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Verso il New retail normal: sono cambiati i comportamenti degli italiani

Dopo due mesi di lockdown, maggio e giugno segneranno per molte aziende del settore Retail una transizione verso la (nuova) normalità, rappresentata da riaperture dei negozi all’insegna di nuove modalità di acquisto ed esperienze rinnovate, in un contesto che si prospetta profondamente mutato rispetto al precedente.

Sono cambiati il livello di fiducia e i comportamenti degli italiani

  • In due settimane, la percentuale di persone che credono che solo nel 2021 troveremo una qualche forma di stabilità è passato dal 14% a 31%;
  • Il 50% degli italiani intende evitare luoghi affollati come possono essere i negozi;
  • Il 60% degli italiani adotterà misure di precauzione e sarà molto cauto prima di decidere di entrare in negozio.

Sono parimenti cambiati i comportamenti di acquisto delle persone: in tre settimane è stato registrato un incremento delle vendite online del 180% e nel mese di aprile il 75% degli acquirenti online è rappresentato da nuovi utenti, coloro che non avevano mai fatto un acquisto attraverso eCommerce.

In questo contesto profondamente modificato, molti retailer che per recuperare parte delle vendite perse sul canale fisico durante il lockdown hanno adottato velocemente nuovi canali di vendita con formule innovative (delivery, click & collect, click & drive, app per la gestione delle file) si preparano adesso alla riapertura con il problema di gestire la clientela nel rispetto delle nuove normative e, in generale, di capire come affiancare nuovamente il retail “classico” all’eCommerce e ai servizi online.

retail

Il ritorno alla “normalità” passerà attraverso due fasi distinte

Nel breve termine, il focus sarà sulla gestione delle riaperture.

In un primo momento il focus delle aziende sarà necessariamente sulla riapertura dei negozi, nel rispetto delle indicazioni del governo: le aziende dovranno iniziare a comunicare la ripartenza, i nuovi orari, eventuali vincoli di servizio (sanificazione, gestione delle code, disponibilità più o meno limitata di prodotti e servizi).

Ogni attività di comunicazione dovrà essere chiara, tempestiva e rilevante.

Così come nelle settimane di lockdown è stato importante per le marche far sentire la propria vicinanza e assumere un ruolo nei confronti dei consumatori, anche in questa fase i clienti si attendono che le aziende diano il loro contributo, attraverso comunicazioni che siano chiare e tempestive nell’annunciare la riapertura, ma anche rilevanti perché in grado di interpretare proattivamente il cambiamento.

La chiarezza e la tempestività si otterranno:

  • Rispondendo in modo puntuale alle richieste degli utenti nella comunicazione “Inbound” ? occorrerà presidiare le ricerche online su negozi, orari, eventuali variazioni o novità dei servizi offerti; verificare la correttezza delle schede di Google Local Business con l’indicazione della riapertura, con i relativi orari; sviluppare, o aggiornare, i contenuti all’interno dei siti e delle app; essere pronti a rispondere ai quesiti delle persone attraverso social e contact center in generale.
  • Stimolando la generazione di traffico in store, con la comunicazione “Outbound” ? occorrerà prediligere canali attivabili rapidamente, quali la radio, la digital display e la social adv per comunicare la riapertura; a livello di mezzi propri, utilizzare il CRM attraverso email, sms e push notification per fornire indicazioni chiare ai propri clienti.

In questa fase sarà importante impostare piani di comunicazione dinamici e flessibili che consentano la declinazione della comunicazione in logica di addressability su target diversi e in territori diversi.

Ad esempio è possibile impostare piani di comunicazione che, integrando mezzi off line come TV e radio con altri digitali come il mobile e la Digital Out Of Home (DOOH), consentono una attivazione rapida, flessibile, e geo-targettizzabile.

È possibile infatti andare live anche solo un giorno, in una specifica fascia oraria o area geografica, con tempi di messa on air ridotti al minimo e pagando soltanto i contatti realmente raggiunti, grazie alla possibilità di rilevare le OTS generate sui singoli impianti. Queste modalità di pianificazione consentono non solo di selezionare le posizioni più rilevanti, raggiungendo lo scopo di generare traffico verso i punti vendita di interesse, ma anche di avere accesso a dashboard di consultazione delle proprie campagne per monitorarne in tempo reale i risultati.

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Ma la comunicazione dovrà anche essere rilevante.
Infatti, se la rapidità nell’attivare un piano di comunicazione chiaro e tempestivo è sicuramente in grado di dare un vantaggio al first mover, tuttavia, all’ennesimo spot che racconti gli orari di apertura, ricordi l’uso della mascherina e il distanziamento in store, il rischio di generare insofferenza diventa concreto.

A livello pratico, le modalità di attivazione saranno le stesse descritte sopra, ma a livello di contenuto comunicare la presenza di app “salta file” o di booking dei servizi online, pagamenti contact less, un servizio clienti multicanale (magari attraverso app di messaggistica alla Whatsapp), la consegna a casa disponibile per nuove merceologie, e via dicendo, farà la differenza.

Nel medio termine, l’importanza della transizione a un modello realmente omnicanale e omniesperienziale

Torna con rinnovata urgenza il tema della convergenza virtuosa fra mondo fisico e digitale.

Le aziende hanno capito che il digitale necessita di uno sviluppo più urgente che mai e la riapertura dei negozi non deve distogliere l’attenzione delle aziende sugli aspetti evolutivi da completare o intraprendere nei prossimi mesi.

Wavemaker ha preparato una check list per valutare il livello di evoluzione di alcuni asset fondamentali.

“Basics”

  • Presidio delle ricerche attraverso adeguata presenza SEO e SEA, da analizzare attraverso i benchmark di cui disponiamo in agenzia.

  • Corretto sviluppo del sito, sia in logica di indicazioni di informazioni basiche su offerta e servizi, sia per quanto riguarda lo sviluppo di servizi omnicanale, magari demandata a piattaforme di terze parti per accelerare la presenza.

  • Introduzione e sviluppo delle pagine di Local Business, che sta diventando il primo contatto tra la ricerca dell’utente e la risposta online.

Attività da implementare

  • Lo sviluppo dell’eCommerce
    Per quei brand che possono vendere online, gestire una consegna a casa o comunque delegare parte delle attività tradizionali alle piattaforme digitali: per esempio gestire appuntamenti online propedeutici alla visita in negozio, concessionaria, filiale e agenzia, per condividere contenuti, raccogliere documentazione da parte degli utenti, ecc.
  • Attenzione all’esperienza e alla sicurezza di acquisto
    Prenotazione online per appuntamenti in store, app salta file, pagamenti digitali, gestione e monitoring degli ingressi, delivery / take away vs modelli di acquisto online
  • Un rinnovato supporto alla vendita
    Attenzione alle recensioni online, presenza di guide per l’acquisto proposte da esperti, possibilità di interagire con asset virtuali, assistenti virtuali.

Cosa ci attende?

“La verità è che nessuno può saperlo, e ogni previsione è basata su un’ampia serie di scenari possibili. Ma mai come prima siamo noi a poter definire il futuro che verrà. Una cosa è chiara per tutti: superata la fase emergenziale, il luogo fisico assumerà nuovi significati e nasceranno nuovi concept per riaffermare i legami tra persone e prodotti, ma soprattutto esperienze.

Viceversa, ci aspettiamo che tutto ciò che sarà legato a un acquisto ricorsivo e gestibile a distanza, o che non garantirà la sicurezza, sarà demandato completamente alla tecnologia che colmerà quel distanziamento sociale con cui abbiamo imparato a convivere ultimamente”, dichiara Marco Magnaghi, Chief Digital Officer Wavemaker.

turismo covid-19

Dalla Finlandia alla Giamaica, come comunicano le destinazioni in tempi di COVID-19

  • L’industria del turismo globale sta vivendo un periodo molto difficile a causa del COVID-19, stime OCSE valutano un crollo del 45% dell’economia dei viaggi;
  • Le destinazioni in tutto il mondo adottano una strategia di Brand Protection, cercando di ingaggiare i viaggiatori in pausa forzata offrendo nuovi stimoli su territorio e cultura.

 

Tra frontiere serrate, divieti di viaggio e distanziamento sociale, il turismo internazionale sta vivendo una crisi senza precedenti. Basti pensare che le stime OCSE valutano un crollo del 45% dell’economia dei viaggi in questo 2020, tanto atipico quanto drammatico.

Se il turismo è fermo a causa dell’emergenza sanitaria, i viaggiatori esplorano contenuti social e piattaforme digitali sognando nuove rotte da percorrere quando tutto questo sarà finito. Per il momento, ritardano l’acquisto di viaggi e li annullano nel breve periodo, come riportato dal Global Web Index. 

In questo scenario, gli enti turistici ragionano su come adeguare le proprie strategie di marketing e comunicazione. L’obiettivo attuale non è promuovere offerte o strutture turistiche, ma mantenere una relazione costante e positiva con quei globetrotter in pausa forzata, puntando su messaggi di responsabilità, speranza, selfcare. 

Le destinazioni attorno al globo sono per lo più allineate: stanno tutte adottando una strategia di Brand Protection. Cercano di rafforzare il posizionamento della destinazione arrivando al cuore del turista, creando engagement e intrattenendolo con contenuti di valore ed esperienze digitali innovative. È il momento di offrire nuovi stimoli e punti di vista originali sul territorio e sulla sua cultura.

“Le persone vogliono tornare a viaggiare al più presto, ed è proprio questo il momento giusto per le destinazioni di comunicare i propri punti di forza, in modo da attrarre e coinvolgere tutti i turisti target”.

Ha commentato Armando Travaglini, docente Ninja Academy ed esperto di Digital Marketing turistico, su questa strategia.

Ho provato a viaggiare anche io tra la comunicazione digitale delle destinazioni: vediamo insieme come affrontano questo periodo gli enti turistici di alcuni paesi attorno al mondo.

