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starbucks social media

Anche Starbucks dice stop alla pubblicità sui social media

  • La campagna “Stop Hate For Profit” rivolta in particolare a Facebook e alle sue politiche sui discorsi di odio chiede un boicottaggio della pubblicità sulla piattaforma per il mese di luglio.
  • Starbucks non aderisce a questa campagna e la pausa pubblicitaria sui social media non includerà YouTube.

 

Starbucks è l’ultima grande azienda a fermare gli investimenti pubblicitari sui social media.

Si aggiungerà alla crescente lista di società che mettono in pausa la pubblicità sulle piattaforme dei social media, ha detto l’azienda in un post sul blog domenica. Il gigante del caffè dice di essere “contro gli hate speech” e crede che “sia i leader aziendali che i responsabili politici devono unirsi per influenzare il cambiamento reale”.

starbucks boycott social media

La scelta di Starbucks di unirsi al boicottaggio

“Metteremo in pausa la pubblicità su tutte le piattaforme di social media mentre continuiamo a discutere internamente, con i nostri media partner e con le organizzazioni per i diritti civili nel tentativo di fermare la diffusione dei discorsi d’odio”, afferma il post del blog, intitolato “Creating Welcoming and Inclusive Online Communities” (Creare community online accoglienti e inclusive).

Secondo un portavoce di Starbucks, la pausa pubblicitaria sui social media dell’azienda non includerà YouTube, e mentre Starbucks continuerà a postare sui social media, non farà promozioni a pagamento.

Starbucks, inoltre, non aderirà ufficialmente alla campagna “Stop Hate For Profit” organizzata dalla Anti-Defamation League, dalla NAACP e da altre organizzazioni di giustizia sociale.

La campagna è rivolta in particolare a Facebook e alle sue politiche di moderazione sulle minacce violente, la disinformazione e i discorsi di odio, e chiede un boicottaggio della pubblicità sulla piattaforma per il mese di luglio.

LEGGI ANCHE: Pride Month 2020, le campagne più belle dai brand quest’anno

Stop hate for profit

Unilever, Verizon, The North Face, Patagonia, Ben & Jerry’s, Magnolia Pictures, Honda e Hershey hanno aderito alla campagna Stop Hate for Profit.

Coca-Cola Company ha fatto un ulteriore passo avanti e ha annunciato venerdì la sospensione di tutta la pubblicità digitale su tutte le piattaforme di social media a livello globale a partire dal 1° luglio.

starbucks boycott social media

E anche la multinazionale delle bevande Diageo ha preso un impegno simile.

Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha annunciato una serie di cambiamenti la scorsa settimana che non erano direttamente in risposta al boicottaggio degli inserzionisti, che rispondono ad alcune delle critiche alle politiche dell’azienda. Facebook è l’acronimo di dare voce alle persone, e questo significa soprattutto per le persone che in precedenza non hanno avuto la stessa voce, o il potere di condividere le proprie esperienze”, ha detto Zuckerberg. “È davvero importante che le nostre piattaforme siano all’altezza di questi principi”.

week in social

Week in Social: da TikTok for Business alle novità per gli inserzionisti su Instagram

Anche questa settimana non potevamo lasciarvi a digiuno del nostro consueto recap dal mondo dei social media. Come ogni fine settimana, ecco la tanto attesa Week in Social!

Le Stories su LinkedIn

LinkedIn estende il rilascio delle sue Stories all’Australia. La nuova funzione verticale di aggiornamento temporaneo dello stato, sarà presto disponibile per nuovi utenti dopo Brasile, Paesi Bassi ed Emirati Arabi Uniti.

E dopo i Fleets di Twitter non vediamo l’ora di provare anche queste.

Stories su LinkedIn

Tante nuove opzioni (e test) per Twitter

Twitter testa una opzione ‘in evidenza’ per i direct message. Si tratterebbe di una funzione simile a quella dei messaggi di Instagram per gli account dei creator.

Tra le novità sul social dell’uccellino anche la ricerca per liste.

Gli utenti hanno ora un modo in più per cercare argomenti rilevanti da seguire, mentre il social si trasforma in piattaforma in cui il follow è legato al topic e non all’account.

Intanto Trump resta osservato speciale su Twitter. Ancora una volta il social è stato costretto a etichettare con un avvertimento uno dei tweet del presidente degli Stati Uniti, per aver violato i termini contro i comportamenti non consentiti.

Nel frattempo Twitter sta anche migliorando la reattività dell’algoritmo e sta testando alcune nuove opzioni di presentazione degli ads.

Mondo Google

YouTube testa nuovi ads per prodotti acquistabili.

Per aiutare marketer e aziende a capitalizzare rapidamente, la piattaforma metterà a disposizione una nuova tipologia di annuncio che consente di puntare direttamente ai prodotti del proprio store online.

Arriva anche nuova app in stile Pinterest per Google. Si chiama Keen e permette di condividere interessi e cercare idee e prodotti. Un modo per sottrarre pubblico a quello che sta diventando uno scomodo competitor nelle ricerche online.

keen google

Facebook e Microsoft

Microsoft ha chiuso Mixer e ora punta su Facebook Gaming.

Il colosso dei computer ha annunciato che chiuderà la sua piattaforma di gioco e fonderà gli utenti esistenti con quelli sul servizio del social network.

Universo Facebook

Novità per gli inserzionisti su Instagram. La piattaforma infatti permetterà di creare annunci senza doversi collegare a una pagina Facebook. Una bella novità soprattutto per i social media manager!

Il social visuale sta anche aggiornando i requisiti per le opzioni ‘Shopping’. La piattaforma ha pubblicato una nuova policy per aziende e creator che desiderano utilizzare i suoi strumenti di vendita. Entrerà in vigore il 9 luglio.

LEGGI ANCHE: Instagram Stories: perché non devono più mancare nella tua Social Media Strategy

instagram stories come usarle

Aggiornamenti per il live streaming su Facebook: il social sta lanciando alcune novità per la sua piattaforma Live Producer. Tra gli update ci sono le grafiche in sovraimpressione e i commenti durante la trasmissione.

Infine, WhatsApp testa gli adesivi animati nelle chat. Si tratta di un altro elemento che si aggiunge al piano di integrazione della messaggistica di Facebook.

WhatsApp

TikTok pensa alle aziende

Sì, ve lo abbiamo già raccontato qualche giorno fa: TikTok ha lanciato TikTok for Business, la sua nuova piattaforma globale destinata a ospitare le soluzioni di marketing per i brand.

Già online, è possibile trovare ispirazioni creative, conoscere i formati di annunci disponibili e seguire le ultime notizie.

tiktokfor business

La piattaforma dei video brevi ha anche aggiunto nuove funzionalità per il mese del pride.

Per supportare la comunità LGBTQ+ anche una serie di annunci arcobaleno.

10 cose che dovresti sapere prima di lanciare un business online (e come impararle)

10 cose che dovresti sapere prima di lanciare un business online (e come impararle)

Il digitale è stata una grande rivelazione per molte piccole aziende negli ultimi mesi. Imprenditori e proprietari hanno scoperto che restare in contatto con i propri clienti grazie al web può essere non solo un’alternativa al negozio fisico o all’attività face-to-face, ma una parte complementare del business, oggi necessaria più che mai.

Certo, nessuno ha detto che costruire un business online (che si parta de zero, o che si voglia digitalizzare un’impresa esistente) sia un’attività semplice e lineare. Ma partendo preparati e conoscendo tutti gli step e i fattori in campo, questa nuova avventura può trasformarsi nella strada per il successo.

Scopriamo insieme, quindi, le dieci cose che dovresti assolutamente conoscere prima di lanciare un business online.

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Scoprirai come sfruttare al meglio le tecniche e gli strumenti del Digital marketing per migliorare la tua presenza online e farti trovare dai potenziali clienti.

business online

1. La scelta dell’hosting

Molte aziende iniziano a costruire la propria presenza online con una semplice pagina Facebook o un negozio su piattaforme come Etsy. Qui, tuttavia, non si avrà il pieno controllo e si avranno dei limiti in termini di possibilità e di attività consentite.

