Sotto-tag MOFU (medio) di Funnel

youtube account verificato

Account verificato su YouTube, come ottenere e mantenere la spunta grigia

    • Ogni account verificato su YouTube presenta un badge grigio simile a un segno di spunta o una nota musicale.
    • Per ottenerlo devi aggiungere il numero di telefono, avere almeno 100.000 follower e pubblicare video con una certa frequenza.

 

Sai che puoi ottenere un account verificato su YouTube con un segno di spunta grigio accanto al nome del canale?  Il badge di verifica grigio è un ottimo modo per verificare il tuo canale, e per accertare che sei proprio tu a diffondere i tuoi incredibili contenuti video.

Se non sai come ottenere un account verificato su YouTube, sei nel posto giusto: continua a leggere!

I vantaggi dell’account verificato su YouTube

Ottenere un badge di verifica è molto importante per chi vuole guadagnare su YouTube, ma non è facile ottenere (e mantenere) quel segno di spunta. Potrebbe volerci un po’ di tempo, ma è fattibile. E ne vale la pena.

Per prima cosa, cominciamo ad acquisire alcune nozioni di base. Il badge di verifica può essere un segno di spunta grigio o una nota musicale grigia, visualizzati rispettivamente accanto al nome di un creator o di un artista di YouTube.

Account verificato su Youtube, badge grigio

Questo badge indica credibilità, oltre a certificare che non sei un bot! Tuttavia, ecco cosa devi sapere prima di ottenerlo:

  • nessuna caratteristica “esclusiva”. Avere un account verificato su YouTube non significa avere accesso a funzionalità, vantaggi o bonus esclusivi. Ti darà solo maggiore autorevolezza.
  • Previene il traffico rubato. La verifica su YouTube impedisce agli imitatori di rubare il traffico che dovrebbe andare al tuo canale.

Curiosità: nel settembre 2019, YouTube ha annunciato un nuovo design per la verifica del canale. In pratica, lo sfondo grigio avrebbe sostituito il segno di spunta grigio esistente. Ma il nuovo badge non è stato ancora implementato.

Badge di YouTube e verifica dell’account: sono la stessa cosa?

Non confondiamo la procedura con il risultato! Per ottenere il badge, appunto, dovrai seguire alcuni passaggi per avere un account verificato su YouTube.

Dopo aver verificato l’account associato al canale, sarà possibile caricare video di durata superiore a 15 minuti, aggiungere miniature personalizzate, fare live streaming e ricorsi contro le rivendicazioni di Content ID (violazioni di copyright e altri reclami dei creator).

LEGGI ANCHE: Ora puoi fare le Stories anche su YouTube (ma solo se hai almeno 10 mila follower)

account verificato youtube

Gli step da seguire

  • Come altre piattaforme social, YouTube ti chiederà di aggiungere il tuo numero di telefono per verificare l’account. Questo consente di sapere che sei un essere umano, non un bot che cerca di inviare spam al sito.
  • Se il canale ha già oltre 100.000 iscritti, potresti ottenere rapidamente il tuo badge. Molti pensano al badge di verifica come a un metodo di approvazione dei contenuti, e non alla verifica dell’identità. Ecco perché Youtube ha aggiornato la propria politica. Attualmente, devi comunque avere almeno 100.000 iscritti per richiedere il badge.
  • Il tuo canale dev’essere pubblico e avere una descrizione, un’icona personalizzata, dei contenuti ed essere attivo con gli utenti di YouTube.
  • Per ottenere rapidamente un account verificato su YouTube, quindi, dovresti pensare a come aumentare le visualizzazioni e gli iscritti al canale.

Account verificato su YouTube

Suggerimenti per ottenere un badge più velocemente

  • Sii onesto e trasparente su ciò che condividi. Creare video incredibili è utile per attirare gli spettatori, ma assicurati che siano pertinenti. Non esagerare sui vantaggi del tuo prodotto o servizio. Invece, vai nel “backstage” della tua attività e racconta la tua storia, spiega come la svolgi effettivamente.
  • Rispondi a qualunque commento sui tuoi video. È un ottimo modo per dimostrare che sei una persona vera, e che apprezzi le opinioni e i feedback delle persone.
  • Condividi i video con una certa frequenza. Non è necessario pubblicare un video ogni ora: all’inizio ne basterà almeno uno a settimana, soprattutto se stai cercando di crearti un pubblico.

account verificato youtube

Come richiedere la verifica su YouTube

Se soddisfi i criteri sopracitati, a questo punto dovrai:

  1. Collegarti alla pagina di supporto di Google.
  2. Scorrere verso il basso, fino alla sezione Richiedi la verifica del canale, e cliccare su “Apply now” (“richiedi ora”) nella successiva casella di testo. In questo modo, accederai al link del form da compilare per inviare la richiesta. Se il tuo canale non è idoneo, non vedrai il link, ma un messaggio che ti avvisa che non hai ancora i criteri necessari per procedere.
  3. Se riesci ad accedere al modulo di domanda Channel Verification Application, inserisci le tue informazioni. Ti verrà chiesto l’ID del tuo canale, che puoi trovare accedendo dall’account YouTube su Impostazioni e Impostazioni avanzate, sotto il tuo User ID.
  4. Dopo aver cliccato sul pulsante Invio, vedrai una notifica che t’informa che nelle settimane successive YouTube analizzerà la tua richiesta.

Account verificato su Youtube

Inoltre, YouTube t’invierà un’email di conferma in attesa della verifica.

LEGGI ANCHE: Dear Class of 2020: perché i discorsi motivazionali di quest’anno lasciano il segno

Come mantenere il badge di verifica su YouTube

Hai ottenuto il badge grigio? Va bene così, ma ricorda:

  • Non violare i Termini di servizio.
    Se vuoi rimanere verificato su YouTube, anche se hai soddisfatto tutti i criteri e hai ottenuto un badge di verifica, YouTube può eliminarlo se poi non rispetti i Termini di servizio o le Norme della community.
  • Non cambiare il nome del canale.
    Se cambi il nome del canale, perdi anche il badge… ma puoi richiedere di nuovo la verifica, utilizzando il nuovo nome.
  • Niente trucchi. Qualsiasi tattica “non autentica” per aumentare le visualizzazioni o gli iscritti ti si ritorcerà contro. È questo il motivo per cui YouTube non verifica più un canale esclusivamente in base al numero di follower.

Ottenere un account verificato su Youtube non è facile come sembra, ed è necessario impegnarsi molto per averlo. Se ti limiti a seguire i criteri della piattaforma, tuttavia, non puoi sbagliare.

Credits: Depositphotos #304129456

Cambio vita, vado a studiare Digital Marketing. Ecco da dove partire

  • Il digital marketing è sempre in espansione e ognuno di noi può trovare il proprio posto in questo mondo.
  • Da dove partire per iniziare quest’avventura? Una lista per punti su consigli e idee per cominciare a studiare Digital Marketing.

 

Ormai ci siamo, settembre è giunto. Tutto quello che avevamo rimandato nei mesi precedenti a data da destinarsi comincia a fissarci con occhi severi e indispettiti. La fine di agosto segna sempre un punto di svolta nelle nostre vite, è quasi peggio della fine dell’anno, anche se a settembre non stiliamo una lista di buoni propositi, siamo consapevoli che qualcosa di nuovo ci attende. Dobbiamo fare i conti con le cose in sospeso, sappiamo che sarà dura, soprattutto dopo le ferie, specialmente in questo 2020 così allucinante. Rispolveriamo progetti, pianifichiamo i prossimi mesi all’insegna di una scossa perché tutti ne abbiamo bisogno. Cambiamo prospettiva e cogliamo le occasioni al volo.

Voi cosa vorreste fare davvero?

digital marketing

Se siete alla ricerca di un cambiamento, se volete mettervi in gioco e provare qualcosa di diverso, stimolante e creativo, allora un’idea potrebbe essere quella di cercare un nuovo lavoro, e il digital marketing offre tante opportunità in diversi campi.

Il mondo del digital marketing

Il mondo digitale è un vasto universo in cui anche l’esploratore più entusiasta potrebbe perdersi tra milioni di dati, immagini e parole. La prima regola di sopravvivenza è che per imparare a muoversi bene nel mondo del digital marketing bisogna studiare tanto e restare aggiornati. Tutto si muove velocemente, e anche se avete appena capito alla perfezione le funzioni di un tool per il vostro sito web, ci sarà sempre qualche servizio più efficace pronto a sostituirlo.

All’inizio non sarà semplice, proprio perché è un campo molto vasto. Ci sono diverse professioni in cui potreste specializzarsi, dal content manager al growth hacker, ognuna con qualifiche e funzioni specifiche. Ma la sua vastità è anche il suo punto di forza. Il digital marketing vi permetterà di guardavi dentro e capire cosa volete fare e cimentarvi in discipline che vi interessano davvero. Ci vuole tempo, pazienza, ma soprattutto costanza. È un processo di crescita, in cui studierete, leggerete e lavorerete tanto, ma è stimolante come pochi settori.

Ecco una lista di consigli per approcciarvi al digital marketing per non farsi cogliere impreparati.

digital marketing

LEGGI ANCHE: Come iniziare una carriera nel Digital: guida dalla A alla Z

Ci vuole passione nel digital marketing

Per essere bravi nel digital marketing, o meglio, per essere veramente bravi nel proprio lavoro, bisogna metterci passione. Non stiamo dicendo che ogni mattina vi sveglierete felici e sorridenti perché amate il vostro lavoro, ma se scegliete di farlo dovete essere mossi da qualcosa di forte, perché tutti abbiamo giornate belle e giornate brutte, ma a volte si perde l’entusiasmo ed è difficile ritrovarlo.

Il mondo del marketing digitale si muove velocemente e se non avete passione e voglia d’imparare cose nuove, se i cambiamenti vi terrorizzano, probabilmente non è il lavoro che fa per voi. Questo settore richiede passione e desiderio di avere successo.

Il digital marketing è aggiornamento costante

È fondamentale essere aggiornati su tutte le notizie del settore consultando i principali siti di digital marketing, e le persone influenti sui social media. Google e Facebook, per esempio, modificano costantemente le loro piattaforme pubblicitarie e i propri algoritmi a pagamento, e chi si occupa di analisi dati deve assolutamente monitorare i continui cambiamenti che avvengono. Anche chi si occupa di scrittura per siti e blog deve aggiornarsi sulle tecniche SEO per ottimizzare i propri contenuti e renderli accattivanti per gli utenti.

LEGGI ANCHE: Cosa significa essere un Digital Marketer oggi (e l’importanza delle competenze T-Shaped)

Studiare tanto e con i corsi giusti

Il digital marketing non è improvvisazione. Ci sono persone che si autodeterminano professionisti del settore ma non hanno le competenze e la preparazione adeguata. I veri professionisti sono coloro che studiano tanto e si iscrivono ai diversi corsi online per migliorare le proprie skill.

Uno dei problemi che il settore del marketing digitale deve affrontare è che non ci sono barriere all’ingresso, il che significa che chiunque abbia una conoscenza approfondita della terminologia può potenzialmente ottenere una posizione in un’azienda. Ma con la maturazione e la crescita di questo settore, i reclutatori stanno cambiando approccio, diventando più selettivi su ciò che differenzia i possibili candidati, preferendo chi ha competenze certificate e che, ovviamente, dimostra concretamente di avere.

Imparare la terminologia del digital marketing

Dare il nome giusto alle cose le definisce e nel digital marketing la terminologia è importante. Vi troverete davanti tanti acronimi con significati differenti e dovrete riconoscerli e comprenderli.