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turismo covid-19

VisitFinland e le lezioni online di felicità

Iniziamo dal grande nord. La Finlandia (o Suomi, chiamiamola con il nome proprio) è la terra dei 188.000 laghi, delle aurore boreali e del sole di mezzanotte. Della sauna, del circolo polare artico e della popolazione percepita come la più felice al mondo dal Sustainable Development Solutions Network, il network dell’ONU che ogni anno mappare la felicità in 156 paesi analizzando parametri economici, sociali e culturali.

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Visit Finland, l’ente che si occupa della promozione turistica del paese, ha lanciato la campagna “Rent a Finn goes Virtual”, un percorso di cinque dirette programmate sulla pagina Facebook ufficiale. Durante gli appuntamenti social otto finlandesi, esperti ad esempio di sport e cucina, offrono consigli su come raggiungere la felicità adottando il Finnish Lifestyle: tra i temi trattati l’alimentazione sana, il fitness, le attività per il tempo libero, la ricerca del benessere interiore. Ma c’è di più: è possibile prenotare delle videocall individuali con gli otto esperti su Zoom o Skype, per approfondire gli argomenti trattati nelle live. 

Un’iniziativa che avvicina il turista ad una cultura e un lifestyle che vede nella tranquillità e nella cura di se stessi il fulcro principale. 

Il tour da remoto nelle remote Faroe Island

Restiamo sempre in terre e acque nordiche. Ci spostiamo nelle Isole Faroe, arcipelago subartico autonomo parte della Danimarca nel bel mezzo dell’Oceano Altantico del Nord, tra Islanda, Scozia e Norvegia.

Visit Faroe Island ha creato un’esperienza turistica interattiva: Remote Tourism. Si tratta di tour in diretta sia su Facebook che sul website dedicato. In ogni tour, i local, equipaggiati di videocamera, fanno scoprire i paesaggi incredibili, le città e i musei di queste incredibili lande subpolari scoperte dai Vichinghi. L’esplorazione del territorio diventa un videogioco in cui è possibile controllare attraverso il proprio smartphone, come fosse un joypad, i movimenti della guida locale in tempo reale, per scoprire le peculiarità di questo territorio selvaggio e incontaminato.

Il virtual tour si tiene una volta al giorno in diretta durante il periodo del lockdown. Durante il tour il social media team resta online per rispondere in tempo reale a domande e curiosità degli utenti.

Le isole Canarie

Spostiamoci un (bel) po’ più a sud nell’Altantico, verso isole decisamente più calde. Le Canarie puntano sulla responsabilità, sull’empatia e sul selfcare.

Portogallo: Can’t Skip Hope

Turismo de Portugal ha trasformato la campagna di destination awareness da “Can’t Skip Portugal” in #CantSkipHope, lanciando un messaggio di speranza a turisti internazionali, operatori turistici e ai Portoghesi stessi: è tempo di fermarsi, rifocalizzarsi e unire le forze per andare avanti. Il video emozionale, che racconta i migliori scorci del territorio, è stato prodotto dal team dell’ente (operativo in smart working) con immagini d’archivio, mentre il voiceover è stato registrato con uno smartphone.

“È tempo di capire e rispettare i nostri tempi. Rispettarci.
Più velocemente ci fermiamo, prima torneremo ad abbracciarci.
È tempo di sognare quei giorni fantastici che devono ancora arrivare.
E quando arriveranno, potremo dire di nuovo: VisitPortugal”

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Dubai: #TillWeMeetAgain

Anche Dubai Tourism punta su un video emozionale che mostra gli scorci futuristici dell’emirato invitando i turisti a rallentare, a stare a casa finché non sarà sicuro viaggiare di nuovo.

“For now, we have to take a breath, slow down and stand still. But when you return, we promise to make your stay truly extraordinary”.

 

Tra raggae e ska: la Giamaica fa viaggiare con la musica

Finiamo il nostro viaggio nel mar dei Caraibi dove tra spiagge borotalco e natura selvaggia, la musica è da sempre al cuore della cultura. Jamaica Tourist Board a gennaio 2020 ha lanciato la nuova campagna di brand positioning “Jamaica heartbeat of the world” per rafforzare il posizionamento dell’isola come destination brand tra le destinazioni mesoamericane. Su questa linea, lancia una playlist su Spotify di oltre 200 canzoni per 15 ore di musica: tra raggae, ska, rocksteady o dancehall, invitando l’utente a rilassarsi e viaggiare con la mente grazie alle sonorità tipiche del paese.

Every little thing is gonna be alright”, l’iconico verso di Bob Marley, forse il giamaicano più famoso al mondo, è il titolo della playlist ascoltabile a questo link.

Ma non è tutto: sulla IGTV di VisitGiamaica è possibile scoprire altri aspetti culturali dell’isola, seguendo ad esempio lezioni di cucina con chef locali, lezioni di Fitness con personal trainer o DJ Session.

realtà virtuale

Distanti ma uniti, grazie alla realtà virtuale

a cura di Thomas Ducato

 

  • In queste settimane di lockdown abbiamo capito che la socializzazione non si sovrappone necessariamente alla presenza fisica
  • La realtà virtuale aggiunge un nuovo elemento nella comunicazione a distanza: la spazialità
  • La condivisione di uno spazio, con la sua narrazione e una temporalità precisa, ci permette di sfruttare al massimo alcune capacità del nostro cervello

 

Distanziamento sociale. Queste due parole, pronunciate da tutti come un mantra nelle ultime settimane, stanno cambiando in modo profondo le nostre abitudini e il nostro modo di stare con gli altri, con possibili ripercussioni anche nel lungo periodo. Ma la socialità è alla base della nostra vita, dalla sfera lavorativa a quella professionale, e si è da subito fatto ricorso alle tecnologie per fronteggiare la situazione di emergenza: video lezioni, meeting digitali, aperitivi social e connessi.

In questi mesi di emergenza abbiamo continuato a comunicare, in alcuni casi forse anche più di prima, ma lo stare insieme è sempre stato filtrato dalla piattezza di uno schermo, dalla mancanza di contatto e dall’assenza di condivisione di uno spazio comune. Anche a questi limiti, però, c’è una risposta tecnologica: la realtà virtuale.

Troppo spesso associata solo al mondo dei videogiochi, questa tecnologia sta vivendo un vero e proprio boom e potrebbe beneficiare dell’emergenza portata dal nuovo Coronavirus per trovare nuovi ambiti di applicazione e affermarsi in diversi settori.

 

Un mercato ricco e in forte crescita: il digitale 2.0

Nata con i videogiochi e trainata dal loro ricco mercato, la realtà virtuale già prima dell’emergenza rappresentava un settore in forte espansione. I numeri, stimati dalla società di consulenza Pricewaterhouse Cooper nel report “Seeing is beliving” – vedere per credere, dicono che entro il 2030 la VR porterà 1.500 miliardi di dollari e 23,3 milioni di nuovi posti di lavoro all’economia mondiale. A beneficiarne saranno diverse industrie tra cui manifatturiero, sanità, energia, retail e formazione.

Ci stiamo dirigendo verso un futuro, dunque, in cui reale e virtuale si fondono, creando nuove possibilità come ci ha spiegato Simone Arcagni, professore all’università di Palermo, giornalista, consulente ed esperto di nuovi Media.

“La strada verso il futuro è immersiva. Ci sarà sempre di più un accesso misto tra reale e virtuale. – ha raccontato Arcagni – Più questi ambienti saranno naturali nell’esperienza e semplici negli accessi, più ci sarà una spinta da questo punto di vista”.Secondo Arcagni il futuro del digitale, quindi, sarà qui: “Il digitale 2.0 sarà quello immersivo, diciamo olografico. Immagine solida, con un ambiente interattivo e partecipato”.

A questo punto, però, una precisazione è d’obbligo ed è relativa alla distinzione tra digitale e virtuale. Il primo, attraverso il web, collega e connette spazi diversi, mentre il virtuale permette di entrare nello spazio di un altro o ne costruisce di nuovi, dove coesistere. È prima di tutto una simulazione della presenza, che ci consente di interagire non solo con le persone, ma anche con l’ambiente.

 

La lezione del Covid-19: distanti ma uniti

Il nuovo Coronavirus ci ha portato ad accelerare l’adozione di alcune innovazione e ha spinto verso l’impiego massiccio di strumenti tecnologici, anticipando dei cambiamenti che di fatto erano già in atto. È anche il caso della realtà virtuale, che ha trovato nell’emergenza una situazione ideale per esprimere tutto il suo potenziale. Ne abbiamo parlato con Valentino Megale, CEO di Softcare Studios, PhD in neurofarmacologia e impegnato nell’ambito della digital health e delle tecnologie immersive.

“C’è una cosa che abbiamo compreso in questo periodo: socializzare con altri non è qualcosa che si sovrappone per forza con la vicinanza fisica. – ci ha detto – Significa soprattutto comunicazione: possiamo essere lontani pur rimanendo vicini. È fondamentale stabilire canali di comunicazione di qualità per intrattenere relazioni che siano, a loro volta, di qualità. Da questo punto di vista la realtà virtuale spinge la comunicazione e le relazioni su nuovi livelli”.

La VR, infatti, è in grado di creare nuove dinamiche di fruizione, comunicazione e socializzazione, perché aggiunge un nuovo e fondamentale elemento rispetto agli altri media: la spazialità.

 

Condividere uno spazio per vivere un’esperienza

Il confinamento sociale vissuto da tutta Italia durante la quarantena è stato spesso paragonato a quello a cui sono costretti gli astronauti durante le loro missioni spaziali. Ma questa condizione è purtroppo nota anche ai pazienti lungodegenti con cui Valentino Megale e Softcare Studios lavorano da tempo.

“La percezione svolge un ruolo importante nel processo di cura e la duplice condizione di confinamento spaziale e isolamento sociale è un fattore rilevante. In questo contesto la realtà virtuale può dare moltissimo e non è un caso che siano stati in molti a scriverci in queste settimane, comprendendo finalmente a pieno il potenziale di questa tecnologia”.

