Tra le notizie della settimana segnaliamo che calano i consumi per le festività, ma forse non c’è da preoccuparsi: come evidenziato da una ricerca condotta da Younited Italia (che puoi approfondire qui), il 20% delle persone procrastina lo shopping natalizio fino alla settimana del 25 dicembre. Nel frattempo, i pagamenti diventano sempre più digitali.
Le piattaforme eCommerce continuano a crescere, ringalluzzite dalle prospettive di nuovi canali di acquisto (leggi Metaverso e Realtà Aumentata).
A far da traino a questa nuova tendenza, Gen Z e Millennial (o, come è stata definita in un recente report che puoi leggere qui, la Generazione Twitch). Soprattutto i più giovani stanno cambiando radicalmente non solo il modo di comprare, ma anche quello di informarsi, mentre da più parti emergono preoccupazioni per la privacy e tutela diritto d’autore sulle nuove AI in grado di generare immagini e testi a partire da pochi input.
Se può servire a tranquillizzarti, questo articolo è (ancora) scritto da un essere umano.
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► LE VOCI DELLA SETTIMANA ◄
Consumi per le festività in calo
Le analisi di Ipsos Italia prevedono una sensibile riduzione della spesa per regali, viaggi e cenoni.
La categoria preferita resta l’abbigliamento con il 45%, acquistata principalmente in negozio (75%), seguono i buoni regalo (31%), comprati soprattutto sulle piattaforme digitali (76%) e, a pari merito (30%) libri e articoli per la casa.
Una nuova era per l’eCommerce
A dirlo è il nuovo report della società di ricerca sull’audience GWI. Nel prossimo anno cambierà sempre di più il modo in cui cerchiamo online ciò che vogliamo acquistare e diventeranno sempre più centrali i nostri alter ego nel metaverso.
Anche la sostenibilità continuerà a essere al centro del dibattito, mettendo in discussione sempre di più il modello consumistico attuale.
Secondo una stima di Statista contenuta nel report Digital Market Outlook, dal 2020 al 2025, il valore delle transazioni digitali crescerà del 16,3% in Europa, del 15,2% negli Stati Uniti e dell’11,2 in Cina.
Sull’evoluzione delle tecnologie, ma anche su temi come Social Responsibility ed euro digitale, in occasione del Salone dei Pagamenti 2022 abbiamo chiesto un confronto a Giovanni Baglivo – Vice Responsabile Banking e Sistemi di Pagamento Banca Sella, Laura Fineo – Responsabile Marketing Banca Sella e Andrea Tessera – Chief Innovation Officer Banca Sella.
Clicca sui nomi per ascoltare cosa hanno detto ai nostri microfoni.
Google in allarme per la reputazione dell’azienda
I dipendenti di Google si sono resi conto del clamore intorno a ChatGPT, il chatbot di intelligenza artificiale rilasciato al pubblico alla fine di novembre e diventato rapidamente un fenomeno virale.
I giovani si informano sempre più spesso su TikTok
A dirlo è l’ultimo report di Reuters Institute, secondo il quale non sono le fonti di notizie mainstream le principali fonti di contenuti giornalistici sulla piattaforma, bensì le “personalità di internet”, ovvero gli Influencer.
Si tratta di una tendenza significativa, che potrebbe riflettere una più ampia sfiducia nei confronti dei media tradizionali.
Notizie della settimana: Instagram lancia la funzione Note
Arnault ha fatto fortuna costruendo il più grande conglomerato del lusso del mondo, che comprende marchi come Louis Vuitton e Tiffany.
Il 55% delle aziende prevede di rafforzare il team di comunicazione corporate
A dirlo è un’indagine realizzata da EY in collaborazione con SWG. Secondo lo studio, la comunicazione corporate oggi, oltre a sostenere prodotti e servizi, assume un ruolo sempre più centrale nello sviluppo e tutela del capitale reputazionale, legandosi così ai processi decisionali e strategici.
“She” è lo spot natalizio che non dovresti perderti
Uno spot davvero bello e delicato quello di J&B Spain, realizzato dall’agenzia El Ruso de Rocky.
Nella categoria pubblicità strappalacrime, il film rientra nel filone degli spot dedicati al Natale, in cui i brand concentrano tutta la loro creatività nell’esaltazione dei buoni sentimenti, dell’altruismo e della condivisione.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/12/notizie-della-settimana.jpg6001200Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-12-19 10:50:572023-01-10 15:48:47ChatGPT, pagamenti digitali, i consumi per le feste e le altre Ninja news della settimana
La progressiva (e rapida) digitalizzazione di tutti i settori ha avuto un fortissimo impatto sul commercio, spingendo sempre più sui canali digitali. Il fenomeno coinvolge, da un lato, le aziende, che puntano a ottenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza moltiplicando i touchpoint, e, dall’altro, gli acquirenti, che scoprono nuovi brand e imparano a utilizzare nuovi metodi di acquisto grazie alla tecnologia. Salesforce, azienda leader globale del CRM, ha reso disponibile un nuovo report sullo stato del commercio che analizza le principali sfide e priorità che il settore si trova ad affrontare oggi.
Far crescere i ricavi e automatizzare i processi, ma anche aumentare la base clienti e stabilire con questa un rapporto duraturo, sono solo alcune delle esigenze che oggi i seller di ogni dimensione si trovano a fronteggiare, in un periodo storico in cui l’inflazione, l’incertezza e la rincorsa al velocissimi sviluppo tecnologico pongono nuove e importanti sfide.
L’evoluzione del punto d’acquisto
L’importanza dei dati per muovere i passi nella giusta direzione assume un ruolo ancora maggiormente significativo ora che il confine tra negozi fisici e digitali sbiadisce fino quasi a scomparire.
Nella seconda edizione del report State of Commerce, Salesforce ha intervistato 4.102 leader del settore e ha analizzato il comportamento di oltre 1 miliardo di acquirenti consumer e business.
Dai dati raccolti da Salesforce risultano importanti indicazioni sulla futura evoluzione del commercio:
come i leader stanno creando un ponte tra il commercio online e offline;
quanto sono importanti i dati di prima parte alla luce dell’evoluzione delle normative e delle politiche sulla privacy;
come le aziende stanno investendo per stare al passo con le le crescenti aspettative dei clienti.
I nuovi canali come chiave per il successo digitale
La pandemia di COVID-19 ha cambiato per sempre il modo in cui le persone e le aziende entrano in contatto.
La crescita degli ordini digitali è aumentata dal primo trimestre del 2020 al primo trimestre del 2022, con un aumento delle vendite globali del 44% nel B2C e del 95% nel B2B. Allo stesso tempo, però, la popolarità dell’eCommerce non ha smorzato l’entusiasmo per le esperienze dal vivo.
Nel B2C, le organizzazioni stanno colmando il divario con servizi come Buy Online, Pickup In-Store (BOPIS): l’85% dichiara di aver già implementato o di voler implementare il BOPIS nei prossimi due anni.
Lo stesso sta accadendo nel mondo B2B, dove il 69% dei venditori si affida ai canali digitali, oltre che a venditori o distributori terzi.
Complessità, agilità e personalizzazione
Tre certezze emergono con forza dall’analisi di Salesforce e meritano di essere approfonditi con i dati contenuti nel report:
#1 Più canali e più partner: la normalità è un commercio distribuito e complesso
I punti di contatto con i clienti e i canali di approvvigionamento, di vendita e comunicazioni si moltiplicano, elevando le aspettative delle persone come mai era accaduto prima.
#2 Disporre delle giuste informazioni consente di offrire un’esperienza personalizzata (e vincente)
L’analisi dei dati è uno strumento potentissimo per valorizzare al massimo l’esperienza delle persone e incentivare la soddisfazione per puntare alla fidelizzazione del cliente.
