Un progetto digitale e fisico vincente mette al centro del processo le persone e l’esperienza che vivono a contatto con il prodotto e il servizio.
Integrare marketing e User Experience Design è oggi fondamentale per affrontare le sfide del mercato e i cambiamenti sociali con diverse prospettive, una mentalità aperta, proattiva e non perdendo mai di vista le persone.
La Customer Journey Map è uno strumento grafico proveniente dal mondo UxD, particolarmente potente e trasversale. Aiuta a mappare i percorsi che le persone compiono verso un determinato obiettivo, a collaborare, elaborare strategie e nuovi modelli di business, fornire esperienze e contenuti di valore.
Human-centered, Omnichannel, Customer Journey Map
Vagare o essere guidati in un percorso?
Quando incontriamo un brand iniziamo un percorso che può portarci o meno al raggiungimento di un obiettivo, come l’acquisto.
Durante il percorso, quasi mai lineare, entriamo in contatto con il brand attraverso diversi punti (touchpoint) e canali, per esempio un volantino, una ricerca google, un articolo di blog, il passaparola, pagine social.
In un contesto, fisico e digitale i punti di contatto possibili sono innumerevoli ed è importante per le aziende, mettersi nei panni delle persone, comprendere il bisogno e creare esperienze fluide e coerenti, in una strategia omnichannel. Guidare insomma le persone in un percorso e un’esperienza di valore, senza lasciare nulla al caso.
Le customer journey map consentono di progettare sistemi integrati e coerenti con al centro le persone. Permettono infatti di mappare le azioni, le scelte, le emozioni e le conseguenze che le persone attuano per soddisfare un bisogno: dall’acquisto di un prodotto alla compilazione di un form.
Perché è fondamentale creare una Customer Journey Map
Sono almeno 5 i motivi per cui dovresti utilizzarle
1. Visualizzi e comunichi le motivazioni, i fattori trainanti e i punti deboli delle persone
Attraverso le Customer journey map puoi visualizzare con l’aiuto di un supporto grafico la complessità delle azioni, motivazioni e emozioni umane rispetto un prodotto e servizio. Ciò ti garantisce una visione di insieme e facilita l’allineamento e la condivisione con il resto dell’azienda.
Pensate a presentare al team sales, o al customer service, report pieni di dati su tendenze, analytics, tassi di apertura, pensate invece a comunicare con una mappa, evidenziando ciò che i clienti pensano, vogliono e fanno in ogni fase specifica del loro viaggio. Come questa qui in basso, che descrive l’esperienza di un utente dalla ricerca, all’acquisto, viaggio e post-viaggio di una azienda ferroviaria.
2. Aiuta a collaborare, strutturare processi trasversali e eliminare i silos in azienda
Le Customer Journey Map migliori sono progettate e utilizzate non solo dal team UX o dal team Marketing, anche se spesso partono da lì, ma sono collaborative e arricchite con il punto di vista di più reparti a diretto contatto con il cliente.
Inoltre aiutano a intervenire su logiche e processi, delineando responsabilità, obiettivi comuni e punti di contatto tra i vari reparti. che spesso nelle aziende sono poco chiari e causano non solo attriti nell’esperienza dell’utente, che magari viene rimbalzato come una pallina da ping pong nei reparti Marketing, Vendite, Customer Service, ma anche inefficienza e perdite di tempo.
3. Conosci meglio i tuoi clienti
Le customer journey Map, partono da un approccio human-centered. Le persone sono al centro del processo, con la loro sfera di azione ed emotiva. Per costruire una mappa, dobbiamo fare ricerca, conoscere chi sono i nostri clienti, quali azioni compiono sui nostri canali, quali contenuti stanno scaricando e quali percorsi compiono per soddisfare il proprio bisogno.
Questa conoscenza e ricerca vale anche nel monitoraggio del percorso verso l’obiettivo, in un processo di continua acquisizione di informazioni.
Tutto questo condiviso con i reparti coinvolti nel processo di acquisto e produzione, crea una conoscenza e un consenso condiviso per ridurre eventuali attriti e rendere più fluida l’esperienza.
4. Elimini i gap e converti più visitatori in clienti
Le Customer Journey Map evidenziano delle criticità con un approccio problem-solving. Mappando le esperienze delle persone, si individuano eventuali gap che condivisi con il resto dell’azienda, possono essere non solo colmati ma anche valorizzati.
La riduzione degli attriti, aiuta a creare esperienze più fluide e maggiori conversioni, perché facilitiamo il raggiungimento dell’obiettivo, ascoltando i bisogni delle persone.
5. Migliori i tuoi prodotti e servizi
Mappare i percorsi delle persone ti aiuta a comprendere perché compiono determinate scelte e quale aspetto del tuo prodotto o servizio è più prezioso per loro.
Allo stesso modo, le customer journey map possono aiutarti a capire come e quando aggiornare il tuo prodotto/servizio o aggiungere nuove funzionalità. Da un customer journey possono venir fuori anche nuovi modelli di business.
6. Migliori il tuo Content Marketing
Quante volte capita di non sapere quale contenuto creare, non si hanno idee e se ne crea magari uno di tendenza “sperando” che faccia colpo sul pubblico. Un approccio che a volte può andare bene, ma tutte le altre rischia di disperdere risorse ed energie preziose per una manciata di visite.
Quando creiamo contenuti, produciamo materiale che i nostri prospect possono esaminare durante le loro ricerche. Li stiamo aiutando a prendere le loro decisioni di acquisto.
Con un processo di inbound Marketing, dove lo scopo è attirare il cliente sui nostri canali attraverso i contenuti organici è fondamentale conoscere il bisogno dell’utente, le azioni e le emozioni per creare contenuti e risorse di valore pertinenti al punto di contatto e al canale.
Mappare il percorso del cliente aiuta a migliorare la tua strategia di content marketing, perché il contenuto creato non è prezioso solo per te, ma soprattutto per i tuoi potenziali clienti. Pensiamo a un ebook gratuito nel momento giusto del percorso, una newsletter ben fatta, post social sulla tua pagina ufficiale.
Risorse per creare la tua Customer Journey map
In questo articolo non ci siamo soffermati a spiegare come realizzare una Customer Journey Map. Ti lasciamo delle risorse gratuite per iniziare a lavorarci su.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/08/customer-journey-1.jpg10801920Silvia Di Gennarohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSilvia Di Gennaro2021-08-27 12:27:492021-08-30 12:31:16Perché è fondamentale creare una customer journey map
Google Analytics 4 (GA4) è l’ultima versione di Google Analytics, già disponibile, che andrà gradualmente a soppiantare l’attuale Universal Analytics (UA). Anche se la libreria “gtag.js” è la stessa usata per la versione precedente, i dati vengono misurati con un nuovo sistema basato unicamente sugli eventi.
Si tratta di una piccola rivoluzione, come è facile notare già dalla nuova interfaccia e dall’organizzazione dei dati. I report di Analytics cambiano quindi radicalmente, promettendo una maggiore flessibilità nel modo in cui vengono tracciate le azioni svolte su “sito Web” e “App”. Peraltro, non è più necessario scegliere tra questi due tipi di proprietà, perché ora lo standard è unico.
Le differenze di approccio tra GA3 a GA4
La terza versione di Analytics (GA3), denominata Universal Analytics, è basata sulle sessioni di navigazione e alle visualizzazioni di pagina (pageview), con la possibilità di configurare e monitorare altri tipi di interazioni (hit), secondo i modelli predefiniti. Questa categorizzazione rappresenta un limite per i tracciamenti, che spesso necessitano di interventi manuali per recuperare i dati e creare report significativi.
Google Analytics 4 è invece costruito attorno a una struttura molto flessibile per cui tutti i tipi di interazione degli utenti sono considerati eventi, e posti tutti sullo stesso piano.
HIT UA
EVENTO GA4
Visualizzazione di pagina
Evento
Evento
Evento
eCommerce
Evento
Interazioni social
Evento
Tempo utente
Evento
Eccezioni
Evento
Visualizzazione schermata (app)
Evento
Questa nuova modalità di raccogliere i dati si riflette in una reportistica più incentrata su una prospettiva di marketing. GA4 fa della personalizzazione dei report una delle sue caratteristiche più rilevanti, anche se questo significa che al momento è disponibile una selezione ridotta di rapporti preconfigurati, rispetto a UA.
Inoltre, molte interazioni ora non richiedono più modifiche al codice di monitoraggio per essere tracciate, come ad esempio i clic sui collegamenti in uscita, il download di file e altro ancora come il monitoraggio interdominio.
Questa semplificazione è una conseguenza di un approccio basato sugli eventi da una tecnologia di machine learning in grado di integrare i dati raccolti, colmare eventuali lacune e creare modelli predittivi.
A rendere questo cambiamento una necessità ha contribuito la rinnovata attenzione delle autorità in tema di privacy, e le conseguenti limitazioni. Per questo, al centro del nuovo modello non ci sono più gli utenti, ma i comportamenti (aggregati di eventi), che è possibile tracciare in modo più completo.
Tuttavia, GA4 è in fase di crescita e presenta ancora alcune limitazioni rispetto al predecessore, come per esempio nel filtraggio del traffico o nel collegamento con gli altri tool di Google.
GA4 è destinato a diventare il nuovo standard di Google Analytics, ma è ancora incompleto: per questo è consigliabile affiancare UA e GA4, beneficiando dei pregi di entrambe le versioni.
Come creare da zero una proprietà GA4 affiancandola a una UA
Per chi vuole iniziare a tracciare i dati di un sito/app da zero con Google Analytics 4, senza partire da una proprietà Universal Analytics Esistente, è sufficiente entrare nell’amministrazione dell’account Analytics e selezionare “crea proprietà” in centro allo schermo.
La procedura guidata porterà automaticamente alla creazione di una proprietà GA4. Dopo aver inserito il nome della proprietà e selezionato “fuso orario” e “valuta” cliccare “mostra opzioni avanzate” e attivare lo switch “Crea una proprietà Universal Analytics”. Inserire poi l’URL del sito Web e cliccare “avanti”, senza modificare le scelte preimpostate.
Nella schermata successiva, apparirà un sondaggio facoltativo: è possibile cliccare direttamente su “crea” per creare una proprietà GA4 collegata a una UA. Per verificarlo, nella schermata successiva, andare alle “impostazioni aggiuntive” e selezionare “tag del sito collegati”, visualizzando così l’ID dell’account UA collegato.
Per implementare il codice sul sito, scegliere una delle “istruzioni di codifica”, fornendo al proprio webmaster il “Tag globale del sito (gtag.js)”, oppure chiedendogli di inserire nel contenitore Google Tag Manager legato al sito, un nuovo tag “Google Analytics: configurazione di GA4” legato all’ID di misurazione visualizzato in alto a destra.
Ora è possibile uscire dalla schermata. Nel si desideri accedere nuovamente a questa scheda, è possibile farlo selezionando la proprietà GA4 per poi accedere ad “amministrazione”, posizionarsi sulla seconda colonna, cliccare su “stream di dati” e infine sullo stream di dati che appare a centro schermo.