Il fatto di poter progettare spazi e interazioni offre opportunità in tantissimi altri campi, dalla sfera personale a quella lavorativa. Questo anche alla luce di alcuni meccanismi che si attivano a livello cerebrale.

“Il cervello è come un muscolo, – ha proseguito Megale – solo che invece di volere variabilità di stimoli meccanici ha necessità di nuovi stimoli sensoriali. Se vogliamo semplificare all’estremo potremmo dire che la VR è una palestra per la mente. La piattezza dello schermo restituisce un’esperienza sensoriale che è lontana dalle dinamiche di percezione naturali del cervello. Potremmo quasi fare un parallelismo: il digitale, attraverso lo schermo, sollecita il cervello un po’ come i muscoli vengono sollecitati da un elettrostimolatore. Il virtuale, al contrario, è paragonabile al sollevamento pesi: associamo alla stimolazione muscolare tutta la complessità del movimento”.

La realtà virtuale, dunque, ci consente di vivere un’esperienza all’interno di un luogo, con una sua narrazione e temporalità. In questo modo siamo in grado di sfruttare maggiormente alcune abilità del nostro cervello: concentrazione, memoria, capacità di apprendimento, comunicazione, creatività. Tutti elementi fondamentali per studio e lavoro.

 

Lavorare in ambienti virtuali: oltre lo smart working

Una lezione che abbiamo appreso negli ultimi mesi è che lavoro da remoto non è sinonimo di lavoro intelligente, o meglio smart. Non è sufficiente utilizzare gli strumenti ma apportare nelle aziende un cambio di mentalità, che spesso si traduce in nuovi processi. Questo vale anche per la formazione, dove non basta replicare sul digitale le dinamiche del lavoro in aula.

La realtà virtuale, però, aggiunge un ulteriore elemento, facendoci vivere la presenza.

“Non tutti i lavori o processi – spiega Megale – sono ugualmente dipendenti dallo spazio: in una fabbrica non si può prescindere dalla presenza fisica. In altri casi lo spazio funge un ruolo di ottimizzazione: è qui che la realtà virtuale può aiutare a migliorare il lavoro da remoto”.

Ci sono attività e processi , infatti, per cui una presenza fisica (o simulata) può rappresentare un vantaggio notevole. “Mi riferisco in particolare a brainstorming e progettazione, dove la condivisione di uno spazio attiva una serie di dinamiche di interazione che sono importanti nello stimolare idee e soluzioni innovative”.

 

Come cambiano gli eventi?

Se i luoghi di lavoro, pur con nuove norme e dinamiche, stanno lentamente tornando a popolarsi, nel mondo degli eventi gli impatti del Covid-19 si sentiranno ancora per molto tempo: appuntamenti in cui, molto spesso, più che i contenuti, le presentazioni e le attività ad essere centrali sono i momenti di networking e relazione. Ma anche in questo senso la realtà virtuale offre una soluzione concreta, a cui in molti hanno fatto ricorso in queste settimane.

“È possibile creare degli ambienti, in cui fare incontrare le persone e farle interagire, accessibile sia attraverso visore sia con lo schermo. – ha detto Megale – Partecipare a meeting e presentazioni, ma anche mostrare oggetti e prodotti. Il tutto con costi contenuti grazie a piattaforme già impostate e facilmente personalizzabili”.

Una conferma arriva dal successo dell’evento Virtual Market 4, la più grande esposizione digitale del mondo che si è svolta dal 29 aprile al 10 maggio sulla piattaforma VR Chat. Nel lungo catalogo di espositori figurano anche nei colossi come Audi, Netflix, Panasonic e Sega, a testimonianza del fatto che questo tipo di iniziative iniziano ad attirare l’attenzione anche di grandi marchi. E non potrebbe essere altrimenti visto che l’edizione 2019 della rassegna aveva coinvolto 710,000 persone e che nel 2020 ne erano attese più di un milione.

 

Sfide etiche e normative: questa volta siamo in tempo

Le sfide tecnologiche non mancano (connessioni, server in grado di gestire molto traffico, visori performanti e leggeri, migliorare la risposta fisica del nostro corpo), ma gli aspetti normativi, culturali, etici e sociali sono urgenti e complessi.
L’elemento positivo è che forse, questa volta, ce ne siamo accorti in tempo. Grazie anche all’esperienza vissuta sulla nostra pelle con i social network, visti troppo a lungo come giochi e diventati a tutti gli effetti un fenomeno sociale, un business, un canale di maketing e vendita diretta, uno strumento politico.

La VR, da questo punto di vista, non deve essere presa sotto gamba: il fatto di vivere un’esperienza all’interno di ambienti sempre più naturali e definiti potrebbe amplificare maggiormente gli impatti delle emozioni negative e nascondere nuove insidie.
L’incontro virtuale tra una madre e la figlia defunta
, progetto che ha visto la luce in Corea del Sud qualche mese fa, offre solo un assaggio della complessità delle sfide che ci troviamo di fronte.

“Ci sarà una sfida normativa e intellettuale. – ha chiuso Simone Arcagni – Servirà una chiamata alle armi di antropologi, etnografi, geografi culturali, filosofi. Bisognerà andare a definire l’identità degli ambienti, ma anche la nostra identità all’interno di questi spazi. Un’identità molteplice che dovrà essere tutelata”.

Altri aspetti importanti da definire sono quelli relativi alla proprietà intellettuale e ai dati, non più solo informazioni personali ma anche comportamentali ed emotive.
Inoltre, andranno affrontati gli aspetti normativi e studiati, anche attraverso la ricerca scientifica, gli impatti sociali e psicologici, che potrebbero rivelarsi cruciali con l’arrivo di veri e propri social network su VR, come “Horizon” di Facebook.

Quali norme saranno applicate in questi mondi senza confini e bandiere? Saremo sempre in grado di cogliere il confine tra reale e virtuale? Cosa succede se il mondo virtuale ci piace più di quello in cui viviamo?

abitudini di acquisto

Come potrebbero cambiare le abitudini di acquisto in Italia (nel lungo periodo)

  • È possibile che questa emergenza da Covid-19 cambierà, anche nel lungo periodo, determinate abitudini di acquisto dei consumatori;
  • Analizzando e osservando alcune ricerche, è possibile individuare almeno 3 trend, in cui potrebbero immedesimarsi i consumatori: acquisto maggiore di FMGC, avvicinamento ai canali digitali e ricerca di qualità ed empatia con i brand;
  • Gli strumenti digitali rappresentano una grande opportunità per le aziende che riusciranno ad accelerare tutti i processi di digital transformation.

 

La diffusione del Covid-19 in quasi tutte le nazioni del mondo, ha costretto le persone a cambiare le proprie abitudini di vita, dalle più semplici come andare a fare la spesa al supermercato fino all’utilizzo delle tecnologie digitali, sia per lavoro che per intrattenimento. In ogni caso si sta andando verso una semplificazione degli spostamenti fisici per le attività abituali di ogni giorno.

Negli ultimi tre mesi e in quasi ogni parte del mondo, gli store fisici appartenenti a brand di molti settori merceologici, hanno chiuso i propri battenti al pubblico ed hanno conseguentemente generato una maggiore distanza fra i loro prodotti e servizi, e i rispettivi clienti: l’effetto è stato amplificato nei casi in cui non è stato possibile attuare un’adeguata strategia di business e di marketing digitale.

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L’Italia post Covid-19

La percezione è che questa situazione di distanziamento sociale, senza precedenti, si stia avviando verso una soluzione (non immediata) e che, con le dovute precauzioni e nel pieno rispetto dei vari Dpcm, in materia di contenimento dell’epidemia, i clienti stiano tornando a frequentare le strade delle città italiane che fino a qualche giorno fa erano considerate off-limits.

Secondo molti pareri, gli effetti e le conseguenze di questa pandemia, che ha fortemente scosso il mondo intero, difficilmente svaniranno nel breve periodo o in un arco temporale riconducibile alle riaperture degli store fisici e alla ripresa della vita commerciale delle città: è possibile presupporre che questo Covid-19 cambierà, anche nel lungo periodo, determinate abitudini di acquisto dei consumatori sia italiani che di tutto il globo.

digital marketing covid-19
In Italia, come in altri paesi, è incerta la qualità dello stato d’animo dei consumatori che a breve potranno liberamente scegliere dove effettuare acquisti e come modulare le proprie priorità in termini di carrello e compere.

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Isolamento domestico e digital transformation

Sembrerebbe che il Coronavirus stia accelerando, in molti campi di applicazione, la digital transformation dei brand e dei servizi ad essi connessi, ridefinendo le necessità e i concetti di spesa degli utenti.

Durante i giorni che le persone hanno trascorso fra le mura domestiche, lontane dal mondo esterno, è stato osservato da alcune ricerche un aumento del numero di consumatori che hanno acquistato online e che si sono interfacciati con strumenti digitali. Questo trend potrebbe confermarsi anche nei prossimi mesi, rappresentando una valida alternativa al negozio fisico e configurandosi come una grande opportunità per le aziende che riusciranno a optare in velocità per soluzioni digitali e ad accelerare tutti i processi di digital transformation: gli italiani, per necessità, stanno acquisendo know-how.

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Tre possibili trend nel lungo periodo per le abitudini di acquisto

A tal proposito, analizzando e osservando alcuni dati, è possibile individuare almeno 3 trend, in cui potrebbero immedesimarsi i consumatori che stanno avvertendo una graduale modifica delle proprie abitudini e propensioni di acquisto.

1. Riempire la dispensa di beni di largo consumo

Analizzando i dati di ricerche Nielsen sul mercato italiano, emerge che dal 17 febbraio al 15 marzo 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, le vendite di FMGC in Italia sono aumentate del 12% offline e del 79,8% online (e ancora non si era raggiunto l’ulteriore picco di crescita di questo trend, che verrà successivamente illustrato).

