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Partnership tra Pinterest e Shopify: le opportunità per le PMI d’Italia

Pinterest e Shopify annunciamo l’espansione globale della loro partnership, attiva da oggi in 27 nuovi Paesi, tra cui l’Italia.

Il social commerce, nuova frontiera dell’eCommerce, diventa un’opportunità concreta per realizzare maggiore interattività con il cliente, anche sotto la spinta del lockdown, che ha rivoluzionato e ribaltato i modelli di business.

“Un’integrazione strategica tra le due corporate”,

dichiarano Adrien Boyer, Country Manager for Southern Europe di Pinterest e Paolo Picazio, Head of Market Development di Shopify, nell’intervista rilasciata in anteprima a Ninja Marketing.

La nuova partnership offrirà a 1,7 milioni di merchants Shopify in tutto il mondo un modo semplice per portare i propri prodotti su Pinterest e trasformarli in Pin di prodotto acquistabili sulla piattaforma.

Pinterest App iPhone

Il retargeting e il supporto multi-feed: le due novità della partnership

Due le nuove funzionalità annunciate: il retargeting dinamico, tramite l’interfaccia utente di Shopify, ovvero un targeting ad alto intento, che consentirà agli inserzionisti di interagire nuovamente con i Pinner che hanno già espresso interesse per i loro prodotti. Altra funzione sarà il supporto multi-feed per i cataloghi: gli utenti Shopify e qualsiasi rivenditore con un account aziendale Pinterest potranno aggiungere fino a 20 feed di prodotto al proprio account per raggiungere diversi mercati, ciascuno indicante dati locali specifici come valuta, lingua o disponibilità del prodotto.

Un’opportunità straordinaria per le piccole imprese italiane PMI, non solo per la spinta verso la digitalizzazione, ma anche per poter usufruire di un mercato in crescita, come quello dell’eCommerce: dai dati statici del report di Casaleggio Associati del 2020, emerge un aumento di utenti che ha raggiunto i 2,6milioni in Italia.

Lo switch culturale: i dati dell’eCommerce e la digitalizzazione delle PMI italiane

Un vero  e proprio switch culturale, non solo nelle abitudini di acquisto dei consumatori, prima fortemente legati al negozio fisico, ma anche in prospettiva corporate, con molte aziende, inizialmente reticenti ed oggi invece disposte ad aprire uno store online. Il lockdown, infatti, ha provocato aumento del traffico Internet del 60%: in Italia il 72% delle persone ha trascorso più tempo sul proprio smartphone.

Pinterest si propone, così, di contribuire alla digitalizzazione delle PMI costruendo una destinazione per lo shopping con pari opportunità di crescita per tutte le aziende, a prescindere dalle dimensioni.

Il 97% delle ricerche su Pinterest, infatti, non mostra brand, ma consiste in 2-3 query di parole: gli oltre 450milioni di utenti mensili sono quindi alla ricerca di ispirazioni, di idee generali e non di marchi specifici. Un vantaggio per le piccole e medie imprese di poter ottenere maggiore visibilità, per farsi scoprire in uno scenario globale e interagire con nuovi clienti che pianificano le loro future decisioni di acquisti: l’83% dei Pinner settimanali ha effettuato un acquisto in base ai contenuti visti in piattaforma.

Pinterest Product Pins Italy

La crescita globale dell’imprenditorialità post lockdown

Gli insight interni di Shopify evidenziano che il numero totale di nuove creazioni di negozi in Italia online è cresciuto del 247% nel 2020 rispetto all’anno precedente, mentre  il GMV (il volume di vendita) è aumentato del 174%, con nuove società attive completamente in remoto.

In ambito mondiale, solo negli Stati Uniti, tra giugno e settembre sono state fondate quasi 1,4 milioni di startup, con un aumento del 49% rispetto al secondo trimestre.

In base alle proiezioni, per più di 2 italiani su 3 (68%), superata l’emergenza, l’ammontare degli acquisti in beni di consumo rimarrà invariato rispetto ad oggi. Solo per il 21% subirà una flessione, mentre per una piccola minoranza (11%) aumenterà.

Obiettivo di Pinterest è essere un luogo di ispirazione e fornire un’esperienza di acquisto online simile a quella in negozio, in termini di navigazione nei corridoi, visualizzazione delle collezioni curate dai rivenditori e confronto dei prezzi. Una sorta di vetrina virtuale per gli inserzionisti sempre aperta.

Adrien Boyer Pinterest Headshot

Adrien, come nasce l’idea della sinergia tra le due corporate e come si svilupperà concretamente (in modalità operativa), la partnership tra Pinterest e Shopify. Come saranno collegate le due piattaforme?

“Pinterest e Shopify si impegnano molto nel supportare i commercianti di tutte le dimensioni a trovare successo nell’ecommerce. Fornendo loro un accesso rapido e facile alle funzionalità di acquisto di Pinterest, gli inserzionisti potranno connettersi con oltre 450 milioni di persone che si rivolgono a Pinterest in tutto il mondo ogni mese per essere ispirati in un ambiente positivo, nella fase iniziale del processo di acquisto, intenzionati a portarlo a termine – esordisce Adrien Boyer, Country Manager for Southern Europe di Pinterest – Attraverso le nostre API (application programming interface), l’integrazione tra Pinterest e Shopify è stata ideata per aiutare i marketer ad impostare la propria presenza e le attività di marketing su Pinterest in pochi semplici passaggi. Scaricando l’integrazione, si può impostare il tag di conversione, caricare il proprio catalogo prodotti e iniziare a fare pubblicità su Pinterest in pochi minuti, guidando la reperibilità e catalizzando gli sforzi di marketing”.

Pinterest si propone come una vetrina sempre aperta. Il negozio online sostituirà lo store fisico, o saranno sinergici tra loro nella dimensione reale e virtuale? Che spazio di visibilità avranno le piccole e medie imprese italiane e come saranno supportate?

“Pinterest e Shopify stanno promuovendo il social commerce.  Stanno abbinando la mentalità unica del pubblico di Pinterest – che sulla piattaforma cerca il prossimo prodotto o servizio da provare – con gli oltre 1,7 milioni di inserzionisti Shopify in tutto il mondo che ora possono facilmente portare i propri prodotti su Pinterest per aumentare le vendite. Questa è una partnership strategica che avvantaggia sia gli acquirenti che le aziende, in particolare le PMI.

Pinterest si trova in una posizione unica perché non è un social media: è una piattaforma di scoperta visiva che le persone utilizzano per la propria pianificazione e ispirazione e non per connettersi con gli amici. Soprattutto più recentemente, si è contraddistinto come luogo in cui le persone hanno potuto sfuggire alle notizie, alla politica e alla negatività online. È un angolo positivo di Internet, dove le persone trovano l’ispirazione per creare la vita che desiderano. Con questa motivazione arriva l’intento commerciale e la percezione degli annunci come additivi, per aiutare nella pianificazione di una nuova casa, vestito o progetto”.

Paolo Picazio, Head of Market Development Shopify

“Essere fonte di ispirazione” e condividere idee creative. Come si può ispirare un consumatore online nel processo di acquisto?

“In questo momento storico in cui lo shopping nelle corsie di un negozio è cambiato radicalmente, vogliamo riportare quella stessa esperienza ai consumatori. Il nostro obiettivo è rendere lo shopping il più stimolante possibile, proprio come sfogliare le pagine di un catalogo o camminare in uno store fisico. Un’esperienza di acquisto online che rispecchi la vita reale. Pinterest può replicare proprio quest’esperienza per consumatori e rivenditori attraverso le collezioni curate e la scoperta visiva”.

La pandemia ha ribaltato lo scenario dei consumi. Quali sono le proiezioni (anche in termini economici) e le prospettive della nuova partnership?

“Il prezioso vantaggio per le piccole e medie imprese è che possono essere scoperte grazie alla pertinenza dei propri contenuti e alla qualità dei propri prodotti. Ad esempio, se un utente sta cercando idee per l’arredamento della casa, molto probabilmente non includerà il nome di un brand nel termine di ricerca – continua Adrien Boyer –  Le PMI posso ottenere maggiore visibilità e attirare nuovo pubblico. Stessa possibilità per aziende di qualsiasi dimensione di essere scoperte e di interagire con nuovi clienti motivati, aperti a nuovi stimoli e che pianificano le proprie future decisioni di acquisto. Creare, quindi, credibilità per il proprio brand e i propri prodotti con strategie organiche e a pagamento. Poiché l’e-commerce sta diventando più sempre più importante e i consumatori spostano la propria spesa sull’online, i rivenditori dovrebbero ispirare i Pinner e creare un’esperienza di shopping che assomigli alla vita reale, trasmettendo normalità e gioia. I brand stanno esplorando come ispirare creando esperienze di acquisto digitali altamente visive”.

L’obiettivo di Shopify è rendere il commercio accessibile a tutti riducendo le barriere all’imprenditorialità – aggiunge anche Paolo Picazio, Responsabile per lo sviluppo del mercato italiano di Shopify – Grazie a questa partnership, infatti, tutti i merchant italiani potranno beneficiare delle opportunità che derivano dalla presenza su una vetrina importante come Pinterest, con milioni di utenti che usano l’App per fare acquisti. Si tratta quindi di un vantaggio competitivo importante, per questo ci aspettiamo che gli imprenditori abbraccino con favore questa novità in Italia e adeguino le proprie strategie di vendita a quelli che sono i maxi trend che stanno plasmando il commercio a livello globale, tra cui il social commerce appunto”.

Paolo l’Italia è tra i Paesi obiettivo. Quante sono le PMI presenti su Shopify? Come si evolve lo scenario di acquisto online?

