Sotto-tag MOFU (medio) di Funnel

Great Resignation: l’identikit degli italiani che lasciano il lavoro

  • La “Grande Rassegnazione” lancia i segnali per il futuro del lavoro
  • La qualità della vita lavorativa è il nuovo mantra per il mondo aziendale
  • Nuove Generazioni e Adulti insieme possono innescare la nuova rivoluzione del lavoro

Il sistema valoriale che per anni ha guidato le scelte lavorative di Baby Boomers e Generazione X è entrato in crisi a partire da un nuovo paradigma che mette al primo posto la salvaguardia della qualità della vita.  Come sono gli italiani che lasciano il lavoro? L’aspetto economico, in Italia comunque ancora centrale, inizia ad essere subordinato alla salute psico-fisica, soprattutto dalle Nuove Generazioni. Una volta “il posto fisso e la carriera a tutti i costi” erano ambizioni che per decenni hanno condizionato le scelte di intere generazioni. Ma qualcosa è cambiato: l’impianto del lavoro tradizionale fortemente gerarchizzato e basato su performance e produttività ha iniziato a scricchiolare e oggi, dopo due anni di pandemia, è in atto una trasformazione che lo scrolla sensibilmente.

A preoccupare non sono le “Grandi Dimissioni”, che nel nostro Paese non si sono rivelate così significative, quanto i segnali sottesi che raccontano una rivoluzione dei principi che regolano i rapporti lavorativi.

Grandi Dimissioni o Grandi Omissioni?

Il fenomeno denominato “Big Quit” o “Great Resignation” è nato Oltreoceano come un’ondata senza precedenti storici di lavoratori dimissionari.

Dopo i cataclismi economici del 2020, alcuni economisti statunitensi, analizzando la fase della ripresa, si sono accorti dell’aumento del numero di dipendenti che si dimettevano spontanemente.

Nel 2021, negli Stati Uniti, quattro americani su dieci hanno deciso di cambiare lavoro, di abbandonare la propria carriera o di avviare un’attività autonoma lasciando il posto di lavoro in cui avevano vissuto gran parte della loro vita, facendo diventare questo comportamento una sorta di fenomeno di massa.

Un discorso che, insieme alle tendenze economiche, sociali, tecnologiche, si è allargato: in Australia un lavoratore su due pensava di lasciare il lavoro; in Cina i giovani hanno iniziato a rifiutare di lavorare perché si sentivano solo un ingranaggio del sistema.

LEGGI ANCHE: Lasciare il lavoro è virale: la Gen Z festeggia il licenziamento sui social

Le Grandi Dimissioni in Italia: come sono gli italiani che lasciano il lavoro

Con una portata più ridotta, il fenomeno sembra sia stato avvertito anche in Italia: nel secondo trimestre del 2021 il boom è stato dell’85%, mentre nel terzo la media è stata del 26,7%. Alcuni hanno letto questi numeri come una risposta ai mesi di pandemia, altri invece hanno teorizzato un mutamento sostanziale e ormai inarrestabile dei paradigmi lavorativi.

Il fenomeno delle “grandi dimissioni” in Italia si è affermato nel corso del 2021 con un tasso di dimissioni (il numero di dimessi sul totale dei lavoratori dipendenti) che ha superato il 3% nel quarto trimestre dell’anno passato (un numero mai visto nell’ultimo decennio).

Questi numeri sembravano indicare un fenomeno simile a quello americano anche perché l’autunno del 2021 ha comportato un aumento del numero di lavoratori dimissionari che ha superato il mezzo milione di persone.

Un primo “disclaimer” da tenere in considerazione è che si è trattato in proporzione di numeri molto più piccoli rispetto agli USA. Al di là dell’Atlantico, ogni mese si dimetteva il 3% dei lavoratori, mentre in Italia il 2-3% ogni 3 mesi: la “velocità” era di un terzo in meno. Se è vero che il fenomeno in Italia ha avuto proporzioni molto più contenute rispetto alla “versione originale” statunitense (circa un terzo), allo stesso tempo, esiste ancora una tendenza nel nostro Paese e ci si è interrogati lungamente, e ci si continua ad interrogare, sulle sue cause.

Che succede se tutti lasciano il lavoro

Per un’economia, se tante persone si dimettono non si tratta di una tendenza necessariamente negativa: alcuni ricercatori della Banca d’Italia avevano considerato questo fenomeno come “normale” all’interno di una fase di ripresa e ri-equilibratura economica dopo la forte contrazione dovuta alla pandemia.

I lavoratori che decidono di trovare nuovo lavoro possono essere addirittura un segnale di vitalità di un mercato: l’assunto è che chi cambia, lo fa per condizioni migliori (la cosiddetta job-to-job transition), per cercare un posto di lavoro migliore e, a livello macroeconomico complessivo, si riflette in lavoratori che possono anche generare una produttività migliore se si trovano a loro agio nei nuovi contesti.

grandi dimissioni great resignation 02

Francesco Armillei, ricercatore della London School of Economics e di Tortuga, ha compiuto delle rilevazioni molto significative per descrivere il fenomeno e ha contribuito a smentire e ridimensionare alcuni aspetti dell’“identikit” di questa popolazione dimissionaria: si è trattato per la maggior parte di uomini (tre quarti delle dimissioni in più); non erano in prevalenza giovani (c’è stato un aumento dimissioni sotto i 30 anni, ma l’aumento più importante rilevato è quello sopra i 50 anni, spesso accompagnato ad un discorso di uscita dal mercato del lavoro o di avvio verso un percorso alternativo pre-pensionistico); l’aumento delle dimissioni era pressappoco identico tra titoli di studio, configurandosi come un fenomeno trasversale e molto sfumato nelle interpretazioni.

Una particolarità tutta italiana è stata rappresentata del settore delle costruzioni, “drogato” dagli incentivi introdotti recentemente e che hanno alterato non poco le misurazioni.

Le interpretazioni dei dati hanno anche provato ad indagare quanto, tra le possibili cause, ci fosse un fenomeno di “dimissioni rimandate” poiché bloccate dal lockdown sanitario e dall’impasse economica, ma i settori (o professioni, gruppi d’età, e di anzianità di servizio) che hanno visto calare maggiormente le loro dimissioni nel 2020, sono gli stessi in cui le dimissioni sono rimaste a livelli relativamente inferiori anche nel 2021, non facendo emergere nessun “rimbalzo” da dimissioni rimandate.

Un’altra ipotesi approfondita è quella della “paura o stress del lavoro da remoto” ma la variazione del numero di dimissioni a livello di professione sembra non seguire a livello macroscopico nessuno degli indici utilizzati per il remote working.

Il pragmatismo vince sulla Great Resignation

Anche il CENSIS ha sancito ad inizio anno che “il pragmatismo ha vinto sulla tentazione da Great Resignation” (cioè dimissioni al buio per cercare un impiego più gratificante), poiché dai dati è emerso che continua a fare troppa paura ritrovarsi nella precarietà del mercato del lavoro.

Nonostante questo, l’82,3% dei lavoratori (l’86,0% tra i giovani, l’88,8% tra gli operai) si dice insoddisfatto della propria occupazione e ritiene di meritare di più. Le cause di questa insoddisfazione annoverate sono tendenzialmente i livelli retributivi inadeguati (che non crescono rispetto al resto d’Europa da troppo tempo), lo stress aggiuntivo sul lavoro accumulato con il lavoro da remoto e le situazioni d’urgenza o la richiesta (da parte dell’86,5% dei lavoratori) di maggiori servizi di welfare aziendale per rispondere ai bisogni sociali quali la non autosufficienza di un familiare, la previdenza o l’istruzione dei figli.