Questo dato potrebbe far credere che, anche dopo la fase acuta della pandemia, quando l’emergenza da Covid-19 andrà verso il termine, le persone continueranno a riempire le proprie dispense di FMGC (Fast-moving consumer goods).

Gli FMGC sono i beni di largo consumo e secondo una definizione contemporanea corrispondono a prodotti alimentari, bevande, prodotti per l’igiene della casa e della persona, per citarne alcuni.

2. Utilizzo dell’eCommerce e strategia omnicanale

Sempre secondo Nielsen, questa volta dai dati della ricerca “Nielsen eCommerce tracking, andamento vendite a valore, totale Italia online Week 16 2020 vs. Week 16 2019” si vede che nella settimana da lunedì 13 a domenica 19 aprile, le vendite online di prodotti di largo consumo in Italia sono aumentate del +217,3% rispetto al medesimo periodo del 2019.

Dati del genere definiscono delle nuove opportunità nel mercato sia per i produttori che per i rivenditori di beni di largo consumo: puntare con forza su una strategia di eCommerce sostenuta da un altrettanto valida strategia di marketing omnicanale, potrebbe rappresentare un valore aggiunto nel secondo semestre del 2020.

Una strategia di marketing omnicanale potrebbe costituire una delle chiavi per interpretare le nuove abitudini di acquisto dei consumatori post Covid-19: essere presenti su più punti strategici, dai social alle app, passando per gli store fisici, farà sì che l’utente potrà avere un’esperienza d’acquisto più immediata, completa e trasparente. La customer journey tradizionale potrebbe subire una trasformazione.

abitudini di acquisto

3. Ricerca di qualità ed empatia nei brand

Forse le persone focalizzeranno le proprie attenzioni sui brand che amano e sui prodotti che realmente desiderano: da qui l’importanza di stabilire ancora di più una connessione con loro, tramite una strategia che porti all’empatia con il consumatore, senza snaturare la qualità dei messaggi corporate del brand utilizzati fino ad ora, aggiornandoli però con il sentiment di questo periodo.

Il prezzo resterà uno dei fattori determinanti nei processi d’acquisto dei consumatori, ma è comunque possibile che in molti si informeranno di più prima di procedere alla “conversion”, e valuteranno con maggiore interesse l’aspetto qualitativo. Probabilmente questo avverrà su canali digitali.

abitudini di acquisto

Solo il tempo sa quanto cambieranno le nostre abitudini di acquisto

Solo il tempo potrà dire quando sarà possibile riprendere tutte le vecchie abitudini di vita e di conseguenza d’acquisto.
Questa pandemia ha indiscutibilmente accelerato il processo di digital transformation sociale (oltre che di brand): le persone si sono prima approcciate e poi hanno imparato ad utilizzare strumenti digitali per tante attività come effettuare il pagamento di un’utenza domestica o inviare una somma di denaro in beneficenza via smartphone.

La proposta è di non trascurare, nella definizione delle prossime manovre di marketing, questo know-how digitale acquisito dal consumatore. Andando sempre più incontro alle necessità di tutti. Aiutando chi è rimasto indietro in questo processo di digitalizzazione.

facebook shops

Arriva Facebook Shops, per creare eCommerce direttamente sul social

  • In una diretta, Mark Zuckerberg ha annunciato il lancio di Facebook Shops e ha dichiarato che l’espansione dell’eCommerce sarà importante per iniziare a ricostruire l’economia mentre la pandemia continua;
  • La creazione di uno shop su Facebook è gratuita. Le aziende possono scegliere i prodotti che vogliono inserire nel loro catalogo e poi personalizzare il look and feel del loro negozio.

 

Mentre eravamo ancora impegnati a creare i nostri Avatar, Mark Zuckerberg ha deciso di sganciare la vera bomba per Facebook e ha lanciato Shops.

La piattaforma sta attuando una nuova importante spinta verso l’eCommerce, dopo le funzioni Checkout e i tag Shopping per Instagram.

In una diretta oggi, l’amministratore delegato ha dichiarato che l’espansione dell’eCommerce sarà importante per iniziare a ricostruire l’economia mentre la pandemia continua. “Se non si riesce ad aprire fisicamente il negozio o il ristorante, si possono ancora prendere ordini online e spedirli alle persone”, ha detto. “Stiamo vedendo molte piccole imprese che non hanno mai avuto un’attività online, farlo per la prima volta”.

I just announced that we’re launching Facebook Shops today – the basic idea is that any small business can easily start…

Pubblicato da Mark Zuckerberg su Martedì 19 maggio 2020

La sfida e le opportunità dell’eCommerce durante la pandemia

Il lancio di Shops arriva in un momento di vero boom per l’eCommerce, a livello globale, legato al lockdown. Se la pandemia è stata devastante per le piccole imprese, un terzo delle quali ha riferito di aver smesso di operare in un sondaggio condotto da Facebook, un ulteriore 11% afferma che potrebbe fallire nei prossimi tre mesi se la situazione attuale dovesse continuare.

Le vendite online sono state invece un punto luminoso per le piccole imprese. Etsy, dove  a vendere sono i piccoli artigiani locali, ha raddoppiato il suo fatturato rispetto a tre anni fa e ora Facebook scommette che portare un maggior numero di imprese locali online le aiuterà a sopravvivere, creando al tempo stesso nuove grandi opportunità di business per l’azienda, come aveva già anticipato lo scorso anno Zuckerberg, parlando degli interessi della compagnia verso l’eCommerce.

Nelle intenzioni di Zuckerberg, Shops dovrebbe migliorare l’esperienza standard del commercio online, memorizzando le credenziali di pagamento degli utenti in un unico luogo, per poi utilizzarle su qualsiasi vetrina di Facebook o Instagram. Un potenziale enorme, considerando che attualmente ci sono più di 160 milioni di piccole imprese che utilizzano le app della società.

Come funziona Facebook Shops

Facebook Shops dovrebbe rendere semplice per le aziende la creazione di un negozio online a cui i clienti possono accedere sia su Facebook che su Instagram.

La creazione di un negozio su Facebook è gratuita. Le aziende possono scegliere i prodotti che vogliono inserire nel loro catalogo e poi personalizzare il look and feel del loro negozio con un’immagine di copertina e colori in linea con il brand. Questo significa che qualsiasi venditore, indipendentemente dalle sue dimensioni o dal suo budget, può portare la sua attività online e connettersi con i clienti ovunque e in qualsiasi momento.

facebook shops

Le persone possono trovare i negozi Facebook Shops sulla pagina Facebook di un’azienda o sul profilo Instagram, oppure scoprirli attraverso storie o annunci. Da qui, è possibile sfogliare l’intera collezione, salvare i prodotti che ti interessano e fare un ordine – sia sul sito web dell’azienda che senza lasciare l’applicazione, se l’azienda ha attivato il checkout negli Stati Uniti.

Proprio come in un negozio fisico, per chiedere assistenza basterà inviare un messaggio all’azienda attraverso WhatsApp, Messenger o Instagram Direct per fare domande, ottenere supporto, monitorare le consegne e altro ancora. In futuro, sarà possibile anche visualizzare il negozio di un’azienda e fare acquisti direttamente in una chat su WhatsApp, Messenger o Instagram Direct, secondo quanto si legge sulla nota diffusa dall’azienda.

Undertourism e turismo di prossimità, le nuove tendenze per viaggiare ai tempi del Coronavirus

  • La popolazione mondiale vede nella pandemia un momento che ci cambierà per sempre: dai comportamenti d’acquisto, alle possibilità economiche e al mondo del lavoro, fino al modo di viaggiare;
  • Per l’estate 2020 si punta tutto sul turismo di prossimità con incentivi economici e iniziative promosse dalle più note organizzazioni per tornare a #viaggiareinitalia riscoprendo posti inesplorati e poco conosciuti;
  • Non possiamo permetterci di far entrare in crisi un comparto economico che vale circa 230 miliardi di euro.

 

Ormai è chiaro, questa pandemia ha cambiato e cambierà le nostre vite e non solo nei rapporti umani, ma anche gli scenari economici di un intero mondo.

Il sentiment mondiale diffuso è di pessimismo e panico, soprattutto in termini di “impatto economico” che il COVID avrà sul mondo del lavoro e sulle economie.

La fase 2 è iniziata, ma la fase 3 sembra ancora molto lontana. Ecco allora che ogni individuo fa previsioni su quella che sarà la sua nuova vita dopo Covid e un tema, in particolare, vista la stagione, si fa caldo: come sarà la mia estate? Potrò andare al mare? Potrò uscire dai confini della mia regione?

Le risposte non sono ancora chiare, ma le iniziative a sostegno del cosiddetto turismo di prossimità si fanno avanti.

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Nulla sarà come prima: meno ottimismo, ma più importanza agli acquisti online e vicino casa

Se tra fine febbraio ed inizio marzo si pensava che il Covid fosse come un influenza invernale, solo “più forte”, oggi lo scenario è completamente diverso: una pandemia mondiale che ha rinchiuso un intero pianeta in casa, confinato.

Come è evoluta, in peggio, la convivenza mondiale e l’economia globale, così sono cambiate le aspettative e l’atteggiamento delle persone che in questo mondo ci abitano.

L’ottimismo della popolazione mondiale verso quello che sarà dalla fase 3 in poi è precipitato del 40% da marzo, un sentimento di incertezza sta dilagando con particolare attenzione al mondo economico e del lavoro: tra il 25 e il 63% dei soggetti crede che le possibilità economiche continueranno a calare anche nel prossimo futuro.

La tendenza, quindi, è quella di concentrare il proprio potere di spesa nei comparti:

  • food, con un incremento di flussi più sui prodotti base a vantaggio dell’homemade, rispetto al cibo da asporto con ovviamente conseguenze negative su tutto il settore ristorazione e delivery;
  • prodotti per la casa, moltissime persone hanno approfittato di questo lockdown per ritornare a vivere la propria casa riorganizzandola al meglio per smart working e tempo libero;
  • prodotti per l’igiene anche personali, il virus ci ha insegnato e ci ha portato a dare un vero valore a sanificazione e pulizia;
  • Home Entertainment, la fruizione in streaming di contenuti audiovisivi ha registrato incrementi anche di più del 50% in alcune zone del mondo.