Ecco perché spesso si arriva alla decisione di avere un proprio sito web, magari anche un eCommerce.

Il primo passo per farlo è scegliere l’hosting giusto per le proprie esigenze.

L’host di un sito web (talvolta indicato come fornitore di hosting di siti web) è una società che offre la tecnologia e i servizi necessari per la visualizzazione di un sito web su Internet. Il servizio collega il nome di dominio al provider di hosting in modo che quando gli utenti visitano il tuo indirizzo web, venga mostrato loro il tuo sito.

A seconda del tipo di tecnologia e di supporto scelto i costi di questi servizi possono variare, ma ci sono alcuni aspetti fondamentali da considerare quando si sceglie un hosting.

  • Hosting condiviso vs. server dedicato. Avere un hosting condiviso significa che si sta condividendo un server e le sue risorse con altri clienti. Il limite maggiore in questo caso sono possono essere le prestazioni limitate del sito, o maggiori rischi rispetto alla cybersecurity, ma potrebbe comunque essere una valida scelta se si è ancora agli inizi e si vogliono testare le performance del proprio business online. Avere un piano server dedicato significa, invece, che la macchina server fisica è interamente dedicata al tuo sito; quindi, tutte le risorse sono dedicate. Tuttavia si tratta di una soluzione in genere più costosa che non tutte le piccole imprese sono disposte a pagare. Infine, esiste una via di mezzo tra i due, ossia il VPS o “server privato virtuale”. Si tratta di un piano hosting che offre il meglio delle due soluzioni, poiché un VPS è una macchina partizionata per lavorare come se si trattasse di macchine multiple, con un prezzo simile a quello di un hosting condiviso, ma con una sicurezza e prestazioni simili a quelle di un server dedicato.
  • Supporto e assistenza. Nella scelta di un hosting non si dovrebbe dimenticare di verificare anche la possibilità di ricevere supporto telefonico o via chat, in modo da poter essere aiutati rapidamente in caso di problemi. Anche il supporto via email può essere utile, ma in genere richiede tempi di risposta più lunghi e questo può diventare frustrante quando un problema deve essere risolto rapidamente.
  • L’interfaccia server semplice da usare. Soprattutto per chi è agli inizi e vuole fare tutto da sè senza il supporto di un professionista o di un’agenzia, è molto utile valutare anche la facilità di utilizzo e configurazione del pannello di controllo dell’hosting, in modo da essere certi di poter apportare tutte le modifiche necessarie al proprio progetto.
  • La sicurezza del server. Come dicevamo, un aspetto da non trascurare in un business online, è la cybersecurity. Ad esempio, per un progetto eCommerce è necessario installare i certificati Secure Sockets Layer (SSL). Assicurati, inoltre, che la società di hosting effettui una regolare manutenzione della sicurezza. Idealmente il protocollo di sicurezza dovrebbe essere pubblico, per poter conoscere come vengono gestiti i server.

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2. La scelta del nome dominio

Il dominio è la parte dell’indirizzo web che viene dopo il www. Ad esempio: www.ninjacademy.it

Per un’azienda, un nome a dominio può anche essere legato a un indirizzo e-mail professionale. In questo modo:

support@ninjacademy.it

Diciamo che sto cercando un idraulico a Roma, utilizzando Google digiterò “idraulico a Roma” e otterrò come risposta un elenco di risultati di ricerca che includono siti web rilevanti identificati dai loro nomi di dominio.

Il tuo dominio è l’insegna della tua azienda sul web, quindi fai attenzione a scegliere un nome dominio che rappresenti la tua azienda e che sia facile da ricordare. Puoi seguire questi cinque suggerimenti:

  • Sii breve, per assicurarti di restare impresso.
  • Rendilo facile da digitare. Evitate i trattini e le grafie insolite.
  • Includi le parole chiave. Cerca di usare termini semplici che le persone potrebbero inserire quando cercano il tuo tipo di attività online.
  • Localizza il tuo business. Specie per le piccole imprese può essere utile includere anche il nome della propria città o della propria regione nel dominio, per attirare i clienti locali.
  • Scegli l’estensione giusta. L’uso e l’estensione del nome di dominio (la parte che viene dopo il “punto”) dovrebbe essere specifico per il settore o per la zona geografica. In Italia ad esempio, andrebbe scelto il .it o il .com se si tratta di un eCommerce, ad esempio.
  • Quando stai cercando un dominio, fai una piccola ricerca per assicurarti che il nome che hai in mente non esista già, non sia un marchio registrato, protetto da copyright o in uso da un’altra azienda.

3. La creazione del sito e del suo design

Dopo aver scelto un dominio sarai pronto a iniziare a pensare nel concreto al sito web. Un po’ di pianificazione è fondamentale per garantire che il sito funzioni come immaginavamo e presenti tutti i prodotti o i servizi in modo chiaro.

Parti quindi dagli obiettivi: vuoi che il sito informi, che ispiri o vuoi generare conversioni di vendita?

È sufficiente che il sito web mostri i tuoi prodotti e servizi, o vuoi che i visitatori possano acquistarli direttamente dal sito? Se è così, dovrai progettare un sito eCommerce, prevedendo anche carrello, metodi di pagamento, registrazione del cliente…

Quando avrai ben chiaro cosa vuoi che faccia il tuo sito per il tuo business online, potrai iniziare a costruirlo seguendo gli obiettivi che ti sei prefissato.

Anche se non sei un esperto informatico, potrai utilizzare piattaforme e strumenti facilmente installabili per costruire il tuo website.

Un esempio che avrai già sentito nominare molte volte è quello dei siti web in WordPress. Si tratta di un CMS (content management system) che non richiede la conoscenza di HTML, PHP o altri linguaggi di programmazione, ma che ti consente un ottimo livello di personalizzazione anche se sei non sei esattamente un pro!

Puoi scegliere tra una miriade di temi gratuiti o a pagamento (cioè il design per lo stile generale del tuo sito web). Inoltre hai a disposizione moltissimi plugin per aumentare e diversificare le funzionalità del sito.

In alternativa puoi assumere un professionista o un’agenzia e commissionare la costruzione del tuo sito. In questo caso prevedi con l’esperto che ti seguirà anche le diverse opzioni di assistenza e implementazione: una volta messo online il sito potrai occupartene da solo o avrai bisogno di un’assistenza dedicata costante?

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sito web

4. La creazione di contenuti di qualità

Una volta che avrai pensato alla struttura e al design, ossia al contenitore, potrai iniziare anche a capire cosa metterai dentro il tuo sito, cioè ai contenuti.

Per far conoscere e lanciare il tuo business online, puoi raccontare la tua storia, spiegare come hai iniziato, dire qualcosa di te e del tuo lavoro ai potenziali clienti, spiegare quale problema puoi risolvere per loro, la tua mission e la tua passione.

Tra le pagine da includere tra i contenuti del tuo sito ci sarà la Home (pagina iniziale su cui atterreranno digitando il tuo nome dominio), un Chi siamo, la pagina dei Prodotti/Servizi, i Contatti e se possibile una pagina con recensioni e testimonianze di altri clienti. Quest’ultima comunicherà fiducia ai nuovi potenziali clienti.

Oltre ai testi, dovrai prevedere anche immagini (foto, logo, icone…) ed eventualmente uno o più video.

Cerca di mantenere un tono di voce coerente tra tutti i diversi contenuti, e prevedi anche colori e grafiche coordinate, ricordando che potresti anche condividere sui social le tue pagine web.

5. L’uso della SEO

Una volta creati contenuti rilevanti per i tuoi potenziali clienti, è il momento di fare un passo in più per aumentare la visibilità del tuo business online.

Per farlo devi utilizzare la SEO, vale a dire l’ottimizzazione per i motori di ricerca.