Forse allora non dovremmo tradurre malamente “Great Resignation” con “Grandi Dimissioni”, semmai letteralmente con “Grande Rassegnazione”. Una rassegnazione dal rapporto lavorativo che negli anni di pandemia ha accentuato tutti gli aspetti di sfiducia e malessere collegati alla vita professionale.

Ma al di là degli aspetti strutturali ed economici, quali sono i “demotivatori”, le cause intrinseche alla “Grande Rassegnazione”? Tornando al contesto americano, una ricerca del MIT Sloan Management Review ha identificato alcuni fattori che in maniera più marcata causano l’abbandono del lavoro presente da parte dei “grandi dimissionari”:

  1. la cultura tossica (come l’incapacità di promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione; dove i lavoratori si sentono mancati di rispetto ed esistono comportamenti poco etici all’interno dei processi di lavoro);
  2. la precarietà, l’instabilità occupazionale e le continue ristrutturazioni che influenzano continuamente il turnover dei dipendenti;
  3. la mancanza di riconoscimento delle performance laddove le aziende che non premiano le performance migliori riscontrano tassi di abbandono più elevati; oppure quando i dipendenti parlano più in generale della carenza di politiche della propria azienda per la protezione della salute e del benessere;
  4. i tassi di innovazione troppo alti e la difficoltà a stare dietro ai cambiamenti di questo tipo: rimanere all’avanguardia richiede ai dipendenti di dedicare più ore, lavorare a un ritmo più rapido e sopportare più stress di quanto farebbero in un’azienda che si muove più lentamente. Il lavoro può essere eccitante e soddisfacente, ma anche difficile da sostenere a lungo termine.
chi sono gli italiani che lasciano il lavoro - MIT Sloan Management Review

Source: MIT Sloan Management Review

La grande sfida aziendale è oggi prendere coscienza di queste “tossine” e coinvolgere nuovamente e in maniera più autentica e significativa i propri lavoratori. Le Grandi Omissioni sono e saranno quelle dovute alle mancanze di attenzione a questi segnali da parte dei datori di lavoro oppure gli obiettivi che i lavoratori non vorranno o non potranno raggiungere perché demotivati e rassegnati ad uno stile produttivo abbandonato all’inerzia.

LEGGI ANCHE: Grandi Dimissioni: come far innamorare di nuovo le persone delle aziende 

Yolo Economy, Tang Ping e gli “Sdraiati” del mercato del lavoro

Il senso di malessere e di rassegnazione dall’avere fiducia in un rapporto di lavoro soddisfacente è arrivato simultaneamente in tutto il mondo, facendo ribattezzare in alcuni ambiti questo nuovo approccio al mercato del lavoro come YOLO economy, dove YOLO sta per You Only Live Once, cioè “Si vive una volta sola”.

Un acronimo che è tornato in auge negli ultimi anni a partire dal mondo rap americano (comunemente era attribuito all’attrice Mae West già ai primi del novecento: “si vive solo una volta, ma se lo fai bene, una volta è sufficiente”) e che è stato abbinato spesso e volentieri alla generazione Millennial che nel decennio precedente ha espresso marcatamente la rilevanza dell’ experience (“meglio un passaporto pieno di timbri che una casa piena di oggetti”) e del purpose anche nel contesto lavorativo.

In questa fase questo hashtag assume molto meno il suo senso edonistico, di disimpegno dalle responsabilità, o del vivere alla giornata, e si può tradurre con la voglia di vivere un’esistenza piena di significato, dove vita e lavoro sono armonizzate, e dove le scelte professionali aderiscono alla propria identità. Andando oltre i fattori estrinseci dello stipendio, della carriera e dei benefit.

La YOLO economy sembra essere la vera grande discriminante tra il prima e il dopo pandemia. Sta di fatto che questo nuovo approccio sta cambiando il punto di vista con cui i lavoratori interpretano il mercato e come scelgono di viverlo.

È stato rilevato che l’Italia ha un discreto numero di “intenders”, ovvero chi ha intenzione di cambiare lavoro nei prossimi mesi, e secondo le riflessioni contenute nell’ultimo report Microsoft Work Trend Index non sottovalutare questa tendenza è importante soprattutto per le nuove generazioni, che in azienda possono offrire nuove prospettive e modificare lo status quo soprattutto nell’ambito manageriale.

grandi dimissioni - Microsoft Work Trend Index

Source: Microsoft Work Trend Index

Garantire che la Gen Z trovi un senso di purpose e di benessere è un imperativo urgente anche soprattutto nel passaggio che molte realtà aziendali stanno compiendo verso il lavoro ibrido. I dati confermano che l’ultimo anno è stato più impegnativo per la Generazione Z, rispetto alle altre generazioni, soprattutto nel riuscire a portare nuove idee sui tavoli di lavoro o nel sentirsi semplicemente più coinvolti o entusiasti della posizione che ricoprono.

In questo aspetto ritroviamo la “Grande Rassegnazione” o semplicemente la rapida disillusione che il lavoro non corrisponde a come viene raccontato oppure che inevitabilmente il bisogno di armonia tra benessere personale e professionale è prioritaria non solo perché deve compensare lo stress post-pandemico, ma perché la consapevolezza che la “sicurezza psicologica” (da intendersi quella dei modelli Agile) sia un assunto imprescindibile nel contesto lavorativo anche per gli anni a venire.

Il fenomeno è talmente globale che assume forme diverse in base alla cultura di riferimento: il movimento di protesta sociale cinese tang ping 躺平 (in inglese tradotto “lying flat”), è l’espressione di un rifiuto delle pressioni della società al superlavoro (il cosiddetto sistema 996), che è considerato come una corsa al successo esasperata.

I giovani cinesi non sono socialmente isolati come gli hikikomori in Giappone, ma scelgono semplicemente di abbassare le proprie ambizioni professionali ed economiche e semplificare i propri obiettivi, rimanendo comunque produttivi ma solo per bisogni essenziali, dando priorità alla salute psicologica rispetto al materialismo economico.

L’idea di “sdraiarsi” significa quindi prendersi una pausa dal lavoro incessante. Il movimento tang ping è decollato iniziato ad aprile 2021 poiché molti sentivano di essere sempre più sotto pressione per lavorare ancora più duramente e superare i loro coetanei: chi vi ha aderito vuole letteralmente solo “sdraiarsi” leggendo un libro o sedersi e guardare un po’ di TV, piuttosto che perseguire una hustle culture del lavoro sodo, ma schizofrenico.

Sui siti di social media cinesi, gli utenti pubblicavano messaggi in cui affermavano che non volevano tornare come erano prima della pandemia e che ora avevano trovato la fiducia necessaria per perseguire una vita più lenta.

Nell’immaginario italiano gli “sdraiati” sono quelli del romanzo di Michele Serra (“forse sono di là, forse sono altrove. In genere dormono quando il resto del mondo è sveglio, e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo. Sono gli sdraiati. I figli adolescenti, i figli già ragazzi”), e quindi i giovani superficiali o disimpegnati, oppure gli scansafatiche e i parassiti del mercato del lavoro? Il dibattito di questo ultimo periodo si perde ancora, a volte, sull’importanza del sacrificio, della “schiena dritta” (anziché sdraiata) e della fatica, come se fossero l’unico ingrediente che permetta di raggiungere obiettivi lavorativi e il famigerato “successo”.