“Ad oggi, sono oltre 1 milione e 700 mila le realtà imprenditoriali – dalle PMI alle grandi aziende – che nel mondo hanno scelto Shopify per gestire il proprio eCommerce. Un numero quasi raddoppiato nel 2020 (erano oltre 1 milione nel 2019). In questo contesto, l’Italia è uno dei Paesi nei quali il commercio digitale è cresciuto di più. E lo dimostrano i dati: nel nostro Paese, i nuovi store aperti su piattaforma Shopify sono aumentato del 247% rispetto al 2019 (ed era +400% soltanto nella prima metà dell’anno).  Comprare online è ormai un’abitudine, ma le aspettative sull’esperienza di acquisto stanno cambiando e dunque i brand, piccoli o grandi che siano, devono adattare le proprie strategie alle nuove esigenze del proprio target. Come rivela il nostro report Future of Commerce 2021, i giovani – che sono oggi la vera forza trainante dell’e-commerce – sono sempre più propensi a scoprire e acquistare nuovi prodotti sui social media. E dunque è proprio su tali piattaforme che i brand dovranno farsi trovare se vorranno restare competitivi anche in futuro. Grazie a questa partnership, ci impegniamo ancora una volta ad aiutare i nostri merchant a cogliere le enormi opportunità che derivano dal social commerce e in questo caso da Pinterest nello specifico”.

Come è possibile sostenere l’utente nella fase di decisione rispetto ad un mercato online sempre più vasto e complesso. Abbiamo dati numerici in proposito?

“È importante che i brand guardino il mondo con gli occhi dei propri clienti, analizzando e valutando tutte le fasi del processo di acquisto. Per questo, Shopify sta lavorando per mettere a disposizione dei propri merchant tutti gli strumenti che consentano loro di sviluppare strategie basate sull’omnicanalità e dunque in grado di intercettare la domanda, raggiungere il proprio target su più canali e piattaforme, soddisfando le loro esigenze. Come negli anni abbiamo integrato la piattaforma Shopify con i più noti marketplace, stiamo stringendo ora partnership con i principali player del settore di cui – soltanto per citare i più recenti – ricordo TikTok e Pinterest da oggi. Nel 2020 le installazioni di app che permettono di vendere sui social da parte dei merchant Shopify sono cresciute del 76% a livello globale”.

Come funzionerà in sintesi l’App Pinterest per Shopify?

Fornirà un accesso agevole alle funzionalità di acquisto di Pinterest, tra cui la distribuzione di tag, l’acquisizione di cataloghi e l’interfaccia di acquisto di pubblicità, senza la necessità di modificare il codice o distribuire risorse sul proprio sito.

Gli inserzionisti potranno caricare un feed diverso per ogni mercato in cui vendono il prodotto, per ogni lingua all’interno di un singolo paese, ma anche per servire diverse strategie pubblicitarie come il retargeting. Mentre il supporto multi-feed per i cataloghi consentirà alle aziende di gestire e ridimensionare meglio i propri prodotti su Pinterest.

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L’App social IRL potrebbe presto valere 1 miliardo di dollari

È trapelata la notizia, secondo fonti attendibili che seguono molto da vicino la vicenda,  secondo cui l’app di messaggistica IRL sia in trattative per raccogliere oltre 50 milioni di dollari: un round di finanziamento  che le farebbe raggiungere un valore di ben un miliardo di dollari.

Ma da cosa nasce tutto questo interessamento?

Che cos’è l’App IRL?

IRL, acronimo di “In Real Life” è stata fondata da Abraham Shafi e consente agli utenti non solo di chattare tra loro, ma di scegliere un’attività, un’ora e un luogo, e invitare i propri amici ad un determinato evento, per trascorrere delle ore insieme. Insomma, un modo per passare più tempo con i propri amici, ma nel mondo reale. IRL sta letteralmente spopolando tra gli adolescenti negli Stati Uniti.

Il suo finanziamento segue una rinascita di accordi competitivi per le startup di social media, tra cui la piattaforma audio Clubhouse e l’app di condivisione di foto Dispo. Inoltre è stata recentemente contattata da investitori che includono Tiger Global e IVP. Proprio come Clubhouse, IRL sembra in grado di ottenere una valutazione di un miliardo di dollari prima ancora di aver generato entrate. Ma come?

Ci si aspetta che cercherà di fare soldi addebitando commissioni sulle funzionalità a pagamento, piuttosto che vendendo pubblicità. La società è stata valutata l’ultima volta a settembre per un totale di 100 milioni di dollari. Finora ha raccolto 28 milioni di dollari da investitori che includono Goodwater Capital, Floodgate, The Raine Group and Founders Fund.

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IRL

La svolta di IRL

Lanciata nel 2017 dal CEO Abraham Shafi e Scott Banister, IRL vuole farsi strada e arrivare a competere direttamente con Facebook e co., ma puntando a un pubblico più giovane. L’app è nata come un calendario con funzionalità social, consentendo alle persone di trovare eventi e chattare su quelli d’interesse della propria cerchia di amici. Ovviamente prima che la pandemia scombinasse i piani di tutti e dando priorità, di conseguenza, a eventi virtuali.

La riprogettazione, all’inizio di quest’anno, ha migliorato la messaggistica di gruppo e ha provocato non solo un aumento degli utenti, ma anche l’arrivo di questi nuovi investitori che desiderano sostenere l’azienda, o almeno così affermano le suddette fonti vicino al gruppo. E la risposta di Tiger e IVP? No comment. 

Sebbene la strategia di IRL non sia audace come quella di Clubhouse, soprattutto verso gli utenti più famosi, è riuscita ad ampliare la sua base di utenti adolescenti durante la pandemia lavorando con account TikTok, agenzie di talenti e college popolari per promuovere la sua app.

Il servizio consente agli studenti di dozzine di college d’inserire gli indirizzi e-mail forniti dalla scuola per vedere eventi correlati e avviare chat di gruppo con i compagni di classe, anche per lo studio. 

Recentemente IRL ha anche testato funzionalità a pagamento con una piccola percentuale di utenti. Secondo le fonti, ha consentito ad un gruppo ristretto della sua audience di addebitare l’accesso a chat di gruppo specifiche, su base una tantum o ricorrente: un modello che potrebbe veder competere l’App con siti di pianificazione di eventi come Eventbrite e Meetup. La startup non ha in programma di aggiungere pubblicità all’app, ma potrebbe guadagnare entrate addebitando commissioni sulle transazioni.

Un po’ di numeri

Apptopia, una società di ricerca, ha rivelato che l’app mobile di IRL è stata scaricata più di 12 milioni di volte. Inoltre, a settembre gli utenti attivi giornalieri erano 2 milioni, registrando più di 10 milioni di utenti mensili. Oltre all’app, dobbiamo tener presente che le persone possono accedere a IRL anche tramite il sito web.

Il nuovo finanziamento probabilmente aiuterebbe IRL a gestire i costi come le bollette di hosting cloud man mano che la sua base utenza cresce e costruire sistemi per contrastare bot e spam, insieme a bullismo e altre potenziali forme di abuso. L’azienda conta attualmente meno di 20 dipendenti.

Il consiglio di amministrazione include Mike Maples, fondatore di Floodgate nonché uno dei primi investitori in Twitter; Mark Pincus, il miliardario fondatore di Zynga, e anche un investitore. Inoltre lo scorso anno IRL ha assunto il partner di Greylock ed ex capo del prodotto di Robinhood, Josh Elman, per valutare il passaggio dando la priorità ai messaggi di gruppo.

L’ultima Cenerentola delle App di messaggistica avrà, quindi, la sua favola a lieto fine? Lo scopriremo molto presto!

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Google e Rai vincitori di inclusione. Il Diversity Brand Report 2021

È Google il vincitore assoluto “overall” del Diversity Brand Award 2021 insieme alla piattaforma “Virtual Lis” di Rai, prima per la sezione digital. Un riconoscimento importante per il gigante del big tech e per la concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia, che testimonia l’impatto e la forte percezione del reale impegno sul fronte Diversity &  Inclusion.

La top 20 dei brand italiani (21 in realtà, per un ex aequo) più inclusivi è stata presentata in modalità streaming durante la quarta edizione del Diversity Brand Summit, “Diversity Factor: born to build trust”, occasione anche per delineare il Diversity Brand Index 2021, progetto di ricerca volto a misurare la capacità delle aziende di sviluppare con efficacia una cultura orientata alla D&I,  curato da Diversity e Focus MGMT.

Il ranking delle Top 20 in Italia: “Make it possible”

Ai vertici del ranking italiano rientrano anche Amazon, Carrefour, Coca-Cola, Durex, Esselunga, Freeda, Google, H&M, Ikea, Intesa Sanpaolo, L’Oréal, Leroy Merlin, Mattel, MySecretCase, Netflix, Pantene, Rai, Spotify, Starbucks, TIM, Vodafone.

Make it possible” è il claim che accompagna l’edizione 2021 del Premio, promosso dalla no profit Diversity, fondata da Francesca Vecchioni, e dalla società di consulenza strategica Focus MGMT, realizzato con il patrocinio della Commissione Europea e del Comune di Milano.

Il diversity factor si contraddistingue, soprattutto, come un vero e potente driver di posizionamento per le aziende, anche in un anno complicato come il 2020 per la pandemia, con un impatto economico significativo: i brand percepiti come non inclusivi registrano un NPS (Net Promoter Score, indicatore del passaparola) negativo pari al -90,9% (con un’ulteriore riduzione di 4,9 punti percentuali rispetto all’anno precedente), a fronte di un +81,2% invece per i brand percepiti come inclusivi. Ciò si ripercuote sul differenziale della crescita dei ricavi: +23% a favore di quei brand che, nonostante la crisi COVID-19, sono riusciti a non interrompere il loro piano di sviluppo e il loro impegno sulla D&I. Dal report, tuttavia, emerge che soltanto 1 azienda su 5 in Italia si impegna realmente sul tema della diversità, sebbene una corporate inclusiva viene percepita come più moderna e conquista un maggior livello di fiducia dei clienti, amplia il proprio mercato e migliora le performance economiche, ma soprattutto attrae e coltiva talenti.

