ’80.

Il suo stile pacato e cordiale di divulgazione è stato ripreso da Adobe e Lekker Media per la sua campagna multi soggetto “The Joy of Sketching”, dove con una serie di video tutorial hanno promosso Adobe Photoshop Sketch per iPad Pro.

L’autenticità, oltre alla nostalgia, è stato il forte concept della campagna.

5. Apple, Cookie Monster Siri Commercial

Apple non è nuova all’utilizzo di personaggi famosi e storici nei suoi commercial; qualche anno fa è stata la volta di far tornare alla ribalta Cookie Monster, il simpatico Muppet cookie-addicted che questa volta si fa aiutare da Siri a preparare i suoi biscotti preferiti.

LEGGI ANCHE: Le tre tipologie di Copywriter (e come stare alla larga dagli errori)

6. Microsoft, Child of the 90s

È facile ridere quando stai leggendo questo post da Google Chrome, questo perché probabilmente non ti ricordi di Internet Explorer. Il Browser di Microsoft è andato in pensionamento anticipato da qualche anno ma, grazie anche al supporto dell’agenzia creativa Colum Five Media, “Child of the 90s” si è aggiudicata il riconoscimento della viralità e un Webbie Award.

Potresti non ricordarti di noi,

ma ci siamo conosciuti negli anni ’90”

Inizia così il narratore, mentre lo spot ci mette davanti a pezzi storici come i marsupi, il Tamagotchi e i tagli di capelli a scodella.

Adesso guardalo e prova a non dire “ce l’avevo anche io”.

7. Adidas, Billie Jean King Your Shoes

LEGGI ANCHE: Perché amiamo i Brand del lusso. Sì, anche tu li ami.

Nel 1973, Billie Jean King ha giocato il match più importante di sempre: “The battle of the Sexes”, la prima partita di tennis che vedeva scontrarsi donna e uomo.

Quel giorno, battendo Bobby Riggs, B.J.King non ha solo vinto una partita di Tennis, ha vinto contro un uomo che aveva dichiarato che anche a 55 anni avrebbe potuto battere una donna, stravolgendo tutti gli stereotipi di genere dentro e fuori dal campo.

E ha fato tutto questo con un paio di Adidas blu.

Per celebrare il 45°anniversario della sua storica vittoria, Adidas non ha solo lanciato una classica linea celebrativa, non sarebbe stato nello stile di B.J.King: lei cambia le cose.

Quindi – in occasione degli U.S. Open, Adidas ha allestito uno stand che permetteva di dipingere di blu qualsiasi modello di scarpe (anche di altri brand) e i commercial a supporto dell’iniziativa mostrano la nostra eroina compiere questo atto sovversivo, munita di bomboletta e racchetta.

Parliamo anche di qualche numero: Adidas ha dichiarato che la campagna ha portato non solo ad un incremento delle vendite stimato intorno al +20%, ma che – a campagna ormai terminata – i modelli in edizione limitata sono rivenduti ad un massimo di 1000$ su Ebay.

8. Tesco, Christmass 2013


Se ti fermi un attimo a pensare, non c’è proprio nulla di più nostalgico di vecchi filmini amatoriali che ritraggono le feste natalizie trascorse in famiglia.

È questo l’insight seguito da Wieden + Kennedy, London per Tesco, che ci racconta il crescere (e l’invecchiare) di una normale famiglia, alle prese con i piccoli grandi drammi che si consumano abitualmente quando le famiglie si riuniscono. Un Natale che non è perfetto, perché è vero.

LEGGI ANCHE: L’autenticità paga, 10 casi di pubblicità che lo dimostrano.

9. McDonald’s, A Better McNuggets


LEGGI ANCHE: Il revisionismo ai tempi dello storytelling e le scelte dei Brand sugli errori del passato.

In questo caso McDonald’s doveva comunicare la rimozione di antibiotici e conservanti artificiali dai loro polli.

Per questo l’esigenza comunicativa non era “semplicemente” spingere un prodotto ma informare i consumatori, anche quelli meno attenti.