L’ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) è il processo di perfezionamento di un sito web per ottenere un posizionamento più alto nei risultati sui motori di ricerca e portare visitatori organici al tuo sito, senza pagare per annunci in evidenza.

A differenza degli annunci a pagamento – annunci pubblicitari che vengono visualizzati in aree sponsorizzate – i risultati di ricerca organici sono “gratuiti” e basati, tra le altre cose, sul contenuto del sito e su quanto si avvicina alle parole chiave ricercate. Si tratta quindi di risultati molto rilevanti per gi utenti.

Anche se ogni motore di ricerca ha il proprio set di criteri di posizionamento, tutti guardano agli stessi elementi di base:

  • Contenuto della pagina rilevante.
  • Parole chiave.
  • Meta tag. 
  • Sitemap.
  • Link building.
  • Ottimizzazione delle immagini.

social media per il business

6. L’uso dei canali social

Stabilire una presenza commerciale sui social media, cioè lì dove si trovano i tuoi clienti e potenziali clienti, è un po’ come allestire uno stand alla più grande fiera virtuale del mondo.

Certamente anche i tuoi competitor saranno lì, in fila per attirare l’attenzione dei potenziali clienti, con foto, video e offerte. Per questo, il segreto per usare al meglio i social media per comunicare con il tuo pubblico è creare contenuti di valore che ti permettano di costruire una relazione duratura.

Sviluppando un seguito sui social, potrai entrare in contatto con i tuoi clienti e potenziali clienti e condividere contenuti con un gran numero di persone. Il social inoltre rende facile indirizzare le domande o i problemi specifici dei clienti, rendendo le stesse informazioni disponibili anche per tutti gli altri.

Qui avrai anche la possibilità di costruire la tua brand awareness, ossia di condividere informazioni sulla tua attività e di mostrare la tua personalità. Oltre alla possibilità di guidare il traffico verso il sito web includendo link al sito nei post social e nelle varie bio.

Oltre a vendere, potrai renderti credibile. Condividendo contenuti rilevanti ti mostrerai come un leader di settore e creerai una presenza online solida per il tuo business.

Per utilizzare al meglio i social media, dovrai innanzitutto capire qual è il tuo target e scoprire su quali piattaforme spende il suo tempo. Non è detto che tu debba essere presente su qualsiasi social, potresti scegliere anche solo i più rilevanti e concentrarti su quelli.

7. L’advertising online

Proprio come la pubblicità sui giornali o sui manifesti per strada, anche l’advertising online gioca un ruolo importante per farti conoscere sul web. Ovviamente si tratta di un canale a pagamento, per il quale dovrai prevedere un certo investimento, per poter vedere risultati tangibili.

Gli annunci online, i post “sponsorizzati” sui social e tutte le altre opzioni a pagamento sono progettate per mettere le tue informazioni commerciali in primo piano e per guidare il traffico verso il tuo sito web.

Tra i vantaggi della pubblicità online puoi valutare questi di seguito:

  • è veloce e più economica di quella offline. Gli annunci online costano una frazione degli annunci tradizionali sulla stampa, ed è possibile eseguirli rapidamente.
  • Pubblico in target. Gli annunci saranno presentati solo a consumatori mirati sui social, sui media online o tra i risultati di ricerca.
  • È facile da misurare. Avrai a disposizione molte metriche per misurare il successo delle tue campagne pubblicitarie online, per capire cosa funziona e cosa no.

online business

8. La lead generation

Guidare il traffico verso il tuo sito web è fondamentale, ma convertire i visitatori in lead è il modo per far crescere il business online. Questo significa capire chi sta visitando il sito e contattarlo direttamente, in modo da poterlo convertire in cliente.

Includi il numero di telefono o l’indirizzo email della tua azienda in ogni pagina del tuo sito web.

Chiedi ai visitatori di lasciare il loro nome e indirizzo email, per restare in contatto. Questo è tutto ciò di cui hai bisogno per iniziare la conversione, e la maggior parte delle persone sono abituate a dare queste informazioni online.

Per raccogliere informazioni di contatto (sempre nel rispetto delle le linee guida del GDPR), puoi utilizzare i moduli di contatto, ossia form presenti sul sito che vengono compilati ogni qualvolta l’utente vuole porti una domanda, ha bisogno di informazioni e vuole essere ricontattato.

Puoi anche aggiungere un modulo di iscrizione alla newsletter per ricevere informazioni su prodotti e servizi, aggiornamenti, sconti, ecc. o fare un’offerta speciale per l’iscrizione alla mailing list.

Una volta ottenuti i loro indirizzi, l’email marketing ti offrirà un approccio mirato al contatto con i clienti attuali e potenziali.

9. La misurazione dei risultati

Ora che hai un sito web e dei profili sociali, oltre al know-how per guidare il traffico verso il tuo sito, coinvolgere i follwer con i contenuti e generare lead, sei in una posizione ideale per far crescere il tuo business online.

Ma come fai a valutare se sta andando tutto bene? Misurando i risultati ovviamente.

Come dicevamo, nel digital misurare i risultati è molto più semplice e ti permette di capire se hai bisogno di modificare il tuo sito, la strategia social, implementare la strategia di content marketing o la SEO.

Per sapere come sta andando poniti queste domande:

  • Quali tipi di contenuti ottengono la risposta più positiva?
  • Quando i tassi di coinvolgimento sono i più alti?
  • È il momento di provare l’adv a pagamento?
  • Quali sono i social network che sembrano funzionare meglio per la tua azienda?

In questa fase i tuoi alleati migliori saranno Google Analytics, gli insight delle piattaforme social e Google Search Console.

10. L’implementazione e la manutenzione

Un sito web non dovrebbe essere creato e poi abbandonato a se stesso. Per avere un sito web di successo e far crescere il tuo business online, dovresti sempre manutenerlo e implementarlo.

Per farlo:

  • controlla i dati della Search Console almeno una volta al mese;
  • utilizza i dati sul traffico per saperne di più sul tuo pubblico e sui contenuti più ricercati e apprezzati;
  • utilizza i dati sulle prestazioni per ottimizzare e correggere gli avvisi e gli errori;
  • assicurati che tutti i software siano sempre aggiornati;
  • esegui scansioni di sicurezza in modo da sapere se il sito è pulito da malware e non è stato violato;
  • utilizza gli A/B test per vedere se le prestazioni di un prodotto o di una pagina cambiano con piccole variazioni sulla pagina (copy diversi, tasti di colori differenti…);
  • continua a monitorare anche la concorrenza;
  • fai costanti backup del sito in modo da avere sempre una versione aggiornata conservata;
  • permetti agli utenti di fornirti feedback sul sito e sui prodotti.

10 cose che dovresti sapere prima di lanciare un business online (e come impararle)

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Timing and Pressure: le tempistiche di invio di Newsletter e DEM e l’impatto sul destinatario

In che mese dell’anno, in che giorno della settimana e a che ora l’invio di una email ha maggior impatto sul destinatario? Quali strumenti sono più efficaci tra newsletter e DEM? Quanto incide la tipologia del destinatario e il settore in cui opera sul tasso di apertura?

Tutte domande importanti per compiere azioni di Email Marketing efficaci e raggiungere il proprio target con il giusto timing. Molte risposte le fornisce il primo numero di MailUp Data, Timing and Pressure, che si pone come focus la ricezione e l’apertura delle email da parte dei destinatari.

L’obiettivo dell’indagine è un’analisi quantitativa e qualitativa sulle tempistiche con cui clienti e prospect ricevono e aprono i messaggi delle aziende nell’arco della giornata, della settimana e dell’anno, registrando inoltre lo scarto temporale tra il momento della ricezione e il momento dell’apertura.

Oltre al timing, lo studio si è concentrato sulla cosiddetta pressure – ossia il numero di messaggi che un utente riceve in un determinato periodo – e in che misura questa condiziona tassi di apertura e di disiscrizione. 