Top 20 italiane

La strategia “diversity oriented” di Google e Rai

Alla base della motivazione del primato di Google, l’aver lavorato in maniera diffusa sulla D&I, in particolare sul gender, sull’orientamento sessuale e affettivo e sulla disabilità. Per aver compreso il ruolo di brand consapevole e responsabile, lavorando su iniziative e attività disruptive, capaci di cambiare e migliorare la vita di ognuno, abbattendo barriere tangibili ed intangibili, oltre all’aver sviluppato una customer experience diversity oriented.

“È con estremo piacere che accolgo questo riconoscimento, che coglie a pieno il concetto di alleanza espresso ogni giorno dalla comunità dei Googler – dichiara Fabio Vaccarono, Vice President Managing Director Italy di Google – Dalle sue origini Google è impegnata a rendere la diversità, l’equità e l’inclusione parte di tutto ciò che facciamo: dal modo in cui costruiamo i nostri prodotti, al modo in cui interagiamo con le persone nel posto di lavoro. Nel realizzare questa visione, abbiamo sempre sentito un elevato livello di responsabilità verso la società e la comunità in cui operiamo: per questo abbiamo fatto nostro il compito di incoraggiare rispetto, equità, uguaglianza nella diversità e inclusione. Nella situazione di emergenza che stiamo attraversando, l’impegno ad aiutare tutte le comunità a proteggere questi valori e tutelare i diritti che hanno acquisito negli anni e, in alcuni casi, acquisirne di nuovi si è fatto ancora più forte”.

A decretare il successo come vincitore digital di Rai è la Virtual Lis, la piattaforma capace di erogare servizi e contenuti nella lingua italiana dei segni mediante un avatar virtuale, affermando un nuovo paradigma di inclusione.

“La vittoria nel Digital Diversity Brand Award è, per il servizio pubblico, motivo di particolare orgoglio.  Arriva dopo che la Rai è stata inserita per il terzo anno consecutivo nella lista delle aziende più inclusive, per di più in un periodo drammaticamente segnato dalla pandemia – evidenzia Giovanni Parapini, Direttore Rai per il Sociale – Mentre vige ovunque la regola ferrea del distanziamento fisico, il servizio pubblico sa essere fattore di coesione: contribuisce cioè a rompere l’isolamento di quelle persone che del contatto con gli altri hanno un bisogno vitale. Lo fa stavolta con un progetto che mette insieme un forte valore sociale e una tecnologia d’avanguardia, come è tipico delle realizzazioni del Centro Ricerche, Innovazione tecnologica e Sperimentazione della Rai a Torino. Il Virtual LIS è rivolto alle persone sorde segnanti, con un Avatar che si esprime nella Lingua Italiana dei Segni: una piattaforma che si è ulteriormente arricchita con un’applicazione pensata per la didattica, che permette di imparare la LIS via web e generare nuovi contenuti. È un modo molto concreto attraverso il quale il servizio pubblico ribadisce che nessuno deve sentirsi escluso”.

Il report Diversity Brand Index. Fiducia come key factor

È sul concetto di fiducia che insiste il Diversity Brand Index, che diventa marchio di certificazione per i brand in termini di impegno in D&I.

Il report sottolinea, infatti, una crescita del + 23% nei ricavi per le aziende più inclusive rispetto a quelle non inclusive, anche in un anno condizionato dal Covid e dalla crisi sanitaria, economica e dal cambiamento del profilo di consumatrici e consumatori, meno arrabbiate/i, ma un po’ più individualiste/i rispetto alle tematiche della D&I, assumendo connotazioni “tribali”. Fondamentale, nella costruzione del rapporto di fiducia con il mercato, è la  comunicazione efficace e costante verso il proprio target di riferimento.

Il Diversity Brand Index 2021, sviluppato sulla base di una ricerca condotta da gennaio a dicembre 2020 su un campione statisticamente rappresentativo della popolazione italiana, composto da 1.039 cittadine e cittadini, ha visto una riduzione dei brand citati come “maggiormente inclusivi” (388, contro i 482 dell’anno precedente, ossia il -19,5%), a causa soprattutto del distanziamento sociale (e quindi minori relazioni) del lockdown e dell’emergenza epidemiologica.

Il ridimensionamento nel 2020 del numero di aziende inclusive: da 482 a 300, -19%

Due le declinazioni di tale ridimensionamento: fisica e digitale. I brand che tradizionalmente hanno fondato la relazione con il proprio target sulla dimensione fisica, hanno sofferto l’inaccessibilità degli store e degli spazi commerciali. Nell’overload informativo legato alla pandemia, vari brand non hanno avuto la forza (e la volontà) di affermare il tema della D&I, focalizzandosi su contenuti ed attività più tattici e meno strategici.

Hanno perso terreno aziende legate ai consumer services (-12 punti percentuali) ai beni di largo consumo (-10 ). Il retail (-2 p.p.) si conferma comunque il settore più presente (20%) tra le 50 corporate considerate più inclusive. Premiate le aziende capaci di fare comunicazione su altri canali rispetto a quelli fisici (e-commerce, infotainment, social network), in particolare dell’information technology (+8), luxury goods (+10) e healthcare & wellbeing (+8).

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Come cambiano i consumatori e le consumatrici

Il report conferma il trend della polarizzazione, con la scomparsa di alcune fasce intermedie in termini di orientamento all’inclusione (es. idealiste/i). Scompare, infatti, il segmento di arrabbiatissime/i e quello di arrabbiate/i passa dal 25,4% dell’anno scorso al 12,4%, con una composizione peculiare: il 63,57% di questo segmento è composto da uomini. Il 40% di giovani fra i 18 e i 35 anni, privati della propria vita sociale ed assistendo ad una focalizzazione mediatica sulla fascia degli “over”, ha sviluppato un atteggiamento non positivo nei confronti di alcune forme di diversità.

Prevalgono Individualismo ed egoismo: emergono “tribali”

Nell’anno del COVID-19 si registra una forte tendenza verso l’egoismo e l’individualismo, con l’arrivo della nuova categoria “tribali” (16,4%), composta da persone in passato distanti dall’inclusione che, durante la pandemia, hanno percepito come alcune forme di diversità fossero in realtà molto vicine: il loro coinvolgimento sui temi della D&I si declina infatti soprattutto all’interno del proprio nucleo familiare. Vi è poi un forte aumento dei consapevoli (15,7% dal 4,2% della precedente edizione), persone attente all’inclusione, ma non direttamente coinvolte.

In un Paese con un buon grado di conoscenza, familiarità e contatto sui temi della diversity ma ancora con una scarsa pratica, nell’interazione e nel coinvolgimento, la maggioranza delle persone (55,5%) è comunque altamente sensibile e attiva sulle tematiche della diversity, con il 34,5% di coinvolte/i e il 21% di impegnate/i.

L’88% di consumatrici e consumatori è maggiormente propenso verso i brand più inclusivi

Le pratiche inclusive sui temi di genere e identità di genere, etnia, orientamento sessuale e affettivo, età, status socio-economico, (dis)abilità e credo religioso (le 7 aree della diversity su cui si è concentrata la ricerca) impattano positivamente sulla reputazione del brand e sulla fiducia riposta nella marca, traducendosi in un indice di passaparola positivo e risultati economici migliori.

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Coinbase debutta a Wall Street e il Bitcoin vola a 65mila dollari

Debutta a Wall Street Coinbase Global Inc., la piattaforma di scambio preferita per l’acquisto di criptovalute che catapulta Bitcoin & Co. nel business mainstream della finanza tradizionale. Un momento storico, con i riflettori puntati sulla borsa di New York, mentre lo scarco sul Nasdaq spinge il valore del Bitcoin.

Attribuito a Coinbase un prezzo di riferimento di 250 dollari ad azione, per una valutazione complessiva della società di circa 65,3 miliardi di dollari: quotazione mai attribuita a una società di criptovalute.  Alla vigilia dell’IPO in borsa, il Bitcoin ha toccato un nuovo record storico nelle ore subito precedenti al debutto a Wall Street di Coinbase, sfiorando i 65.000 dollari a 64.747 (un aumento del 6%), prima di ripiegare a 64.177 dollari. La capitalizzazione di Bitcoin così schizza a 1.200 miliardi di dollari. Anche Ether, la criptovaluta nativa della blockchain di Ethereum e la seconda più grande in assoluto, ha stabilito un nuovo record di 2.271 dollari. Con il balzo di quasi il 6% nelle ultime 24 ore, spinto dall’ennesimo record del Bitcoin è stato toccato un nuovo massimo per il mercato globale delle criptovalute che ha raggiunto una capitalizzazione vicina a 2.250 miliardi di dollari, superando nettamente il Pil italiano.

Il debutto si configura come una quotazione diretta, che non coinvolge le banche in un processo di vendita di azioni agli investitori. Il reale test, secondo gli analisti, sarà possibile con i primi scambi, Secondo alcune stime, il mercato potrebbe attribuire a Coinbase una capitalizzazione di 100 miliardi di dollari, che ne farebbe la principale ‘borsa’ per valore anche davanti allo stesso Nadsaq e al Nyse.

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L’aumento dell’844% di Coinbase nell’ultimo anno

Coinbase stima di aver realizzato 1,8 miliardi di dollari in ricavi nel primo trimestre del 2021, un aumento dell’844% rispetto ai 190,6 milioni di dollari generati nello stesso periodo dell’anno precedente, dovuto alle forte oscillazioni al rialzo delle monete digitali come bitcoin ed ether.

Fondata nel 2012 a San Francisco, Coinbase il mese scorso ha reso noto il volume delle transazioni sul mercato privato, con una valutazione della società a 68 miliardi di dollari: una crescita esponenziale rispetto ai 5,8 miliardi di dollari del settembre 2020.  Ben 56 milioni di utenti in tutto il mondo utilizzano la piattaforma, circa 223 miliardi di dollari di asset, pari all’11,3% della quota di mercato delle criptovalute.