#3 Le organizzazioni in grado di acquisire un vantaggio competitivo puntano sull’agilità
Le società che utilizzano architetture headless si dimostrano più efficienti e registrano maggiori successi a livello commerciale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/12/salesforce-report-state-of-commerce.jpg627961Ninja Partnerhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNinja Partner2022-12-16 11:57:212023-03-09 11:54:32Scopri le abitudini d'acquisto di oltre un miliardo di persone nel report gratuito di Salesforce
Le grandi crisi globali che si sono succedute negli ultimi anni (dal Covid-19 al conflitto in Ucraina) hanno trasmesso, tanto alle aziende quanto all’opinione pubblica, una nuova consapevolezza sul ruolo sociale delle imprese e sulla loro centralità nel dibattito pubblico.
In questo contesto, all’interno delle aziende cambiano il ruolo e le attese nei confronti della comunicazione corporate che, oltre a sostenere prodotti e servizi, assume un ruolo sempre più centrale nello sviluppo e tutela del capitale reputazionale, legandosi così ai processi decisionali e strategici.
È quanto emerge dall’indagine “Quali nuovi orizzonti aprirà la comunicazione corporate?” realizzata da EY in collaborazione con SWG, che ha interrogato i responsabili della comunicazione di alcune delle più importanti aziende del Paese, con l’obiettivo di comprendere come brand, reputazione e comunicazione aziendale sono evoluti nel corso degli ultimi anni e quali sono le sfide per il futuro.
Alessandro Vanoni, Direttore Brand & Communications di EY in Italia e brand strategy leader della regione EY Europe West, commenta: “Ora più che mai capire il contesto, ragionare su nuove strategie e saperle raccontare è chiave per supportare adeguatamente la trasformazione delle aziende e della società, tenendo le persone al centro. Gli shock di questi anni hanno sicuramente messo la comunicazione sotto i riflettori. Non è un caso che l’85% dei responsabili intervistati oggi ritenga fondamentale il contributo della comunicazione per creare fiducia e che il 54% del campione abbia riscontrato un aumento di attenzione verso la funzione negli ultimi 3 anni”.
Un ruolo sempre più strategico che trova conferma in quel 64% del campione che ritiene che il ruolo della comunicazione sia (finalmente) adeguatamente riconosciuto in azienda. Negli ultimi tre anni i team di comunicazione, messi sotto pressione dai diversi shock sociali ed economici che si sono succeduti, hanno visto, nel 74% dei casi, un aumento del carico di lavoro che si è tradotto anche, nel 71% dei casi, in un rafforzamento del brand.
“Per i brand che in questi anni hanno lavorato bene si sono aperte opportunità incredibili, a livello sia di comunicazione esterna che interna: i vari eventi imprevisti hanno portato a un ripensamento completo del modello di comunicazione, ormai compiutamente integrato, oltre a una maggiore maturità nell’uso dei diversi canali, che ha saputo creare valore misurabile per i brand. La comunicazione in questo scenario ha un vantaggio competitivo: ha radici nell’anima dell’azienda, la conosce intimamente, e ha antenne fuori, riesce a raccordare una molteplicità di livelli di informazione e raggiungere l’intera mappa degli stakeholder” – commenta Vanoni.
L’eterna diatriba tra carta e digitale
Soltanto per il 26% degli intervistati però l’aumento dell’attenzione verso la comunicazione in azienda si è tradotto in un aumento del budget riservato alla funzione; per il 71% del campione è rimasto invariato e per il restante 3% è addirittura diminuito.
Risorse indirizzate perlopiù ai social (84%), ma con una forte presenza, soprattutto per ciò che attiene alla brand reputation, della stampa tradizionale (considerata area chiave su cui investire per l’81% dei responsabili) e con una crescente attenzione anche agli owned media (58% del campione).
Siamo dunque in una fase di integrazione ed espansione (non sostituzione) dei canali.
Comunicazione corporate: il profilo del comunicatore ideale
Dall’indagine emerge quindi che la trasformazione passa da team sempre più professionali, performanti e focalizzati, piuttosto che da budget più grandi.
Per il 40% degli intervistati la prima caratteristica che il candidato ideale deve possedere è la capacità di pensiero strategico, a seguire una rete di relazioni consolidata (27%) e velocità di esecuzione (17%). In breve: capacità di cambiare rotta rapidamente e di pensare fuori dagli schemi sono le principali qualità del comunicatore efficace.
Il 55% delle aziende coinvolte prevede di rafforzare il team di comunicazione nei prossimi mesi, con un’attenzione prioritaria alla comunicazione esterna (31%); il 21% degli intervistati prevede invece assunzioni nel team dedicato ai social e il 10% nella squadra dedicata alla comunicazione interna.
Creare valore per l’azienda a partire dai temi strategici
Una comunicazione sempre più focalizzata su temi strategici e di business: tra le priorità delle funzioni di corporate communication, spiccano i temi di impatto sociale (ESG), di primaria importanza per il 32% del campione, a seguire contenuti legati ai prodotti venduti o ai servizi offerti (29%) e temi corporate (23%).
Dunque, i comunicatori contemporanei sono sempre più legati alle strategie di business e vicini alle guide d’azienda, relazionandosi nell’87% dei casi direttamente con il CEO, nell’84% con le business line e nel 55% con team marketing e HR.
Dall’indagine emerge inoltre – soprattutto dalle risposte qualitative fornite dagli intervistati – una spirale di nuova centralità per la comunicazione interna, legata soprattutto all’eredità della pandemia e alle nuove modalità ibride di lavoro, fondamentale per mantenere i dipendenti più informati e coinvolti in relazione alla vita aziendale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/12/comunicazione-corporate.jpg636949Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2022-12-13 09:36:542022-12-13 09:36:54Il futuro della comunicazione corporate: più strategica e di impatto sociale
Torniamo con la selezione delle notizie della settimana appena trascorsa. Si avvicina la fine dell’anno e iniziare a fare dei bilanci è inevitabile (ma decisamente utile).
Mentre il valore delle aziende tecnologiche europee scende (e per fortuna “le nostre” Scalapay e Satispay tengono alta la bandiera), non basterà cambiare un numero sul calendario per far scomparire le questioni lasciate in sospeso dal 2022.
Continua infatti il dibattito su una riforma globale del mondo del lavoro (qui e qui abbiamo parlato di alcune distorsioni legate alla percezione della vita professionale): si prova a ridurre gli orari e il carico per migliorare la produttività.
Cambiano anche le abitudini d’acquisto sotto le feste: le persone tornano a preferire i negozi di quartiere (grazie anche alla visibilità offerta dal social media, come vediamo nel report di YouGov per Meta) e utilizzano di più gli strumenti di pagamento online (soprattutto i più giovani, come puoi leggere qui).
Siamo quindi sempre più connessi e a nostro agio con la tecnologia, ma, probabilmente, non abbiamo nessuna intenzione di diventare perfetti e virtuali, come avatar o influencer.
Ce lo conferma la Parola dell’Anno scelta da Oxford Languages: scoprila continuando a leggere il nostro recap.
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Il punto sui servizi finanziari al Salone dei Pagamenti
L’industry si è evoluta così rapidamente che le proiezioni sono affascinanti, perché la tecnologia ha guidato il cambiamento verso una nuova era. La semplificazione ha giocato un ruolo chiave e ha spinto le aziende ad accelerare per rimanere competitive.
Bilancio comunque positivo per il Vecchio Continente, con 4 nuovi unicorni, mentre l’Italia ha dato vita alle sue prime due startup da oltre 1 miliardo di dollari: Scalapay e Satispay.
Tra i benefici riscontrati un migliore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, senza intaccare la produttività, ma anche benefici sociali più ampi, come una maggiore uguaglianza di genere e una riduzione dell’impronta di carbonio dei lavoratori.
I detrattori temono, invece, conseguenze da burnout o l’erosione della cultura del posto di lavoro.
