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TikTok Ads: come creare il primo annuncio per la tua azienda

  • I formati creativi degli annunci sono importanti per mantenere il pubblico impegnato;
  • Ecco le informazioni utili per maneggiare TikTok Ads, creare campagne, strutturare gli annunci, posizionare il budget.

 

La piattaforma di TikTok Ads regala finalmente agli addetti ai lavori un tool per la pubblicità all’interno del social TikTok consentendo la realizzazione di campagne a 360 gradi, operazioni multi-piattaforma, una grande varietà di formati creativi, segmentazione della clientela con una programmazione e misurazione delle conversioni.

tiktok challenge

La piattaforma pubblicitaria per aziende e privati

La piattaforma vi permetterà di raggiungere verticalmente una serie di social app che esulano dal solo TikTok. Potrete infatti lanciare la vostra campagna anche su TopBuzz, BuzzVideo, NewsRepublic, BaBe, Vigo ed Helo.

Nello specifico è attualmente possibile scegliere su quale applicazione o “Placement” si desidera che l’annuncio compaia. Sono disponibili: News Feed App Series “TopBuzz / BuzzVideo / NewsRepublic”, “TikTok”, “Vigo”.

I formati creativi degli annunci sono importanti per mantenere il pubblico impegnato. La piattaforma di TikTok Ads, permette di scegliere il formato creativo che meglio si adatta agli obiettivi della campagna. Questo include, video e immagini orizzontali, verticali o quadrati. La creazione di annunci pubblicitari può richiedere molto tempo, per questo motivo possiamo utilizzare uno strumento automatico di distribuzione degli annunci chiamato “Dynamic Creative”.

Con un semplice clic su un pulsante è possibile creare un pubblico target differenziato, sia esso per sesso, ubicazione, età o altro. Possiamo anche caricare una lista personalizzata del pubblico o espandere il target di riferimento grazie a “Lookalike Audience”, funzione che ci permette di raggiungere più persone che sono simili ai nostri clienti esistenti.

Per garantire la trasparenza e l’accuratezza dei dati, attualmente il team di TikTok sta lavorando con ben otto società per il monitoraggio delle conversioni (ad esempio Appsflyer, Adjust, Tune, Kochava, F.O.X, Singular, Party e Tenjin). Vediamo ora come accedere a questa incredibile piattaforma.

Accedere alla piattaforma di Ads

Il primo passo da fare è di digitare il seguente indirizzo e vi apparirà la seguente pagina Web.

TikTok Ads per aziende, come creare il primo annuncio

Ora ci troviamo dentro il sito, non vi rimane altro che accedere cliccando in alto a destra su “Create an Ad” ed inserire una serie di informazioni, dovrete specificare per quale scopo state creando l’account e da che parte del mondo volete operare.

creare un account su tiktok ads

Nel dettaglio, troverete 3 bottoni dove potrete selezionare se il vostro account promuoverà principalmente i propri beni o servizi, fornirà servizi ad altre imprese o verrà utilizzato per migliorare il tuo sito web o pagina personale. Effettuata questa selezione dovrete premere avanti per passare alla fase successiva dedicata alle informazioni di contatto.

creazione del profilo tiktok

Riceverete una risposta da TikTok all’indirizzo e-mail da voi indicato. Io ho inserito la mia email e nelle 24h successive ho ricevuto la seguente risposta.

annuncio e risposta

Come avrete certamente intuito fare pubblicità su TikTok non è ancora facile come potrebbe essere su Facebook o Instagram. Se avete un azienda e volete accedere a questa piattaforma quello che vi consiglio è di richiedere l’accesso mandando una email a questo indirizzo advertise@tiktok.com indicando che tipologia di business e idea di campagna avete.

La struttura degli annunci

È di fondamentale importanza capire come vengono strutturati gli annunci su TikTok Ads, questi vengono organizzati su 3 livelli principali: Campagna, Gruppo di annunci (Ad Groups), Annuncio (Ads).
Capire come funzionano questi tre livelli vi aiuterà a stabilire meglio il target di riferimento e ad allocare il vostro budget pubblicitario progettando contenuti creativi ad hoc. Ricordate che migliorare le vostre prestazioni pubblicitarie sarà la componente fondamentale per raggiungere gli obiettivi di campagna prefissati. Vediamo ora i 3 livelli nel dettaglio:

come sono strutturare le campagne tiktok

La Campagna

Una volta che avete deciso di creare degli annunci su TikTok, dovrete sempre creare una “campagna” determinandone gli obiettivi (cioè i risultati finali che volete ottenere con i vostri annunci).
Un volta fatto questo potrete scegliere tra: App Download o Landing Page, il vostro obiettivo in questo caso sarà portare l’utente finale a scaricare un app o ad accedere ad una specifica landing page.
Il “Gruppo di annunci” definisce quando e dove appariranno i tuoi annunci e chi li vedrà. Qui è possibile impostare annunci specifici, pubblico, destinatari, budget delle campagne, calendario, obiettivi di ottimizzazione e offerte per ogni gruppo che avrete creato.

Il Gruppo di annunci (Ad Groups)

Il “Gruppo di annunci” definisce quando e dove appariranno i tuoi annunci e chi li vedrà. Qui è possibile impostare annunci specifici, pubblico, destinatari, budget delle campagne, calendario, obiettivi di ottimizzazione e offerte per ogni gruppo che avrete creato.
Ricorda che all’interno di una campagna, ci potranno essere uno o più gruppi di annunci.

L’Annuncio

“L’annuncio” è il contenuto che alla fine presenterete al pubblico target e sarà ciò che si vedrà online. Gli annunci possono essere sotto forma di immagini o video. Potete caricare la vostra creatività e i vostri testi per ogni annuncio, creare un video utilizzando degli strumenti di creazione che vi spiegherò in seguito. Gli annunci sono inclusi all’interno di un gruppo (ad Groups) che vi permetterà di confrontare e ottimizzarne la consegna in base alle differenze creative e di target prescelto.

Riassumendo, ecco cosa dovrai fare:

  1. Scegliere gli inserzionisti;
  2. Impostare l’oggetto della campagna;
  3. Stabilire il target di riferimento;
  4. Impostare un budget per la campagna e un programma per il gruppo di annunci;
  5. Impostare obiettivi di ottimizzazione e offerte;
  6. Inizia a creare annunci.

LEGGI ANCHE: 10 brand da seguire su TikTok per trovare l’ispirazione

Creare una campagna

Una volta effettuato l’accesso alla piattaforma TikTok Ads, vedrete “Campaign” sul banner in alto, cliccate sul pulsante “Crea” per iniziare a creare la vostra prima campagna! In questa sezione quello che troverete saranno o le campagne già realizzate, gruppo di annunci (campagna con target ma senza un contenuto inserito), annunci singoli.

come funziona la pubblicità su tiktok

Ma vediamo in modo approfondito cosa dovrete fare ora, ora passati allo step successivo dovrete scegliere l’obiettivo più adatto al vostro scopo finale. Vi troverete di fronte a questa schermata con le tre categorie di obiettivi vediamo quali sono: awareness, consideration o conversion.

creazione del pubblcio sulla piattaforma
Definito lo scopo, dovrete inserire il nome della campagna, fatelo attentamente e con un criterio ben preciso per evitare futuri fraintendimenti o personali o con collaboratori.

Il posizionamento del vostro annuncio in Ad Group

Con posizione “annuncio” si intende dove il vostro annuncio verrà esposto in questo caso potete selezionare solo TikTok o anche le altre applicazioni. Vi consiglio di selezionare “Posizioni automatiche” in modo che il sistema ottimizzi la diffusione dell’annuncio su tutte le piattaforme cosa che vi consentirà il raggiungimento di più traffico. Facendo un esempio, selezionando il “Posizionamento automatico”, l’annuncio sarà visibile“TikTok” e “News Feed App Series (TopBuzz/BuzzVideo/ NewsRepublic)”. Mentre selezionando il posizionamento manuale potete scegliere manualmente dove appariranno i vostri annunci, da “TikTok”, “News Feed App Series (TopBuzz/BuzzVideo/NewsRepublic)”, ricorda che i diversi posizionamenti potrebbero richiedere anche diversi format creativi.

annuncio automatico

I dettagli dell’annuncio pubblicitario

Nella sezione “Dettagli dell’annuncio” è possibile compilare le informazioni legate alla tipologia di annuncio che andremo a lanciare. Si potrà inserire:

  • Link URL: collegabili all’App Store o a Google Play per l’app o il sito web da pubblicizzare.
  • App ID: inserire l’AppID.
  • Nome dell’applicazione: inserire il nome del marchio o il nome dell’applicazione che si desidera mostrare agli utenti nell’annuncio.
  • Immagine del profilo: l’immagine del profilo verrà mostrata all’utente come parte dell’annuncio.
  • Categoria: selezionare la categoria di prodotto per l’oggetto della campagna. gli algoritmi individuano questo parametro per segmentare il target adatto all’annuncio.
  • Parole chiave: inserite le parole chiave utilizzate per descrivere il vostro sito web o la vostra app, il numero massimo consentito è di 20 keywords.
  • Commenti degli utenti (solo su TikTok): funzione che ci permette di abilitare o disabilitare i commenti degli utenti.

Il Targeting

Punto importantissimo, in questa sezione andremo a selezionare il nostro pubblico di riferimento selezionando tutta una serie di parametri legati all’età, sesso, lingue, categorie e devices. La piattaforma ci consente di salvare delle audience consentendoci di utilizzarle anche per eventuali campagne successive, molto utile ed intuitivo.

creazione dell'audience tiktok

Impostare il budget

selezione del budget tiktok

In questa sezione che troverete subito sotto il “targeting”, vi verrà richiesto di impostare un budget che potrà essere diversificato in “no limit” o “budget giornaliero”, vediamo nel dettaglio le due tipologie.

Se impostate il budget della vostra campagna come “No Limit”, non ci saranno restrizioni sulla consegna degli annunci a livello di campagna. In caso contrario, un “Budget giornaliero” o “Budget totale” a livello di campagna, la consegna degli annunci sarà limitata dal “Budget giornaliero” o “Budget totale” su singola campagna, il che significa che la vostra spesa giornaliera o la spesa totale non supererà mai tale importo. Selezionando la voce “tempo specifico” potrete programmare i vostri annunci sulla base di giorno ed ora.

Caricare il contenuto

il contenuto della campagna pubblicitaria su tiktok

Siamo quasi giunti al termine di questa mini guida su TikTok Ads, quello che ora vi manca sono i contenuti e come si deduce facilmente da questa grafica le scelte saranno due, contenuti video o immagine singola. Se il vostro obiettivo è quello di realizzare una campagna su TikTok avrete un unica scelta ossia di utilizzare un contenuto video.

Cliccando su single video si aprirà la seguente schermata con tutte le caratteristiche che il vostro contenuto dovrà avere.

TikTok Ads per aziende

In questa schermata troverete tre modi diversi di aggiungere il contenuto, il primo vi farà effettuare una selezione dal vostro computer, il secondo dalla libreria interna di TikTok Ads ed il terzo vi collegherà ad una serie di template personalizzabili e con immagini e musica.

Ads per aziende

Effettuata la scelta dei contenuti non vi resterà che confermare il contenuto, terminata questa fase l’ultimo step sarà il collegamento al metodo di pagamento a voi più indicato.

immagini social 2020

Dimensioni immagini social 2020: Facebook, Instagram, Twitter e YouTube

  • Le nuove dimensioni delle immagini social 2020 per Facebook possono essere insidiose. Vediamo insieme landscape, portrait, square e immagini 3D;
  • Altre novità riguardano Instagram: formati dei post, immagini, stories e video che modificano l’impatto e il design;
  • Ottimizza la tua presenza anche su Twitter e YouTube con una copertina adeguata, immagini e video nei post.

 

I social network non smettono mai di evolversi per rendere l’esperienza utente sempre più piacevole e immersiva, al punto da diventare molto simili tra loro. Esistono, però, differenze sostanziali da notare, ed è questo il motivo per cui l’immagine utilizzata come copertina su Facebook potrebbe non essere adatta, per esempio, a YouTube.