Un evento storico, che segna la linea di congiuzione tra criptovalute e finanza tradizionale. A fare da traino anche il forte endorsment di investitori tradizionali, si pensi ad Elon Musk, Ceo di Tesla e Starlink, mentre il bitcoin spinge la sua volata verso i 10mila sulla base del basso tasso di volatilità degli ultimi 30 giorni, nonostante una parte di analisti detrattori tra cui i governi di tutto il mondo, che osservano con scetticismo e preoccupazione al Bitcoin e alle criptovalute, ritenute solo uno strumento speculativo senza un valore riconoscibile.

Mentre la Cina e Pechino starebbero lavorando a uno yuan digitale, è cauto il Federal Reserve System: “Non c’è nessuna fretta per adottarlo”, sottolinea presidente della Fed Jerome Powell, assicurando che la banca centrale non adotterà il dollaro digitale “senza l’appoggio del Congresso”.

Se la moneta digitale è sempre più osannate come “l’oro digitale del futuro”, anche l’Europa è a lavoro su nuove norme su criptovalute e finanza digitale per fronteggiare il rischio riciclaggio e terrorismo

Intanto diverse banche, fra le quali Goldman Sachs e JPMorgan, hanno annunciato piani per offrire criptovalute ai propri clienti.

È sulle prospettive che insistono i più scettici, nonostante gli utili siano in forte crescita (sono attesi per il primo trimestre tra 730 e 800 milioni di dollari, più di tutto il 2020). Sotto accusa il modello di business che dipende integralmente dalle commissioni sul trading, il che esporrebbe i ricavi alla volatilità delle criptovalute e soprattutto alla concorrenza, come è accaduto con il trading convenzionale sconvolto dalle piattaforme a zero-commissioni.

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Google Ads lancia Insights Page: il Decoding Decisions report per decodificare la contemporaneità

Come cambia il processo decisionale del consumatore con l’accelerazione digitale provocata dal Covid? Soprattutto come possono i professionisti del marketing farsi notare nella complessa fase di scelta?

“Per comprendere cosa rappresenta questo cambiamento per i consumatori e per i marketer, abbiamo realizzato il “Decoding Decisions”, una ricerca che utilizza le scienze comportamentali per indagare il modo in cui i consumatori prendono decisioni online e, più nello specifico, proprio all’interno del messy middle, ovvero quello spazio tra il momento in cui si inizia la ricerca (trigger) e l’acquisto: un “centro disordinato”, che ben rappresenta il “nuovo” percorso di acquisto del consumatore”, sottolinea Paola Scarpa, Director Client Solutions, Data and Insights di Google.

I tre macro trend

Come evidenziato da Matt Brittin, President EMEA di Google, si possono individuare oggi tre tendenze chiave per il mercato: in primis un cambiamento nei comportamenti dei consumatori, incentivato dalla pandemia; la centralità della privacy e quindi la necessità di costruire e ripristinare la fiducia delle persone; la necessità di essere veloci e utili nell’aiutare a leggere la complessità del presente.

Tre trend a cui Google risponde con una serie di strumenti per i marketer, dall’introduzione della Insights Page e il Decoding Decisions alla Privacy SandBox.

“Insieme stiamo cercando la strada per guardare al futuro. La veloce accelerazione tecnologica ha provocato un balzo di cinque anni in pochi mesi. Oltre metà del pianeta è ormai presente online. Questo ha mostrato ancora una volta come l’accesso gratuito e aperto a Internet sia fondamentale, non solo per le persone e le imprese, ma anche per le nostre economie e le nostre società – continua Paola Scarpa – Google vuole continuare a essere al fianco dei professionisti del marketing per aiutarli a osservare da vicino le nuove tendenze, per cogliere le esigenze dei propri clienti e fornire gli strumenti per andare loro incontro. Se tutto è cambiato, che cosa è destinato a restare? Gli insight ci aiutano a leggere la nuova realtà”.

Le stime Google nella ricerca online

Infatti, secondo le stime di Google, l’accelerazione dei cambiamenti già in essere nei comportamenti online, ha provocato un +50% di crescita dell’interesse nel motore di ricerca Google (fonte Google Trends) per “negozio online” in Italia (anno su anno), e un +210 % nella ricerca per “consegna a domicilio” in Italia. Le persone hanno più che mai bisogno di supporto per navigare la complessità di scelta e desiderano un mondo digitale aperto e conveniente e ciò richiede annunci pertinenti che rispettino la loro privacy. Proprio l’interesse di ricerca per “privacy online” è cresciuto a livello globale di oltre il 50% in un anno. La quantità di scelta e di informazioni che i consumatori hanno a loro disposizione online ha reso il processo decisionale che porta all’acquisto infinitamente più complesso.

Le Key Action sono, quindi, essere veloci anche attraverso strumenti automatici, e costruire fiducia sempre.

Dal trigger all’acquisto: la fase di esplorazione e di valutazione del Decoding Decisions

Privacy e costruzione della fiducia

Un mondo in evoluzione, con nuove sfide da sostenere, ma anche nuove opportunità. Se da un lato si assiste ad un’accelerazione nei comportamenti anche in relazione all’uso del digitale e dei motori di ricerca, atro cardine saranno sicurezza, privacy e fiducia.

“La fiducia è un aspetto fondamentale, da costruire giorno per giorno. Le aspettative delle persone in relazione alla privacy online crescono sempre di più. Uno studio di Axios ha mostrato come l’80% dei consumatori nell’ultimo anno si sia rivelato più preoccupato su come le aziende utilizzano i loro dati, su cui richiedono maggior controllo anche rispetto a come vengono utilizzati online”

In questo senso, l’impegno di Google continua con l’iniziativa Privacy Sandbox che coinvolge l’intero ecosistema della pubblicità online, con l’obiettivo di supportare il rispetto della privacy delle singole persone e ripristinare la fiducia nei confronti degli annunci.

Per il terzo macrotrend fondamentale per i marketer digitali, ovvero come agire con rapidità ed efficacia per aiutare le persone a navigare la complessità che caratterizza la nostra realtà oggi e i processi di acquisto, in sostegno arriva il Decoding Decisions elaborato da Google.

Il Decoding Decisions e il Messy Middle

“Oggi il consumatore prende le proprie decisioni in un contesto online dove si moltiplicano le informazioni a disposizione e le possibilità di scelta. Si complica il processo di ricerca: non è un caso che il 54% dei consumatori italiani dichiari di avere difficoltà nel trovare il prodotto che desidera. Questo spazio tra il momento in cui si inizia la ricerca (trigger) e l’acquisto è il messy middle, un “centro disordinato”, che ben rappresenta il “nuovo” percorso di acquisto del consumatore”, evidenzia Paola Scarpa.

Come imporsi, quindi, sul mercato e soprattutto come comprendere il “messy middle”, ovvero le fasi centrali del percorso d’acquisto influiscono sulle decisioni finali degli acquirenti? Con l’aiuto di esperti nel campo delle scienze comportamentali, The Behavioural Architects, Google ha iniziato un percorso teso a decifrare il modo in cui i consumatori decidono cosa acquistare.

 

 

Scarpa, Director Client Solutions, Data and Insights di Google

I Bias o distorsioni cognitive: come influenzano il processo di acquisto?

Il presupposto della ricerca si fonda sulle persone, che cercano informazioni su brand e prodotti, valutano tutte le opzioni che hanno a disposizione, affidandosi anche a dei bias cognitivi (distorsioni o pregiudizi cognitivi, radicati a fondo nella mente per affrontare e gestire i concetti complessi e su larga scala) che influenzano il comportamento e le decisioni di acquisto di un prodotto rispetto ad un altro, in un processo che alterna fasi di esplorazione e valutazione.

Sebbene i bias cognitivi siano centinaia, la ricerca Google si sofferma su sette di questi: euristica di categoria (brevi descrizioni di informazioni chiave del prodotto possono semplificare le decisioni di acquisto), potere dell’immediatezza, prova sociale (consigli e recensioni da altre persone possono rivelarsi molto efficaci), bias di scarsità (un prodotto diventa più desiderabile se la sua disponibilità diminuisce), bias di autorità (l’opinione di un esperto o di una fonte attendibile è particolarmente influente), potere della gratuità (un regalo incluso con un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo), componente emozionale. A differenza di altri Paesi, quest’ultimo bias è emerso come particolarmente rilevante in Italia su alcune categorie di prodotto che presentano una marcata componente di design.

Questi bias hanno costituito la base dell’esperimento sugli acquisti su larga scala con acquirenti in-market reali, con la simulazione in Italia di 100.000 scenari di acquisto in dieci categorie di prodotti.

Ecco quali sono le evidenze scientifiche che emergono dalla ricerca:

Essere presenti può spostare le preferenze di brand nel messy middle

“Nell’esperimento abbiamo chiesto alle persone di indicarci il loro primo e il loro secondo brand preferito all’interno di una determinata categoria di prodotto. Abbiamo poi creato la pagina online di un retailer e mostrato, per i due brand, una proposizione identica per ciascuno dei sette bias cognitivi. L’unica differenza era costituita esclusivamente dai due marchi mostrati nella pagina. In media, in tutte le categorie della nostra ricerca, quasi un terzo dei clienti ha scelto il loro secondo marchio preferito, semplicemente perché questo era presente nella stessa pagina della loro prima scelta. Anche se il prodotto e la proposta erano esattamente gli stessi. Ciò indica che, pur in diverse categorie di prodotti, è fondamentale per un brand mostrare la propria presenza quando il consumatore si trova nelle fasi di esplorazione e valutazione, in cui è aperto a considerare tutti i brand e le opzioni a disposizione”, spiega Paola Scarpa.