È possibile considerare l’ID dello stream di dati come l’equivalente dell’ID di tracciamento usato da Universal Analytics.
Come creare una proprietà GA4 affiancandola a una UA già esistente
Per creare una proprietà Google Analytics 4 collegata a una Universal Analytics già esistente c’è una procedura guidata.
Una premessa: se dovessero esserci dei dubbi sulla versione di Analytics presente nell’account, sarebbe sufficiente accedere all’ “amministrazione” e selezionare la proprietà interessata. Se vengono visualizzate tre colonne, allora si tratta di una Universal Analytics: infatti, Google Analytics 4 non usa le viste, per cui vengono visualizzate solo due colonne.
La procedura guidata sopra citata si avvia cliccando sulla prima voce della colonna relativa alla proprietà UA selezionata: “Assistente alla configurazione GA4”. Si aprirà quindi una schermata che evidenzia alcuni aspetti importanti della nuova proprietà GA4:
non conterrà dati storici
copierà solo le impostazioni di base escludendo, per esempio: conversioni, segmenti di pubblico, eventi e link ai prodotti
attiverà automaticamente la misurazione avanzata, che terrà traccia, tra gli altri, dei clic sui collegamenti in uscita, della visione di video incorporati, del download di file e dello scorrimento.
Infine, per chi ha implementato il tag globale gtag.js, c’è la possibilità di “attivare la raccolta dati utilizzando i tag esistenti”. Va sottolineato che questa integrazione funziona solo se il tag globale è implementato direttamente sul sito Web, e non, per esempio, tramite Google Tag Manager.
Cliccando “crea proprietà” verrà creata la proprietà GA4. Nella schermata successiva verrà indicata la proprietà collegata e sarà possibile cliccare su “visualizza la proprietà GA4” per visualizzare la schermata di configurazione dell’assistente.
Il passaggio fondamentale per chiudere la procedura è cliccare su “installazione tag” per accedere ai dettagli dello stream di dati e avviare la raccolta.
Come descritto nella sezione precedente, il dato fondamentale da passare al proprio webmaster è l’ID di misurazione presente in alto a destra. Sarà poi lui a decidere come implementarlo nel sito. C’è però un’alternativa: selezionando “utilizza il tag esistente sulla pagina” e seguendo le istruzioni, è possibile utilizzare il tag UA già presente sul sito per avviare la raccolta dati anche nella proprietà GA4.
È possibile ora passare all’esplorazione dell’interfaccia di Google Analytics 4.
GA4: una interfaccia focalizzata sul costumer lifecycle
Per esplorare l’interfaccia di Google Analytics 4, suddivisa in “report”, “esplora”, “pubblicità” e “configura”, è possibile accedere a un account di prova di Google, che presenta i dati relativi a un e-commerce:
La reportistica di Google Analytics 4 cambia il focus, dai dati grezzi al marketing. Le informazioni vengono presentate proponendo un ciclo di vita dell’utente/cliente, con quattro sotto-sezioni che ne ricalcano le tappe: acquisizione, coinvolgimento, monetizzazione, fidelizzazione.
L’ “istantanea rapporti” fornisce una panoramica dello store con vari approfondimenti. In alto a sinistra sono presenti le classiche metriche con i relativi andamenti: numero complessivo di utenti, nuovi utenti, tempo medio di coinvolgimento e entrate totali.
Scendendo, sono presenti approfondimenti automatizzati basati sull’apprendimento automatico di Google, che identifica i diversi punti di interesse da esaminare.
In alto a destra è possibile regolare il lasso temporale in esame, confrontare diverse tipologie di pubblici (in base a dimensioni, che spaziano dai dati anagrafici alle azioni compiute), condividere il report e approfondire i dati con Analytics Intelligence.
Il rapporto “in tempo reale“, invece, mostra i dettagli delle persone che più recentemente hanno compiuto azioni sul sito Web. La mappa domina la prima parte della schermata, suddividendo territorialmente gli utenti connessisi negli ultimi 30 minuti. Tra i dati presenti nei vari box, poi, spiccano i dispositivi utilizzati, le fonti di traffico, le pagine visualizzate e gli eventi.
È possibile visualizzare i comportamenti di un singolo utente casuale selezionando “Visualizza l’istantanea utente” nell’angolo in alto a destra e cliccando sulle frecce nella parte superiore del rapporto per visualizzare un altro set di dati.
La sezioni “ciclo di vita” presenta i rapporti “acquisizione“, che fornisce dettagli su come le persone sono giunte al sito Web, con la possibilità di vedere conversioni ed entrare relative alla dimensione selezionata nella prima colonna (di default: “mezzo della prima interazione dell’utente”).
I rapporti sul “coinvolgimento” forniscono dettagli su ciò che le persone stanno facendo sul sito Web. In “pagine e schermate”, in particolare, è possibile visualizzare il titolo (title) delle pagine più visitate. Anche qui è possibile variare la dimensione (es. percorso pagina”), sebbene quella di default aiuti anche a organizzare i contenuti e correggere qualche svista di SEO onpage.
L’account demo di Google è un eCommerce, quindi visualizza i rapporti relativi alla “monetizzazione“, che includono i rapporti per gli acquisti in-app e gli annunci dei publisher.
La scheda “fidelizzazione” include invece i rapporti sulle coorti, gruppi di utenti con caratteristiche comuni che identificati da una dimensione di Analytics.
La sezione “utenti”, infine, presenta i “dati demografici” e la “tecnologia”, ossia i dettagli sui diversi dispositivi utilizzati dalle persone per visualizzare il sito Web.
Questi sono i rapporti standard che della sezione “rapporti” di Google Analytics 4, ma chi dispone dei permessi di modifica per la proprietà, può modificarli, inclusa la personalizzazione del menu.
Esplora
La sezione “Esplora” consente di creare rapporti e visualizzazioni personalizzati in GA4. Tra i modelli predefiniti sono presenti:
“forma libera”, che permette di comporre tabelle con dati a scelta
“esplorazione della canalizzazione”, che consente di creare un rapporto incentrato sulla canalizzazione
“esplorazione del percorso”, per vedere come le persone si muovono attraverso i contenuti
“sovrapposizione dei segmenti” per vedere se gli utenti sono inclusi in più segmenti di comportamento
“esplorazione della coorte” per visualizzare le informazioni ricavate dal comportamento delle coorti di utenti”
lifetime dell’utente” per cosultare le metriche più interessanti nel lungo periodo
Pubblicità
I rapporti sulla “pubblicità” si concentrano sull’attribuzione per i canali di marketing. Il rapporto “confronto modelli” consente di confrontare due diversi modelli di attribuzione per vedere in che modo il loro utilizzo avrebbe un impatto sulle conversioni e sulle entrate. “Percorsi di conversione”, invece mostra i punti di contatto che portano alle conversioni, evidenziando se le persone interagiscono più volte e con più canali di marketing prima di convertire.
Configura
In ultimo, la sezione “configura” raggruppa diverse opzioni di configurazione dei rapporti. “Eventi” mostra tutti gli eventi che sono stati raccolti nella proprietà GA4, ed è possibile contrassegnare singoli eventi come conversioni, in modo che vengano conteggiati come tali nei rapporti. “Conversioni” include per l’appunto solo gli eventi abilitati come tali. “Pubblico” permette la creazione di segmenti personalizzati da utilizzare nei rapporti: ciascuno di essi può essere utilizzato anche per il remarketing, purché Analytics sia collegato a Google Ads. “Definizioni personalizzate” consente di registrare e visualizzare le informazioni personalizzate raccolte in GA4, e “DebugView” lavora in sincronia con Google Tag Assistant.
L’industria della cannabis ha registrato una crescita significativa a causa della pandemia di Covid-19, a differenza di tantissimi altri settori merceologici.
Il 2020 si è aggiudicato un anno da record per questo settore e secondo gli analisti, il mercato ha grandissime possibilità di continuare ad espandersi nei prossimi anni.
L’andamento del mercato della cannabis
Secondo un report di studi di Statista sono 8 fattori importanti che gli investitori di cannabis (principalmente negli Stati Uniti e nel Canada) devono sapere:
1. I titoli di cannabis sono in aumento
Anche se gli investitori di cannabis hanno sperimentato alcuni alti e bassi negli ultimi anni, il 2021 sembra più promettente.
2. COVID-19 e cannabis
La cannabis è diventata un’opzione allettante durante il lockdown e per le persone che trascorrono più tempo a casa, sia come mezzo di intrattenimento, sia per ridurre lo stress e l’ansia associati alla pandemia.
Di conseguenza, le vendite di cannabis sono arrivate a massimi storici: in Canada, le vendite mensili hanno raggiunto i 270 milioni di dollari nell’ottobre 2020 (rispetto ai 180 milioni di dollari dei sei mesi precedenti)
3. Il mercato nero della cannabis esisterà ancora?
Nei Paesi in cui la vendita di cannabis è illegale, il mercato illecito continua a essere l’unica opzione: questo conferma l’elevatissima richiesta del mercato. Parallelamente però, la crescente disponibilità di cannabis legale fa ipotizzare un cambio di rotta per i consumatori che la utilizzano a scopo terapeutico.
4. Il cambiamento politico guida la crescita del mercato
Quasi il 70% degli americani sostiene la piena legalizzazione della cannabis.
Gli Stati in cui la cannabis è legale stanno ora aprendo la strada alle vendite di cannabis, con la California che dovrebbe incassare oltre 6 miliardi di dollari entro il solo 2021. Se la legalizzazione si concretizzerà nei prossimi anni, il mercato della cannabis statunitense già in forte espansione potrebbe vedere un’ulteriore crescita. È di pochi giorni fa la notizia dell’introduzione di un disegno di legge teso a porre fine al divieto federale opposto al consumo della marijuana negli Stati Uniti.
Il mercato della cannabis europeo è stato nel radar degli investitori per diversi anni e con buone ragioni: è uno dei più grandi mercati di cannabis al mondo. Spinto principalmente dai medicinali, il mercato sarà valutato a oltre 39 miliardi di dollari entro il 2024, con paesi come la Germania, la più grande economia europea, in testa.
Alla fine del 2020, il mercato ha registrato la sua più grande svolta, con l’Unione Europea che ha stabilito che i prodotti contenenti CBD (uno degli ingredienti più attivi nella cannabis) non sono più elencati come narcotici.
6. Il mercato della cannabis in Messico
Il Messico è un altro mercato che sta suscitando l’interesse degli investitori e delle aziende produttrici di cannabis in tutto il mondo. Questo perché potrebbe presto essere il terzo paese al mondo a legalizzare la cannabis ricreativa per ordine del tribunale.
7. I prodotti CBD stanno entrando nel mainstream
Sebbene il CBD un tempo fosse considerato un prodotto di nicchia, la crescente consapevolezza dei vantaggi e della sicurezza di questi prodotti sta portando le aziende che operano nel settore dei beni di consumo confezionati a prenderne atto.