La capacità di analizzare le campagne di marketing digitale e capire quali elementi hanno funzionato o no dipende dalla vostra capacità di comprendere il gergo del settore.

digital marketing

LEGGI ANCHE: Blog noioso? 5 tecniche per creare contenuti originali e coinvolgenti

Stringere rapporti e fare network

Lavorare in questo campo vi permetterà di stringere rapporti con molte persone, sia online che offline. I

n un ambiente così dinamico e aperto al cambiamento è necessario scambiare opinioni, pareri e idee per poter crescere professionalmente ma anche arricchirsi personalmente. Partecipate a meetup e conferenze del settore nella vostra zona per coltivare relazioni con altri professionisti del marketing digitale e migliorare le proprie capacità attraverso workshop e presentazioni.

Liberi di osare

C’è tanto da imparare nel digital marketing da chi ha più esperienza, ma questo non significa che dovete seguire tutto alla lettera. Bisogna osare.

Ogni marketer dovrebbe avere progetti personali per testare le proprie teorie, cimentarsi in più discipline (SEO, PPC, Social Media, Content Marketing…) ed essere in grado di assumersi la responsabilità del successo o del fallimento di un progetto. Dovete credere in voi stessi e se non riuscite subito a emergere e a realizzare i vostri obiettivi, provate e riprovate.

Non lasciatevi abbattere, è capitato e capiterà a chiunque, ma non tutti hanno avuto la perseveranza di andare oltre gli insuccessi.

Essere una voce

Se volete essere una voce e volete farvi conoscere, dovete esserci. Essere presente in rete non significa avere solo dei canali social, ma mostrare sé stessi e cosa sapete fare. Raccontatevi come se steste parlando con un amico, mostrate i vostri progetti, cosa siete in gradi di fare. Una forte presenza online potrebbe potenzialmente essere il fattore decisivo tra due candidati che hanno presentato domanda per la stessa posizione.

digital marketing

Comprendere i dati

Nel marketing digitale i dati sono essenziali. Bisogna non solo registrarli, ma anche comprenderli per conoscere il proprio pubblico e come stanno proseguendo le proprie campagne. I dati servono a creare annunci targettizzati per personalizzare, comunicare un prodotto, un servizio o un messaggio in modo mirato.

T-shaped marketer

T-shaped marketer si riferisce a coloro che hanno una conoscenza generica di più discipline di marketing digitale e inoltre sono specializzati in una o due abilità particolari. Professionisti del genere sono molto ambiti dalle aziende, perché sono persone curiose e di conseguenza amano imparare diverse cose ed essere sempre sul pezzo. Ovviamente questa caratteristica aiuta anche dal punto di vista personale perché permette di scegliere un percorso in cui specializzarsi.

Conoscere i ferri del mestiere

È possibile conoscere alla perfezione tutti gli strumenti per migliorare le proprie prestazioni lavorative in un settore come questo che muta continuamente? La risposta è scontata. Come ogni professionista conosce i ferri del mestiere, anche un marketer deve sapere cosa scegliere per ottimizzare il proprio lavoro.

La Marketing Automation è molto gettonata per esempio, per via dell’interesse di molte aziende verso i chatbot. I software di automazione stanno rivoluzionando il mondo dell’eCommerce perché alleggeriscono notevolmente il lavoro permettendo una presenza costante di un brand.

LEGGI ANCHE: Le aziende hanno capito che devono puntare sulle persone (e renderle felici) per far crescere il business

Ascoltare il proprio pubblico

Ascoltare il proprio pubblico, cosa vuole vedere sui social, e i problemi che vorrebbero risolvere è la chiave per creare contenuti che le persone leggeranno con interesse, commenteranno e condivideranno. Questa conoscenza è fondamentale anche per pianificare come trasformare i fan dei social media in clienti per la propria azienda.

Quando i vostri clienti sono soddisfatti dei servizi che offrite genereranno un passaparola spontaneo che permetterà di farvi scoprire anche a chi non vi ha mai sentito nominare.

Una rassegna di Customer Experience meravigliose da cui farti ispirare

  • Nella CX, dobbiamo passare dal dire al fare
  • Quattro esempi e cinque take-away di Customer Experience da cui imparare
  • Spoiler: non citiamo Netflix, Amazon, Google e gli altri soliti noti

 

Lo sai? Disney non è solo la società di intrattenimento e magia che conosciamo. In effetti, se dico Disney Institute ti viene in mente nulla? Si tratta della società di consulenza, formazione e leadership di Disney, che opera a livello globale su centinaia di clienti da tutto il mondo.

Ma se Disney ‘di mestiere’ crea prodotti di entertainment, cosa c’entra con il Disney Institute?

C’entra, e tantissimo: perché l’azienda ha saputo sfruttare a meraviglia la sua capacità di dare vita a esperienze magiche e meravigliose. Non solo vendendole ai propri giovani e meno giovani clienti consumer, ma anche a manager, executive e amministratori delegati che desiderano progettare CX vivide e memorabili per il proprio business.

La Customer Experience non è per tutti

Già: perché oggi di customer experience parlano tutti, ma solo pochi passano ‘dal dire al fare’. Come dice Gianluca Rizzi sul Sole 24Ore, spesso la customer centricity rimane solo una questione di linguaggio. Solo in poche aziende e in pochi manager riescono a stimolare emozioni profonde sul pubblico, tali per cui lo stesso se ne ricordi per lungo tempo e si fidelizzi al brand. Anche perché progettare esperienze è complesso, e le stesse si dividono tra le seguenti tipologie:

  1. Entertainment: esperienze di puro intrattenimento, come partecipare a un concerto da spettatore o guardare la televisione.
  2. Educational: esperienze progettate a scopo formativo e didattico.
  3. Escapist: esperienze posizionate a cavallo tra le due tipologie citate sopra, ma che presentano livelli di partecipazione e immersività maggiori come suonare in un’orchestra.
  4. Esthetic: esperienze dove le persone sono completamente immerse in un’attività, senza però incidere sul suo corso in modo alcuno – per esempio, la visita a una galleria d’arte.

A seguire, elencherò quattro diversi case study di aziende leader nella customer experience da cui prendere spunto e ispirazione. Anche perché dobbiamo iniziare a pensare e progettare i prossimi mesi in cui (si spera) torneremo alla normalità, e la sfida è aperta.

Ti prometto che spazierò tra diverse industry, e soprattutto non citerò mai Amazon, Apple e Coca-Cola! ?

Alcuni esempi di Customer Experience ben progettate

Resort di Club Méditerranée

Esperienze e partecipazione sono da sempre fonte di valore, e un primo esempio sarà per molti molti familiare: il Club Méditerranée. Questo colosso è stato per lunghi anni all’avanguardia dell’industria turistica proprio per la capacità di proporre un universo esperienziale che andava molto al di là della normale offerta di beni e servizi per le vacanze.

In cosa consiste l’esperienza di partecipazione proposta dal Club Méditerranée? Tra gli altri, negli aspetti seguenti:

  • Abbandono commerciali tipici: la sostituzione del denaro con le collane di perline colorate è stata un’innovazione geniale per far allontanare i clienti dalle tentazioni e dallo stress delle spese estive.
  • Generosa distribuzione di prodotti e servizi unbranded: con l’eccezione del brand del Club stesso, ai clienti viene risparmiata la presenza delle marche, che nella vita quotidiana assillano la gente con migliaia di messaggi ogni giorno. La disponibilità di cibo pressoché illimitata fa entrare in un mondo dell’abbondanza e innalza il senso di appagamento.
  • Spettacoli e messe in scena: i palcoscenici del Club Méditerranée sono i luoghi di performance musicali, teatrali, d’intrattenimento svariatissime e di qualità, con forti capacità di coinvolgimento. Quello della teatralità è in effetti un tema caro per la progettazione di customer experience memorabili. Per citare un esempio parallelo, nella boutique Gucci Wooster, Gucci sperimenterà nuove modalità di servire la clientela. I visitatori saranno accolti da un gruppo di ambasciatori del marchio: i Gucci Connectors, in funzione di narratori, il cui scopo sarà quello di coinvolgere i clienti nella particolare narrativa della marca.
  • Rituali, giochi ed esperienze collettive: dal canto al ballo allo sport, il pubblico dei clienti è continuamente sollecitato a prendere parte diretta alle esperienze suggerite, contribuendo in modo diretto alla loro costruzione e riuscita.
  • Ritorno alla natura: le scelte geografiche del Club privilegiano luoghi di straordinaria bellezza naturale, invitando i clienti a immergersi in habitat al tempo stesso primitivi e tutelati e a vivere a fondo l’esperienza del relax.
  • Incontro e socializzazione: sia le attività collettive che altri espedienti (come le tavole per mangiare da decine di persone) spingono i clienti a uscire dal loro isolamento e provare nuovi contatti e amicizie.

Infrequent Flyers Club di Tigerair

Nel 2014 la filiale australiana di McCann ha ideato e sviluppato per la compagnia aerea low-cost Tigerair Infrequent Flyers Club. Una campagna di comunicazione creativa e intelligente fatta partendo da un insight: a causa dell’elevato costo del biglietto, il 77% degli australiani vola meno di tre volte all’anno.

In risposta a un dato così deprimente per una compagnia aerea locale, la stessa ha così pensato e promosso un nuovo loyalty program: un club online che si è dimostrato capace di arricchire i database aziendali con più di 500.000 nuovi contatti, presentato in un modo scherzoso e con una serie di servizi (o meglio, disservizi) opposti a quelli proposti dai programmi dedicati ai passeggeri che utilizzano di frequente gli aerei:

  • necessità di scegliere
  • stampare e ritagliare la membership card
  • possibilità di visionare dal sito web il menu dedicato, ma con la necessità però di doverlo cucinare a casa propria

Considerata la sua effettiva, enorme inutilità, la stessa card si è di fatto trasformata in un memorabilia esperienziale capace di suscitare l’ilarità dell’utente e, al contempo, di spingerlo a valutare la compagnia aerea con un occhio differente rispetto al passato per fuggire dalla possibilità di subire davvero una simile esperienza. ?

VR Distillery Experience di Jack Daniel’s

Se da un lato progettare esperienze ha un costo per le aziende, d’altra parte tale sforzo costituisce un investimento ancora maggiore, per via del grande numero di variabili progettuali necessarie e della loro forte taratura sulle specificità del singolo individuo. La sfida diventa allora comprendere in che modo ottimizzare il trade-off. Media e strumenti digitali offrono ancora un’elevata scalabilità da cui trarre vantaggio.

Grazie all’evoluzione esperienziale, un brand e un’icona culturale come Jack Daniel’s ha compiuto un vero miracolo commerciale: mantenere nel tempo il prodotto immutato nella sua ricetta originale, senza però scalfire la propria iconicità e coolness grazie alla continua innovazione nelle esperienze proposte ai pubblici. Esempio eccellente è la VR Distillery Experience: un video immersivo dove l’utente connesso può ascoltare la storia del celebre whiskey e al contempo guardare le immagini proposte durante la narrazione con panoramiche a 360°, immergendosi così di fatto in essa da protagonista. L’interlocutore può dunque “perdersi” all’interno del mondo di marca, ma è posto al contempo in una condizione più attiva, calato come protagonista della narrazione capace di giocare una parte significativa all’interno della storyline.

Supermarket of the Future di Barilla

Uno dei più grandi orgogli italiani, è Barilla. Un’azienda che nei decenni è stata capace di reinventarsi sempre, andando al passo con i tempi e comprendendo in pieno – cavalcandole! – le mutazioni culturali.

E proprio in queste settimane, proprio Barilla sta dando vita a un progetto che non solo guarda il futuro, ma lo accelera: si tratta del Supermarket of the Future aperto a Milano, progettato da Carlo Ratti Associati. Un supermercato con etichette aumentate, monitor che offrono informazioni nutrizionali sugli alimenti e tanto altro ancora.