Leo Burnett USA ha quindi deciso di mettere in scena non tanto l’evoluzione del prodotto ma la sua valenza cross generazionale, che abbraccia genitori e figli, e tutte le emozioni che possono essere condivise, compresa quella di mangiare insieme dei McNuggets.

10. Australia Tourism Board, Dundee


LEGGI ANCHE: Il messaggio nascosto dei loghi più famosi.

Tra i vari capolavori che vengono annualmente presentati al Super Bowl, menzione d’onore per l’edizione 2019 va all’ente del turismo australiana che – nell’anno in cui fare remake dei blockbuster anni ’80 pare fosse d’obbligo – ha scelto di allontanarsi dalla classica narrazione, dalle foto patinate e dalla messa in scena dei paesaggi da sogno del territorio.

La pubblicità si trasforma in trailer proprio per un remake, l’eroe che parla con i coccodrilli Mr. Croccodile Dundee l’ipotetico terzo capitolo della saga. Così gli spettatori si sono trovati davanti a Chris Hemsworth e Jason Sudeikis, che concordano sul fatto che la migliore vacanza che abbiano fatto sia proprio quella che li ha portati in Australia.

Come usare la Nostalgia?

Nessuna formula magica, solo una declinazione di quello che abitualmente fai per trovare un insight.

Cerca di indagare negli interessi del tuo pubblico, quello che li motiva, come sono cresciuti e quali siano i loro interessi più profondi. Fai le tue ricerche e sviluppa una buyer personas cresciuta in una generazione specifica, ed estrapola cos’ha caratterizzato la stessa.

Adesso scusate scappo, inizia Bim Bum Bam.

miti di digital marketing

3 miti di Digital Marketing che dovremmo sfatare nel 2020

Questo articolo è stato scritto da Joshua Spanier, VP of Media Lab at Google.

Alcuni luoghi comuni e miti del Digital Marketing vengono ripetuti così frequentemente e da così tante persone, che alla fine si tende a dare per scontato che siano veri. Come accade nella cultura popolare, è sempre stato così e sempre lo sarà.

C’è modo però, a volte, di fermarsi a riflettere più da vicino su questi miti e quello che emerge permette spesso di spostare l’asticella delle proprie strategie di marketing ad un livello successivo.

Ecco quindi tre miti di Digital Marketing che dovremmo sfatare quest’anno.

miti di digital marketing

Mito del Digital Marketing n. 1: il video è lento e costoso da produrre

Gli esperti di marketing comprendono che dovrebbero adattare e ottimizzare gli asset creativi alle caratteristiche specifiche della piattaforma in cui i video verranno usati.

Il mito del settore è che produrre video in questo modo è costoso e richiede molto tempo. Bisogna assumere un regista e un grande team che devono girare in qualche posto glamour, portando con sé le loro costose attrezzature. Prima di passare alla post-produzione, ci vorranno molti mesi e molti soldi. L’opera finale, per quanto bella possa essere, dovrà essere trasmessa ovunque – con un formato adatto a tutti i canali – senza tempo o risorse per eventuali adattamenti o personalizzazioni.

In realtà, produrre un video non deve essere così. È possibile invece produrre video digitali in modo più veloce, economico ed efficace.

Ad esempio, per il lancio di Google Home Hub, abbiamo preso un video di base e lo abbiamo lanciato attraverso uno strumento chiamato Directors Mix che consente di creare video personalizzati su vasta scala. Abbiamo realizzato alla fine 80 versioni dell’annuncio, ognuna su misura per un contesto diverso.

LEGGI ANCHE: Si parla ancora di Micro Influencer e sempre più di Content Experience: ecco i Digital Marketing Trend 2020

Mito del Digital Marketing n. 2: più dati hai, meglio è

Nel marketing digitale, raccogliamo tutti i tipi di dati per capire se le nostre strategie creative e multimediali funzioneranno. Possiamo vedere quanto tempo qualcuno ha trascorso a guardare un video, fino a che punto qualcuno ha fatto scorrere la pagina verso il basso o quanti visitatori lasciano il nostro sito web. E l’elenco potrebbe continuare ancora.