Vengono così messi in luce percentuali, numeri e andamenti in grado di offrire una visione globale, da una parte, sulle abitudini nelle tempistiche di invio delle aziende e, dall’altra, sulle abitudini dei destinatari nella fruizione delle email in relazione alle frequenze di invio stabilite dalle aziende. 

L’analisi dei flussi è stata possibile grazie alle indicazioni fornite dai clienti MailUp che, per ogni ambiente di lavoro, hanno selezionato la tipologia di messaggio (DEM, newsletter) e la tipologia di destinatario (B2B, B2C, misto B2B+B2C) su un campione di 20 milioni di destinatari.

Stagionalità: gli invii durante i mesi dell’anno

In generale

Prendendo in considerazione il quadro generale, non differenziato per audience e tipologia di invio, la prima evidenza riguarda i ridotti volumi di email nei primi mesi dell’anno.

L’attività di invio delle aziende risulta invece nettamente più consistente negli ultimi mesi dell’anno: ogni mese compreso tra settembre e dicembre (inclusi) catalizza oltre il 9% del totale di invii, con la leadership del mese di ottobre (10,79%).

A sé il caso di agosto che – segnando un picco in basso tra luglio e settembre con un risicato 6,3% – si mantiene tuttavia su volumi pari o superiori a febbraio e gennaio.

Il tasso di apertura procede invece in maniera inversa a quella degli invii: le aperture presentano un calo negli ultimi mesi dell’anno, in coincidenza dell’aumento dei volumi di invio rilevato precedentemente. Le aperture sono invece maggiori dove i volumi sono più contenuti: a gennaio – dove registravamo il minor numero di email inviate tra tutti i 12 mesi – troviamo il maggior tasso di apertura (31,8%).

Fa eccezione agosto, dove a volumi di invio ridotti corrisponde un tasso di aperture nettamente inferiore alla media (23,7%); il mese estivo per eccellenza si caratterizza dunque per un’inerzia diffusa, per bassi livelli di attività, sia da parte delle aziende sia da parte dei destinatari.

In base alle differenti audience

Prendendo in considerazione le differenti audience (B2B, B2C, Misto), notiamo che i volumi sono distribuiti in maniera simile. L’unica differenza marcata riguarda il mese di agosto, dove si nota una differenziazione interna pronunciata tra le diverse audience: 4,6% di volumi nel B2B, 5,8% nel misto e 7,1% nel B2C.

Risulta dunque evidente come ad agosto, nel caso di invii destinati ai consumatori, i volumi non presentano il tracollo rilevabile invece nelle altre audience. A pesare molto sulle aperture dei primi mesi dell’anno sono i risultati del B2C, che anche nei restanti mesi dell’anno fa registrare performance delle aperture nettamente sotto la media: si va dal 28,5% di gennaio fino al 23,7% di settembre, intervallato dal 20,4% del mese di agosto.

Per quanto riguarda l’andamento di mese in mese, le tre diverse audience presentano un comportamento simile: le performance migliori comprese tra gennaio e febbraio, le peggiori ad agosto; i mesi che precedono agosto mostrano risultati migliori rispetto al periodo settembre-dicembre.

Giorno della settimana e orario

In generale

Lo studio ha analizzato anche volumi e aperture delle email nei sette giorni della settimana e nelle 24 ore giornaliere. Considerando gli invii complessivi, senza distinzioni di audience e tipologia, emerge che l’attività sia più intensa nelle ore della mattina, per poi calare fino all’ora di pranzo e rimanere stabile fino alle 19.

Guardando le variazioni nell’arco della settimana, si nota che gli invii si concentrano per lo più nei giorni feriali, mostrando un calo molto marcato nel weekend.

Da notare come il venerdì si discosti da tutti gli altri giorni per un secondo picco di volumi in corrispondenza delle 17. Il comportamento delle aperture in relazione all’ora giornaliera di invio mostra una notevole differenza tra giorni feriali e weekend: nonostante una certa analogia delle due curve nelle ore della notte e nelle prime ore della mattina, notiamo che dalle 9 (35% di aperture per i giorni feriali, 25,7% per il weekend) le due curve iniziano a divergere nettamente.

In base alle differenti audience

Nel B2B, coerentemente con il pubblico di riferimento, si rilevano volumi notevolmente maggiori in corrispondenza della settimana lavorativa, da lunedì a venerdì, a discapito del fine settimana. Il canale con i maggiori volumi di invio nel weekend è il B2C (50% il sabato e 55% la domenica), mentre il misto domina i giorni della settimana, catalizzando circa il 50% dei messaggi inviati.

Comuni a tutte e tre le audience sono le ottime performance nelle ore della mattina, seguite da una discesa nel pomeriggio che si mostra particolarmente accentuata nel B2C.

Il B2B, dal lunedì al venerdì, presenta tempi di apertura molto contenuti mentre le altre audience presentano tempi di apertura più dilatati. Il venerdì il canale B2B amplia in maniera vistosa i tempi di apertura attorno alle 17, mentre nel weekend ottiene tempi di apertura molto ampi. A performare meglio nel weekend è il B2C, che presenta tempi leggermente più bassi delle altre due audience. 

Come performano Newsletter, DEM, misto

Nella distribuzione per tipologia, notiamo che globalmente le preferenze di invio delle aziende ricadono sui giorni feriali, anche se in misura minore per il comparto DEM, che tuttavia si mantiene su buoni livelli anche nel weekend.

L’invio di Newsletter è più intenso la mattina per poi decrescere e risalire nel tardo pomeriggio; le DEM presentano un solo picco, nelle ore del mattino all’interno della settimana lavorativa mentre nel weekend i loro volumi decrescono più velocemente. Il misto presenta un andamento piuttosto simile a quello delle DEM.

Newsletter e DEM presentano tempi di apertura abbastanza simili, senza particolari differenze tra i giorni della settimana. Il weekend presenta tempi globalmente più lunghi.

La pressione a cui sono sottoposti i destinatari

Ma come rispondono i destinatari alla pressione delle newsletter, ovvero al numero di messaggi che un destinatario riceve in un determinato periodo? Ripartendo gli invii per tipologia di email non notiamo differenze evidenti in termini di pressure: in media si nota una distanza tra un invio e l’altro di 9 giorni per le Newsletter e di 10 giorni per le DEM. 

Se si considera invece la tipologia di audience, si rilevano alcune differenze sensibili: nel B2C si ha una pressione minore mentre è più elevata – ed equiparabile – la pressione tra misto e B2B

La relazione tra pressione e tasso di apertura

Considerando unicamente i destinatari che hanno aperto le email, un incremento della pressure impatta positivamente sul tasso di aperture totali, se invece consideriamo tutti i destinatari – anche coloro che non hanno aperto le email – scopriamo che una maggiore pressione impatta negativamente sul tasso di apertura.

Se ne deduce quindi che una maggiore pressione esercitata sul destinatario da parte dell’azienda produce un maggior numero di interazioni complessive con l’email e, al tempo stesso, un decremento del numero di lettori della singola email.

La relazione tra pressione e disiscrizioni

Molto interessante è la valutazione del grado di incidenza della pressure sul tasso di disiscrizioni volontarie. I dati rivelano che i destinatari su cui si esercita una maggiore pressione (settimanale) sono più propensi a disiscriversi.

Una dinamica che però non deve allarmare, dal momento che un certo tasso di disiscrizione è fisiologico in ogni database aziendale; al contrario una pressure debole – mensile o oltre il mese – mette sì al riparo da un consistente tasso di disiscrizione, ma avvicina il rischio di un mancato coinvolgimento dell’audience nella comunicazione.

tiktokfor business

Arriva TikTok For Business, la nuova piattaforma globale per i brand

La piattaforma per i video brevi ha appena lanciaro TikTok For Business, il marchio che identifica la piattaforma globale che ospita tutte le soluzioni di marketing attuali e future per i brand.