Online – Delivery – Corner Shop, le tre parole che stanno caratterizzando questo periodo di reclusione e che dai sondaggi potrebbero rappresentare anche il futuro della spesa post-Coronaviurs. In generale il ritorno ad acquistare in grandi centri commerciali affollati non è tra gli obiettivi futuri.

Le abitudini dei consumatori si sono dirottate sugli acquisti di prossimità nei piccoli negozi, se la presenza fisica è necessaria, perché più controllati e con spazi ridotti, gli stessi negozi che grazie a questa pandemia si sono organizzati con un servizio delivery: un piccolo servizio a volte anche alquanto improvvisato, ma che ha rappresentato quasi una mossa di marketing per qualcuno (ne approfitto per farmi conoscere dalla mia città e attiro una nuova e diversa clientela che probabilmente non avrei mai intercettato).

L’online, invece, non è solo rappresentativo degli acquisti a distanza, ma anche delle nuove abitudini lavorative e di relazione sociale, fatto di smart working e di video aperitivi con gli amici.

E in Italia?

L’ottimismo italiano ha subito una brusca frenata in questo periodo: la maggior parte degli italiani si dividono tra incerti e pessimisti, con solo un piccolo spiraglio di positività concentrato da marzo in poi.

Le preoccupazioni si concentrano per la maggior parte sul rimbalzo economico negativo che il Covid rappresenterà e i comportamenti di spesa si uniformano a quelli mondiali per attenzione al delivery e spesa di prossimità oltre che per i settori merceologici (food, igiene, casalinghi e intrattenimento).

Abbiamo lasciato per ultimo, ma non per importanza, uno dei temi tra i più discussi da qui in poi, il cosiddetto turismo di prossimità.

Con il periodo estivo alle porte fa capolino anche l’industria del turismo con tutti i temi che il viaggiare comporta e che cambierà sicuramente dopo questa pandemia. Scordiamoci, quindi, almeno per ora, il viaggio come l’abbiamo sempre fatto: grandi distanze, folla, contatto umano, mete celebri e iniziamo a pensarlo come vicino e di prossimità, lento e alla scoperta di luoghi inesplorati.

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Un nuovo modo di viaggiare Undertourism e Staycation

Se quello che troveremo dopo il passaggio del Covid-19 è ancora incerto, una cosa è sicura e lo è già dall’estate 2020, il turismo sarà un’industria che sarà cambiata in modo radicale e che dovrà superare una crisi senza eguali, fatta di incertezze oltre che di cambiamento.

Gli studi stimano che il turismo sia un settore che prima della pandemia ricopriva a livello globale circa il 10% delle attività economiche con un contributo attestato tra gli 8 e i 9 miliardi di dollari.

Ma ora?

I primi segnali vengono dati dal mondo aereo e navale con il fallimento di diverse compagnie aeree, oltre che di quelle del comparto crociere accusate tra le altre cose di essere stati focolai virali inconsapevoli all’inizio della pandemia, seguiti dalla crisi economica registrata da quei Paesi, a volte anche meno sviluppati, che avevano fatto del turismo incoming la loro forza. Si basti pensare alle più famose mete esotiche come Filippine, Maldive o Coste Africane.

Sicuramente il viaggio come lo conoscevamo prima con voli intercontinentali e cambio di emisferi sarà da accantonare almeno per un po’, con il rischio che non si torni più al passato.

Ecco allora che si parla di turismo di prossimità, ossia il movimento che porta il turista a riscoprire il suo Paese e a ripartire dalle origini per ritornare ad esplorare il mondo.

Ma prima un po’ di dati per capire il rimbalzo che la pandemia avrà anche sul nostro Paese, considerato tra i più belli al mondo.

Se il turismo di prossimità porterà ad un incremento di turismo italiano, escluderà la fetta del turismo internazionale, soprattutto quello europeo, che per l’Italia rappresenta più del 75% del numero di notti consumate. Prima su tutte la Germania con il suo turismo lacustre dalla primavera fino al raggiungimento del picco durante la stagione calda, giugno – agosto, trimestre nel quale si concentrano il 50% di tutte le prenotazioni dell’anno.

Il turismo è un’industria stagionale e, per il significato stesso del termine, concentra i suoi ricavi e costi nella stagione estiva: una mancata apertura o un’apertura con il numero della clientela dimezzata potrebbe essere davvero un grave problema, si prevedono perdite di 7,5 miliardi di euro. Riaprire in uno scenario come questo significa stessi costi ma minori incassi. Quindi cosa fare?

Due le parole fondamentali: salvataggio e ripresa.

Salvataggio, compito del governo e delle associazioni di categoria, con iniezioni di capitali e finanziamenti a fondo perduto.

La ripresa, anche compito nostro, la fase in cui ripartire, limitati e diversi, ma ripartire tornando a privilegiare la prossimità, l’italianità, il km 0, anche nel tempo libero.

Ecco che proprio nell’ambito della ripresa torniamo a parlare di staycation e undertourism.

Per staycation si intende, appunto, turismo locale e di prossimità con mete a corto raggio e vicino casa. Potremmo dire l’Italia agli italiani, la Francia ai francesi, la Spagna agli spagnoli, e così via.

Per undertourism, invece, intendiamo quella modalità di viaggio contrapposta all’overturism, per cui i viaggiatori andranno a cercare posti inesplorati, poco affollati, “nuovi”. Una bella opportunità per quei comuni che ospitano borghi storici poco valorizzati o per spazi nella natura in cui organizzare attività di esplorazione.

Insomma un viaggio più consapevole per un viaggiatore più attento.

E anche il Governo punta ad aiutare nella ripresa con il Bonus Vacanze, fino a 500 euro di incentivo per chi soggiornerà in Italia per le sue vacanze. Il voucher verrà assegnato, però, per reddito e nucleo familiare e sarà confermato nel nuovo decreto in uscita a maggio.

Nonostante le incertezze sia in materie di regole e di istruzioni per la riapertura sicura di stabilimenti balneari e strutture ricettive, bar, ristoranti e servizi turistici compresi, la voglia di ripartire c’è e gli italiani iniziano, nonostante tutto, a pensare alle vacanze.

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Dall’hashtag #ripartiamodallitalia a tutte le altre iniziative per il turismo

Da ogni momento buio nascono le migliori opportunità e lo voglio pensare anche in questo caso e forse è la stessa scintilla che ha spinto FTO, Google e gli altri che hanno trovato in campagne fotografiche ed Hashtag che stanno facendo il giro del mondo un’opportunità per farsi e far conoscere.

Le iniziative nate a favore e dall’industria turistica sono molteplici e in pochissimo tempo hanno saputo raccogliere migliaia di post generando altrettanti commenti ed interazioni perchè, si sa, il viaggio unisce.

Citiamo alcuni esempi.

Il primo caso è quello di FTO, Federazione del Turismo Organizzato, che insieme ad ASTOI Confindustria Viaggi e alcuni dei più grandi touroperator hanno lanciato “Il manifesto per il turismo Italiano” che con l’hashtag #ripartiamodallitalia vogliono chiamare a raccolta operatori del settore ed instancabili viaggiatori che sponsorizzino la bellezza italiana nel mondo sostenendo gli operatori del settore.

La petizione, disponibile online e che ha già raccolto più di 56.000 firme, ha come obiettivo quello di promuovere l’Italia come meta per sostenere tutto il comparto turistico, non solo le strutture ricettive, ma anche tutta la filiera dell’accoglienza turistica, dalla ristorazione ai servizi dell’accoglienza dal valore di circa 220 miliardi di euro.

Il secondo obiettivo è quello di salvare il turismo italiano e l’Italia tra le mete da visitare almeno una volta nella vita, andando a raccontare non solo le mete più conosciute, ma anche l’Italia nascosta, inesplorata.

Infine l’appello vuol arrivare anche alle istituzioni e al governo che, mai come ora, devono avere un ruolo centrale nella ripresa creando anche dei fondi dedicati all’emergenza o sospendendo il pagamento di imposte e tasse per questo periodo.

Sempre di FTO ma con Travelgram, Yallers e TrustForce è il contest #viaggiainitalia.

Un contest fotografico tramite Instagram che mette in palio per le migliori 7 foto pubblicate vacanze in catamarano e barca a vela in collaborazione con Be2Sea.com. Il contest è aperto fino al 14 giugno e ha già raccolto migliaia di interazioni con centinaia di post scatenando la partecipazione anche di agenti di viaggio e operatori del settore con del materiale fotografico in grado di scatenare l’interesse di nuovi e potenziali clienti.

I Travel Blogger italiani ed Emergency, invece, si sono uniti per creare una guida digitale sui 270 luoghi e più da non perdere in Italia che sarà disponibile per tutti coloro che doneranno al progetto. I soldi raccolti saranno utilizzati da Emergency per iniziative benefiche, non solo per il Covid, ma anche per le altre iniziative in cui la no profit è impegnata.

Google, infine, punta su quello che sa fare meglio: il digitale, fornendo gratuitamente ai suoi naviganti la possibilità di visitare città e mostre in tutto il mondo comodamente dal divano di casa per una cultura ed un viaggio senza limiti.

Ultime, ma per la difficoltà di organizzazione, saranno le grandi città culturali italiane come Firenze o Venezia che dovranno ripensare ad un nuovo modo di fare vivere le loro bellezze ai turisti provenienti da tutto il mondo e, perché no, dalla città stessa. Forse quando ci vivi in città come queste, dopo un po’ ti perdi la poesia di esplorarle, ecco che questo periodo di chiusura forzata ha ridato le città in mano ai loro abitanti.