Ma davvero solo perché puoi misurare qualcosa, significa che dovresti farlo? Ci siamo resi conto che, anche quando si tratta di dati, “less is more”.

Quando abbiamo verificato le analisi condivise con la nostra leadership dai team di Google Marketing, abbiamo scoperto che, insieme, stavamo segnalando 70 diverse metriche a livello globale. Come ci aspettavamo che i nostri CMO e VP prendessero decisioni coerenti, confrontando una campagna o strategia con un’altra, quando i nostri team non parlavano la stessa lingua?

Abbiamo ridotto tutti quei dati a sole sei metriche rilevanti. Perché questo numero? Perché eseguiamo due tipi di campagne: brand e performance. In tutte queste campagne, ci preoccupiamo di tre cose: se catturiamo l’attenzione delle persone, come si comportano in risposta e quale sia il risultato.

Quindi ora, piuttosto che annegare nelle metriche, ne abbiamo solo una per ciascuno dei risultati che siamo interessati a misurare.

miti di digital marketing

Mito del Digital Marketing n. 3: gli umani vengono sostituiti dalle macchine

“Come inserzionisti nell’era del machine learning e dell’AI, è facile pensare a noi stessi in un confronto epico con le macchine”, ha scritto Ben Jones in un articolo di Think with Google dell’anno scorso.

Questa paura che le macchine ci sostituiscano è normale e non si limita certamente al settore del marketing. Ma la paura è infondata. Invece, come abbiamo scoperto attraverso i nostri esperimenti lo scorso anno, si tratta di capire quali compiti le macchine svolgono meglio di noi e di lasciarle operare, lasciando così gli esseri umani liberi di fare ciò che davvero sanno fare in modo unico: intuire, ispirare e essere creativi.

Ecco un esempio. Questa è l’equazione per il calcolo del customer lifetime value (CLV) – un modo per identificare chi sono i clienti più preziosi, qualcosa che tutti gli esperti di marketing devono conoscere.

Per chi non è un matematico, ci vorrebbe letteralmente una vita per capire cosa significhi. Ma anche le persone più analitiche impiegherebbero un po’ di tempo a risolvere questo problema manualmente, motivo per cui in genere si calcola il CLV solo ogni sei mesi.

Per svolgere questa operazione in modo decisamente più rapido ci siamo rivolti al machine learning e abbiamo utilizzato uno strumento chiamato TensorFlow. Siamo passati dall’avere accesso a un CLV ogni sei mesi, ad avere 2.000 predicted customer value (pLV) al giorno. Questo ci ha permesso di ottimizzare e aggiornare regolarmente la nostra strategia di offerta di annunci.

Le macchine possono anche permetterci di risparmiare tempo nell’area della creatività pubblicitaria. Ad esempio, siamo stati in grado di utilizzare una smart creative technology per ottimizzare la visualizzazione e la ricerca degli annunci in tempo reale in base al modo in cui le persone rispondono a questi.

Il formato ha notevolmente sovra-performato rispetto ai legacy static display e ai search ads che utilizzavamo da più di un decennio.

I computer sono ben progettati per queste decisioni altamente manuali. Quindi lasciamo che facciano questo lavoro, lasciandoci la possibilità di concentrarci sulle cose che le macchine non possono fare.

Quelle di Tokyo 2020 potrebbero essere le prime vere Olimpiadi digitali (se ci saranno)

Mancano poco più di cinque mesi all’accensione della fiamma olimpica e all’inizio di Tokyo 2020, ma già i brand sponsor si stanno preparando per quella che sarà la prima vera l’olimpiade digital dell’era moderna.

Prima di parlare di Tokyo 2020 è necessario menzionare anche di Rio 2016, dove si parlò per la prima volta di Olimpiadi digitali: basti pensare che 102 milioni di browser in tutto il mondo effettuò l’accesso alla piattaforma online di BBC per seguire i giochi olimpici, circa il 75% degli spettatori, contro il 42% di persone che seguirono le Olimpiadi di Londra da device mobile.