Ma questo momento storico è unico nel suo genere e può permettere un cambio di paradigma del mondo lavorativo. Sono molti i filosofi contemporanei che lo rimarcano da tempo, ma oggi l’occasione di trasformare il concetto di performance lavorativa, al di là delle prospettive economiche è concreto, perché il sentimento condiviso è comune e soprattutto globale.

Superare la società della performance

Tra i segnali che ricaviamo dalla lettura di questi fenomeni di “Grande Rassegnazione” forse l’unica considerazione davvero rilevante è che la retorica dell’eccellenza, del talento e del successo sta perdendo di credibilità.

Avere successo, per le generazioni di qualche tempo fa, significava affermarsi all’interno della propria cerchia sociale: potersi permettere beni materiali e oggetti da mostrare a familiari e amici faceva percepire agli altri di essere una persona di talento e di “successo”.

Oggi tutto questo potrebbe tendere ad essere etichettato come old style, in poche parole da “boomer”. Anche la fiducia sulla potenza dei social media inizia a scricchiolare, per cui è quasi impossibile pensare di poter emergere anche impegnandosi duramente nella performance che richiede il marketing digitale: nella incommensurabile vetrina del web non c’è più lo stesso spazio di emersione e visibilità di anche solo quattro o cinque anni fa.

Siamo esposti a troppi standard che risultano inarrivabili. La «società della performance», come scrivono magistralmente Maura Gancitano e Andrea Colamedici, punta tutto sui talenti, sulle capacità individuali e sulla spendibilità in ottica produttiva. Ma “Il talento è misurabile, la vocazione è inestimabile”: qualcuno potrebbe non avere talenti, ma tutti hanno una vocazione.

 

Il talento può essere fagocitato dalle logiche della società della performance, mentre chi segue la vocazione è in un certo senso più libero. Come rifletteva Jung, la vocazione non risponde allo Spirito del Tempo, ma allo Spirito del Profondo. Lo Zeitgeist è quello che vuole sentire di cose utili e che valgono, mentre lo Spirito del Profondo costringe comunque a parlare, al di là di ogni giustificazione, utilità e senso.

Metaforicamente, la ricerca della posizione “supina” della Yolo Economy è un invito a entrare in contatto con se stessi, con lo Spirito del Profondo, con la propria vocazione, mantenendo la prospettiva della transitorietà, dell’imperfezione e dell’unicità della propria esistenza professionale e personale.

Per questo, nel mondo manageriale si continua a sottolineare l’importanza dell’“equilibrio vita-lavoro” e del rispetto delle esigenze personali di ogni singolo lavoratore.

Come afferma compiutamente Riccardo Maggioloperché una volta eravamo più aperti alla possibilità di “fare gavettae trovavamo convincente la retorica del “lavoro duro”? Perché fino a ieri eravamo persuasi della necessità di perseguire l’eccellenza tramite una indefessa e quasi cocciuta dedizione alla nostra professione o progetto, e oggi invece non ne siamo più così sicuri? Forse la risposta semplice è: perché le narrazioni del successo e della carriera non convincono più”.

Nella prospettiva generazionale hanno funzionato per Baby Boomers o X Gen anche grazie alle congiunture favorevoli di crescita economica e tecnologica, ma oggi non sono più credibili nello stesso modo. Per Millennials e Zed Gen (ma anche per le generazioni più adulte) oggi è assolutamente normale darsi la possibilità di poter cambiare continuamente il proprio ruolo lavorativo.

La “Grande Rassegnazione”, oltre le interpretazioni economiche e politiche, ci fa allora accorgere che probabilmente è in atto il più grande momento di orientamento professionale collettivo della storia. Una nuova generazione di lavoratori e lavoratrici che davvero riescono a domandarsi se sono sulla strada giusta, agendo senza condizionamenti, senza approvazioni esterne o riconoscimenti materiali. E senza essere troppo legati al denaro, al potere e alla descrizione vecchio stile del “successo”.

Il futuro del lavoro è allora nella possibilità di accettare un nuovo modello di “successo” che comprenda la capacità di equilibrare la ricchezza economica e la celebrità anche con la salute psico-fisica, la consapevolezza del presente e i legami delle relazioni reali. Sovvertendo completamente il significato di pausa, di lentezza, e perfino di ozio.

Come scrive Byung-Chul Han, “l’ozio comincia là dove il lavoro cessa completamente. Il tempo dell’ozio è un altro tempo. L’imperativo neoliberista della prestazione trasforma il tempo in tempo di lavoro, totalizza il tempo di lavoro. La pausa ne è solo una fase. Oggi non abbiamo tempo all’infuori di quello lavorativo. Ce lo portiamo dietro, così, non solo in vacanza, ma anche nel sonno. Per questo dormiamo agitati: i soggetti di prestazione spossati si addormentano come si addormenta una gamba. Poiché serve alla rigenerazione della forza lavoro, anche il riposo non è nient’altro che una modalità del lavoro: il rilassarsi non è l’Altro dal lavoro, ma il suo prodotto”

inclusive design

Cos’è l’Inclusive Design e perché non puoi farne a meno

Qualsiasi decisione di design può potenzialmente includere o escludere una persona. L’inclusive design è quel tipo di progettazione per prodotti, servizi o ambienti focalizzata sulla comprensione della diversità degli utenti.

Studia anche come includere il maggior numero possibile di persone all’interno di un processo decisionale su uno specifico prodotto. In particolare, gruppi sociali e cluster di utenti tradizionalmente esclusi dalla possibilità di utilizzare un’interfaccia o navigare in un ambiente.

Perché parliamo di Inclusive Design

L’inclusive design celebra la diversità delle persone per rimuovere eventuali barriere che ne precludono l’accesso. Se è vero che non scopriamo oggi le esigenze delle persone su sedia a rotelle o quelle con mobilità ridotta, è altresì necessario identificare e comprendere le barriere comunicative che incontrano gli utenti con difficoltà di apprendimento, problemi di salute mentale, problemi di vista e problemi di udito.

Progettando un ambiente costruito in maniera inclusiva, è possibile superare la frustrazione e le difficoltà vissute da molte categorie, come i disabili, gli anziani o le famiglie con bambini piccoli.

Perché è importante per noi

L’avanzamento tecnologico e le nuove interfacce digitali continuano a offrire sempre più funzionalità a costi sempre più contenuti. È per questo che aziende e organizzazioni cadono sempre più facilmente nella trappola della “feature race”: la corsa sfrenata a nuovi sviluppi di usabilità.

Cercare di fornire sempre più funzionalità è senz’altro una strategia per essere un passo avanti sulla concorrenza. Talvolta questo significa trascurare l’accesso a determinate categorie sociali.

inclusive design ninja marketing

Il modello piramidale della diversità elaborato nel 2003 da una ricerca commissionata da Microsoft.

Cosa c’è da sapere

Si è iniziato a parlare di inclusive design nel 1997 quando alcune organizzazioni statunitensi, tra cui l’Institute for Human Centered Design (IHCD), hanno sviluppato i Principles of Universal Design. Da allora l’IHCD ha spostato il linguaggio dei principi da “universale” a “inclusivo”. Nel 2006 il Design Council del Regno Unito, attraverso il Commission for Architecture and the Built Environment (CABE), ha pubblicato una serie di principi di progettazione inclusiva.

L’Università di Cambridge ha poi sviluppato l’Inclusive Design Toolkit, inserendo nella progettazione elementi come l’esplorazione dei bisogni, la creazione di soluzioni e il grado di soddisfazione dei bisogni. Oggi grandi corporation come Microsoft, Google e Adobe, fondano i loro prodotti e servizi sui principi di inclusive design.