Il composto di cannabis è una nuova aggiunta a una vasta gamma di prodotti cosmetici e di integratori che ora possono essere acquistati quasi ovunque, dai siti di e-commerce ai negozi di alimentari locali.
Di fatto moltissime persone utilizzano il CBD per limitare i disturbi di alcune patologie come tremori, rallentamento dello sviluppo del diabete o il suo effetto antidolorifico nell’infiammazione e nel dolore neuropatico.
8. La ricerca sui nuovi cannabinoidi
Oltre al CBD, gli scienziati hanno scoperto oltre 100 cannabinoidi rari o minori come CBG e CBN, che potrebbero avere benefici ancora più significativi rispetto alle loro controparti cannabinoidi principali.
Ad esempio, la ricerca preliminare mostra che il CBG potrebbe inibire la crescita del cancro, aiutare a curare il glaucoma, la disfunzione della vescica e uccidere i batteri resistenti ai farmaci.
Queste scoperte non stanno solo attirando un’enorme attenzione dall’industria della cannabis, ma anche dall’industria farmaceutica.
La situazione della cannabis in Italia
Gli imprenditori della cannabis legale in Italia sono stati trattati talvolta alla stregua di spacciatori per un’inesauribile aggiornamento di decreti poco chiari in merito, un’inseguimento rocambolesco sulla materia (che ha portato ad esempio lo scorso ottobre all’immediata chiusura di tantissimi negozi intimoriti e confusi), ma soprattutto di difficile comprensione che porta una buona fetta di consumatori ad essere timorosi.
La verità è che la legalizzazione della cannabis in Italia pare sia lontanissima dal trasformarsi in realtà e questo continua a lasciare grande spazio allo spaccio di sostanze senza controllo di alcun tipo di laboratorio, anche a minorenni. Lo spaccio pare sia un mondo parallelo in cui nessun politico voglia davvero metterci piede per eliminarlo.
Intanto, il progetto Meglio Legale che coinvolge parlamentari, medici, imprenditori, avvocati, giornalisti e semplici cittadini lotta per aprire un dibattito serio e responsabile sul tema.
Forse presto avremo delle novità: alcuni giorni fa è stata depositata alla Camera una legge che consentirebbe la coltivazione di cannabis in casa per uso personale: “Sono consentite a persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione per uso personale di non oltre quattro femmine di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente e del prodotto da esse ottenuto“.
Il mercato della cannabis è in fortissima espansione ma saremo in grado di farne parte fornendo la giusta informazione e definendo una chiara linea politica?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/07/cannabis.jpg10801920Claudia Liccardohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngClaudia Liccardo2021-08-17 10:00:582021-08-03 16:33:42Il boom della Cannabis Industry nel 2021 (grazie anche alla pandemia)
Campbell’s presenta la prima riprogettazione del suo packaging iconico dopo 50 anni
Nuova brand identity per rendere Udemy uno spazio inclusivo per tutti
Nuovo design e nuovo capitolo per l’app di photo editing Picsart
Campbell ridisegna le sue confezioni
Campbell Soup Company, meglio nota come Campbell’s, è una delle industrie statunitensi più conosciute a livello internazionale. Le sue zuppe, vendute in oltre 120 paesi, sono tra i prodotti di consumo più famosi al mondo.
Il classico design della lattina rosso e bianco utilizzato per il packaging di molti prodotti a marchio Campbell è diventato così iconico da essere riconosciuto anche a livello internazionale, soprattutto a partire dal 1962 grazie all’opera d’arte realizzata da Andy Warhol.
A luglio l’azienda ha introdotto un nuovo packaging. Il primo cambiamento in 50 anni. Design, logo e tipografia sono a cura di Turner Duckworth in collaborazione con l’agenzia Ian Brignell.
Mantenendo il famoso blocco di colore rosso e bianco amato da generazioni, l’etichetta Campbell ridisegnata presenta diversi nuovi elementi per rendere contemporaneo il marchio rispettandone il patrimonio.
Tra i cambiamenti troviamo una scrittura del logo modernizzata, ispirata alla firma originale del fondatore Joseph Campbell.
Gli affezionati di Campbell saranno in grado di individuare più elementi nascosti, tra cui la “C” di Campbell riportata nel fleur-de-lis accanto alla scritta SOUP, a sua volta stampata con un nuovo carattere; la “O” qui è leggermente inclinata. Dettagli che rendono omaggio alle lettere della prima etichetta rossa e bianca del 1898.
“Abbiamo intrapreso un viaggio per reimmaginare questo marchio iconico e attrarre le nuove generazioni di consumatori che cucinano a casa più che mai, pur onorando la nostra ricca storia“, afferma Linda Lee, Chief Marketing Officer di Campbell Soup Company.
Il cambiamento più grande riguarda il miglioramento di ogni singola lettera. La nuova struttura della scrittura ora consente alle lettere di avere più respiro. Il risultato è un wordmark più leggero e più fluido anche se nessuna delle lettere è più connessa alle altre.
Anche il medaglione è stato ridisegnato, oggi appare meno stilizzato e più definito.
Nel complesso, l’evoluzione del logo appare coerente su tutte le applicazioni, trasmettendo un mood coeso anche dal punto di vista dell’esecuzione.
Il rebranding di Udemy
L’obiettivo di Udemy è sempre stato quello di connettere insegnanti e studenti di tutto il mondo, indipendentemente dal loro livello di istruzione, dall’etnia, dal sesso o dal contesto economico.
A luglio l’azienda ha compiuto un ulteriore passo in avanti con un rebranding completo. Il nuovo aspetto rispecchia appieno la missione del brand: creare nuove possibilità offrendo la conoscenza a tutti, da tutti.
La nuova identità visiva è ispirata alle persone che utilizzano la piattaforma, dall’insegnante allo studente in cerca di un corso.
Il logo punta in alto, con la freccia simbolo universale di crescita. Questo cambiamento rappresenta l’aspirazione e i progressi che ogni studente, azienda o insegnante della community Udemy compie.
Storie umane al centro della fotografia. L’identità visiva cattura le emozioni positive e i risultati legati al campo dell’apprendimento. Con sentimento sono rappresentate persone di età, nazionalità, sesso e occupazione diversi.
La gamma colori diventa più brillante e positiva. Alla sensazione di energia si aggiunge un nuovo colore: l’Udemy Purple, una tonalità di viola vivida e ottimista che ricorda la promessa di stimolare la crescita e aumentare le possibilità.
Con questo rebranding viene aggiornato anche il tono di voce e i messaggi chiave del brand.
Lo stile immaginativo di illustrazione aiuta a trasformare le idee più complicate in qualcosa di chiaro e intuitivo.
PicsArt è una delle più grandi piattaforme e community creative al mondo. Ogni mese, più di 150 milioni di persone usano l’app per esprimere se stessi e le loro passioni attraverso il potere della narrazione visiva.
Nel corso degli anni, PicsArt è passata dall’essere un’app per l’espressione personale a una piattaforma di design con una fiorente community di creator.
La trasformazione che l’azienda sta attraversando si riflette nell’aggiornamento del marchio.
Non più PicsArt ma semplicemente Picsart. Il nuovo wordmark con le sue forme geometriche e la sua modernità senza apparire troppo complesso o eccessivamente sofisticato, è accessibile e orientato al design, proprio come Picsart.
La ‘a’ minuscola non è un errore di battitura. La piattaforma è cresciuta ed è diventata molto più di un editor di immagini, questo piccolo cambiamento vuole andare oltre la separazione tra Immagini e Arte. La modifica chiarisce il punto di vista del marchio che ogni giorno celebra tutte le forme di espressione creativa.
Che si tratti di fantasiose fotografie in bianco e nero o di collage audaci e frenetici, la piattaforma rappresenta una casa accogliente per qualsiasi tipo di contento. Dal punto di vista del prodotto, il team di Picsart ha creato un sistema di progettazione completamente nuovo per rendere sia l’app che l’esperienza web più coerenti e coese. I flussi di progettazione per i creator sono in continua evoluzione.
Anche il tono di voce segue la metamorfosi e il processo di rebranding. Oggi appare simile a quello di un insegnante d’arte dallo stile ribelle. Come un mentore che vede sempre il potenziale e incoraggia le persone ad andare oltre.
La personalità di Picsart si dota di una voce ottimista che vede l’arte e il design come qualcosa a cui chiunque può accedere e contribuire.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/08/rebranding.jpg10801920Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2021-08-03 12:30:192021-08-04 14:26:30Rebranding di Luglio: Udemy, Campbell’s e Picsart
50 anni fa i dipartimenti Risorse Umane spuntavano come funghi nell’organigramma delle grandi aziende.
Oggi la stessa dinamica accade per i dipartimenti di Digital Marketing e Social Media. Difficile non averne uno all’interno della struttura aziendale.
Ormai, anche i grandissimi brand si sono convertiti al dio Social. Se anche un gigante del tech come Apple presidia quotidianamente le principali piattaforme, c’è un motivo: le persone danno per scontato che le grandi aziende siano intercettabili sui social media.
E, più è grande l’azienda, maggiori sono le aspettative delle persone sui tempi di reattività alle loro domande. O sulla capacità di offrire argomenti di intrattenimento creativi, contenuti interessanti che diffondono i valori del brand. O ancora, porre rimedio a eventuali casi di emergenza e scivoloni sul web.
Nella maggior parte dei casi, queste aspettative non sono disattese. Nella maggior parte dei casi, appunto. C’è ancora qualcuno che pensa di poter fare a meno di questo canale di comunicazione, di cui invece ha bisogno ogni azienda, indipendentemente dalla sua dimensione.
Proviamo a identificare i motivi che spingono una grande azienda ad investire nei social media per come soddisfare (o in alcuni casi superare) le aspettative dei clienti, in modo da applicare le conclusioni anche alle nostre realtà più circoscritte.
Il dipartimento di Social Media Marketing potrebbe essere un’impresa a sé stante
Una grande multinazionale si trova spesso a gestire diversi canali social in diverse aree del mondo e lingue.
In base al mercato, le aziende possono anche gestire account separati per supporto al cliente, marketing, verticali di business, divisioni interne e persino nuove opportunità di carriera.
Basta digitare la parola “Disney” nella barra di ricerca di YouTube e vedere quanti risultati vengono visualizzati.
Le attività di social media marketing coinvolgono team di grandi dimensioni, una o più agenzie di comunicazione, un supporto legale e strumenti di gestione su scala aziendale.
Per mantenere la coerenza di Tono di Voce e Brand Identity su ogni piattaforma social, le aziende si affidano a linee guida, manuali operativi e documenti di social media policy interna ed esterna.