Shopping Natalizio, gli Italiani riscoprono il Made in Italy grazie ai social
Nel 2021, il 43% delle persone ha scelto di fare acquisti da una piccola impresa durante le festività, quest’anno, il 92% dei consumatori italiani ha voglia di scoprire nuovi brand durante lo shopping di Natale.
“È un sollievo scoprire che siamo stanchi di apparire sempre perfetti come nei selfie su Instagram e nei video di TikTok“, ha commentato Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages.
La parola metaverso, invece, si è classificata solo al secondo posto.
WhatsApp inizia a distribuire avatar 3D
Potranno essere utilizzati come foto profilo o adesivi personalizzati, e arrivano alcuni mesi dopo il loro debutto su Instagram, Facebook e Messenger. Gli adesivi avatar su WhatsApp saranno simili ai Bitmoji di Snap o ai Memoji di Apple.
La fumata dell’autorità mondiale del colore, questa volta, si tinge di un colore rosso intenso e a tratti rosato.
Il Pantone dell’anno, Viva Magenta 18-1750, vibra di vivacità e vigore. È una tonalità radicata nella natura discendente dalla famiglia dei rossi ed espressiva di un nuovo segnale di forza.
Manca poco a Natale, fervono i preparativi e noi siamo quasi pronti per le pubblicità più strappalacrime; nel frattempo però, godiamoci le pubblicità più belle di novembre, direttamente dall’instancabile mente creativa dei brand a noi più cari.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/12/griglia-immagine-di-copertina-notizie.jpg420839Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-12-12 11:30:372022-12-12 09:43:00La Parola dell'Anno, il Pantone 2023 e le altre notizie della settimana
Il mercato globale del podcasting vale circa 20,32 miliardi di dollari e si prevede un aumento fino a 58,31 miliardi di dollari nel 2026, con un tasso di crescita annuale del 30,15%. Numeri impressionanti, che abbiamo avuto l’occasione di commentare con Dawn Ostroff, Chief Content & Advertising Business Officer di Spotify.
Grazie al suo punto di vista di assoluto rilievo, abbiamo analizzato quali siano le opportunità per inserzionisti e brand di crescere insieme a questo mercato in espansione; ma abbiamo anche cercato di capire cosa le persone si aspettino da questo ormai relativamente nuovo canale di comunicazione.
Dawn Ostroff ci ha parlato di “rivoluzione audio”, che sta diventando sempre più parte della quotidianità delle persone con il suo formato immersivo in grado di migliorare l’esperienza del pubblico.
Pubblico che in Italia conta, solo fra gli ascoltatori di podcast, più di 13 milioni di persone. E, c’è da scommettere, con l’arrivo degli audiolibri sulla piattaforma, il numero sia destinato ad aumentare velocemente.
I budget pubblicitari si stanno spostando sempre più dai media tradizionali a quelli digitali. Cosa sta determinando questo spostamento?
Gli inserzionisti si muovono di pari passo ai consumatori, in particolare quelli più giovani – penso alla Gen Z.
E quando le audience si spostano sempre di più dai media tradizionali a quelli digitali, lo fanno anche gli inserzionisti. Lo abbiamo visto con il passaggio alla TV e ora lo stiamo sperimentando con l’audio.
Il pubblico, a livello globale, infatti, è ormai sintonizzato sull’audio digitale. E lo fa a ritmi record, con numeri in costante aumento. Di conseguenza, i podcast stanno crescendo in popolarità.
Secondo lo IAB Europe i podcast sono destinati a diventare un business pubblicitario da 1,5 miliardi di euro in Europa entro la fine del 2023.
Noi di Spotify siamo impegnati a modernizzare la pubblicità audio.
Siamo convinti che seguendo questa strada – introducendo un migliore targeting con strumenti come Streaming Ad Insertion, aiutando gli inserzionisti a raggiungere gli ascoltatori di podcast su scala con lo Spotify Audience Network, dimostrando l’impatto della pubblicità audio digitale con nuove soluzioni di misurazione e innovando l’esperienza pubblicitaria stessa con formati come le call-to-action cards – porteremo a maggiori investimenti da parte degli inserzionisti, rendendola un must-buy.
Questo non è un bene solo per Spotify, ma anche per gli inserzionisti e i creatori del settore.
Qual è il valore aggiunto che Spotify offre agli inserzionisti rispetto ad altre piattaforme più visive, come Facebook e TikTok?
Siamo nel bel mezzo di una rivoluzione audio.
Ci sono molti nuovi formati e nuovi modi per gli utenti di ascoltare i contenuti grazie a dispositivi intelligenti come smart speaker, telefoni, tablet e altro ancora. Questo significa che c’è più ascolto in tutti i settori, perché le persone cercano alternative allo schermo.
Gli studi dimostrano che entro il 2025 saranno più di 400 milioni le famiglie che utilizzeranno prodotti e servizi per la casa intelligente (Statista, Marzo 2022).
E secondo il National Public Media’s 2022 Smart Audio Report, il 53% di coloro che possiedono uno smart speaker e che, durante il giorno, ascoltano una pubblicità su di esso, affermano di essere molto più propensi a rispondere a tali annunci (“The Smart Audio Report”, National Public Media, giugno 2022).
Si tratta di un’opportunità a cui brand e inserzionisti dovrebbero prestare attenzione. L’anno scorso abbiamo collaborato con Neuro-Insights per condurre una ricerca volta a comprendere l’impatto che i diversi mezzi di comunicazione hanno sull’attività cerebrale.
L’abbiamo chiamata Sonic Science. Abbiamo scoperto che l’audio digitale – e Spotify in particolare – è più coinvolgente e immersivo dei social media (+27%), della TV (+23%) e della radio (+23%).
Taglia il rumore e coinvolge in un modo unico il pubblico migliorandone l’esperienza.
Siamo ancora ai primi capitoli del “rinascimento” dell’audio e all’orizzonte si profilano innovazioni e crescita che andrà a beneficio dell’intero settore.
In termini di audio advertising, le opportunità di attirare l’attenzione dei consumatori sono infinite, proprio perché l’audio digitale sta diventando sempre più parte della vita quotidiana di tutti noi.
Dal lavoro all’attività fisica, dalla cucina al pendolarismo, gli inserzionisti sono in grado di raggiungere i consumatori nel corso della loro giornata in modo profondamente personale e intimo.
Perché la parità di genere e la D&I sono valori così importanti per Spotify e come si riflette questo approccio nell’offerta di podcast?
Gender equality, diversity e inclusion sono i pilastri culturali che guidano tutte le nostre attività, dalla musica ai podcast agli audiolibri. Crediamo in una cultura inclusiva in cui ognuno si senta autorizzato ad essere pienamente sé stesso.
Attraverso le nostre produzioni su Spotify e gli show esclusivi, cerchiamo di essere sostenitori del cambiamento. In Italia, ad esempio, abbiamo recentemente lanciato la seconda stagione di Maschiacci, il podcast di Francesca Michielin dedicato a D&I, donne e comunità sottorappresentate. E il nostro impegno non si ferma certo qui.
Francesca Michielin all’inaugurazione di Casa Spotify – Milano
Con gli utenti che continuano a crescere di anno in anno, il mercato audio globale è cresciuto a livelli sorprendenti.
Solo nell’ultimo trimestre, abbiamo registrato un numero pari a 4.7 milioni di podcast e sulla scia di questo trend, il mercato è a diventare un business multimiliardario grazie alla sua crescente popolarità a livello globale, sostenuta anche da ricavi pubblicitari in costante aumento.
E questo vale anche per il mercato italiano, dove in Italia, in particolare, gli ascoltatori di podcast sono circa 13 milioni. E il 53% è costituito da appassionati che li fruiscono regolarmente.
Con numeri del genere, non smetteremo mai di essere lo specchio culturale perfetto su questi temi.