I take-away di Customer Experience

Quali linee progettuali possiamo trarre da questa carrellata di casi interessanti, digitali e non solo, dedicati alla customer experience?

  1. Effetto WOW: la prima emozione per efficacia del marketing, è la sorpresa. E allora studia il cliente e… sorprendilo!
  2. Stimoli positivi: soprattutto in questo periodo, i clienti non vogliono avere bad vibes. allontana le emozioni negative, avvicina quelle positive.
  3. Memorabilia: lascia sempre un artefatto – possibilmente fisico – che il cliente può posizionare all’interno della propria quotidianità, e conseguentemente ricordarsi della bella esperienza.
  4. Portafoglio di esperienze: progettata la prima esperienza e nel rispetto della brand consistency, prendici gusto. Riuscire a creare un ricco portafoglio di esperienze correlate e integrate tra loro non solo rafforza e rende più vivace la brand promise, ma genera anche risultati di business sorprendenti attraverso nuove forme di ricavi e nuovi modi di interagire con i pubblici. Come integrare al meglio le diverse esperienze, in un’ottica di portafoglio e ottimizzazione? Attraverso l’individuazione di connettori esperienziali capaci di fungere da collante e filo rosso per le esperienze di marca – pensa alla sicilianità per Dolce&Gabbana.
  5. CX totale: se l’esperienza in sé è fondamentale, i memorabilia sottolineano l’importanza della più ampia gestione e ottimizzazione anche delle fasi successive al momento di erogazione della CX. È la stessa esperienza che lo richiede: gli effetti sulle persone non si esauriscono infatti durante la sua fruizione.
design thinking

Il Design Thinking per far crescere il tuo business (e guardare al futuro con meno incertezza)

  • Secondo una survey di McKinsey, il 90% dei dirigenti concorda sul fatto che il COVID-19 avrà un impatto significativo sulle esigenze dei clienti e potrebbe presentare nuove opportunità, ma solo il 21% ritiene di avere ciò che è necessario per innovare il proprio modello di crescita.
  • L’approccio strutturato e creativo del design thinking può aiutare le aziende a riconnettersi con i propri consumatori, innovare e uscire da una fase di stallo.

 

Cambiamento, innovazione, incertezza. Da quando è arrivato il Covid-19, queste tre parole sembrano sfrecciare tra i corridoi delle aziende, sia quelle vuote, con i dipendenti dislocati in smart working, sia quelle piene, che hanno cercato di ripristinare una sorta di “normalità distanziata”.

Il Covid-19 ha accelerato il cambiamento? Ha dato uno sprint all’innovazione? Non per tutti.

innovazione

Nei prossimi paragrafi analizzeremo la situazione di stallo che molte aziende stanno vivendo, in contrasto a un cambiamento veloce di abitudini dei consumatori. Proporremo successivamente l’approccio pratico del design thinking e del Proof of Concept per riconnettersi ai bisogni delle persone e innovare in modo agile e a piccoli passi, riducendo il rischio di fallimento.

LEGGI ANCHE: Accelerazione digitale e Post COVID-19: come si evolveranno le tecnologie

Business Continuity e prudenza

In questi mesi di incertezza alcune aziende hanno visto una grande opportunità di cambiamento, innovazione e guadagno, hanno intrapreso nuovi percorsi e agito sul loro business model. Altre invece, hanno tirato i remi in barca, adottando un approccio prudente, tagliando le spese e rimandando gli investimenti a un futuro meno incerto.

Secondo una survey di McKinsey dello scorso aprile, su più di 200 aziende il 90% dei dirigenti concorda sul fatto che il Covid-19 avrà un impatto significativo sulle esigenze dei clienti e potrebbe presentare nuove opportunità, ma solo il 21% ritiene di avere ciò che è necessario per innovare il proprio modello di crescita.

Negli ultimi mesi, eccetto le aziende del settore pharma e medical, tutte le altre hanno ridotto significativamente gli investimenti in innovazione.

covid-19 business

LEGGI ANCHE: Come cambiano le abitudini di acquisto dei consumatori durante l’emergenza Covid-19

La prudenza emerge anche in ambito startup. Dall’inizio del Covid-19 si è registrat0 un meno 20% di finanziamenti di Venture Capital a livello globale e un atteggiamento più severo degli investitori che esaminano il potenziale delle startup.

Come biasimare del resto un comportamento prudente di un imprenditore, che in pochi mesi si è trovato davanti una situazione fuori controllo, i titoli in borsa crollare e anche le più grandi aziende vacillare.

Dall’altra parte tuttavia i bisogni dei consumatori sono cambiati e stanno nascendo nuove esigenze. Per quanto possiamo tirare i remi in barca è impossibile chiudere gli occhi e non assecondare un processo di cambiamento in atto.

Riconnettersi ai consumatori

Ciò di cui le startup e le imprese hanno bisogno per innovare sono: adattamento al mercato del prodotto/servizio (product-market fit) e buy-in (sia che provenga da Venture Capital esterne o stakeholder interni).

Con product-market fit intendiamo un prodotto che incontra i bisogni dei consumatori e del mercato. Potreste pensare che non sia una novità, è vero, ma sarete stupiti nel sapere che ben il 70% delle startup fallisce, tra i motivi principali, proprio per la mancanza di product-market-fit. Succede anche nelle grandi aziende, pensiamo ai Google Glass, un’innovazione che non ha incontrato il favore del mercato.

design thinking

LEGGI ANCHE: Come cambiano le regole del Business nella recessione guidata dal Covid-19

Il Covid-19 ha amplificato la disconnessione tra prodotti/servizi e mercato. Oggi anche se disponiamo di dati storici sui nostri clienti, potrebbero non essere più validi, perché la pandemia ha modificato i loro comportamenti ed è necessario quindi indagare su nuovi problemi e bisogni che incontrano. Per esempio sono aumentati di importanza nel processo decisionale fattori come la sicurezza, la convenienza, il prezzo. Questa situazione tradotta in un caso pratico, ha portato per esempio nelle strutture turistiche una maggiore flessibilità sui termini di cancellazione delle prenotazioni.

Un altro punto da considerare è la corsa al digitale, con aziende, soprattutto retail, che trasferiscono il loro business in portali online, puntando tutto sulle esperienze digitali modello Amazon. Sicuramente è un aspetto importante, ma non è detto che sia la soluzione e l’innovazione migliore per tutti. Percorrerla senza indagare potrebbe portare a investimenti sbagliati. Proprio in questo contesto di incertezza il design thinking rivela il suo grande potenziale.

Cos’è il Design Thinking

Il design thinking è un approccio e una filosofia, un processo creativo, strutturato, human-centric focalizzato sulla soluzione di problemi complessi in modo veloce, collaborativo, innovativo. Si può applicare ad ogni progetto, che sia la logistica del magazzino, la creazione di un nuovo prodotto, ma anche un progetto di vita (Life Design).

La persona nel design thinking è al centro del processo e si sviluppano soluzioni per risolvere suoi problemi e bisogni. Secondo il design thinking nel problema si nasconde l’opportunità.

L’approccio è usato da moltissime grandi e piccole aziende, come Google, Apple, General Electric, Airbnb, IBM. Alcune delle quali hanno creato anche processi personalizzati di Design Thinking, come il Design Sprint di Google.

Il modello e processo più conosciuto è quello della Stanford University (guida completa), che prevede cinque fasi: empathize, define, ideate, prototype, test.

Il processo nel design thinking non è rigido e da intendersi a ciclo continuo e non lineare. I risultati ottenuti nella fase di test, per esempio potrebbero non essere quelli sperati e in questo caso si inizia di nuovo con la fase uno di ricerca con gli utenti, oppure si può tornare indietro nella fase prototipo e aggiungere nuove funzionalità al prodotto da testare e così via.

Vediamo ora in modo dettagliato ogni fase.

LEGGI ANCHE: Cos’è il design thinking e come funziona, spiegato con un esempio concreto

Empathize

Lo scopo di questa prima fase di ricerca è comprendere i bisogni e i problemi degli utenti, mettersi nei loro panni, ascoltarli attivamente, osservarli e immedesimarsi nel problema senza giudicare.

Esistono diverse tecniche e strumenti per empatizzare con i propri clienti e utenti:

  • Interviste
  • focus group
  • survey
  • user test
  • ricerca etnografica
  • osservazione sul campo

Define

In questa fase del design thinking si fa chiarezza. Si uniscono le informazioni raccolte nella fase uno, si analizzano e sintetizzano per la definizione del problema o problemi (problem statements). Si definiscono inoltre gli elementi e obietti SMART (specific, measurable, attainable, relevant, time-bound) per giungere alla soluzione.

I metodi e strumenti che possono essere utilizzati sono: user stories, personas, diagramma di affinità.

Ideate

Nella fase di ideazione si generano idee creative, fuori dagli schemi, con lo scopo di esplorare più soluzioni diverse ai problemi definiti in precedenza. In questa fase si coinvolgono più persone anche appartenenti a team esterni e diversi proprio per favorire la contaminazione di idee. Possono nascere in questa fase idee per creare il product-market fit, oppure qualcosa di totalmente nuovo.

LEGGI ANCHE: Cos’è il design thinking e come funziona, spiegato con un esempio concreto

design thinking: brainstorming

Metodi e strumenti che possono essere utilizzati in questa fase: brainstorming, storyboard, mindmap.

Prototype

Infine dalla raccolta, analisi e sintesi di idee si estraggono quelle che si ritengono più fattibili e con un impatto maggiore. Si costruiscono quindi dei prototipi.

Il prototipo è da intendersi come una bozza economica, flessibile, semplice e veloce della soluzione. Serve per testarne le funzionalità insieme all’utente, senza rischiare grandi investimenti o perdite di tempo.

design thinking: prototype

Può essere realizzato in qualsiasi modo, anche i più creativi a seconda del prodotto o servizio: su carta, con il DAS, con una simulazione del servizio attraverso role-playing, con oggetti stampati a basso costo in stampa 3-D. L’ideale è che l’utente possa interagire con il prototipo.

Per esempio nel caso di un software, possono essere riprodotti su carta diversi prototipi su cui l’utente può lavorare, per far capire ai designer come esegue delle attività.

Test

Con il prototipo in mano testiamo la soluzione con il gruppo e la nicchia di utenti con cui abbiamo empatizzato nella fase uno. Concretamente in questa fase, mentre l’utente testa la soluzione raccogliamo feedback che ci porteranno in diverse direzioni, o a realizzare il prodotto finale su quel prototipo oppure tornare alla fase di ideazione con nuove idee da prototipare e testare, o ancora a modificare il prototipo aggiungendo altre caratteristiche.

Il vero valore aggiunto del design thinking è la riduzione del rischio, lavorando a fasi iterative e coinvolgendo direttamente l’utente finale nel progetto. Quest’ultimo ci fornisce risposte prima di fare un grande investimento e ci permette di realizzare un servizio o un prodotto di cui ha veramente bisogno.

LEGGI ANCHE: Come creare dashboard strategiche grazie al Design Thinking

Il design thinking di Uber Eats

Uber Eats è una startup e piattaforma di food delivery lanciata da Uber nel 2014 a San Francisco. Il servizio è presente in oltre 650 città del mondo con la mission di fornire cibo buono, senza sforzo e ovunque.