“Le soluzioni di TikTok For Business sono pensate per offrire ai brand e alle loro direzioni marketing gli strumenti per creare storytelling creativi, in grado di ingaggiare la community di TikTok con il loro messaggio”, si legge nel comunicato di presentazione sul blog.

La creatività a portata di brand su TikTok

Negli ultimi anni, i brand che sono entrati con più successo in sintonia con la community TikTok ci sono riusciti non perché le loro campagne presentassero lo spot più patinato o il testimonial più famoso, ma grazie alla capacità di coinvolgere gli utenti in modo creativo e di creare una connessione con loro attraverso emozioni, azioni e suoni.

LEGGI ANCHE: 5 testate giornalistiche che usano TikTok per aumentare la propria audience

Oggi con TikTok For Business gli uffici marketing avranno a disposizione nuovi strumenti per farsi scoprire e connettersi con le community.

Tra gli obiettivi che sarà possibile raggiungere:

  • Crescita oltre che creatività: per il marketing, oltre che una destinazione imperdibile, TikTok è anche una piattaforma con un potenziale di crescita da valorizzare, basata sull’intrattenimento, che offre sia agli utenti sia ai brand gli strumenti giusti per raccontare la loro storia.
  • Vista, suono, movimento: con TikTok, il marketing può sfruttare il contesto dei dispositivi mobili, a cominciare dai suoni. E le opportunità di utilizzarli sono molte: musica, effetti sonori, playback, reazioni e molto altro.
  • Una community inclusiva e partecipe: la ragion d’essere di TikTok è “stare insieme”. Un’opportunità originale per gli esperti di marketing di creare qualcosa che diventa parte della nostra community. Su TikTok, le persone possono farsi coinvolgere e ispirare così tanto da una campagna di marketing da crearne una loro versione. E i brand possono sperimentare dal vivo l’impatto della loro campagna sulle persone.
  • Conoscenza e cultura per tutti: TikTok è una piattaforma aperta, dove può farsi scoprire chiunque, e qualunque brand. Su TikTok si conoscono cose nuove ogni giorno, in modo aperto e inclusivo.
  • Soluzioni semplici e senza intoppi: i prodotti di TikTok portano risultati su tutti i marketing touchpoint e consentono uno storytelling ricco e immersivo. Video impeccabili, a tutto schermo, video nativi nell’esperienza dell’utente. Lavorando con molte terze parti leader del settore, stanno inoltre sviluppando una suite di soluzioni di misurazione. Il più recente effetto di realtà aumentata per i brand, Branded Scan, è un nuovo prodotto che consente agli utenti di vivere un’esperienza di realtà aumentata con qualsiasi brand.

testate giornalistiche tiktok

Non annunci, ma TikToks

TikTok è una piattaforma progettata per ispirare contenuti creativi autentici che si trovano solo su TikTok.

Per i brand, questo apre una finestra di opportunità interamente nuova di creare contenuti che parlano alle persone, invitando la community a unirsi alla conversazione e “a fare un TikTok”.

Con il lancio di TikTok For Business, l’azienda vuole coniugare la creatività e la positività della community con soluzioni pensate per le aziende in modo che crescano insieme.

Sulla piattaforma è oggi possibile trovare e conoscere soluzioni, strumenti di misurazione e metriche, post di ispirazione, risorse e notizie utili per i brand.

promozione organica

Promozione organica e annunci: una nuova frontiera budget-free

  • Il rapporto fornitore-compratore può avere radici più salde utilizzando strategie e annunci meno aggressivi.
  • Il remarketing anche se non è spam, in alcuni casi, ottiene l’effetto opposto a quello desiderato.

 

Ci ritroviamo a chiedercelo sempre più spesso: è davvero finito il tempo degli annunci? Anche le ads sponsorizzate possono apparire superate, e forse stanno perdendo colpi. Perché? Il motivo è semplice: spesso, i famosi “post/annunci sponsorizzati” risultano più utili nella fase iniziale delle varie offerte, prodotti o progetti. Così il collante tra il pre-lancio e il post-lancio potrebbe non essere più costituito dalle ads, anche se profumatamente pagate. O più semplicemente gli annunci vengono a volte costruiti in modo troppo artefatto rispetto a quanto faremmo nell’organico.

Infatti, in alcuni casi la retention di un cliente può essere più preziosa della sua acquisizione o del continuo remarketing su cold e warm leads.

Non possiamo formulare ipotesi certe, tuttavia, per approfondire i dati dell’andamento complessivo del mercato pubblicitario, è possibile approfondire consultando anche il report Nielsen.

promozione organica

Anche le ads possono fallire

Non sempre le ads (e relative strategie correttive) portano dove vuole l’inserzionista. La prova sta nel fatto che oggi, spesso, quando il cliente commissiona una sponsorizzata, pur affidandosi a un professionista di fiducia, tenderà quasi sempre a chiedersi: “Piacerà davvero? Funzionerà, o avrò solo bruciato i miei soldi?”.

Spesso si ragiona sulla necessità di attivare o meno ads per determinate categorie merceologiche. Potremmo anche arrischiarci in una considerazione che, nei prossimi anni, potrebbe non apparire così irrealistica. Infatti la promozione di offerte, iniziative e servizi diffusa in modo “naturale”, ad esempio attraverso i canali di comunicazione più semplici stories, stati di WhatsApp, social post  può rendere il marketing meno invasivo e forse anche più piacevole, quasi come un passaparola.

La relazione tra due persone che si conoscono e comunicano costantemente ha radici più salde di un semplice rapporto fornitore-compratore. Ad esempio, se oggi scegliamo un servizio in cloud e acquistiamo uno spazio, ma poi questo servizio si rivela inefficace, il contratto con il fornitore viene rapidamente sostituito con quello di un altro che, magari, propone lo stesso servizio con un quid che risponde di più alle nostre esigenze.

E questo potrebbe portare risultati a lungo termine molto più saldi, a patto ovviamente di non spammare e di non esagerare con la necessità di comunicare troppo, con tante informazioni diverse o martellanti, neppure quando si avverte la forte tentazione di farlo. Un po’ come quando si riceve l’invito a un appuntamento: “Allora, ci sei? Verrai? Quanti siete?“. Se sostituiamo il concetto di “appuntamento” con “prodotto da vendere”, il risultato non cambia.

LEGGI ANCHE: Primi passi con Facebook Creator Studio: cosa puoi fare e come usarlo

promozione organica

Promozione? Sì, anche senza ads

La promozione libera da sponsorizzate diventa, per così dire, una “promozione organica“.

Facciamo un altro esempio: se sponsorizziamo un contenuto con remarketing annesso, chi ha l’occhio allenato anche un semplice cliente che acquista spesso determinati prodotti potrebbe osservarlo da un punto di vista negativo, a prescindere dall’interesse suscitato: “Ah, è solo una sponsorizzata“. Questo vale, ad esempio, per i consulenti che vendono corsi di vario genere che sembrano tutti poco riconoscibili e tutti uguali, e guarda caso sono usciti sul mercato da poco.

Invece, se diffondiamo una promozione con post e stories semplici, o la condividiamo attraverso strumenti comunemente utilizzati, purché con frequenza non troppo elevata, sarà meno aggressiva per chi già conosce la persona che diffonde le informazioni su un prodotto o servizio, e quasi simpatica a chi vuole approfondire – senza troppe pretese – quel contenuto che richiama la sua attenzione.

Promozione organica

Supporto spontaneo

Un altro risvolto interessante è che i contenuti diffusi da una fonte già nota possono essere citati, taggati, ricondivisi da chi li ha davvero apprezzati. E senza folli esborsi di budget. Se il contenuto vale, la “customer advocacy” viene sostituita da una fioritura spontanea di relazioni da coltivare. Un po’ come avveniva nelle antiche botteghe delle nostre città, dove i mercanti e gli artigiani stabilivano un rapporto diretto con gli acquirenti.

La perfezione stanca, eppure la promozione free-budget prospera anche in tempi bui. E appare meno artefatta, forse più interessante a chi viene “bombardato” ogni giorno dai competitor di una stessa nicchia di mercato che si contendono la sua attenzione stalkerando, di fatto, i suoi interessi.