Conclusioni

Poter ridefinire il processo creativo e di progettazione di determinati prodotti o servizi, oltre ad aprire le porte del loro utilizzo a nuove categorie di persone, è un passo in avanti per la società attuale verso principi di maggiore inclusività. Un ambiente maggiormente inclusivo dovrebbe superare il design tradizionale fondato su specifiche tecniche minime per ispirare stakeholder e utenti a un uso innovativo e progressista.

A guardarlo meglio, l’inclusive design sembra una versione modernizzata del Participatory Design nato negli anni ’70 dalla cultura ingegneristica scandinava: consultare gli utenti e le loro esperienze ancor prima di procedere alla fase di analisi, costruzione e implementazione del prodotto.

digital project manager

Vuoi lavorare con i Ninja? Cerchiamo un Junior Project Manager!

Ninja Academy, la scuola che sta rivoluzionando l’alta formazione professionale rendendola accessibile e democratica, vuole ampliare il team: apriamo una posizione di tirocinio curriculare come Project Manager Junior per la unit Product & Corporate Training. 

La risorsa, supervisionata dal Project Manager e dall’Head of Corporate Training, apprenderà a gestire e assistere la progettazione dei corsi di formazione erogati nelle aziende e in modalità eLearning. 

Cerchiamo persone motivate, con la passione per il marketing digitale e per la formazione. Lavorare coi Ninja è un vero e proprio stile di vita, perché è un’azienda che investe nei tuoi obiettivi personali e professionali: avrai strumenti per costruire il tuo personal brand e lavorerai al centro della formazione digitale in Italia.

Questo lavoro fa per te se:

  • ti piace il mondo della formazione online e vuoi toccare con mano questo settore 
  • sei in grado di gestire diversi progetti in contemporanea, impostando e rispettando deadline
  • stai cercando una nuova opportunità professionale e vorresti fare carriera in una realtà dinamica e stimolante 
  • vuoi immergerti in una community unica di docenti, professionisti, imprenditori e manager motivati a scambiare conoscenza ed esperienze

Apprenderai a e ti occuperai di:

  • organizzare e gestire le diverse fasi di un progetto formativo consumer o aziendale in area Digital Marketing, con l’obiettivo di soddisfare le esigenze del cliente B2B e/o B2C
  • lavorare quotidianamente con referenti interni ed esterni per costruire i progetti formativi 
  • interfacciarti con docenti ed esperti di digital marketing italiani per definire i calendari didattici ed essere il punto di riferimento per ogni aspetto operativo
  • utilizzare tool di creazione quiz e test, analizzare i learning analytics e i questionari di feedback 
  • seguire i live webinar della formazione come Virtual Tutor

Il tirocinio curriculare potrà essere svolto in Remoto, presso la sede di Ninja Marketing oppure in modalità ibrida. Sarà considerata come plus la disponibilità a lavorare a Salerno o a Milano.

Obiettivi formativi

– Apprendere le basi del Project Management della Formazione 

– Apprendere come relazionarsi con stakeholder a vari livelli di un’organizzazione 

– Apprendere le basi del Digital Marketing 

– Apprendere come gestire eventi formativi digitali

 

Competenze da acquisire

– Project Management 

– Progettazione Didattica 

– Relationship Management 

– Data Analysis  

– Comunicazione e Coordinamento

Si richiede:

  • Buone capacità di project management 
  • Buona conoscenza ed utilizzo dei principali strumenti di lavoro da remoto (Google Drive, Slack, etc.)
  • Skill di coordinamento 

Come inviare la candidatura? Clicca qui e compila il form selezionando Junior Project Manager.
In alternativa, invia la tua candidatura a:  con oggetto: “Junior PM 2022”

b2b rocks copertina-dell'evento

Game Changing, People Centered e cosmopolita: B2B Rocks riunisce le Rock Star della tecnologia e del SaaS

Dal 9 all’11 giugno, il rinomato “Domaine de Biar” accoglierà i migliori decision-maker internazionali nel settore del software B2B: un evento pensato per i fondatori di startup, dirigenti di scale-up, venture capitalist e decisori strategici. Al tempo stesso game-changing, people-centered e cosmopolita, B2B Rocks è l’evento che riunisce le Rock Star della tecnologia e del SaaS.

La decima edizione

La decima edizione segna una nuova era per l’evento, sostenuto da un’associazione di appassionati Tech, di cui uno dei membri più attivi è la startup Appvizer con sede a Montpellier.

Questo evento di nuova generazione, sostenuto dalla French Tech, si allontana dai formati tradizionali con un formato ibrido online/offline e contributi simulcast dal vivo dai cinque continenti.

B2B Rocks riunisce una comunità globale di donne e uomini e si muove velocemente come il mondo digitale.

Stella nascente della scena Tech, Colin Lalouette, presidente di B2B Rocks, ha formato un rinomato comitato editoriale per creare una controproposta di alta qualità al SaaStr di San Francisco.

B2B Rocks 2022 sarà infatti più innovativo, inclusivo, personale e più internazionale che mai.

Il comitato editoriale di B2B Rocks

Il comitato editoriale di B2B Rocks è composto da giornalisti, VC, esperti di SaaS e membri de “La French Tech” che si sono riuniti per re-immaginare il nuovo B2B Rocks.

Tra i membri del comitato anche Kat Borlongan, Chief Impact Officer Contentsquare + Ex direttrice La French Tech, Eric Burdier, Founding Partner Axeleo Capital e Alex Delivet, CEO di Collect.

Il focus del 2022 sarà la crescita internazionale, l’audacia e l’inclusività.

B2B rocks montpellier

Un mercato da 670.000.000 di dollari

Nel 2022, il valore cumulativo del mercato del software B2B non sarà inferiore a 670 miliardi di dollari, di cui il SaaS rappresenterà 190 miliardi.

Il SaaS ha registrato una crescita a due cifre negli ultimi dieci anni e dà lavoro a più di mezzo milione di persone.

Gli Stati Uniti hanno a lungo guidato questo settore, ma l’Europa ha registrato livelli storici d’investimenti nel 2021 e conta ora quasi 100 unicorni, il doppio rispetto al 2019.

Nel 2020, la Francia ha potuto contare su una crescita del settore superiore al 9%, con le startup e il settore SaaS che rappresentano quasi l’1% del PIL francese. Oltre all’Île de France (Parigi), l’Occitania è la regione con il maggior numero di sviluppatori di software nel paese, rendendo Montpellier una scelta naturale per B2B Rocks.

Nell’attesa dell’evento, è già possibile seguire le attività sul sito di B2B Rocks, ascoltare interviste e webinar e sfruttare l’occasione di entrare in contatto con i relatori dell’evento.

Con Ninja al B2B Rocks

Solo per la community Ninja ci sono a disposizione i biglietti gratuiti per B2B Rocks, il festival mondiale dedicato all’innovazione, al digitale e al software SaaS, a Montpellier dal 9 all’11 giugno

In programma:

  • + 1.500 partecipanti, tra cui 200 speakers VIP e 100 VC
  • 50 conferenze, 20 tavole rotonde e numerosi incontri di business
  • 10 Duplex nei 5 continenti per parlare d’internazionalizzazione
  • 1 Pitch Contest per valorizzare le startup di domani
  • 1 serata di networking in un’atmosfera rilassata e musicale

Partecipando, potrete incontrare persone come Matthieu Gombeaud (Aircall), Tricia Miller (Twilio), Charlotte Philippe (Meta/Facebook), Rémi Aubert (AB Tasty)… e Clara Chappaz, direttore della French Tech.