Gli obiettivi principali delle grandi aziende sui social
1. Aumentare la consapevolezza del Brand
Anche se molte grandi aziende B2C possono già beneficiare di una solida brand awareness, i social media hanno la capacità di aumentare la percezione del marchio con determinati messaggi o specifiche campagne di marketing studiate per lanci di prodotto, eventi particolari e altre iniziative commerciali.
Anche per le aziende B2B, i social media si rivelano un mezzo per aumentare la visibilità del marchio e pubblicizzare soluzioni commerciali verso potenziali partner e clienti.
2. Entrare in connessione con un pubblico specifico
Tutto parte da un unico assioma: piattaforme social diverse sono popolate da pubblici con dati demografici diversi.
Ad esempio, per raggiungere i consumatori cinesi benestanti, i brand del luxury fashion sono stati tra i primi ad aprire account aziendali WeChat.
Viceversa, per raggiungere il pubblico più giovane, diversi grandi marchi come Chipotle, Betty Crocker e Fruit Gushers, sono passati su TikTok.
La segmentazione avviene anche all’interno delle piattaforme stesse: tante aziende gestiscono account separati per aree geografiche e destinatari differenti.
Netflix, ad esempio, ha impostato un re-indirizzamento automatico in base alla posizione geografica dell’utente. Il targeting degli annunci sponsorizzati è un’altra tattica ben nota che i principali marchi utilizzano per raggiungere il pubblico correto.
3. Misurare il sentiment del cliente
La percezione del cliente può spostare l’equilibrio su tutto il processo di sviluppo del prodotto, la messaggistica e persino i valori aziendali.
Il feedback diretto dei consumatori attraverso sondaggi e questionari è un modo intelligente per trovare spunti di riflessione o suggerimenti creativi.
Il monitoraggio dei fan sui social media offre alle aziende un modo per interpretare i segnali, individuare le tendenze del momento, capire meglio ciò che interessa alle persone. Basta chiedere alla propria community online e i veri fan del brand si scatenano nel fornire il proprio supporto.
Il social listening permette ai brand di essere presenti quando conta. Non sempre gli utenti sui social si ricordano di taggare le pagine o i profili ufficiali delle aziende quando parlano di loro. Ecco perché è molto importante una costante attività di monitoraggio che tenga traccia anche delle parole chiave oltre che le menzioni.
4. Fornire assistenza ai clienti
Tutti noi oggi interpelliamo i canali social quando abbiamo bisogno di supporto per un prodotto o un servizio. Secondo uno studio della Harvard Business Review, semplicemente rispondere alle persone sui social media innesca un effetto positivo verso il brand e l’azienda.
Secondo la ricerca, i clienti che hanno ricevuto un qualsiasi tipo di risposta da un referente o un social media manager dell’azienda, si sono rivelati maggiormente predisposti a spendere di più con quell’azienda.
5. Aumentare il traffico e le vendite
Dal social selling al social commerce. I social network sono una delle principali fonti di traffico e di vendita per le grandi aziende. E lo saranno sempre di più.
Le piattaforme social continuano ad implementare nuove funzionalità per rendere lo shopping ancora più facile. Dalle pagine vetrina, le dirette live dedicate alla vendita, il tag dei contenuti sullo shop e i sistemi di pagamento rapido in piattaforma.
Lo shopping in live-stream ha generato 449,5 milioni di dollari di vendite in un solo giorno in Cina il 1° luglio 2020.
Il social network è oggi un canale di marketing in cui poter praticare il principio di esclusività. Le grandi aziende premiano i clienti con anticipazioni, offerte riservate o a tempo, codici promozionali e accesso in premier.
6. Reclutare i giovani professionisti
Il social recruiting è una pratica ormai all’ordine del giorno. Soprattutto quando creatività e simpatia sono tra gli aspetti distintivi dell’azienda.
Le offerte di lavoro su LinkedIn sono senz’altro più sobrie, ma chi l’ha detto che il candidato perfetto per una nuova posizione vacante non si trovi proprio grazie ad un annuncio di lavoro pubblicato dai profili social ufficiali dell’azienda?
Per i giovani professionisti, l’immagine aziendale è più importante che mai.
E sappiamo quanto sia complesso e difficile soprattutto per le grandi aziende, mantenere un’immagine positiva di sé.
Un sondaggio del 2020 di Glassdoor rileva che 3 candidati su 4 in cerca di lavoro, si rivolgono ad aziende con una forza lavoro diversificata. Che prendono posizione sul Black Lives Matter, sulla diversità di genere, sull’attualità culturale e le problematiche legate al posto di lavoro. Sono topic estremamente attuali sui social media.
7. Costruire una Brand Community
Le Brand Community esistono da molto prima della nascita dei social network. Semplicemente oggi i gruppi Facebook, gli account privati e gli hashtag legati al brand sono un mezzo per comunicare ad appassionati e fan del marchio, con i club e i gruppi che fanno del brand uno stile di vita. Anche negli spazi online.
Uno studio del Journal of Business Research del ScienceDirect, afferma che la partecipazione alle community aumenta la brand loyalty verso l’azienda. Sappiamo bene quanto sia difficile costruire un rapporto di fiducia con i consumatori.
Tutti adorano scambiare quattro chiacchiere con il barista o con il parrucchiere. È il modo più semplice per restare in contatto con la realtà di tutti i giorni. I grandi brand possono raggiungere livelli di fiducia simili proprio grazie ai social media.
Ad esempio, sarebbe sufficiente rileggere la cronologia dei messaggi della chat prima di rispondere a un cliente, per comprendere la sua situazione e contestualizzarla. Sapere che è la quarta volta che qualcuno ha un problema con un servizio, o è membro di un programma fedeltà, consente di instaurare una comunicazione con prospettive migliori.
8. Rendere il tuo brand più umano
Non c’è niente da fare. Ci riesce molto più facile entrare in contatto con il nostro vicino di casa, piuttosto che con una società senza volto. Le persone vogliono avere a che fare con i volti che lavorano dietro al brand. Che si tratti di marketing, recruiting o supporto.
Ad esempio, uno studio della Harvard Business Review ha scoperto che anche qualcosa di futile come la firma di un messaggio o di una e-mail, con il nome del referente o dell’operatore che ha svolto il servizio, migliora la percezione del cliente verso l’azienda.
9. Guidare le scelte attraverso i valori
Dai barattoli per le donazioni, ai menu sostenibili, i segnali di etica delle piccole imprese sono spesso posti in bella evidenza. Da questo punto di vista, le imprese multinazionali devono lavorare un po’ di più per diffondere i valori aziendali.
Una recente ricerca dell’Università di Toronto rivela che le persone esprimono giudizi su un’azienda già solo in base alle sue dimensioni. Ugualmente, i consumatori puntano sempre più ad allineare le proprie decisioni di acquisto ai valori dichiarati ed espressi dal brand. Perciò è essenziale che le posizioni delle grandi aziende siano chiare, oneste ed espresse. Come si legge all’interno del rapporto:
La storia che racconta il marchio deve essere fedele alla tua attività e tener conto delle aspettative dei tuoi clienti
Ed è quello che fa Patagonia nelle sui suoi canali social, come in questo video YouTube.
10. Restituire alla comunità
Le persone acquistano a chilometro zero per supportare la comunità locale. Le multinazionali, viceversa, devono confrontarsi quotidianamente con lo spettro della fama di sfruttatrici.
Quasi la metà delle aziende globali valutate nel Corporate Human Rights Benchmark 2020 non supera gli standard dei diritti umani delle Nazioni Unite.
I social media sono un luogo in cui le aziende che restituiscono alle comunità in cui operano, hanno l’opportunità di distinguersi da quelle che non fanno altrettanto. I brand internazionali dovrebbero condividere sui social media le attività messe in pratica per reinvestire nella comunità di riferimento dei consumatori o in quelle in cui operano.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/07/presenza-sui-social.jpg6101092Nicola Onidahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNicola Onida2021-07-30 13:27:472021-09-22 17:13:43Come la tua impresa dovrebbe agire sui Social Media (anche se non è una Big)
La customer experience assume oggi sempre di più un ruolo cruciale nelle logiche aziendali e diventa quindi essenziale l’utilizzo di nuove tecnologie e di best practice precise che vadano incontro all’ottimizzazione della stessa attraverso il miglioramento della customer satisfaction, ovvero la percezione del cliente che il sistema di offerta di un’azienda ha raggiunto o superato le proprie aspettative.
I chatbot, disponibili ogni giorno e 24 ore su 24 per i clienti o l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP), grazie al quale è possibile aumentare il livello di comprensione rispetto ai messaggi di testo scritti dalle persone, sono solo alcuni esempi del tipo di tecnologie su cui le aziende possono oggi contare per ottenere nuove prospettive e soluzioni capaci di migliorare la customer experience.
Queste nuove tecnologie sono infatti oggi sempre di più in forte sviluppo, perché sempre maggiore è il numero delle realtà aziendali che ne sta facendo già uso o intende farne nel prossimo futuro.
Ma oltre alle nuove tecnologie oggi a disposizione delle aziende ci sono anche molteplici best practice utili da seguire per migliorare la customerexperience.
7 tecnologie e best practice per migliorare la customer experience
Tra le tecnologie da adottare e le best practiceda seguireper l’ottimizzazione della customer experience in grado di attirare maggiormente l’attenzione delle aziende nell’ambito dei loro progetti di digitalizzazione ne possiamo elencare sette.
Ecco allora alcuni suggerimenti:
Adotta una mentalità omnichannel. I canali digitali sono aumentati con il passare del tempo. Messaggi di testo, chat web, video, social media e messaggistica in-app per i dispositivi mobili si sono infatti aggiunti ai limitati canali tipici del passato ed i clienti sono soliti utilizzare una moltitudine di canali offline e online sempre diversi per connettersi con le aziende, passando da un canale all’altro e aspettandosi una continuità nella comunicazione ed un collegamento tra questi.
Per soddisfare questa aspettativa adottare la l’omnicanalità, tecnologia infatti molto gettonata nei piani di investimento 2021, diviene essenziale per offrire una buona customer experience.
Importante è però prima di tutto la scelta di presenziare su molteplici canali e di usare i chatbot nella propria comunicazione aziendale, ovvero assistenti virtuali capaci di guidare i clienti fino a trovare la risposta cercata, uno strumento anche questo in forte crescita.
Ottimizza il servizio clienti. Diversi dati confermano che le persone sono portate ad acquistare da un marchio non solo per i prodotti che offre, ma anche per il supporto che garantisce loro. Sarebbero inoltre disposti a spendere anche fino al 17% in più con aziende che offrono un supporto al cliente ottimale, secondo una ricerca realizzata da American Express.
Per ottimizzare il servizio clienti alcuni suggerimenti da seguire sono: offrire più canali di supporto attraverso la omincanalità e ottimizzare la tempistica inerente ad attesa e risposta attraverso un unione tra supporto offerto digitalmente e di persona.