Il dato è interessante e ha permesso ai brand di poter analizzare il fenomeno ed essere pronti e reattivi quattro anni più tardi, in uno dei paesi più digital del mondo, attraverso digital advertising sempre più personalizzate, experience online sempre più one-to-one.

Pericolo Coronavirus

Nonostante il Covid-19, i preparativi per le Olimpiadi di Tokyo 2020 continuano come previsto. Le contromisure contro le malattie infettive costituiscono una parte importante dei piani di Tokyo 2020 per ospitare dei Giochi Olimpici sicuri e protetti – è detto nella nota del Cio – Tokyo 2020 continuerà a collaborare con tutte le organizzazioni pertinenti che monitorano attentamente l’incidenza di malattie infettive e rivedrà le contromisure che potrebbero essere necessarie con tutte le organizzazioni pertinenti.

Queste le dichiarazioni del Comitato Olimpico Internazionale sui Giochi in Giappone, anche se non escludono la cancellazione delle Olimpiadi di Tokyo.

Entro la fine di maggio valuteranno, se la situazione peggiorerà o meno, il da farsi a riguardo. La dimostrazione di come il Coronavirus stia danneggiando non solo l’economia ma anche il mondo dello sport, coinvolgendo i paesi globalmente.

La ministra per le Olimpiadi, Seiko Hashimoto, ha confermato che il contratto prevede che i Giochi si svolgano entro il 2020 e quindi una delle interpretazioni è che potrebbe essere consentito uno slittamento della data di inizio. Giochi sono in programma dal 24 luglio al 9 agosto, ma le autorità nipponiche fanno sapere che faranno di tutto per rispettare i programmi.

La macchina organizzativa, insomma, per il momento va avanti e con questa anche le innovazioni in termini pubblicitari che i brand pensano di applicare all’evento sportivo più atteso dell’anno.

Tecnologie avanzate vs. sponsorship tradizionali

La possibilità per tutti i brand di accedere a contenuti, sistemi e partner sempre più avanzati permetterà una riduzione dei costi dovuti a meccanismi ormai superati.

La targetizzazione sarà uno dei fattori di successo più importanti da non sottovalutare; tutti gli spettatori dei giochi olimpici sono anche potenziali consumatori e il portare loro contenuti personalizzati, garantirà il successo della propria campagna.

Connessione h24

LEGGI ANCHE: Quanto costeranno all’Italia le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026

Pensiamo ad un evento come le Olimpiadi in cui spettatori di tutto il mondo hanno il bisogno di essere collegati da ogni angolo del pianeta, in un’era in cui tutti noi abbiamo diversi device. L’opportunità è enorme sia per broadcaster sia per advertiser ma bisogna fare attenzione a diversi aspetti.

Il primo è la diversificazioni di contenuti: non tutti sono interessati a seguire tutte le gare tutte le ore del giorno, ma, nell’era dell’immediatezza è necessario adattare ciò che si propone.

Saranno utili video emozionali su mobile, facilmente condivisibili e con una connessione last minute per le finali, contenuti di maggiore durata e con una digital experience più attenta a diversificare l’esperienza per device come desktop e tablet.

Di conseguenza anche i brand dovranno adattare le loro inserzioni con nuovi formati, innovativi e non invasivi, con l’obiettivo di portare il proprio messaggio e promuoversi, senza interrompere l’esperienza olimpica.

Gli strumenti per Tokyo 2020

Per Tokyo 2020 i provider hanno pensato a diverse soluzioni custom per brand e utenti. Partiamo dalla più semplice: lo streaming. Le competizioni andranno avanti ogni giorno ad ogni orario, considerando i relativi fusi.

Ciò darà la possibilità ai marketer di adattare le proprie inserzioni non solo per demografica (età e provenienza geografica) ma anche di essere più specifici lato contenuti.