LEGGI ANCHE: Dimensioni immagini social 2023: la guida aggiornata

Qui di seguito le dimensioni ottimali delle immagini social 2020 per Facebook, Instagram, Twitter e YouTube. Quelle consigliate sono disposte in modo ordinato, per riuscire a immaginare come appaiono nelle interfacce dei principali social network.

Facebook – Dimensioni immagini social 2020

immagini social 2020

Il “big brother” dei social network è in costante aggiornamento, per cui occorre fare attenzione a come usarlo – anche in termini di impatto visivo – per non risultare “old school” nel nostro digital marketing.

Anche se abbiamo già pronta un’immagine sorprendente, appena caricata sui social potrebbe apparire in modo totalmente diverso da come ce l’aspettavamo. Per questo, (almeno) una volta all’anno è buona regola accertarsi della presenza di eventuali variazioni che possono ostacolare la nostra brand awareness.

Foto profilo

Partiamo dalla classica foto profilo di Facebook. La foto presente sulla pagina Facebook aziendale vi rappresenta: meglio quindi preferire il solo logo alle foto, tranne che in alcuni casi particolari, per evitare l’effetto “cugino”.

Dimensione: 170 x  170 px (min.)
Dimensione di upload consigliata: 180 x 180 px
Grandezza massima: 100 KB
Aspect ratio: 1:1
Formato: JPG, PNG

Immagine di copertina

L’immagine di copertina può essere utilizzata per parlare di te su una pagina personale, o per raccontare il tuo brand. Una parte dell’immagine, però, scompare da mobile, “tagliando” di fatto i bordi laterali. Ecco perché è necessario calibrare bene il centro dell’immagine e i contenuti al suo interno, tenendo conto della porzione che sarà coperta dalla foto profilo.

Dimensione: 820 x 360 px
Aspect ratio: 16:9
Formato: JPG, PNG

La foto verrà visualizzata nei seguenti formati:
Desktop: 820 x 312 px
Smartphone: 640 x 360 px

Sulla copertina di Facebook è possibile caricare anche una serie di immagini (slideshow) o un video, rispettando ovviamente precisi canoni. Maggiori informazioni sono disponibili sulla guida ufficiale.

Evento Facebook

La scheda dedicata ad un evento aiuta a catturare l’attenzione e a renderla visibile al maggior numero di utenti. Quindi, anche qui, scegli attentamente l’immagine.

Dimensione consigliata: 1200 x 628 px
Aspect ratio: 16:9Formato JPG, PNG

Quando pubblichi su Facebook, preferisci sempre il formato PNG piuttosto che JPG, specialmente se le immagini contengono testi o loghi. Se vuoi utilizzare la promozione automatica del tuo post, verifica che il testo non occupi più del 20% dell’immagine, altrimenti Facebook non lo farà.

LEGGI ANCHE: Come creare una video copertina per la tua pagina Facebook

Immagini e video nel feed

Le immagini pubblicate nella bacheca o nel nostro feed di notizie possono essere condivise in 3 differenti formati:

  • Portrait post (selfie)
  • Square post (immagine quadrata)
  • Landscape post (immagine rettangolare o link condiviso)

Portrait post

Un’immagine verticale che viene spesso usata per mettere in risalto una o più persone, inquadrate da vicino nello scatto.

Dimensione consigliata: 1500 x 1200 px
Aspect ratio: 9:16
Formato: JPG, PNG

Square post

La classica immagine 1:1 non rischia mai di apparire tagliata o accorciata, perché Facebook la mostra nella sua interezza grazie alla sua ratio che resta sempre fissa (froma quadrata).

Dimensione consigliata: 1080 x 1080 px
Aspect ratio: 1:1
Formato: JPG, PNG

Non sai creare immagini 3D? Da pochissimo Facebook ha reso automaticamente disponibile questa funzione per creare effetti 3D con la riconversione automatica di foto 2D. Ti basterà caricare qualunque foto dal tuo desktop (con mappa di profondità) o smartphone, e poi utilizzare l’apposita opzione.

Landscape post

Un’altra tipologia di contenuto da condividere su Facebook è il link ad un contenuto esterno. Funziona come per l’immagine, e consente di visualizzare un’anteprima della pagina esterna. Quando si condivide un link, a volte possono sorgere problemi di visualizzazione. L’immagine di anteprima può avere margini grigi ai lati, oppure è tagliata o decentrata.

Per questo, una volta verificati i parametri impostati nel sito web da cui proviene il link (quando possibile), è bene usare il debugger di condivisione per evitare sorprese e migliorare la resa.

Dimensione consigliata: 1200 x 1500 px
Aspect ratio: 1.9:1
Formato JPG, PNG

Per quanto riguarda i video, invece:

  • Video nel feed
  • Facebook video ads

Ricorda che puoi pubblicare post anche allegando dei video con ampia durata.

Facebook Video

Dimensione consigliata: 1280 x 720 px
Dimensione minima: 600 px
Aspect ratio: 16:9 (landscape), 9:16 (portrait)
Grandezza massima: 4 GB
Formato: mp4, mov
Durata massima: 4h (240 min.)

Facebook Video Ads

Dimensione consigliata: 1280 x 720 px
Dimensione minima: 600 px
Aspect ratio: 16:9 (landscape), 9:16 (portrait)
Grandezza massima: 4 GB
Formato: mp4, mov
Durata massima: 4h (240 min.)

Facebook Stories

Le stories sono contenuti temporanei in formato verticale, visibili per 24h in cima alla tua homepage, che possono essere decorati in vari modi e arricchiti da link, adesivi, gif animate e molto altro.

Dimensione consigliata: 1080 x 1920 px
Dimensione minima: 500 x 500 px
Aspect ratio: da 1.91:1 a 9:16
Grandezza massima: 4 GB
Dimensioni per testo nell’immagine: 1080 x 1420 px (centrato)
Formato: JPG, PNG

Per i video da pubblicare nelle stories:
Formato consigliato: mp4, mov
Durata massima: 15 sec.

Instagram – Dimensioni immagini social 2020

Foto profilo

La foto del profilo Instagram viene visualizzata in alto a sinistra e sopra la biografia. Se cattura l’attenzione, attirerà più click su “follow”.

immagini social 2020, Instagram

LEGGI ANCHE: Dopo Instagram, Facebook e WhatsApp, in arrivo le Stories su LinkedIn

Dimensione minima: 180 x 180 px
Aspect ratio: 1:1
Formato: JPG, PNG

Instagram post

Square post
Dimensione consigliata: 1080 x 1080 px
Aspect ratio: 1:1
Formato: JPG, PNG, GIF

Portrait post
Dimensione consigliata: 1080 x 1350 px
Aspect ratio: 1:1.25
Formato: JPG, PNG

Landscape post
Dimensione consigliata: 1080 x 608 px
Aspect ratio: 1.91:1
Formato: JPG, PNG, GIF

Video per Instagram

Instagram Feed Video

Dimensione consigliata: 1080 x 1080 px
Dimensione minima: 600 x 600 (Square), 600 x 315 (Landscape), 600 x 750 (Portrait)
Aspect ratio: 1:1, 1.9:1, 4:5
Grandezza massima: 4 GB
Formato: mp4, mov
Durata massima: 1 min. (60 sec.)

Instagram Stories

Anche qui le stories possono contenere immagini o video e contenere link, approfondimenti all’interno di Instagram TV e perfino effetti AR.

Dimensione consigliata: 1080 x 1920 px
Dimensione minima: 500 x 500 px
Aspect ratio: 9:16
Grandezza massima: 4 GB
Dimensioni per testo nell’immagine: 1080 x 1420 px (centrato)
Formato: JPG, PNG

Per quanto riguarda i video nelle stories:
Formato consigliato: mp4, mov
Durata massima: 15 sec.

LEGGI ANCHE: In Italia arriva Twitter Fleet, la nuova funzione con post che scompaiono dopo 24 ore

Twitter – Dimensioni immagini social 2020

immagini social 2020, twitter

Famoso per i suoi brevi “cinguettii”, Twitter è spesso il social network che anticipa le notizie provenienti da brand e politici in forma di “brevi” dichiarazioni. Inoltre, è usato dalle aziende anche per fornire servizi di assistenza in tempo reale.

Foto Profilo Twitter

Anche su Twitter, la foto profilo è l’immagine centrale del tuo account, che apparirà molto spesso nello stream dei tuoi follower. Quindi, evita le immagini che appaiono poco riconoscibili nella miniatura. Se hai un brand, limitati a pubblicare il tuo logo, ben proporzionato.

Dimensione: 400 x 400 px
Aspect ratio: 1:1
Formato: JPG, PNG, GIF non animata

Immagine di copertina

L’immagine di copertina occupa uno spazio importante, al di sopra di tutti i tweet che pubblichi. Inoltre è reattiva, e appare più grande o più piccola a seconda dello schermo su cui la visualizzi. Per questo, è fondamentale che sia in alta definizione. Ma puoi sostituirla ogni volta che c’è una promozione in corso, un po’ come se fosse il “cartellone pubblicitario” del tuo profilo.

Dimensione consigliata: 1500 x 500 px
Grandezza fine massima: 10 MB
Aspect ratio: 3:1
Formato: JPG, PNG, GIF

Immagini e video nei tweet

Anche su Twitter puoi allegare foto ai tweet, e perfino aggiungere del testo alternativo per rendere le immagini facilmente accessibili a tutti gli utenti. Un tweet contenente un’immagine ha maggiore appeal rispetto a quelli con solo testo.

Le immagini vengono adattate allo schermo dell’utente. Assicurati che Twitter mostri la porzione di foto che vuoi rendere visibile, centrandola orizzontalmente.

Dimensione consigliata: 1200 x 675 px
Formato: JPG, PNG, GIF

Per i Twitter landscape video:
Dimensione consigliata: 1280 x 1024 px
Dimensione minima: 32 x 32 px (Square video)
Aspect ratio: tra 1:2.39 e viceversa 2.39:1
Grandezza massima: 512 MB
Formato consigliato: mp4 (web), mov (mobile)
Durata massima: 2,20 min. (140 sec.)

YouTube – Dimensioni immagini social 2020

immagini social 2020, youtube

E infine YouTube, il “Google” dei video. Qui l’impianto grafico è molto importante: attenzione soprattutto alle immagini che presentano i vostri canali e video brandizzati.

Foto profilo del canale

La foto profilo del canale (quella che compare anche sull’account del brand Google+ per G Suite) è molto simile a quella di Facebook: deve rappresentare il brand con un logo, foto riconoscibile o immagini rappresentative.

Dimensione: 800 x 800 px
Aspect ratio: 1:1
Formato: JPG, PNG

Immagine di copertina del canale

La visualizzazione dell’immagine di presentazione del canale varia sensibilmente su desktop, tablet e smartphone. Attenzione, quindi, all’anteprima visibile prima della pubblicazione.

Dimensione consigliata: 1546 x 423 px
Dimensione massima desktop: 2560 x 423 px
Dimensioni minime (per desktop e mobile): 1546 x 423 px
Visualizzazione Full TV: 2560 x 1440 px
Visualizzazione per tablet: 1855 x 423 px
Formato: JPG, PNG, GIF

Thumbnails

Le immagini di anteprima dei video determinano, nella maggior parte dei casi, un click immediato oppure lo “scrolling” indifferente dell’utente. Ecco perché è importante prepararle con cura, anche se YouTube consente di selezionare un frame del video come anteprima dopo averlo caricato.