L'”istinto per i prodotti di successo” ha ancora un ruolo nella strategia di Spotify, o l’approccio data-driven è la metodologia più importante?
Essenzialmente è un mix, tutto condensato nel raggiungere, intercettare e comprendere le esigenze in evoluzione dei nostri utenti, facendo leva sulle nuove tendenze culturali e sociali.
Nel passaggio dai media tradizionali al digitale, la chiave da ricercare è andare a capire dove sono le nuove generazioni, dove si posizionano, quali sono le loro abitudini di ascolto e consumo del digitale.
Ovviamente i dati fanno molto in questo senso.
Sono fondamentali e gli inserzionisti lo sanno bene. Ecco perché offriamo un ampio portafoglio di dati chiave e strumenti di misurazione delle prestazioni grazie alla pubblicità su Spotify, come Podsights e Brand Lift.
In che modo l’arrivo degli audiolibri sulla piattaforma convincerà ancora più inserzionisti a investire in Spotify?
Crediamo che ci sia una grande opportunità di innovare anche nel settore degli audiolibri, portando il mercato a un livello superiore.
Soprattutto dal punto di vista degli autori e degli editori, offrendo loro nuovi modelli di monetizzazione, nuovi modi per raggiungere gli ascoltatori e nuovi modi per essere creativi con i contenuti.
Il nostro intento è quello di spingere il settore in avanti, portando la nostra nuova visione di ciò che può essere l’esperienza degli audiolibri, compresa l’aggiunta di nuovi modelli di business per gli audiolibri in futuro.
Stiamo valutando una serie di modelli di monetizzazione per gli audiolibri, ma al momento non abbiamo informazioni specifiche da condividere.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/12/Dawn-Ostroff-Spotify.jpg646969Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-12-06 10:47:002022-12-09 09:38:05Podcast, audiolibri e Diversity & Inclusion: intervista a Dawn Ostroff di Spotify
“Rispondere al cambiamento è più importante di seguire un piano”. Uno dei motti dell’Agile Manifesto sembra essere ormai sempre più ricorrente in ogni strategia organizzativa e di business di questi ultimi anni.
Ormai avvezzi alla descrizione dei contesti VUCA (Volatili, Incerti, Complessi, Adattivi), abbiamo compreso che ogni funzione organizzativa ha bisogno di ripensare i propri schemi e il proprio mindset in funzione di risultati sempre così difficili anche da rappresentare e fissare nel tempo.
Proprio come il marketing e le vendite, anche i dipartimenti delle risorse umane devono fornire risultati.
Le metriche possono essere diverse, ma uno scopo comune riguarda i dipendenti che devono comunque essere coinvolti nel proprio lavoro e nella cultura aziendale. Ed esistono innumerevoli statistiche che dimostrano come i dipendenti coinvolti forniscano risultati migliori e profitti più elevati.
Oggi l’HR Management comprende sempre di più che le metriche utilizzate per identificare il coinvolgimento e il “benessere” stanno cambiando.
Un trend metodologico che si è diffuso nel panorama del marketing e che ha ridefinito molti approcci di business delle aziende si chiama growth hacking.
Sean Ellis è considerato l’ideatore di questo termine, che traduce l’idea di diventare degli “hacker della crescita” nell’ambito del business, ed è una strategia che si basa fortemente su creatività, strumenti social e dati.
Invece di adottare ciecamente un metodo anziché un altro, il growth hacking supporta ogni mossa strategica con dati e test attraverso la lettura delle interazioni di un ambiente social e non solo.
Al centro della strategia c’è l’importanza di apprendere continuamente da prove ed errori, dalla raccolta di dati, dal monitoraggio dei risultati e dagli approfondimenti connessi ad ogni criticità.
Per quanto negli anni si sia trasformato in un una keyword nel mondo del marketing digitale, pochi in realtà riescono a capire cosa significhi veramente e come funzioni. Sta di fatto che la trasformazione digitale del business e della concorrenza è avvenuta in tutti i campi, e tutte le imprese, ma soprattutto le startup hanno avuto necessità di dimostrare che le proprie idee fossero vantaggiose per ottenere dei finanziamenti utili a potersi sviluppare.
Qualcuno ha già provato a dire che il growth hacking è un mix di istinto, analisi e sviluppo estremamente nitido per ottenere i risultati ideali nel più breve tempo possibile.
L’adozione di questo approccio è stato abbastanza fisiologico per le ex-startup della Silicon Valley, poiché negli anni hanno dovuto stimolare l’engagement, massimizzare la brand awareness, vendere i propri prodotti/servizi e mostrare chiaramente i risultati ai propri venture capitalist.
Se è vero che la crescita organizzativa guida e sostiene i fatturati delle imprese, coinvolge gli azionisti, è vero anche che aiuta a coinvolgere i lavoratori per migliorare. Perché allora non portare l’hacking della crescita anche negli approcci e nelle metodologie HR?
L’Hacking della Crescita
Spesso capita che un trend come il growth hacking sia frainteso.
Fare “hacking della crescita” non significa solo aumentare le vendite o aumentare gli utenti su una piattaforma, ma significa accettare il fatto che le aziende siano organismi complessi, che maturano nel tempo, e che il punto di partenza per crescere sia l’essere consapevoli della fase in cui ci si trova.
Uno degli scopi del growth hacking è senz’altro raggiungere rapidamente dei risultati attesi con costi minimi, ma bisogna considerarlo come più simile a un mindset che a uno strumento pubblicitario o di e-commerce.
Come ricorda Luca Barboni in “Il manuale ninja del web marketing” la parola growth hacking è composta in primis da “growth” che significa crescita. E la crescita corrisponde alla misurazione di un andamento: in un confronto tra un prima e un dopo infatti, senza attenzione ai dati, non potremmo avere nessuna percezione di crescita. Proprio per questo le metriche sono così importanti nel growth hacking.
“Hacking” invece va inteso come l’insieme dei metodi, delle tecniche e delle operazioni volte a conoscere, accedere e modificare un sistema e quindi prima di tutto come l’applicazione del pensiero laterale per trovare soluzioni non convenzionali a dei problemi.
Un hacker, infatti, è qualcuno che fissato un obiettivo preciso, fa di tutto per raggiungerlo e il growth hacker è un tipo specifico di hacker che ha come obiettivo in genere la crescita aziendale.
Tra le caratteristiche che definiscono il growth hacking come metodologia e più nello specifico come mindset è sicuramente l’approccio “granulare” (cfr. Raffaele Gaito in Growth Hacking Mindset) alla risoluzione dei problemi, con la capacità di miscelare una costante visione d’insieme con un focus assoluto sul singolo, piccolo problema; in altre parole prendere un problema di grandi dimensioni e scomporlo in tanti problemi di dimensioni ridotte, che conseguentemente richiedono un investimento minore di risorse ma che porta a risultati migliori nel lungo periodo.
Il metodo che utilizza il growth hacking per la scomposizione dei problemi è il famigerato framework AARRR (Awareness, Acquisition, Activation, Retention, Revenue e Referral) o hacking funnel, destinato ad aiutare a identificare i punti sui quali un’azienda dovrebbe concentrare i propri sforzi per migliorare il raggiungimento dei propri obiettivi.
Queste cinque fasi hanno una cosa in comune: sono estremamente importanti per la crescita di un’azienda e per le organizzazioni in generale. Se un’azienda ne trascura il monitoraggio, non avrà un modo efficace per sapere “se sta andando bene o meno”.
Ognuna delle misurazioni del framework AARRR si rivolge a un campo di intervento: dalla cattura dell’attenzione degli utenti verso un’attività, all’aumento della redditività. I campi non si sovrappongono ma danno piuttosto forma a una sequenza ideale che, una volta posta in atto con successo, garantisce all’organizzazione la maggiore produttività possibile.
