Sotto-tag BOFU (basso) di Funnel

Yolo Economy e il coraggio di cambiare lavoro

Il coraggio di rischiare e di inseguire le proprie aspirazioni. Lasciare andare la sicurezza e la routine, per realizzare i propri sogni. Un cambiamento radicale di prospettiva che stravolge il paradigma del “lavoro tradizionalmente inteso”. L’accelerazione provocata dalla pandemia, rivoluziona i layout fisici e mentali dell’habitat lavorativo. Un’economia in rapida trasformazione, non solo dal punto di vista economico o digitale, ma anche nei nuovi rapporti di potere verticali che diventano sempre più fluidi e flessibili.

Smart working, lavoro agile, soft skill, isolamento e lockdown da Covid-19 incidono sul mondo delle professioni, determinando da un lato necessità di upskilling e reskilling, dall’altro disaffezione verso gli ambienti lavorativi.

La Yolo Economy e la filosofia della felicità del “si vive una volta sola”

Dal desiderio di evadere, di cambiare propri orizzonti si diffonde negli Stati Uniti un nuovo movimento di pensiero, la Yolo economy, acronimo della locuzione “You Only Live Once” che significa “si vive una volta sola”, che sembra affermarsi in maniera predominante tra la GenZ e i Millenial.

Resa celebre dal rapper Drake dieci anni, oggi la Yolo Economy è diventata la nuova filosofia di vita di chi, stanco del vecchio lavoro, preferisce rischiare e rimettersi in gioco per realizzare i propri sogni.

“Essere felici hic et nunc, qui ed ora”, quindi. Dopo un anno costretti al pc, tra call e smart working, riunioni continue, didattica a distanza, iperconnessi, con flussi orari sempre più evanescenti e meno definiti tra vita privata e lavorativa, e soprattutto ritmi sempre più stressanti, i giovani negli Usa sembrano preferire l’essere freelance alla certezza di un lavoro stabile in cui non si sentono realizzati.

La nuova tendenza indica la volontà da parte delle nuove generazioni di staccarsi dal lavoro come è tradizionalmente inteso per cambiare. Questo si traduce in migliaia di giovani che si stanno interrogando sul loro futuro, decidendo di rischiare tutto, abbandonando lavori stabili e comodi per avviare una nuova attività o trasformare una passione in una nuova attività a tempo pieno.

“Abbiamo avuto tutti un anno per valutare se la vita che stiamo vivendo è quella che vogliamo vivere – sottolinea Christina Wallace, docente senior presso la Harvard Business School – Soprattutto per i giovani a cui è stato detto di lavorare sodo, ripagare i prestiti e un giorno ti godrai la vita, molti di loro mettono in dubbio questa equazione. E se volessero essere felici in questo momento?”.

Capacità di osare e desiderio di evasione

Voglia di leggerezza, di osare, di stampe floreali e di colore, che domina anche nella collezioni del fashion retail, in cui è protagonista indiscusso è il giallo Pantone. Desiderio di evasione e di normalità diventano anche le key word per i direttori del marketing per comprendere un mercato in cui le abitudini di consumo sono fortemente cambiate, dirottandosi dagli store fisici a quelli digitali.

«La yolo economy sta reinventando la vita dei più giovani – scrive il New York Times – La pandemia ha avuto un impatto, anche emotivo, su tutti. Ha alimentato l’ansia per la perdita di persone care e di posti di lavoro. Tutto questo sta spingendo molti millennial a rivalutare le proprie priorità. Alcuni stanno abbandonando lavori stabili per avviare nuove attività. Il rischio sembra essere il nuovo mantra, dopo mesi segnati da uno stato di preoccupazione ed esaurimento, incoraggiati anche dai tassi di vaccinazione e da un mercato del lavoro in ripresa».

Se negli Usa, i giovani sono spinti ad intraprendere nuove attività, grazie ai risparmi accumulati durante il lockdown, grazie a stipendi superiori alla media italiana, cosa accadrà nel nostro Paese con 2 milioni di Neet, che non studiano e non cercano lavoro, e dell’alta percentuale di disoccupazione giovanile??

Come reagirà l’Italia alla Yolo Economy?

Neet, ma anche un tasso di disoccupazione giovanile al 31% e una ridotta quota di laureati occupati (56,5% contro la media Ue dell’81,6%). Infatti, se più del 40% della forza lavoro globale intende lasciare il proprio datore di lavoro attuale nel corso dell’anno e il 46% prevede di trasferirsi lavorando da remoto secondo il World Trend Index 2021 di Microsoft (realizzato su un campione di oltre 30mila intervistati in sinergia con LinkedIn) in Italia la percentuale scende al 33%.

Solo 1 italiano su 3 cambierebbe lavoro (digitale, e-commerce e sanità i settori che mostrano più appeal), mentre il 38% immagina un trasferimento di sede. Tra i giovanissimi, solo 1 su 2 (48%) starebbe valutando l’opzione di abbandonare il proprio lavoro quest’anno, contro il 54% della Gen Z in ambito globale.

Il 68% degli italiani si sentirebbe sovraccaricato, secondo Luba Manolova, direttrice di Microsoft 365 di Microsoft Italia, nell’analizzare il Work Trend Index su produttività e lavoro. L’idea, quindi, di sviluppare una cultura aziendale “ibrida”, impostata su modelli sostenibili, che protegga i più fragili in un contesto phygital, fondendo modalità digitale e fisica: “L’ibrido ci aspetta. Dobbiamo conciliare le esigenze. Questo richiede un ridisegno della cultura aziendale – spiega Luba Manolova – “Il 42% dei lavoratori si sente esausto e il 46% sotto stress: il risultato è che il 23% dichiara di essere in difficoltà, la percentuale più alta in Europa».

LEGGI ANCHEI 5 giganti del tech sono cresciuti a dismisura durante la pandemia

Il futuro sarà una cultura ibrida, che fonda digitale e fisico

La propensione al rischio aumenta in USA, grazie ai conti correnti bancari consistenti per i risparmi di un anno: la paura cede il posto al coraggio per realizzare il proprio progetto di vita, magari più a contatto con la natura, fuori dai centri urbani, in contesti anche rurali, con un approccio alla vita differente dovuto anche all’anno di forte introspezione. La pandemia stravolge le priorità.

Differente, però, è il contesto italiano che, secondo i dati emersi dai dati Istat, ha perso circa un milione di posti di lavoro nell’anno della pandemia (aprile 2021).

Secondo il rapporto annuale sul mercato del lavoro, in collaborazione tra Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, nel 2020 la pandemia ha condizionato in maniera cruciale gli sviluppi dell’economia e della società.

Il report sul mercato del lavoro in Italia

L’emergenza sanitaria e la conseguente sospensione delle attività di interi settori produttivi hanno rappresentato anche nel nostro Paese uno shock improvviso e senza precedenti sulla produzione di beni e servizi e, di conseguenza, sul mercato del lavoro. In particolare nel secondo trimestre 2020 si è assistito a un crollo dell’attività economica, seguito da un recupero, per certi aspetti superiore alle aspettative, nel terzo trimestre e una nuova riduzione nel quarto dovuta alla recrudescenza della diffusione dei contagi.

Sempre più persone a casa senza lavoro, con un crollo equivalente a -3,9 miliardi di ore nei primi tre trimestri del 2020 (un calo del 12% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Il 19,4% lavora da casa (dato al secondo trimestre, erano il 4,6% nel 2019).

Gli occupati sono calati di 470mila unità, i disoccupati di 304mila unità e gli inattivi invece sono cresciuti del +621mila. Nel 2020 la forza lavoro ha subito, quindi, un calo vertiginoso, colpendo in particolare giovani, donne e dipendenti con contratto a tempo determinato.

Da cosa ripartire??

Digitalizzazione, lavoro agile e made in Italy saranno le chiavi per la ripartenza secondo il 47% dei Chief marketing officer interrogati da Deloitte, ripensando la comunicazione, trainati dai cambiamenti nelle modalità di acquisto, proiettati all’eCommerce e al social commerce, oltre ad imparare ad ascoltare le esigenze dell’audience con messaggi autentici e concreti.

Così, se lo smart working incide sulle relazioni lavorative provocando “disaffezione” e sviluppando nei dipendenti la consapevolezza di essere frustrati e insoddisfatti, facendo emergere nei giovani americani il desiderio di reinventarsi, aumentando la propensione al rischio d’impresa e scegliendo un lavoro da freelance, in Italia, con la perdita del lavoro in pandemia e con la necessità di resistere alla crisi, si guarda con attenzione al PNRR, il Piano Nazionale di Rilancio e Ripresa, con attenzione alla pianificazione dei fondi per lo sviluppo del Paese.

Il Job Hopping e la trasformazione dell’insoddisfazione in opportunità

All’orizzonte futuro si delinea, così, la possibilità del job hopping, ovvero “saltare da un lavoro all’altro”: è il nuovo trend che si diffonde tra i giovani con meno di 35 anni che, come si evince dal report dei consulenti del lavoro, sono la fascia più sensibile a trasformare in maniera radicale, ripensando le proprie priorità di vita e di carriera.

Per molti la pandemia è stata un anno per fermarsi e analizzare il proprio malessere, trovando il coraggio di trasformare l’insoddisfazione in opportunità, innescando il cambiamento.

eCommerce, delivery, dad, digital marketing, sostenibilità ed energie rinnovabili, benessere, mobilità elettrica, comunicazione digital e farmaceutica sono i settori in cui è possibile intravedere una ripresa delle assunzioni secondo Linkedin, in grado di offrire opportunità anche agli over 40.