Dimensione consigliata: 1280 x 720 px
Formato: JPG, PNG

YouTube Video

Dimensione consigliata: 1920 x 1080 px
Dimensione minima: 426 x 240 px (Landscape)
Aspect ratio: 16:9, 4:3
Grandezza massima: 128 GB
Formato consigliato: mp4, mov, avi, wmv, flv, 3gpp, webm
Durata massima: 12 h

Video Ads

Stai pensando di creare video ads? YouTube è sicuramente il tuo ambiente ideale. Assicurati di ottimizzare il formato, e il gioco è fatto. I tuoi video promozionali possono essere visualizzati prima del video ospitante (con la possibilità di “skippare” se non hanno breve durata), oppure al suo interno (mid-roll), o con altre modalità che potrai consultare sulla guida ufficiale.

immagini social 2020

Dimensione consigliata: 1920 x 1080 px
Dimensione minima: 426 x 240 px (Landscape)
Aspect ratio: 16:9, 4:3
Formato consigliato: mp4, mov, avi, wmv, flv, 3gpp, webm
Durata massima: 12 h (Skippable), 30 sec. (Mid-roll), 20 sec. (Non-skippable), 6 sec. (Bumper)

eCommerce 2019 e coronavirus

eCommerce: +17% nel 2019, ma il Coronavirus stravolge il settore

Il Coronavirus colpisce e modifica anche il mercato dell’eCommerce. È quanto emerge dal report E-commerce in Italia 2020 – Vendere online ai tempi del Coronavirus” della Casaleggio Associati, presentato questo pomeriggio durante un evento in streaming agli operatori del settore e al grande pubblico.

Giunta alla XIV edizione la ricerca ha analizzato i dati relativi alle vendite online nel 2019 che registrano una crescita del fatturato del 17% per un totale di 48,5 miliardi di euro.

Un focus è stato dedicato all’andamento del mercato negli ultimi mesi durante i quali l’obbligo di rimanere a casa ha portato a modificare fortemente le abitudini di acquisto in tutto il mondo. Il 54% delle aziende eCommerce intervistate, però, ha visto calare il proprio fatturato a causa del Coronavirus, mentre solo il 21% lo ha incrementato. Chi ha perso fatturato lo ha dimezzato, in media -54% del fatturato.

eCommerce in Italia 2019

Cosa racconta l’ultimo report sul mercato italiano

Il report, realizzato mediante l’elaborazione di studi e ricerche di mercato, articoli di attualità ed esperienza sul campo di Casaleggio Associati, nonché attraverso una survey online e interviste di approfondimento con alcuni dei principali operatori del mercato, ci dice che agli italiani acquistare online piace. Il 76% dei consumatori acquista da mobile, il 98% ha acquistato almeno una volta sui marketplace e oltre 31,6 milioni di persone nel 2019 hanno acquistato online da siti esteri, in particolare da Cina, UK, Stati Uniti e Germania.

“Da 15 anni l’e-commerce in Italia cresce a doppia cifra – spiega Davide Casaleggio, Presidente della Casaleggio Associati – ma negli ultimi mesi è stato registrato un calo fortissimo di transazioni in settori fino ad oggi dominanti online quali il turismo, a favore di altri fino a questo momento considerati marginali come l’alimentare che ha avuto una crescita a tre cifre. Ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale che durerà nel tempo e che modificherà fortemente l’economia e l’organizzazione del business di molte aziende oltre che la società intera. Se fino ad oggi era normale ricevere una pizza a casa, da oggi in poi sarà normale ricevere anche un cacciavite”.

eCommerce in Italia 2019 casaleggio associati

I dati

Le aziende eCommerce italiane che vendono all’estero sono state il 61% (+5% dallo scorso anno), mentre il 39% vende solo in Italia. La carta di credito è il mezzo di pagamento più diffuso (28%), seguita dai digital wallet (23%), dal bonifico (19%), dal pagamento alla consegna (17%), pagamento via mobile (7%) e altri per il 6%.

Nel 2019 il Tempo libero è stato il settore più importante per l’eCommerce (rappresenta il 42,7% del fatturato totale), seguito dal Turismo (25,6%). Il primo cresce del 21% rispetto all’anno precedente, mentre il turismo che è un settore maturo in termini di eCommerce del 7%. I centri commerciali rappresentano il 15,5% con una crescita del 25%.

Gli altri settori rappresentano tutti dati più bassi del 5% dello share e raggiungono complessivamente il 16,2% del totale del fatturato. Le Assicurazioni, che crescono del 4% in fatturato, rappresentano il 4,6% dello share. Salute e bellezza cresce del 27%, seguendo il trend dello scorso anno ma rappresenta ancora solo lo 0,4% sul totale. Casa e arredamento cresce del 25% e arriva a rappresentare lo 0,9% del totale. Alimentare cresce del 19%, grazie sia al food delivery che al largo consumo, e rappresenta il 3,1% del totale. Elettronica di consumo cresce del 17% (3,3% del totale), Moda cresce del 16% (2,1% del totale), Editoria dell’11% (1,8% del totale) dove più di un libro su quattro oggi viene venduto online.

Ma con l’avvento del Coronavirus tutto è cambiato e l’alimentare, con il suo 3,1% del totale del fatturato dell’eCommerce in Italia diventato il settore merceologico con più transazioni.

In crescita il settore Salute e Bellezza, soprattutto grazie al pharma, e l’Editoria, grazie ai contenuti in streaming. L’elettronica non si ferma e vede crescere in particolare gli acquisti di laptop, notebook, stampanti, e piccoli elettrodomestici, ma con scontrini più bassi. Il settore Moda subisce un impatto negativo dovuto alla mancanza di necessità del prodotto che impatterà su tutto l’anno. Il tempo libero sta subendo l’influenza della limitazione delle opportunità di gioco fisiche. Gli ordini di giocattoli sono aumentati considerevolmente, così come di accessori per gli hobby casalinghi o gli ordini di sex toys. L’acquisto di articoli sportivi è limitato, mentre il comparto eventi subisce un impatto fortemente negativo a causa della sospensione degli stessi. Fanalino di coda il turismo.

eCommerce in Italia 2019_coronavirus

L’emergenza Coronavirus per l’eCommerce in Italia

“Ma se la gente in questi mesi sta incrementando gli acquisti online, dall’analisi condotta da Casaleggio Associati su 58 operatori rappresentativi di tutti i settori merceologici, emerge che la maggior parte delle aziende non vede un miglioramento dei propri affari – spiega Davide Casaleggio – E chi ha incrementato il proprio fatturato fa fatica a stare dietro agli ordini con un +96% di incremento medio in settori come l’intrattenimento online e la formazione, o i negozi online di alimentari che da soli hanno visto un +300%”.

Le aziende eCommerce italiane hanno dovuto riorganizzarsi per gestire il momento critico. In particolare gli ambiti valutati più sotto stress sono legati all’organizzazione con lo smart working (31%), la logistica (27%) e l’approvvigionamento di prodotto (21%). Ma il tema che sembra inquietare anche chi ha visto un aumento delle vendite è la questione finanziaria, sia per uno scoraggiamento generale degli investitori che per una generale maggiore rigidità nei pagamenti per paura di non incassare da parte delle altre aziende con cui collaborano.

“L’esperienza Covid spingerà a ripensare i canali di comunicazione a partire dal ruolo dei social fino all’integrazione con un modello fisico digitale dei punti vendita – spiega Luca Eleuteri, Socio fondatore della Casaleggio Associati – Ci dovrà essere una spinta verso l’utilizzo di canali proprietari che oggi ha un peso del 50% sui fatturati rispetto ai marketplace più blasonati che sottraggono margine ai brand. Un equilibrio da trovare per le Piccole e medie imprese e i commercianti tra investimenti per incrementare la visibilità del prodotto attraverso la presenza sui social e margine da cedere ai marketplace”.

linkedin employee branding

Come sostenere i dipendenti e rafforzare la presenza del brand su LinkedIn

  • La presenza e visibilità digitale dei propri dipendenti è percepita come la reale estensione di un’azienda;
  • L’avvio di un’attività di Social Selling che includa l’intero team, può rivelarsi un’azione più che vincente. Formidabile.

 

Su LinkedIn i dipendenti sono la tua arma in più: ecco la rivoluzione social. Coinvolgere i tuoi dipendenti a sviluppare ed ottimizzare i loro profili social può rivelarsi un’ottimo modo per rafforzare una brand reputation coerente e vincente, agli occhi di tutti. Specialmente se ciò avviene all’interno della piattaforma professionale per eccellenza.

La presenza e visibilità digitale dei propri dipendenti, anche su Linkedin, è percepita come la reale estensione della tua azienda. Può inoltre rappresentare un campo fertile per sviluppare anche il cosiddetto Talent Brand, coinvolgendo, così, nuovi follower della pagina aziendale e migliorando anche la diffusione di eventuali offerte di lavoro.

Il concetto è ben riassunto da Mark Burgess, speaker TEDx ed autore di The Social Employee. Grazie anche al supporto della moglie Cheryl, descrivono tutto ciò attraverso il configurarsi di una vera e propria rivoluzione social: “Con la trasparenza e la possibilità delle connessioni personali, offerte dai Social Media, tentare di vendere con promozioni costruite e non autentiche non funziona più. Stiamo invece assistendo alla crescita di un team social che crea e offre al cliente una proposta win/win facendo leva sul suo personal branding per creare fiducia ed aumentare la superficie digitale del brand per cui lavora”.

LEGGI ANCHE: Come ottimizzare il tuo profilo LinkedIn (ed essere premiato dall’algoritmo)

I dati che fanno riflettere

Oggi, il messaggio più “socialmente credibile” è quello su misura, quello personale e che proviene da una fonte attendibile. Ha più valore, dati alla mano, l’intera forza lavoro, non includendo i vertici aziendali o del dipartimento marketing. Ecco di seguito alcuni studi che confermano ciò:

  • già nel 2015 Edelman Trust Barometer riscontrava che i consumatori hanno il doppio delle probabilità di fidarsi di un dipendente rispetto al CEO o alla relativa agenzia di PR.
  • Lo stesso studio, nel 2018, che trova ancora oggi un continuo e crescente riscontro, ha confermato come le voci più autorevoli all’interno di un’azienda, stanno riguadagnando credibilità.
  • Secondo il Pew Research Center, i dipendenti, quelli più fidati, hanno una media di 634 persone nei loro canali social media che sono potenzialmente “influenzabili”.
  • Uno studio di Dell ha rilevato, inoltre, come il 90% della audience social di un dipendente è solitamente nuovo per il brand.
  • Ogni dipendente riflette un potenziale di 570 nuovi collegamenti alla tua azienda.

Andiamo oltre… L’avvio di un’attività di social selling che includa l’intero team, può rivelarsi un’azione più che vincente. Formidabile.

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LinkedIn

Coinvolgi il tuo team e spiega i reali vantaggi

In questa strategia aziendale gli sforzi ripagheranno tutti. Dapprima il brand, ma di conseguenza anche i dipendenti.

Ecco i cinque motivi concreti da spiegare ai dipendenti. La migliore chiave verso il successo aziendale è dimostrare, dapprima ai tuoi dipendenti, che grazie alla loro partecipazione più attiva in ambito social media e la relativa ottimizzazione dei propri profili LinkedIn potranno:

  1. avere più valore all’interno di un network professionale che riconosca il loro ruolo di esperti;
  2. rafforzare ed incrementare la propria autorevolezza;
  3. fungere da magnete per altri esperti di talento che potrebbero unirsi al team;
  4. assorbire nuove competenze ampliando la rete di contatti;
  5. supportare l’attività di caring e risolvere i problemi ai clienti, elevando la notorietà ed il consenso positivo verso il brand.

Ancora oggi, purtroppo, in numerosi casi i profili dei manager dei brand non sono allineati sulle potenzialità di LinkedIn dato che lo percepiscono solo come l’ennesima attività all’interno dei loro plan settimanali. Insomma, un mero refresh delle proprie abilità ed esperienze.

Ecco, quindi, che presentare e spiegare loro gli innumerevoli vantaggi di un’ottimizzazione concreta dei propri profili, premiandone gli sforzi e riconoscendo loro anche un premio in taluni casi, può rivelarsi efficace per il successo aziendale e del singolo che, oggi come non mai, risulta essere di gran lunga migliore e facile da intuire e gestire, grazie alla digital transformation: essa mette a disposizione, ogni giorno, nuovi strumenti per facilitare tutto ciò.

twitter brand consumatori covid

Cosa si aspettano in questo momento i consumatori dai brand, secondo Twitter

  • Il 64% degli utenti statunitensi intervistati da Twitter afferma che i brand dovrebbero continuare a sponsorizzare i loro prodotti;
  • Secondo i dati proporzionati da IAB invece un brand su quattro ha messo in pausa tutta la pubblicità per la prima metà del 2020;
  • Anche Facebook ha riferito che l’89% degli inserzionisti ha modificato i budget allocati all’advertising sulla piattaforma.

