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dirigente preoccupato lavoro remoto

La vera sfida del lavoro da remoto? È per i dirigenti

  • Il lavoro da remoto in quarantena è una sfida per i tanti dirigenti che non erano preparati o interessati allo smart working (56%)
  • In un contesto in cui questa modalità di lavoro sembra essere qui per restare, è essenziale un cambio di paradigma, anche in ottica post-Coronavirus

 

Chi ha ruoli manageriali in azienda di questo periodo non ha certamente vita facile.

Stiamo vivendo uno dei momenti di massima incertezza che probabilmente non ha paragoni in questo secolo, con aziende fino a prima della crisi del Coronavirus in perfetta salute che ora annaspano in cerca di aria. E lo smart working “obbligato” che tutto il Paese sta affrontando, senza la giusta preparazione e pianificazione, non aiuta.

È una grande sfida per tutti, ma soprattutto per chi riveste ruoli dirigenziali. Si parla molto delle difficoltà per i dipendenti, per chi d’improvviso si ritrova a lavorare da casa e a fare i conti con i lati negativi di questa modalità (dato che quelli positivi, a causa della quarantena, è difficile percepirli). E così il web si è riempito di consigli su come sedersi in maniera corretta, come ottimizzare il tempo, come coltivare i rapporti con i colleghi anche a distanza.

Ma per i capi azienda? Soprattutto per quelli che lo smart working non è che fossero proprio in procinto di introdurlo, prima che diventasse l’unico modo per lavorare?

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Chi ha detto “smart” working?

In fondo le statistiche parlano chiaro: nel tessuto aziendale fatto di PMI del nostro Paese, prima di questa crisi, erano ancora pochi i responsabili aziendali interessati ad applicare lo smart working.

Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico, nel 2019 in questa categoria erano ben il 51% le aziende non interessate (con un 4% in più addirittura ignaro del fenomeno). Il motivo? Nel 23% dei casi, mancanza d’interesse e resistenza da parte dei capi.

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Sarà interessante vedere, nella prossima edizione di questo report, come saranno cambiati i dati in seguito all’introduzione del Decreto Cura Italia e a tutte le sue conseguenze.

Ma per ora i dati parlano chiaro: questa situazione è “capitata” in maniera passiva, ricadendo nella maggior parte dei casi su aziende in cui lo smart working non era minimamente nei piani; anzi era spesso considerato come qualcosa di negativo, un grosso rischio di perdita di produttività, da evitare quanto più possibile.

Come confermava Methodos, società di consulenza specializzata proprio in questo campo, nell’intervista a Ninja Marketing raccolta in questo articolo, l’introduzione dello smart working richiede tempo e sforzi deliberati, ascolto e analisi, ma soprattuto volontà di farlo con successo.

Tutti elementi che sono mancati in questo frangente, e che pare ovvio ora portino molti dipendenti che lavorano da casa a lamentare, più ancora dei mal di schiena e degli altri “disturbi” da quarantena, la mancanza di comprensione e supporto da parte dei capi.

manager lavoro remoto

Che tipo di manager vuoi essere?

Il fatto è che, volontà o meno, interesse o meno, adesso l’opinione personale sullo smart working non conta più.

Non si tratta di poche settimane, visto che la durata del lockdown è stata già raddoppiata. Né di pochi mesi, presumibilmente, visto che è già stato chiaramente spiegato che la chiave per il successo della Fase 2 dell’emergenza Coronavirus si baserà anche sullo smart working.

Adesso non si tratta di fare buon viso a cattivo gioco, ma di imparare a sfruttare questa situazione per migliorare la propria azienda e per migliorarsi come manager. Tutto dipende dalla risposta a una domanda: “che tipo di dirigente vuoi essere?“.

Credo che nessuno che si trovi in posizione di responsabilità pensi a se stesso come a un carceriere, eppure è quello che più spesso finisce per risultare come opinione tra i dipendenti, specialmente per quei dirigenti che basano sul “controllo” la propria idea di successo.

Come ha spiegato Maria Vittoria Mazzarini: La chiave del successo per lo smart working è la fiducia: avere un rapporto di fiducia con i responsabili, con i team, con i dipendenti, etc. È quella la leva che fa funzionare tutto, ed è una moneta che qualcuno deve giocare per primo”. 

Il dipendente, lavorando da casa, si deve impegnare a portare a termine i compiti che gli sono assegnati e a renderne conto ai propri dirigenti. Ma dall’altra parte? Qual è l’impegno del capo nei confronti delle risorse che dirige?