Sanità, finanza, tecnologie dell’informazione, digitale e finanza sono le cinque aree strategiche verso cui si proietta la Yolo Economy. Sviluppatori software e web, cyber security, esperti chimici per la realizzazione di nuovi farmaci, capacità di pianificazione finanziaria delle campagne di comunicazione, logistica per sviluppare strategie di acquisto, gestione di tutte le fase dell’eCommerce, dallo store online a campagne pubblicitarie digitali.

LEGGI ANCHEWorkation, lavorare in libertà partendo in vacanza “on the road”

eCommerce in Italia 2021: cala il fatturato, 3milioni nuovi utenti. Il report

Una rivoluzione delle abitudini di consumo. La pandemia, infatti, ha radicalmente modificato il settore dell’eCommerce che, per la prima volta nella storia italiana, non incrementa il fatturato, ma si impone come fenomeno sociale, con circa 3,2 milioni di nuovi utenti, fidelizzazioni e federazioni tra aziende e piccoli player del mercato.

È quanto emerge dal report E-commerce in Italia 2021 prodotto dalla Casaleggio Associati presentato in diretta streaming.

I dati più evidenti relativi alle vendite online, evidenziati dalla 15esima edizione della ricerca, registrano una lieve flessione del fatturato totale. Dopo anni di crescita, nel 2020 il valore in Italia è stimato in 48,25 miliardi di euro, con una decrescita del -1% sul 2019. Crollano i settori prima trainanti, come Turismo (-58%) e gli Spettacoli (-9%), mentre è in crescita il settore del Tempo Libero, che rappresenta il 48% del fatturato: in particolare il gioco online, l’hobbistica e lo sport, ma anche Centri Commerciali (+36%), Assicurazioni (+6%), Alimentare (+63%), Elettronica (+12%), Moda (+12%).

“La pandemia ha provocato una fortissima accelerazione nelle vendite online. Il calo di fatturato è in assoluto la notizia di questo rapporto, sebbene si tratti di una decrescita minima del -1% rispetto all’anno precedente – sottolinea Davide Casaleggio, CEO e Partner della Casaleggio Associati, durante l’intervista in streaming – Questo perchè uno dei settori più forti del dell’eCommerce italiano, il turismo, ha perso oltre il 58%, incidendo sul fatturato complessivo. Dall’altra parte abbiamo riscontrato 3 milioni di nuovi clienti italiani che non avevo mai acquistato online e che lo hanno fatto per la prima volta nel 2020. Una clientela che è andata consolidandosi in modo routinario. Tutte queste persone non torneranno più indietro. Se il 2020 è stato l’anno dell’accelerazione, il 2021 porterà un assestamento, per poi registrare una svolta nel 2022”.

Incremento dei potenziali clienti: 3,2milioni di nuovi utenti in Italia (il 5% della popolazione italiana)

La diffusione dell’online nel mese di dicembre 2020, infatti, ha raggiunto quota 74,7%, + 4,7% rispetto all’anno precedente e un totale di 3,2 milioni di nuovi utenti. Un dato importante che ha interessato le aziende che hanno visto ampliarsi il potenziale bacino di vendita in rete. Non stupisce l’incremento del 50% di nuove aziende che si dedicano al commercio online. Il 68% delle aziende intervistate da Casaleggio Associati ha dichiarato che il 2020 si è chiuso con un incremento del fatturato, solo il 20% ha perso terreno mentre il 12% è riuscito a mantenerlo stabile.

Il rapporto, realizzato mediante l’elaborazione di studi e ricerche di mercato, articoli di attualità ed esperienza sul campo di Casaleggio Associati, nonché attraverso una survey online e interviste di approfondimento con alcuni dei principali operatori, analizza i nuovi scenari innovativi eCommerce.

Alfabetizzazione eCommerce: il risvolto digital della pandemia

Nell’edizione 2021, però, l’eCommerce si delinea come fenomeno sociale, con la pandemia che diventa veicolo di l’alfabetizzazione e trasformazione digitale: infatti, se oltre 300mila punti vendita fisici sono stati chiusi nel 2020, nuove 85mila partite iva che si fondano sui processi innovativi sono nate, in un’integrazione sempre più forte tra spazio fisico e digitale (si immagini ai QRcode per i menù, inimmaginabili in fase pre-pandemica). L’intensificazione, inoltre, della customer experience e del social commerce, mentre il customer journey (l’interazione tra consumatore ed azienda) diventa sempre più integrata fisico-digitale.

L’Italia si inserisce tra i trend internazionale, con alcuni settori che hanno beneficiato di più del 2020 vediamo come gaming, il settore del tempo libero (a prescindere però dagli spettacoli che hanno subito un una grave crisi generale), delle scommesse e degli hobby. Forte crescita per lo sport, mentre al secondo posto per la prima volta i centri commerciali con una crescita del fatturato del 21% rispetto all’anno precedente, conquistando la posizione per anni trainante del turismo (-58% del fatturato rispetto al 2019 rappresentando l’11% del fatturato globale dell’eCommerce in Italia). Crescita anche per la cura della casa (+39%) e arredamento (+24%) condizionati dal lockdown e dall’essere costretti in casa.

Davide Casaleggio, Presidente di Casaleggio Associati

Il sorpasso della digital advertising

Si impone, inoltre, il digital advertising su quello tradizionale. “Nel 2021 assistiamo ad un sorpasso del Digital Advertising rispetto all’advertising tradizionale – sottolinea Davide Casaleggio durante la presentazione del rapporto – Le aziende ovviamente devono riuscire a integrare il comportamento d’acquisto e l’identità del brand attraverso i vari canali, rendendo disponibili online tutte le informazioni utili al consumatore, qualunque sia il punto di contatto”.  

Acquisizioni e federazioni dei piccoli player italiani dell’eCommerce

Di fronte al boom delle vendite online le aziende hanno dovuto riorganizzarsi e trovare il modo di posizionarsi sul mercato. Nel corso dell’ultimo anno ci sono state diverse acquisizioni in ambito e-commerce, sia in Italia che all’estero, spesso mirate ad espandere il proprio canale online in ottica di omnicanalità (per esempio Nestlè ha comprato Freshly, mentre Campari ha acquisito Tannico).

“Abbiamo voluto identificare alcuni trend che hanno caratterizzato il 2020, che probabilmente vedranno un susseguirsi di evoluzioni anche durante il 2021 – continua Davide Casaleggio – Il primo fra tutti è quello delle acquisizioni. Le economie di scala sono diventate sempre più importanti per garantire un servizio e per avere una capacità contrattuale superiore rispetto agli operatori logistici, di pagamento e tutti gli altri fornitori per sostenere l’attività eCommerce. È sempre più importante un’integrazione dei vari player. Già realizzate delle acquisizioni di fatto. Nelle ultime settimane abbiamo sentito dei rumors sulla questione Esselunga con interesse da parte di Amazon per cui continuano a susseguirsi le voci. Nel consolidamento del dell’eCommerce in Italia, occorre porre attenzione a tutelare il mercato anche italiano, perché gli operatori con maggiore disponibilità economico-finanziaria arrivano spesso dall’estero: questo ha favorito il modello federativo tra i piccoli operatori”.

Nel 2020 e nella prima parte del 2021 numerosi player si sono aggregati nel modello della federazione o corporazione, talvolta anche in modalità cooperativa, creando piattaforme e brand che consentono di presentarsi sul mercato con maggiore forza. Questo modello consente agli esercizi di prossimità di essere presenti online, anche laddove gli sforzi individuali non lo consentano, di ottimizzare la presenza, il marketing, la comunicazione e la gestione logistica. Un modello che ha consentito a diverse aziende di resistere e prosperare in un momento di difficoltà, e di contrapporsi, almeno in parte, all’avanzata dei marketplace.

Amazon è il Marketplace più utilizzato dalle aziende italiane

Dalle interviste è emerso che il 45% delle aziende vende sul marketplace, mentre il restante 56% non utilizza questi canali. Per il 32% delle aziende che vendono utilizzando marketplace, questi incidono meno del 10% sul fatturato. Per il 19% delle aziende incide dall’11 al 25%, il 17% parla di un incremento tra il 26 e il 50% mentre per un altro 17% l’incidenza è tra il 51 e il 75%. Il 15 % ha un’incidenza maggiore al 75%. Amazon è il marketplace più utilizzato dalle realtà italiane (38%), seguito da Ebay e Facebook Marketplace.

“Se i marketplace rimangono la prima scelta delle aziende italiane – continua Casaleggio – va sottolineato come la modalità di federazione abbia portato alla creazione di Local Marketplace grazie alla riscoperta da parte dei consumatori dei negozi di quartiere”.

Questa nuova modalità di acquisto induce la riflessione su un tema strategico per il futuro del Paese: la logistica e le infrastrutture.

“L’incremento del servizio ha portato a una saturazione del settore – spiega il CEO Casaleggio – Le spedizioni generate dall’eCommerce durante il lockdown sono aumentate del 103% e del 68,5% nel post lockdown. Questo ha portato a grandi investimenti da parte dei privati ma anche a un mancato riconoscimento della shipping neutrality, ossia la garanzia dello stesso trattamento da parte degli operatori della logistica e delle spedizioni nei confronti di tutti i player eCommerce. Chi, infatti, ha le migliori economie di scala può permettersi di negoziare con i fornitori e avere e garantire un miglior servizio al cliente finale e quindi un agreement migliore rispetto ai piccoli player”.