Utilizza il codice promozionale XVX!RH!J per ottenere un numero illimitato di posti gratuiti al momento della prenotazione.

creator economy

Creator Economy: impatto dei content creator sull’engagement dell’audience

Decentralizzazione e democratizzazione. Sono queste le parole chiave del presente e di un futuro ormai prossimo, legate agli sviluppi tecnologici e finanziari che, a grandi passi, stanno per entrare nelle nostre vite e nei nostri business. Il Metaverso inteso come unico e persistente, presente attualmente solo a livello concettuale, sarà possibile e realizzabile solo quando ci troveremo di fronte a un ambiente virtuale unico e decentralizzato di cui la creator economy sarà il motore in grado di sostenerlo e i creator forniranno il carburante per il suo sviluppo abilitando la democratizzazione dei guadagni.

Per questo, comprendere l’importanza del fenomeno diventa di fondamentale importanza: i creator non saranno più “soltanto” produttori di intrattenimento, ma costruiranno i mattoni virtuali di un nuovo mondo, non centralizzato e aperto a tutti.

Creator Economy: di cosa si tratta

Con Creator Economy si definisce il sistema di produzione di creatività digitali e prodotti di comunicazione che permettono a chiunque di guadagnarsi da vivere o di costruire un business attorno a un pubblico o una nicchia di mercato.

Content creator, videomaker, influencer e blogger hanno dato vita a un vero e proprio indotto che contribuisce all’espansione della globalizzazione e della digitalizzazione. Nonché ad attrarre grossi capitali di investimenti da corporate e multinazionali (secondo Forbes, circa 800 milioni di dollari da ottobre 2020).

creator-economy-piattaforme-principali-ninja-marketing

Creator Earnings: Benchmark Report 2021, NeoReach, Influencer Marketing Hub

Perché ne parliamo

Un rapporto di SignalFire ha rilevato che la Creator Economy sta diventando sempre più popolare. Secondo la ricerca, presto 50 milioni di persone si considereranno dei content creator. Si prevede che solo YouTube genererà 30 miliardi di dollari di entrate entro la fine del 2022 da influencer, blogger e youtuber.

Secondo una ricerca Mediakix, gli influencer sponsorizzati online oggi generano un fatturato di 8 miliardi di dollari e la cifra è destinata a crescere entro il 2022. In generale si rileva un notevole cambiamento negli obiettivi e nelle aspirazioni dei ragazzi della Generazione Z rispetto a Millenniale e le generazioni precedenti. Influencer Marketing Hub riporta che il 29% dei bambini americani sogna di diventare una star di YouTube. I giovanissimi che vogliono diventare un astronauta sono solo l’11% degli intervistati.

LEGGI ANCHE: Strumenti per monetizzare con la Creator Economy

Perché è importante per noi

I content creator progettano e pubblicano contenuti ed esperienze per le persone che appartengono alla loro fan base. Il loro vantaggio competitivo deriva dalla massima verticalità e specializzazione della comunicazione direttamente rivolta alla community.

I creator sono in grado di entrare in connessione con nuovi modi di engagement dell’audience, sviluppare nuove forme di narrazione e padroneggiare (talvolta in maniera naturale e istintiva) nuove forme di espressione. Un livello di connessione impossibile da raggiungere per i mass media e i mezzi di comunicazione tradizionali.

creator-economy-evoluzione-ninja-marketing

Cosa c’è da sapere

La Creator Economy è alimentata su più fronti. Da una parte, la gioia del content creator di dare vita a qualcosa che ama fare ricopre un ruolo decisivo. Dall’altra si rileva una democratizzazione radicale e trasversale all’interno del web e dell’universo digitale. Molti creator partecipano al mercato, si mettono in gioco e lo alimentano. C’è una vera e propria distribuzione di opportunità economiche secondo una legge di potere (ad esempio, individui e piccoli team spesso possono generare enormi risultati).

Ma non manca la classica “mano invisibile” smithiana. La forza propulsiva della Creator Economy è per certi versi attenuata o regolata dalle “perturbazioni” che i content creator devono affrontare in maniera fisiologica. Ovvero si trovano talvolta a utilizzare sistemi e tecnologie legacy, quindi troppo lente, costose, fragili o inaffidabili affinché venga messo in piedi un vero e proprio business.

Conclusioni

Ci troviamo indiscutibilmente nel bel mezzo della Creator Economy. Live streaming, graphic design, video content, social commerce e online videogames sono solo alcune delle attività che alimentano l’indotto. Altri settori come il metaverso, criptovalute e NFT sono ancora agli albori. Ma nei prossimi mesi una nuova ondata di content creator, sostenuti da piattaforme progettate per loro, potrà cogliere enormi opportunità economiche e sconvolgere il mondo del lavoro per come l’abbiamo sempre conosciuto.

La domanda che sorge spontanea è questa: come farà la Creator Economy a sostenere un costo potenzialmente maggiore dell’energia necessaria a produrre i contenuti? E riusciranno i creator a trovare lo spazio informativo adeguato a emergere e non lasciarsi sopraffare da un contesto di infodemia?

gli strati del metaverso

Creator Economy e Decentralizzazione come base per la costruzione del Metaverso

Il Metaverso non è “un” metaverso.

È la prossima generazione di Internet: un multiverso. Le numerose applicazioni sviluppate in questo senso ci avvolgeranno completamente, sia a livello visivo, sia a livello sociale.

Sebbene sia probabile che molti spazi assomiglieranno a parchi a tema virtuali, il traguardo è rappresentato da un Metaverso alimentato da una robusta Creator Economy abilitata attraverso la decentralizzazione.

Il Metaverso non è quindi semplicemente una versione in 3D di un mondo in 2D: è l’inesorabile dematerializzazione di spazi fisici, distanze e oggetti.

Gli investimenti e le decisioni prese ora determineranno quale futuro che si manifesterà: uno che offre la più grande varietà di esperienze, alimentato da creatori, o uno definito dalla prossima ondata di gatekeepers e “affittuari”.

Puntiamo sul primo scenario e analizziamo insieme la catena di valore di questo mercato – un mondo alimentato dai creator e costruito sulla decentralizzazione – attraverso gli strati che lo compongono.

grafico livelli metaverso

Gli strati del Metaverso

Esperienza

Il livello dell’esperienza comprende tutte le attività in cui le persone si impegnano a livello pratico, come giocare online, ascoltare musica, fare shopping.

Scoperta

La scoperta rappresenta il canale attraverso cui le persone vengono a conoscenza dell’esistenza delle esperienze.

Creator Economy

Questo livello contiene tutti gli strumenti che consentono ai creator di produrre contenuti per il Metaverso e gli strumenti di monetizzazione.

Spatial Computing

Si tratta del software che permette di trasformare gli oggetti in 3D, portandoli nel Metaverso e consentendoci di interagire con loro.

Decentralizzazione

Tutte le attività fisiche e digitali che stanno spostando l’ecosistema verso una infrastruttura distribuita e democratizzata non vincolata a un potere centrale.

Human Interface

È l’hardware che ci permette di accedere al Metaverso. Ad esempio, Visori VR e tecnologia aptica.

Infrastruttura

Il livello dell’infrastruttura è costituito dai semiconduttori, dalla scienza dei materiali, dal cloud computing e dalle reti di telecomunicazione che rendono possibile la costruzione di qualsiasi livello superiore.

bitcoin cripto economia

Bitcoin in Messico, Honduras e Portogallo: l’annuncio alla Bitcoin Conference

Un annuncio storico, non rivoluzionario come quello del presidente di El Salvador, che ha reso Bitcoin valuta legale nel paese lo scorso anno, ma quanto è stato annunciato durante la Bitcoin Conference 2022 è un passo in avanti molto importante per l’intero ecosistema. Le novità riguardano un’isola in Honduras, una regione autonoma del Portogallo e il Messico.