Ciò che le persone scoprono nel messy middle spesso guida il processo di decisione finale

“Alcuni bias cognitivi possono pesare più di altri nelle diverse fasi del messy middle e nella decisione d’acquisto degli italiani: per esempio, l’euristica emozionale è più efficace nella fase di esplorazione, mentre quella sociale lo è nella fase di valutazione. Le scoperte fatte nel messy middle possono spesso determinare il risultato e non sono sempre le scoperte razionali ad avere il maggiore impatto. Per questo è importante per i brand essere a conoscenza di questi bias in modo da valorizzare al meglio la loro proposizione e aiutare il consumatore a valutare e scegliere il prodotto più adatto alle proprie esigenze”.

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 Anche un brand non conosciuto può emergere nel messy middle

“Nella nostra ricerca abbiamo portato l’esperimento all’estremo, introducendo un brand completamente inventato, di cui nessuno dei partecipanti alla simulazione aveva mai sentito parlare prima, andando a posizionarlo offrendo il meglio dei sette bias cognitivi analizzati. In tutte le categorie, il brand inventato è stato così in grado di ottenere una quota significativa di preferenza rispetto al marchio di prima scelta. Più tempo le persone trascorrono nel messy middle, più cresce la possibilità che possano scegliere un brand diverso, addirittura sconosciuto fino a quel momento”.

Il messy middle racconta, quindi, un percorso di acquisto più complesso, dove i consumatori si trovano a scoprire ed esplorare, fuori da una logica di linearità predefinita. Gli acquirenti elaborano tutte le informazioni e le opzioni che incontrano durante il percorso: si tratta di un processo di elaborazione che influenza le decisioni finali di acquisto, ma è anche un’opportunità in cui i brand non conosciuti possono trovare nuovo spazio e pubblico.

Da oggi il roll out globale di due novità in Google Ads: Insights Page e applicazione automatica di consigli e raccomandazioni per i marketer

“Proprio per supportare gli esperti di marketing nel cogliere queste opportunità, oggi Google inizierà il roll out a livello globale di due novità in Google Ads. Da un lato, l’introduzione della Insights Page, grazie alla quale gli operatori di marketing potranno visualizzare informazioni utili per adattare il proprio business e cogliere le opportunità date dai rapidi cambiamenti nei comportamenti dei consumatori. Dall’altro, sarà possibile per gli esperti di marketing scegliere di applicare in maniera automatica determinati consigli e raccomandazioni, per migliorare la performance di una determinata campagna in modo rapido e efficace – annuncia Paola –  La realtà che viviamo è in continuo cambiamento, al centro però rimangono sempre le persone: in un contesto in accelerazione, comprendere i comportamenti in evoluzione dei consumatori mantenendo la loro privacy sempre al centro sono aspetti chiave per guardare, e cercare, il futuro”.

L’approccio al messy middle

In che modo, quindi, i professionisti del marketing possono farsi notare nel “messy middle”?

vo non è quello di forzare le persone a uscire dal ciclo mostrato nel modello, ma di fornire informazioni e riassicurazioni necessarie per aiutarle a prendere una decisione. Che si tratti di un gigante della categoria o di un brand competitor, l’approccio è lo stesso, il report:

  • Garantire la presenza del brand in modo strategico affinché il prodotto o servizio sia notato e ricordato dai clienti mentre esplorano le opzioni.
  • Applicare i principi delle scienze comportamentali in modo intelligente e responsabile per rendere la proposta convincente quando i consumatori valutano le opzioni.
  • Avvicinare il momento del trigger a quello dell’acquisto in modo da ridurre il tempo di esposizione dei clienti esistenti e potenziali a brand concorrenti.
  • Creare team flessibili e competenti per andare oltre il branding tradizionale ed evitare barriere tra reparti che rischiano di lasciare spazi vuoti nel percorso decisionale dei consumatori.

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Treccani Futura, il polo EdTech per il sistema educativo in Italia

Creare un ecosistema EdTech, un centro di eccellenza nel settore dell’educazione, con un approccio innovativo e sperimentale, per avere un impatto ancora più forte sul sistema educativo e formativo nel nostro Paese. È questa la mission di Treccani Futura, nata dall’acquisizione da parte di Treccani Scuola (società del gruppo dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani) di Impactscool, prima impresa italiana di ricerca, consulenza e formazione, fondata da Cristina Pozzi e da Andrea Dusi, dedicata al Futures Critical Thinking.

Un nuovo polo di tecnologia educativa rivolto a studenti, insegnanti, aziende, professionisti, manager e chiunque voglia reinventare le proprie competenze. Upskilling, reskilling, ma soprattutto un patrimonio di valori comuni da mettere a sistema per una metodologia di apprendimento, ma soprattutto per imparare a riconoscere e anticipare i “futuri”.

I saperi tradizionali del Gruppo Treccani, il cui portale Treccani.it raggiunge punte di oltre 1 milione di utenti unici al giorno, incrociano e si fondono con i nuovi scenari della cultura digitale e con i linguaggi della sostenibilità, con lo sguardo rivolto alla next generation, attraverso la piattaforma Treccani Scuola.

“Entriamo in punta di piedi nell’istituzione Treccani, sinonimo di cultura in Italia. La focalizzazione sui contenuti per Treccani Futura sarà fondamentale”,

spiega Andrea Dusi che insieme a Cristina Pozzi faranno parte del Cda, rispettivamente CEO e COO, mentre alla presidenza di Treccani Futura è stato designato Massimo Lapucci, Segretario Generale di Fondazione CRT.

“Il nostro percorso ci ha permesso di portare e diffondere anche in Italia lo studio dei futuri, sia nelle scuole sia nelle aziende – dichiara Cristina Pozzi, selezionata come Young Global Leader 2019-2024 dal World Economic Forum – Un lavoro sperimentale riconosciuto anche a livello internazionale, con una community di oltre 70 ambassador in tutto il Paese e che ha coinvolto Impactscool in programmi come la task force del Ministero dell’Istruzione istituita per l’emergenza Covid-19 o il protocollo d’intesa siglato con il MIUR fin dal 2017 per promuovere le attività in Italia”.

Lo sguardo rivolto alla Next Generation

Un’attività formativa che dalla fondazione di Impactscool, avvenuta 2017 come organizzazione no profit, ha raggiunto oltre 34.000 studenti e più di 1.000 docenti, oltre a programmi di studio, workshop e webinar, dedicati non solo a studenti, ma anche ad aziende e organizzazioni.

“Quando siamo entrati in contatto con il mondo Treccani, abbiamo compreso quanto le nostre visioni fossero allineate e come per noi fosse naturale la scelta di un percorso comune. Per noi è grande motivo di orgoglio. Impactscool porterà il suo patrimonio di competenze”, aggiunge Andrea Dusi, già Climate Leader nella fondazione di Al Gore “Climate Reality Project”.

Dar vita, quindi, ad un’offerta formativa trasversale nella diffusione del sapere, in risposta alla “domanda di contenuti di qualità nei processi di educativi”.

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didattica in atto Microsoft

Andrea, cosa significa per Impactscool rientrare nel Gruppo Treccani?

“Significa creare insieme un metodo di apprendimento del futuro. Nel nostro primo contatto ci è stato proposto di inserite nostri contenuti all’interno della piattaforma Treccani Scuola? Quando si comprende di essere accomunati da una condivisione di valori e da una visione simile di formazione a 360 gradi, è quasi inevitabile decidere di unire le forze. Alla base c’è un metodo, per avere un impatto ancora più forte sul sistema educativo e formativo nel nostro Paese. Questa è la nostra mission”.

Influenzato anche dalla pandemia, il settore educational si concentra sempre di più su upskilling e reskilling,verso la ripartenza. Come si inserirà il Polo EdTech di Treccani Futura?

“Comprendere ed anticipare le tendenze dei prossimi anni. Upskilling perché la formazione deve essere continua. Fondamentale il reskilling, perché avremo di fronte una grande crisi nei prossimi anni: migliaia di persone dovranno riqualificarsi, non solo per l’emergenza Covid, ma anche per l’automazione del lavoro, altro macro trend del sistema.  Riqualificarsi per un’azienda sarà determinante. Infine c’è il tema educativo della scuola, un organismo vivo molto complesso: vogliamo offrire il nostro supporto a partire dalle classi primarie. All’interno di Treccani Futura esiste già Treccani Scuola, piattaforma utilizzata già da docenti e studenti: cercheremo di arricchirla di contenuti, anche nell’aspetto software come supporto incrementale al libro di testo. Queste sono le direttrici, ovvero formazione scolastica a 360 gradi, upskilling e reskilling. È evidente che non sarà un unico progetto, ma diversi. Siamo già a pieno regime, poi dopo l’estate lanceremo alcune novità”.

“Incidere in modo positivo sul Paese”. Un obiettivo ambizioso.

“L’Istituto Enciclopedico Treccani ha 97 anni di storia, è nato nel 1925, una società privata che persegue un interesse pubblico, fondamentale per la creazione di una coscienza collettiva all’uscita dalla prima guerra mondiale, quando mancava una cultura di base nazionale. Sono ancora gli unici contenuti certificabili. È importante creare una diffusione. In Treccani Futura continueremo a perseguire lo stesso interesse pubblico. Treccani è un’istituzione in cui entriamo in punta di piedi. Comune denominatore con Impactscool, da sempre concentrata su tematiche innovative, scenari del futuro, tecnologie emergenti, blockchain, intelligenza artificiale, è riuscire a dare certezza a questi temi, allargandoli agli impatti etici”.

Quale sarà il valore aggiunto di Impactscool?

“Noi vogliamo portare ne mondo dell’educazione molta innovazione, i formati e le modalità di fruizione di contenuti certificati in Treccani.it, ancora oggi punto di riferimento per studenti e laureati, uno degli 11 siti più visti in italia. Puntare sulla qualità paga sempre”.

La scuola ha subito un’accelerazione digitale con la Dad a causa della pandemia, una didattica d’emergenza. In futuro, come si concilierà con le lezioni in presenza?

“Si è cercato di tappare i buchi. Il ruolo dei maestri, soprattutto nell’età dello sviluppo, è essenziale e la didattica a distanza non può sostituirlo. Con la abbiamo realizzato una maggiore informatizzazione dei ragazzi, dei docenti soprattutto, e anche dei genitori, da una semplice presentazione in power point.  Gli strumenti tecnologici non vanno mai a sostituire, ma ad integrare”.