Deve essere una presa di posizione basata in primis sulla volontà, su un cambio di paradigma: chi lavora non lo fa perché controllato dall’alto come in una prigione, ma perché si sente valorizzato e motivato a farlo. È chiaro che l’approccio deve essere completamente diverso, con responsabili che credono nella buona fede dei dipendenti e dei colleghi e non il contrario.

Ma non si tratta solo di “fiducia incondizionata”: ci sono metodi e strumenti che si possono, anzi, si dovrebbero utilizzare per tenere traccia del lavoro svolto e della produttività personale, anche a distanza. Non sono strumenti “coercitivi” o di controllo remoto, come quello di registrare lo schermo del computer a distanza, ma tool e approcci di project management che sono stati definiti e implementati appositamente per questo.

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lavoro remoto coronavirus

Gli strumenti della fiducia nel lavoro da remoto

Una gestione dei compiti e delle attività ben definita, basata sulla verifica del raggiungimento degli obiettivi e non sul numero di ore di lavoro (che tra l’altro finiscono spesso per essere di più, quando si lavora in smart working e gli orari d’ufficio sfumano).

Utilizzare strumenti come Trello o Asana per tenere traccia delle attività poteva sembrare un simpatico escamotage all’inizio della quarantena, ma in un’ottica di mantenimento di lungo termine di questa modalità di lavoro e della produttività necessaria, diventa indispensabile.

Ed è il capo il primo a doversi fare paladino di questa modalità di lavoro, perché essa possa aver successo. Incoraggiare l’uso di questi strumenti, provandoli e mettendoli in pratica, perché è appunto lui/lei che ha la vision necessaria per sceglierli.

Allo stesso tempo, il rischio dello smart working, soprattutto se il management non lo sposa completamente, è quello di creare un senso di distanza sociale incolmabile, che finisce per rendere meno efficaci le comunicazioni e forzate le interazioni.

Compito dei dirigenti invece, anche qui, è riuscire a ricreare le dinamiche sociali dell’ufficio al di fuori di esso, grazie agli strumenti di comunicazione remota quali le videochiamate. Dinamiche che faccia a faccia possono essere spontanee, come le chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè da cui spesso nascono le migliori idee, ora dovrebbero essere introdotte volontariamente.

Non solo riunioni “produttive”, quindi. Pranzi o pause caffè social davanti alla webcam, canali di interazione libera su Slack dove si incoraggi la condivisione della vita quotidiana, comunicazioni leggere e “off-topic” sono linfa vitale per il senso di appartenenza e di partecipazione in azienda, quando queste diventano interamente dipendenti da un computer.

Esistono (quasi) più strumenti che necessità quando si parla di smart working, e se la parte difficile è trovare quelli che più si addicono alla singola realtà aziendale, la buona notizia è che sicuramente esistono. E probabilmente in questo periodo, grazie alla piattaforma Solidarietà Digitale, possono anche essere gratuiti o comunque fortemente scontati.

strumenti lavoro remoto

La vera sfida dello smart working è il post-Coronavirus

Quel che è certo è che le aziende dovranno ragionare su come rendere lo smart working uno strumento davvero efficace, e non ‘di riserva’, per non trovarsi impreparati di fronte a probabili altri periodi di isolamento, che secondo gli esperti seguiranno anche in futuro.

Per farlo, è necessario creare un’organizzazione e una cultura aziendale che non “capita”, ma che anzi si deve implementare volontariamente e consapevolmente con cambiamenti e sforzi specifici.

“La sfida futura per le aziendesecondo Simone Colombo, HR fractional ed esperto di direzione del personale in outsourcing – sarà quella di riuscire ad avere un sistema di gestione che definisca gli obiettivi per ogni area di lavoro e riesca a misurarli, ora che nella misurazione manca la variabile tempo e spazio e soprattutto non è possibile indire riunioni o verifiche quando si vuole, lasciando il lavoratore libero (ma al contempo solo) di autodeterminare la propria attività”.

È una sfida per i dipendenti, che dovranno imparare ad essere molto più autonomi e focalizzati, ricreando a casa le condizioni lavorative che li rendono efficaci in ufficio, con orari, abitudini e attività specifiche.

Ma è una sfida soprattutto per i manager e i responsabili, che si trovano praticamente costretti a rivedere il proprio stile di leadership. Continuare a fare muro contribuirà solo alla creazione di una cultura del lavoro sbagliata e controproducente, che nel lungo termine farà più danno che altro a qualsiasi organizzazione.