Assunzioni = Crescita? Il growth hacking per il recruiting
Proviamo allora a ripercorrere il “growth hacking funnel” in ottica HR, dove al posto dei clienti e del prodotto possiamo ritrovare le persone coinvolte nel ciclo di vita organizzativa, a partire ovviamente dai momenti di acquisizione e recruitment.
La fase di awareness può rappresentare l’inizio dell’imbuto, nella quale la persona viene a contatto con l’employer brand e diventa per l’appunto consapevole della sua esistenza. È qui che solitamente ritroviamo molte “vanity metrics” dell’employer branding, come ad esempio il numero di visitatori nella pagina “lavora con noi” o il numero di follower sulla pagina aziendale di Linkedin.
La fase di acquisition riguarda invece il momento in cui il job seeker lascia all’azienda i propri contatti o inizia a seguire attivamente l’employer brand sui social.
La fase di activation probabilmente può essere paragonata alla vera e propria job application per una posizione aperta; si tratta di un passaggio importante poiché potrebbe essere misurato come reale tasso di conversione di un utente da semplice visitatore a candidato effettivo.
Proseguendo il viaggio nel funnel, incontriamo il passo della retention, che nel marketing si identifica con gli utenti di una piattaforma che continuano ad utilizzarla con costanza, mentre nella nostra metafora HR potrebbero essere coloro che effettivamente partecipano al processo di selezione previsto e quindi il coinvolgimento nei test, nelle prove attitudinali, nei colloqui o ad altri strumenti di screening e selezione delle candidature.
La quinta fase del growth hacking funnel è la revenue, che nella similitudine HR avrà a che vedere con gli utenti/candidati che realmente sono stati assunti e sono concretamente diventati membri dell’organizzazione.
Ragionare anche qui con le metriche dei tassi di conversione di assunzione rispetto all’inizio del funnel può diventare molto interessante per capire quali siano davvero le performance che devono essere attivate per la ricerca di diversi profili nell’ambito della talent acquisition.
L’ultima fase, che potrebbe sembrare meno importante, è quella che nel mondo del marketing è chiamata “referral” e riguarda i follow-up nei confronti dei clienti acquisiti che hanno proceduto con l’acquisto di un prodotto.
Nel nostro caso potremmo invece fare riferimento a tutte le persone che hanno intrapreso il candidate journey e che, scartati, in un modo o nell’altro, parleranno del brand o dell’imprenditore che li ha coinvolti nel processo di selezione. Immaginare, ad esempio, per questo target l’inserimento in una community, in una newsletter o in qualsiasi altro strumento di fidelizzazione al brand può significare un concreto sviluppo di una talent pool e di un network di persone che possono veicolare anche per le future job opportunities un canale di riferimento.
Il growth hacking per attrarre i talenti
Nell’ambito della talent acquisition può diventare utile la similitudine anche rispetto alle strategie che possono essere messe in atto per promuovere il proprio “prodotto” HR (ovvero la posizione aperta) laddove sappiamo che ci sarà competizione nella ricerca di figure professionali specifiche con altri employer brand.
Per migliorare il proprio growth hacking funnel nell’employer branding è bene predisporre una posizione che sia davvero attraente per il target di riferimento.
I giovani job seeker (considerando in questo caso i cosiddetti “alti potenziali” introvabili per il mondo aziendale) possono essere oggi molto smaliziati nella scelta di quale brand considerare per fare application. Se il “prodotto”/la posizione è “difettoso”/”effimera” le persone lo verranno a sapere molto facilmente.
Ricevere feedback anche sulle job description o sulla candidate experience da parte delle persone che hanno fatto application o dai neo-assunti può diventare senz’altro un modo per affinare costantemente la modalità di presentazione delle opportunità rispetto a quel target specifico.
Laddove studenti in target entrano in contatto con il brand aziendale tramite progetti di sinergia scuola-lavoro o altre occasioni di interazione con il territorio, può diventare molto valido immaginare quelle esperienze come dei “test-drive” di ciò che propone l’employer brand.
Come fosse una versione gratuita del proprio “prodotto” da far testare ad un gruppo selezionato di persone per poterne individuare punti di forza da enfatizzare e punti di debolezza su cui intervenire.
Il target del nostro HR growth hacking non può certo essere “chiunque” e, come nel marketing, dobbiamo passare attraverso delle fasi di sperimentazione (soprattutto quando le professioni cambiano continuamente, sono “nuove” o non esistono ancora).
Segmentare il pubblico su cui approcciare le strategie di employer branding significa anche conoscere a chi portare valore aggiunto in termini di crescita personale e professionale per poi puntare lì i propri sforzi (ed efficientare i costi).
Come abbiamo visto l’idea è quella di diventare dei “growth hacking recruiter”, che sfruttano in modo curioso e sicuro i social media, la tecnologia e i dati per raggiungere obiettivi di assunzione con un investimento finanziario minimo; che utilizzano strumenti di marketing digitale per ottimizzare e convertire i candidati giusti (SEO, UX, content marketing, etc.) ma anche capacità tecniche per automatizzare alcuni processi (scraping, bot, AI, etc.).
Ma soprattutto adottare un atteggiamento, piuttosto che sposare una determinata metodologia di misurazione dei risultati. L’analisi delle metriche individuate nelle fasi AARRR dovranno essere seguite allora da momenti non solo di analisi, ma di azione, in ogni fase di crescita del funnel, e con la messa in opera di esperimenti continui.
Sposare la mentalità del Growth Hacking nei processi di People & Culture
Per sposare un nuovo mindset come quello del growth hacking è importante visualizzare le fasi che ne distinguono l’approccio sperimentale e di esecuzione, che molto assomiglia alle metodologie di sviluppo agile o lean startup.
Richiamando ancora il framework di Luca Barboni e provando a sintetizzare, è possibile riconoscere una fase di ideazione (o brainstorming dove si generano proposte), una di prioritizzazione (per assegnare punteggi alle idee e sistematizzare il processo creativo), una di esecuzione (basata sulla progettazione di test e nella loro implementazione) e una di analisi (dove si verifica il raggiungimento o meno dei risultati sperati.
Se l’esperimento è di successo diventa una best practice da sistematizzare altrimenti il processo ricomincia dalla fase di progettazione di nuovi test, fino ad avvicinarsi in maniera incrementale e iterativa al “good for enough”.
Se proviamo a vestire i panni di un HR “growth hacker” è possibile allora immaginare le fasi di sviluppo di un nuovo “prodotto”/“servizio” dedicato alla people & culture aziendale in tre passaggi fondamentali: il fitting tra i problemi delle persone e la soluzione HR, il fitting con il contesto aziendale, ed infine la crescita organizzativa e dell’individuo a livello professionale.
PEOPLE PROBLEM/SOLUTION FIT
Nel marketing chi può giudicare la perfezione di un’accoppiata tra il problema e la soluzione? Lo fa il cliente.
Il “problem/solution fit” corrisponde alla fase iniziale di validazione dell’idea. Come fare dunque a ricercare questa coppia perfetta tra problema e soluzione, questa corrispondenza anche nelle iniziative e nei servizi che l’HR attiva nei confronti della popolazione aziendale?
Seguendo il motto del movimento Lean startup: “get out of the building”, ovvero “esci fuori dall’ufficio e incontra di persona i tuoi utenti”.
Incontrare e intervistare i propri colleghi e colleghe è il modo più diretto e più efficace ed economico di avere dati provenienti da persone reali sul problema, e poi sulla situazione, che vorremmo affrontare all’interno o all’esterno dell’organizzazione: ad esempio, conoscere profondamente il target di nuove generazioni che vogliamo assumere o le differenze generazionali che si riscontrano nel nostro ambiente organizzativo.
Sarà importante rispettare alcune domande chiave quando conduciamo questo tipo di indagini: “ti capita mai di avere questo problema x? Quanto spesso ti capita? Mi racconteresti com’è andata l’ultima volta? Che cosa hai fatto per risolverlo? Se è rimasto soddisfatto da questa soluzione?”