Potrà esistere un nuovo metodo di “promozione organica”? E se sì, con quali limiti, condizioni e vantaggi? Per il momento non possiamo saperlo con certezza, anche se è innegabile come, finora, e forse anche in ragione della pandemia, le ads abbiano rivestito una considerevole importanza per le imprese.

Spotify e la crescita dei Podcast

Con 12,1 milioni di ascoltatori, il podcast è il nuovo strumento preferito dai brand

  • Gli ascoltatori di podcast sono cresciuti del 16% e di quasi 2 milioni  rispetto al 2018.
  • In particolare, quando parliamo di branded podcast, l’81% degli ascoltatori  al termine dell’audio compie un’azione verso il brand.

 

Il mercato dei podcast rappresenta anche in Italia un settore in forte crescita: nel 2019 gli ascoltatori di podcast sono stati 12,1 milioni con un incremento del 16% e di quasi 2 milioni di persone rispetto al 2018 (10,3 milioni). Una spinta alla fruizione di questo nuovo mezzo di comunicazione è data anche dalla diffusione degli smart speaker che rendono l’ambiente domestico il luogo privilegiato in cui ascoltare podcast (71%).

Proprio per questo motivo gli investimenti e l’interesse da parte delle aziende su questo medium è in forte crescita in Italia e il 2019 ha visto la nascita di startup innovative come VOIS (Ex Fortune Podcast) dedicate alla creazione di contenuti podcast esclusivamente per brand.

A raccontare questo nuovo universo è proprio Francesco Tassi, CEO di VOIS.

branded podcast francesco tassi vois

L’ascolto che attiva

Un po’ come la radio, è diventata consuetudine ascoltare i podcast mentre si svolgono altre attività, dallo sport alla guida fino alle faccende domestiche: una predisposizione al multitasking che ben si sposa con una delle caratteristiche peculiari della società contemporanea.

Ma se l’essere multitasking potrebbe presupporre un ascolto distratto o, ancora peggio, passivo, i dati, in realtà provano il contrario. È dimostrato infatti che l’81% degli ascoltatori di podcast al termine dell’audio compie un’azione verso il brand, che può essere cercare un prodotto online, connettersi con il brand sui social media oppure parlare del podcast e, quindi, del brand ad altre persone.

In un report dal titolo “Audio: Activated”, realizzato da BBC Global News e basato su alcune interviste realizzate a 2448 persone in 10 differenti mercati mondiali, emerge il fatto che, dal momento che la maggior parte degli ascoltatori consumano i podcast mentre sono impegnati in altre attività, invece di essere distratti da questa modalità di ascolto tendono ad avere dei punteggi più alti sia per quanto riguarda l’engagement (+18%), l’intensità emotiva (+40%) e la memoria a lungo termine del podcast (+22%).

Molto spesso poi gli ascoltatori, poi condividono ciò che hanno appena ascoltato sui propri social media, tra cui Facebook, Instagram e LinkedIn.

Compiere un’azione, quell’obiettivo tanto cercato nelle strategie di marketing dei brand, sembra finalmente trovare nel podcast il giusto supporto e nei suoi ascoltatori i destinatari privilegiati delle attività di comunicazione e di marketing.

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branded podcast

Ascolto, quindi ricordo con il branded podcast

Gli ascoltatori di branded podcast tendono inoltre a creare delle associazioni subconscie con il brand, in base alle parole che ascoltano nel podcast. In un test effettuato, per esempio, la parola “innovativo” ricorreva ben 12 volte durante l’episodio di un podcast. Questa ricorrenza induceva, conseguentemente, l’ascoltatore ad associare la parola “innovativo” al brand del podcast, trasferendo il messaggio del contenuto audio ai valori del brand stesso.

Quello dei podcast è quindi un pubblico giovane (in media 35 anni), responsabile e consapevole nelle proprie scelte d’acquisto, ma anche “onnivoro” e propenso a consumare differenti tipologie di contenuti digitali, permettendo quindi ai brand di attuare delle strategie su larga scala e su più canali media.

branded podcast

Il 64% degli utenti afferma inoltre di aver ascoltato messaggi pubblicitari durante il podcast e di ricordarseli anche a distanza di tempo. Per quale motivo?

È soprattutto il clima di intimità e autenticità del branded podcast, che non viene percepito come pubblicità invasiva o, ancor peggio, interruttiva da parte degli ascoltatori, quello che più piace e più cattura l’attenzione degli ascoltatori e sui cui le aziende devono lavorare per affermarsi nell’immaginario collettivo delle persone.

Oggi, infatti, le persone hanno la necessità di conoscere i valori del brand attraverso messaggi che abbiano uno stile più narrativo e meno orientato alla vendita diretta.

Per farlo, l’arma più efficace che i brand hanno a disposizione è lo storytelling, attraverso il quale è possibile creare una connessione profonda con l’ascoltatore ed evocare situazioni che fanno parte anche della sua vita: questo è uno strumento potentissimo in grado di innescare un meccanismo emotivo che avvicina tantissimo il brand al suo pubblico.

Farlo poi attraverso l’audio significa innescare quel processo creativo che stimola ancora di più il suo immaginario, rendendolo parte attiva della storia e rafforzando ancora di più il legame.

Il podcast rappresenta dunque un grande nuovo mercato per le aziende e le piattaforme di distribuzione, come Spotify e Apple iTunes, ormai fungono da vetrine verso utenti stimati in milioni di persone nel mondo. Siamo solo agli inizi di questa nuova era, ma gli sviluppi sono molto promettenti.

Creator Studio

Primi passi con Facebook Creator Studio: cosa puoi fare e come usarlo

  • Gestire i nostri contenuti sia per Facebook che per Instagram da un unico strumenti ci semplifica il lavoro e finalmente è possibile.
  • Ci aspettiamo questo strumento si evolva ancora, per diventare sempre più completo. Scopriamo come usarlo al meglio.

 

Arrivato un po’ in sordina, Facebook ha rilasciato Creator Studio nell’estate 2018. Si tratta di uno strumento di cui ormai ogni Social Media Manager non può fare a meno perché permette di gestire i contenuti delle pagine Facebook e ora anche di Instagram, in un’unica interfaccia.

Se infatti prima bisognava per forza ricorrere a strumenti esterni per la programmazione e la gestione degli account, ora Facebook semplifica sempre di più le attività con questo tool unico.

Non può ancora competere con altri software di social media management più approfonditi, ma è sicuramente prezioso per chi non ha un abbonamento con altri strumenti e ha bisogno di gestire i proprio account semplificandosi la vita con un’unica piattaforma fornita gratuitamente e che ha l’altro indiscusso vantaggio di restituirci metriche e dati di prima mano.

Ti sarai accorto che quando entri negli strumenti di programmazione della pagina Facebook ti viene suggerito di provare Creator Studio. E allora via, proviamo!

creator_studio

Chiunque gestisca la pagina può accedervi anche da questo link da desktop.

Una volta entrati, sulla base del ruolo della pagina, è possibile vedere determinate informazioni ed eseguire azioni.

Per capirci meglio la tabella di seguito riporta un riassunto:

LEGGI ANCHE: Come aumentare la reach organica sui canali social

Gestire Facebook ed Instagram in uno strumento unico

In alto sulla barra blu troviamo la possibilità di scegliere tra Facebook e Instagram.

Per poter visualizzare il nostro account Instagram business dovremo allacciarlo. Innanzitutto, dovremo aver collegato l’account Instagram alla Pagina Facebook.

Questa è la vera funzionalità che tutti i Social Media Manager attendevano: poter programmare e gestire anche Instagram!

Possiamo infatti pubblicare i nostri contenuti sia sul feed di Instagram che in IGTV.