“Futures Critical Thinking” è un elemento cardine della metodologia Impact. Quali saranno gli elementi fondanti di questo modo di pensare alternativo, divergente.

“È una delle materie chiave della conoscenza da imparare secondo l’Unesco, per navigare rispetto all’incertezza del 21esimo secolo. In Finlandia è insegnata dalla prima elementare. Significa imparare a leggere, ma anche a scrivere i futuri. Attraverso una serie di metodologie analitiche si riesce a navigare i futuri possibili. Ne esistono tanti e diversi. Andare, quindi, ad identificare il futuro preferibile rispetto a quello probabile, su cui poter incidere, come persona singola, società, sistema azienda o paese. Molto dei ministri e deputati della Finlandia provengono dall’Istituto per il Futuro. È una disciplina trasversale alle diverse materie, contiene elementi hard legati alla tecnologia da applicare a quelli soft, che apre a maggiore creatività. Sui ragazzi delle superiori e universitari abbiamo sperimentato che incide sulla speranza nel futuro. Se io so di essere padrone del mio futuro, in realtà, malgrado tutto, con le mie scelte e le decisioni, indirizzo la mia vita in una determinata direzione ed acquisisco una consapevolezza diversa. Questo può essere applicato anche alle aziende, di fatto la pianificazione a lungo periodo non si realizza più: un manager viene valutato su base annuale, quotato su base trimestrale. Quindi io posso incidere sul mio futuro e lo posso indirizzare”.

Le nuove tendenze delle Human Resources si concentrano sul concetto di “empowerment” delle persone e di sostenibilità. Lo stesso avviene anche nel settore dell’educazione?

“Voglio essere provocatorio. Non è importante la singola persona, sono essenziali le persone e il pianeta. Continuiamo a reiterare un errore. Al centro del paradigma c’è un nuovo umanesimo. Non può esserci innovazione senza sostenibilità. Non l’uomo singolo, ma la collettività collegata al mondo in cui vive”.

Quale sarà la prossima sfida del polo EdTech?

“Diventare un ecosistema significa dialogare con attori esistenti. Siamo aperti al dialogo con chiunque abbia voglia di fare iniziative e di coinvolgere Treccani Futura su iniziative edtech. Siamo soliti dividerci nel nostro Paese. È tempo di capire come avere un impatto insieme”.

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Il Codice Pinterest e il Creator Fund: da influencer ad inspirator

Rendere internet un ambiente inclusivo, stimolante, teso alla condivisione di idee. Parola d’ordine è “essere di ispirazione” per Pinterest, che ha ospitato un’anteprima virtuale esclusiva  dedicata alla sua community internazionale di creators e alla stampa specializzata, tra cui anche Ninja Marketing, per annunciare le innovazioni e le strategie per la creazione di un ecosistema di creativi.

Un dialogo dinamico con i propri creators, durante il quale Pinterest ha annunciato il lancio del Creator Fund da 500 mila dollari, la nuova politica sui contenuti con linee guida inserite nel Creator Code, oltre a nuovi strumenti di moderazione, per garantire che la piattaforma continui a essere un “luogo inclusivo, positivo e stimolante”.

“Una piattaforma nuova e notevolmente migliorata che consente ai creators di creare e pubblicare contenuti stimolanti e di creare un pubblico in crescita (i pinners, ovvero gli utenti di Pinterest) tra i quasi mezzo miliardo di persone che utilizzano Pinterest ogni mese negli ultimi 11 anni – esordisce Evan Sharp, co-founder, Chief Design and Creative Officer di Pinterest – Abbiamo lavorato duramente per garantire che Pinterest sia il luogo in cui le persone vanno per trarre ispirazione, la nostra vera stella polare. Pinterest è diventato quasi l’ultimo angolo positivo di Internet, abbiamo investito un enorme sforzo per mantenere la negatività offline”.

Pinterest Creator Code

Il Codice Etico obbligatorio e il cambio di paradigma: da influencer ad inspirator

Per progettare la propria attività in piattaforma, sarà indispensabile aderire al Codice Pinterest Creator, un insieme obbligatorio di linee guida da firmare prima di poter pubblicare contenuti e Story Pin, dove toccando un pulsante che dice “Accetto” per affermazioni che includono “Sii gentile“, “Controlla i miei fatti“, “Sii consapevole dei trigger,  “Pratica inclusione” e “Non nuocere “.

“L’intenzione del Pinterest Code è aiutare i nostri creatori a comprendere meglio ciò che abbiamo imparato negli anni: parlare con voce positiva, inclusiva e stimolante che consentirà di costruire una presenza di successo, non solo per influenzare i nostri utenti, ma ispirarli. Le aziende tecnologiche così spesso si comportano in modi che appaiono inumani – spiega Evan Sharp – Pinterest è impegnato a costruire una società tecnologica Human centric, ovvero al centro l’essere umano, per costruire un business al servizio dei nostri utenti e dei nostri azionisti”.

Da tempo la company ha investito anche nel “range tone” con la creazione di strumenti che prevedessero le varie gamme di tonalità della pelle che consentono agli utenti di filtrare e personalizzare l’idea di bellezza.

“Siamo stati tra le prime piattaforme a vietare tutti gli annunci di disinformazione politica o sanitaria, l’incitamento all’odio, al bullismo o all’ autolesionismo, per questo il nuovo codice dei creatori è così importante”, evidenzia Evan Sharp.

Riflettori puntati anche sulla positività come indicatore e principio cardine nella costruzione di un personal branding e di un marchio business con Jonathan Van Ness, personalità televisiva Usa, autore, podcaster e attivista, che ha preso parte alla conferenza in streaming insieme ai creatori e ai vertici Pinterest.

“La nostra priorità è continuare a rendere Pinterest un luogo per i contenuti più ispirazionali, inclusivi e fruibili. Le persone si rivolgono alla nostra piattaforma per scoprire idee, prodotti e servizi da integrare come parte della loro vita quotidiana e i Creator ci aiutano a creare i contenuti che ispirano le persone. Vogliamo garantire che i contenuti su Pinterest siano inclusivi e vogliamo insegnare alle persone a supportare la community sulla piattaforma”, aggiunge Mathilde Jais, Head of Growth for Southern Europe.

Il Fondo per la formazione e il sostegno finanziario destinato ai creator

Per gruppi sottorappresentati nasce il Creator Fund, il sostegno finanziario e di formazione individuale per avere successo su Pinterest.

“Crediamo che chiunque possa ispirare, anche l’hobbista di tutti i giorni con idee ancora scoprire. Il nostro obiettivo è costruire un ecosistema di creativi che sia veramente incentrato sul premiare e celebrare le persone più stimolanti e le loro idee”, spiega Minnie Bredouw, Creative Director Pinterest.

Un programma ispirato alla cultura dell’inclusività, intesa come fattore chiave della competitività dell’azienda. L’impegno, quindi, a garantire che il 50% dei Creatori con cui Pinterest lavora provenga da gruppi sottorappresentati. Introdotto anche un nuovo modo per rivenditori, inserzionisti e creator di identificarsi, se provenienti da un gruppo sottorappresentato attraverso le vetrine shopping.

Nella prima tranche di finanziamento Pinterest ha collaborato con creators provenienti da diversi background, dal food, ai viaggi, alla fotografia, alla moda, con corsi di consulenza su strategia creativa e un budget dedicato per la creazione di contenuti.

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Promuovere un mindset teso all’inclusione e una suite di strumenti a disposizione utilizzando l’App

Stimolare, soprattutto, una mentalità inclusiva tesa alla creazione di una comunità online che supporti e incoraggi persone di ogni estrazione sociale e modelli compassione.

“Abbiamo costruito silenziosamente un’enorme piattaforma per i creator. In definitiva, vogliamo pinners che siano in grado di agire sulle idee, pronte ad agire cercando modi per migliorare la propria quotidianità e che vogliono interagire con i creatori che li ispireranno. Nel mondo frenetico di oggi, le persone hanno bisogno di un posto dove sognare, dove essere ottimiste, per condividere le loro passioni. Cosa abbiamo fatto per rispondere a questa sfida? Di recente abbiamo introdotto una nuova suite di strumenti per i creatori, che li aiuti a metterli in contatto con i pinners attraverso l’App”.

Nuove funzionalità come trying e il tagging che offrono ai creatori l’opportunità di taggare specifici prodotti in stock nei loro pin per favorire la monetizzazione, oltre ai pin delle storie, possibilità di commentare e moderare le conversazioni, all’interno di una piattaforma considerata versatile alle diverse esigenze di espressione, attraverso le differenti bacheche.

In anteprima video anche la nuova campagna per il Codice Creator, definito come “un passo verso uno spazio migliore”. Uno standard innovativo per spingere le persone alla gentilezza.

“Nessun’altra piattaforma di social media sostiene il benessere mentale come Pinterest – affermano i diversi creator presenti all’evento streaming – Quando una piattaforma è in grado di porre dei limiti, allora sai che sei nel posto giusto. Una comunità gentile incoraggia ad essere molto più espressivi per ispirare gli altri. È un privilegio così fantastico e il Codice è una ricetta per il creator di essere se stesso al 100%”.

“Il Codice è una necessità emersa a metà del 2020, un anno segnato da una pandemia e una politica tumultuose, accompagnate da un movimento cardine per i diritti civili – insiste Minnie Bredouw, Creative Director Pinterest – Questo panorama turbolento ha evidenziato la necessità di educazione nella creazione di contenuti. Il codice è una guida che vive all’interno del nostro prodotto inteso a costruire una comunità inclusivo e compassionevole. È inteso per essere proattivo e responsabilizzante piuttosto che reattivo e teso a rimproverare. Supponiamo che la conoscenza sia potere. In un mondo che si muove velocemente, il codice evidenzia le differenze tra espressione e antagonismo. Essere audaci, nell’innescare una conversazione senza essere divisivi”.