In questi quesiti non vi è traccia della soluzione (che in questo approccio non può essere preconfezionata o imposta tout court alla popolazione aziendale).
Questo perché non si deve imporre la propria visione alle persone; è consigliabile fare un primo giro di interviste necessario individuare il segmento organizzativo ideale che effettivamente soffre del problema.
Una volta individuato, e conosciuto a fondo il problema, possiamo ripetere l’intervista aggiungendo come elemento finale una breve presentazione della nostra soluzione e raccogliere feedback.
SERVICE/PEOPLE FIT
Conosciuto il contesto di riferimento conosciamo un problema e una soluzione.
Per andare avanti però non ci bastano più delle interviste qualitative: abbiamo bisogno di dati numerici.
Per farlo, bisogna costruire un MVP (minimum valuable product) ovvero minimo prodotto fattibile, che consiste in un artefatto che permette: all’utente di avere un’esperienza del prodotto HR che abbiamo in mente (più o meno fedele alla versione finale); all’HR di raccogliere dati quantitativi sul comportamento delle persone (più o meno velocemente); all’HR di fare questa raccolta su un campione di persone in target (più o meno scalabile).
Per minimizzare il rischio di creare qualcosa che non abbia presa sul contesto organizzativo lanciamo piccoli test e sondiamo la reazione delle persone (banalmente, quante hanno cliccato alla newsletter interna? Quante hanno “convertito” con una partecipazione effettiva al programma di training?, etc.).
Sean Ellis, l’inventore della parola “growth hacking” propone un metodo specifico per misurarlo: lanciare un sondaggio alla base utenti, chiedere loro come si sentirebbero se il servizio che viene offerto, dall’oggi al domani, fosse ritirato (con opzioni di risposta chiusa molto deluso/piuttosto deluso/per niente deluso/adesso non sto usando il servizio); se il 40% di loro risponde che “molto delusi” o “arrabbiati”, significa che siamo molto vicini al “service/people fit”.
Il metodo si basa in un certo senso su una semplice domanda: se il tuo servizio HR fallisse qualcuno se ne accorgerebbe?
PROGRESSO E CRESCITA
Aver raggiunto il “service/people fit” significa contemporaneamente avere colleghi attivi, fedeli, che passano parola perché soddisfatti dell’employer brand. Queste condizioni gettano le fondamenta per una crescita.
Si dice spesso che la peggior decisione di marketing che si possa fare è tentare di vendere un prodotto che non vuole nessuno. E lo stesso può valere per la gestione delle persone in azienda: “vendere” una soluzione o un benefit che nessuno desidera può essere davvero un boomerang sotto molti punti di vista.
Nelle fasi precedenti ci siamo concentrati prima di tutto sull’attrarre il nostro target di persone che più di tutti manifesta il problema che proviamo a risolvere e che perciò vede il maggior valore nella nostra soluzione. Ma se inizialmente acquisire utenti era una scusa per generare dati e imparare come migliorare nell’ultima fase di sviluppo e crescita dobbiamo iniziare a estendere e coinvolgere una fetta più ampia di popolazione.
Una volta validato il primo “mattone” possiamo dare fondo alle innumerevoli tecniche di engagement da mutuare dal marketing (content marketing, social media, ads, SEM&SEA, SEO, eventi offline, newsletter, affiliate marketing, unconventional PR, etc.), a patto che il nostro mindset sia sempre sperimentale e attento a correggere continuamente il tiro con continui “fine tuning” della nostra strategia di engagement.
Perché le risorse umane dovrebbero diventare hacker della crescita
Le tecniche del growth hacking declinate per l’HR, come abbiamo visto, possono essere rivolte alla crescita delle persone e dell’organizzazione in tutte le fasi del ciclo di vita organizzativo, non solo nella similitudine con la talent acquisition e dei funnel di selezione.
“Hackerare” la crescita significa incidere significativamente su tanti aspetti della vita aziendale in cui le persone entrano in contatto con l’employer brand.
Ad esempio, nelle fasi di onboarding, l’hacking della crescita può avere l’obiettivo di massimizzare il coinvolgimento di ogni nuovo assunto, costruendo e misurando lo scambio sociale che i newbie avranno con i nuovi colleghi e colleghe e identificando i touchpoint sociali misurabili.
Oppure nella comunicazione interna, quanto può essere proficuo avere una mentalità da growth hacker? Come sappiamo non sempre “one size fits all” e la personalizzazione delle informazioni (da area ad area, da divisione a divisione) può essere adattata a partire dall’adattamento dei contenuti a partire dalla segmentazione e dall’analisi dei dati raccolti nelle fasi di test compiuti nelle comunicazioni.
Per aumentare il c0involgimento, dobbiamo segmentare il nostro “pubblico”.
Parte integrante del growth hacking, inoltre, è testare, osservare, modificare e ripetere, ma soprattutto imparare da tutto il processo. Per crescere dobbiamo testare nuovi modelli di apprendimento e imparare da essi, e creare una cultura della sperimentazione che si possa basare sull’ “E se facessimo così?” invece che “Abbiamo sempre fatto così!”; è il principio primo su cui si devono basare oggi tutte le strategie di learning & development in azienda.
Un aspetto fondamentale del growth hacking è infine l’analisi dei dati. Sentiamo parlare molto di big data soprattutto nel marketing, ma non dobbiamo considerare le metriche solo come una mera funzione di reporting, ma soprattutto come ispirazione per il miglioramento dei processi, la segmentazione basata sui dati e un migliore processo decisionale. Combinare le survey interne già largamente utilizzate dal mondo HR con attività misurabili e dashboard di informazioni ulteriori può diventare una scelta vincente in chiave strategica e di conoscenza concreta della cultura aziendale.
Last 2cents: senza la viralità, l’hacking della crescita non riesce a prosperare. Avere contenuti che dipendenti e collaboratori vogliono condividere in maniera organica è davvero l’optimum a cui tutti vorrebbero tendere.
E allora “Growth Hack It!”: iniziamo a portare qualcosa di nuovo nelle prossime riunioni di people strategy in azienda.
Sfruttiamo l’analisi dei contenuti pertinenti ai diversi team di lavoro, discutiamo dell’impatto che può avere una campagna per i propri dipendenti testandolo in modo virtuoso prima di implementarlo a tutta la popolazione. Iniziamo a far vivere a colleghe e colleghi la mentalità della crescita organizzativo, dello sviluppo personale e dell’apprendimento, poiché è forse davvero la cosa più importante che serve in questo frammentato mercato del lavoro.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/11/growth-hacking-per-hr.jpg636969Giulio Beroniahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiulio Beronia2022-11-30 10:20:422022-12-05 15:26:02Tecniche di Growth Hacking nelle strategie di People & Culture
La seconda parte del 2022 non è stata certo clemente con le grandi compagnie tecnologiche, impegnate ad affrontare turbolenze su diversi fronti. Tra le notizie della settimana, Zoom perde colpi, registrando un meno 90% sulle azioni dopo che l’azienda ha tagliato le previsioni di vendita annuali (in questo articolo trovi più informazioni). L’azienda aveva grandemente prosperato durante la pandemia e ora accusa il colpo di un ritorno, se non alla normalità, a un nuovo cambiamento.
Anche in Amazon e Twitter proseguono, per ragioni diverse, le riduzioni del personale e gli ex dipendenti non fanno mistero della propria frustrazione (lo abbiamo letto in questa notizia).
Il minimo comune denominatore di questi cambiamenti è la difficoltà ad adeguarsi al cambiamento tecnologico che ci sta investendo, con i primi timidi tentativi di Metaverso, decentralizzazione e cryptoeconomia. Neppure Facebook, cambiando il nome in Meta, è riuscita ad avvicinarsi al Web3.
Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.