Usa agent analytics. Le tecniche di Natural Language Processing (NLP), Intelligenza Artificiale o sentiment analysis sono gli attori principali per l’ottimizzazione della gestione dei rapporti con i clienti, consentendo di rispondere più velocemente ed efficacemente alle esigenze degli stessi, ma possono allo stesso tempo rappresentare un ottimo supporto anche per l’addestramento del personale o attraverso l’elaborazione del linguaggio naturale permettono di carpire le informazioni utili per identificare un cliente come un buon candidato per un nuovo prodotto così da agire mostrando il prodotto all’utente attraverso un popup.
Inoltre grazie al supporto di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale, è possibile anche decidere di intraprendere azioni come l’invio di chiamate che restituiscono la maggiore probabilità di risolvere il problema nel miglior modo.
Personalizza la comunicazione verso i clienti. Una comunicazione personalizzata è ormai assodato che sia preferita dai clienti. Le persone infatti non possono fare a meno di essere coinvolte da qualcosa di personalizzato appositamente per loro.
Gli sforzi delle aziende per personalizzare la customer experience (CX) sono guidati da una comprensione delle routine di comportamento resa oggi possibile attraverso soluzioni di machine learning stabilendo le azioni in base ai dati in possesso che restituiscono un identikit del cliente.
Secondo una ricerca di Accenture Strategy si ha infatti un’ulteriore conferma del desiderio dei consumatori italiani di avere una customer experience personalizzata come mostrano i dati dell’infografica sottostante.
Tra le metodologie per personalizzare la comunicazione verso i clienti è possibile includere: l’uso della tecnologia di geolocalizzazione al fine di personalizzare in base alla posizione, l’offerta di consigli basati su acquisti fatti dal cliente in passato e adattare il sito web per offrire contenuti dinamici in base alle preferenze dell’utente.
Usa traduzioni e trascrizioni vocali in tempo reale. Eseguire traduzioni linguistiche in tempo reale durante qualsiasi tipo di interazione è una funzionalità molto utile in grado di aumentare le potenzialità degli addetti al customer service che non avrebbero più bisogno di parlare più lingue.
Allo stesso modo, la trascrizione vocale in tempo reale permetterebbe agli addetti del customer service di avere gli appunti necessari in merito ad una chiamata con un notevole risparmio di tempo evitandone la scrittura manuale.
Utilizza la sentiment analisys. Interpretare lo stato d’animo dei clienti per il miglioramento della customer experience è un aspetto fondamentale tra le best practice utilizzabili e grazie all’Intelligenza artificiale è un processo facilmente realizzabile.
Alcuni modi per farlo sono ad esempio attraverso il riconoscimento dei toni della voce durante una telefonata o nelle lettere maiuscole usate durante una webchat.
Usa la mappatura del percorso del cliente per comprendere le loro percezioni durante l’interazione con il tuo marchio. Incrociando le mappe di viaggio con le metriche principali, è infatti possibile ottimizzare la comprensione della customer experience ed è altresì possibile stabilire dove possono esserci problemi e dove è invece possibile cogliere delle opportunità.
Attraverso la Customer Journey Map, ovvero un diagramma che illustra ogni step affrontato dai nostri clienti entrando in contatto con la nostra organizzazione, è inoltre possibile creare un rapporto di fidelizzazione con i clienti grazie a:
la comprensione dell’esperienza del cliente
la conoscenza del percorso dei prodotti offerti
il miglioramento della relazione
Conclusioni
Le nuove tecnologie oggi a disposizione grazie allo sviluppo dell’intelligenza artificiale consentono alle aziende di avvalersi di una serie di soluzioni e strumenti che unitamente a precise best practice permettono l’ottimizzazione della customer experience.
Un fattore questo, che dalle ricerche risulta essere fondamentale per l’acquisizione e la fidelizzazione dei clienti da parte delle aziende.
Utilizzarle diviene dunque imprescindibile oggi per qualunque tipo di azienda al fine di migliorare il proprio business.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/07/customer-experience.jpg6141146Manuela Di Vietrihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngManuela Di Vietri2021-07-29 13:00:582021-07-30 13:29:00Customer Experience: 7 best practice per migliorarla
L’investimento globale in aziende sostenibili (noto anche come ESG, cioè Environment, Social, Governance) è cresciuto esponenzialmente negli ultimi sette anni.
Nel 2014, la cifra si attestava a meno di 20 trilioni di dollari. Nel 2020, questo era salito a oltre 30 trilioni di dollari.
Allo stato attuale, c’è una quantità maggiore di investimenti su aziende che possono certificare la propria sostenibilità rispetto a quelle che non lo sono e questo aumento dell’interesse degli investitori per la sostenibilità non mostra segni di arresto.
Si tratta di un indicatore davvero importante, che impone di prendere in considerazione la creazione di un piano di marketing sostenibile per la propria azienda.
Secondo le stime di Bloomberg, entro il 2025 saranno investiti più di 50 trilioni di dollari in asset ESG. L’affermazione dell’ESG come sistema di misurazione universale per la sostenibilità è stato un fattore chiave nell’aumento della fiducia degli investitori.
ESG e sviluppo sostenibile
Quando parliamo di crescita economica, non stiamo considerando lo sviluppo nel suo complesso e il concetto rimane incompleto.
Ogni azienda, così come la società, ha certamente bisogno di puntare alla crescita economica, ma questo non basta: sono necessari anche miglioramenti nella qualità della vita e negli standard di vita.
La crescita economica non accompagnata da un contributo al miglioramento delle condizioni di vita risulta incompleta ed egoista. Questo dipende, in gran misura, dal fatto che lo sviluppo economico è sempre stato preferito alla crescita a tutto tondo.
A livello governativo, la situazione è in evoluzione: ci sono trilioni di dollari investiti nella sostenibilità dei processi. Ad esempio, nel dicembre 2020, l’Unione Europea ha concordato un Green Deal da 1,82 trilioni di euro per sostenere una maggiore attenzione ai fattori ambientali e una “ricrescita verde”.
Nel febbraio 2021, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato un Green New Deal da 2.000 miliardi di dollari.
Il Governo britannico si è impegnato in obiettivi legalmente vincolanti nella sua legge sul cambiamento climatico del 2008 e mostrerà i suoi sforzi alla conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico COP26 a Glasgow, in Scozia, questo novembre.
C’è anche una rara cooperazione tra i governi occidentali e la Cina, proprio sui temi legati alla sostenibilità.
Anche le persone comuni stanno contribuendo a fare la loro parte, forzando il cambiamento.
Un recente rapporto di Growth for Knowledge (“L’eco-attivismo nel FMCG è in aumento”), ha mostrato come la consapevolezza ambientale e l’eco-attivismo stiano aumentando considerevolmente tra i consumatori globali.
Per esempio, il 24% dei consumatori sta prendendo misure immediate per ridurre la produzione personale di rifiuti di plastica.
Inoltre, la pandemia di Covid-19 ha sostenuto un aumento della consapevolezza ambientale, in quanto le persone hanno cominciato a farsi domande sulla qualità dell’aria che respirano e si sono mossi verso la riscoperta di una vita più naturale.
Questi cambiamenti stanno spingendo le aziende verso pratiche più sostenibili in tutte le catene di approvvigionamento.
Nell’area B2B, i team stanno lavorando su come migliorare e misurare con efficacia la sostenibilità della catena di approvvigionamento.
Unilever, ad esempio, è un’azienda che sta investendo moltissimo per rendere la sua catena di approvvigionamento sempre più sostenibile e, tra le tante attività in programma, ha recentemente annunciato che chiederà ai suoi fornitori di aggiungere la loro impronta di carbonio alle fatture.
Programmi di questo tipo sono in corso in molte industrie allo scopo di ridurre la quantità di rifiuti totali prodotti nelle diverse fasi della vita dell’azienda.
Per i consumatori B2C e i clienti B2B, la sostenibilità sta diventando un’esigenza chiave insieme a bisogni come il costo e l’esperienza del marchio.
Perché la sostenibilità deve essere presa sul serio dai marketer
La sostenibilità sta rimodellando il panorama del marketing, perché le esigenze dei clienti sono cambiate.
Una ricerca di GfK (Crisis as Catalyst report, 28 Apr 2021, by Growth From Knowledge) suggerisce che le esigenze dei consumatori si stanno orientando su temi come la riduzione dei rifiuti, la conservazione e il rispetto della natura, e una maggiore efficienza energetica stanno aumentando di importanza.
Aziende come Unilever iniziano a chiedere ai fornitori migliori piani di marketing e proiezioni più accurate su come diventeranno più sostenibili. L’incapacità di produrre piani fattibili e di seguire i progressi dell’implementazione potrebbe portare alla rinuncia di un fornitore a vantaggio di player più pronti in merito.
La sostenibilità sta cambiando la domanda dei clienti
Un esempio evidente di come le attenzioni dei consumatori alla sostenibilità stiano cambiando la domanda è rappresentato dal mercato dei veicoli elettrici, per il quale è previsto un aumento di 13 volte del numero di EV sulle strade a livello globale, entro la fine del decennio.
Ma il cambiamento non sta avvenendo solo nel settore automobilistico: secondo un rapporto di Deloitte del 2020, una percentuale compresa tra il 28 e il 45% delle persone ha già acquistato prodotti a chilometro zero o scelto di acquistare da marchi sostenibili o etici. Oppure, ha smesso di utilizzare prodotti di un determinato brand a causa di motivazioni legate all’etica o alla sostenibilità.
Questi cambiamenti stanno guidando la comparsa di nuovi segmenti, nuovi prodotti e servizi e nuovi concorrenti.
Nel mondo del marketing, è necessario che il cambiamento parta dai CEO e dai CFO, per tradursi, a cascata, in un adeguamento della catena di approvvigionamento e della supply chain, passando per la nuova figura del Chief Sustainability Officer.
Le aziende “peggiori” in questo senso, creano strategie di marketing intorno ai magri investimenti nella sostenibilità con operazioni di puro greenwashing, con il misero compito di comunicare al pubblico e agli altri stakeholder il presunto impegno dell’impresa.
Nelle aziende più impegnate, invece, come Unilever e Pepsi, anche il marketing gioca un ruolo centrale nel rimodellare la strategia di mercato in chiave più sostenibile per l’azienda e per l’intera catena di fornitura.
Stephen Mangham, esperto di Branding del Masters of Scale International, riassume bene questa visione quando dice: “Lo scopo del marketing è sempre stato quello di produrre crescita. Il ruolo dei CMO oggi è quello di produrre una “buona crescita” dove la sostenibilità è un imperativo strategico misurabile e guidato dal cliente“.
Perché abbiamo bisogno di piani di marketing sostenibile
Dopo tutto l’impegno e gli sforzi economici profusi nel marketing che la tua azienda ha affrontato negli anni, quanto credi che il tuo marchio sia “convincente” in termini di sostenibilità?
Secondo il rapporto GfK, solo il 25% dei consumatori è convinto che le aziende dicano loro la verità, mentre il 64% delle persone si fida degli accademici e il 34% si fida dei media.