Sostenibilità e relazione con il cliente tra i trend 2021

Tra i trend 2021, altro tema in forte emersione è la sostenibilità: molte aziende, anche attraverso la sensibilità dei clienti finali, hanno fatto trasformare molti servizi legati al packaging o al prodotto stesso in funzione della sostenibilità, garantita da parte del produttore o del del rivenditore

Infine la relazione con il cliente, tradotta in un potenziamento di tutti quegli aspetti che hanno rafforzato integrazione fisica e digitale attraverso l’utilizzo ovviamente degli strumenti digitali, le caratteristiche dei prodotti. È molto importante la fidelizzazione: “I costi ovviamente sono molto sollevati. Quindi è ovvio che ogni nuovo cliente conquistato va di conseguenza anche mantenuto”, aggiunge il Ceo Davide Casaleggio.

“Nel 2020 tanto le aziende quanto gli utenti hanno spinto maggiormente sul social commerce ed è un tendenza che si rafforzerà – spiega Luca Eleuteri, co-founder di Casaleggio Associati -Coinvolgere gli utenti portandoli all’acquisto e trasformandoli in ambassador di un prodotto, in una piattaforma ricca di distrazioni come quella del social media, non è così banale”.

LEGGI ANCHEeCommerce, quota 26,7 trilioni di dollari globali. Italia ottava con il 22% del Pil

Facebook conferma la sospensione di Trump, che rilancia con il suo Blog

L’Oversight Board, il Consiglio di Sorveglianza di Facebook, conferma la sospensione dal social network dell’account dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma invita la società di social media a rivedere la decisione entro sei mesi.

L’organo indipendente dall’azienda, a cui è stata delegata la competenza su alcune decisioni particolarmente delicate o per riesaminare le scelte più controverse e radicali della policy del social network, ha aggiunto che “l’imposizione di una pena indeterminata da parte di Facebook – compreso il profilo Instagram della stessa proprietà – senza standard di sospensione a tempo indeterminato non sia appropriata”.

Facebook dovrà quindi rivedere la questione “per determinare e giustificare una risposta proporzionata che sia coerente con le regole che vengono applicate agli altri utenti della sua piattaforma”, secondo quanto disposto dall’Oversight Board.

 

LEGGI ANCHEL’età oscura della rete: quando i follower si trasformano in adepti

“Dovranno pagare un prezzo politico”: la reazione di Trump e il lancio della propria rete social, molto più simile ad un blog

La messa al bando suscita l’esplosione di rabbia di Trump che, in una nota stampa ufficiale, interviene contro Facebook, Twitter e Google, definendo le loro azioni una “vergogna e un imbarazzo assoluti. Devono pagare un prezzo politico”, dopo la scelta di non riammetterlo in piattaforma.

“Hanno rimosso la libertà di espressione al presidente degli Stati Uniti perché dei pazzi della sinistra radicale hanno paura della verità, ma la verità uscirà in ogni caso, più grande e più forte che mai”, riferendosi ai presunti brogli elettorali”, prosegue Donald Trump.

La decisione del Comitato di sorveglianza di Facebook arriva nel giorno successivo al lancio del nuovo social di Trump, che in realtà disillude le aspettative, molto più simile ad un blog. Si tratta di una nuova sezione, inserita all’interno del proprio website ufficiale, che ricorda molto il profilo di un social network. La “scrivania di Donald Trump” contiene sia i comunicati stampa diffusi da Trump nelle ultime settimane, sia, più di recente, brevi messaggi che ricordano da vicino i tweet pubblicati dall’ex presidente quando era ancora in carica, a volte anche decine in poche ore.

Dopo aver promesso per mesi la propria rete di social media in risposta ai post vietati, la “piattaforma” ha lo stile di Twitter, ma è ospitata come un blog con commenti. Le persone possono registrarsi per postare avvisi sulla piattaforma loggandosi, sebbene tale funzione non sembra funzionare al momento della pubblicazione. Gli utenti possono anche condividere i post di Trump su Facebook e Twitter. L’opzione di condivisione di Twitter attualmente non funziona, ma quella di Facebook consente alle persone di condividere i post di Trump, che in un video pubblicizza la sua nuova piattaforma, definendola “un posto dove parlare liberamente e in sicurezza, direttamente dalla scrivania di Donald J. Trump”.

Con il nuovo sito 45office.com, Trump rilancia la sua immagine, dopo essere stato bannato dai social, già proiettato secondo i politologi ad una seconda discesa in campo per la campagna delle presidenziali del 2024, fedele al suo slogan “America First”, per stringere un rapporto diretto con i suoi sostenitori.

 

LEGGI ANCHESe censurare è democrazia, ovvero la fine del mito di Internet come strumento di libertà

Perchè Trump è stato bannato dai social network?

Facebook ha imposto il divieto a tempo “indefinito” per aver violato le regole del social network e “aver incoraggiato e legittimato la violenza” durante l’attacco del 6 gennaio scorso al Campidoglio, in cui hanno perso la vita cinque vittime. Anche altri social media, come Twitter e YouTube, hanno sospeso gli account di Trump a tempo indeterminato. Il CEO Mark Zuckerberg, in quell’occasione, ha definito in un post “troppo grandi i rischi di consentire al Presidente di continuare a utilizzare il proprio servizio”.

La decisione è stata poi deferita all’Organismo di Vigilanza, composto da 20 membri indipendenti incaricati di rivedere decisioni difficili sulla moderazione dei contenuti su Facebook e Instagram. Cinque membri del consiglio sono stati assegnati al caso e hanno analizzato più di 9.600 commenti pubblici.

Le decisioni dell’Organo di Sorveglianza sono vincolanti per Facebook

Zuckerberg ha istituito il consiglio nel 2018, entrato in vigore lo scorso anno. Il consiglio è finanziato da Facebook e le sue decisioni sono vincolanti.

Nell’argomentare la propria conferma, l’Oversight Board ha però specificato che nel sospendere il profilo di Trump “indefinitamente”, Facebook non ha seguito una procedura adeguata, senza specificare criteri quando o se l’account verrà ripristinato. Facebook dovrà rivedere le sue regole entro sei mesi. La nuova sanzione potrà essere tanto una sospensione temporanea quanto l’eliminazione del profilo, ma in ogni caso dovrà essere giustificata sulla base di regole chiare.

LEGGI ANCHESe i social media diventano editori: il pericolo della censura. Intervista ad Alberto Mingardi

Burger King, vaccino Covid a dipendenti e 4mila ristoratori italiani

Burger King Restaurants Italia aderisce alla campagna di vaccinazione aziendale proposta dalle autorità. “Torniamo concorrenti” è la nuova campagna lanciata dalla catena di fast food, che si impegna a mettere a disposizione le proprie strutture e il personale medico sanitario necessario per vaccinare contro il COVID-19 i suoi 4mila dipendenti che lavorano nei ristornati di tutta Italia.

L’azienda, inoltre, consapevole del grave impatto economico della pandemia sulla ristorazione e della difficoltà di molti operatori nell’aderire da soli alla campagna vaccinale, ha promosso la stessa opportunità per altri 4.000 piccoli ristoratori di tutta Italia con non più di 4 dipendenti (ristoranti, pizzerie, bar, gelaterie, sushi, kebab): una possibilità, totalmente gratuita, per circa 1.000 aziende sul territorio nazionale che potranno prenotarsi da subito per la vaccinazione contro il COVID-19.

L’invito di Burger King ai grandi player della ristorazione

“Torniamo Concorrenti è un progetto che Burger King sta implementando su tutto il territorio nazionale”,  spiega Alessandro Lazzaroni, AD di Burger King Restaurants Italia.

“Qualunque ristoratore, dalla Sicilia al Friuli, che abbia un’attività con meno di 4 dipendenti e abbia fatturato meno di 500.000 euro nel 2019 può pre-aderire attraverso la piattaforma dedicata www.torniamoconcorrenti.it. Fino ad oggi siamo l’unica azienda in Italia a proporre le vaccinazioni, oltre che per i propri dipendenti, anche per i colleghi del comparto, ma il nostro obiettivo è proprio quello di invitare gli altri big player a fare la stessa cosa, per spingere quanto possibile la ripartenza del settore, affinchè possa tornare ad operare al 100% in sicurezza il prima possibile”, sottolinea Lazzaroni.

“Normalità” vuol dire per Burger King tornare ai livelli di concorrenza pre-pandemica: “Prendendo atto del grave momento che il mondo della ristorazione sta vivendo, abbiamo scelto di riservare ai piccoli operatori del settore la stessa attenzione che dedichiamo alle nostre persone. Si tratta di un’occasione ulteriore che si aggiunge alla modalità ordinaria di vaccinazione, senza svantaggiare in alcun modo la programmazione vaccinale riservata a tutti i cittadini – insiste Alessandro Lazzaroni – I piccoli imprenditori sono una parte fondamentale del tessuto economico italiano e il nostro obiettivo è dargli una mano e tornare quanto prima a una sana e vivace concorrenza. Pertanto Invitiamo gli altri grandi attori della ristorazione a fare altrettanto e a seguire questo nostro piccolo grande esempio. È un importante atto di responsabilità sociale da compiere per accelerare il superamento della pandemia e dare un contributo incisivo e concreto per facilitare la ripartenza”.

LEGGI ANCHEFernando Machado alla conquista dei gamer e degli eSports

L’endorsment del Governo all’iniziativa

Significativo l’endorsment delle istituzioni con cui Burger King ha avviato un dialogo, sottoponendo il progetto al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e alla Presidenza della Conferenza delle Regioni.

Apprezzamento per l’iniziativa da Andrea Orlando, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. La campagna, infatti, consentirà ad 8.000 lavoratori in totale di essere vaccinati, senza discriminazioni tra aziende grandi e piccole.