Una cosa è certa, dopo questa pandemia, in ogni settore economico, la produzione e il servizio local sembrano aver vinto sul global cambiando anche i comportamenti d’acquisto della clientela nazionale ed internazionale.

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4 modi per usare al meglio Messenger Rooms per il tuo marketing

  • Video chiamate di gruppo fino a 50 persone, sono ora disponibili su Facebook con Messenger Rooms;
  • Creare stanze virtuali può permetterci di aumentare l’engagement della nostra community;
  • Nuove opportunità anche per le attività commerciali sono all’orizzontale se studiamo modi creativi per sfruttare al meglio questo tool.

 

Il 24 aprile Facebook annuncia con un comunicato stampa ufficiale  il lancio delle Messenger Rooms, nuova funzionalità di Facebook, che pare presto sarà disponibile per Instagram Direct, Whatsapp e Portal.

È diventato così ancora più facile passare il tempo con gli amici e i nostri cari su Facebook, soprattutto in tempo di pandemia, quando tutti i programmi di video conferenza hanno spopolato. Facebook ha registrato un uso più che raddoppiato dei suoi servizi di videochiamata tramite Messenger e WhatsApp e delle dirette live su Facebook e Instagram. E così non ci ha messo molto ad aggiungere un nuovo strumento.

Si tratta della possibilità di creare vere e proprie stanze virtuali e organizzare video chiamate di gruppo senza limiti di tempo, includendo fino a 50 persone. È possibile aprire la stanza dal proprio profilo personale e poi condividerla sul proprio News Feed, su gruppi o eventi, in modo che per le persone sia facile unirsi.

Facebook studia sempre di più ciò che facciamo nella vita reale e tenta di ricreare online degli spazi virtuali per poter continuare le situazioni offline anche sulla proprio piattaforma. Ci dimostra come metta sempre di più gli utenti e le loro esigenze al centro di tutto.

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Come funziona Messenger Rooms

Crei la stanza virtuale direttamente dal tuo profilo sia da cellulare che da desktop. Puoi scegliere di personalizzare l’attività della stanza, chi può accedere (se i tuoi amici o persone specifiche con invito o condivisione di link). Non è necessario essere iscritti a Facebook per partecipare a una videochat su Messenger Rooms, basta cliccare sul link condiviso da chi ha creato la stanza virtuale. È possibile inoltre iniziare subito oppure programmare la videochiamata di gruppo in altro momento.

I vari partecipanti entrano ed escono a piacimento e come admin, chi ha creato la stanza può decidere di rimuovere membri e condividere lo schermo (con massimo 10 partecipanti).

Quando l’admin esce, la stanza continua ad esistere e le persone possono continuare a tenerla attiva, entrando e uscendo, oppure l’admin può decidere di cancellarla.

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4 modi per usare le Messenger Rooms come strumento utile per le attività commerciali su Facebook

Ma veniamo agli scenari possibili che si potrebbero aprire grazie a Messenger Rooms.

Queste stanze virtuali possono diventare veri e propri strumenti utili per aumentare l’engagement della nostra community. Metterci la faccia, creare servizi personalizzati porta i suoi frutti. Creare una relazione con i propri utenti porta ad avere risultati di conversione sicuramene più alti, soprattutto per le attività commerciali, anche locali.

  1. Creiamo esperienze esclusive

Le stanze possono diventare luoghi online dover poter regalare ai nostri migliori fans delle esperienze esclusive insieme a noi, referenti del brand. Una sorta di premio agli utenti più attivi o ai migliori clienti del nostro eCommerce. Possiamo offrire la possibilità di un’esperienza immersiva ed esclusiva, cui gli altri non hanno accesso.

  1. Offriamo incentivi

Un altro modo per sfruttare questa nuova funzionalità potrebbe essere quello di incentivare a comprare i nostri prodotti o servizi, offrendo delle sessioni private con approfondimenti, maggiori informazioni, consigli utili e altro ancora sul prodotto stesso. Si possono creare degli appuntamenti fissi a scadenza settimanale o mensile. Una sorta di servizio aggiuntivo per stare vicino ai clienti che scelgono i nostri prodotti o servizi.

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  1. Convidiamo tutorial

Possiamo anche creare delle stanze che insegnino qualcosa, proponendo degli incontri formativi, dei veri e propri tutorial. Pensiamo a quanti lavorano nel campo della formazione e vendono corsi, o che svolgono attività legate al food che potrebbero proporre ricette e ‘how to’ di ogni tipo, o ancora a parrucchieri ed estetiste che potrebbero pensare a sessioni online con consigli utili da mettere in pratica quando non puoi recarti in negozio. Chi ora propone lezioni di fitness, yoga o pilates potrebbe offrire classi virtuali su Messenger Rooms anziché su altri strumenti.

  1. Coinvolgiamo gli influencer

Se lavoriamo con influencer, testimonial di spicco del nostro marchio, importanti per la nicchia di utenti cui ci rivolgiamo, coinvolgiamoli nella creazione di stanze per poter incontrare direttamente i nostri follower. Un modo per creare un rapporto esclusivo, proporre sessioni di domande e risposte, interviste, lasciando aperto l’intervento a chi entra nella stanza. Come sempre l’inventiva e la creatività possono essere infinite. Sicuramente mettersi a disposizione dei propri utenti, dimostra grande disponibilità e regala un valore aggiunto alla community.

Potranno nascere tantissimi altri modi di usare le Messenger Rooms e non vediamo l’ora di sperimentarli. Siamo solo agli inizi, tu le hai già testate e hai qualche altro utilizzo utile da consigliare?

intrattenimento

Cosa cambierà per cinema e intrattenimento nel post-Covid

  • L’industria dell’intrattenimento ha registrato un aumento del debito nell’ultimo periodo, come conseguenza dell’emergenza;
  • Soluzioni possibili e già testate non serviranno solo per trasmettere pellicole ma anche per assistere a spettacoli dal vivo in totale sicurezza;
  • Anche da parte degli spettatori, il mondo dell’intrattenimento subirà notevoli cambiamenti.

 

L’industria dell’intrattenimento è in crisi. Non c’è bisogno di troppi giri di parole per spiegare il perché. Oltre allo streaming, che ha comunque dovuto registrare un notevole rallentamento nelle nuove produzioni (nonché uno stop in settori come quello del doppiaggio), tutto il mondo dell’entertainment si è visto completamente bloccato dall’emergenza Coronavirus.

Stop alle attività e crescita del debito

Secondo Statista, l’intrattenimento (insieme al travel) ha contratto un debito di 23,1 miliardi di dollari. Una delle crisi peggiori per il settore, che per debiti contratti risulta essere secondo solo al mercato dell’automotive e della vendita al dettaglio.

 

Cinema

A causa del momento che stiamo vivendo, diverse produzioni per il piccolo e grande schermo sono state interrotte e rimandate a data da destinarsi o posticipate al prossimo anno. La stessa Disney ha comunicato lo stop di varie pellicole tra cui Peter Pan & Wendy e La Sirenetta.

Sono state sospese anche le riprese di film di punta come The Batman, Jurassic World: Dominion e Animali Fantastici 3.

Anche i big dello streaming accusano i colpi dell’emergenza. Nonostante i picchi di nuovi utenti registrati dalle famose piattaforme durante il lockdown, vediamo l’interruzione di serie TV quali Carnival Row (di Amazon), The Witcher e Stranger Things 4 (di Netflix). Questo potrebbe portare alla mancanza di titoli originali e a puntare sui grandi successi del passato.

La prima problematica post lockdown sarà la riprogrammazione di tutte le agende dell’industria cinematografica. Andrà stravolto quanto pianificato finora: dalle date d’uscita dei film alle nuove produzioni.

Al momento, quello che spaventa l’intero business, è la mancata certezza di una data di ripresa. La chiusura dei cinema, la conseguente mancanza di incassi e lo stop alle campagne marketing, stanno portando a un’inevitabile crisi a livello mondiale.

Si stima che se le sale di tutto il mondo riapriranno per giugno, le perdite al box office potrebbero arrivare al 30% degli incassi annuali. Nel peggiore dei casi, qualora la pandemia dovesse ripresentarsi in autunno, i guadagni potrebbero risentirne sino al 60%.

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Spettacoli dal vivo

Oltre all’industria del cinema, a perderci sono i parchi a tema e gli spettacoli dal vivo, come le opere teatrali, i concerti e lo sport.

Gregory Williams (della società di consulenza finanziaria Cowen) afferma che i parchi a tema avranno bisogno di anni prima di recuperare quanto perso durante l’epidemia.

Broadway è in perdita, così come i teatri più vicini a noi. Si conta un calo complessivo di quasi 14 milioni tra La Fenice (Venezia), L’Opera di Roma e il Regio di Torino.

Le principali associazioni della filiera musicale (concerti, case discografiche ed editori musicali) hanno presentato a Conte un decalogo per tamponare il danno complessivo stimato per fine anno, di oltre 600 milioni.

Tutti gli sport a livello agonistico si sono fermati e con loro gli atleti e le società. Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono state rimandate alla prossima estate. Lo stop degli eventi sportivi ha inciso inevitabilmente sulle trasmissioni, sulle sponsorizzazioni e partnership pubblicitarie e infine sulle entrate provenienti dai campionati.

Senza parlare delle perdite legate agli enormi investimenti pubblicitari legati a tanti di questi eventi.

Possibili soluzioni per risollevarsi durante e dopo il periodo Coronavirus

Tornando a parlare di cinema, alcune grandi case produttrici stanno cercando di attutire il colpo provando a distribuire i propri film attraverso piattaforme di streaming proprietarie e non. Uno dei casi più discussi è stato Trolls world tour, che è risultato essere il più grande debutto streaming di tutti i tempi. I risultati ottenuti non sono di certo paragonabili ai Box Office in sala, ma ha rappresentato una possibile risposta alla situazione attuale.

Anche Disney si prepara a far debuttare sulla propria piattaforma di streaming il film Artemis Fowl, il cui rilascio era precedentemente previsto nelle sale per fine maggio.