 

La situazione senza precedenti che stiamo vivendo a causa della pandemia di Covid-19, che ha contagiato quasi 5 milioni di persone in 90 Paesi in tutto il mondo, ha sconvolto la vita di tutti.

Ci troviamo un momento di incertezza che sta avendo un forte impatto negativo sull’economia mondiale, in cui molte aziende (anche le più grandi) si sentono spaesate e sono alla ricerca di indicazioni su come modificare la propria strategia di comunicazione per adattarsi al contesto. 

Per aiutare le imprese a superare tutte le complessità del caso numerose piattaforme, come Global Web Index e Hootsuite, hanno pubblicato svariate analisi degli scenari post-Covid, dando ai brand indicazioni specifiche sul cambiamento del comportamento dei consumatori negli ultimi mesi.

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Anche Twitter si è attivato per aiutare i brand in tempo di crisi

Prima di tutto, la piattaforma ha aggiornando la sua politica pubblicitaria aggiungendo delle limitazioni per quanto riguarda gli advertising che fanno riferimento all’emergenza.

Nello specifico, Twitter ha vietato la sponsorizzazione di contenuti contenenti riferimenti sgradevoli al Coronavirus o messaggi che potrebbero suscitare il panico tra gli utenti; poi ha iniziato a controllare i prezzi di vendita dei prodotti correlati al virus, per evitare che vengano gonfiati.

Inoltre, la piattaforma ha condotto un sondaggio negli Stati Uniti per capire come reagiscono gli utenti nei confronti ai contenuti pubblicitari che stanno vedendo su Twitter in questo periodo di crisi sanitaria. Vediamo quali dati hanno raccolto.

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twitter sul covid-19

Il 64% degli utenti afferma che i brand dovrebbero continuare a sponsorizzare i loro prodotti

Scommettiamo che questo primo dato vi lascia un po’ basiti, perché probabilmente la maggior parte dei marketer si immaginava una percentuale totalmente diversa.

Ma non è solo Twitter a sostenere questa teoria. Secondo uno studio condotto da Kantar, addirittura il 92% delle persone intervistate pensa che le aziende dovrebbero continuare a fare pubblicità durante l’epidemia. Sembra infatti che per la metà degli intervistati, vedere o ascoltare annunci pubblicitari doni loro un senso di “normalità”.

Attenzione, perché questo non vuol dire continuare a “comunicare normalmente” facendo finta che nulla sia cambiato. Ovviamente gli utenti si aspettano che il tono di voce e i messaggi veicolati dai brand comincino a ruotare attorno a valori differenti.

Infatti, il 78% dei consumatori crede che i marchi dovrebbero aiutarli ad affrontare la “nuova normalità” utilizzando toni rassicuranti e offrendo loro una prospettiva positiva e ottimista rispetto al futuro.

Ad esempio, dalla ricerca emerge che le nuove strategie di comunicazione di brand come IKEA (concentrate sull’importanza della casa) o di Nike (a supporto delle decisioni governative e delle organizzazioni sanitarie) sono state particolarmente apprezzate dagli utenti.

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Il 77% degli utenti apprezza le aziende che si sforzano di sostenere la società

I brand che si impegnano per fornire supporto alla comunità, ai governi, al personale sanitario, alle piccole attività, sono quelli che riescono a stabilire una connessione diretta e vera con i propri consumatori.

Ma cosa si aspettano, in concreto, gli utenti?

  • L’82% degli intervistati afferma che i marchi dovrebbero supportare in prima linea il personale sanitario, ove possibile, mentre l’86% chiede un aiuto concreto nei confronti delle persone vulnerabili all’interno delle loro comunità;

  • L’89% pensa che i marchi dovrebbero fornire informazioni affidabili e accurate, come ad esempio comunicare quali azioni hanno intrapreso internamente a supporto dei propri dipendenti (80%).

  • Il 70% invece chiede ai brand di fornire un servizio clienti più rapido e preciso.

Non solo Twitter: qual è la strategia migliore da seguire in base ai dati?

Non si tratta di opportunismo, ma bisogna ammettere che in uno scenario simile, le opportunità da cogliere da parte dei brand sono numerose e differenti.

Prima di tutto, la concorrenza nel mercato pubblicitario è diminuita drasticamente, in quanto secondo i dati proporzionati da IAB un brand su quattro ha messo in pausa tutta la pubblicità per la prima metà del 2020.

Anche Facebook ha riferito che l’89% degli inserzionisti ha modificato i budget allocati all’advertising sulla piattaforma, o spostato gli investimenti su altri tipi di media, in risposta alla crisi del Covid19. 

Tutto questo in uno scenario dove i dati raccolti da Gupta Media mostrano che il CPM di Facebook è recentemente sceso sotto i $2 per la prima volta nella storia dell’azienda.

Che cosa vuol dire? Che in questo momento raggiungere un pubblico più vasto sulla piattaforma di Zuckerberg costa meno che mai, poiché allo stesso tempo l’utilizzo del Social Media è ai massimi livelli.

In conclusione, l’utilizzo delle piattaforme digital è aumentato mentre la concorrenza tra inserzionisti è diminuita. Per le aziende che sono in grado di sostenere le spese pubblicitarie, questo potrebbe essere un ottimo momento per spingere campagne di branding, per aumentare i livelli di awareness e di notorietà del brand.

L'evoluzione delle Personas al tempo del Coronavirus

L’evoluzione delle Personas al tempo del Coronavirus

  • GroupM ha realizzato un progetto per disegnare un framework che possa servire sia come strumento di analisi, che come strumento di pianificazione e di misurazione della comunicazione;
  • Il report racconta le reazioni degli ultimi due mesi degli italiani che navigano in rete, e giunge alla definizione di quattro macro-aree e di sette personas.

 

Il virus, la pandemia, il lockdown. Il tempo che stiamo vivendo ci ha insegnato che non è più possibile ragionare attraverso le categorie tradizionali, tanto nella politica quanto nell’economia e di conseguenza anche nel marketing e nella comunicazione.

L’emergenza da COVID-19 ha creato nuove differenze, definendo uno scenario che può essere affrontato solo a partire da un quadro generale, una visione che aiuti a semplificare la complessità delle reazioni umane senza banalizzarla.

Proprio in quest’ottica GroupM ha realizzato un progetto il cui obiettivo non è solo ottenere nuove informazioni, quanto mettere in prospettiva l’enorme mole di dati che vengono prodotti ogni giorno, per disegnare un framework che possa servire sia come strumento di analisi, che come strumento di pianificazione e di misurazione della comunicazione.

In concreto, questo report racconta le reazioni degli ultimi due mesi della popolazione italiana maggiorenne che naviga in rete, e giunge alla definizione di quattro macro-aree e di sette personas, che descrivono come stanno reagendo gli italiani alla crisi attuale.

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Personas al tempo del Coronavirus

Le Personas dopo al tempo del Coronavirus

I Protector – sono 11,8 milioni (rappresentano il 28,8% della popolazione online)
Il tema che li guida è garantire la sicurezza personale e dei propri familiari da un punto di vista sanitario. Non contagiarsi, non ammalarsi.

I Defender – sono 9,5milioni (rappresentano il 23% della popolazione online)
Sono preoccupati di dover difendersi dai pericoli (reali e immaginari, che spesso sono ancora più profondi) che stanno insorgendo e che possono insorgere dal punto di vista sociale ed economico. Oltre che sanitario.

Gli Escapist – sono 6,4 milioni, (rappresentano il 15,6% della popolazione online)
Tendono ad usare il tempo della crisi per trovare tempo per sé stessi ed approfondire i propri interessi e le proprie passioni.

I Calm Keeper – sono 4,9 milioni, (rappresentano il 11,9% della popolazione online)
Non lasciarsi travolgere dalle emozioni e ricostruire una nuova normalità, un equilibrio psicologico innanzitutto, è la loro priorità.

I Committed – sono 4,1 milioni, (rappresentano il 10,1% della popolazione online)
Sono quelli che non si sono mai fermati e si sono dati da fare per trovare soluzioni per sé (lavoro), per i figli (studio) e per la vita quotidiana.

I Communitarian – sono 2,1 milioni, (rappresentano il 5,2% della popolazione online)
Preoccuparsi, fare qualcosa di concreto per gli altri, non lasciare indietro nessuno: questi i loro obiettivi

I Surrender – sono 2,2 milioni, (rappresentano il 5,4% della popolazione online)
Sono i sommersi, coloro che sono andati sott’acqua, sono sprofondati in una zona oscura. Una precisazione su quest’ultimo segmento. Anche se le cifre sono destinate a cambiare di mese in mese, Istat dichiarava nel 2019 (dati 2018) che gli italiani in condizioni di povertà assoluta erano 14 milioni di cui 5 sotto soglia di povertà assoluta (dati ISTAT 2019). 2 milioni di Surrender sono solo la punta dell’iceberg, ovvero la parte di persone in difficoltà che può essere intercettata con uno strumento come questo, ovvero con una ricerca sulla popolazione online. Se teniamo ferma la cifra ISTAT all’appello mancano più di 10 milioni di persone, persone “digitalmente invisibili”.

Personas al tempo del Coronavirus

Le quattro aree in cui si muovono le nuove Personas

Le sette diverse Personas si posizionano all’interno di un contesto caratterizzato da due dimensioni: l’asse temporale che indica la prospettiva di uscita dalla fase più acuta della crisi. In particolare, risponde alla domanda se usciremo da questa fase prima o dopo l’estate. Una dimensione più di speranza che fa riferimento alla fiducia nella capacità delle istituzioni di governare la situazione.

Si delineano così quattro macro-aree, “abitate” con attitudini diverse dalle sette Personas, per raggiungere le quali le aziende devono adeguare la propria comunicazione scegliendo nuovi messaggi, tone of voice, mezzi e strumenti.

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Personas al tempo del Coronavirus

1. L’avanguardia

È quella dove si trovano i Communitarian schierati – come in una frontiera – nel ruolo di messaggeri della fine della crisi.

Rappresentano la parte più attiva della GenX. Sono coloro che si sono dati da fare concretamente per aiutare persone in difficoltà: tra loro, ad esempio, c’è chi ha fatto la spesa e chi ha raccolto e distribuito computer e tablet ai ragazzi più poveri per seguire le lezioni scolastiche. Sono molto fiduciosi sulla possibilità di chiudere la fase più acuta della crisi in tempi brevi e danno un giudizio positivo su come si stanno comportando le istituzioni pubbliche.

Sono anche tra coloro che, per primi, potrebbero riprogrammare i piani futuri di un ritorno alla normalità. Quello che li spinge così avanti nella speranza è la convinzione che “ci si salva tutti assieme”, un sentimento molto importante per bilanciare coloro che, invece, sono rimasti intrappolati nella paura e nello scoraggiamento.

Rispetto agli altri segmenti hanno ridotto la fruizione della cronaca più allarmistica, poco vicina alla loro sensibilità e alla loro attitudine pratica. Sono il target ideale ed aspirazionale delle tante comunicazioni valoriali presenti oggi su tutti i media, messaggi legati alla visione collettiva e di lungo periodo.

2. Il Mainstream

Attivo, popolato in maniera più articolata, da Calm keeper, Committed e Escapist, che valgono in totale 15,4 milioni di persone. Ognuno di questi profili esprime un diverso progetto per affrontare la crisi, tre modi differenti di stare nella situazione senza subirla.

I Calm keeper fin dalle prime fasi della pandemia hanno cercato di non farsi travolgere dagli eventi per conservare o ritrovare il senso di una nuova quotidianità. Il loro mantra è: “preoccuparsi oltre il necessario rende la vita ancora più difficile”. Si tratta di Boomer anziani e Senior evoluti con istruzione elevata, che vivono soprattutto in provincia.