“Un passo importante verso la ripresa”, a cui si associa anche Massimiliano Fedriga, Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome: “Ho apprezzato particolarmente il progetto vaccinale di Burger King. Una collaborazione virtuosa tra istituzioni e importanti realtà private, vista anche la capillarità territoriale che si propone di raggiungere, che permetterà ai piccoli ristoratori, dopo il vaccino, di poter tornare alle loro attività con maggiore sicurezza”.

“Diventa sempre più pressante la necessità di una ripresa rapida e in sicurezza – aggiunge Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe Confcommercio (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) – La disponibilità di vaccini equa e non discriminatoria tra i diversi Paesi è, innanzitutto, un atto di civiltà e costituisce un prerequisito per ritornare in tempi rapidi alla normalità, garantendo altresì quella leale competizione economica necessaria per la sopravvivenza di tanti settori produttivi in coincidenza con la data di riapertura del turismo. In quest’ottica, il progetto proposto da Burger King rappresenta un passo importante e ci auguriamo che anche altre grandi realtà della ristorazione prevedano iniziative simili”.

Uno stimolo alla solidarietà, come nella precedente campagna, ironica e dirompente “Ordinate da McDonald’s”

Con “Torniamo Concorrenti”, Burger King Restaurants Italia vuole dare il proprio concreto contributo per una rapida ripresa. Uno stimolo alla solidarietà per l’intero settore, anche se competitor, come nella precedente campagna, “Ordinate da McDonald’s”, realizzata con un’ironica lettera/appello, assolutamente fuori dagli schemi, pubblicata su Twitter, in cui si leggeva: “Ordinate da McDonald’s. Non avremmo mai pensato di chiedervelo. Come non pensavamo mai che vi avremmo incoraggiato a ordinare da KFC, Subway, Domino’s Pizza, Pizza Hut, Five Guys, Greggs, Taco Bell, Papa John’s, Leon, o un altro food store, il cui elenco è troppo lungo da riportare qui. In breve, da qualunque delle nostre sorelle catene alimentari, (fast o non fast). Non avremmo mai pensato di chiedervelo, ma i ristoranti che danno un’occupazione a migliaia di lavoratori hanno bisogno del vostro supporto. Perciò, se volete aiutare continuate a coccolarvi con cibi deliziosi usando il delivery, il take away o il drive through”.

La piattaforma Torniamoconcorrenti.it è già attiva. I dipendenti e i ristoratori verranno contattati secondo le tempistiche concordate con le singole autorità regionali.

GUARDA ANCHE: Le 10 campagne più belle di Burger King

eCommerce, quota 26,7 trilioni di dollari globali. Italia ottava con il 22% del Pil

L’eCommerce mondiale sfiora i 26,7 trilioni di dollari (+4% rispetto all’anno precedente), con una salto in avanti del 20% nelle vendite online sulla spinta del COVID-19. Se a dominare la classifica sono gli Stati Uniti, seguiti da Giappone e Cina, l’Italia si attesta in ottava posizione in ambito mondiale, secondo il report 2019 elaborato dall’Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, che riporta i primi dati di previsione anche per il 2020.

Un aumento del commercio elettronico determinato dalle restrizioni indotte dall’emergenza pandemica, che ha provocato un’accelerazione delle vendite al dettaglio online, registrando una crescita dal 16% nel 2019 al 19% nel 2020, secondo gli analisti Onu. In base a quanto emerge dal rapporto, le vendite al dettaglio online sono cresciute notevolmente in diversi Paesi, con la Repubblica di Corea che ha riportato la quota più alta al 25,9% nel 2020, rispetto al 20,8% dell’anno precedente. Quasi 1,5 miliardi di persone hanno fatto acquisti online nel 2019, più di un quarto della popolazione mondiale dai 15 anni in su.

Le Top Ten Countries 2019 secondo l’analisi Unctad

Con un fatturato di 431 miliardi di dollari, pari al 22% del Pil, l’Italia si classifica nella top ten del ranking internazionale, sebbene ai vertici si riconfermino gli USA con 9.580 miliardi di dollari (pari al 45% del Pil), con a seguire Giappone (3.416 miliardi e 67% del Pil), e Cina (2.604 mld, 18%). Prima per percentuale sul Pil ( 79%) ma quarta per profitti la Corea del Sud con 1.302 miliardi. In quinta posizione il Regno Unito (885 mld, 31%), sesta la Francia (785 mld, 29%) e settima la Germania (524 mld, 14%), che precedono l’Italia.  In classifica anche l’Australia (347 mld, 25% del Pil) e Spagna (344 mld, 25%).

“Queste statistiche mostrano la crescente importanza delle attività online. Sottolineano anche la necessità per i paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, di disporre di tali informazioni mentre ricostruiscono le loro economie sulla scia della pandemia COVID-19 “, sottolinea Shamika Sirimanne, direttore della Tecnologia e della logistica dell’Unctad.

Tra le aziende eCommerce, spicca in prima posizione la cinese Alibaba con 1.145 miliardi (+20%), rispetto ad Amazon con 575 miliardi (+38%) e alle altre due società cinesi JD.com (379 mld, +25,4%) e Pinduoduo (242 mld, +65,9%).

A dominare il settore eCommerce sono le vendite B2B (21.800 miliardi di dollari), che includono sia le vendite su piattaforme online sia le transazioni di scambio di dati elettronici.

La pandemia, tuttavia, ha provocato fortune alterne per alcune società di e-commerce B2C, invertendo i profitti delle aziende che offrono servizi come il ride-hailing, i trasporti e i viaggi, come mostrano i dati per le prime 13 società di e-commerce, 11 delle quali provenienti da Cina e Stati Uniti.

Il crollo del settore trasporti e la crescita delle società eCommerce B2C

Le aziende di viaggio hanno registrato, infatti, un forte calo del valore lordo della merce (GMV, venduta attraverso marketplace eCommerce) e corrispondenti a crolli di posizione in classifica. È il caso di Expedia, scesa dal 5 ° posto nel 2019 all’11 ° nel 2020, Booking Holdings dal 6 ° al 12esimo e Airbnb, che ha lanciato la sua offerta pubblica iniziale nel 2020, slittata dall’11esimo al 13esimo.

Nonostante la riduzione delizi, il GMV totale per le prime 13 società di e-commerce B2C è aumentato del 20,5% nel 2020, più del 2019 (17,9%). Ci sono stati guadagni particolarmente ampi per Shopify (+ 95,6%) e Walmart (72,4%). Complessivamente, il valore della merce B2C GMV per le prime 13 società si è attestato a 2,9 trilioni di dollari nel 2020.

Le vendite business-to-business dominano l’e-commerce

Il rapporto stima il valore dell’e-commerce B2B globale nel 2019 a 21,8 trilioni di dollari, che rappresenta l’82% di tutto l’eCommerce, comprese le vendite su piattaforme di mercato online e le transazioni EDI (Electronic Data Interchange).

Il commercio elettronico B2C che supera le frontiere nazionali ammonta a circa 440 miliardi di dollari nel 2019, con un aumento del 9% rispetto al 2018. Il rapporto UNCTAD rileva, inoltre, che la quota di acquirenti online che effettuano acquisti transfrontalieri è passata dal 20% nel 2017 al 25% nel 2019 .

Le aziende di eCommerce e le performance ridotte per inclusione digitale

A fronte degli ampi profitti, in base all’indice pubblicato dalla World Benchmarking Alliance nel dicembre dello scorso anno, molte delle aziende eCommerce hanno ottenuto scarsi risultati rispetto all’inclusione digitale.

L’indice, infatti, classificato 100 aziende digitali, comprese 14 società di eCommerce, utilizzando come indicatore il modo in cui contribuiscono all’accesso alle tecnologie digitali, costruendo competenze digitali, rafforzando la fiducia e promuovendo l’innovazione. Le imprese di eCommerce hanno registrato performance inferiori rispetto alle società di altri settori digitali, come l’hardware o i servizi di telecomunicazione. Tra queste, ad ottenere il punteggio più alto è stata eBay al 49esimo posto, però, secondo la World Benchmarking Alliance.

Secondo il rapporto UNCTAD, il fattore principale per la scarsa performance sarebbe da rintracciare nel fatto che le società di eCommerce sono relativamente giovani, tipicamente fondate solo negli ultimi due decenni.

“Queste aziende si sono concentrate maggiormente sugli azionisti piuttosto che impegnarsi con un ampio gruppo di stakeholder e compilare metriche sulle loro prestazioni ambientali, sociali e di governance”, spiega il rapporto.

Piccole inversioni di tendenza si stanno registrando in diverse società di commercio elettronico che offrono formazione gratuita agli imprenditori sulla vendita online, mirata a gruppi vulnerabili come le persone con disabilità o le minoranze etniche.

LEGGI ANCHEVendita B2B e B2C, le differenze che devi conoscere per il tuo eCommerce

Workation, lavorare in libertà partendo in vacanza “on the road”

La libertà di poter lavorare connessi dalle rive di un lago o di lasciarsi illuminare dal sole che tramonta all’orizzonte durante una call in video streaming. L’ufficio si smaterializza, mentre si afferma una nuova generazione di nomadi digitali, che sogna di viaggiare lavorando da remoto.

“Ricerca della libertà, quindi: è questo il senso profondo che accompagna la diffusione del workation, termine coniato di recente che fonde lo smart working con l’idea di vacanza. Il lavoro agile, accelerato dalla crisi pandemica e dal lockdown, si impone e delinea nuovi scenari, in cui i confini tra ambiente lavorativo e vacanza diventano sempre più fluidi, più evanescenti.