Un’altra possibile soluzione sembra essere la riapertura dei drive-in, per garantire l’accesso a film e spettacoli dal vivo in totale sicurezza.

Proprio questo è l’intento di “Live Drive-In“,  progetto italiano che cerca di dare una speranza ai settori dell’intrattenimento, riscuotendo grande successo e approvazione in diverse città. L’obbiettivo è quello di trasformare ampie location attrezzando mega schermi e palcoscenici che possano restituire, seppur in parte, l’esperienza di un evento live.

Per sopperire alla cancellazione dei concerti e mantenere il contatto con il pubblico, diversi artisti stanno organizzando eventi live sui propri social. Jovanotti ha pianificato il suo Jova House Party, Elisa e Tommaso Paradiso hanno inciso un singolo, mentre Bruce Springsteen ha regalato lo stream di un suo concerto.

Una delle migliori alternative alle performance live è stata quella di Fortinite, in cui 12 milioni di utenti hanno assistito al concerto del rapper Trevis Scott. L’evento ha riscosso un enorme successo e ha dimostrato ancora una volta come il mondo del gaming possa dimostrarsi fonte d’innovazione e sperimentazione.

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Quali saranno gli effetti a lungo termine sulle abitudini di fruizione?

Anche dopo la riapertura (graduale) dei cinema, teatri e luoghi all’aperto le persone avranno bisogno di tempo per fidarsi e non aver paura del contagio. In seguito al termine della pandemia, la ripresa per i proprietari di cinema, teatri e spettacoli dal vivo potrebbe non avere un rilancio immediato. Inoltre, le abitudini di fruizione dei film stanno cambiando. Le persone si stanno abituando a vedere i contenuti appena usciti comodamente sul divano di casa.

Pensare che questo modo di fruire i contenuti possa diventare la normalità è poco probabile, la suggestione del cinema, l’autorevolezza del teatro e l’euforia di un concerto non sono neppure paragonabili a come stiamo vivendo film e musica in questo momento.

Quello che possiamo però affermare è che la crisi attuale sta permettendo a nuovi canali di svilupparsi e diventare sempre più parte della nostra quotidianità. Non andranno a sostituire le nostre abitudini, ma rappresenteranno una valida alternativa.

crisi e opportunità

Quando crisi e opportunità sono davvero la stessa cosa

  • Crisi e opportunità sono spesso la stessa cosa (anche se non letteralmente) in cinese, ma bisogna saper creare le condizioni per il cambiamento
  • Alcuni visionari sono riusciti a creare, in breve tempo, business completamente nuovi per rispondere alle nuove necessità, come Youprobablyneedahaircut
  • Il segreto è la capacità di effettuare pivot, non solo per le startup ma per aziende e singoli

 

C’è un ideogramma cinese che è diventato largamente famoso anche al di fuori della Cina, usato e forse abusato nei discorsi di motivatori, leader e addirittura presidenti (pare che il primo a utilizzarlo sia stato addirittura John F. Kennedy nel 1959): si tratta di wēijī.

crisi in cinese La sua fama è dovuta non solo al suo significato, ovvero “crisi”, ma più che altro a quello dei simboli che la compongono, che dovrebbero essere “pericolo” e “opportunità”.

In realtà i linguisti hanno considerato una “colorita pseudoetimologia” questa traduzione, e sottolineano che da solo non significa tanto “opportunità” quanto più che altro “momento cruciale“.

Ma a prescindere dalle sottigliezze linguistiche, quello che è certo è che il mondo intero in questo momento si trova in un’enorme wēijī. E che se per tutti o quasi la parte di pericolo è ben chiara, molti faticano a trovare l’opportunità che si nasconde nell’ideogramma.

Eppure è evidente che siamo veramente a un “punto cruciale”, sul vergere di un cambiamento che presumibilmente lascerà forti strascichi politici, economici, ma soprattutto culturali.

 

Come si fa a trasformare un momento cruciale in opportunità

Per quanto molti non vedano l’ora di tornare nel chiassoso caos degli uffici dopo questo lungo periodo di lavoro da casa obbligato, abbiamo ormai infranto una sorta di spaventosa barriera invisibile che ci separava dallo smart working, e abbiamo scoperto forzatamente che sì, è possibile.

I vestiti firmati hanno lasciato spazio alle tanto bistrattate tute, e forse alla fine di questo periodo ci sarà qualche fashion victim in meno sugli eCommerce. Il minimalismo, la comprensione di quanto siano poche ed essenziali le cose che ci servono per essere felici, potrebbe assestare un bel colpo alla società dei consumi.

E sull’onda di questi cambiamenti, tante aziende che stanno semplicemente aspettando che la tempesta passi per “riprendere a lavorare come prima”, rischiano semplicemente di morire lungo la strada.

Bisogna più che mai imparare la lezione dai cinesi (no, non sulle abitudini alimentari) e capire che una crisi è un momento cruciale, ma non un opportunità. Diventa “opportunità” solo quando siamo noi a fare qualcosa perché sia così.

Per continuare con la metafora linguistica dei cinesi, a dovremmo aggiungere un pezzo per ottenere “opportunità”, che sarebbe jīhuì (机会). E così noi a questa crisi, al pericolo e al cambiamento che stiamo vivendo, dobbiamo aggiungere qualcosa di più, qualcosa di nuovo.

Uno sforzo deliberato per comprendere i nuovi bisogni dei consumatori. Una sana auto-analisi per capire se stavamo facendo qualcosa di sbagliato, se gli obiettivi che stavamo inseguendo erano davvero all’altezza. Uno sforzo, in definitiva, per non limitarci a inseguire l’onda, ma provare a cavalcarla. In fondo, è così che è nato il surf… ma basta con le metafore, o questo articolo rischia di diventare qualcos’altro.

 

Non tutto il male viene per nuocere

youprobablyneedahaircut

È quello che deve aver pensato Greg Isenberg, mentre in piena quarantena correva a registrare il suo nuovo dominio: www.youprobablyneedahaircut.com

Parrucchieri e barbieri sono stati colpiti duramente in tutto il mondo da questa crisi e sono senza lavoro – ha detto Isenberg a Today Style. Avendo sentito alcune storie di amici barbieri che lottavano per sbarcare il lunario, e realizzando che, ‘ehi, probabilmente ho bisogno di un taglio di capelli’, ho pensato che “youprobablyneedahaircut” sarebbe stato un modo elegante per risolvere questo problema per me e gli altri.

E così, in piena crisi, Isenberg trova un’opportunità: un’idea semplice, talmente semplice che in poco tempo il sito era live e funzionava perfettamente, con recensioni entusiaste come quella di Sarah F.: “adoro il mio ragazzo, ma era orribile. Mi hai salvato la vita!”. La vita forse no, ma salvato una relazione da settimane di recriminazioni per un taglio sbagliato sicuramente sì.

Il funzionamento? Nulla più che una semplice videoconferenza con il barbiere, che per 18$ ti guida passo passo nel realizzare un taglio di capelli da urlo (in positivo, certo), sul/la tuo/a compagno/a o addirittura, per i più coraggiosi, su te stesso!
Semplice ed estremamente efficace: esattamente ciò di cui il mondo ha bisogno ai tempi del Coronavirus.

Un’epifania simile deve averla avuta un ex primario dell’Ospedale di Gardone Val Trompia, in provincia di Bescia, il dottor Renato Favero, quando osservando la penuria di maschere c-Pap in cui versava l’Italia all’apice della crisi, ha avuto un’idea geniale: aggiungere una valvola stampabile in 3D alle maschere integrali per lo snorkeling di Decathlon, e convertirle in congegni medici.

Dimostrando inconfutabilmente una grande verità sull’origine dell’innovazione: la creatività si basa sull’evoluzione, sulla rivoluzione, o sulla sintesi di qualcosa di esistente. E tutti abbiamo la possibilità, entro il nostro campo di competenza, di apportarla alla nostra vita e al nostro business.

innovazione creatività  

 

Pivot: la parola magica per trasformare le crisi in opportunità

Ed è questo il grande segreto: la semplicità. La costruzione, mattoncino dopo mattoncino, di un nuovo edificio, una nuova creatura, partendo dalla base di ciò che già avevamo: conoscenze, abilità, pubblico, materiali.

Fare un assessment di ciò che si possiede, dei punti di forza diciamo, e di ciò che il nuovo mercato che ci troviamo ad affrontare richiede, per fare un pivot della propria attività e smettere di remare contro corrente, cominciando a cavalcare l’onda.

Il pivot è un termine derivato dal basket che indica i cambi di strategia tipici di una startup, dopo che ha testato il suo modello originale e scoperto che modificandolo si ottengono migliori risultati. Ma in periodi di crisi, e a dire il vero in qualsiasi periodo, questa metodologia non dovrebbe essere utilizzata solo dalle startup: tutti, aziende e privati, dipendenti e freelance, adulti e bambini dovrebbero essere in grado di “pivotare” quando le situazioni cambiano e la cosa si rende necessaria.

Forse il risultato non sarà interessante o proficuo quanto ciò che stavamo facendo prima, ma ehi, come si dice? “Quando la vita ti dà i limoni, tu impara a fare la limonata“.

Ci sono tantissimi esempi di pivot di successo in questa crisi, opportunità bellissime nate in questo periodo e colte da aziende lungimiranti, che possono ispirarti su come fare un passaggio rapido a nuovi modelli di business, per rimanere a galla, contribuire allo sforzo di contenere il virus e fornire servizi utili in modo sicuro e distanziato:

Insomma, è un mondo spaventoso e terribile quello che si è delineato in questi ultimi mesi, fatto di estremi, di rischi, di profondi rovesci e cambiamenti. Ma è anche una situazione in cui il minimo sforzo può portare al massimo risultato, dando nuova linfa vitale alle attività e una sferzata di novità a settori ormai “tradizionalisti”.