Uber eats utilizza l’approccio design thinking. Per entrare in empatia (Empathize) con gli utenti, i designer di Uber Eats visitano regolarmente i lavoratori dei ristoranti, i corrieri e si siedono a casa dei loro clienti mentre ordinano il cibo. Nel momento in cui devono lanciare un nuovo prodotto, intervistano i futuri clienti e li osservano mentre utilizzano prodotti concorrenti. Si mettono insomma nei loro panni, guardando al servizio con il loro punto di vista e individuando così problemi ed esigenze che possono risolvere.

design thinking uber
Successivamente nella fase di definizione (Define), i designer raccolgono le osservazioni e definiscono il problema, non semplicemente da un punto di vista logistico, ma con le informazioni raccolte sul campo osservando direttamente gli utenti e i partner con le difficoltà anche emozionali che incontrano.

Nello step ideate si coinvolgono persone provenienti da team diversi (es. marketing e sviluppo) per incoraggiare l’ideazione e la creatività da prospettive e esperienze differenti. Le sessioni di ideazione hanno per esempio portato alla creazione dei ristoranti virtuali Uber Eats.

Si passa poi al prototipo (Prototype) e alla fase di test. Funzionalità sulla piattaforma come “Più richiesti” sono state originariamente proposte come esperimento dal team operativo di Toronto di Uber Eats. Dopo aver sviluppato, rilasciato e convalidato rapidamente i vantaggi di questa funzionalità, designer e sviluppatori hanno collaborato per creare la versione finale con i feedback ricevuti e lanciarla nei mercati globali.

Proof of Concept

Per ridurre ulteriormente il rischio di investimento oppure per presentare la propria idea con lo scopo di convincere internamente o esternamente a proseguire e investire negli step successivi, si può unire il processo di design thinking a quello del proof of concept.

Una prova di concetto (POC) è un piccolo esercizio per testare l’idea o l’ipotesi di design. Lo scopo principale dello sviluppo di una POC è dimostrare la funzionalità e verificare un determinato concetto o teoria, che può essere raggiunto nello sviluppo. La prova di concetto è diversa dalla prototipazione, in quanto quest’ultima è già una bozza del prodotto e servizio, ne testa le funzionalità, l’interazione. Mentre una POC mostra che un prodotto o una funzionalità può essere sviluppata, un prototipo mostra come verrà sviluppato.

prototype
Il grande vantaggio nella prova di concetto è arrivare a un risultato in una fase ancora precedente del prototipo e concretizzare velocemente l’idea senza concentrarsi già sul prodotto o servizio da realizzare. La POC può essere nell’aspetto anche totalmente diversa dal prototipo, perché come abbiamo detto lo scopo è testare il concetto.

Babbly

Un esempio di prova di concetto è quella realizzata dalla startup Babbly. Maryam Nabavi, un ingegnere aerospaziale il cui figlio ha mostrato difficoltà con lo sviluppo del linguaggio, ha avuto l’idea di sviluppare Babbly, un’app basata sull’intelligenza artificiale che consente ai genitori di monitorare lo sviluppo del loro bambini e analizzare le loro abilità linguistiche e sociali. I wireframe realizzati come prototipo non erano sufficienti per convincere le VC a investire. Volevano la prova che potesse effettivamente sviluppare un algoritmo in grado di identificare la vocalizzazione di bambini e adulti. Nabavi ha quindi realizzato una Proof of Concept in poche settimane, grazie a cui, Babbly è stata in grado di chiudere $ 250.000 di finanziamenti e vincere diversi premi, prima ancora che il prodotto fosse sul mercato.

Per le startup testare le idee con una Proof of Concept permette di attirare investimenti dimostrando la validità dell’idea. Per le aziende affermate con un prodotto già sul mercato, lo sviluppo di una Proof of Concept può essere utile per testare nuove idee di funzionalità, senza dover bruciare i soldi e il tempo necessari per costruirle completamente.

Uscire dalla fase di Stallo

Lavorare in modo agile e veloce non è facile per molte aziende. La prospettiva di allinearsi attorno a un’idea e capire che prima di arrivare alla risposta giusta si potrebbe fallire fa paura e molte aziende vogliono solo le risposte giuste. Questo porta all’inerzia e allo stallo verso l’innovazione, aggravata dall’incertezza di un periodo, che non ha risposte giuste.

Rischiare ora con investimenti avventati è una follia, rimanere fermi lo è allo stesso tempo. Gli approcci di Design Thinking e Proof of Concepts forniscono in modo molto concreto, veloce e flessibile una strada per cambiare senza stravolgere l’azienda e andare oltre le reticenze di manager e imprenditori che cavalcano il detto “abbiamo sempre fatto così”.

instagram stories

Branded Content su Instagram, come usarli correttamente

  • I branded content su Instagram sono post o stories pubblicati in partnership con un brand, ma sono diversi dalle ads.
  • Per lavorare con i branded content, devi prima configurare opportunamente il tuo account.
  • Con Brand Collabs Manager puoi trovare suggerimenti utili e visualizzare gli Insights dei contenuti partner.

 

Vuoi collaborare con brand e influencer per creare contenuti Instagram, o lanciare campagne di influencer marketing? In questo articolo vedremo la differenza tra branded content e post sponsorizzato, come gestire e analizzare le partnership e come taggare un Business Partner in un post o nelle Stories. Scoprirai anche uno strumento che ti aiuterà a trovare potenziali creator con cui collaborare.

Branded Content

Cosa sono i Branded Content su Instagram?

Il “branded content” appare quando un creator o un editor pubblicano contenuti e dichiarano di aver ricevuto un compenso per quel post. Questa divulgazione nei contenuti brandizzati non è facoltativa. Le normative FTC richiedono di dichiarare se stai promuovendo contenuti per cui sei stato, in qualche modo, compensato.

Tuttavia, i branded content non sono ads. I post sponsorizzati sono ciò che vedi quando si tratta di un’advertisement vero e proprio. I branded content o le partnership sono semplicemente sistemi utilizzati dagli influencer per creare contenuti dopo aver ricevuto una sorta di “sostegno” finanziario.

Uno dei principali vantaggi dei contenuti brandizzati e di Brand Collabs Manager è che sia i brand, che gli influencer hanno accesso alle informazioni, in modo che il partner non dipenda al 100% dall’influencer per i dati sulle prestazioni post.

Approvare o richiedere partnership con l’account Business o Creator

Per lavorare con i branded content su Instagram, devi prima configurare il tuo account per utilizzarli. Taggare un partner del tuo brand è diverso dal modo in cui tagghi normalmente le persone in un post di Instagram.

Per accedere alle impostazioni dei branded content nel tuo account, vai al tuo profilo aziendale o creator e tocca il pulsante a tre righe nell’angolo in alto a destra. Quindi seleziona Impostazioni nella parte inferiore del menù.

Branded Content su Instagram, profilo

Se hai un profilo aziendale, tocca l’opzione Business nella schermata successiva. Se sei un profilo creator, seleziona Creator. Ora vedrai una serie di opzioni, tra cui Branded Content. Se non vedi queste opzioni, probabilmente hai un profilo personale: i branded content sono disponibili solo per gli account aziendali e i creators.

L’opzione “branded content” consiste nell’approvare manualmente i tag. Per impostazione predefinita, l’impostazione è già attiva ma puoi disattivarla se vuoi consentire a chiunque di taggarti.

Quando selezioni Richieste di tag, vedrai eventuali richieste in sospeso da account che vogliono taggarti.

Per visualizzare un elenco dei tuoi partner, tocca Partner commerciali approvati. Se desideri aggiungere un brand partner, cerca il nome dell’account nella barra di ricerca e tocca il nome del brand per aggiungerlo al tuo elenco di account approvati.

Impostare Brand Collabs Manager

Facebook ha recentemente lanciato uno strumento chiamato Brand Collabs Manager, e dato che Instagram è un marchio Facebook, lo strumento può essere usato anche per i contenuti su Instagram.

Brand Content Manager, branded content

L’impostazione di Brand Collabs Manager funziona meglio da desktop piuttosto che da smartphone. Dopo aver effettuato l’accesso al tuo account Facebook, accedi a facebook.com/collabsmanager.

La pagina verrà visualizzata per impostazione predefinita nella visualizzazione creator. Se hai un profilo aziendale Instagram, fai clic sull’opzione Iscriviti come inserzionista.

Facebook ti presenterà un elenco di pagine aziendali che gestisci. Seleziona la pagina Facebook collegata all’account Instagram che vuoi utilizzare. Digita il tuo indirizzo email, seleziona la casella Accetto i termini di servizio e quindi Invia.

Taggare un Business Partner nei post

Dopo aver impostato Brand Collabs Manager e aver configurato i tuoi partner per i branded content, sei pronto per iniziare a creare contenuti con loro.

Per taggare un brand partner in un nuovo post del feed di Instagram, crea il post come faresti normalmente. Nella schermata Nuovo post, clicca Impostazioni avanzate. Quindi seleziona Tag Business Partner.

Branded Content nei post

LEGGI ANCHE: 7 app da provare per creare Instagram Stories perfette

A questo punto, digita il nome dell’account con cui vuoi collaborare. Se il nome dell’account appare disattivato, non ti ha ancora approvato. In tal caso, tocca il nome e seleziona Invia richiesta. L’account del brand potrà vedere la richiesta di tag.

Appena il tuo account viene approvato, il nome del partner sarà selezionabile quando lo cerchi in Tag Business Partner. Dopo aver toccato il nome, il tuo partner verrà elencato accanto a Tag Business Partner nella schermata Impostazioni avanzate.

Ora termina il post e pubblicalo. Una volta finito di pubblicarlo, vedrai l’etichetta “Paid Partnership With” sul contenuto.

Se, invece, sei proprio tu il brand che qualcun altro sta taggando nei  contenuti, gli altri dovranno seguire questi stessi passaggi per configurare il tagging.

follower su instagram

Taggare un Business Partner nelle Instagram Stories

Ora vedremo come creare Instagram Stories con i branded content. Vai alla schermata Stories: seleziona un’immagine o scatta una foto, poi seleziona l’icona del link nella parte superiore dello schermo. Vedrai più opzioni, a seconda delle funzionalità del tuo account, ma quella che t’interessa è Tag Business Partner. Cerca il nome del marchio che desideri associare e, quando lo vedi, selezionalo. Potrai vedere quell’account elencato come Partner con marchio etichettato. Tocca il segno di spunta in alto a destra nella schermata per procedere.

Completa la story con gif, filtri e adesivi che desideri utilizzare. Quindi pubblicala, e vedrai l’etichetta “partnership a pagamento” nella parte superiore dello schermo.

Anche il tuo partner riceverà una notifica, e potrà vedere il post in cui lo hai taggato. Tuttavia, il partner non può condividere il post nelle sue stories. Eventualmente puoi menzionarlo, ma comunque non potrà essere condiviso nelle Instagram Stories di quell’account.

Se sei stato taggato in una story come brand partner, riceverai una notifica da Instagram. Tocca l’opzione Branded Content nella schermata Attività. Leggi la notifica per vedere la storia in cui sei stato taggato e, nell’angolo in basso a destra della storia, tocca il pulsante con tre punti per aprire un menù a comparsa. Se pensi di essere stato taggato in modo improprio e non si trattava di una partnership a pagamento, puoi scegliere Rimuovi dal post per rimuovere quell’affiliazione di partnership a pagamento.

facebook instagram post perfetto

Trovare nuovi creator per le collaborazioni

Una delle caratteristiche più divertenti di Brand Collabs Manager è che puoi trovare suggerimenti per i creator con cui collaborare. Scorri verso il basso nella homepage per visualizzare un elenco di creator suggeriti.

Vai su Visualizza tutti i creator per avere l’elenco completo di potenziali partner del tuo brand. Otterrai alcuni semplici dati della pagina Facebook di ogni account, incluso il numero dei follower e il coinvolgimento medio dei post, per sapere come agiscono su Facebook.