Gli annunci sono stati fatti dai rappresentanti dei tre Paesi, portati sul palco della conferenza Bitcoin 2022 a Miami da Samson Mow, ex chief strategy officer di Blockstream e uno degli architetti del progetto Bitcoin Bond in El Salvador.

Bitcoin Conference - annuncio messico honduras e portogallo

L’ex direttore strategico di Blockstream che si è dimesso a marzo per concentrarsi su “l’adozione di Bitcoin da parte degli stati nazionali“, ha portato i legislatori di tutto il mondo sul palco di Bitcoin 2022 per evidenziare i progressi normativi che vengono fatti per incoraggiare l’adozione di Bitcoin da parte degli stati nazionali.

Gli annunci della Bitcoin Conference 2022

Roatán

L’isola di Roatán in Honduras avrà Bitcoin come moneta a corso legale. Inoltre, la zona franca economica dell’isola, gestita da Honduras Prospera Inc., consentirà l’uso dei bitcoin bond, come un modo per portare investimenti esteri nel paese. Lo ha annunciato Joel Bomgar, presidente di Próspera.

Madeira

L’isola portoghese alle porte d’Europa adotterà Bitcoin in virtù del suo speciale status di regione autonoma. Inoltre, gli investitori Bitcoin non pagheranno imposte sul reddito personale.

Messico

Si tratta della notizia più importante in assoluto, ma probabilmente ancora la più incerta: il presidente del Messico sarebbe pronto a ricevere Samson Mow per discutere dell’adozione di Bitcoin come valuta avente corso legale. Se l’adozione si verificasse davvero, sarebbe un grande rivoluzione in un Paese confinante con USA e di tali dimensioni.

Il senatore messicano Indira Kempis ha anche affermato che una nuova legislazione incentrata su Bitcoin sarà proposta al senato messicano.

Le parole di Mow alla Bitcoin Conference 2022

Penso che ora sia un momento cruciale nella storia dell’umanità e abbiamo bisogno di andare avanti velocemente. Ciò di cui abbiamo bisogno è più adozione di bitcoin da parte degli stati nazionali“, ha detto Mow. “Ogni paese, ogni giurisdizione, avrà un percorso unico per l’adozione di bitcoin. La moneta legale è un modo, un altro modo è la moneta legale de facto“.

Digital Twins copertina con un esempio

Digital Twins: cosa sono e perché sono sempre più importanti per le aziende

Con il passare degli anni riscontriamo che i nostri sistemi e le nostre risorse tendono ad evolversi continuamente e questo richiede che anche i processi alla base della loro realizzazione e gestione si evolvano al fine di renderli più efficienti, più sicuri e capaci di migliorare la loro performance.

Proprio in questa ottica vengono impiegati i cosiddetti Digital Twins (o gemelli digitali): una rappresentazione virtuale di un asset, prodotto o servizio esistente nel mondo fisico connessa con questo.

esempio di digital twins

Da dove nasce il concetto di Digital Twins

1970 – La NASA utilizza 15 computer per ricreare una rappresentazione matematica della sfortunata situazione dell’equipaggio sull’Apollo 13.

1991David Gelenter, per il suo Mirror Worlds, introduce il concetto di Digital Twin.

2002 – Grazie a Michael Grieves (University of Michigan), abbiamo la prima applicazione industriale.

2010 – Il termine Digital Twin viene coniato nel 2010 da Michael Vickers della NASA.

Le applicazioni dei Digital Twins

IoT, AI, Machine Learning e trasformazione digitale avviata con Industria 4.0 hanno accelerato l’applicazione concreta della riproduzione digitale connessa agli asset fisici.

L’asset reale è connesso a quello virtuale in tempo reale grazie a sensori che inviano una enorme mole di dati analizzati in tempo reale e utilizzati per effettuare simulazioni dalle quali si ottiene, ad esempio, il miglioramento delle performance di un processo produttivo consentendo il risparmio energetico, oppure si migliora il livello di sicurezza di un processo riducendo il numero di incidenti, o ancora si migliora un prodotto per renderlo più appetibile alla clientela.

In questo ambito l’AI gioca un ruolo fondamentale perché l’analisi di questi dati, combinata con altre fonti di informazione, permette di sviluppare modelli previsionali.

I campi di applicazione sono tantissimi e alcune aziende attualmente sono impegnate anche nello sviluppo di gemelli digitali delle persone reali che consentirebbero, in futuro, di incontrare virtualmente un collega distante o perfino di parlare con i gemelli virtuali di cari defunti e con versioni presenti o future di sé stessi.

Ad oggi i gemelli digitali vengono utilizzati principalmente nell’industria, ma la tecnologia si sta affermando anche nel campo sanitario e nel retail.

Digital Twins . gemelli digitali

Riduzione dei costi nella produzione

Tra le più note aziende italiane che già fanno utilizzo di questa tecnologia vi è Fincantieri, che si è classificata tra le aziende vincitrici del secondo bando del Competence Center Smact proprio con un progetto finalizzato alla creazione di un gemello digitale per ottimizzare e ridurre i costi del processo di costruzione di una nave.

Entertaiment

China Central Television ha realizzato avatar digitali degli ospiti dello Spring Gala Festival, con l’aiuto di machine learning e intelligenza artificiale. ObEN, l’azienda che ha creato le copie virtuali, ha in programma l’elaborazione di altre categorie di persone come medici virtuali e insegnanti grazie all’apprendimento automatico tramite l’elaborazione del linguaggio naturale unita a tecniche di visione artificiale

Servizi sanitari e ricerca medica

Anche nella sanità non mancano applicazioni del modello dei Digital Twins.

Esempio molto importante è il progetto di Dell Technologies in collaborazione con i2b2 tranSMART Foundation, organizzazione non-profit per la ricerca open source, per il trattamento domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19.

I dati acquisiti da milioni di pazienti nel mondo verranno messi a disposizione dei ricercatori che, grazie ai Digital Twins generati, potranno sperimentare nuove terapie o migliorare quelle esistenti.

Retail

L’utilizzo dei Digital Twins può contribuire al miglioramento continuo e alla trasformazione della customer experience realizzando simulazioni che generano previsioni sempre più accurate del comportamento degli acquirenti, per poter fare la differenza in termini di consigli offerti (cross e ip selling), promozioni e vendita personalizzata grazie al gemello digitale di ognuno dei clienti.

Questa tecnologia è anche in grado di proporre, per esempio, abiti perfetto per taglia, vestibilità e stile senza bisogno che venga fisicamente provato.

Alcune aziende del fast fashion adottano già un modello del Digital Twin applicato al proprio store fisico: la presenza nello store di sensori IoT consente la connessione con il clone digitale dello stesso inviando una grosse mole di dati in tempo reale che permette di rilevare potenziali problemi o gestire scenari, ad esempio, modellando il flusso di clienti e la densità di traffico pedonale nei pressi dello store e in particolari aree all’interno dello store.

Fonti energetiche

General Electric sta utilizzando il modello dei gemelli digitali applicato alla produzione di energia eolica minimizzando i costi di manutenzione. Infatti, ogni turbina viene venduta già associata a un modello digitale che riceve feedback costanti dal prodotto fisico, fornendo dati sul funzionamento e sullo stato di usura dei diversi componenti.