La chiave di volta, in questa situazione, è una sola: abbracciare il cambiamento invece di opporvisi, e trasformare questo periodo di crisi in una grande opportunità, una vera e propria scuola di management e leadership.

lovie awards

Lovie Awards: la selezione per la decima edizione si chiude il 24 aprile

L’Accademia Internazionale delle Arti e delle Scienze Digitali (IADAS) – l’organismo che presenta i Webby Awards internazionali e il suo programma gemello The Lovie Awards – ha annunciato  l’apertura ufficiale del 10° Bando annuale dei Lovie Awards. I creatori di tutta Europa possono presentare i loro lavori su siti web, pubblicità, video, app, mobile e voce, podcast e social su lovieawards.eu fino al 24 aprile.

Lovie Awards è l’unica organizzazione di premi paneuropea ad onorare l’eccellenza dell’Internet europeo. I finalisti saranno annunciati a settembre 2020 e i vincitori a ottobre 2020, seguiti da una celebrazione a novembre 2020 a Londra.

Tra i partner e sponsor dell’evento Google, WP Engine, Social Media Week, The Dots, CreativePool, Dutch Digital Design e Ninja Marketing.

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Cosa significa partecipare ai Lovie Awards

I partecipanti ai Lovie Awards non competono solo per vincere un Lovie Award e il People’s Lovie Award (preferito dai fan), ma anche per consegnare il loro discorso e seguire le orme dei vincitori dello scorso anno.

Il 10° Bando annuale introduce una serie di nuove categorie che mirano a riconoscere il lavoro in tutto lo spettro digitale, includendo:

  • Una nuovissima suite per i Podcast con categorie ampliate come Documentario, Business, Intervista/Talk Show, Arte e Spettacolo e altro ancora.
  • Nuove categorie in Pubblicità, come Campagna per il Miglior Uso dei Media
  • Categorie dedicate alla diversità e all’inclusione tra i vari tipi di media

L’elenco completo è disponibile su lovieawards.eu.

Tutti i lavori sono giudicati da più di 500 membri dell’Accademia che rappresentano le migliori e più brillanti menti d’Europa per il digitale, tra cui il musicista Imogen Heap, l’attore e scrittore Stephen Fry, il “Padre del Wi-Fi” Vic Hayes, Anna Rafferty (VP, The LEGO Group) e tanti altri.

Il termine ultimo per l’iscrizione anticipata è il 24 aprile 2020.

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Come i ristoranti possono assistere meglio i clienti nei momenti di incertezza

Questo articolo è stato scritto da Ryan OlohanManaging Director, Food, Beverage & Restaurants at Google

 

I ristoranti sono il cuore di molte comunità. Sono il luogo in cui le coppie si godono un appuntamento, le famiglie festeggiano i compleanni, i team di lavoro si riuniscono per il pranzo dopo un successo. E mentre il mondo è alle prese con il COVID-19, sia le catene che i ristoranti indipendenti si stanno rapidamente attrezzando per trovare nuovi modi di servire le loro comunità.

Ryan Olohan, Managing Director, Food, Beverage & Restaurants di Google, racconta la sua esperienza come ristoratore che sta vivendo personalmente questa crisi: “Mia moglie ed io abbiamo aperto Seven Scoops & Sips nel 2019, e doniamo una parte dei nostri guadagni a cause meritevoli. Prima di COVID-19, il negozio era pieno ogni sera perché la gente sapeva che l’acquisto di un gelato, o di un caffè aiutava a finanziare le scuole locali e i programmi sportivi, le vittime del cancro, i giovani senzatetto, i bambini bisognosi di Harlem, i villaggi del Kenya e altre cause locali e globali. La crisi è particolarmente dura perché ora tutti i finanziamenti sono stati messi in attesa fino a quando gli affari non potranno riprendere”, ha spiegato in un post su Think with Google.

La pandemia presenta sfide uniche per l’intera industry. E mentre la strada da percorrere dipende da molte variabili, ecco alcune strategie che i ristoranti stanno adottando per supportare i loro clienti in questo momento senza precedenti.

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Aiutare i clienti a pianificare

Quando l’incertezza è al primo posto, la gente cerca informazioni di cui può fidarsi. Questo è ancora più evidente quando si tratta di opzioni alimentari accessibili e disponibili nelle vicinanze. L’interesse per la ricerca “Take away” è aumentato del 285% dall’inizio di marzo. Essere lì per aiutare le persone a vivere in questa nuova normalità con informazioni aggiornate e pertinenti può fare la differenza.

Comunicare in modo proattivo i cambiamenti che riguardano il proprio ristorante attraverso i canali a contatto con i clienti è fondamentale per aiutare le persone a pianificare e a prepararsi. Aggiornare il profilo aziendale su Google è un modo per farlo. Gli aggiornamenti sul profilo e sulla posizione, come le modifiche degli orari del ristorante, comprese le chiusure temporanee o gli orari modificati, appariranno anche su Google Search e Google Maps. E, in un momento in cui le persone stanno valutando ciò che meglio si adatta alle loro esigenze, fornire informazioni puntuali (ad esempio se si sta offrendo servizio da asporto o la consegna a domicilio) è un modo per aiutare gli utenti a decidere cosa è giusto per loro.