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Bezos ai vertici del mondo. Ecco chi sono i più ricchi del 2021

È Jeff Bezos l’uomo più ricco al mondo. Il fondatore del gigante dell’eCommerce  Amazon per il quarto anno consecutivo domina la classifica annuale stilata dalla rivista Forbes con 177 miliardi di dollari, ben 64 miliardi in più dello scorso anno. È salito al secondo posto con 151 miliardi di dollari, grazie all’aumento delle azioni di Tesla e Amazon, Elon Musk. Al gradino più basso del podio, ma primo in Europa, il magnate dei beni di lusso, Bernard Arnault, anche se la sua fortuna di 150 miliardi di dollari è quasi raddoppiata rispetto ai 76 miliardi di un anno fa, a causa di un aumento del valore delle azioni LVMH.

Se la pandemia da Covid 19 ha accresciuto il divario sociale, con milioni di persone sulla soglia della povertà e la ricchezza concentrata nelle mani di determinati settori, dall’eCommerce, alla tecnologia al food, dall’altro lato il 2021 registra una crescita record di nuovi miliardari: in totale 2.755, con l’ingresso nel gotha dei più ricchi al mondo di 660 nuovi miliardari rispetto al 2020, ovvero uno ogni 17 ore.

In Italia la top ten vede in testa Leonardo del Vecchio, fondatore di Luxottica, l’azienda fondata nel 1961, con un patrimonio stimato in 25,8 miliardi di dollari. Nel ranking anche Giorgio Armani, icona indiscussa della moda made in Italy e Silvio Berlusconi.

È l’italiano più ricco, ma anche il più ricco del Belgio (non avendo più residenza in Italia), Giovanni Ferrero di Nutella, Tic Tac e Kinder Egg, che ha registrato un aumento della sua ricchezza da 10,6 miliardi a 35,1 miliardi. Si aggiungono 11 nuovi miliardari, tra cui Marina e Giuliana Caprotti, che hanno preso il controllo della catena di supermercati Esselunga, e Sergio Stevanato dell’azienda di packaging medicale Stevanato Group.

La 35esima “Forbes World’s Billionaires List”, nella quale si registrano 493 new entry. Tra queste anche Kim Kardashian con il suo primo miliardo di dollari.

Qual è il valore della top ten in totale?

Il totale dei patrimoni delle dieci personalità più ricche del pianetaè stimata in a 1.115 miliardi di dollari, due terzi in più dei 686 miliardi dell’anno scorso. Nel 2021 in quattro hanno un patrimonio pari o superiore a 100 miliardi di dollari, nel 2020 solo era solo Jeff Besoz.

“È stato un anno come nessun altro e non stiamo parlando della pandemia – sottolinea Forbes – Ci sono state offerte pubbliche a fuoco rapido, criptovalute in aumento e prezzi delle azioni alle stelle. Il numero di miliardari nella 35a lista annuale di Forbes dei più ricchi del mondo è esploso a 2.755, senza precedenti, con 660 personalità in più. 493 sono nuovi nella lista, di cui 210 provenienti dalla Cina e da Hong Kong. Altri 250 caduti in passato sono tornati ruggendo. Uno sbalorditivo 86% è più ricco”.

Complessivamente, la somma dei patrimoni dei miliardari vale 13,1 trilioni di dollari, rispetto agli 8 trilioni di dollari del 2020 (ben 5trilioni in più). Gli Stati Uniti ne hanno ancora di più, con 724, seguiti dalla Cina (tra cui Hong Kong e Macao) con 698. La metodologia usata da Forbes ha utilizzato come parametro cardine i prezzi delle azioni e dei tassi di cambio dal 5 marzo per calcolare il patrimonio netto.

Chi sono quindi i più ricchi?

elon musk interview

Elon Musk

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La Top Ten mondiale

Al primo posto Jeff Bezos, con un patrimonio di 177 miliardi di dollari, 64 miliardi in più dello scorso anno. A breve, Besoz, che ha fondato Amazon nel 1994 nel suo garage a Seattle, si dimetterà dalla carica di CEO e diventerà presidente esecutivo alla fine del 2021.

Il segreto del suo successo? Sembra essere contenuto nelle sue parole riportate da Forbes:

“Sapevo che se avessi fallito, non mi sarei mai pentito. Sospettavo che sarei sempre stato ossessionato dal rimorso e dalla decisione di non provarci affatto”. (Jeff Besoz)

Segue Elon Musk, fondatore di Tesla, con 151 miliardi. 126,4 miliardi in più rispetto a un anno fa, quando occupava il 31esimo posto e aveva un patrimonio di 24,6 miliardi.

Terzo sul podio Bernard Arnault, proprietario del gruppo del lusso LVMH, con un patrimonio di 150 miliardi di dollari: l’anno scorso erano 76.

Al quarto posto il fondatore di Microsoft Bill Gates con 124 miliardi di dollari (98 miliardi lo scorso anno)

Al quinto l’ideatore di Facebook Mark Zuckerberg con i suoi 97 miliardi, con un 42,3 miliardi in un anno.

L’imprenditore Warren Buffett è in sesta posizione con un patrimonio di 96 miliardi di dollari: l’anno scorso erano 67,5 miliardi.

Settimo Larry Ellison, cofondatore e CTO della Oracle Corporation, che vanta un patrimonio di 93 miliardi di dollari (+34 miliardi in un anno).

Ottavo il co-fondatore di Google Larry Page  con 91,5 miliardi di dollari, che ha scalato la classifica dai 50,9 miliardi dello scorso anno.

A seguire l’altro co-fondatore di Google Sergey Brin con 89 miliardi di dollari, contro i 49,1 dello scorso anno.

Chiude la top ten Mukesh Ambani, presidente, amministratore delegato e il maggiore azionista di Reliance Industries Limited (84,5 miliardi di dollari, 36,8 lo scorso anno).

Bernard Arnault

E in Europa?

Se il più ricco d’Europa si conferma, seguito dal magnate spagnolo del fast-fashion Amancio Ortega con 77 milairdi di dollari, è la Germania a dominare la classifica per numero di miliardari, con una ricchezza stimata in 3 trilioni di dollari, al riparo dai danni finanziari causati dalla pandemia di coronavirus.

Sono 628 i miliardari europei classificati da Forbes, rispetto ai 511 dell’anno precedente. Come gruppo, sono 1 trilione di dollari in più rispetto a un anno fa: “Il che suggerisce – scrive Forbes – che per i ricchi, l’anno della pandemia è stato redditizio”.

I miliardari italiani sono 51, compresi i non residenti, (contro 36 nel 2020), con un patrimonio netto totale di 204,5 miliardi rispetto ai 125,6 miliardi nel 2020

Leonardo del Vecchio

La top ten italiana

Il più ricco, fondatore di Luxottica, con 25,8 miliardi di dollari, in 62esima posizione.

Seconda la donna più ricca d’Italia, Massimiliana Landini che, con un patrimonio di 9,1 miliardi di dollari, erede insieme ai figli del gigante della farmaceutica Menarini.

Segue re Giorgio Armani con un patrimonio netto stimato di 7,7 miliardi di dollari.

Quarto in Italia Silvio Berlusconi & Family con 7,6 miliardi di dollari, con imprese nel settore media, editoriale, publishing.

Quinto Giuseppe De’ Longhi con un patrimonio di 5,2 miliardi di dollari.

Sesto posto per Gustavo Denegri, presidente di DiaSorin, con 5,1 miliardi.

Settima ed ottava posizione per Patrizio Bertelli, amministratore delegato del gruppo Prada e per la moglie, la stilista Miuccia Prada con 4,6 miliardi.

Segue Luca Garavoglia, presidente del gruppo Campari, con 4,2 miliardi di dollari

Ai piedi della top ten italiana Piero Ferrari con 4,1 miliardi di dollari.

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LinkedIn crea la sua ClubHouse: a breve le stanze audio

L’ascesa irrefrenabile dell’audio non si frena e travolge anche LinkedIn, che annuncia a breve il lancio del beta test di una funzione molto simile a ClubHouse, con lo sviluppo di stanze audio declinate per stimolare le connessioni professionali.

Ancora una volta l’audio, per il suo carattere più intimo, più vicino alle conversazioni reali tra persone, sembra dominare rispetto all’overload dell’immagine visiva, incentivato anche dal lockdown e dall’utilizzo amplificato e diversificato dei digital device.

Dopo l’esplosione del fenomeno Clubhouse e i primi esperimenti di recruiting, con giornate dedicate al job placement o ai career day su Clobhouse, LinkedIn decide di inserirsi nei nuovi trend, ampliando le potenzialità della propria piattaforma, così come altre big tech.

Tutti vogliono ClubHouse: il trend dell’audio travolge i social network

Si pensi agli Spaces di Twitter, una sorta di clonazione di Clubhouse in fase già di lancio, o a Telegram che ha potenziato le chat vocali, mentre Facebook, ByteDance, Spotify e Slack stanno lavorando allo sviluppo di room dedicate all’interazione vocale.

“Stiamo realizzando alcuni test preliminari per creare un’esperienza audio unica collegata all’identità professionale. E stiamo guardando a come possiamo portare l’audio in altre parti di LinkedIn, come eventi e gruppi, per dare ai nostri membri ancora più modi per connettersi alla loro comunità”, spiega la portavoce Linkedin, Suzi Owens a TechCrunch.

LinkedIn e l’audio come integrazione dell’identità professionale

Una rete basata sull’audio nata dall’esigenza degli utenti e dei creativi di Linkedin di disporre di più modi per comunicare sulla piattaforma. Non solo profilo social, ma un’integrazione con l’identità professionale, quindi, mentre gli argomenti di conversazione saranno incentrati su lavoro e carriera.

Creare networking tra i professionisti attraverso le parole, con stanze dedicate che superano il singolo testo, o l’immagine che contraddistingue alcuni social media, in un’estensione naturale in altre aree, come i gruppi.