Sport

I Digital Twins sono già molto utilizzati nella Formula 1. Le simulazioni legate alle performance del pilota e le reazioni della vettura in pista contribuiscono notevolmente a migliorare le performance.

Perché ci interessa

In molti si chiederanno se anche il Metaverso possa considerarsi un’ applicazione del digital twinning. In parte è così in quanto rappresentazione della realtà fisica. In assenza  però di sensori che consentano il collegamento tra le due realtà e l’evoluzione del mondo virtuale sulla base dei dati acquisiti da quello reale, rischia di rimanere un mondo virtuale isolato.

In sostanza, per l’evoluzione futura del Metaverso, il digital twinning rappresenta una milestone indispensabile.

Nel breve termine l’impatto del digital twinning nel mercato consumer in generale saranno molteplici e riguarderanno vari aspetti, dalla gestione dei punti vendita al miglioramento dei prodotti tramite lo smart building, alla formazione del personale di assistenza e vendita, fino all’ ottimizzazione della supply chain e tanto altro ancora.

I CRM rivestiranno un ruolo sempre più decisivo per la definizione di una customer journey più dettagliata dato che acquisiranno dati da nuovi touch point e sarà possibile abbracciare un nuovo e più ampio modello di Phygital.

In Italia esistono ancora importanti gap infrastrutturali, specialmente per le PMI. La rimozione di queste barriere consentirà a tali tecnologie di impattare notevolmente sul business delle aziende e sulla vita delle persone.

DAO cosa sono - copertina

Cosa sono le DAO – Decentralized Autonomous Organizations e perché devi conoscerle

C’è così tanto clamore intorno alla blockchain, alle criptovalute e agli NFT che a volte può essere difficile intuire la reale utilità della tecnologia. È difficile comprendere il valore intrinseco di una criptovaluta o di un NFT, quando i loro prezzi sono basati principalmente sul loro valore come strumento speculativo. Capire l’utilità delle DAO, o organizzazioni autonome decentralizzate, è un po’ più semplice, anche se il concetto è ancora molto giovane ed è stato sperimentato solo in parte.

Cos’è una DAO

Una DAO è un modo di organizzare le attività delle persone e i loro interessi su internet usando una blockchain. Le DAO sono organizzazioni la cui attività ed il cui potere esecutivo sono ottenuti e gestiti attraverso regole codificate, come programmi per computer chiamati smart contract. La blockchain è usata come una sorta di “libro mastro pubblico” che esiste solo su internet. Utilizza un complesso sistema di crittografia per assicurare che tutto ciò che vi viene scritto (“blocchi”) sia verificabile. Questo libro mastro può essere anche usato per memorizzare informazioni e le regole legali di un’organizzazione in documenti chiamati contratti intelligenti.

A cosa possono servire le DAO

Un’organizzazione autonoma decentralizzata può essere costituita per le finalità più varie e diverse. Ad esempio, per raccogliere denaro per un ente di beneficenza o per formare una società di investimento nella quale tutti i membri contribuiscono fondi in cambio di azioni, anche di altre aziende. Ogni membro partecipante può pagare una quantità di criptovalute in cambio di un certo numero di token attribuiti dai regolamenti della DAO. Il pay-in e il pay-out sarebbero quindi regolati secondo le regole dello smart contract associato.

Alcuni esempi di DAO

Per semplificare, la popolare criptovaluta Bitcoin può essere considerata una DAO nella quale le persone stipulano accordi per comprare e vendere la criptovaluta, secondo una serie di termini e condizioni. Il tutto è tracciato sulla blockchain di Bitcoin.

La maggior parte delle DAO che esistono oggi funzionano sulla seconda più grande blockchain, la rete Ethereum.

Ethereum descrive una DAO come “un business internet-nativo che è collettivamente di proprietà e gestito dai suoi membri. La DAO contiene dei valori incorporati ai quali nessuno ha l’autorità di accedere senza l’approvazione del gruppo. Le decisioni sono governate da proposte e votazioni“. In altre parole, non c’è un amministratore centrale: sono gli stessi partecipanti a gestire la DAO e si occupano di approvare qualsiasi movimento di valuta in entrata o in uscita.

Ad esempio, un gruppo di appassionati di criptovalute ha istituito un DAO chiamato ConstitutionDAO per raccogliere fondi per acquistare una delle 13 prime stampe della Costituzione degli Stati Uniti. Il gruppo non è riuscito ad aggiudicarsi una delle copie della Costituzione, che sono state messe all’asta da Sotheby’s, ma è riuscito a raccogliere rapidamente 47 milioni di dollari per la causa.

Un altro DAO chiamato LinksDAO sta raccogliendo fondi per acquistare e sviluppare un proprio campo da golf in crowdfunding. Il gruppo ha venduto iscrizioni al club sotto forma di token non fungibili (NFT) e ha raccolto più di 10,5 milioni di dollari. I proprietari degli NFT hanno così ottenuto una quota del club e il diritto di partecipare alle decisioni su come sviluppare il progetto.

Quali sono i vantaggi delle DAO

Le DAO sono pensate e impostate in modo da non richiedere ai partecipanti di “fidarsi” l’uno dell’altro. Infatti, i membri possono essere perfetti sconosciuti che rispondono agli obblighi prescritti nel contratto intelligente. I termini del contratto – insieme a tutte le azioni dei partecipanti – sono scritti nel codice sulla blockchain, dove le informazioni sono pubbliche e permanenti.

La ragion d’essere delle DAO è la sfiducia nel controllo umano centralizzato.Non c’è nessun amministratore delegato che possa autorizzare le spese in base ai propri capricci“, si legge nelle FAQ di Ethereum, “e nessuna possibilità che un CFO sospettoso manipoli i libri contabili“.

Il potere decisionale in una DAO è distribuito per includere tutti i partecipanti, e automatizzato per ridurre al minimo la necessità di amministrazione quotidiana.

In cosa gli Smart Contract sono migliori degli accordi legali tradizionali

Per molti aspetti, un contratto intelligente DAO è come un accordo legale scritto in codice da sviluppatori di software, ma gli smart contract aggiungono anche un elemento di automazione agli accordi legali. Per esempio, un contratto intelligente che governa una raccolta di fondi potrebbe contenere – e poi distribuire in automatico – un crypto token a un partecipante che ha appena donato una certa quantità di denaro alla causa.

I contratti intelligenti possono anche essere più brevi, più piccoli e più rapidamente prodotti rispetto ai contratti legali standard, secondo i sostenitori del sistema DAO. Inoltre, utilizzando criptovalute registrate sulla blockchain, è possibile raccogliere denaro molto più rapidamente che con la valuta fiat processata attraverso le banche tradizionali.

Quali sono gli svantaggi delle DAO

Nonostante il nome, le DAO che esistono oggi non sono totalmente decentralizzate o puramente democratiche. Si basano ancora, in qualche modo, sulla fiducia dei partecipanti nel gruppo di esseri umani che inizialmente hanno istituito il DAO e i suoi obiettivi e termini generali.

Quel gruppo di esseri umani deve anche avere fiducia per decidere un modello di governance che si adatti alla causa. In alcuni modelli, ad esempio, per ogni partecipante che contribuisce alla raccolta, indipendentemente dalla quantità versata, viene emesso un singolo token, che equivale a un voto da esprimere nelle future decisioni della DAO. Ma in alcuni casi potrebbe essere ingiusto attribuire lo stesso peso al parere di chi ha contribuito in misura diversa allo sviluppo del progetto.