Il desiderio di libertà e la nuova generazione di nomadi digitali

Un ufficio en plein air, in campo aperto, fuori dagli spazi urbanizzati e dalle mura domestiche, in destinazioni da sogno o in avvincenti viaggi in camper, per ritrovare ispirazione, concentrazione, instaurando un nuovo equilibrio tra spazio vitale e dimensione lavorativa, a contatto sempre di più con l’habitat naturale. Si consolidano spazi ibridi di co-working e co-living, nuovi luoghi di condivisione per stimolare la creatività e la potenzialità del team, sviluppando il concetto di network fuori della rete e rivoluzionando il concetto stesso dell’abitare.

Una reazione alle mura domestiche, che hanno ospitato migliaia di lavoratori obbligati alla modalità da remoto, comportando disagi nella gestione familiare e assottigliando la separazione fra tempo libero e lavoro, in uno squilibrio lavoro-vita spesso mascherato da flessibilità con la perenne “difficoltà di disconnettersi”.

Secondo alcune stime, nel 2035 un miliardo di persone lavorerà da remoto, mentre si accresce il numero dei freelance proiettati alla vita nomade.

L’evoluzione dei viaggiatori e il camper sharing: l’indagine Yescapa

Ad indagare i nuovi trend di viaggio per il 2021 interviene Yescapa, leader europeo nel camper sharing, che ha lanciato un’indagine online rivolta a 5mila utenti italiani, per capire quali saranno le tendenze e gli interessi per la prossima stagione turistica.

Il dato più eclatante che emerge dal report è che il 74% degli italiani sogna di viaggiare lavorando da remoto, magari in camper, o in un furgone camperizzato, preferito come soluzione di viaggio per la possibilità di coniugare libertà e sicurezza.

La piattaforma Yescapa, con una community di 500mila utenti in Europa e oltre 10mila veicoli disponibili, ha registrato nel solo mese di marzo 2021 un aumento del 120% di visite sul sito italiano e una crescita superiore al +300% di prenotazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Questa forte ripresa ci ha spinti a voler capire le esigenze della nostra community, per strutturare un’offerta di viaggio ancora più completa e integrata”, sottolinea Dario Femiani, country manager Italia di Yescapa.

Smart, Slow, Local: i nuovi trend del lavoro da remoto

Slow, local e smart sono i trend che si impongono, anche nella scelta di tornare a lavorare viaggiando, con tipologie di viaggio sempre più frequenti e di breve durata, in particolare nella fascia d’età tra i 30 ed i 40 anni. Tra le esperienze più desiderate i paesaggi naturali e la genuinità delle piccole realtà locali, lontane dal turismo di massa, con sosta en plein air.

Il 60% immagina un turismo più slow, all’insegna della natura, delle realtà locali (35%) e anche della famiglia (22%). Che sia mare (30%), strade da percorrere senza meta (26%), borghi rurali (25%) o montagna (20%), il desiderio del 2021 è di guidare tra le regioni italiane alla scoperta di Toscana, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Sardegna (54%) oppure di spingersi oltre i confini nazionali verso la Francia, il Portogallo e la Spagna (49%).

C’è chi si proietta alle Isole Canarie (Fuerteventura, Tenerife e Lanzarote) che hanno già segnato un +31% tra marzo e aprile 2021, anche a causa della zona rossa nel nostro Paese.

Il 67% degli utenti ha un lavoro che consente lo smart working e che, anzi, questa nuova modalità potrà coniugare facilmente lavoro e viaggio (14%), lavorare da remoto, godendo dei piaceri della vanlife.

Per tanti, una prospettiva da sogno, con la possibilità di lavorare con una semplice connessione internet, slegati dalla presenza fisica in ufficio e consente di aprirsi alla vita itinerante on the road, in quel proiettarsi “in avanti verso una nuova folle avventura sotto il cielo”, come scriveva Jack Kerouac: “Si può sempre andare oltre, oltre, non si finisce mai …. La strada è vita”.

LEGGI ANCHE: Voglia di libertà e digitale: così questa estate non si rinuncia a viaggiare

Dario, il 74% della community di camper sharing italiana Yescapa sogna di viaggiare lavorando da remoto.  Come cambia il viaggiatore “smart”, in particolare dopo il lockdown?

“Sulla base del sondaggio che abbiamo diffuso a circa 5 mila utenti italiani sulla nostra piattaforma di noleggio Yescapa, abbiamo constatato che il 67% degli intervistati ha un lavoro che gli consente di fare smart working e di questi il 74% ha risposto che poter lavorare da remoto godendo dei piaceri della vanlife è il loro sogno. Come biasimarli d’altronde. Siamo di fronte a una vera tendenza, che stiamo riscontrando da diversi mesi: sono numerosi i viaggiatori che approfittando della possibilità di fare smart working e noleggiano  un camper o un furgone camperizzato per sperimentare uno stile di vita più minimalista e un approccio al lavoro più nomade”.

Alcune stime prevedono, nel 2035, un miliardo di lavoratori da remoto. È una previsione reale?

“Il periodo di lockdown ha accelerato l’evoluzione del lavoro da remoto di almeno 10 anni, dando un chiaro segnale, anche ai più scettici, di come la dematerializzazione dell’ufficio possa funzionare, se ben gestita. Penso che il mondo del lavoro abbia oggi una grandissima opportunità fra le mani: prima o poi non ci saranno più proroghe del Governo a favore del lavoro da remoto a causa della pandemia. In quel momento dipenderà da tutti noi – aziende, dirigenti e lavoratori – saper sfruttare al meglio questa opportunità affinchè un miliardo di persone nel 2035 ne possano beneficiarne”.

Come dovrà adeguarsi l’impianto tecnologico dei van al workation (wi-fi, collegamenti satellitari, smart device per la voce etc)?

“Se il trend di lavorare a distanza a bordo di un camper o un furgone camperizzato continuerà, l’intera industria del caravanning dovrà adattare i veicoli alle nuove esigenze dei consumatori-lavoratori. Mi è già capitato vedere camper trasformati in veri e propri uffici mobili con la dinette trasformabile in scrivania, sedia ergonomica, doppio schermo, wifi integrato, ecc. Soprattutto i veicoli si adegueranno verso una maggiore autonomia energetica, che si traduce nell’installazione di buoni impianti fotovoltaici. Attualmente la maggior parte non è dotata di pannelli solari e questo limita la libertà di movimento perché obbliga a dover allacciarsi all’elettricità 220v per alimentare i nostri computer”.

Smart working in viaggio in camper significa ristabilire un contatto tra lavoro, vita, natura e spiritualità? È un differente approccio all’esistenza umana?

“Sì assolutamente. Sono un grandissimo promotore dello smart working, erano anni che spingevo verso questa direzione. Uno dei miei sogni era proprio questo, ovvero lavorare da remoto a bordo di un furgone camperizzato. Non sono un fulltimer, mi piace poter partire qualche settimana sapendo di poter continuare a svolgere il mio lavoro. La possibilità di lavorare a distanza, potendo scegliere dove svegliarsi ogni mattina, trasmette una sensazione di libertà incredibile: si riscoprono piaceri e ritmi della vita a cui non eravamo più abituati oltre a  essere un buon antidoto contro lo stress e la routine. Una grande opportunità, ma bisogna saper godere del piacere della vanlife imparando ad essere produttivi. Il segreto per me è l’autodisciplina: personalmente mi obbligo ogni mattina a trovare e fare la mia doccia (da un furgone camperizzato non è sempre facile!) e ad essere presentabile come se fossi in ufficio, oltre a mantenere sempre un ambiente di lavoro consono”.

Dario Femiani, Yescapa

In futuro, la “vanlife” potrà essere a portata di tutti?

“Il trend della vanlife sta coinvolgendo da diverso tempo sempre più persone. Prima era un sogno esclusivo di pochi, soprattutto freelance e digital nomads: oggi la diffusione dello smart working, a seguito del periodo di lockdown, rende la vanlife ancor più accessibile a chi lo desidera”.

Come si trasforma con il covid l’esperienza di viaggio?

“Il covid in pochissimo tempo ha modificando le nostre abitudini. Nel mondo del turismo in generale la prima risposta per tutte le aziende è stata quella di fornire delle condizioni di annullamento più flessibili. Yescapa, ad esempio, propone l’annullamento gratuito della prenotazione per motivi legati al covid-19. Allo stesso modo abbiamo sensibilizzato molto i nostri utenti ad adottare il nostro protocollo sanitario, per il quale ogni proprietario ha l’obbligo di effettuare una corretta sanificazione del mezzo prima e dopo ogni prenotazione, oltre ad adottare comportamenti più prudenti al momento dell’incontro della consegna del veicolo.

In evoluzione anche lo scenario del turismo, che ha subito enormi perdite a causa della pandemia. Quali le prospettive futuro? L’Italia rientra tra le mete preferite del viaggiatore-lavoratore in camper?

“La pandemia ha inflitto severi danni economici, soprattutto agli addetti al turismo e alla ristorazione. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovarci in una nicchia del turismo che contrariamente al resto ha vissuto un aumento di interesse generale. Grazie alla libertà di movimento e al distanziamento sociale che un veicolo ricreazionale offre, molte persone si sono avvicinate per la prima volta al fantastico mondo del viaggio on the road. Rispetto agli anni passati abbiamo constatato un forte abbassamento dell’età dei viaggiatori (30-40) e un grande aumento delle richieste per i furgoni camperizzati. Un altro dato interessante è la propensione all’acquisto: molti nuovi proprietari su Yescapa stanno acquistando un veicolo sapendo di poter ammortizzare il costo grazie al camper sharing nei periodi di inutilizzo”.