Condividono con i Communitarian la fiducia in una fine rapida della crisi ma sono più pessimisti sulla tenuta della società nelle fasi successive all’emergenza, perché grazie alla loro età e alla loro esperienza ne hanno viste tante e anche se, alla fine, se la sono cavata ricordano ancora le ferite e le cicatrici del passato. Facendo di necessità virtù, molti di loro hanno iniziato ad acquistare online, colmando il digital gap rispetto alla popolazione più giovane. Per non perdere la loro immunità psicologica e non essere sovrastati dall’infodemia anche loro, come i Communitarian, si sono schermati da un’esposizione eccessiva ai media, in particolare dalla cronaca che enfatizza troppo gli aspetti allarmistici e sensazionalistici. Proprio per questo è importante rivolgersi a loro usando una comunicazione e dei toni pacati e realistici.

Personas al tempo del Coronavirus

I Committed, giovani adulti (25-34 anni), prevalentemente uomini, metropolitani e di istruzione e livello socioculturale superiore. Il loro tema è essere proattivi e trovare soluzioni. Sono la parte più giovane e intraprendente della popolazione, pieni di energia e mentalmente aperti. Hanno reagito alla crisi attrezzandosi attraverso le tecnologie digitali per il lavoro o per lo studio dei figli e sono diventati il popolo dello smartworking e dell’e-learning evoluto. Sono l’immagine di un’Italia che ha saputo stare al passo con l’innovazione. Sono tra quelli che dall’inizio della crisi hanno ridotto di più i loro acquisti fisici, incrementando ancora di più lo shopping online. Hanno utilizzato i servizi di food delivery anche per fare la spesa e sono tra i maggiori sottoscrittori di servizi d’intrattenimento. Il loro mondo mediale è dominato dal video: TV tradizionale, streaming, siti. Per comunicare con loro è importante bilanciare valori d’immagine e soluzioni pratiche che aiutano a ripensare le nuove condizioni di vita, usando un tono di voce concreto e positivo.

Gli Escapist, che hanno approfittato della quarantena per dedicare ancora più tempo alle proprie passioni e interessi. Sono il gruppo più giovane. Si sono ritagliati una sorta ambiente-nido alternativo al mondo di fuori. Per questa ragione sono tra i meno preoccupati per la situazione e hanno maturato, al limite, una sorta d’indifferenza. Abituati a mangiare spesso fuori casa prima della crisi, molti di loro hanno dovuto abituarsi a cucinare tra le pareti domestiche incrementando gli acquisti di beni di prima necessità. Sono i massimi consumatori d’intrattenimento in tutte le sue forme: film in TV, YouTube, Netflix, Amazon Prime.

Sono il core target di social, Instagram in particolare, e sono anche il pubblico ideale degli influencer e degli Youtuber, del gaming, degli eventi digitali su piattaforma. Per comunicare con loro è fondamentale costruire relazioni leggere e ludiche, evitando messaggi drammatici e presidiando l’intrattenimento.

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Personas Coronavirus

3. Il Mainstream

Passivo, un’area in cui prevalgono le emozioni negative e le preoccupazioni. La crisi è vista soprattutto come qualcosa che si subisce. Qui troviamo i Protector e i Defender.

I Protector sono prevalentemente donne, di età centrale e anziana, più concentrate nei piccoli centri. Il loro tema principale è seguire tutte le precauzioni possibili dal punto di vista sanitario per proteggersi e tenere in sicurezza se stessi e i propri cari. Sono i più assidui nelle pratiche igieniche, evitano ogni mezzo di trasporto pubblico e il contatto con gli oggetti nei luoghi comuni. Sanificano la spesa dopo essere rientrati dal supermercato e disinfettano spesso le superfici di casa. Il livello di paura e di preoccupazione verso il contagio è tra i più elevati. L’ansia e la paura li rende molto critici verso le istituzioni e vedono l’uscita dalla crisi molto in là nel tempo. Hanno incrementato gli acquisti di prodotti per la cura e la salute sia on che offline e di alimentari nei negozi fisici. Sono il pubblico dei media generalisti e sono uno dei target elettivi dell’infodemia. Proprio per questo, hanno un’alta esposizione mediale e hanno grande bisogno di soluzioni pratiche e rassicuranti sulla soluzione dei problemi quotidiani.

I Defender, profilo adulto con una presenza massiccia di anziani e una maggiore concentrazione nel Nord e nei centri più grandi. La loro preoccupazione fondamentale è difendere sé stessi e i propri casi da ogni rischio e pericolo economico e sociale, oltre che sanitario. Non sono tra le persone più in difficoltà, ma hanno una gran paura di trovarcisi: il loro livello di paura è il più elevato e la fine della crisi è proiettata molto in là nel tempo. Hanno costruito delle trincee che presidiano e nelle quali si sono attrezzati per resistere a lungo, facendo ad esempio scorte significative di beni di prima necessità, soprattutto nei negozi fisici. Sono il pubblico ideale dell’infodemia e da quando è iniziata la crisi hanno incrementato in modo significativo il consumo di tv, in particolare di news e di Facebook.

Come per i Protector, sono un pubblico sovraesposto ai media che cerca praticità, concretezza e rassicurazioni sulla soluzione dei problemi e sulle procedure di sicurezza e trasparenza.

L'evoluzione delle Personas al tempo del Coronavirus

4. La Zona buia

È l’area della paura, dello sconforto e dell’impotenza, popolata da coloro che non hanno né mezzi, né risorse per andare avanti.

Qui si trovano i Surrender. Questa ricerca ne conta solo 2 milioni di persone perché il campione è stato reclutato con interviste online. Ma di fatto sono solo la punta dell’iceberg degli oltre 10 milioni di italiani in condizioni di povertà.

Quella parte dei Surrender che è stato possibile intervistare è rappresentata prevalentemente da adulti, in maggioranza donne, di età trasversale, disoccupati o separati o divorziati delle medie città e dei piccoli centri. Una minima parte dei precari che, già fragili e in difficoltà prima della crisi, sono stati letteralmente travolti. Non hanno nessuna fiducia nel futuro e sono decisamente ostili alle istituzioni. Impauriti e sfiduciati, tendono a isolarsi e a sopravvivere. Sono quelli che hanno attinto alle loro già scarse riserve per fare scorte di beni di prima necessità. E, rispetto alla media, hanno ridotto anche il consumo di tutti i media (TV, digital, notizie, intrattenimento) entrando in una sorta di isolamento. Per questo è fondamentale cercare di rassicurarli e di raggiungerli con offerte, agevolazioni, promozioni. Se possibile in collaborazione con le istituzioni e le iniziative dei leader di mercato.

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L'evoluzione delle Personas al tempo del Coronavirus

Verso la Fase 2

Allo stato attuale i segmenti che potrebbero crescere di più nel breve periodo sono quello dei Protector e dei Calm Keeper. I primi sono predittivi dell’intenzione di mantenere le abitudini prese durante la fase di emergenza; i secondi esprimono la necessità di recuperare una qualche forma di equilibrio dopo la fase iniziale.

Tutto questo in uno scenario nel quale l’orizzonte temporale di uscita dalla fase acuta della crisi si sposta oltre l’estate e la fiducia nella tenuta del clima sociale è in calo.

“Nonostante il momento che stiamo vivendo, la maggior parte della popolazione continua a chiedere di non fermare la comunicazione commerciale – commenta Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italia. Questo dipende dalle funzioni fondamentali della comunicazione: identificazione e orientamento, delle quali le persone oggi hanno più che mai bisogno. Una lettura integrata di tutti questi elementi ci consentirà di definire l’evoluzione dei prossimi mesi. E la prima cosa che capiremo riguarda la profondità e l’impatto delle abitudini prese durante la quarantena. Per comprendere se queste abitudini sono destinate a volatilizzarsi, persistere (ma solo per il periodo della crisi), diventare definitive o per capire quali nuovi e inaspettate reazioni potrebbero sorgere”.

Tutto il Marketing che Verrà

Tutto il Marketing che verrà

  • Nonostante tutto, i clienti e i consumatori non sono spariti, né si sono eclissati; più semplicemente sono sul divano
  • Nella società dei consumi la percezione dell’essere consumatori è diventata tratto caratterizzante delle nostre identità
  • La sfida che si apre ai professionisti di Marketing non è sul what, ma sull’how

 

Buone notizie da Covid-19

Se questo fosse stato un blog post, avresti avuto tutte le migliori ragioni per criticare il titolo che ho dato al paragrafo, troppo simile all’esca del click baiting usata ancora da tanti (sedicenti) giornalisti e writer. In effetti, Covid-19 non porta quasi mai buone notizie, anzi. Piuttosto, porta notizie meno negative.

Se c’è una cosa che la storia delle pandemie e delle crisi insegna, e che gli analisti (in primis, finanziari) ci stanno ripetendo in continuazione dagli inizi, è che anche lo stress di Covid-19 finirà. Questa è in realtà una prima buona notizia, e dobbiamo prepararci a quello, dopo ben più di 40 giorni chiusi in casa o comunque molto limitati nella nostra quotidianità. Dobbiamo prepararci come persone, ma anche come professionisti. Se poi lavoriamo nel marketing, questa preparazione non è solo importante ma essenziale.

E qui, sta una seconda buona notizia: nonostante tutto, i clienti e i consumatori non sono spariti, né si sono eclissati; più semplicemente sono sul divano, stanno probabilmente vivendo un periodo di maggiori ristrettezze economiche, vivono una giornata diversa che richiede nuovi punti e modalità di contatto.

A proposito, ti consiglio l’ottimo e ricco osservatorio globale di McKinsey con dati legati a cosa stanno provando e a come si stanno comportando i consumatori. Anche perché nella società dei consumi dove in Italia viviamo da tempo, proprio la percezione dell’essere consumatori e consumatrici è diventata tratto caratterizzante delle nostre identità. Consumo dunque sono, ci avrebbe ricordato il grande Zygmunt Bauman. Immaginiamo le attuali economie a maggior tasso di crescita, come quelle asiatiche: appena i consumatori cinesi hanno potuto uscire nuovamente di casa, hanno dato vita al fenomeno del revenge spending, ovvero della spesa rabbiosa e senza sosta, dopo settimane di forzature e ristrettezze imposte. Per la felicità di brand del luxury come Hermès, che nella sola boutique di Canton e nel solo giorno di riapertura dopo il lockdown ha fatturato la bellezza di 2.7 milioni di dollari (che in euro, sono 2.5 milioni).

Dunque, Covid-19 finirà e i consumatori esistono ancora. Già queste mi sembrano due belle notizie, in mezzo a tante difficoltà. La sfida che si apre ai professionisti di marketing non è dunque sul what, ma sull’how: come leggere il mondo che verrà?

La marketing personas di Covid-19

Da professionisti, un esercizio utile che possiamo fare (e che personalmente ho fatto più volte) per dare forma e sembianze al Covid-19 è antropomorfizzarlo.

L’antropomorfismo è l’attribuzione di caratteristiche e qualità umane ad esseri animati o inanimati o a fenomeni naturali o soprannaturali.

Antropomorfizzare, nel marketing, è un fenomeno comune e con una lunga storia di ricerche e progetti alle spalle: lo si fa, per esempio, per dare ai brand maggiore concretezza e poterne comunicare meglio l’identità. I ricordi personali più vividi riportano alla memoria personaggi come Bibendum (l’Omino Michelin) o le forme umane (anche se comunque idealizzate) dei profumi La Femme e Le Male dello stilista Jean-Paul Gaultier.

Tutto il Marketing che verrà

Ecco, proviamo adesso a fare lo stesso esercizio con il Coronavirus e chiediamoci: se fosse una persona, come sarebbe a livello di tratti, personalità, fisico?

E allora, Covid-19…

  1. è straniero (Cinese)
  2. viene da zone periferiche, di mercati e mercanteggiamenti
  3. è solitario
  4. è magrolino e snello
  5. [in modo contro-intuitivo rispetto al punto 4] è molto forte
  6. non solo è forte. Ha una forza esplosiva e contagiosa
  7. è dunque e in qualche modo irresistibile
  8. è infido, sempre pronto a colpire (fatalmente) alle spalle
  9. [per tutti i motivi sopra] è totalmente inaffidabile

Come ben segnalato dall’amico, collega e co-autore Joseph Sassoon nell’articolo “Fighting the Unknown: The Powerful Symbolism of the Coronavirus Crisis”, un’ulteriore caratteristica di Covid-19 deve fare riflettere: il nome. Riporto testualmente il suo pensiero:

When magnified, with its ‘corona’ (crown) it appears at the same time beautiful and horrific.