Checché ne dicano i linguisti, non c’è momento migliore per credere che l’ideogramma cinese che significa crisi sia composto esattamente da questo.

 

Forse un’opportunità ancora più profonda per il mondo?

La necessità di un cambiamento, in questo momento di crisi storica, va ben oltre il livello del singolo cittadino o della singola azienda.

Come sostiene The Economist, il mondo intero corre un rischio fortissimo: quello del perdurare per mesi, nel peggiore dei casi anni, di quella che definiscono “l’economia al 90%“. Che presumibilmente continuerà anche dopo che il picco infettivo del Covid-19 sarà passato, per paura di ulteriori contagi, di nuovi focolai, o di un nuovo virus.

Un’economia post-lockdown, che si muove, certo, ma a livelli basici, meno della metà di quelli pre-crisi. Con interi settori fermi – il turismo, uno tra tutti. Aziende che falliscono, e quelle “troppo grandi per fallire” che vengono tenute in piedi con aiuti statali (pensiamo alle compagnie aeree o alla crocieristica), che rischiano di creare disparità con il trattamento riservato alle PMI.

Questa crisi ci sta mettendo davanti a verità che facevamo finta di ignorare per tanto tempo: la diseguaglianza sociale tra i malati e i diversi Paesi, gli alti tassi di mortalità tra le minoranze, le problematiche lavorative, la necessità di assistenza sanitaria per tutti… finalmente questi problemi sono sotto gli occhi di tutti, e il mondo chiederà riforme.

Alcune di queste richieste di riforma nascono proprio in USA  che hanno visto la trasformazione del lavoro e dei servizi come  Uber, Instacart e  Amazon e adesso sono al centro di forti scontri con i lavoratori per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e maggiore equità nelle retribuzioni.

Ma forse è qui che giace la più grande opportunità di questa crisi: perché quando le persone sono stanche e hanno paura, chiedono un cambiamento. E se sapremo governare quel cambiamento, se i leader di questo futuro-presente distopico sapranno rispondere alla chiamata del popolo, proponendo mercati più equi, solidarietà internazionale e apertura invece di chiusura, forse questo Coronavirus avrà rappresentato allora una grande occasione per l’umanità.

Per certi aspetti, sta già succedendo: la corsa alla mobilità sostenibile post-Covid che tutti i Paesi stanno affrontando. Le proposte di maggiore equità che stanno attraversando l’Unione Europea.

Per il resto, per ciò che ancora ha da venire, non ci resta che aspettare e prepararci a surfare su questo tsunami. Ricordandoci che la voce di ciascuno dovrebbe essere, come diceva Gandhi, “il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo”.

Advertising e Covid-19: come cambiano gli investimenti pubblicitari in tempo di crisi

  • Secondo i dati del WFA, l’80% delle multinazionali ha messo in stand-by le campagne pubblicitarie pianificate per il secondo trimestre del 2020;
  • Il 79% dei marchi che hanno partecipato allo studio condotto dal WFA ha dichiarato di aver iniziato a lavorare a nuovi messaggi per rispondere direttamente agli effetti della pandemia;
  • Per i grandi brand è indispensabile cominciare a pianificare le proprie strategie di Marketing per quello che sarà il post-Covid19.

 

Nelle ultime settimane sono state ampiamente analizzate le conseguenze della crisi del Coronavirus sulle abitudini di acquisto dei consumatori. 

Abbiamo visto come l’economia di tutto il mondo stia subendo pesanti danni, con perdite soprattutto per settori come quello del turismo, dei trasporti, della ristorazione e dell’intrattenimento.

Inoltre, l’attenzione si è focalizzata anche sul cambiamento della fruizione da parte degli utenti dei contenuti pubblicitari e non: abbiamo potuto osservare un incremento notevole dell’utilizzo delle piattaforme digital, soprattutto per quanto riguarda millennial e Generazione Z.

carriera nel digitale

Cosa sta succedendo al mondo dell’Advertising?

Secondo i dati raccolti in un sondaggio condotto nel mese di marzo dalla World Federation of Advertisers (WFA) ben l’80% delle multinazionali ha messo in stand-by le campagne pubblicitarie pianificate per il secondo trimestre del 2020, con una media che oscilla tra il 20% e il 40% per quanto riguarda il taglio del budget dedicato alle spese pubblicitarie.

Un’analisi condotta da WARC Data propone tre scenari ipoteticamente probabili per quanto riguarda l’effetto del Coronavirus sugli investimenti pubblicitari dei grandi brand.

Questi scenari sono stati delineati in base agli studi effettuati durante dell’epidemia di Sindrome respiratoria acuta grave (SARS) nella prima metà del 2003 e dell’epidemia di Sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) tra maggio e agosto 2015.

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Scenario 1: spostamento del budget pubblicitario al secondo semestre del 2020

Nella prima ipotesi i brand decidono di congelare gli investimenti pubblicitari per la prima metà dell’anno e, in caso si riesca a contenere il virus e tornare a una “vita semi-normale” a partire da Giugno-Luglio, spostare tutto il budget destinato al 2020 nel secondo semestre.

Sempre secondo la World Federation of Advertisers (WFA) il 34% dei brand conferma di mettere in stand-by le proprie campagne pubblicitarie per uno o due mesi, il 28% ha rinviato i piani per un intero trimestre, mentre il 13% afferma di aspettare almeno sei mesi prima di ripartire con l’ADV.

 

Gli studi condotti da WARC mostrano che già nei primi due mesi del 2020 gli investimenti pubblicitari hanno subito un fortissimo calo rispetto al mese di Dicembre 2019. I media tradizionali hanno registrato i risultati peggiori in Asia, mentre la crescita del digitale è stata notevolmente più lenta di quanto ci si aspettasse.

A Gennaio lo confermava anche Baidu, il principale motore di ricerca in lingua cinese, che in una pubblicazione anticipava che le entrate pubblicitarie sarebbero calate tra il 5% e il 13% nel primo trimestre del 2020, per un totale di circa a 500 milioni di dollari.

In questo primo caso i brand dovrebbero analizzare approfonditamente i pro e i contro di uno spostamento totale del budget, oltre che chiedersi se sia il caso di modificare del tutto o in parte i messaggi delle campagne pubblicitarie già pianificate e solo rimandate.

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Scenario 2: riallocazione a breve termine del budget pubblicitario

Un secondo scenario, molto più probabile del primo, è quello della riallocazione a breve termine del budget destinato all’Advertising, in base al cambiamento delle abitudini di fruizione dei media pubblicitari da parte degli utenti.

Questa riallocazione viaggia parallela al cambio delle strategie di Marketing dei brand, che si trovano costretti a ripensare alle campagne di comunicazione già definite per il 2020.

Pensiamo per esempio alle conseguenze del lockdown su l’Outdoor Advertising, che secondo uno studio condotto dal Financial Times sarà il mezzo di comunicazione a subire il danno maggiore. Basta vedere come Clear Channel, una delle compagnie di pubblicità OOH più importante a livello mondiale, ha perso il 75% del prezzo delle sue azioni in borsa in un solo mese.

Scenario 3: taglio degli investimenti e grave recessione pubblicitaria

L’ultimo scenario, e speriamo il meno probabile, è quello di una grave recessione del settore dell’advertising entro la fine del 2020.

Questa catastrofica proiezione è da tenere in conto principalmente per un motivo: la stretta relazione tra la spesa pubblicitaria dei brand e il PIL di una nazione. La crisi economica che la maggior parte dei Paesi affetti dalla pandemia di Covid19 sta affrontando, porta come conseguenza diretta il crollo del PIL – Prodotto Interno Lordo.

In questo scenario, la probabilità che il mercato pubblicitario globale cada in recessione è più alta, ma non è garantita. 

Come ripianificare i piani media dei brand?

A prescindere dagli scenari disegnati da WARC Data, molti brand si stanno già muovendo per modificare i propri piani di comunicazione per il 2020.

Nel frattempo infatti, il 79% dei marchi che hanno partecipato allo studio condotto dal WFA ha dichiarato di aver iniziato a lavorare a nuovi messaggi per rispondere direttamente agli effetti della pandemia.

Indipendentemente dal fatto che i brand decidano di sospendere del tutto l’attività pubblicitaria o di metterla in stand-by, la prima cosa che devono tenere in mente per ripianificare il proprio piano media è la fascia di età del proprio target e i rispettivi comportamenti di fruizione dei media attuali.

Per esempio, la Generazione Z passa la maggior parte del tempo a guardare video online su YouTube e TikTok, mentre i Millennials prediligono le piattaforme di live streaming (30%) e l’ascolto di podcast (20%). Il 42% dei Baby Boomer invece preferisce guardare le trasmissioni TV.

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L’importanza di un piano di comunicazione post-Covid19

Pensare a breve termine è indispensabile in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, ma cosa ne sarà della comunicazione a lungo termine? 

Se è vero che bisogna pensare a un problema alla volta, è indispensabile per i grandi brand cominciare a pianificare le proprie strategie di Marketing per quello che sarà il post-Covid19. Perché se ora la maggior parte degli acquisti da parte degli utenti è in stand-by, arriverà il momento in cui l’economia riprenderà a girare e i brand dovranno essere pronti. 

Sicuramente la velocità e le prospettive di ripresa variano da paese a paese, ma possiamo vedere come in Cina ad esempio ci siano già segnali di recupero incoraggianti, che fanno ben sperare anche per il resto del mondo.

Per concludere, i brand hanno a disposizione un numero sufficiente di dati e statistiche per poter giocare al meglio le loro carte, ma è anche vero che in un periodo di incertezza e come quello che stiamo vivendo, il comportamento del consumatore è talmente volubile che è quasi impossibile definire un percorso certo.

Sicuramente ne usciranno vincitori i brand che sapranno rimanere al passo con le continue evoluzioni dei trend di mercato, riuscendo ad adattare ai tempestivamente la propria strategia di comunicazione secondo i cambi che avverranno nei prossimi mesi.