 

Parte l’Unbreakable Tour a bordo del Ninja Van

Intanto il nostro CEO e founder, Mirko Pallera, il 10 maggio partirà da Salerno a bordo del Ninja Van per girare l’Italia alla ricerca di aziende, persone e progetti capaci di rappresentare il tema dell’edizione di N-Conference: le storie Unbreakable.

L’Unbreakable Tour coinvolgerà una selezione di Ambassador, Speaker e Partner di N-Conference. Ma non solo. Siamo alla ricerca di input per nuovi incontri da pianificare. Salerno, Roma, Bologna, Milano, Torino, Genova: queste alcune delle tappe. Ma il programma di viaggio è ancora in progress…

E tu? Sei pronto a salire a bordo?

>> Vuoi essere davvero Unbreakable? Comincia subito, prenota il tuo posto <<

Spotify lancia Paid Subscriptions, piattaforma su abbonamento per podcaster

Spotify annuncia il lancio di Paid Subscriptions, la nuova piattaforma ad abbonamento pensata in esclusiva per i podcaster. Una novità che arriva ad una settimana dal lancio del servizio su abbonamento di Apple Podcasts e l’ingresso di Facebook nel mondo del podcast. Spotify non tratterrà commissioni sugli abbonamenti e la piattaforma sarà completamente gratuita per i prossimi due anni, con la previsione di una tassazione del 5% sul costo dell’abbonamento a partire dal 2023.

“Una piattaforma per podcaster incentrata sulle iscrizioni a pagamento – spiega Spotify – che permette ai podcaster stessi di fare passi avanti in termini di entrate, utenti raggiunti e visibilità».

Tre le grandi novità: oltre alla funzionalità Paid Subscriptions, anche il rilascio a breve della piattaforma Open Access e l’apertura di Spotify Audience Network ai creator indipendenti. Obiettivo: ottimizzare la monetizzazione per i creator e per massimizzare il pubblico in abbonamento.

La nuova struttura si servirà di “Anchor” e debutterà negli Stati Uniti con 12 podcaster indipendenti

Per la prima volta, Spotify consente ai podcaster sulla sua piattaforma di offrire abbonamenti ai loro spettacoli. Il prodotto in abbonamento debutterà negli Stati Uniti, che consentirà a partner selezionati, che ospitano i loro spettacoli su Anchor (società di Spotify per i podcast), di addebitare i contenuti.

Dodici programmi indipendenti, tra cui Tiny Leaps, Big Changes e Mindful in Minutes, offriranno contenuti bonus solo per gli abbonati, mentre NPR (National Public Radio, organizzazione indipendente no-profit che comprende oltre 900 stazioni radio statunitensi) lancerà versioni senza pubblicità di programmi popolari.

Intanto si si aprirà oggi la lista di attesa, attraverso cui i podcaster potranno registrarsi per essere inclusi nel lancio esteso nei prossimi mesi al mercato internazionale tra cui anche l’Italia.

I podcaster non dovranno pagare nulla a Spotify per i primi due anni. I creatori, tuttavia, dovranno coprire il costo delle commissioni di transazione tramite Stripe, il partner per i pagamenti di Spotify. Nel 2023, Spotify tratterrà una commissione del 5% sulle entrate totali degli abbonamenti: una cifra inferiore all’addebito di Apple, il cui nuovo servizio di abbonamento richiederà dal 15 al 30 percento delle entrate. I podcaster avranno tre opzioni di prezzo mensili tra cui scegliere: 2,99 dollari mensili, 4,99 o 7,99.

Spotify Paid Subscriptions vs Apple Podcasts

Apple ha dichiarato che la sua piattaforma di streaming prenderà una commissione del 30% dagli abbonamenti ai podcast nel corso del primo anno, quota che poi scenderà al 15% per gli anni seguenti. Spotify replica chiedendo agli utenti di effettuare gli acquisti per l’iscrizione ai podcast al di fuori delle app, mossa che potrebbe aggirare il sistema in-app su iOS e, quindi, le commissioni dell’App Store. Significa che Spotify non dovrà pagare Apple per gli abbonamenti venduti secondo i termini dell’App Store.

I contenuti a pagamento su Spotify saranno delimitati da un’icona a forma di lucchetto. Per sbloccare lo spettacolo, i potenziali abbonati dovranno accedere alla pagina web di destinazione Anchor dedicata al programma.

La piattaforma Open Access

La piattaforma Open Access è dedicata ai podcaster e agli editori che hanno ascoltatori paganti su altre piattaforme di ascolto. Questa tecnologia, in fase di test, permetterà agli utenti abbonati sparsi tra le vi in abbonamento su Spotify, senza che il podcaster debba cambiare sistema di login.

«Ciò offre ai creator che hanno già basi di abbonati la possibilità di fornire contenuti su abbonamento al loro preesistente pubblico a pagamento attraverso Spotify, così da mantenere il controllo diretto sulla relazione», spiega l’azienda.

Gli abbonati potranno ascoltare podcast a pagamento all’interno di Spotify o in un’app di terze parti tramite un feed RSS privato. I podcaster non riceveranno i nomi, gli indirizzi e-mail o altre informazioni personali sui propri iscritti.

“Spotify è aperto al feedback e considera diversi modi per rafforzare il rapporto abbonato–podcaster”, sottolinea Michael Mignano, Co-Founder, Anchor  ed Head of Podcaster Mission di Spotify a The Verge – Per il nostro modello è fondamentale esplorare modi in cui i creator possano entrare in contatto più a fondo con i loro iscritti. Inoltre, i contenuti non devono essere esclusivi di Spotify”.

Quindi nella fase di debutto sperimentale della nuova piattaforma, NPR utilizzerà Anchor come servizio di hosting per i suoi spettacoli di abbonamento Spotify senza pubblicità, come Planet Money Plus.

Planet Money è già disponibile su Spotify gratuitamente, così come su altre app di podcasting, mentre la Planet Money Plus sarà una pagina di spettacolo separata in cui risiede il contenuto a pagamento.

branded podcast

L’hosting di Anchor è ancora gratuito e Mignano afferma che la società prevede di mantenerlo così, il che significa che alcuni podcaster potrebbero decidere di gestire un feed separato da Anchor per fornire contenuti a pagamento all’interno di Spotify.

“Avere contenuti a pagamento integrati in Spotify significa una migliore possibilità di far scoprire i contenuti. Se le persone cercano un tipo di spettacolo specifico, un podcast in abbonamento potrebbe essere visualizzato e ottenere un follower a pagamento. Spotify potrebbe così suggerire anche quali sono gli spettacoli che gli utenti sarebbero disposti a pagare”, continua Mike Mignano.

Se un podcaster gestisce già un’attività in abbonamento altrove, ma desidera offrire i propri contenuti a pagamento su Spotify, dovrà iniziare a utilizzare Anchor oltre al proprio provider di hosting abituale.

Insieme alle notizie sull’abbonamento, Spotify ha anche annunciato l’intenzione di lanciare un modo per i podcaster che già gestiscono un’attività di abbonamento al di fuori di Spotify per portarlo nell’app. Non è del tutto chiaro come funzionerà e, alla domanda se Spotify supporterà semplicemente i feed RSS privati, cosa che attualmente non supporta, Mignano afferma: “È la nuova tecnologia che stiamo costruendo ora. Il team sta lavorando con partner selezionati, ma non divulgati, per svilupparla: tale tecnologia sarà descritta in dettaglio in futuro”.

La società ha anche fornito un aggiornamento sul proprio mercato pubblicitario e afferma che il 1 ° maggio alcuni utenti di Anchor potranno rendere il loro programma idoneo a ricevere annunci tramite Megaphone, l’altro servizio di hosting acquisito di recente dall’azienda e fornitore di mercato pubblicitario: annunci che potranno essere inseriti solo tramite la tecnologia di inserimento in streaming di Spotify.

Spotify Audience Network: il marketplace pubblicitario

Spotify aprirà Audience Network (marketplace pubblicitario che consente agli inserzionisti di raggiungere gli ascoltatori attraverso l’offerta di podcast e musica della piattaforma) a una selezione di creator indipendenti che usano Anchor.

I creator di podcast più grandi sono sempre più interessati a possedere tutte le parti dell’ecosistema del podcasting: i podcaster dovranno gestire vari feed su vari servizi di hosting e piattaforme per costruire un business completo.

«Ciò alla fine porterà più soldi (e spese più efficienti), a vantaggio dei creator che scelgono di monetizzare attraverso la pubblicità», insiste l’azienda.

LEGGI ANCHESpotify lancia in Italia Ad Studio, la piattaforma pubblicitaria self service

Oscar 2021, la Cina censura la vittoria di Chloé Zhao

Chloé Zhao, la talentuosa regista di “Nomadland”, domenica scorsa ha fatto la storia diventando la prima donna di colore e la prima donna cinese a vincere l’Oscar come miglior regista. Una notizia del genere dovrebbe essere motivo d’orgoglio e vanto per qualsiasi Paese, ma quello della regista, la Cina, evidentemente non la pensa così.

Secondo quanto è stato riportato dal Wall Street Journal, il Ministero della Stampa e della Propaganda cinese ha censurato dai social media la notizia della vittoria di Chloé Zhao, oscurandola sui motori di ricerca cinesi. Cerchiamo di capire bene cosa è successo e fare il punto della situazione. 