Subito sotto abbiamo un menù a tendina che ci permette di selezionare quale pagina Facebook o account Instagram vogliamo visualizzare. Fin qui tutto molto intuitivo.

creator_studio_IG

Le funzioni di Creator Studio

Ora andiamo per ordine e vediamo cosa possiamo fare con Creator Studio.

Pubblicazione

La prima schermata che ci si presenta è la home con la possibilità di creare post in alto a sinistra: caricare, scrivere e pubblicare contenuti.

Possiamo pubblicare un post, una storia, un video, anche trasmettere una diretta. Sempre nella home abbiamo una prima panoramica di dati statistici.

creator studio

Ricerca e monitoraggio

Possiamo poi gestire i contenuti attraverso la funzione ‘Libreria Contenuti’: vedremo la lista completa dei post pubblicati, programmati, delle bozze, dei post scaduti e in scadenza. Grazie ai filtri e alla funzione cerca, possiamo anche ricercarli e selezionarli.

Sempre nella libreria contenuti abbiamo accesso ad alcuni dati statistici sulle Stories, possiamo gestire le playlist dei video e sono in arrivo altre funzioni.

Subito sotto troviamo la sezione dedicata ai dati statistici ,dove al momento è possibile vedere le prestazioni dei video e delle stories.

Moderare e rispondere a commenti e messaggi

Arriviamo alla posta: in questa sezione abbiamo l’opportunità di moderare commenti e messaggi, anche i Direct di Instagram. Si possono anche modificare le risposte automatiche, molto utili per evitare che ad un messaggio non risposto, corrisponda una perdita di reattività della tua Pagina.

Monetizzazione

E ancora ci sono tante altre tab nel Creator Studio. In ‘Monetizzazione’ puoi vedere se la tua pagina è idonea a monetizzare e quindi ricavare guadagno su Facebook.

Nel caso ti interessi, puoi configurare questa funzione. Inoltre, trovi una dashboard per le dirette e hai tutta la raccolta degli audio da utilizzare nei tuoi post e puoi gestire le risorse collegate alla pagina.

Siamo giunti al termine di questa panoramica. Ora hai tutti gli strumenti che servono per gestire i tuoi contenuti su Instagram e Facebook, senza dover ricorrere ad altri software esterni, comodo no?

Confidiamo sul fatto che Creator Studio potrebbe evolversi e sicuramente regalarci nuove funzionalità per diventare ancora più completo.

apple wwdc 2020 privacy

La guerra di Apple sulla privacy dal WWDC 2020

  • Alla WWDC 2020 Apple ha fatto vari annunci interessanti, tra cui spiccano quelli in tema di privacy.
  • I principali combattimenti di questa “guerra” si svolgeranno su estensioni, cookies e app.
  • Insieme ad altri recenti avvenimenti, le scelte di Apple in fatto di privacy sembrano preludere a un possibile cambio di rotta obbligato nel settore.

 

Si sa, Apple ogni anno delizia i suoi appassionati con qualche novità durante il WWDC. Dalle più grandi innovazioni della Mela Morsicata ai più piccoli aggiornamenti dei suoi iconici prodotti e servizi, questo è l’evento durante il quale tutto viene svelato. E anche quest’anno non è stato da meno.

L’evento aveva già iniziato a far parlare di sé per due principali motivi: perché sarebbe stato per la prima volta interamente online e della durata di una settimana; e per il vociferato divorzio da Intel in favore di processori ARM personalizzati.

Ma tra piccoli miglioramenti e lievi novità, c’è un’altra piccola bomba che l’azienda di Cupertino ha sganciato e che è passata un po’ più in sordina.

LEGGI ANCHE: Ecco cosa ha annunciato ieri Apple durante la WWDC

wwdc privacy apple

Apple e la Privacy: una lunga storia d’amore

Sì perché Apple sta iniziando a tirare fuori gli artigli per quanto riguarda un argomento dove praticamente non ha rivali, ovvero la Privacy.

Al contrario della maggior parte delle altre Big del tech, ha fatto del suo cavallo di battaglia la scelta di non fare business con i dati degli utenti.

Aziende come Google ci hanno abituato ad avere tutto “gratis”, ma questa assenza di scambio di denaro si trasforma semplicemente in una diversa modalità per monetizzare, ovvero attraverso i nostri dati, che vengono ceduti sotto forma di informazioni aggregate agli inserzionisti per fare un marketing maggiormente personalizzato.

La scelta di Apple è sempre stata invece quella di vendere solo hardware e software, spesso e volentieri anche a caro prezzo, ma garantendo che, a detta loro, la nostra privacy è tutelata.

Già da tempo Apple ci aveva abituati a questa direzione, ad esempio per il TouchID e il FaceID adotta un chip dedicato per l’autenticazione dell’utente che Apple garantisce essere totalmente protetto.

Addirittura ci dice che a tali informazioni non può accedere neanche il sistema operativo, né tantomeno app esterne; inoltre tali dati non vengono mai caricati sul Cloud.

Apple ha persino reso sicuro l’utilizzo di applicazioni in Cloud come Siri: infatti ogni volta che facciamo una richiesta all’assistente virtuale, la richiesta arriva al server con una chiave identificativa generata casualmente, per fare in modo che le nostre richieste non vengano in nessun modo associate con il nostro dispositivo o con la persona che le ha fatte.

Android viceversa, essendo un sistema operativo molto più aperto e modificabile, può in linea teorica presentare maggiori problemi di sicurezza; dal momento che spesso gli forniamo tutte le nostre informazioni più importanti, come le nostre impronte digitali, ecco che si comprende facilmente perché qualcuno come Apple scateni una vera e propria guerra sul tema della privacy.

WWDC apple 2020

Ma cosa ha annunciato Apple alla WWDC 2020 di così interessante per continuare la sua battaglia?

Ebbene, con l’arrivo del nuovo macOS arriverà anche un aggiornamento di Safari con tante novità legate alla privacy, tra le più importanti quelle sulle estensioni e i cookies.

Gli annunci sulla privacy del nuovo MacOS alla Worldwide Developer Conference 2020

Tante le piccole, grandi novità per tutelare i dati degli utenti Apple, che in maniera nemmeno troppo velata “attacca” direttamente i suoi competitor meno sensibili a questo argomento.

La possibilità di condividere dati relativi alla posizione approssimati invece che precisi; notifiche nella barra di stato se un’applicazione dovesse far uso della fotocamera o del microfono; l’elaborazione dei dati quanto più possibile nel dispositivo, invece che nel Cloud o inviandole a terzi.

Ma tra le novità più sostanziali, e che avranno un maggiore impatto sugli stakeholders allargati di Apple, ci sono soprattutto quelle legate a Safari e all’Apple Store.

Le estensioni nel nuovo Safari

Nei browser attuali, per esempio Chrome, possiamo accedere ad una vastità di estensioni per “ampliare” e personalizzare la nostra esperienza di navigazione, per la maggior parte gratuite.

Ma quale può essere il problema legato a queste “aggiunte“? Che una volta che un’estensione viene installata, può accedere a tutte le pagine su cui navighiamo in maniera indiscriminata, e questo potrebbe essere un rischio soprattutto se scegliamo estensioni non sicure e poi inseriamo dati sensibili da qualche parte.

Apple ha deciso di tagliare la testa al toro dando all’utente la possibilità di decidere a quali pagine una data estensione può accedere e per quanto tempo.

Ora quindi le estensioni sui dispositivi Apple saranno molto più limitate e starà a noi utenti decidere come e quando utilizzarle.

I Cookie di Safari

Altro grande “nemico” di Apple, la Mela aveva già dichiarato guerra ai cookies: quest’anno aveva introdotto il “Safari Intelligent Tracking Prevention”, ovvero un meccanismo che rende molto più difficile ai cookies tenere traccia di cosa visita l’utente.

In questo modo, quando cerchi una lavatrice da comprare, Apple voleva evitare che ti trovassi circondato di pubblicità di lavatrici per i successivi 10 giorni.