Se trovi un creator adatto per i branded content, clicca sulla miniatura per visualizzare ulteriori informazioni sulle performance della sua pagina Facebook. Vedrai un elenco di altri partner con cui ha collaborato in precedenza, esempi di branded content che hanno creato e le metriche per la loro pagina Facebook, inclusi i dati demografici target.

Se selezioni Contatto, verrà visualizzato un modulo preformattato che ti consentirà di inviare a quel creator un messaggio diretto per proporgli una partnership con te.

Brand Content Manager Insights

LEGGI ANCHE: Come monitorare le metriche di Instagram (e i migliori tool da usare)

Scoprire gli Insights dei branded content

In Brand Collabs Manager, puoi anche visualizzare gli Insights per qualsiasi branded content in cui sei stato taggato o che hai creato tu stesso.

Al centro della homepage vedrai i dati sul rendimento dei tuoi post. Clicca Visualizza tutti i post per andare alla scheda Insights. Puoi anche accedere dalla barra di navigazione a sinistra.

Nella dashboard di Insights puoi alternare tra due opzioni, nell’angolo in alto a destra:

  • Pubblicato da Partners mostra tutti i contenuti che altre persone hanno creato taggandoti;
  • Pubblicato da te mostra tutti i contenuti brandizzati che hai creato.

Al momento, le metriche in questa scheda sono molto generiche in termini di reach, impressions ed engagement, ma potranno darti qualche indicazione su come sta andando il post.

Per un normale post nel feed di Instagram, vedrai anche i dati demografici del pubblico, tra cui età e sesso.

Per le Instagram Story, la scheda Insights dei post mostrerà la reach e le impressions. Clicca sulla scheda Story Metrics per vedere Tocchi in avanti, Tocchi indietro, Uscite e Risposte.

Instagram Stories: perchè non devono mancare nella tua Social Media Strategy

In sintesi

Dopo aver letto questo articolo, saprai configurare e gestire professionalmente i branded content come un influencer, sarai in grado di usare Brand Collabs Manager per visualizzare i tuoi suggerimenti e trovare potenziali influencer e creator con cui collaborare.

ecommerce post covid

Alla ricerca dell’eCommerce perfetto: cosa vogliono le persone oggi?

  • Nel settore eCommerce, a maggio 2020 sono stati registrati 2 milioni di utenti in più rispetto all’anno precedente, mentre per fine 2020 ci si aspetta una crescita del 26%.
  • Quando pensiamo all’eCommerce, il nostro Top of Mind è Amazon.
  • Scopriamo i fattori chiave di un buon eCommerce dal punto di vista dei consumatori in era post-covid.

 

Che in Italia le imprese dovessero digitalizzarsi non l’avrebbe dovuto far capire il Covid, ma tant’è. Ci è voluta una pandemia, ma sono tantissime le aziende che ora stanno correndo una maratona – senza alcun riscaldamento – per arrivare all’obiettivo “digitale”.

L’eCommerce, lo scrivono da Il Sole 24 Ore ad Agi, è cresciuto. Assurdo scrivere “grazie al” Covid, ma le cifre parlano chiaro: a maggio 2020 sono stati registrati 2 milioni di utenti in più rispetto all’anno precedente, mentre per fine 2020 ci si aspetta una crescita del 26% yoy (Netcomm). E allora, cosa stiamo aspettando? Prendiamo tutti quanti la rincorsa e buttiamoci su Amazon… O no?

Mai come ora, con i reparti finance dalla parte del marketing, è importante valutare bene tutte le possibilità ma soprattutto inquadrare cosa desiderano realmente gli utenti.

LEGGI ANCHE: L’impatto del Covid-19 su email Marketing & eCommerce

Crescita e-commerce durante il periodo del lockdown

Partiamo dalle basi: lo standard irraggiungibile di Amazon

Quando pensiamo all’eCommerce, il nostro Top of Mind – ciò che nel marketing è il primo ricordo del consumatore – è Amazon.

Il gigante delle vendite online negli anni ha stabilito un benchmark da inseguire. I suoi pilastri sono tre: prezzo, disponibilità e comodità per l’acquirente. Non poco, direte voi. Attraverso grandissime quantità, Amazon è riuscito a settare degli standard irraggiungibili per i competitor eCommerce: consegna in 24 ore (o addirittura in giornata), prezzo più basso che ovunque e un servizio post vendita incredibile.

E allora cosa può fare un rivenditore per mettere sul tavolo un valore aggiunto rispetto ad Amazon? E come può farlo online?

LEGGI ANCHE: Amazon lancia il Dash Cart: un nuovo modello di carrello intelligente

eCommerce post Covid, round 1: consegna in 24 ore versus risparmio al consumatore

Partiamo analizzando il servizio top di Amazon: la consegna in 24 ore. Durante il lockdown anche il tycoon ha dovuto rinunciare a questo pilastro, venendo meno al patto di consegna giornaliera ma anche al catalogo pressoché illimitato di merci.

Pensiamoci bene, come ci siamo sentiti? Dopo un breve sbuffo infantile, personalmente ho cliccato su Acquista e pensato “vabbè, arriverà tra una settimana. Intanto io sono a casa sana e salva”. La pandemia insomma ha portato a rivalutare un po’ questo servizio negli eCommerce post Covid. Senza contare che la consegna 24 ore in Amazon avviene praticamente solo sui prodotti aventi il servizio Prime (sì, ho fatto i compiti) e che per il consumatore ha un valore aggiunto solo su una serie di prodotti.

Porto un esempio sul banco: l’altro giorno ho comprato su Depop una borsa di un marchio Made in Italy iper costoso. L’ho pagata 500€, invece di 1.700€, perché era stata usata una volta o due e la venditrice non sapeva più che farsene. Aspetterò 10 giorni e ho pagato anche 20€ per la consegna. Ma credete che mi interessi qualcosa? No, perché si tratta di un bene di lusso, per cui risparmio tantissimi soldi, perciò i tempi brevi di consegna assumono un peso infinitesimale. Risparmio 1, consegna breve 0.

E-commerce e offline

Alla ricerca dell’eCommerce post Covid perfetto: nei panni dell’utente online

Consegna gratuita e risparmio al consumatore sono solo la punta dell’iceberg. Posto che su questi fattori non tutti possano essere competitivi, quali potrebbero essere i servizi differenzianti?

Ovviamente dipende dal settore. Ci sono alcune industry più mature di altre: prendiamo il fashion e l’arredamento. È ovvio che dal fashion mi aspetti determinati tool, che nell’arredamento (ma anche nell’automotive, per dire) non possono essere replicati. Per questo motivo, mi perdonino gli altri settori, prenderò il fashion come esempio di partenza, dal momento della ricerca a quello del servizio di customer care.

La ricerca della borsa perfetta

First things first, essere trovati online. Da consumatrice, mi aspetto che i primi risultati se digito “borsa in pelle nera” siano sensati. Ad oggi, se su Google uso questa keyword i primi risultati sono ADV di vari e-commerce. Ne apro uno dei primi, scartando Wish (non sapevo vendesse oggetti in vera pelle: parola d’ordine “posizionamento“).

La prima cosa che vedo è un banner che mi dice che ho il 10% di sconto. La mia reazione istantanea è di trovarlo vagamente aggressivo, ma poi la metto da parte pensando che mi piaccia l’idea di avere uno sconto per il mio primo acquisto. Quindi, take note, anche se i best in class lo fanno già da tanto: un discount da mostrare al primo click è un ottimo biglietto da visita.

LEGGI ANCHE: Come costruire una Brand Reputation positiva grazie a un formidabile Customer Care

Filtri di ricerca, foto prodotto, sostenibilità e tracciabilità

Ora mi trovo nella pagina su cui mi ha dirottata l’ADV e ho davanti una ventina di borse di pelle. Non nere, però. Fortunatamente, a sinistra ho un filtro che mi permette di selezionare il colore desiderato, e clicco su Nero, Borse a mano.

Di quelle presentate me ne colpisce solo una, è un secchiello. Non cercavo quello, ma lo valuto lo stesso (finisce sempre così…). Mi piace che sul sito ci siano foto da diverse angolazioni, misure, composizioni… Se devo spendere, voglio conoscere pure cosa mangiava il vitello da cui è stata fatta la pelle. Anzi, non solo. Oltre alla tracciabilità, voglio sapere se è un prodotto sostenibile.

Con la pandemia ho sviluppato un briciolo di coscienza sui consumi e ora penso che il minimo che un’azienda possa fare sia essere più sostenibile nei confronti di questo povero pianeta.

I dettagli fanno la differenza: un personal shopper e la body inclusivity

Oltre a questo, cerco l’immagine della borsa indossata. Ce n’è una su un modellino disegnato, ma non rende bene l’indossabilità. Questo è molto importante: se fosse un abito una condizione sine qua non sarebbero almeno un 3-4 foto sulla modella, con dei consigli sulla vestibilità.

In merito a quest’ultimo, voglio citare come best in class Shein, che, nonostante il basso costo dei capi permetterebbe di pensare “vabbe’, se non mi sta pazienza”, ha una sezione in cui inserendo le proprie misure si può avere il consiglio di taglia.

Aggiungo che per una vera body inclusivity (che è un trend topic di questi tempi) sarebbe bello vedere il capo su diverse conformazioni. La butto lì, come starebbe quel maglioncino a una ragazza magra, una normopeso, e una leggermente in sovrappeso? Ma mi rendo conto che sto sognando ad occhi aperti: mi è capitato di vedere preventivi per gli shooting e so che è un’attività incredibilmente costosa.

Però, mi viene da dire che si potrebbe ovviare il problema inserendo una sezione di consigli di vestibilità, del tipo: consigliato per un fisico a “pera”, sta bene ai “rettangoli”. Forse oggi è fantascienza e sarebbe anche a rischio di critiche sul body shaming, ma come offline si trovano le commesse a consigliarti un modello, sarebbe bello avere un personal shopper anche online, come servizio differenziante.

E-commerce_Shein_Vestibilità

Recensioni, pagamento online, politiche di ritorno, Click & Collect

Torniamo alla borsa. L’ho vista: mi piace. Ora la prima cosa che cerco è una sezione dedicata alle recensioni. Voglio sapere cosa pensano del marchio e del prodotto le ragazze che hanno comprato prima di me. Le trovo! Le leggo, tutte positive. La metto nel carrello, applico il mio sconto.

Ma prima mi viene in mente un ultimo dettaglio: la politica di ritorno! Com’è? Zalando offre il reso gratuito, impareggiabile, chissà se anche questo negozio lo fa.

Ecco, lo fa. Ho 30 giorni per ripensarci, clicco anche sulla pagina dei dettagli per apprendere che se il prodotto fosse fallato avrei 48 ore da avvenuta consegna per notificarlo, e ok. Torno al mio carrello, le opzioni di pagamento sono innumerevoli: carta di credito, alla consegna, bonifico, PayPal… Se non fosse una simulazione la comprerei per davvero!

L’ultima opzione che guardo per dare il mio voto all’eCommerce di borse è se è possibile effettuare in qualche modo il Click & Collect: un trend in voga da diverso tempo ma che col Covid ha assunto un valore ancora maggiore. Poter scegliere online, risparmiare le spese di spedizione e eventualmente anche i tempi di attesa, se avesse anche questo (non lo ha) sarebbe promosso a pieni voti come perfetto e-commerce post Covid.

Fattori differenzianti di un eCommerce post Covid: Limited Edition e customizzazione

Facendo un brainstorming per questo articolo un altro paio di features che mi erano venute in mente erano le Limited Edition e la customizzazione. In Cina è una tendenza che va da parecchio: ad esempio, solo tramite Mini Program WeChat Longchamp rende disponibile la customizzazione della sua celeberrima Pliage. Oppure, sempre Longchamp (la ricerca della borsa perfetta è stata lunga e tortuosa) ogni anno per il Capodanno Cinese rende disponibili delle Limited Edition in collaborazione con Mr Bags che sono ispirate all’oroscopo cinese. Sono acquistabili online, e guess what, vanno a ruba.