Il reset delle Big del Tech
Si tratta di un reset culturale, secondo quanto commentato da Vox. Una delle ragioni è che sono ormai mature e non possono più fornire agli investitori lo stesso tipo di crescita massiccia che hanno avuto negli ultimi due decenni.
Questo cambiamento avrà grosse ripercussioni sul settore.
Non si fermano i licenziamenti di Amazon
Lo ha scritto l’amministratore delegato Andy Jassy in una nota inviata ai lavoratori giovedì scorso. “Questa è senza dubbio la decisione più difficile che abbiamo preso in questo periodo“, ha scritto il CEO. L’azienda ha iniziato a informare i lavoratori del loro licenziamento la scorsa settimana.
Zuckerberg non lascerà Facebook
La notizia era circolata martedì su alcuni magazine di settore, ma è stata smentita ieri da un tweet del portavoce della società, Andy Stone. Nel frattempo, le azioni di Meta sono salite dell’1%, come riporta il New York Post.
Notizie della settimana: chiude la sede europea di Twitter a Bruxelles
I sei dipendenti del team hanno lasciato i loro incarichi a seguito dell’ultimatum inviato via mail da parte del nuovo CEO.
Negli ultimi mesi Zoom sta cercando di focalizzarsi principalmente sulle attività aziendali, ma la concorrenza di servizi come Teams e Slack è impegnativa e a pesare sono anche i conti.
Metaverso, non solo uno spazio per i giovani
La nuova realtà tecnologica attrae maggiormente gli over 36.
I ragazzi sotto i 25 anni, contrariamente alle aspettative, si dimostrano più indecisi e hanno paura che si perda il contatto con la vita fisica.
Matomo rappresenta una possibile alternativa, da un lato perché è cookieless, dall’altro per la semplicità di data visualization e di presentazione del dato.
Oltre 200 HR Director e 50 aziende Partner hanno permesso la realizzazione di ben 65 sessioni di lavoro fra Phygital Speech, Phygital Talk Show e Tavoli tematici. Abbiamo tirato le somme di questa edizione insieme a Federico Morganti, Content & Relations Design Officer di Comunicazione Italiana. Puoi ascoltarlo nel podcast.
Tesla è il brand percepito come più sostenibili tra gli italiani
L’attenzione alla sostenibilità risulta essere un driver di scelta il cui peso non supera il 5%, quindi un fattore con una rilevanza ancora inferiore alla qualità e al prezzo. Emerge tuttavia una forte attenzione a questo valore da parte dei consumatori.
Notizie da Ninja: Ceres celebra i baristi con una collezione di figurine
Da sempre, il marchio di birra danese li considera una categoria indispensabile per i luoghi di aggregazione e vere e proprie icone.
Una collezione esclusiva alla quale si aggiunge una limited edition di Ceres Strong Ale che comprende 21 bottiglie, ciascuna dedicata ad un “capocannoniere” del bancone.
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https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/11/notizie-ninja-della-settimana.jpg6001200Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-11-28 09:14:352022-11-29 09:53:06Il reset delle Big del Tech, i licenziamenti di Amazon e le altre news Ninja della settimana
Le persone non cercano le pubblicità, anzi, le evitano. Ci sono però delle occasioni in cui si dimostrano più ricettive verso i messaggi promozionali, rispetto al solito. Individuare quindi quali siano i canali che rendono il pubblico maggiormente predisposto a ricevere il nostro messaggio è essenziale per massimizzare il risultato del nostro investimento pubblicitario. Secondo il report di Kantar, Media Reactions 2022, l’Influencer Marketing garantisce la migliore advertising equity tra i canali online.
Lo studio viene ampliato ogni anno e, in questa occasione ha raccolto le opinioni di oltre 18.000 persone in 29 mercati, coprendo quasi 400 brand e quasi il 90% della spesa mediatica globale.
All’interno, anche le opinioni di quasi 1.000 esperti di marketing, tra cui inserzionisti, agenzie e società di media di tutto il mondo, che integrano la prospettiva dei consumatori per fornire una visione completa dei canali più performanti.
Ad esempio, un dato interessante è che Instagram si conferma, per il secondo anno consecutivo, in testa alla classifica delle preferenze dei marketer per gli annunci pubblicitari. Il risultato è stato raggiunto grazie all’affidabilità e all’innovazione della piattaforma, due aree molto importanti per chi si occupa di investimenti pubblicitari.
L’Influencer Marketing per spingere le tue ads
Un aspetto importante da non sottovalutare è invece quali siano le preferenze delle persone quando ricevono un messaggio pubblicitario.
Analizzando i dati di Media Reactions 2022, emerge come l’Influencer Marketing offra un modo molto efficace per raggiungere il proprio pubblico quando e dove vuole essere raggiunto.
Per questo motivo, TERRITORY Influence ha organizzato un webinar online per commentare i dati del report e liberare il pieno potenziale delle tue ads con consigli concreti e casi di studio.
Il webinar gratuito di TERRITORY Influence
Ora che i media devono affrontare pressioni inflazionistiche e il numero di piattaforme pubblicitarie digitali continua a crescere e diversificarsi, è sempre più importante allocare con successo il budget pubblicitario.
Nel webinar gratuito organizzato da TERRITORY Influence a commento del report Media Reactions 2022 di Kantar e previsto per giovedì 1 dicembre alle ore 16.00, verrà esplorato proprio questo tema.
I relatori dell’appuntamento, Stéphanie Leix (Head of Media, Creative and Kantar Marketplace di KANTAR), Alessandra Arcuri (Project Manager di TERRITORY Influence) e Vincenzo Furfaro (Business Developer di TERRITORY Influence), attraverso l’esposizione di best practice e casi reali si focalizzeranno in particolare su:
Perché l’influencer marketing è e rimane un touchpoint forte nel media mix
Come i consumatori percepiscono i diversi canali, piattaforme e tipi di influencer
Quali strategie promuovono la comunicazione specifica per la distribuzione efficiente degli annunci
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/11/influencer-marketing-territory-influence-copertina.jpg640967Ninja Partnerhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNinja Partner2022-11-22 10:16:412022-11-22 17:21:52Ecco come puoi dare un boost alle tue ADS con l'Influencer Marketing
Gli ex dipendenti licenziati da Meta e Twitter condividono il proprio disappunto su TikTok: a quanto pare, TikTok non serve solo per i video in playback o per i balletti.
Ora, mentre i licenziamenti di massa colpiscono a ripetizione il settore tecnologico, gli ex dipendenti di due fra le principali aziende coinvolte, Meta e Twitter, si sono riversati sulla piattaforma per condividere le loro storie e cercare nuove opportunità.
Una settimana dopo che l’amministratore delegato di Tesla, Elon Musk, ha preso il controllo di Twitter, ha annunciato il licenziamento di quasi la metà dei dipendenti dell’azienda tramite un’email notturna.
Alcuni dipendenti hanno scoperto di essere stati licenziati dopo che i loro account erano stati bloccati.
Mark Zuckerberg ha comunicato ai dipendenti di Meta un chiaro pacchetto di licenziamenti.
EntrambE le operazioni hanno colpito come un fulmine a ciel sereno hanno scatenato una pioggia di reazioni al licenziamento in live-streaming.
Le reazioni su TikTok dei licenziati da Twitter e Meta
Alcuni hanno risposto con un po’ di black humor. L’utente @davidferris ha girato un video in mattiniero mentre si collegava alla sua casella email per apprendere se sarebbe stato licenziato dal suo lavoro a Twitter. “È la prima volta che vengo licenziato, quindi voglio essere sicuro di fare bella figura“, ha dichiarato con ironia. Dopo aver scoperto di essere stato effettivamente licenziato, ha fissato la telecamera con un sorriso a occhi spenti e un pollice in su, aggiungendo: “Ottimo, grazie per aver partecipato a questo viaggio con me“.