Il 25% è una percentuale superiore di appena due punti alla fiducia che le persone ripongono in VIP e celebrità. Davvero molto poco.
È ora che i marketer smettano di essere gli spin doctor del marchio e diventino i coraggiosi sostenitori della sostenibilità.
I marketer devono aiutare la loro azienda a trovare i migliori segmenti eco-sostenibili, introdurre e far crescere nuovi prodotti e servizi più verdi, cambiare purpose e raccoglierne i frutti dai clienti, dagli investitori e dagli incentivi governativi disponibili.
L’esperienza di aziende leader come Unilever e Pepsi è che essere veramente sostenibili non è un compromesso tra i profitti e il pianeta, è un viaggio reciprocamente inclusivo che guida una crescita più forte.
Pooja Khosla, vicepresidente dello sviluppo clienti di Entelligent Smart Climate Investing, insiste su questo punto: “Molte aziende stanno lottando per definire l’impatto reale e misurabile delle loro offerte sull’ambiente e sulla società. I marketer possono aiutare a raggiungere questo obiettivo e potenziare la sostenibilità“.
Il pensiero sostenibile deve essere presente nella maggior parte delle aree del piano di marketing: nella mission, nelle proiezioni finanziarie, nella panoramica del mercato, nella SWOT, nell’analisi dei concorrenti, negli obiettivi, nelle strategie, nelle strategie di marketing digitale, nelle risorse, nellle azioni e nella misurazione dei risultati.
Così facendo, si sviluppa un percorso di crescita migliore per l’azienda in grado di produrre effetti positivi per il cliente, per l’azienda stessa, per il brand, per la catena di approvvigionamento e, soprattutto, per il pianeta.
Sviluppare competenze nella sostenibilità può rappresentare per i marketer anche una svolta professionale: la domanda di personale con competenze specifiche sulla sostenibilità è infatti alle stelle.
Conclusione
I marketer possono giocare un ruolo enorme in questa transizione agendo come i leader del vero cambiamento sostenibile. Devono spostarsi dal bordo al centro della scena impegnandosi nella costruzione di aziende realmente sostenibili e basate su una “buona crescita”.
In tal senso, lo strumento chiave per raggiungere l’ambizioso obiettivo, è partire dalla creazione di un piano di marketing sostenibile.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/07/marketing-plan-sostenibile.jpg6061088Edmund Bradfordhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEdmund Bradford2021-07-23 16:00:272021-09-22 17:15:16Perché la tua azienda ha bisogno di un Marketing Plan sostenibile
L’anno scorso la pandemia di COVID-19 ha sconvolto i mercati del lavoro a livello globale e le conseguenze a breve termine sono state improvvise e spesso gravi. Milioni di persone hanno perso il lavoro e altre si sono rapidamente adattate al lavoro da casa e allo smart working dopo la repentina chiusura degli uffici. Altri lavoratori invece sono diventati essenziali per via dei vari lavori e delle professioni svolte, ma soprattutto per le proprie skills e hanno continuato a lavorare ovunque.
Il nostro modo di lavorare è cambiato e di conseguenza anche i ruoli hanno subito e stanno subendo delle grosse trasformazioni. La rivoluzione del lavoro è appena iniziata e nuove professioni stanno facendo il loro ingresso nel grande mercato del lavoro.
L’accelerazione e in molti casi l’adozione della tecnologia, i nuovi modelli di business e l’aumento della domanda di determinate competenze e professioni all’interno delle organizzazioni, ha cambiato molto il modo in cui lavoriamo, ma ha anche cambiato gli stessi lavori che stiamo facendo.
Come è cambiato e sta cambiando il mondo del lavoro
La pandemia ha spinto aziende e consumatori ad adottare rapidamente nuovi comportamenti, ed è probabile che il lavoro a distanza e le riunioni virtuali continuino, anche se meno intensamente rispetto al picco della pandemia. L’e-commerce e altre transazioni virtuali, invece, sono in forte espansione.
Molti consumatori hanno scoperto la convenienza e la facilità di acquistare online e di altre attività sul web durante la pandemia. Sono decollati anche altri tipi di transazioni virtuali come la telemedicina, l’online banking e l’intrattenimento in streaming.
Le tendenze accelerate dal COVID-19 potrebbero stimolare maggiori cambiamenti sulle richieste delle competenze. Dopo la pandemia infatti potrebbe emergere un mix marcatamente diverso di occupazioni e professioni. Il maggiore impatto negativo della pandemia è ricaduto sui lavoratori nei servizi di ristorazione e nei ruoli di vendita e assistenza ai clienti. Le richieste di lavoratori nei magazzini e nei trasporti, invece, stanno aumentando proprio a causa della crescita dell’e-commerce e dell’economia delle consegne.
Il nuovo ruolo del mondo digitale: opportunità da non sottovalutare e nuove professioni
Se pensiamo a qualche anno fa il digitale non aveva l’importanza che ha assunto oggi a causa della pandemia. Visto come uno strumento valido ma non necessario, un’opportunità che avrebbe potuto portare dei vantaggi sui propri competitors, la presenza digitale, adesso, è sempre più indispensabile.
Questa nuova visione del web, la necessità di essere online sia come professionista che come azienda, è la leva che porterà a diminuire la crescente disoccupazione, specialmente tra i più giovani, creando nuove figure lavorative che operano e si muovono proprio nel mare del web.
Di fatti le professioni digitali saranno quelle più richieste, per farsi un’idea basta collegarsi a LinkedIn per vedere quante domande ci sono su lavori che fino a qualche anno fa erano sconosciuti o quasi. La Digital Transformation che stiamo vivendo sta spingendo le aziende a sviluppare nuove conoscenze e professionalità, un mix tra conoscenze tecnologiche e competenze trasversali. È evidente che in questo nuovo mondo la tecnologia non è una scelta, ma una strategia aziendale fondamentale che deve essere intrecciata in ogni parte di un’organizzazione.
I lavori più richieste in futuro
In questo anno gli esperti prevedono che l’economia si espanderà di circa il 7% e sono tanti i dipendenti che prevedono di cambiare lavoro nel prossimo futuro. 1 lavoratore su 4 si sta preparando a cercare nuove opportunità lavorative una volta che la minaccia della pandemia si sarà finalmente placata.
Questa pandemia ha avuto così tante ripercussioni, anche a livello psicologico, che ancora non siamo ben consapevoli degli effetti a lungo termine che avrà sul nostro modo di vivere e di approcciarci al mondo che verrà. Ma una cosa è certa, ci ha fatto vedere il mondo del lavoro con occhi diversi e i dipendenti hanno tastato con mano l’immobilità, la mancanza di avanzamento di carriera e la preoccupazione per lo sviluppo delle proprie competenze.
Sono tante le persone che negli anni passati hanno lavorato duramente ma non hanno avuto l’opportunità di avanzare professionalmente nella loro attuale azienda a causa delle vicende dell’ultimo anno e mezzo.
Quali saranno le professioni più richieste nei prossimi mesi e come prepararsi all’ennesima evoluzione nel mondo del lavoro? Fino al 2030 saranno 100 milioni di persone che dovranno approcciarsi a queste nuove professioni, acquisendo nel tempo nuove e specifiche competenze per poter diventare competitivi sul mercato.
Ruoli per facilitare il nuovo modo di lavorare
La pandemia ha portato a un certo boom della mobilità. Chi abitava in grandi città ma viveva in piccoli appartamenti ha iniziato a spostarsi verso posti più tranquilli e circondati dal verde o sul mare. Alcuni hanno approfittato del lavoro a distanza per fare questa mossa tanto a lungo desiderata.
In effetti, c’è stata una crescita del 600% nella quotazione per “assistente di trasloco” dal 2017 al 2020. Prima della pandemia, la crescita era alimentata dai trasferimenti dell’azienda in città secondarie, principalmente per risparmi fiscali e un costo della vita sostenibile. Nel 2020, i governi locali hanno cercato assistenti di ricollocazione per aiutare le persone a basso reddito che stavano affrontando sfratti o senzatetto.
Inoltre, emergeranno nuovi ruoli per il modo in cui lavoriamo ora e gli strumenti che utilizziamo, afferma Jeanne Meister, partner fondatore di Future Workplace, una società di consulenza del lavoro.
Ruoli come consulente per l’immersione nella realtà virtuale e futuro leader del lavoro aiuteranno anche le persone a navigare in un ambiente di lavoro in evoluzione.
Plant manager
Il capo progetto è responsabile di tutte le operazioni di un impianto di produzione. Ciò include la gestione e il coordinamento delle attività quotidiane per garantire sempre elevate prestazioni e produzione. Altri compiti includono la garanzia del rispetto delle politiche e delle procedure aziendali, nonché l’assistenza nel processo di onboarding dei nuovi assunti e la fornitura di materiale formativo e didattico ai membri del personale.
Data scientist
I data scientist sono delle figure fondamentale in azienda perché raccolgono e analizzano grandi insiemi di dati strutturati e non strutturati. Combinano informatica, statistica e matematica e analizzano, elaborano e modellano i dati, quindi interpretano i risultati per creare piani attuabili per aziende e altre organizzazioni. Il compito più importante è quello di dare un senso a dati disordinati e non strutturati, da fonti come dispositivi intelligenti, feed dei social media e mail che non si adattano perfettamente a un database.
Category manager
Il category manager è il collante di qualsiasi buona azienda che vende beni al pubblico o vende beni ai rivenditori, lavora con marketing, società di ricerca, trade marketing, supply chain e dipartimenti commerciali per garantire che un messaggio e una strategia di categoria comuni siano compresi e implementati. Motiva l’acquirente su quali tendenze ci sono nella categoria, cosa stanno facendo i nostri concorrenti, quali strategie stanno implementando i rivenditori, e altro. Queste informazioni sono fondamentali nel processo decisionale in cui le aziende devono capire su chi e cosa puntare, come categorie, gamma o prodotto.
Cyber Security Expert
Una professione molto importante e richiesta, il cyber security Expert è colui che protegge le informazioni da accessi non autorizzati, duplicazioni illegali e furti. Analizza dove sono i rischi e quindi escogita una strategia per prevenire le violazioni.
Professionisti della logistica e del magazzino
La pandemia ha messo a dura prova la catena di approvvigionamento e ha stimolato la crescita di aziende che forniscono prodotti, forniture e materiali. Monster, una piattaforma di lavoro, sta vedendo un aumento di tutti i tipi di professionisti riguardo la logistica, dagli specialisti e coordinatori della logistica agli analisti della catena di approvvigionamento. Anche se il mercato del lavoro complessivo ha perso 140.000 posti di lavoro a dicembre, l’occupazione nel settore dei trasporti e del magazzinaggio è aumentata di 47.000 posti.
I dati di Monster confermano anche che la domanda professionale di logistica, magazzino e supply chain sta crescendo su tutta la linea.