La censura silenziosa

La regista cinese è la seconda donna, in 93 edizioni degli Academy Awards ad aggiudicarsi una statuetta e il titolo. La sua vittoria aveva scatenato una raffica di messaggi di congratulazioni su tutti i siti di social media cinesi quando è stata annunciata lunedì mattina, ora di Pechino. A metà pomeriggio, però, qualcosa è cambiato, e quasi tutti i post sono stati cancellati.

Digitando il suo nome su Baidu e Sogou, i motori di ricerca dominanti del Paese, si trovano diversi editoriali e post sui precedenti riconoscimenti vinti, ma pochissimi articoli riguardo la vittoria agli Oscar. E infatti non sono trapelate notizie nemmeno dalla China Central Television, dalla Xinhua News Agency o dal People’s Daily del Partito Comunista Cinese, come riporta lo stesso Journal.

Un giornalista dei media statali ha inoltre dichiarato di aver ricevuto ordini dal Ministero della Propaganda cinese di non riferire nulla sulla vittoria della Zhao. Il motivo? La precedente opinione pubblica sulla regista.

Chloé Zhao

LEGGI ANCHE: India accusata di censura. Rimossi da Twitter post critici su gestione Covid

Perché la Cina sta oscurando la vittoria di Chloé Zhao?

Ci sono quindi dei precedenti che hanno indignato così tanto la Cina da oscurare tutte le notizie sulla vittoria dell’agognato premio? Ebbene sì. All’inizio di quest’anno, la Zhao è stata messa alla gogna online in Cina per alcuni commenti critici che ha fatto sul Paese. In un’intervista del 2013 alla rivista Filmmaker, ha affermato, senza mezzi termini, che “nel luogo in cui era cresciuta ci sono bugie ovunque”. 

La regista è sempre stata un’amante della cultura occidentale e non ne ha mai fatto mistero. Ha studiato fin da ragazza a Londra, e poi è volata in America. 

Il Global Times, un sito di notizie che fa capo al People’s Daily, ha invece pubblicato un editoriale, lunedì sera, in cui riconosceva la vittoria di Zhao, ma criticava il suo film Nomadland, definendolo tipicamente americano e lontano dalla realtà cinese. 

Il magazine spera che la regista, 39enne, possa diventare sempre più “matura” e che in quest’epoca in cui i rapporti tra Cina e Stati Uniti si stanno intensificando, possa svolgere un ruolo di mediazione tra le due società. Le parole si fanno ancora più gravi e si legge che la regista dovrebbe “sfruttare” la sua etichetta attivamente evitando “di essere un possibile e invadente punto d’attrito”.

Un’altra delle poche notizie emerse in Cina sulla vittoria di Zhao proveniva dal piccolo sito di notizie 163.com, che l’ha definita come il secondo regista cinese a vincere il premio come migliore regista, dopo Ang Lee

Lee,  che ha vinto due volte il premio come miglior regista, per “Brokeback Mountain” nel 2006 e per “Life of Pi” nel 2013, è nato a Taiwan. La Cina considera Taiwan facente parte del proprio territorio, ma questo è oggetto di alcune controversie a livello internazionale.

Nomadland: perché è così discusso per la Cina?

Il film racconta la storia di una donna sessantenne che, dopo aver perso il marito e il lavoro durante la Grande recessione, intraprende un viaggio, negli Stati Uniti, a bordo del suo furgone. Durante la sua avventura on the road incontrerà ogni tipo di persone, tutte emarginate proprio come lei. 

Il progetto nasce dall’adattamento dell’omonimo libro della giornalista Jessica Bruder. La protagonista è l’attrice Frances McDormand, anche lei vincitrice di un Oscar ma come miglior attrice protagonista. Il film si è aggiudicato il Leone d’oro a Venezia e il Golden Globe per il miglior film drammatico e per miglior regista. Ha vinto in tutto 3 Premi Oscar, rispettivamente per il miglior film, miglior regia e migliore attrice protagonista.

Sapete quale sarà il prossimo progetto della regista? “The Eternals” dei Marvel Studios, esatto, un film di supereroi. Chissà come si comporterà stavolta la Cina che da sempre è un mercato molto redditizio per la Marvel.

LEGGI ANCHESe censurare è democrazia, ovvero la fine del mito di Internet come strumento di libertà

India accusata di censura. Rimossi da Twitter post critici su gestione Covid

Esplode l’indignazione pubblica e la rabbia sociale in India contro il Governo che ha chiesto e ottenuto la rimozione da Twitter dei post più critici nei confronti della gestione della crisi coronavirus.

Secondo Lumen, un database che raccoglie i provvedimenti dei governi sui contenuti online in tutto il mondo, New Delhi avrebbe emesso un ordine di emergenza per censurare alcuni tweet, e bloccare i contenuti anti-Modi, che mettono in discussione la gestione dell’esplosiva ondata di Covid-19 nel Paese.

Il governo indiano ha ordinato a Twitter Inc., Facebook Inc. e Instagram di rimuovere contenuti considerati “disinformazione” e di bloccare circa 100 post sui social media che criticano la sua gestione, scatenando la rabbia pubblica nella democrazia più popolosa del mondo.

Twitter ha confermato la decisione di bloccare alcuni contenuti dopo aver ricevuto una “valida richiesta in conformità con la legge“, ma non ha specificato quali siano stati rimossi.

La posizione del Governo di New Delhi

“Il governo accoglie le critiche, ma è necessario agire contro coloro che stanno abusando dei social media durante questa grave crisi umanitaria per scopi non etici e per creare panico nella società“, sottolinea il Ministero dell’Elettronica e della Tecnologia dell’informazione indiano, senza specificare quali leggi siano state utilizzate per emettere gli ordini “legalmente vincolanti” per contrastare la disinformazione. Sui social è esplosa però l’indignazione verso il governo indiano e verso il primo ministro Narendra Modi per essersi concentrato sulla “censura” mentre il Paese si trova nel mezzo di un “disastro umanitario” di dimensioni record mondiali.

Secondo i media locali, tra i tweet bloccati in India ci sarebbe anche quello di Pawan Khera, portavoce del principale partito di opposizione indiano, l’Indian National Congress. Il tweet  accusava il partito nazionalista indù al governo, il Bharatiya Janata Party, di  non aver ammesso che un enorme festival religioso, con milioni di pellegrini indù sulle rive del fiume sacro Gange – insieme a manifestazioni politiche – avrebbe contribuito alla diffusione di Covid19.

I numeri dell’emergenza Covid in India, attualmente epicentro della pandemia globale

L’India ha registrato più di 350.000 positivi per cinque giorni consecutivi, con ospedali al collasso, ossigeno scarseggia e impianti di cremazione che hanno esaurito lo spazio.  Ha registrato di 2.000 morti al giorno per sei giorni consecutivi e attualmente rappresenta l’epicentro della pandemia globale.

Nel Paese, che conta una popolazioni di 1,3 miliardi di persone, nelle ultime settimane in molti si sono rivolti ai social media per fare appello per forniture di ossigeno ai propri cari e chiedere donazioni per spese mediche.

 

i social network e la censura

Foto di Bill Kerr

LEGGI ANCHEL’età oscura della rete: quando i follower si trasformano in adepti

Le reazioni alla censura social

Sul blocco dei post è intervenuto anche Apar Gupta, direttore esecutivo della Internet Freedom Foundation, un’organizzazione per i diritti digitali con sede a Nuova Delhi: “La nostra principale preoccupazione è la segretezza della censura- Qualsiasi ordine legale che imponga il blocco diretto dei siti web dovrebbe contenere un ragionamento ed essere reso pubblico. Nessuno di questi passaggi viene eseguito in questo momento”.

E se il ministero indiano non si sofferma sulle norme su cui si fonda la richiesta diretta alle big companies social, Gupta spiega che il materiale sembra essere bloccato ai sensi della sezione 69A dell’Information Technology Act dell’India, che consente a Nuova Delhi di bloccare il materiale che minaccia la sicurezza nazionale.

Oggi centinaia di migliaia di indiani appartenenti a tutte le fedi sono senza fiato – dichiara l’Indian American Muslim Council, con sede a Washington – La foga del governo nel fare pressioni su Twitter per bloccare i tweet critici sulla sua gestione della crisi mostra che la bussola morale dell’amministrazione continua a puntare in una direzione che è spudoratamente egoista”.

I precedenti tentativi del governo indiano di frenare l’ascesa delle big tech

Non è la prima volta, in realtà, che il Governo indiano interviene per frenare le Big Tech. Lo scorso anno il governo Modi ha citato l’Information Technology Act dell’India per bandire TikTok, l’app per la condivisione di video di proprietà di ByteDance Ltd. con sede a Pechino, e dozzine di altre app cinesi, dopo uno scontro al confine tra le truppe delle due nazioni.

Il governo indiano ha minacciato di incarcerare i dipendenti di Facebook, l’unità WhatsApp e Twitter in risposta alla riluttanza delle aziende a conformarsi ai dati e alle richieste di rimozione.

Twitter all’inizio di quest’anno ha bloccato, sbloccato e bloccato di nuovo centinaia di account in India per aver pubblicato materiale che New Delhi ha ritenuto infiammatorio durante le proteste degli agricoltori.

A febbraio Nuova Delhi ha stabilito nuove regole per governare società come Twitter, Facebook e WhatsApp, affermando “che le nuove linee guida erano necessarie per contrastare la crescente quantità di notizie false e contenuti violenti online”.

Un mercato in crescita, con milioni di consumatori che per la prima volta si connettono ad internet

L’India è un mercato in crescita, critico per le aziende tecnologiche globali poiché centinaia di milioni di consumatori si connettono a Internet per la prima volta. Facebook ha più utenti in India rispetto a qualsiasi altro paese e l’anno scorso ha dichiarato che avrebbe investito 5,7 miliardi di dollari per una nuova partnership con un operatore di telecomunicazioni indiano per espandere le operazioni nel paese. L’India, inoltre, è il mercato in più rapida crescita per Twitter.