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Il design dell’interfaccia grafica

Svelata anche l’interfaccia grafica utente e il design della funzione LinkedIn, molto somigliante a quella di Clubhouse, con un palco centrale con i moderatori raffigurati da icone tonde, mentre il pubblico sarà nella parte inferiore dello schermo. Si aggiungeranno, però, altri tipi di interazioni, l’icona degli emoji e il messaggio diretto agli utenti partecipanti e all’amministratore della stanza.

Ad ispirare le nuove funzionalità, per rendere l’esperienza utente più coinvolgente e interattiva, ha contribuito la forte crescita di LinkedIn nel 2020, come spiega Suzi Owens: “Circa 740 milioni di utenti hanno usato la piattaforma per scambiarsi conoscenze, portando il numero di connessioni a 4,8 miliardi. Oltre 21 milioni di persone hanno partecipato a eventi su LinkedIn con un aumento delle sessioni del 30%”.

 “Coloro che aderiranno alla nostra nuova funzione audio dovranno sentirsi assolutamente al sicuro ed essere produttivi”,

sottolinea Suzi Owens. “I nostri utenti vengono su LinkedIn per avere conversazioni rispettose e costruttive con persone reali e il nostro obiettivo è garantire che abbiano un ambiente sicuro per farlo.”

Una crescita, inoltre, di quasi il 50% nelle conversazioni su LinkedIn favorita dalla nuova modalità “Creator”, con storie, condivisioni video LinkedIn Live e post sulla piattaforma, oltre alla newsletter.

L’integrazione di modalità Audio e Creator: audio, storie, video live e newsletter per i professionisti

Unire audio e ‘Creator’ può portare a risultati positivi per l’app e per la professionalità degli utenti”, insiste l’azienda, soprattutto in prospettiva dell’evolversi futuro dello scenario del mondo del lavoro.

Un’analisi di LinkedIn evidenzia che, nel corso degli ultimi mesi, oltre il 60% dei suoi iscritti lavora da remoto, contro l’8% del pre Covid, convinti che oltre il 50% delle persone continuerà in modalità smartworking anche in futuro, senza rientrare negli uffici.

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Inter, il nuovo logo e l’appeal per le nuove generazioni

Icona culturale, oltre che sportiva. Con radici profonde nella propria storia e in quella collettiva, ma proiettata ad una narrazione sempre più contemporanea e vicina alle giovani generazioni. L’Inter esalta i propri valori fondanti e rafforza il legame con la città di Milano attraverso la sua nuova identità visiva.

A celebrare il lancio del nuovo logo uno storytelling che gioca sulle iniziali del Football Club Internazionale  e Milano, in quell’ “I AM”, che da acronimo diventa anche un urlo identitario, in quell’ IO SONO ripreso dalla lettura dell’espressione inglese.

Un restyling della visual identity minimal e innovativo, per aprirsi ad un pubblico sempre più digitale e attento all’estetica, per raggiungere target globali e differenti fasce d’età.

“Perché un club, un brand, si dedica al restyling o cambia la propria visual identity? Perché i brand hanno sempre bisogno di evolversi. Un’evoluzione che va di pari passo con i propri fan, con la volontà di connettersi ai mondi nuovi, con l’obiettivo diventare più globale”, esordisce Luca Danovaro, Chief Marketing Officer dell’Inter.

 

Un percorso delicato, lento, durato circa 3 anni, durante i quali il Club si è imposto tra i leader di intrattenimento digitale.

“Siamo partiti rivedendo in chiave più moderna i nostri valori, abbiamo cambiato il nostro modo di dialogare e commentare, con un tone of voice molto più definito, più distinto, che ci ha permesso di avvicinarci alle nuove generazioni – sottolinea Danovaro –  Diverse sono state le tappe di questo iter. Il lancio di oggi della nuova identità visiva del Club, del nostro nuovo logo, è per noi una proiezione verso il futuro. È stato un lavoro molto professionale, bilanciato, perché il brand è il Dna di un Club, di un’azienda. Sintetizza quel legame tra business e passione. Per una squadra di calcio, poi, i colori sono determinati, perché racchiudono ricordi, gioie, aggregazione. Desideravamo che questa evoluzione celebrasse la passione di milioni di fan nel mondo in 113 anni di storia, e in contemporanea volevamo collegarci agli elementi culturali, di design, di moda di Milano. Terzo elemento, comunicare con colori e linguaggi più collegati alle generazioni future”.

Minimal, innovativo, aperto ad una platea globale

Dal primo stemma disegnato nel 1908 da Giorgio Muggiani, evolutosi nel tempo fino a quello di oggi, creato da Bureau Borsche: una rivisitazione moderna dello storico simbolo del Club, in una veste più leggera e minimale, in continuità con la versione originaria, ma più adatto ad integrarsi nell’era dell’intrattenimento. Il focus è sulle lettere I e M, mantenute nella disposizione ideata da Muggiani e coronate dal classico doppio cerchio, come da tradizione nerazzurra. Il lettering si alleggerisce, scompaiono le lettere F e C dall’immagine grafica, ma persistono nel nome e del Club, FC Internazionale Milano. I colori rimangono quelli scelti nella notte del 9 marzo 1908, resi più vibranti. Un “brand Inter”, quindi, riconoscibile per i tifosi, ma aperto ad un’audience più ampia.

La campagna I M

Il restyling di un brand: cosa significa per un’azienda?

E’ un momento cruciale, per un’azienda, il cambio di un logo, in cui si riconosce l’immaginario collettivo, in particolare nell’universo calcistico, in cui tifosi e città si riconoscono. La necessità, quindi, di non creare disillusione, ma coinvolgimento.

“I tifosi stanno reagendo bene, si percepisce un sentiment positivo – afferma il Chief Marketing Officer dell’Inter – Nel rispetto della tradizione e nello sviluppo del logo abbiamo chiesto feedback ai tifosi veri, ai nostri giocatori, alle nostre legend. Abbiamo voluto rispettare fortemente la passione, come nei colori vivaci, l’azzurro più vibrante, acceso, dinamico, facile da riconoscere nei device digitali attraverso cui fruiamo il calcio e non solo. Legati alla tradizione, alle due lettere I ed M, semplificate da 4 a 2, molto più semplice da riconoscere, ma soprattutto perchè rappresentano la nostra essenza, perché l’Inter incarna in sé i valori della città, ovvero lo spirito internazionale, la propensione all’innovazione e al mutamento continuo”.

Luca Danovaro, Chief Marketing Officer dell’Inter

I valori di inclusione e il legame con i tifosi e la città, con un’aspirazione internazionale

L’inter racconta così la sua storia e i suoi valori anche nel merchandising, che assume una connotazione più profonda per le aziende, che è nella capacità di identificazione e di riconoscersi in un immaginario collettivo.

“Il merchandising quanto è importante per un brand, non solo in termini commerciali di business e di profitti, ma soprattutto sotto il profilo valoriale – Insiste Luca Danovaro – Con la nuova identità, oggi abbiamo realizzato anche una Capsule Collection in edizione limitata, la prima linea di prodotti con la nuova identità visiva del Club, visibile sullo store ufficiale, con pochi prodotti, che lasciano intravedere cosa sarà il futuro. Il nostro obiettivo vero è quello di essere rilevanti, soprattutto per i più giovani, che si identificano nel nostro sistema valoriale, non solo legato al calcio, ma anche all’inclusione e all’innovazione- Il nostro sogno è che, negli anni, questo logo possa vivere attraverso una t-shirt o un altro elemento di vestiario, comprato nel mondo, senza sapere che è legato a una squadra di calcio, ma semplicemente perché piace. L’Inter è un’icona di calcio, che ha vinto tanto e speriamo di vincere ancora tanto, ma la nostra ambizione è essere percepiti come icona culturale e dell’intrattenimento, anche da chi nei 90 minuti non è un nostro fedelissimo”.

Il lancio di oggi, in realtà, è un teaser, perché il logo sarà utilizzato ufficialmente dalla prossima stagione 2021/22, dopo una fase di transizione in cui i due loghi, vecchio e nuovo, conviveranno.

“La nuova identità visiva sarà presentata nelle prossime partite contro il Sassuolo e il Cagliari – continua il manager – Abbiamo realizzato una landing page, sul nostro sito, con applicazioni, foto con giocatori del presente, legend e talenti del futuro, ma anche tifosi artisti, chef, moda, oltre a rappresentare spazi di Milano, che è l’elemento fondamentale”.

Il video spot e la raccolta fotografica I M –  “IO SONO”

Una raccolta fotografica espressione dell’ I M FC Internazionale Milano, dell’espressione IO SONO, per descrivere l’essenza di ogni tifoso, senza nessuna distinzioni, italiani e stranieri,  in un viaggio attraverso della città, simbolo di tradizione e innovazione, cultura e stile, energica e vitale, che ha dato vita al video Hero.

 

A fare da ambassador tifosi, personaggi dello sport, dello spettacolo della cultura fotografati da Alessandro Furchino Càpria: campioni del recente passato legati indissolubilmente alla storia del Club,  come Javier Zanetti, Marco Materazzi, Christian Chivu, Maicon, Beppe Bergomi, Nicola Berti, Beppe Baresi e Riccardo Ferri- E ancora atleti di altri sport, tra cui il campione NBA Marco Belinelli, la ciclista Letizia Paternoster e il surfista Leonardo Fioravanti. Talenti della nuova scena musicale come Tedua, attrici di successo come Matilde Gioli, il pioniere della cucina Pop chef Davide Oldani. creativi come Moab Villain, Naomi Accardi e Allison Fullin, lo skater Guy Mariano e il film maker Federico Vitetta.

Un comunicazione identitaria che si allarga a nuove connotazioni, ad un uso metaforico dove il gioco del calcio diventa talento, voglia di affermarsi e di mettersi in discussione, anche nella sfida della quotidianità.

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