Un altro ex dipendente di Twitter, con il nome di @career_tips_, ha risposto al bagno di sangue di Twitter con un video satirico in cui cerca di raggiungere gli uffici vuoti. Ha anche postato un video su come avrebbe ottenuto un altro grande lavoro nel settore tecnologico in meno di 30 giorni grazie a referenze e colloqui precedenti.
Altri stanno offrendo ai follower “una sbirciatina dietro le quinte”, mostrando come gestiscono la disoccupazione e come si preparano a rientrare nel mondo del lavoro. Essendo una delle 11.000 persone licenziate da Meta, @maryferrando ha postato un video appena quattro ore dopo aver ricevuto la terribile email.
Che si tratti di video messaggi emotivi, sarcastici o di consigli, nessuno di questi ex dipendenti ha preso la situazione con leggerezza.
Condividendo le loro esperienze su TikTok, queste persone contribuiscono a destigmatizzare una situazione considerata spesso un evento vergognoso nella propria carriera. A seguito di un movimento per una maggiore trasparenza dei salari, una maggiore discussione sui licenziamenti sta aiutando i lavoratori a entrare in contatto e a trovare nuove opportunità in un momento di stress.
Una cosa è certa: forse sono bloccati dai loro account aziendali, ma possono trasmettere con facilità le reazioni alle scelte dei loro ex CEO su TikTok.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/11/ex-dipendenti.jpg6001200Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-11-11 10:54:542022-11-11 10:56:32Gli ex dipendenti di Meta e Twitter si sfogano su TikTok dopo il licenziamento
Il Black Friday e Cyber Monday 2022 cambiano volto e da celebre weekend di spese sfrenate si trasformano in un più lungo periodo di shopping attento, sostenibile e aperto al cambiamento.
A causa di inflazione e caro vita, infatti, tanti italiani si metteranno a caccia di affari ma, oltre al prezzo più conveniente, nell’88% dei casi prediligeranno prodotti di qualità che durino nel tempo e nel 75% dei casi acquisti sostenibili in linea con i propri valori.
Inoltre, i nostri connazionali saranno sempre più propensi a esplorare nuovi canali di acquisto, tra cui i social network, preferiti soprattutto da Gen Z e Millennials.
A testimoniarlo i dati di una recente indagine condotta da Shopify, che ha intervistato oltre 24.000 consumatori e 9.000 PMI in diversi Paesi nel mondo, Italia compresa, per comprendere come si stiano preparando alla stagione clou per le vendite.
Black Friday e Cyber Monday 2022: alla ricerca del miglior rapporto qualità-prezzo
Secondo la ricerca di Shopify, il 64% degli italiani intende sfruttare il weekend del Black Friday e Cyber Monday 2022 per fare la maggior parte degli acquisti natalizi e, proprio a questo scopo, il 54% afferma di aver risparmiato nei mesi scorsi.
Anche perché 1 italiano su 2 teme ulteriori innalzamenti dei prezzi nel 2023 e quindi intende approfittare degli sconti. Risultato: il 19% degli intervistati dichiara che spenderà più dell’anno scorso e il 43% metterà sul piatto la stessa cifra.
Con una certezza su tutte: quest’anno più che mai, il principale driver di scelta sarà il miglior rapporto qualità-prezzo.
Le PMI italiane intervistate da Shopify concordano: il 90% dei loro clienti è già alla ricerca dell’offerta più conveniente.
Seppur però non voglia fare a meno della qualità. In tempi di rincari, 4 italiani su 10 prediligono l’acquisto di prodotti ritenuti essenziali ma allo stesso tempo non rinunciano a regalarsi qualche piacere quotidiano (78%), momenti per il proprio benessere (65%) o esperienze da vivere in compagnia (67%) tra cui spiccano uscite seriali al cinema e al ristorante (39%) o gite fuori porta (31%).
Sulla sostenibilità non si risparmia
L’indagine Shopify conferma il ruolo centrale della sostenibilità nei comportamenti di acquisto: il 64% dei consumatori italiani acquista in modo sostenibile e continuerà a farlo nel 2023. Non solo. Il 37% degli intervistati è disposto a spendere persino di più per comprare da un marchio sostenibile – soprattutto Millennials (46%) e Gen Z (38%).
Inoltre, una curiosità: ben il 47% degli italiani si dice aperto alla possibilità di pagare, sempre o spesso, una commissione extra per favorire la riduzione di Co2 emessa dall’acquisto. Non stupisce quindi che 7 italiani su 10 prevedano di acquistare sostenibile durante il Black Friday e Cyber Monday.
Di pari passo, aumenta la consapevolezza delle PMI italiane: l’88% delle imprese afferma come la sostenibilità stia diventando sempre più importante per i propri stakeholder nonché un driver per la brand loyalty, ovvero la fedeltà al proprio marchio. Pertanto, la maggior parte degli imprenditori intervistati conferma l’impegno a ridurre gli sprechi (58%) e a investire in packaging eco-friendly (42%).
Inoltre, una PMI su due vede nel contesto macroeconomico un’opportunità di accelerazione verso pratiche sostenibili. Anche se non mancano gli ostacoli, rappresentati soprattutto dai costi necessari all’adozione di pratiche sostenibili (48%), dalla mancanza di risorse o tempo (30%) e di personale dedicato (26%).
Le opportunità per i brand che decidono di abbracciare il social commerce
Gli italiani sono poi sempre più aperti al cambiamento e inclini a esplorare nuovi canali di acquisto per esperienze di shopping completamente omnichannel.
Per questo, la partita per il successo – non solo durante il BFCM 2022 – si gioca sulla capacità dei brand di creare una forte connessione con i propri clienti su tutti i touchpoint di vendita, social network compresi.
Gli italiani, infatti, prevedono di fare shopping anche sulle piattaforme social e soprattutto su Instagram (38%) che, in media, batte – seppur di poco – YouTube (37%) e Facebook (36%).
Le preferenze cambiano però in base alle fasce di età: ai Millennials piace Facebook (44% vs. 26% per la Gen Z), mentre i più giovani (18-24) si lasciano ispirare da TikTok (42% vs. il 24% di media nazionale).
In altre parole, il social commerce – ovvero la vendita tramite piattaforme social – non arresta la sua crescita e per questo, nell’ultimo anno, ha assunto maggiore importanza per ben il 41% delle PMI italiane intervistate da Shopify.
Non solo social network però: molte aziende hanno già compreso l’importanza di entrare in connessione con i propri clienti – attuali o potenziali – ovunque essi si trovino. Per questo, oltre un terzo degli imprenditori italiani considera l’implementazione o il miglioramento di infrastrutture digitali azioni necessarie per restare competitivi, oggi e in futuro.
“Quest’anno il Black Friday e Cyber Monday subirà l’impatto del contesto socio-economico attuale che cambia le abitudini di acquisto dei consumatori rendendoli più attenti, selettivi e focalizzati su prezzi convenienti senza rinunciare a qualità dei prodotti e premiando le pratiche sostenibili introdotte dai brand” commenta Paolo Picazio, Country Manager per l’Italia di Shopify.
E prosegue: “è interessante notare come, ancora una volta, tante imprese italiane si siano adoperate per adottare nuove strategie e approcci a uno scenario in continua evoluzione e che li mette, ancora una volta, a dura prova. Oggi più che mai, siamo convinti che la chiave del successo risieda nella capacità di creare una connessione con i propri consumatori e un rapporto diretto, basato sulla fiducia e la costruzione di un forte senso di appartenenza a una community da coltivare su più canali, dall’online all’offline, passando per social e Web3, senza più alcuna netta divisione”.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/11/black-friday-e-cyber-monday-2022.jpg638887Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-11-11 08:30:182022-11-14 09:25:36Black Friday e Cyber Monday 2022: italiani pronti a uno shopping più attento, sostenibile e aperto al cambiamento
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