Con l’ultimo aggiornamento Apple ha deciso di mettere ancora di più sotto i riflettori i cookie.

Infatti, ha introdotto un nuovo pulsante che ti permette di vedere quali di essi sono stati bloccati in una data pagina.

E visto che Apple sembra bloccare in maniera indiscriminata la maggior parte dei cookies, compresi quelli di Google Analytics, questo potrebbe rivelarsi un problema crescente per tutte quelle aziende che li utilizzano per la pubblicità tracciando il comportamento dell’utente;

ma anche e soprattutto per Google stesso, che vede ridotta la propria “affidabilità” agli occhi degli inserzionisti.

Apple store e privacy

Apple non ci va leggera neanche con le app, e gli sviluppatori staranno sudando freddo in questi giorni che seguono gli annunci da Cupertino. Infatti adesso tutte le App pubblicate sullo Store dovranno avere una Privacy Policy molto chiara e rispettare regole ferree.

Queste informazioni tra l’altro dovranno essere messe ben in evidenza per gli utenti: per farlo, al momento del download verrà mostrata una sorta di “tabella nutrizionale” che contiene un accurato elenco di ciò a cui l’app avrà accesso una volta installata.

app apple privacy wwdc 2020

Ma non solo, Apple imporrà anche agli sviluppatori ad integrare nelle app il “Sign In With Apple, modalità di registrazione che, a differenza degli altri servizi di Login come Google o Facebook, non permette di catturare gli indirizzi e-mail degli utenti o altri dati.

Insomma, chi sviluppa app si dovrà adeguare alle nuove regole di Apple per la privacy degli utenti.

Marco Mignano di Rough Code Studio commenta: La pubblicazione di app sullo store di Apple è sempre più rigida, gli standard sono alti, non solo l’app deve avere certi standard di qualità e performance, ma ora l’attenzione sulla privacy si fa sempre più pressante; per questo noi sviluppatori dovremo fare molta attenzione alle scelte fatte in fase di progettazione, pena la non pubblicazione sullo store di Apple.

LEGGI ANCHE: Privacy: le future possibilità di Facebook che potrebbero spaventarti

Chi vincerà la guerra per la privacy? E a scapito di chi?

Probabilmente questa è una guerra che Apple ha già vinto in partenza, in quanto l’unica ad aver impostato il suo modello di business non sui dati degli utenti ma sulla sola vendita di hardware e software.

Scelta opposta a quella fatta da concorrenti come Google, che danno tutto gratis, dai motori di ricerca alle mappe, dai documenti online fino addirittura al sistema operativo mobile. A patto però di poter utilizzare i dati che per la pubblicità che poi ci propongono.

Una differenza di forma più che di sostanza? Forse.
Anche se oggi sempre più persone si mostrano sensibili al problema della privacy, come ha dimostrato il caso dell’app Immuni: molte persone hanno addirittura finito per annunciare su Facebook (paradossalmente) la scelta di non utilizzarla a causa di dubbi legati all’uso dei dati.

Ma quello della privacy, oltre ai motivi visti sopra legati alla sicurezza, è un tema caldo perché effettivamente garantisce la supremazia e il “monopolio” dei giganti del web, che in pratica mettono una barriera di prezzo all’ingresso enorme per qualunque altro competitor che voglia provare a fare loro concorrenza.

Ma forse c’è qualcosa di più: con sconcertante tempismo, infatti, il 18 giugno il Parlamento Europeo ha votato a grande maggioranza un provvedimento che vieta la pubblicità personalizzata su internet, ovvero la principale merce di scambio per i dati degli utenti online.

Insieme alle scelte di Apple per il futuro, e alla famosa e dibattuta frase pronunciata da Mark Zuckerberg ormai più di un anno fa, “the future is private, sembra che i paradigmi della tecnologia e del marketing siano pronti a ricevere una bella scossa…sarà forse l’anno del cambiamento, anche su questo fronte?

google pubblicità mobile

Cosa accadrà quando Google inizierà a bloccare gli annunci che consumano la batteria

  • Dopo un secondo semestre in calo per gli annunci di ricerca, Chrome si prepara a introdurre nuovi standard sia per il formato desktop sia per quello mobile.
  • L’obiettivo è limitare quelli che richiedono molta energia della batteria o dati di rete da parte degli utenti e migliorare la loro esperienza di navigazione.

 

Come tutte le crisi, anche per Google l’emergenza degli ultimi tre mesi è stato argomento di riflessione.

Dopo un inizio anno di ottimi risultati sul fronte pubblicitario, nel mese di marzo l’azienda ha perso circa il 7% degli inserzionisti del settore viaggi, ristorazione e intrattenimento. In particolare, sul web.

Come chiarisce eMarketer in un articolo dello scorso aprile:

“La ricerca è un canale pubblicitario lower-funnel, tipicamente orientato a guidare le conversioni – anche all’interno dei negozi – e molte di queste conversioni non possono avvenire in questo momento a causa di quarantene, carenze di inventario e problemi correlati. I budget non sono impegnati in anticipo e possono essere messi in pausa o ritirati in qualsiasi momento”.

Ecco spiegato il perché di questo calo.

Un panorama che ha spinto Google a preparare il terreno per un probabile passo in avanti.

Google blocca la pubblicità su Chrome

L’impatto negativo della pandemia sugli investimenti pubblicitari e l’uso crescente di internet ha messo Google – con il suo motore di ricerca e con il suo browser Chrome – in una posizione forte per supportare i suoi affari e le rinnovate necessità degli utenti.

Dalla ricerca allo shopping, passando per l’apprendimento e il lavoro a distanza: milioni di persone durante il lockdown hanno dimostrato un’elevata dipendenza dai suoi servizi.

Un terreno fertile per Google che ha promesso di bloccare quella pubblicità su Chrome che risulta mal programmata e non è ottimizzata per l’uso della rete.

pubblicita google chrome

LEGGI ANCHE: Google Shopping vs Amazon: il sorpasso?

“Abbiamo recentemente scoperto che una certa percentuale di annunci consuma una quota eccessiva di risorse del dispositivo, come la batteria e i dati di rete, senza che l’utente lo sappia”, ha spiegato l’azienda in un blog post dello scorso maggio.

Questi annunci (come quelli che servono a minare criptovalute, sono mal programmati, o non sono ottimizzati per l’uso della rete) possono prosciugare la durata della batteria, saturare le reti già sovraccariche, e costano soldi ha concluso, preannunciando nuove limitazioni per la pubblicità su Google Chrome.

Il browser, sviluppato per essere veloce e reattivo senza esperienze dannose o fastidiose, limiterà le risorse che un annuncio display può utilizzare prima che l’utente interagisca con esso.

pubblicità su Google Chrome

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Banner, video e altri contenuti promozionali che supereranno i 4 MB di dati rete o 15 secondi, su 30-60 di utilizzo totale della CPU, passeranno a una pagina di errore che segnalerà all’utente l’utilizzo eccessivo delle risorse.

Bloccare la pubblicità su Chrome è un modo per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti.

Ma cosa cambierà?

Il lancio in programma per bloccare la pubblicità su Chrome

Al fine di salvaguardare le batterie e i piani dati degli utenti, la decisione di Google in programma per bloccare la pubblicità su Chrome è oramai certezza.

Al momento, gli annunci che superano la soglia dei 4MB sono solo lo 0,3%, ossia il 27% di quelli che utilizzano i dati di rete e il 28% che impiegano tutta la CPU degli annunci.

L’obiettivo di bloccare la pubblicità su Google Chrome è in programma per la fine di agosto, il tempo giusto per permettere agli addetti ai lavori e ai fornitori di strumenti per preparare e incorporare queste soglie nei loro flussi di lavoro.

Nel complesso? Una scelta pensata per aumentare il valore della navigazione senza incidere negativamente sulle entrate pubblicitarie, ma che potrebbe dare ulteriori indicazioni anche in ottica SEO sul ruolo sempre più fondamentale del mobile e della user experience per il colosso del web.