LEGGI ANCHE: Limited edition strategy: come può condizionare le decisioni di acquisto

E tu? Sei veramente pronto a vendere online?

Instagram Stories app

7 app da provare per creare Instagram Stories perfette

  • Gli utenti che quotidianamente utilizzano le Instagram Stories nel mondo sono circa 500 milioni, un numero in costante crescita.
  • Se sei un social media manager sai benissimo che creare contenuti ammalianti e in tempi brevi, è di assoluta importanza. Ecco una serie di app che possono tornarti utili.

 

Instagram è entrato a far parte della nostra quotidianità. Uno scatto, pochi click e l’ultimo selfie scattato con gli amici è subito sulla piattaforma. 

Un utilizzo così massiccio legato non solo alla piattaforma, ma anche di tutti le funzioni collegate, come ad esempio le Instagram Stories. 

Introdotte da lontano agosto 2016, le Instagram Stories rappresentano una delle peculiarità che hanno cambiato maggiormente il mondo dei social media offrendo ad aziende e , un metodo per crescere velocemente.

Gli utenti che quotidianamente utilizzano le Stories nel mondo sono circa 500 milioni, un numero in costante crescita che sottolinea l’importanza di creare contenuti ottimizzati per catturare l’attenzione di chi visualizza e per discostarsi dalle altre migliaia di Stories presenti sulla piattaforma. 

Instagram Stories sì, ma come?

Per i motivi appena citati potremmo considerare Instagram come una vera e propria opportunità d’oro per catturare l’attenzione del pubblico, ma come creare contenuti accattivanti per le tue Stories? 

Se sei un social media manager sai benissimo che creare contenuti ammalianti e in tempi brevi, è di assoluta importanza. Allora eccoti una serie di applicazioni (per Android, iOS e solo alcune per desktop), che certamente potranno aiutartia realizzare Stories coinvolgenti. Non ti resta che continuare a leggere per poterle scaricare e provare sin da subito.

LEGGI ANCHE: 5 strategie per aumentare in modo organico la follower base di Instagram

instagram stories come usarle

1. Spark AR Studio

La prima applicazione che vogliamo consigliarti è Spark AR Studio. Un progetto realizzato direttamente in Facebook, che offre la possibilità di creare filtri in base alle proprie necessità senza conoscere alcuna riga di codice. 

Un’applicazione molto interessante per poter creare esperienze coinvolgenti per il proprio pubblico, particolarmente utile per aziende impegnate nel food o nella vendita di prodotti di cosmetica. 

Spark AR Studio offre oltre ad un grande ventaglio di personalizzazione di filtri con l’aggiunta di effetti audio e luci, offre anche degli utili tutorial su come utilizzare e sfruttare al meglio l’applicazione e tutto gratuitamente. 

Si hai capito bene, il progetto Spark è completamente gratuito ed ancora in fase di sviluppo, ma puoi già trovarlo disponibile sui principali Store ed in pochi clic puoi già utilizzarlo per le tue Instagram Stories. 

Disponibile per:  Android – iOS – Windows – Mac

2. Hootsuite 

Hootsuite è uno strumento imperdibile per tutti coloro che creano e pianificano contenuti da pubblicare sui social network aziendali e la possibilità di schedulare le storie di Instagram, lo rende certamente ancor più interessante.

Si tratta certamente di uno strumento molto completo e adatto soprattutto ai più esperti (ma con un po’ di pratica, può essere facilmente utilizzato anche da neofiti del settore), utile soprattutto per aiutarti a migliorare i contenuti finalizzati per le Stories. 

Le caratteristiche principali sono essenzialmente tre, la possibilità di: 

  1. editare le immagini direttamente all’interno dell’applicazione; 
  2. caricare le storie di Instagram sia da pc che da smartphone;
  3. la possibilità di creare e programmare tutti i contenuti realizzati sui canali social di maggiore interesse. 

Disponibile per:  iOS – Android – Desktop

3. Unfold

Se cerchi uno strumento completo per realizzare dei contenuti che narrino il brand o uno specifico prodotto, allora Unfold è certamente l’applicazione che fa al caso tuo.

Offre innumerevoli layout (molti gratuiti ed alcuni a pagamento) per poter inserire foto e testi in maniera originale e creare contenuti accattivanti. Anche la scelta dei font è molto ampia con una grande scelta di caratteri e stili, oltre ad un’ampia gamma di strumenti per il fotoritocco integrati. 

Insomma Unfold è certamente uno strumento che non può mancare dalla tua cassetta degli attrezzi per la realizzazione di storie su Instagram. Un’app completa, facile da usare e subito pronta all’uso. 

Un’applicazione gratuita con kit premium a pagamento. 

Disponibile per: iOS  Android 

LEGGI ANCHE: Instagram Stories: perché non devono più mancare nella tua Social Media Strategy

4. Lifelaps 

Tra le storie di Instagram il time-lapse è ampiamente utilizzato. Si tratta di un particolare effetto video che cattura l’attenzione di chi lo guarda e offre sempre effetti molto gradevoli.

Lifelaps è un’applicazione che con pochi clic permette di creare time-lapse molto accattivanti, che risultano utili soprattutto per realizzare delle food Stories.

L’applicazione offre all’interno una serie di tutorial molto utili per capire esattamente come ottenere un risultato ottimale, oltre ad alcuni strumenti eccezionali come la possibilità di aggiungere musica e di editare direttamente in app i video, un grande vantaggio per dimezzare i tempi di realizzazione. 

Si tratta un’applicazione completamente gratuita (ma con funzionalità Premium) e già disponibile nei principali Store. 

Disponibile per:  iOS – Android

5. Hype Tipe 

Sicuramente più semplice ma non per questo meno interessante, Hype Tipe è un’applicazione che certamente potrà aiutarti nella realizzazione di Instagram Stories accattivanti.

Hype Type permette di aggiungere testi nei video con differenti effetti come: invertire, rallentare o addirittura capovolgere scegliendo per ognuno di essi, il movimento delle parole del testo con una grande varietà di caratteri ed animazioni. 

Questa applicazione e disponibile nei principali Store ad un prezzo di 20 $ all’anno con una prova gratuita di circa sette giorni. 

Disponibile per: iOS Android

6. Enlight Pixaloop 

Con Enlight Pixaloop è possibile trasformare un’immagine statica in qualcosa di più dinamico. Infatti con l’app è possibile far muovere nuvole e capelli come se ci fosse del vento, in pochi secondi e con pochissimi clic. 

All’interno dell’applicazione possono essere utilizzati layout standard che è possibile personalizzare o acquistare dei layout Premium. In entrambi casi otterrai uno strumento perfetto per promuovere il tuo brand o un prodotto. 

L’applicazione permette di controllare il movimento, la direzione e la velocità del dinamismo che è possibile inserire all’interno delle fotografie, consentendoci anche di personalizzare l’animazione di acqua e cielo. Un’applicazione da provare per ottenere in tempi brevissimi contenuti super professionali. 

Disponibile per: iOS Android 

7. Patternator

Si tratta certamente di un’app creativa e stravagante. Patternator offre la possibilità di inserire nelle Instagram Stories degli sfondi animati utilizzando GIF, immagini o adesivi con i quali è possibile personalizzare interamente l’esperienza offerta all’utente. 

Nell’applicazione è possibile modificare la velocità dello scorrimento delle grafiche e realizzare sfondi fantasiosi per i tuoi video. 

Si tratta di un’applicazione gratuita, permette di esportare i video creati in formato GIF e offre anche delle funzionalità premium a pagamento. 

Disponibile per:  iOS Android 

south working

South Working: una moda o l’inizio della fine del lavoro in ufficio?

  • Il South Working è una modalità di lavoro che ha preso piede post lockdown e prevede di lavorare per aziende “del Nord” vivendo al Sud, con tanti vantaggi.
  • Ci sono tanti vantaggi ma anche rischi, specialmente per le grandi città che si vedono spopolate: è una moda o un cambiamento destinato a cambiare le nostre vite?
  • I pro e i contro sono difficili da bilanciare: la crisi delle città aiuta la rinascita dei borghi, le difficoltà del lavoro da remoto si equilibrano con una maggiore qualità della vita, l’outsourcing si contrasta con la specializzazione.

 

Dì la verità: quest’anno, controllare le mail la mattina e fare qualche telefonata di lavoro prima di andare al mare, o a goderti in altro modo il mese di agosto, ha un altro sapore.

Non ti fa sentire uno stacanovista pentito, anzi ha un che di nuovo, esotico, ti fa sentire un “south worker“.

Piccoli assaggi e prove tecniche di lavoro da remoto che, complici il Coronavirus e l’estate, hanno portato alla ribalta un concetto noto da tempo a chi si considerava o aspirava ad essere un nomade digitale: la qualità della vita ha un valore economico tutto suo.

Il lavoro da remoto potrebbe liberare dalla schiavitù del pendolarismo, delle città affollate, dei prezzi gonfiati, permettendo di vivere in luoghi in cui la vita costi meno e sia più piacevole. In Italia, questo è ovviamente stato identificato con il tanto bistrattato “Sud“.

Una zona geografica che da secoli vede un’emigrazione selvaggia verso il “Nord”, con le sue grandi città e i centri dell’economia, di giovani e meno giovani in cerca di università quotate e possibilità di lavoro. Un flusso che è stato quasi inarrestabile, nonostante timidi tentativi di incentivare la crescita del Meridione da parte di diversi governi, fino a che…

Fino a che il Coronavirus non ha colpito l’Italia. E allora le stazioni e gli aeroporti delle grandi città del Nord si sono riempiti di esuli in fuga, alcuni prima della quarantena, altri, tantissimi, dopo, quando la mobilità tra regioni è stata ripristinata ma le restrizioni hanno continuato a incentivare il lavoro da remoto.

E ora? Adesso che l’estate è quasi finita? Tantissimi non hanno avuto ferie o ne hanno avute poche, ma hanno ugualmente scoperto la possibilità di lavorare dalla “casa giù e di godersi pausa pranzo e aperitivo in riva al mare. E la maggior parte di loro, come ci si poteva aspettare, non vorrebbe tornare.

Ma questa cosa del South Working è sostenibile? È una moda, qualcosa che ci dimenticheremo nuovamente con i primi freddi? O è piuttosto il sintomo di un cambiamento epocale nel mondo del lavoro? I primi fiocchi di neve che scateneranno quella che sarà una valanga, che cambierà per sempre il volto delle nostre città, il modo in cui cresciamo i figli, l’aspetto degli uffici, l’economia del Paese e l’ecosistema di equilibri del mondo intero?

 

Il movimento del South Working

Il termine South Working, come abbiamo visto, è solo la più recente evoluzione di altri concetti preesistenti, primo tra tutti quello di Nomadismo Digitale. Solo che di solito chi si riferiva a questo termine intendeva un flusso di lavoro fatto principalmente di freelance o di dipendenti di aziende remote che si spostavano in altri Paesi, nonostante non fosse certo l’unica modalità. Il concetto su cui invece il termine South Working si concentra è che quell'”altrove” in cui la vita costa meno ed è più piacevole può essere estremamente vicino, in Italia – al Sud o nei tanti piccoli borghi, laghi, montagne e colline di cui il nostro Paese è pieno.

Avevamo parlato in un precedente articolo di come l’Italia non fosse abbastanza attraente per i nomadi digitali stranieri, rendendo ad esempio impossibile per noi fare una campagna come quella delle Barbados per attirare questo target. Ma il concetto di South Working inverte la rotta e va a pescare proprio tra gli italiani, promettendo loro uno stile di vita più rilassato, più piacevole e meno costoso.