Growth hacker
Un growth hacker esplora sistematicamente nuove opportunità di crescita in qualsiasi parte del percorso del cliente, dalla consapevolezza al marketing fino agli ambasciatori del marchio, ottimizzando il prodotto. Si occupa di ideare e sviluppare strategie di crescita per le aziende per cui lavora. Un team di growth hacking è composto da esperti di marketing, sviluppatori, ingegneri e product manager che si concentrano sulla creazione e sul coinvolgimento della base di utenti di un’azienda. Il growth hacking può essere applicato allo sviluppo del prodotto e al miglioramento continuo dei prodotti, nonché alla crescita di una base di clienti esistente.
Lavori nel settore ambientale
Sempre Monster prevede anche che le assunzioni aumenteranno su tutta la linea nel settore ambientale, principalmente a causa delle priorità delle nuova leadership di focalizzarsi sulla green economy. Sono infatti quasi 500mila le imprese che negli ultimi anni hanno investito sull’economia verde. Crescono tutte quelle professioni che comprendoni ingegneri e scienziati ambientali fino a esperti in gestione dell’energia ma anche i promotori dei materiali sostenibili e gli esperti in contabilità green.
Non parliamo però solo di professioni nuovi, ma vi è proprio un nuovo approccio ai compiti tradizionali nel rispetto dell’ambiente.
Quanti di noi hanno acquistato quasi esclusivamente online nell’ultimo anno e mezzo? La pandemia ha esercitato una particolare pressione sui ruoli dell’e-commerce poiché le aziende cercavano modi sicuri per continuare a lavorare senza mettere in pericoli né i lavoratori né i clienti. E proprio con il boom del digitale che gli e-commerce hanno fatto registrare più del 50% di assunzioni nel settore. Ci sono stati cambiamenti a breve termine dalla crisi COVID in questo campo perché la maggior parte degli acquisti sono avvenuti proprio sul web.
Quando un settore è in piena espansione, si verifica una maggiore divisione del lavoro. Di conseguenza, si stanno rafforzando professioni come social media manager, nell’ottimizzazione dei motori di ricerca e nel marketing digitale specificamente correlati alle funzioni di e-commerce. Gestire un e-commerce non è per niente facile e infatti richiede figure diverse tra loro che si occuperanno delle diverse mansioni.
Le figure più richieste in questo campo? Ecommerce success manager, virtual assistant e marketplace account manager, ma anche specialisti nell’e-commerce revenue, esperti di logistica e organizzazione aziendale, ecommerce data analysts, esperti in CRM e marketing automation.
Broadband architect
Conosciuto meglio come l’architetto della web TV. Coloro che vogliono addentrarsi in questo campo dovranno essere costantemente aggiornati sulle ultime tendenze e sugli strumenti utili all’informazione e alla comunicazione online. Una figura che si occuperà di tutto ciò che riguarda i contenuti della web TV e delle sue interazioni.
Cloud architect
Il cloud architect è un professionista IT responsabile della supervisione della strategia di cloud computing di un’azienda. Ciò include piani di adozione del cloud, progettazione di applicazioni cloud e gestione e monitoraggio del cloud. Supervisiona l’architettura e l’implementazione delle applicazioni in ambienti cloud, inclusi quello pubblico, privato e ibrido.
Fintech Expert
Il FinTech è il settore in cui tecnologia e finanza si uniscono per garantire alle persone soluzioni facili ed efficaci per la gestione del credito, delle finanze personali o per la gestione dei pagamenti online.
Professioni orientate alla cultura della diversità sul lavoro
L’anno scorso ha anche portato una rinnovata attenzione all’importanza dei ruoli di diversità, equità e inclusione (DEI) all’interno delle organizzazioni.
Cosa vuol dire DEI?
DEI è sinonimo di diversità, equità e inclusione. La diversità è la presenza di differenze all’interno di un dato ambiente. L’equità è il processo che garantisce che i processi e i programmi siano imparziali, equi e forniscano uguali risultati possibili per ogni individuo. L’inclusione è la pratica di garantire che le persone provino un senso di appartenenza sul posto di lavoro.
C’è una crescente domanda per quei professionisti, in particolare i chief diversity officer dovuta in parte per alle tendenze socio-politiche, ma anche perché c’è una crescente consapevolezza tra i dirigenti che nelle aziende in cui ci sono voci diverse e non la solita omologazione, vengono prese decisioni migliori perché analizzate da diversi punti di vista e di conseguenza ci sono migliori prestazioni finanziarie.
Assumere una forza lavoro diversificata è solo una minima parte per creare diversità e inclusività nella propria azienda. La chiave per un ambiente di lavoro inclusivo è assicurarsi che ogni dipendente si senta parte del team senza sentirsi addosso un pregiudizio becero e dannoso per tutti coloro che fanno parte di un’organizzazione.
Nei prossimi 5 anni emergeranno più ruoli riguardo alla cultura della diversità sul lavoro, l’inclusione e la gestione dei pregiudizi. Una figura molto richiesta sarà quella del revisore dei pregiudizi dell’algoritmo e il responsabile dei pregiudizi umani. Inoltre anche il ruolo delle risorse umane cambierà e salirà di livello perché sovrintenderà la cultura aziendale garantendo un posto di lavoro più equo e coinvolgente.
Project manager
I project manager svolgono il ruolo principale nella pianificazione, esecuzione, monitoraggio, controllo e chiusura dei progetti. Sono responsabili dell’intero ambito del progetto, del team e delle risorse ma anche del successo o fallimento del progetto. Sono persone organizzate, appassionate e orientate agli obiettivi. Riescono a passare facilmente dal “quadro generale” ai dettagli piccoli ma cruciali, sapendo quando concentrarsi su ciascuno di essi.
Quali sono i suoi compiti?
pianificano il lavoro da svolgere, quando e chi dovrà farlo;
esaminano i rischi coinvolti in un particolare progetto e come gestire questi rischi;
si assicurano che il lavoro sia svolto secondo gli standard corretti;
motivano il team di persone coinvolte nel progetto;
coordinano il lavoro svolto da persone diverse;
si assicurano che il progetto rientri nei tempi e nel budget;
affrontano le modifiche al progetto quando necessario.
UX designer
Un UX Designer si concentra su tutti gli aspetti dello sviluppo di un prodotto, inclusi design, usabilità, funzionalità e persino branding e marketing. Il loro lavoro tocca l’intero percorso end-to-end dell’interazione di un utente con un prodotto e include l’identificazione di nuove opportunità per il prodotto e il business.
Social Media e Content Creator
La comunicazione è una necessità fondamentale per ogni azienda e le figure di social media manager e content creator sono richieste sempre di più. Sono delle professioni che sono partite piano piano ma che oramai hanno subito tantissimi cambiamenti.
Le professioni più richiesti e indispensabile che fanno parte di questo campo sono:
social media manager
creatori di contenuti
chi si occupa di editing photo ed editing video
copywriter
E a proposito dei copywriter…
SEO Specialist
La SEO è importante, tutti ne parlano ma pochi la conoscono davvero. Il compito di chi si occupa di SEO è quello di migliorare il posizionamento dei siti Web sui principali motori di ricerca, ma non si tratta solo di editare testi e titoli di un sito web, è molto di più. Garantisce l’ottimizzazione on-page per produrre risultati di ricerca pertinenti e un’esperienza utente positiva, aumentando il traffico del sito, il volume di lead e la consapevolezza del marchio.
Social Advertiser e SEM
Il marketing per i motori di ricerca (SEM) è correlato alla SEO in quanto entrambi si occupano del marketing digitale su motori di ricerca. La SEO si riferisce all’ottimizzazione organica del sito Web interna, mentre il marketing sui motori di ricerca è comunemente noto come pubblicità attraverso un budget per i media a pagamento. Mentre la SEO aiuterà ad aumentare il traffico di un sito web attraverso mezzi algoritmici naturali, la SEM guadagna traffico attraverso il processo di acquisto di annunci sui motori di ricerca.
Per Social Advertiser invece si intende il processo di creazione e distribuzione di annunci cliccabili per raggiungere il pubblico di destinazione. Si possono raggiungere tramite piattaforme di social media, app di messaggistica, feed di notizie e persino app e siti Web esterni. Le aziende utilizzano le campagne pubblicitarie sui social per aumentare la consapevolezza del marchio, generare lead e acquisire ricavi dalle vendite.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/07/lavori-del-futuro.jpg9231653Mariagrazia Repolahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMariagrazia Repola2021-07-22 12:30:292021-11-17 16:18:48Creator, SEO specialist e Chief Diversity Officer: i lavori più richiesti per il futuro
Si fa presto a cadere nel tranello teso da alcune parole, troppo inflazionate, abusate, collocate qua e là in modo generalista o improprio.
“Design” è certamente una di queste. Si cerca poi magari di caratterizzarne l’identità perduta di questa parola accostandola a termini ed “etichette” di natura emozionale e/o funzionale, che però di fatto concorrono a indebolirne la valenza.
Eppure, Design è una parola che porta con sé una profondità e un respiro che meritano una riflessione. Nella sua etimologia, design deriva, come ricorda Klaus Krippendorff, dal latino de signare, “dare un significato alle cose”.
Una capacità che appartiene quindi all’uomo, universalmente inteso, ancor prima che alla figura professionale che siamo stati abituati a chiamare designer.
La scala di progressione del valore
Siamo in fondo tutti un po’ designer, perché oltre ad agire in un contesto nel quale siamo in grado di derivare un significato per noi stessi, a volte – e più spesso di quello che pensiamo – siamo in grado di veicolare un significato agli altri.
I designer, quelli di professione, sono in grado di farlo imprimendo tale significato in un medium. Sia esso un prodotto, o sempre più un servizio, magari una esperienza o perfino una trasformazione. Ci stiamo qui riferendo esplicitamente alla scala di progressione del valore (economico) così come è stata proposta, ormai qualche tempo fa ma sempre attuale, da Pine e Gilmore.
Scala di progressione del valore economico, in Pine & Gilmore, The experience economy, 1999.
De-sign vuol dire proprio essere in grado di dare un significato a un prodotto/servizio/esperienza/trasformazione. Un significato che non può essere colto ed interpretato in modo anacronistico dall’utente ma necessariamente deriva dal contesto nel quale tale medium è inserito.
Si tratta quindi di una relazione complessa che coinvolge destinatario-utente, medium (prodotto, servizio etc.) e designer sullo sfondo di un contesto che può intrecciare più dimensioni, sociali, culturali, tecnologiche e altre.
I principi del de-sign
Dopo una simile premessa, è evidente quanto una riflessione più approfondita sul tema e sui principi del de-sign sia assolutamente inscindibile dal discorso portato avanti in questa serie di articoli sull’impresa ‘significante’.
Il mondo del design italiano è stato il riferimento per molto tempo, nel mondo, di questa capacità di coniugare tutto questo con la cultura del prodotto e del fare manifatturiero.
Il prof. Roberto Verganti del Politecnico di Milano ha fotografato questa impronta identitaria coniando il termine “design driven innovation”, l’innovazione guidata dal design, in contrapposizione a quella spinta più dai bisogni del mercato (market driven) e a quella spinta dalla tecnologia (technology driven).