Il secondo strumento più utilizzato saranno le digital Out of Home: grazie alle nuove tecniche di digital advertising verranno tracciate, oltre ai passaggi in quella determinata area, anche orari, news e località. Una medaglia inaspettata sarà dunque condivisa immediatamente per non far perdere nemmeno un aggiornamento ai propri utenti.

Tecnologia e Marketing

Il Marketer del 2020 non ha nulla da temere dalla tecnologia

“Le menti sono come i paracadute. Funzionano solo quando sono aperte”

Sir James Dewar, fisico Scozzese (1842-1923)

È impossibile avere una strategia, soprattutto una strategia digitale, senza un piano solido che spieghi chiaramente perché i clienti dovrebbero acquistare da voi piuttosto che da un concorrente con prodotti simili.

MARKETING e TECNOLOGIA NEL 2020

Naturalmente, i marketer di oggi devono comprendere la blockchain, la realtà aumentata, l’analisi predittiva, la biometria vocale, i grandi dati, l’intelligenza artificiale, la stampa 3D e simili. Ma queste tecnologie avranno successo solo se miglioreranno, direttamente o indirettamente, il valore per il “cliente”. Fortunatamente, tutte le previsioni sul ruolo della tecnologia per i prossimi dieci anni prevedono una migliore comprensione delle esigenze dei clienti. Ma anche in questo caso dobbiamo essere prudenti.

Michael Brenner, scrivendo nel rapporto Marketo intitolato “Dieci previsioni di marketing per un nuovo decennio” , afferma: “I consumatori sono soddisfatti dell’esperienza d’acquisto? La verità è che tre acquirenti su quattro sono più fedeli alle aziende che danno loro la possibilità di interagire con un essere umano piuttosto che a quelle con esperienze digitali completamente automatizzate”.

Gurdeep Dhillon, scrivendo nello stesso rapporto di Marketo, dice: “Nessuno legge mai le nostre offerte di contenuti e poi si presenta il giorno dopo per dire: Wow, quell’eBook di adobe su Digital Marketing è stato incredibile. Non vedo l’ora di leggere il blog, guardare il webinar e che i cinque giorni di retargeting mi seguano su internet”.

LA MAGGIOR PARTE DEI PRODOTTI HA UN ASPETTO SIMILE. COSA FARE?

Ogni volta che ho il privilegio di avere un grande pubblico, ci chiediamo quanti di loro hanno prodotti non perfetti. La risposta, ovviamente, è: nessuno. Ma allo stesso modo, chiedendo quanti di loro hanno prodotti eccellenti, la risposta è altrettanto unanime – tutti, naturalmente. Il punto che stiamo sollevando è che oggi tutti i prodotti sono eccellenti, quindi è improbabile che i prodotti siano la fonte di un vantaggio differenziale.

La realtà oggi è che è il coinvolgimento dei clienti la fonte del vantaggio differenziale e, in ultima analisi, questo è ciò che porta alla crescita delle vendite e dei profitti.

Detto questo, la verità è che cercare di deliziare tutti i vostri clienti con tutti i vostri prodotti si tradurrà inevitabilmente in un servizio mediocre e non delizierà nessuno.

È fondamentale identificare i vostri mercati principali e i vostri clienti e soddisfarli. In questo modo avrete una base clienti solida, redditizia e duratura.

IL PROBLEMA DELLA DISRUPTION

Poi, naturalmente, c’è la questione dell’innovazione “dirompente” che ha coinvolto alcuni dei migliori cervelli del mondo.

Ma anche qui dobbiamo mantenere il senso della prospettiva e della realtà. Apple non è andata a fare domande stupide su ciò che i consumatori volevano. La gente non ha chiesto loro di inventare iPod, iPad, download di musica e simili. Hanno solo creato modi per rendere la vita più facile e più piacevole. Quindi Apple non ha distrutto l’industria musicale che tra le altre cose, aveva  costretto il cliente a comprare album completi.

Allo stesso modo, non è stato Netflix a uccidere i Blockbuster. È stata la loro attenzione per la vendita al dettaglio, con la virtuale esclusione della convenienza on-line.