Ne è autrice Elena Militello, che insieme ad altri ragazzi che aderiscono all’associazione Global Shapers del World Economic Forum ha deciso di impegnarsi per rendere la sua visione realtà. Come ha riportato in un’intervista a Repubblica, “un mondo nel quale alle persone sia consentito per periodi più o meno lunghi di trasferirsi al sud dove la qualità della vita è più alta e il costo molto più basso mantenendo il proprio posto nelle aziende attuali”.

Un sogno bellissimo, condiviso da molti, inclusa me – milanese di origine ma marchigiana di adozione, per pura scelta di qualità della vita.

Un sogno appoggiato dai tanti lavoratori che quest’estate, appunto, non vivranno l’assenza di vacanze in maniera così negativa grazie alle possibilità concesse dallo smart working imposto dal Covid.

Un sogno osservato con interesse dalle varie località del Sud (o dei piccoli borghi, che ci vedono una possibilità di destagionalizzazione e di “rivincita” nell’attirare i talenti dal Nord.

 

Il lavoro da remoto tra utopia, innovazione e crisi

Ma anche una pericolosa possibilità da evitare o da contenere, secondo altri. Come il sindaco di Milano, che vede questa “fuga” dalla sua città come un pericoloso precedente, e incita a “tornare al lavoro” gli smart workers. Attirando una comprensibile valanga di critiche sui social.

Ma in verità la faccenda è seria: effettivamente questo cambiamento, se permanente, può portare a svolte epocali al modo di vivere che conosciamo. Le città potrebbero dover cambiare volto, vedendo sfumare milioni e milioni di euro di indotto portati dai lavoratori residenti, dai pendolari, da chi pranza al bar sotto l’ufficio, chi prende metropolitana e treno ogni giorno, etc.

Ma gli effetti positivi? La riduzione dell’inquinamento? Del traffico? Il calo dei prezzi eccessivamente gonfiati da anni? La redistribuzione della ricchezza nel resto del Paese? Il miglioramento nella qualità della vita dei cittadini, se anche solo il 10% di loro lavorasse da remoto?

Dire che il lavoro da remoto sia un male perché rischia di portare un cambiamento difficile per alcuni aspetti, promettendo però in cambio grandi miglioramenti su altri, è come dire che avremmo dovuto fermare l’avanzata del Personal Computer perché rischiava di cannibalizzare posti di lavoro umani.

Bisogna decidere che prezzo si è disposti a pagare per il progresso, quanto la nostra sia solo paura del cambiamento, cosa si possa fare per garantire il benessere anche di quelle fasce di popolazione che saranno impattate negativamente, a fronte di quelle che invece vivranno un ritorno positivo.

È una valutazione difficile, perché mettere sul piatto della bilancia i pro e contro di quella che rischia di essere una rivoluzione culturale prima di tutto non è semplice. Ma vogliamo provarci, cercando di portare argomentazioni da entrambe le parti.

 

Lavoro da remoto per tutti: i vantaggi e i limiti del nuovo mondo che potremmo creare

Come lo ha definito l’Economist, questo potrebbe essere un momento tipo “Avanti Coronavirus”/”Dopo Coronavirus“. Che il lavoro stesse cambiando era noto a tutti, ma che i tempi della transizione sarebbero stati così rapidi era impensabile tanto quanto lo era l’idea di un virus che ci richiudesse tutti in casa.

Ora invece, in pochi mesi, è cambiato tutto. Le aziende si sono dovute dotare per forza delle infrastrutture tecnologiche base per rendere possibile lo smart working, pena il blocco completo delle attività se non lo avessero fatto. Anche culturalmente il passaggio è stato rapido: dall’essere considerato una scelta per lavativi e “femminucce”, ora è stato sdoganato.

L’ufficio non come gabbia ma come scelta

I contro sono molti per il lavoro in sé, come la maggior parte delle persone si è resa conto in questi mesi: lavorare da remoto non è una cosa facile (qui la nostra guida interattiva) , specialmente farlo in pianta stabile. Le videochiamate non hanno la spontaneità degli incontri di persona, il cameratismo tra colleghi è più difficile da alimentare, la creatività anche. Molte aziende hanno fatto grandi investimenti in immobili che rischiano di veder svuotati.

Eppure, dall’altra parte, i vantaggi sono innegabili: le ricerche dimostrano un generale incremento della produttività, contro ogni pronostico, maggiore soddisfazione e più responsabilità individuale. Servono nuove normative e capacità gestionali per evitare il rischio di burnout o l’aumento esponenziale delle ore lavorate, ma questi sono aspetti legati all’abitudine e all’evoluzione delle modalità, prevedibili e necessari in ogni grande cambiamento.

Secondo Fiorella Crespi, a capo dell’Osservatorio sullo Smart Working del Polimi, che ha registrato un passaggio da 2 milioni di lavoratori agili prima del Covid ad 8 nella fase successiva: “Deve esserci una cultura aziendale che sappia creare dei momenti di aggregazione, compresi quelli virtuali. Bisogna avere dei manager capaci. Ci sono compagnie che lo fanno da anni con successo, ad altri servirà tempo per trovare la quadra e non è detto che ci si riesca sempre”.

 

La crisi delle città, la rinascita dei borghi

I costi per le aziende di abbassano insomma, ma anche per gli impiegati, che a parità di stipendio possono ridurre le spese di viaggio, per il cibo, etc. Le città quindi tornano vivibili, meno affollate, meno costose, con ridotte emissioni di CO2 e tutto ciò che accompagna.

È innegabile che per città come Milano, che hanno basato tutta la propria crescita sull’attrazione dei talenti per il lavoro, rischia di essere uno shock, ma forse vedere la crisi di alcuni centri di potere come effetto negativo è non guardare il quadro completo. Questa supremazia ha avuto effetti devastanti per anni su altre città e regioni, con uno spopolamento progressivo e inarrestabile, una stagionalità estremamente aggressiva e dannosa dei flussi turistici, la concentrazione di tutte le attività intorno a un solo settore (il turismo, l’agricoltura, etc).

L’espansione del lavoro da remoto potrebbe rappresentare la possibilità di riequilibrare la disparità tra Nord e Sud, tra grande e piccolo, tra forte e debole, in un circolo virtuoso che toglie in alcuni punti per restituire in altri.

 

I rischi dell’outsourcing al Sud come dall’India

Da molti è stato indicato come grosso rischio del “south working” il fatto che le aziende possano decidere, a parità di assenza dall’ufficio, di assumere i propri talenti non al sud Italia ma a questo punto direttamente in Paesi dal costo della manodopera basso, come l’India o la Romania.

Di nuovo, un’argomentazione valida ma un po’ miope, perché questo processo è già in corso in maniera massiccia: intere linee produttive vengono delocalizzate in questi Paesi, con manodopera a basso costo acquisita in blocco.

È certamente una minaccia del futuro del lavoro, che però l’aspetto remoto non enfatizza in modo particolare, spingendo anzi verso una specializzazione delle competenze utile in ambito lavorativo, e allargando il bacino delle possibilità lavorative al di fuori di quelle rinchiuse in una data area geografica.

Come risponde la stessa Militello in un’intervista, “il target principale di un progetto come South Working è rappresentato dai lavoratori altamente qualificati, che apportano un elevato valore aggiunto alle aziende per cui lavorano. E che, perciò, dovrebbero resistere meglio alle trasformazioni dirompenti del mercato del lavoro che si prospettano”.

Trasformazioni che tra l’altro rischiano di essere impattate molto di più dall’intelligenza artificiale, dal machine learning e dalla robotica su cui potrebbe puntare l’Unione Europea, che non dal lavoro da remoto al Sud.

Insomma, per argomentazione negativa se ne può trovare una positiva, uguale e contraria.

Quale strada prenderemo? Sarà veramente questo il futuro del lavoro? Riusciremo a superare tutte le difficoltà e i preconcetti e a vedere un mondo dove il lavoro non è svolto “dove” o “quando”, ma “come”?

Oppure questa moda del South Working si spegnerà con la fine dell’estate, al cadere delle prime foglie dagli alberi? O all’arrivo del vaccino contro questo virus, che ci ha forzati a guardare ciò che pensavamo impossibile e a realizzarlo?

Sono domande che non hanno risposta, ma è difficile pensare sia un estremo che l’altro: sia che ci sarà un’adozione di massa dello smart working (a meno di non introdurre una decisa azione di incentivi verso i datori di lavoro), sia che si tornerà a lavorare come prima.

Il più probabile decorso è che, dopo questa impennata iniziale, la curva torni ad abbassarsi… ma una volta scoperta la possibilità di fare una cosa in modo diverso, è difficile far finta che non sia così.

E probabilmente questo cambiamento epocale, in cui risultato finale è ignoto a tutti, ha avuto un’impennata imprevista che non potrà durare di pari intensità, ma è ormai ben avviato e non si può fermare.

follower su instagram

5 strategie per aumentare in modo organico la follower base di Instagram

  • Pubblicare diversi tipi di contenuto significa più opportunità per aumentare le interazioni da parte degli utenti e, come possibile conseguenza, la crescita organica della fanbase di Instagram.
  • Instagram consente di aggiungere fino a 30 hashtag nel testo dell’immagine, ma sembra che la quantità ottimale per raggiungere il massimo engagement sia di nove hashtag.
  • Organizzare un concorso o un giveaway è una strategia che funziona nel 99% dei casi per aumentare la follower base, oltre che consolidare la presenza del brand sulla piattaforma.

 

Passano gli anni, cambiano i trend, Mark Zuckerberg rilascia nuove feature per le sue piattaforme, ma il problema principale dei marketer rimane sempre uno: come faccio ad aumentare la follower base del profilo Instagram del mio brand?

Purtroppo per Instagram, al contrario di Facebook, non è mai esistita un’opzione di advertising pensata per raggiungere direttamente questo obiettivo

Per molti brand, ma soprattutto per parecchi influencer, al principio l’unica alternativa è stata quella di acquistare fake follower per “gonfiare” la propria fanbase, ma sappiamo tutti benissimo quanto sia una mossa sbagliata e assolutamente inutile.

LEGGI ANCHE: 4 cose da evitare su Instagram per non perdere follower

follower su instagram

Esiste quindi un modo per aumentare in modo organico la follower base di Instagram?

Non c’è un unico modo predefinito per riuscire ad ottenere organicamente nuovi follower per il proprio profilo, ma esistono diverse strategie che combinando engagement, awareness e contenuti di qualità possono aiutare ad aumentare la propria fanbase.

Vediamo insieme quali sono le sei tattiche più utilizzate per raggiungere questo obiettivo.

#1 Pubblica regolarmente e negli orari migliori

Partiamo dalle basi ovvero dalla frequenza di pubblicazione, che influisce notevolmente sulla crescita della fanbase – oltre che sul tasso di engagement.

LEGGI ANCHE: Tailored Content: come creare il post perfetto per Facebook e Instagram

Per riuscire a rimanere al passo con l’algoritmo di Instagram, è consigliato pubblicare almeno un contenuto al giorno, ovviamente nei momenti della giornata considerati migliori.

Secondo uno studio di SproutSocial, basato sui dati di Instagram che riportano i momenti di maggiore attività da parte degli utenti sulla piattaforma, il momento perfetto nel 2020 per condividere contenuti su Instagram sarebbe il mercoledì alle 11:00 e il venerdì tra le 10 e le 11:00. 

In generale comunque per raggiungere un buon livello di engagement si consiglia di pubblicare dal martedì al venerdì tra le 10:00 e le 15:00.