LEGGI ANCHE: Facebook blocca il presidente Maduro. Il Venezuela attacca: “Totalitarismo digitale”

Fernando Machado alla conquista dei gamer e degli eSports

Un genio creativo visionario e ribelle, capace di stravolgere gli schemi e lo storytelling del marketing. È considerato dagli esperti “la rockstar” del settore, con un approccio definito “hackvertising” perché capace di hackerare la cultura popolare in generale.

L’ex marketer di Burger King, Fernando Machado, dopo la notizia trapelata di recente, la scorsa settimana è entrato ufficialmente in Activision Blizzard, gigante del gaming.

La decisione di Machado, ex CMO di Burger King di lasciare la sua posizione per entrare in Activision Blizzard, ha generato un fermento fortissimo nel settore.

Tutti i riflettori sono puntati su gaming ed eSports, nel tentativo di comprendere quali saranno gli impatti di questo passaggio in termini di business per l’industria dei videogiochi, in fortissima ascesa.

I profitti mondiali di Activision Blizzard sono aumentati del 25% nel 2020 a 8,1 miliardi di dollari, beneficiando delle chiusure del lockdown a causa della pandemia Covid-19.

Obiettivo del colosso del gaming è mantenere lo slancio e ottenere un vantaggio nel settore altamente competitivo degli eSports, anche dopo la fase di ripresa, post quarantena e lockdown.

“Sono stati sette anni straordinari. Sono estremamente orgoglioso dell’impatto del team sui marchi, in particolare Burger King, e del lavoro intorno alla sostenibilità, alla qualità del cibo, alla diversità e all’inclusione”:

queste le uniche parole dedicate alla stampa da Fernando Machado, Global Chief Marketing Officer di Restaurant Brands International (holding che detiene anche Burger King).

Nessuna intervista ufficiale è stata rilasciata da Machado, che sarà però tra i protagonisti e gli Unbreakable Speaker di N-Conference, il primo Business Visionary Show di Ninja, in programma il prossimo 27 e 28 maggio 2021.

La società, in una dichiarazione a “Ad Age”, ha affermato che “la sua vasta esperienza internazionale sosterrà la base di attori globali in espansione. Fernando è un appassionato sostenitore della diversità, dell’equità e dell’inclusione e continuerà a sostenere l’attività in Activision Blizzard “, aggiungendo che” Fernando ha un’abilità unica nel combinare creatività e risultati misurabili, che porterà nei franchise principali di Activision Blizzard “.

Fernando Machado

eSports, un trend in ascesa: Olympic Virtual Series, NFT, stime e acquisizioni

Un trend in forte crescita, quello degli eSports, che conquista posizioni di mercato, confermato anche dall’annuncio nelle ultime ore dell’inserimento dell’Olympic Virtual Series nell‘agenda 2025: primo punto di incontro tra eSports ed Olimpiadi, segnale di come il Comitato Olimpico Internazionale si stia muovendo all’interno nel mondo esportivo.

Le Olympic Virtual Series saranno il primo vero test per l’inserimento degli eSports nelle Olimpiadi: cinque eventi in sinergia con le federazioni internazionali, tra cui vela, ciclismo, baseball, automobilismo, canottaggio.

Diverse le novità che interessano e il fenomeno degli eSports, con comunità di giocatori in forte espansione, che comunicano attraverso chiamate vocali, videochiamate, messaggistica istantanea, media e file in chat private.

Si pensi a piattaforme di livestreaming come Twitch di proprietà di Amazon, con oltre un milione di utenti online a qualsiasi ora, più delle reti televisive statunitensi.

Recenti le trattative di Microsoft per acquistare Discord, un sistema di chat audio molto popolare tra i videogiocatori perché permette di comunicare – su computer o da mobile – mentre si gioca. Una valutazione al momento di 10 miliardi di dollari, per una società neanche valutata in borsa, caratterizzandosi come una delle acquisizioni più forti nel settore degli eSports nel 2021 se la trattative andasse a buon fine. In caso contrario sembrerebbero pronte alle trattive anche Amazon (proprietaria di Twitch) ed Epic Games (produttore di Fortnite).

Gli eSports diventano sempre più attrattivi anche con l’avvento degli NFT, i non fungible tokens che si fondano su tecnologia blockchain (la stessa delle criptovalute come Bitcoin o Ethereum) per certificare oggetti digitali e renderli unici, quindi vendibili e collezionabili.

C’è già chi immagina, in futuro, la messa all’asta digitale di momenti memorabili dei grandi campioni con la vendita di video, poster o badge, negli Stati Uniti invece la Lega di basket ha realizzato il NBA Top Shots, un sito attraverso cui ha venduto video collezionabili per un totale di oltre 200 milioni di dollari.

Quali saranno gli effetti dell’ingresso di Machado sul settore dei videogames?

L’ingresso di Machado nella multinazionale di videogames sembra, così, destinata a fare scuola in un settore in forte ascesa. Si stima che il pubblico globale di giochi in live streaming raggiungerà i 729 milioni entro la fine del 2021, un aumento del 10% rispetto all’anno precedente, mentre i ricavi globali degli eSport supereranno per la prima volta 1 miliardo di dollari nel 2021, secondo il tracker di settore Newzoo.

Nel Global Games Market Report di Newzoo, che classifica le società di giochi pubblici in base alle entrate globali, Activision Blizzard si trova attualmente al 7 ° posto, proprio sopra Nintendo ed Electronic Arts, ma sotto i principali negozi di app tecnologici come Apple e Google.

Come riuscirà Machado a conquistare e fidelizzare il pubblico dei gamer con l’emergere del gioco nella cultura pop tradizionale, forte degli oltre 160 riconoscimenti al Cannes Lion Festival per le sue campagne pubblicitarie, molte delle quali hanno fatto storia?

La creatività del marketing per reinventare la comunicazione del gaming

Come reinventare, soprattutto, la comunicazione del settore gaming per essere al passo con l’evoluzione del mercato del live streaming e spingere il business dei videogiochi?

Finora gli editori di giochi hanno commercializzato e promuovendo i singoli titoli rispetto ai marchi in modo piuttosto conservativo, molto più vicino al marketing cinematografico, in linea con le nuove uscite.

Non è la prima volta, in realtà, che Machado si è approcciato al settore del gaming, già in Burger King, quando ha trasformato un campo da basket nel videogioco NBA 2K21 in un menù in cui i giocatori potevano segnare per vincere cibo gratis.

Le campagne di marketing e il coraggio di sfidare le convenzioni

Nominato CMO dell’anno da “Ad Age” nel 2020, ha raccolto i massimi riconoscimenti, tra cui diversi Gran Premi di Cannes per le sue idee fuori dagli schemi come “Whopper Detour” di Burger King, una campagna incentrata sui dispositivi mobili che ha allontanato i consumatori da McDonald’s con la promessa di Whoppers da un centesimo e di “Home of the Whopper”, una campagna che ha prolungato la durata di uno spot di 15 secondi attivando i dispositivi Google Home dei consumatori. Più recentemente, c’è stato “Moldy Whopper“, che ha mostrato l’impegno della catena per ingredienti reali, mostrando un hamburger verde in fase di putrefazione con la muffa.

Divergenti i punti di vista dei varai analisti e settore, su quanto gli sforzi del marketing ripaghino, in realtà, in termini di business reale. La recente campagna di Burger King per la Giornata internazionale della donna, che conteneva il tweet che recitava “le donne appartengono alla cucina“, un tentativo spigoloso di promuovere il sostegno del marchio alle chef donne, è diventata una lezione su come non condurre una strategia sociale. Inoltre, nel 2020 il marchio ha perso la sua posizione numero 2 nella catena di hamburger degli Stati Uniti a favore di Wendy’s. Le vendite di Burger King a livello di sistema negli Stati Uniti sono diminuite del 5,4% a quasi 9,66 miliardi di dollari lo scorso anno. McDonald’s continua a dominare, con vendite a livello di sistema negli Stati Uniti che superano i 40 miliardi di dollari.

N-Conference : gli speaker 2021

Quale sarà la funzione di Machado in Activision Blizzard?

L’approccio di marketing incentrato sulla creatività di Machado sarà finalizzato, inoltre, alla costruzione dell’amore per il marchio, supervisionando nella nuova sede di Santa Monica in California il marketing per le tre divisioni dell’azienda: Activision, che gestisce titoli di videogiochi come “Call of Duty” e “World of Warcraft”; Blizzard, i cui titoli includono “Overwatch”; e King, basato su app, con il suo famoso “Candy Crush”.

Non è ancora chiaro quanto Machado sarà coinvolto nelle attività di eSport di Activision Blizzard, che includono campionati come Overwatch League e Call of Duty League e competizioni come Hearthstone Grandmasters e World of Warcraft Arena World Championships. Activision Blizzard gestisce anche l’organizzazione collegiale di eSport Tespa. Una portavoce di Activision Blizzard afferma che Machado “sosterrà il marketing di eSport”, ma non si è espansa nei dettagli.

L’attesa intanto è altissima. Riuscirà a replicare i successi realizzati in Burger King anche nel gaming? Intanto aspettiamo con ansia il suo incontro e la sua Lectio Magistralis Unbreakable ad N-Conference!

>> Sei curioso di approfondire insieme a Machado la sua visione di creatività e di leadership? Prenota il tuo posto per N-Conference il 27 e 28 maggio. <<