Coronavirus’, in effetti, è un nome esplosivo e altisonante. Regale e killer allo stesso tempo.

Brand new world

Quando ero studente in business school, mi aveva affascinato molto il titolo di un libro: si chiamava e si chiama ancora Brand New World, lo ha scritto Nello Barile nel 2009 per l’editore Lupetti. Un gioco di parole chiaro su come già allora il modo di pensare e progettare i brand stesse cambiando, rinforzato da un’altra riflessione più recente pubblicata su Advertising Week dall’ex docente di Harvard e imprenditore Erich Joachimsthaler: “It’s a Brand-New World When It Comes to Building Brands”.

Oggi più che mai, dobbiamo ripensare il nostro marketing tenendo conto di tale nuova personas appena discussa. Una personas che in tanti dicono rimarrà nella nostra testa e nelle nostre abitudini, anche dopo questi mesi difficili.

Come possiamo rispondere? Vincenzo Cosenza ha prodotto una matrice del marketing emergenziale utile per iniziare a posizionare il comportamento dei business al tempo del virus in funzione dello stato psicologico del management e dell’approccio al marketing.

Tutto il Marketing che verrà

Più nel concreto, servirà una trasformazione del marketing e del business: personalmente, parlo proprio di marketing transformation. Anche perché nel 2003 era la Sars, nel 2008 la crisi finanziaria e nel 2020 Covid-19: dobbiamo diventare resilienti e innovativi by design: quel mondo VUCA (volatile, uncertain, complesso, ambiguo) su cui ci hanno tanto stressato nel tempo, è arrivato ed è qui per restare. Da dove puoi e possiamo partire?

A mio avviso, sono tre i principali paradigmi trasformativi su cui come Marketing Expert dobbiamo iniziare a lavorare.

1. Dal journey delle persone, al journey per le persone

Customer journey dinamici, social, digital, consumer decision journey: tante parole scritti da tanti (a memoria, McKinsey, Altimeter, Jeremiah Owyang, Brian Solis, …) che indicano una profonda e crescente difficoltà nel tempo da parte delle aziende di mappare e disegnare percorsi di marca e di interazione con le audience davvero efficaci. Troppo touchpoint, troppa volatilità nelle preferenze, troppa poca fedeltà alla marca o al prodotto.

D’altronde, con un semplice gioco di lettere il futurologo Brian Solis su Instagram mostra come, aggiungendo una ‘s’ possessiva alla parola customer journey, passiamo a un sorprendente customer’s journey. Appunto, a un journey quasi posseduto dalle persone, senza possibilità alcuna per le aziende di governarlo o almeno orientarlo. Covid-19 sta digitalizzando la società e l’economia, e alla base del digitale sta il dato.

Non abbiamo più scuse: la relazione tra marketing, data management e tecnologia è ormai molto forte. Gianluigi Zarantonello ne ha scritto anche un libro per la collana che dirigo in FrancoAngeli: si chiama Marketing Technologist. Dobbiamo rinforzarla e rinforzare le competenze su tutti e tre i domini, perché solo grazie al dato e alla corretta strategia tecnologica a suo fondamento possiamo tornare in possesso del customer journey, e possibilmente anticiparlo per deliziare i clienti. Clienti che proprio oggi stanno facendo ampio utilizzo di Amazon, delle piattaforme di food delivery e di altri player densi di tecnologia, i quali applicano a dovere questo triage sin dalla loro nascita. Non pensare che, dopo due mesi abbondanti passati così e il mondo nuovo che sta nascendo, accetteranno ancora di fare la fila alle poste.

2. Dall’omnicanale, al policanale

L’idea del policanale non è mia, per sfortuna. L’ha proposta l’evangelist italiano Ivan Ortenzi in un talk online che puoi ritrovare su YouTube, ed è molto interessante: semplicemente, nel dopo Covid-19 e per un po’ di tempo possiamo scordarci l’omnicanalità, perché alcuni canali non li vorremo vedere o faremo fatica a farlo. Pensa a tutto il mondo del retail fisico e degli store, quanta fatica farà. Si parla di distanze minime di 2 metri, di sterilizzazione dei capi di abbigliamento una volta che vengono provati dai potenziali clienti, di chiusura prolungata dei luoghi più a rischio diffusione del virus come le palestre e i cinema. Hai visto gli spoiler billboard, l’idea proposta da due studenti della Miami Ad School di Amburgo di tappezzare le città di manifesti con spoiler eclatanti delle più popolari serie Netflix per far desistere le persone dall’uscire e contribuire alla prevenzione del Coronavirus? Ecco: trovo renda molto bene l’idea. Omnicanalità, adieu.

Al contrario, i touchpoint dovranno essere attentamente identificati e selezionati, il budget ottimizzato e gestito sempre più in tempo reale, e nuovi modi di contatto ora futuristici per certi mercati – penso ad AR, VR, AI Assistant, tecnologie olografiche – diventeranno la realtà. A proposito, ti consiglio il report prodotto da Futurum e SAS sulla customer experience 2030, ricco di suggestioni che stanno per arrivare a partire da una ricerca globale su un campione di più di 4.000 rispondenti equamente suddivisi tra brand e consumatori.

3. Dai touch point, ai trust point

Quando parliamo di canali e touch point, parliamo di contesto: conoscerlo è di grande valore, ma bisogna prestare molta, molta attenzione alle insidie legate alla privacy e alla tutela del dato che lo abilita. Soprattutto sui mercati europei protetti da GDPR.

L’edizione 2020 del Trust Barometer, il report che l’agenzia di relazioni pubbliche Edelman dedica annualmente alla misurazione della fiducia, riporta alcuni risultati per me impressionanti. Su tutti, l’attesa da parte dei consumatori che i brand agiscano e prendano posizione rispetto ai grandi temi sociali, economici, etici.

Tutto il Marketing che verrà

Una novità bellissima, nonché una grande opportunità per le aziende e i business in un momento dove la reputazione di politica e istituzioni è ai minimi di sempre. Allo stesso tempo, come mi ha recentemente fatto notare il CIO di illimity Filipe Teixeira in un webinar che ci ha visto coinvolti, una sfida di digital trust e cybersecurity impressionante. Se la metà delle persone coinvolte nella survey Futurum / SAS che ho citato sopra sono disponibili a condividere i propri dati in cambio di valore, attraverso la tecnologia questi dati devono restare in buone mani, ed essere utilizzati per renderle ancora più consapevoli del valore che stanno ottenendo.

Già nel secondo punto ho ricordato come, quando parliamo di customer experience, le interazioni avvengano principalmente tramite i diversi punti di contatto che l’azienda ha progettato e gestisce nei confronti dell’ecosistema connesso. Il problema dei touch point, sta proprio nella credibilità. Amplificati dal digitale, fake news, gossip, storytelling negativi mettono sempre più a dura prova la percezione di affidabilità che abbiamo dei diversi canali. Con il rischio che i touch point si trasformino in terreno di contro-narrazioni – a volte di vere e proprie battaglie conversazionali – tra persone e aziende. Nel mondo digitalizzato di oggi è difficile giudicare ciò che è autentico, da dove viene l’informazione e chi l’ha eventualmente modificata.

La soluzione a questo problema sta probabilmente nel passaggio da touch point come il discusso Facebook (ricordi lo scandalo Cambridge Analytica?) a trust point come la blockchain o altri ‘luoghi’ abilitati dalla tecnologia dove la fiducia può essere co-creata e approfondita. Un discorso valido soprattutto nei settori che soffrono maggiormente a livello reputazionale.

Allora, ho trattato tre punti impegnativi vero?

Da parte mia non ho ancora soluzioni a proposito, ma ho la consapevolezza che su questi si giocherà tanto del marketing di domani.

pinterest ads

Pinterest Ads: consigli e strategie per ottimizzare le tue campagne

  • Pinterest è un importante strumento per accompagnare gli utenti dall’ispirazione all’acquisto;
  • Quest’anno il social è cresciuto del 29% in Italia, raggiungendo 12 milioni di visitatori unici mensili;
  • Prima i brand riusciranno a raggiungere gli utenti giusti e meglio sarà per la loro notorietà.

 

Pinterest diventa sempre più importante per i brand che vogliono comunicare e vendere i loro prodotti e servizi. Il canale attira un pubblico con un forte intento all’acquisto e allo stesso tempo genera engagement. Il tutto è condito con la parola che caratterizza il social network: ispirazione.

Il 90% degli utenti afferma di accedere alla piattaforma in cerca di idee su cosa fare e su quali prodotti comprare.

Ormai le persone usano Pinterest ogni giorno, per prendere decisioni quotidiane come la preparazione di ricette, per ispirarsi durante i momenti importanti della vita come il matrimonio o l’arredamento di una nuova casa, o durante i cambi di stagione per scegliere le scarpe da comprare.

Pinterest in Italia

Secondo il Report Digital 2020 di We Are Social e Hootsuite quest’anno Pinterest è cresciuto del 29% in Italia, raggiungendo 14,7 milioni di visitatori unici mensili. Il 64% sono donne, mentre il restante 36% sono uomini. Gli utenti maggiormente coinvolti comprendono la fascia d’età 16-54 anni.

utenti unici pinterest

Prima i brand riusciranno a raggiungere gli utenti giusti e meglio sarà per la loro notorietà, ma soprattutto per il loro ROAS (Return on Advertising Spend).

Prima della campagna

Per impostare una campagna su questo social, prima di tutto bisogna installare il tag di Pinterest. Grazie al pixel si possono monitorare le azioni dei visitatori sul sito (quindi capire l’efficacia delle sponsorizzazioni) e utilizzare questi cluster di retargeting per ottimizzare le campagne.

Qui sotto tutte le attività che è possibile tracciare:

  • PageVisit
  • ViewCategory
  • Search (ricerche sul tuo sito web)
  • AddToCart
  • CheckOut
  • visualizzazioni del video
  • Signup
  • Lead
  • Custom (un evento personalizzato che vuoi tracciare)

pinterest

Awareness

Inizialmente i potenziali consumatori si trovano in una fase di scoperta e ispirazione. Una volta che hanno le idee più chiare su cosa stanno cercando è il momento di intervenire, costruendo consapevolezza intorno al brand e prodotto/servizio che si vuole proporre. Questo accade in media dopo 14 giorni.

In questa fase è importante anche mantenere la notorietà del brand. Chi ha iniziato a seguire e a salvare i tuoi pin probabilmente continuerà a manifestare interesse in futuro. Per questo è utile controllare il più possibile le performance dei post.

Il consiglio è quello di aumentare l’offerta per i pin che registrano i dati migliori e di stoppare quelli con le prestazioni peggiori. Inizia con 2 o 4 pin con lo stesso tema per capire quali sono i contenuti creativi che funzionano meglio. Ottimizza le campagne aggiungendo un Pin nuovo ed eliminando a rotazione quello che ha avuto la performance peggiore nel gruppo di annunci.

L’obiettivo brand awareness aiuta le persone a scoprire i prodotti o servizi che offri. Mentre l’obiettivo visualizzazioni del video può essere utile se vi è la necessità di far vedere come indossare un prodotto o per raccontare meglio un servizio.

LEGGI ANCHE: Cosa sapere su Pinterest100 e i trend da seguire per il 2020 sul social

Metriche principali

Le metriche principali da monitorare per valutare le prestazioni dei pin nella parte più alta del funnel:

  • Copertura e frequenza
  • Impression
  • Visualizzazioni del video

Formati consigliati

I formati consigliati per l’awareness:

  • Pin statico sponsorizzato
  • Video standard (dai 6 ai 20 secondi massimo; mostrare il brand nei primi 3 secondi)
  • Video di massima larghezza (dai 6 ai 20 secondi massimo; mostrare il brand nei primi 3 secondi)
  • Carosello (si possono inserire massimo 5 card)

Posizionamenti

Per tutti gli obiettivi il suggerimento è di presidiare entrambi i posizionamenti:

  • Feed
  • Ricerca

Tipo di offerta

Per l’awareness i tipi di offerta da tenere in considerazione sono CPM (per campagne di notorietà del brand) e CPV (per campagne in ottica di visualizzazioni del video).