Conclusioni

Sono un potente strumento di decentralizzazione e democratizzazione dei processi. Tuttavia, si tratta di una tecnologia ancora molto giovane che ha bisogno di affinarsi attraverso nuovi casi di studio.

ninja in crociera, grandi dimissioni e great re engagement

Grandi Dimissioni: come far innamorare di nuovo le persone delle aziende

“Le Grandi Dimissioni”, il fenomeno che preoccupa le aziende di tutto il mondo occidentale, sembra essere ancora lontano dal suo declino.

In un articolo del New York Times, la ricercatrice Emma Goldberg ha approfondito il tema, esplorando come i millennial abbiano “paura” dei lavoratori della Generazione Z, che stanno spingendo per una nuova, audace richiesta di condizioni migliori sul posto di lavoro per raggiungere un giusto equilibrio tra ufficio e vita privata.

Uno studio di Personal Capital e The Harris Poll ha scoperto che due terzi degli americani intervistati erano desiderosi di cambiare lavoro. tra i più giovani, la percentuale arrivava addirittura al 91%, più di qualsiasi altra generazione.

Il contesto della Great Resignation

Non c’è motivo di credere che i numeri miglioreranno nel corso del 2022, dato che una ricerca di Gallup rivela che uno sbalorditivo 48% dei lavoratori sta attivamente cercando alternative al proprio lavoro, mentre la ricerca McKinsey alza l’asticella addirittura al 58%. In questo studio, circa il 36% dei lavoratori americani ha perfino dichiarato di aver lasciato il proprio lavoro senza avere alcuna alternativa professionale.

grandi dimissioni, report McKinsey - le persone lasciano il lavoro senza una reale alternativa

Il fenomeno della Great Resignation, tradotto spesso impropriamente con “grande rassegnazione”, è destinato ad accompagnarci nel mondo del lavoro per i prossimi anni, contribuendo a riplasmare il rapporto delle aziende con i lavoratori, che ora guardano al proprio tempo in un modo totalmente diverso rispetto al passato.

Più che di grande rassegnazione o dimissioni, sarebbe forse più corretto parlare di una nuova scala di priorità che ha sostituito quella precedente.

In qualunque modo ci sembri più corretto rinominare il trend, quello che è chiaro è che l’epidemia di Covid-19 ha stimolato un cambiamento disruptive nel modo di intendere il lavoro e la vita professionale, come mai era accaduto prima: chi abbandona il posto di lavoro è oggi un vincitore, non un perdente, come invece era percepito in passato.

LEGGI ANCHE: Lasciare il lavoro è virale: la Gen Z festeggia il licenziamento sui social

Come contrastare le Grandi Dimissioni

Sebbene secondo un recente rapporto del Censis sembra che, in Italia, il fenomeno non sia così dilagante e si possa rilevare ancora un certo pragmatismo indirizzato a conservare il proprio posto di lavoro, il trend non va per nulla sottovalutato, proprio in considerazione di quello che sta accadendo oltre oceano: le posizioni aperte rimangono vacanti per diverso tempo causando grossi problemi organizzativi alle aziende che non riescono più ad attrarre efficacemente la forza lavoro.

Se le persone non si sentono più soddisfatte dalle condizioni di lavoro e da quella parte della propria vita che sottraggono agli affetti e agli svaghi, una potenziale soluzione sembra lapalissianamente semplice: è necessario che i leader comprendano le priorità di vita dei loro lavoratori e che avvenga un nuovo allineamento tra le due “fazioni”.

I manager devono tornare a essere empatici, autentici e ad ascoltare davvero le persone per ristabilire un rapporto di fiducia che ormai scricchiola troppo.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Mirko Pallera (@mirkopallera)

Dalla Great Resignation al Great Re-Engagement

Non sentirsi apprezzati o non sentirsi parte dell’azienda sono due tra le motivazioni principali per l’abbandono del posto di lavoro secondo il report di McKinsey.

Tuttavia, un ottimo primo passo è proprio condividere con le persone che lavorano nella nostra azienda l’entusiasmo e la mission aziendale, riconoscere periodicamente il loro valore evidenziando i successi e mettendo in moto dei processi in grado di dare un boost alle loro skill trasformandoli in talenti.

Non meno importante, anzi, probabilmente aspetto essenziale per rendere il lavoratore felice, è quello della flessibilità.

La flessibilità è in cima alla lista delle priorità di molte persone. Molti lavoratori hanno imparato ad apprezzare la possibilità di lavorare da casa e preferirebbero avere la possibilità di continuare a farlo, almeno part-time.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Federica Bulega (@fedebulega)

Le aziende davvero agili sono riuscite a rassicurare i propri dipendenti durante la pandemia dando loro fiducia: una crisi globale può tirare fuori il meglio dalle persone, portando creatività e innovazione. Grazie a una cultura ricca e positiva non solo sopravvivono, ma prosperano nell’affrontare sfide come la pandemia.

“Voglio venire a lavorare con voi” come diventare un’azienda Ninja (e attrarre i talenti)

Un recente articolo del Wall Street Journal racconta come i vertici di Meta stiano lavorando per trasformare la concezione del lavoro da remoto portandola all’estremo.

le grandi dimissioni, lavorare in crociera

La strada è quella giusta: la soluzione al problema della Great Resignation passa anche attraverso scelte coraggiose (e un po’ folli, forse), come quella di rendere la flessibilità sul posto di lavoro qualcosa di più concreto di una semplice procedura.

Liberare lo spirito creativo, troppo spesso incarcerato tra le mura grigie degli uffici è possibile, a patto di acquisire una vera consapevolezza del carico che lo scambio di fiducia reciproca con il team comporta: svago e full immersion in contesti del tutto nuovi, come il ponte di una meravigliosa nave da crociera, non devono intaccare la produttività o rallentare il raggiungimento degli obiettivi.

E infatti, quando MSC Crociere ha invitato il nostro team a sperimentare l’esperienza di lavoro a bordo della favolosa MSC Grandiosa per una crociera di 8 giorni nel Mediterraneo, Ninja, da sempre pioniera del lavoro agile, ha colto al volo l’occasione di dimostrare quanto il lavoro flessibile possa essere portato all’estremo, favorendo ogni possibile declinazione dello smart working sui temi della flessibilità e del Great Re-Engagement.

L’invito di MSC si è così trasformato in un’opportunità per incontrare nuovamente i membri del team dislocati nelle diverse sedi, ma anche per conoscersi meglio fuori dall’orario di lavoro e affinare le procedure confrontandosi davanti a una tazza fumante di caffè americano.

E poi, tramonti mozzafiato, panorami indimenticabili e buon cibo. Tra mille storie su Instagram, tantissime esperienze disponibili e serate tra brindisi e risate, anche le ore trascorse fuori dai momenti lavorativi hanno contribuito a rafforzare un team building già efficace.

Anche per questo, una delle sfide che un vero Ninja della comunicazione deve saper affrontare, è quella di non cedere alle distrazioni.

Se, da un lato, è richiesto agli imprenditori e ai leader un grosso sforzo logico per liberarsi dall’idea della scrivania come ancora della performance, dall’altro il team deve essere in grado di farsi traghettare negli inesplorati spazi della flessibilità estrema senza cedere alla tentazione di sottovalutare l’importanza di dimostrarsi pronti e affidabili, pena il ritorno a procedure “più classiche”.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Fabio Casciabanca (@fabiocasciabanca)

Arginare il fenomeno delle nuove generazioni che rinunciano a un futuro professionale stabile è possibile; invertire al rotta e ricominciare a guardare alle aziende come un porto sicuro in cui approdare è una grande sfida alla quale le imprese non possono sottrarsi.

Magari diventando “un po’ più Ninja” e trasformando lo Smart Working in Magic Working.