#2 Investi nella produzione di contenuti differenti

Post nel feed, Instagram Stories, IGTV, filtri AR e il nuovo arrivato Reels: la piattaforma mette a disposizione una grande varietà di formati per i tuoi contenuti, perché non testarli tutti per capire qual è quello che meglio funziona per acquisire nuovi follower?

LEGGI ANCHE: Arriva Instagram Reels (anche in Italia), per creare video multi-clip da 15 secondi

Il livello di engagement infatti non è più collegato esclusivamente ai post nel feed: ora questo calcolo include anche metriche come le risposte e le menzioni nelle storie, le visualizzazioni dei video IGTV, l’utilizzo dei filtri etc.

Questo vuol dire che pubblicare diversi tipi di contenuto significa più opportunità per aumentare le interazioni da parte degli utenti e, come possibile conseguenza, la crescita organica della fanbase di Instagram.

#3 Utilizza gli hashtag giusti

Confermiamo che gli hashtag continuano ad essere di fondamentale importanza per aumentare la reach delle pubblicazioni su Instagram.

Ma è necessario scegliere quelli giusti, senza esagerare. Instagram consente di aggiungere fino a 30 hashtag nel testo dell’immagine, ma sembra che la quantità ottimale per raggiungere il massimo engagement sia di nove hashtag.

In generale, è meglio evitare di utilizzare hashtag vaghi o troppo popolari perché il contenuto rischia di passare inosservato tra i milioni di post che vengono pubblicati ogni minuto. 

Esempio, se siamo un artista che pubblica dipinti con l’acquerello, l’hashtag #watercolor è troppo generico. Piuttosto, se si tratta di un dipinto di fiori, utilizzeremo l’hashtag #WatercolorFlowers oppure #FloralWatercolor per raggiungere un target più specifico.

Esistono inoltre siti web o applicazioni che aiutano a trovare gli hashtag giusti da utilizzare, partendo da un argomento, come ad esempio DisplayPurposes.

Di grande utilità anche il tag di posizione, che aiuta a localizzare per esempio le piccole attività locali, in modo che gli utenti possano trovarle più facilmente dopo aver visto un contenuto.

#4 Organizza concorsi e giveaway

Lo sappiamo tutti: le persone amano ricevere prodotti gratuitamente e fanno di tutto pur di partecipare a un contest per vincere qualcosa.

SproutSocial afferma che il 72% dei consumatori si aspetta di trovare sconti o promozioni speciali sui canali social media brand. Al contrario, solo il 18% degli marketers pensa che sia necessario comunicare sconti e promozioni sui canali social.

Per questo organizzare un concorso o un giveaway è una strategia che funziona nel 99% dei casi per aumentare la follower base, oltre che consolidare la presenza del brand sulla piattaforma.

Ovviamente uno dei requisiti fondamentali per partecipare al concorso o al giveaway è quello di seguire la pagina e commentare il contenuto taggando i propri amici o colleghi (che a loro volta dovranno seguire la pagina). 

LEGGI ANCHE: Giveaway e Lead Generation: da semplici follower a contatti profilati

#5 Collabora con altri brand o con influencer

Un altro modo per aumentare la brand awareness e quindi ottenere nuovi follower è quello di collaborare con altri brand o con influencer, per esempio per il lancio di un nuovo prodotto in edizione limitata o per promozionare un concorso sul proprio profilo.

LEGGI ANCHE: Consigli, esempi e regole da seguire per contest e give away su Instagram

Se non si dispone di un budget dedicato esclusivamente alle collaborazioni con influencer, i micro-influencer continuano ad essere strategicamente efficaci per raggiungere un pubblico relativamente piccolo, ma realmente interessato e coinvolto.

In generale lavorare con gli influencer, in particolare appunto i micro e nano-influencer, crea un senso di fiducia nei confronti del brand da parte degli utenti. 

E mentre loro pubblicano contenuti e parlano del brand ai loro follower, il profilo Instagram aziendale comincerà a crescere organicamente.

LEGGI ANCHE: Insidie e opportunità dell’Influencer Marketing ai tempi del Coronavirus

Concludendo, esistono molti metodi per far aumentare la propria follower base in modo organico. Alcuni possono portare a una crescita più rapida (come ad esempio concorsi e giveaway) mentre altri sono più lenti a produrre risultati (come investire nella produzione di contenuti differenti). 

Controllare gli insight del profilo per analizzare l’andamento dell’account è fondamentale per migliorare la strategia di acquisizione di follower. Ad esempio, se ci sono grandi picchi in determinati giorni, è possibile dedurre quale tipo di contenuto è stato pubblicato in quel momento e quindi se il contenuto è performante o meno.

contenuti ingaggianti

Sei sicuro che i tuoi contenuti siano ingaggianti?

  • Creare contenuti ingaggianti significa generare una reazione nel proprio pubblico.
  • 10 consigli utili per capire se i tuoi contenuti sono davvero così coinvolgenti. Mettiti alla prova!

 

Ti sei mai chiesto cosa significa creare contenuti che coinvolgano davvero chi ti segue o che attirino potenziali clienti?

Innanzitutto è meglio spiegare cosa significa davvero ‘coinvolgere’: in inglese si usa la parola ‘engagement’ ossia coinvolgimento, termine caro a tutti i marketer che lavorano online.

Difficile da definire realmente. Significa che il contenuto deve essere d’impatto verso il pubblico, talmente d’impatto da generare una reazione, che sia un commento, un like, una condivisione sui social; oppure visitare una pagina, cliccare su un link, inserire a carrello un prodotto su un sito web. Qualsiasi cosa che faccia sì che si crei interazione e l’utente passi all’azione.

È proprio qui che entra in gioco l’importanza delle metriche per misurare il nostro obiettivo. Se il nostro scopo è creare contenuti ingaggianti per i social media, allora dovremo andare a misurare quante reazioni riceviamo: like, commenti, condivisioni. Saranno questi indicatori che ci diranno se il nostro contenuto ha avuto successo o meno.

Allo stesso modo se stiamo parlando di contenuti su un sito web, andremo a definire indicatori di performance diversi. Sulla base del canale a cui ci riferiamo, potrebbero essere: il numero di visitatori della pagina, il tempo medio che passano su quella pagina, il numero di click generati su un link, o il tasso di conversione se abbiamo un eCommerce.

L’importante è sempre sapere cosa stiamo facendo e perché, per arrivare ad essere in grado di misurare i risultati ottenuti.

Ma veniamo al nocciolo della questione e capiamo come creare questi contenuti tanto preziosi.

contenuti ingaggianti

I nostri consigli su come creare contenuti bomba

Crea una scaletta

È  facile perdersi nel flusso di idee e non andare dritti al punto con il nostro contenuto. Il primo consiglio infatti riguarda la pianificazione del lavoro. Crea la cosiddetta scaletta di punti da trattare, organizzare le idee aiuta tantissimo.

Chiediti cosa si aspetta il tuo pubblico e cerca di idare un contenuto che possa andare incontro alle sue esigenze, rispondere alle sue domande, avere un valore aggiunto.

Se prendiamo ad esempio la scaletta di questo articolo che tratta dei consigli per creare contenuti ingaggianti, il primo punto è un paragrafo introduttivo che spiega il focus, in modo che l’utente trovi subito quello che cerca, dopodiché arrivano i punti di approfondimento e l’articolo si compone di seguito.

Rispondi a una domanda

Un altro buon consiglio per attivare subito l’interesse del nostro interlocutore è cercare con i nostri contenuti di rispondere a domande frequenti degli utenti, dargli le risposte che cercano, risolvere i loro dubbi, perplessità o problemi. Avremo fatto bingo, perché troveranno esattamente quello che stanno cercando e riterranno il nostro contenuto di valore e molto utile.

Introduci domande

Viceversa anche fare domande è un buon modo per ingaggiare gli utenti. Anche in questo articolo, se notate, abbiamo iniziato con una domanda. Non è detto che l’utente sappia rispondere, ma sarà incuriosito nel continuare la lettura per trovare la risposta che cerca.

Usa la creatività con l’intento giusto

Innanzitutto devi sapere perché stai creando un certo contenuto e a chi è indirizzato. Come sempre è importante chiedersi quale scopo vogliamo raggiungere e conoscere l’audience di riferimento. Dobbiamo sempre creare qualcosa con un motivo e per qualcuno.

Per questa ragione, spazio alla creatività, ma mirata. Alcune idee possono essere brillanti, ma non adatte al nostro pubblico di riferimento perciò non risulteranno efficaci al raggiungimento del nostro obiettivo.

LEGGI ANCHE: Come scrivere davvero per le persone secondo Don Draper

digital marketer skill

Tratta di qualcosa che ti appassiona davvero

Una cosa che ti aiuterà nel creare un contenuto di valore e che può fare la differenza è cimentarsi con qualcosa che davvero ti appassiona. Sarai quindi portato ad approfondire, a metterti in prima linea nel capire cosa può funzionare e cosa no, sicuramente avrai un occhio di riguardo e anche chi si imbatterà nei tuoi contenuti lo percepirà.

L’autenticità del racconto, la passione e la dedizione trapeleranno, e in questi casi il risultato è sempre assicurato. Quando c’è entusiasmo si capisce ed è difficile sbagliare.

Includi i cosiddetti ‘Acchiappareach’

Un altro metodo è quello di utilizzare citazioni che possano essere condivise. Spesso utilizzato da blogger che inseriscono dei blocchi con frasi che attirano l’attenzione. La nostra audience si riconosce nelle parole scritte e quindi condivide.

Potresti anche inserire  direttamente dei bottoni per la condivisione e con un semplice click, il gioco è fatto!

Inserisci un invito all’azione

Importante è sempre inserire la cosiddetta call to action ossia l’invito all’azione per utente.

Che sia un post o un articolo di blog, dobbiamo inserire un rimando a quello che vogliamo il nostro pubblico faccia. Se si tratta di un prodotto, il link alla pagina prodotto, un format per la raccolta contatti o per l’iscrizione alla newsletter. I nostri contenuti devono sì informare e dare valore, ma in cambio dobbiamo arrivare a chiedere qualcosa anche all’utente.

Includi link interni

Per rendere più interessanti i tuoi articoli puoi includere link interni che rimandino ad approfondimenti o a pagine di vendita. Questo sarà un modo per far rimanere più a lungo il tuo utente sul sito web e aiuterà anche lato SEO: la credibilità della tua pagina acquisterà un punteggio maggiore. Indirizza le persone verso pagine cruciali sul tuo sito e punta sempre ad ottenere il risultato sperato.

LEGGI ANCHE: Video marketing ed eCommerce per coinvolgere le persone (e convertire)

contenuti ingaggianti

Usa testimonianze

Anche inserire recensioni e testimonianze del tuo prodotto o servizio può aiutare. Il tuo pubblico si potrà riconoscere nell’autenticità di queste e sarà portato ad essere maggiormente coinvolto.

Questo genere di contenuti aumentano la tua credibilità e instaurano un dialogo diretto con chi li vede.

Usa i video

Ultimo ma non per importanza: anche il formato del contenuto fa la sua parte.

L’esigenza dei consumatori è quella di essere sempre più coinvolti: i dati dimostrano che un video è una tipologia più coinvolgente e preferita dagli utenti.

Circa l’80% di chi naviga su un sito eCommerce predilige contenuti video, rispetto a immagini di elevata qualità o descrizioni di prodotto; si stima che 1 minuto di video equivalga a 1,8 milioni di parole comunicate.

Sono più diretti, immediati e facili da fruire. Puoi creare video tutorial, test e recensioni di prodotto, ma anche Q&A video o altri contenuti per generare brand awarness, facendo trapelare i valori del tuo marchio, raccontando chi sei.