Misurazioni

Consideration

Dopo aver conquistato l’attenzione dei potenziali clienti, puoi invitarli a dare un’occhiata al tuo sito, per convincerli a comprare il tuo prodotto/servizio. In questa fase è importante monitorare tutte le azioni che i visitatori effettuano una volta dentro al tuo e-commerce, per ottimizzare sempre più le campagne e accompagnare gli utenti verso la parte più bassa del funnel.

Nella parte intermedia del percorso d’acquisto, puoi selezionare “traffico” se il tuo obiettivo è aumentare il traffico su o al di fuori di Pinterest. Oppure puoi optare per “installazione app“.

Metriche principali

Le metriche principali da monitorare per valutare le prestazioni dei pin nella parte media del funnel:

  • Clic
  • CTR
  • Azioni qualificate sul sto web
  • Installazione dell’app

Formati consigliati

I formati suggeriti per la consideration:

  • Pin statico sponsorizzato
  • Pin di app video
  • Pin carosello (si possono inserire massimo 5 card)
  • Video standard (dai 6 ai 20 secondi massimo; mostrare il brand nei primi 3 secondi)

Posizionamenti

I posizionamenti da presidiare:

  • Feed
  • Ricerca

Tipo di offerta

  • CPC
  • oCPM

Misurazioni

pinterest

Conversion

Dopo aver raggiunto un certo numero di risultati grazie al traffico portato sul sito (almeno 50 eventi tracciati sul sito a settimana) puoi creare campagne con obiettivo conversione e ottimizzarle per far compiere azioni specifiche agli utenti, come l’aggiunta al carrello o l’acquisto.

Prima di procedere è necessario assicurarsi di tracciare correttamente almeno un evento tra checkout, aggiungi al carrello, iscrizione o lead.

Il consiglio è di partire con un CPA del + 10-15% rispetto al solito per vincere più aste e raccogliere dati significativi. Il budget giornaliero dovrebbe essere 3.5 volte tanto il tuo CPA target (costo per azione ottimale). Infine assicurati di includere due finestre di attribuzione: una per il coinvolgimento e una per la visualizzazione. Considera per entrambi un periodo di 30 giorni.

Grazie ai cataloghi commerciali (per provarli in Italia contatta il tuo referente Pinterest) puoi aiutare i potenziali clienti a scoprire tutti i prodotti del tuo sito, mentre navigano sul social.

LEGGI ANCHE: Come creare annunci su Pinterest: guida base per iniziare

Metriche principali

Le metriche principali da tenere sotto controllo:

  • ROAS
  • Aumentare le vendite incrementali

Formati consigliati

I formati consigliati se vuoi vendere prodotti/servizi:

  • Pin statico sponsorizzato
  • Pin carosello (si possono inserire massimo 5 card)
  • Video standard (dai 6 ai 20 secondi massimo; mostrare il brand nei primi 3 secondi)

Posizionamenti

I posizionamenti da includere:

  • Feed
  • Ricerca

Tipo di offerta

  • CPC
  • oCPM

Misurazioni

Target

Possiamo dividere il targeting di Pinterest in tre aree principali: per interessi, per parole chiave e targeting di pubblico.

Interessi

Proponi i tuoi annunci agli utenti in base ai loro interessi mentre stanno curiosando sul canale. Insieme al target per parole chiave, è fondamentale per raggiungere più persone possibili.

Parole chiave

Raggiungi persone già interessate al prodotto/servizio che offri, sulla base delle ricerche che effettuano. Avrai più probabilità di aumentare le vendite, il traffico e l’interazione. Puoi selezionare funzioni come i tipi di corrispondenza e parole chiave a corrispondenza inversa. Grazie al report sui termini di ricerca puoi ottimizzare ulteriormente le tue strategie.

Su Pinterest gli utenti possono fare ricerche attraverso le immagini, le parole, o entrambe. Le ricerche accompagnano gli utenti dal primo momento in cui cercano ispirazione, fino al momento dell’acquisto. Ciò spiega perché questo targeting è utile per tutte le fasi del funnel di marketing.

Esiste una sezione dell’account chiamata “keyword generator“, che per ora è solo per uso interno a Pinterest.

Targeting di pubblico

Il targeting di pubblico permette di proporre gli annunci a persone più propense a effettuare delle azioni.

È possibile creare un pubblico dedicato a coloro che hanno interagito con i tuoi pin su Pinterest, uno per chi ha visitato determinate pagine o fatto azioni sul tuo sito web e nulla ti vieta di caricare un elenco clienti.

Dopo aver individuato i cluster più performanti, è importante orientare le campagne verso audience simili a questi segmenti di pubblico per intercettare nuovi potenziali consumatori.

Ottimizzazione

Dopo aver creato la tua strategia, attivato le campagne e fatto trascorrere il tempo giusto per valutare i risultati, puoi dedicarti all’ottimizzazione.

Testa nuovi target e stoppa quelli meno performanti. Allo stesso modo procedi con i contenuti creativi. Infine sposta il budget nei gruppi di annunci con le prestazioni migliori.

Startup innovative in Italia: i numeri, ma anche il contesto geografico per capirne l’evoluzione

  • Al termine del 4° trimestre 2019, il numero di startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese è pari a 10.882. Un aumento del 2,6% rispetto al trimestre precedente;
  • Con il termine ”scale up” si intende una startup che ha raggiunto un fatturato o una raccolta da 100 milioni di dollari: una startup matura sia da un punto di vista finanziario che in termini di credibilità e struttura;
  • Tre filosofie distinte in Italia, secondo i dati del report: mettere radici a Milano, investire in altre grandi città italiane oppure creare il proprio rifugio in centri geograficamente più piccoli;

 

Alcuni mesi fa, prima dello scoppio dell’emergenza mondiale da COVID-19, sono stati analizzati la situazione e l’andamento delle startup innovative in Italia durante l’ultimo trimestre del 2019.

Il primo giorno di gennaio 2020 è stato pubblicato dal Mise, il Ministero dello Sviluppo Economico, il “Report con dati strutturali Startup innovative – 4° trimestre 2019”: osservando i dati pubblicati, è interessante constatare che al termine del 4° trimestre 2019, il numero di startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese è pari a 10.882. Un aumento del 2,6% rispetto al trimestre precedente.

+2,6% vuol dire 272 nuove startup innovative: questo dato significa che, nel trimestre che è andato da ottobre a dicembre 2019, ben 272 idee hanno avuto la possibilità di concretizzarsi, con una media aritmetica di 13,6 nuove imprese a regione italiana.

I numeri del report

Di queste startup innovative, il 73,7% ha lo scopo di fornire servizi alle imprese come la produzione di software e la consulenza informatica, 2.153 o il 19,8% sono a prevalenza giovanile (under 35) e il 13,5% del totale (numericamente 1.468) è a prevalenza femminile, vale a dire startup in cui le quote e le cariche amministrative sono detenute in maggioranza da donne.

Il dato più interessante, e su cui ci si può soffermare, è quello inerente alla distribuzione geografica del fenomeno, in quanto analizzandolo emerge un vero e proprio leader di questa speciale classifica: considerando che la Lombardia è la Regione da cui partono più di un quarto di tutte le startup italiane (26,9%), è da sottolineare che solo la Provincia di Milano, con 2.075 società (il 19,1%) ospita quasi un quinto delle startup innovative italiane, superando i numeri di qualsiasi regione d’Italia.

A seguire, in questa classifica territoriale, Roma con 1.110 startup innovative e al terzo posto Napoli con 423. Scorrendo qualche posizione nella classifica territoriale è facile notare come si siano concentrati dei poli innovativi anche in città con meno abitanti come Padova, Bergamo e Salerno, tutte e tre in “top ten”.

LEGGI ANCHE: L’emergenza Coronavirus non rallenta l’amore per le Startup

La distribuzione geografica delle startup

Scegliere il contesto territoriale giusto per fondare una startup innovativa è uno dei momenti critici ed essenziali di un business plan. Per quanto si tenda maggiormente all’offerta di servizi e quindi in maniera inevitabile all’utilizzo degli strumenti digitali, che “internazionalizzano in rete” una startup, è pur vero che il contesto di inserimento geografico di quest’ultima può essere determinante nella sua trasformazione in una scale-up.

Per una definizione internazionale, con scale-up si intende una startup che ha raggiunto un fatturato o una raccolta da 100 milioni di dollari: insomma una startup matura sia da un punto di vista finanziario che in termini di credibilità e struttura.

La scelta dello scenario territoriale per fondare una startup non è governata da una regola. Tuttavia, in base ai dati del Report, è forse possibile interpretare tre filosofie distinte in Italia:

  • Mettere radici a Milano– Questa città merita un capitolo a parte! Se quasi 1/5 degli startupper innovativi italiani ha deciso di partire dalla città meneghina per piantare il seme della propria idea, allora vi saranno tanti validi motivi. Milano rappresenta un formidabile ed enorme incubatore di startup: partendo da questa città, si può sfruttare lo scenario internazionale, l’efficienza e la potenza delle infrastrutture e dei trasporti, l’esposizione mediatica, il network a disposizione e i collegamenti che possono nascere anche durante un semplice aperitivo a Corso Sempione (appena sarà possibile!).
  • Investire in grandi città italiane – Investire, con la propria idea, in città metropolitane come Roma, Napoli, Torino e Bologna: grandi scenari con altrettanto grandi tradizioni storiche dove è davvero facile farsi ispirare ed affascinare da turismo, territorio e popolazione. Si tratta di grandi compromessi fra modernità e tradizione. C’è tanto spazio per il turismo ma allo stesso tempo una grande varietà di risorse umane, c’è cultura gastronomica ma anche tanta ricerca di trend e novità. Queste città rappresentano dei punti di riferimento per tutti i territori limitrofi.
  • Creare il proprio rifugio – Per alcuni startupper è sempre valido il detto che recita: “Nella botte piccola c’è il vino buono”. Scegliere come base città geograficamente più piccole o con meno abitanti, sia del Nord che del Sud Italia, sembra essere apprezzato: la conoscenza diretta di eventuali partner, collaboratori e delle usanze di un territorio può rappresentare un vantaggio non indifferente per chi decide di fare impresa. Puntare sul cosiddetto “fattore umano” può rivelarsi davvero vincente quando si opera in un territorio più circoscritto. Per esempio Bergamo e Salerno sono entrambe città con meno di 150mila abitanti ma con rispettivamente 209 e 193 startup innovative all’attivo.

LEGGI ANCHE: Scuole chiuse in tutta Italia: le lezioni a distanza si fanno grazie a una startup

Italia, culla di creatività

Non va dimenticato che l’Italia è storicamente un paese di creativi e di straordinari ideatori, che man mano si sta approcciando sempre di più ai metodi digitali, sfruttandone le potenzialità: lo dimostra la diffusione dello smartworking, l’interesse incalzante verso gli strumenti digitali o verso le ultime tendenze di marketing. La storia insegna che con strumenti, impegno e coraggio si possono compiere delle opere straordinarie e colmare gap anche profondi.

È importante trasmettere dati e andamenti positivi, anche se relativi ad un periodo (leggermente) precedente all’emergenza da Coronavirus, che ha fortemente scosso l’economia italiana e mondiale. Mai come in questo periodo è estremamente importante utilizzare tutti gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione al fine di riprendere, al più presto, il percorso di crescita tecnologica nazionale e far sì che delle semplici ma efficaci idee possano trasformarsi in grandi startup innovative.

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Perchè non dovresti smettere di fare SEO durante l’emergenza COVID-19

  • Parlare di SEO e Digital Marketing durante l’emergenza da Covid-19 potrebbe sembrare superfluo, eppure sono proprio queste attività a sostenere il business adesso;
  • Anche in ottica di riapertura, bisognerà farsi trovare pronti e adottare strategie (anche di contenuto) coerenti con le nuove ricerche degli utenti. 
  • Un errore da non commettere? La chiusura o l’oscuramento del proprio sito internet. Meglio adottare altre strategie.