Non è stata la UBER ad influire negativamente sul business dei taxi. Sono stati il controllo delle tariffe e la difficoltà di ordinare un taxi. Amazon non ha ucciso i negozianti. Il servizio clienti era pessimo, lo stock limitato, le dimensioni inadeguate e così via.

No, non è la tecnologia, di per sé, a perturbare i settori.

È la mancanza di comprensione delle esigenze e lo scarso coinvolgimento dei clienti che lascia la porta aperta ai cosiddetti “disruptors”.

Poi, con le grandi organizzazioni, c’è la questione degli alti costi gestionali, delle politiche radicate, della cultura dell’autocompiacimento e dei dipendenti demotivati, il che lascia la porta spalancata a un concorrente più agile e centrato sul cliente. Quando reagiscono, spesso è troppo tardi per le sfide esistenziali.

Questo non significa, tuttavia, che le grandi organizzazioni siano morte. Al contrario, i fattori di marketing che causano il successo a lungo termine sono ben documentati, e abbiamo 127 pezzi di ricerca scientifica che spiegano cosa sono .

Le aziende di successo a lungo termine hanno una profonda comprensione di come funzionano i loro mercati e, cosa ancora più importante, di come evolvono e cambiano nel tempo. Si concentrano sul 20% del mercato che dà loro l’80% del loro fatturato e dei loro profitti. Suddividono questi mercati in segmenti e lavorano instancabilmente per comprendere le reali esigenze dei clienti e dei consumatori che appartengono a ciascun segmento. Solo in questo modo è possibile soddisfarli e questo sarà sempre sufficiente per evitare che i cosiddetti disruptors si impadroniscano del vostro mercato.

Sicuramente non è tutto rose e fiori e siamo rincuorati dalle migliaia di marchi di successo di lunga data e non ci riferiamo solo a SKF , Procter and Gamble , Unilever e simili.

CONCLUSIONI

Ricordiamoci che molto raramente una delle centinaia di migliaia di start-up diventa un disruptor e i fattori di successo sono universali per tutte le organizzazioni, grandi o piccole che siano:

    • Pensare in termini di esigenze dei clienti, non di prodotti
    • Effettuare una corretta segmentazione basata sulle esigenze e comprendere le diverse esigenze di ogni segmento
    • Concentratevi sui segmenti che pensate di poter servire meglio dei vostri concorrenti
    • Sviluppare offerte irresistibili che creano un vantaggio per loro
    • Ricordate la regola 80/20. Stabilite solo alcune priorità. Non cercare di essere tutto per tutti
    • Coinvolgete la vostra squadra. Un collaboratore felice e motivato offre un valore eccezionale

Nonostante le critiche allo stato attuale del marketing, la nostra ricerca mostra che i marketer di successo danno un contributo importante al patrimonio aziendale attraverso la comprensione dei mercati, la corretta segmentazione basata sulle esigenze, lo sviluppo di proposte di valore quantificato, l’analisi della concorrenza, l’analisi del portafoglio e la gestione del rischio di mercato.

Quindi, è giunto il momento di raccontare al mondo il reale contributo che i marketer di livello mondiale danno alla creazione di valore per gli azionisti. Questo non verrà da modelli econometrici – anche se questi sono importanti – né da semplici misure di efficacia del marketing. I top manager non sanno ancora come convertire, ad esempio, il brand equity in ” vero ” equity, mentre singoli numeri come il “net promoter score” sono aperti a critiche diffuse. Da qui la scuola “show -us-the-money” ai vertici della maggior parte delle aziende.

Infine, come ha detto Peter Drucker, deve essere chiaro a tutti che se oggi fate esattamente quello che avete fatto ieri, domani non sarete in giro per farlo. Oppure, come ha detto Charles Darwin, non è la più forte delle specie che sopravvive, ma quella più reattiva al cambiamento.

Il marketer 2020 ha un ruolo significativo da svolgere in questo cambiamento.

 

The 2020 marketer has nothing to fear from technology

  Tradotto e adattato da Giorgio Burlini – Editor Ninja Pro Information