Anche in questo caso, il rischio culturale è stato quello di confinare questo contributo della ricerca manageriale alla casistica delle imprese più note del design di prodotto (Alessi, Kartell e le altre).
Abbiamo poi compreso che questo orientamento poteva invece essere esteso non solo al prodotto propriamente inteso ma all’intero modello di business fino a traguardare l’identità strategica aziendale.
Perché il significato rappresenta quell’elemento di coerenza grazie al quale poter leggere tutte le diverse componenti (fornitori, clienti, processi etc.) che l’impresa nel tempo struttura e organizza per portare la propria proposta di valore al mercato.
Risulta, inoltre, elemento di innovazione nel momento in cui l’impresa agisce in qualità di “designer” ed è in grado di veicolare sul mercato nuovi significati, attraverso i propri prodotti, servizi, esperienze o trasformazioni.
Framework della strategia del significato, in Battistella, Biotto, De Toni, From design driven innovation to meaning strategy. «Management Decision» 50, 2012.
Ha continuato a farlo magistralmente per anni Apple, anche se negli ultimi tempi sembra aver perso un po’ della spinta del suo significato strategico “Think different”.
Eppure, è riuscita ad agire a livello di esperienza utente, basti pensare ai suoi negozi “tempio” per la community dei propri fan di prodotto, prima azienda del ramo informatica a vincere la sfida del canale retail monomarca.
Ha contribuito di fatto, e non marginalmente, alla “trasformazione digitale” di una gran fetta di utenti, altrimenti non familiari con una tecnologia realmente poco accessibile e fruibile.
Lo sta facendo, a esempio in Italia, Loccioni, piccola-grande realtà B2B che ha ereditato la cultura olivettiana e ha declinato il significato di “sartoria tecnologica” in un modello di sviluppo sostenibile legato al territorio e ai suoi talenti che le consente di dialogare, da Angeli di Rosora nelle Marche, con i grandi gruppi industriali del mondo.
Il re-design applicato alla scala di progressione del valore
Anche in questo caso il de-sign ha riguardato la cura di tutti i livelli della scala di progressione del valore: prodotti a grande contenuto tecnologico ma con approccio “sartoriale”, servizi di trasferimento tecnologico, esperienze “aziendali” per clienti-fornitori e per gli attori, in primis giovani, del territorio, e trasformazioni, contribuendo all’ingresso nel mondo di lavoro di talenti espressione dell’heritage manifatturiero marchigiano e alla nascita di numerose startup e spin-off secondo una logica di ecosistema di business.
Il Design così inteso rappresenta oggi e continuerà a rappresentare per il futuro un potente motore “universale” di innovazione per le imprese.
In questo senso, più che parlare di design universale, vogliamo quindi porre l’accento sull’universalità del design quale mediatore e traduttore culturale tra impresa e mercato-cliente.
Pensiamo a Tesla, e al ruolo che il de-sign della sostenibilità ha avuto nel creare una proposta dirompente a un mercato retto da un settore industriale paradossalmente “conservatore”, specie quando si è trattato di recepire una profonda e intima ridefinizione della sua architettura tecnologica.
Pensiamo a Ryanair, e al suo declinare e veicolare al mercato e ai consumatori il significato di low-cost, ridefinendo alle fondamenta il concetto e livello di servizio e abilitando un nuovo, coerente, modello di business.
Pensiamo al Made in Italy che, quando riesce realmente a far proprio il significato di lifestyle italiano, esprime livelli di qualità e unicità che il mondo intero non può far altro che apprezzare.
Riteniamo quindi che le imprese debbano attrezzarsi e governare al meglio il costrutto teorico e pratico del de-sign come motore di (nuovi) significati. Si tratta di un costruire nel tempo un percorso, partecipato, aperto agli stimoli e ai contributi che possono giungere dall’esterno. Richiede competenze e sensibilità in parte nuove per le imprese. Queste devono infatti diventare interpreti culturali in grado di costruire e articolare nuove visioni e nuove proposte al mercato e da queste derivare coerenti modelli di business, soluzioni tecnologiche e operative.
D’altronde, il rischio che non devono correre è quello di risultare insignificanti. Il De-sign in fondo, nella sua essenza, vuole proprio evitare che ciò accada.
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Articolo realizzato in collaborazione con Gianluca Biotto
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/07/de-sign.jpg9211643Prof. Carlo Bagnolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngProf. Carlo Bagnoli2021-07-09 16:00:592021-09-22 17:16:41Funzionale non basta: come un'impresa può fare propri i principi de-sign
Il rebranding di Dacia: brand identity completamente rinnovata per la casa automobilistica, realizzata In-house
Nuovo logo, identità visiva e posizionamento per Criteo la piattaforma marketing multifunzione
Il nuovo Mozilla Firefox, moderno e pulito, apre la strada a tutto ciò di cui hai bisogno online
Nuova identità per Facebook realizzata da Creative X in collaborazione con Mother Design
Nuovo logo ed emblema per Dacia
Creato in Romania nel 1968, il marchio di automobili Dacia, dal 1999 parte del Gruppo Renault, si è fatto strada grazie a modelli di punta come Logan, Sandero e Duster.
Il rinnovamento del brand passa attraverso un nuovo logotipo e un nuovo emblema, segni distintivi di un marchio solido e assertivo.
Il logotipo, centrale per la nuova identità visiva, trasuda una sensazione di stabilità. La forma delle lettere è volutamente robusta.
La “D” e la “C” sono immagini speculari l’una dell’altra e riflettono la mentalità sobria e astuta del marchio. Le linee geometriche del logo danno una sensazione di movimento a tutte le lettere.
Semplici e facilmente comprensibili, questi due nuovi visual sono pieni di significato.
L’emblema rappresenta l’essenza del logo, riunendo la “D” e la “C”, come gli anelli di una catena, è possibile creare un legame forte e coeso. Un visual potente e significativo che sarà facilmente riconoscibile, anche da lontano.
La combinazione colori, costruita attorno al verde kaki, evoca la vicinanza del marchio alla natura, con un potente riferimento al terreno in cui i veicoli “entrano in gioco”.
L’intero design grafico è stato volutamente ridotto, per ricordare che Dacia è un marchio che si concentra sull’essenziale. Ogni singola parte si adatta alle altre creando nuove declinazioni per i contenuti digitali.
Gli elementi di design sono robusti e allo stesso tempo flessibili. Ad esempio, la “D” a forma di freccia nel logo porta lo sguardo verso il cuore essenziale del design e suggerisce la sensazione di movimento, come un marchio che guarda al futuro.
Criteo si rinnova e rivela la roadmap per il futuro dell’open Internet durante il proprio Investor Day. Fondata nel 2005, scelta da oltre 18 mila operatori marketing in tutto il mondo, la piattaforma Criteo offre la possibilità di mostrare la pubblicità giusta al momento giusto.
Nuovo logo, identità visiva e posizionamento con “The Future is Wide Open”:
“È il momento giusto per una nuova brand identity e per un grido di battaglia. Utilizziamo la potenza dei nostri dati e della nostra tecnologia per ristabilire la leadership di Criteo nel settore pubblicitario e per indicare con ottimismo il futuro dell’open internet, open per tutti”, ha dichiaratoMegan Clarken, Chief Executive Officer di Criteo.
I cambiamenti visivi sono stati sviluppati dal team di marketing di Criteo, in collaborazione con l’agenzia creativa e di innovazione THAT – Technology, Humans and Taste, che ha fornito consulenza sul posizionamento del marchio.
Il rebranding segna l’impegno di Criteo a supportare un Internet equo e aperto che consenta la scoperta, l’innovazione e la scelta. Mentre si prepara il terreno per un futuro della pubblicità senza cookie l’azienda delinea il futuro e allinea il suo marchio alla significativa trasformazione eseguita nell’ultimo anno.
I due punti, precedentemente collegati in alto e a destra, appaiono ora al centro del nuovo logo. I dots rappresentano i consumatori e i clienti di Criteo, fulcro della strategia di prodotto dell’azienda.
Questi elementi includono uno spazio aperto, invitano sia alla scoperta che all’apertura, combinando la forte eredità, visualizzata con un carattere maiuscolo e grassetto, con più moderne funzionalità.
Mozilla Firefox il nuovo redesign di Firefox
Mozilla Firefox, a inizio giugno, ha rivelato una revisione del suo design. Il nuovo look del browser non è solo più moderno, ma è stato ampiamente semplificato in modo che la navigazione quotidiana diventi un’esperienza più produttiva e senza interruzioni.
Lo scopo alla base della riprogettazione è quello di portare gli utenti a destinazione in maniera più rapida, con meno clic possibili.
Una delle caratteristiche principali del redesign è la barra degli strumenti di navigazione semplificata. Invece del solito disordine, Firefox ha optato per un aspetto più minimalista, concentrandosi sulla navigazione, sulla barra degli indirizzi e sulle impostazioni utilizzate di frequente dall’utente.
Ciò consentirà agli utenti di individuare facilmente le funzionalità più utilizzate e di accedere ai siti che visitano di solito.
Il browser web vanta anche menù di impostazioni e preferenze più puliti e snelli. Le etichette sono state rese più facili da leggere e comprendere, con la rimozione di tante icone non necessarie per ridurre al minimo la confusione.
Un altro punto cruciale è il design delle schede, che mira ad aiutare gli utenti a lavorare in modo più produttivo. Le nuove schede, capaci di adattarsi al proprio flusso di lavoro, fluttuano ordinatamente l’una accanto all’altra e sono dotate di indicatori visivi, come le icone che segnalano da quale scheda viene riprodotta la musica.
Facebook aggiorna gli elementi visivi della comunicazione della piattaforma attraverso una chiave più espressiva e fantasiosa rispetto al passato.
Curato da Creative X, l’agenzia creativa interna di Facebook, il restyling è realizzato in collaborazione con Mother Design London.
Il brief richiedeva un nuovo look & feel universale per il marchio, in grado di catturare l’essenza del prodotto e riflettere la visione secondo cui Facebook eleva il mondo attraverso community sicure e inclusive: le persone possano fare e ottenere di più sia insieme che da sole.
Il sistema del marchio, progettato per supportare l’intera gamma di touchpoint marketing (tra cui broadcast, OOH, digital, social ed eventi), intreccia colore, trattamento del logo, tipografia, movimento, interfaccia utente e immagini per costruire un linguaggio sia visivo sia giocoso, espressivo, dinamico e umano.
La visione è amplificata dalla campagna “more together” e dal concetto di “shared canvas” dove le persone sono al centro: rappresentano l’essenza stessa del prodotto e sono parti attive, energiche e vive dell’intera piattaforma.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/07/best-rebranding.jpg9241646Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2021-07-06 10:41:572021-07-26 11:39:28Rebranding di Giugno: le nuove identità di Dacia, Criteo, Firefox e Facebook
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