 

L’Italia e il mondo stanno affrontando l’emergenza legata al COVID-19. Per le aziende è un momento molto delicato e sappiamo bene che attualmente ci sono priorità che lasciano poco spazio ad argomenti come SEO e Digital Marketing: c’è da riorganizzare il lavoro per renderlo flessibile, capire come riaprire le aziende in sicurezza, trovare le modalità per garantire lo stipendio a fornitori e dipendenti, consegnare i prodotti in tempo.

Tuttavia, sono proprio la SEO e le altre attività di marketing a sostenere il business di molte aziende, rendendo visibili i prodotti e i servizi offerti sul web. Per questo motivo bisognerebbe assolutamente continuare l’attività di posizionamento, anche durante questo periodo di sacrifici. Questo consentirà di avvantaggiarsi rispetto ai competitor, in vista del momento in cui si tornerà ad una nuova normalità.

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Cosa fare e cosa non fare in ottica SEO con Covid-19

Se la vostra azienda fa parte dei cosiddetti “business essenziali“, potrebbe non aver visto variazioni negative nella ricerca, ed anzi, ci potrebbe essere stato un boom nell’aumento del traffico organico. Dal momento in cui le persone sono in lockdown, infatti, cercano molto di più le informazioni online ed è aumentato il tasso di vendita degli e-commerce, in particolare di quelli che vendono beni di prima necessità.

Il problema sussiste principalmente per tutti coloro che, invece, hanno dovuto sospendere la vendita dei propri prodotti o dei propri servizi a causa della pandemia. In questo ci viene in aiuto il blog di Google Webmasters, che ha pubblicato un articolo di John Mueller per spiegare “come mettere in pausa un’attività online nella Ricerca Google”, per evitare di chiudere definitivamente il sito e perdere tutti i risultati finora ottenuti.

Con la crescita degli effetti del coronavirus, infatti, Mueller ha visto moltissime aziende cercare di stoppare le proprie attività online, magari oscurando totalmente il proprio sito dal web.

Disabilitare il sito è un grave errore, che potrebbe avrebbe effetti significativi sulla ricerca:

  • i clienti non saranno aggiornati riguardo a cosa sta succedendo all’attività;
  • gli utenti non potranno trovare informazioni riguardo ai prodotti e servizi offerti;
  • il knowledge panel potrebbe perdere le informazioni acquisite nel tempo;
  • non avremo più accesso ai dati acquisiti (es. Search Console, Analytics);
  • recuperare posizioni e traffico sarà molto più difficile rispetto a prima.

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Quali sono le modifiche da fare sul sito

Nell’articolo che stiamo utilizzando come fonte sono offerti dei consigli per mettere in pausa il sito, riducendo al minimo le conseguenze sul posizionamento, con la prospettiva di tornare ad essere presenti per i propri clienti, nel più breve tempo possibile. Per un eCommerce che non riesce a proseguire la propria attività, ad esempio, è consigliato contrassegnare gli articoli come esauriti o limitare la possibilità di effettuare la transazione, magari consentendo al cliente di aggiungere il prodotto alla lista dei desideri, per poterlo acquistare in un secondo momento.

In questo modo le persone potranno ancora trovare informazioni riguardo alle caratteristiche e ai prezzi dei nostri prodotti, articoli del blog che spiegano come usarli, ma anche leggere le recensioni degli altri utenti. È anche possibile bloccare temporaneamente solo gli acquisti di tutti i prodotti non essenziali, limitando la funzionalità del sito solo ai generi di prima necessità, come ha fatto Amazon a partire dal 14 Marzo 2020.

Esistono anche altre “buone pratiche” che andrebbero attuate sul sito:

  • creare un banner o una pagina specifica per il COVID-19, contenente informazioni riguardo allo status dell’azienda (apertura, chiusura, smart working), alle spedizioni (ad esempio tempi previsti, eventuali ritardi, comuni dove non è garantita la spedizione, etc.), alle precauzioni prese per garantire la sicurezza degli alimenti consegnati a domicilio. Ad esempio Amazon ha creato una pagina dedicata allo status degli ordini, una pagina per le FAQ ed una pagina dedicata alle iniziative intraprese dall’azienda. Anche Nike, eBay, Tannico, Esselunga, Iper, e molti altri siti hanno creato una pagina di aggiornamento COVID-19;
  • usare Google My Business (oltre ai profili social, come Facebook, Linkedin ed Instagram) per indicare chiusure temporanee, comunicare nuovi orari, aggiornare i clienti riguardo allo status dell’attività. In particolare, tramite i post ed i nuovi attributi è possibile comunicare informazioni tempestive e dettagliate riguardo ad iniziative, offerte speciali o aggiornamenti dell’inventario;
  • usare i nuovi dati strutturati, rilasciati da schema.org in occasione del COVID-19 (come “SpecialAnnouncement”, “eventAttendanceMode” e CovidTestingFacility”). ll primo tipo schema serve a segnalare gli “annunci speciali”, come la chiusura di scuole, il blocco di mezzi pubblici, le linee guida per la quarantena, le informazioni su come sottoporsi ai test/tamponi per verificare il contagio al COVID-19, il secondo schema serve per segnalare se un evento sarà cancellato, rinviato, posticipato o trasmesso in live streaming (script eventStatus e vitualLocation), mentre il terzo serve per indicare le cliniche dove sono disponibili i tamponi per il test del coronavirus. Anche se si possiede un negozio fisico, sarebbe il caso di aggiornare i dati strutturati delle attività locali con le nuove disposizioni attuate;
  • chiedere a Google di ripetere la scansione di un numero limitato di pagine (ad esempio, solo quelle relative ai beni di prima necessità acquistabili sul sito) tramite la Sitemap.xml e la Search Console;
  • restare in contatto con la propria audience, per offrire rassicurazioni, connessione sociale e assistenza tangibile durante tutto il periodo di emergenza. Innanzitutto, si potrebbe pensare di impostare un risponditore automatico, o una chatbot, per aiutare i clienti ad ottenere in modo rapido informazioni e risposte alle domande più frequenti. Si potrebbe pensare di proseguire la relazione instaurata tramite DEM, sui profili social, sui siti di recensione. Inoltre si potrebbero creare degli spazi live, come ad esempio un appuntamento fisso di diretta video, dove si potrebbe parlare dei trend del proprio settore, delle possibili azioni future in merito al prodotto o servizio;
  • creare nuovi contenuti informativi, in linea con le tendenze del momento, ma appropriati alla situazione che stiamo vivendo: nel caso voi facciate parte di tutte quelle aziende che sono definite “non essenziali”, questo non dovrebbe essere il momento per fare business, ma per continuare ad offrire valore ai propri utenti. Oltre all’utilità del contenuto, che dovrà rispettare le misure di sicurezza ed i cambiamenti dello stile di vita delle persone, concentratevi sul tono del vostro messaggio, che dovrà mantenersi sempre positivo, empatico ed ispiratore. Scordatevi i principi di scarsità: le “occasioni da non perdere!” non fanno leva in tempi di Coronavirus.

LEGGI ANCHE: Come gestire la chiusura temporanea delle schede Google My Business

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Come definire la strategia di contenuti se l’intento di ricerca cambia così velocemente?

Il comportamento della ricerca è completamente cambiato a seguito dell’emergenza sanitaria e probabilmente continuerà a farlo nei prossimi mesi.

Dato che le persone sono costrette a rimanere a casa, il consumismo ha visto uno spostamento della domanda da acquisti basati sul desiderio, a quelli basati sui bisogni essenziali (in particolare cibo e farmaci). Di conseguenza sono cambiate anche le intenzioni di ricerca: nell’ambito dell’estetica, ad esempio, se prima si cercavano centri estetici vicino a casa, ora si tenta di trovare prodotti per la bellezza online, tutorial per effettuare la manicure, per tagliarsi i capelli e farsi la tinta in casa in casa, oppure per farsi la ceretta in autonomia.

Ora, avere contenuti in linea con le ricerche degli utenti, potrebbe fare la differenza. Come si può definire una strategia di contenuti, quando gli intenti di ricerca cambiano così velocemente e gli strumenti di ricerca delle parole chiave non sono aggiornati?

1# Consultare Google Trends per fare SEO durante Covid-19

Google Trends è il primo strumento da consultare nel caso si vogliano comprendere i cambiamenti nel comportamento di ricerca e capire quali argomenti sfruttare per la creazione di contenuti, in quanto è in grado di raccogliere dati in tempo reale.

Per identificare le tendenze emergenti, è necessario pensare alla propria attività e quali potrebbero essere le parole chiave essenziali in grado di darle visibilità. Ad esempio, chi possiede un ristorante, ed in questo momento sta effettuando consegne a domicilio, dovrà spostare l’attenzione da parole chiave come “ristorante + città”, “ristorante vicino a me”, a keywords quali “consegna domicilio + città”.

LEGGI ANCHE: Come i ristoranti possono assistere meglio i clienti nei momenti di incertezza

2# Monitorare Search Console e la ricerca interna del sito

Altri due strumenti da monitorare per comprendere le ricerche dei propri utenti sono il rendimento della Google Search Console e i risultati della ricerca interna del sito.

Nei momenti in cui la domanda cambia fortemente, infatti, si possono notare dei cambiamenti sulle singole query effettuate. Integrando questi dati, con quelli rilevati da Google Analytics è anche possibile identificare quali pagine hanno registrato un maggior numero di visite e quali, invece, hanno avuto un tasso di rimbalzo più alto. In quest’ultimo caso potrebbe essere necessario rivedere la strategia SEO implementata

3# Testare l’usabilità del sito

Altri strumenti utili possono essere Hotjar, Google Tag Manager e Google Optimize. Se è stato impostato il tracciamento delle mappe di calore, si possono ricavare informazioni utili riguardo al comportamento dell’utente sul sito e possono essere messi in evidenza potenziali problemi legati all’usabilità.

Questo è il momento migliore per identificare i punti di attrito nel processo di conversione, fare dei test e intervenire per risolverli! Nel momento in cui la ricerca dei consumatori è spostato sul web è fondamentale garantire che l’esperienza complessiva dell’utente sia positiva. Non si può rischiare di trovarsi su un sito che non è usabile a causa del sovraccarico di utenti, come la piattaforma di spesa online di Carrefour all’inizio della pandemia. 

4# Analizzare la concorrenza per migliorare la SEO

In questi anni, a causa di mancanza di tempo, siete rimasti concentrati principalmente sul vostro business, piuttosto che sui siti della concorrenza? Questo può essere un buon momento per fermarsi a fare un’analisi dei propri competitor. 

L’ideale sarebbe individuare da 3 a 5 competitors che si performano meglio di noi nella ricerca organica ed individuare: quali sono le parole chiave principali per le quali si posizionano? come sono stati costruiti i contenuti principali? Quali sono i siti da cui ricevono backlink di valore? Hanno attuato delle strategie particolari per contrastare il problema del Coronavirus? Annotare tutti questi feedback potrà essere utile per valutare se ci sono delle migliorie che possono essere applicate subito al proprio contesto, e porre le basi per le prossime eventuali strategie di digital marketing.

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contenuti covid-19

E per chi decide di disattivare definitivamente il sito?

Per chi decide di proseguire comunque con la scelta di disattivare completamente il sito, Google dà qualche piccolo suggerimento per cercare di limitare i danni a livello di SEO:

  • se si ha bisogno di disattivare urgentemente il sito per 1 o 2 giorni, si dovrebbe restituire una pagina di errore HTTP 503, invece di tutti i contenuti (in questo caso fare attenzione a non restituire un codice 503 per il robots.txt);
  • se si deve disattivare il sito per un periodo di tempo più lungo, sarebbe ideale fornire come risultato una home page indicizzabile con codice di stato HTTP 200, a cui fare redirect 302 temporanei, per mantenere frizzato il posizionamento acquisito;
  • se si ha bisogno di rimuovere rapidamente tutto il sito dalla ricerca, invece, è possibile bloccare temporaneamente le URL nella Google Search Console (attenzione: questa interruzione ha una durata di circa 6 mesi).

Ovviamente, come già detto in precedenza, questa soluzione è altamente sconsigliata.