LEGGI ANCHE: COVID-19: come gestire la chiusura temporanea delle schede di Google My Business

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Comunicare efficacemente le soluzioni di asporto e consegna a domicilio

Negli ultimi cinque anni, le attività che troviamo nella ricerca“ristoranti vicino a me” sono stati costantemente classificati come la ricerca “vicino a me” più popolare. Ma il comportamento dei consumatori è cambiato. L’attenzione si è spostata su soluzioni alternative per i pasti. Nelle ultime tre settimane è stato registrato un aumento dell’interesse dei consumatori per la “consegna” come risultato delle campagne di distanziamento sociale; l’interesse della ricerca per le domande relative alla “consegna del cibo” è aumentato del 100%.

ristoranti su google coronavirus

Fonte: Google Trends, Stati Uniti, 1 marzo 2020-24 marzo 2020

Informare le persone sulle alternative a loro disposizione per i pasti aiuta i clienti e i dipendenti a rimanere al sicuro durante i periodi di lockdown. E soluzioni come le campagne locali possono aiutare a personalizzare la comunicazione del ristorante in modo da includere solo le località in cui si offrono le opzioni di consegna a domicilio.

Rassicurare sulla sicurezza dei ristoranti e sulle misure igienico-sanitarie

Oggi più che mai, quando si sceglie dove e cosa mangiare, la sicurezza è fondamentale. Infatti, l’interesse per la ricerca di “è sicura la consegna degli alimenti” è aumentato del 650% negli Stati Uniti dall’inizio di marzo. Rassicurare i clienti che capiscono le preoccupazioni per la sicurezza e che stanno prendendo misure importanti per affrontare la situazione attuale è fondamentale.

ristoranti covid-19Queste azioni includono la condivisione degli aggiornamenti sulle nuove implementazioni, come ad esempio l’istituzione di un team dedicato per concentrarsi sulla sicurezza alimentare. Altri esempi possono includere l’applicazione di procedure di pulizia più rigorose, l’aumento della frequenza del lavaggio delle mani tra il personale e l’aggiornamento dei materiali di formazione per i dipendenti.

Inoltre, comunicare la propria politica di congedo per malattia dei dipendenti o affrontare il problema delle assenze per malattia è un altro modo per mostrare come si sta riducendo al minimo la possibilità di mettere a rischio i lavoratori e i clienti.

In questo periodo difficile, l’ultima cosa di cui la gente vuole preoccuparsi sono le opzioni per i pasti. Alleviando queste preoccupazioni con comunicazioni pertinenti e scelte sicure e convenienti, si fornisce una forma di assistenza che tutti ricorderanno e apprezzeranno.

coronavirus

Come potrebbero cambiare le scelte di marketing dopo il COVID-19

  • Il COVID-19 sta già cambiando la nostra vita e condizionerà anche le scelte di marketing
  • La forma di advertising più colpita è evidentemente l’outdoor, segue subito dopo il mercato delle sponsorizzazioni
  • Gli influencer hanno un ruolo positivo attivo, coinvolgendo i follower con le dirette da casa

 

Cosa accadrà al mondo del marketing post Covid-19? 

Abbiamo provato ad analizzare, partendo da alcuni dati, come il mondo del marketing potrà essere influenzato dal lockdown mondiale.

Alcune considerazioni, sono forse banali, ma vanno necessariamente sottolineate oggi: se le strade sono deserte, internet è in sovraffollamento; i social media sono diventati il luogo in cui rifugiarsi per ritrovare un senso di comunità e le piattaforme di video conference sono diventati i nuovi bar virtuali in cui incontrare amici e parenti.

Tutto il mondo si sta interrogando su domande da milioni di dollari: quanto durerà? Come sarà influenzata la mia vita e il mio lavoro? Noi queste risposte ovviamente non le abbiamo, ma abbiamo provato a capire come il Coronavirus influenzerà le scelte di marketing nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

LEGGI ANCHE: Post-covid: l’emergenza cambierà per sempre le nostre abitudini di consumo e di lavoro

Il mondo marketing tradizionale

Mentre siamo chiusi nelle nostre case, il mondo intorno a noi sta cambiando. La comunicazione in TV è stata rivoluzionata nel giro di poche settimane, i programmi televisivi si sono adattati alle nuove disposizioni sanitarie e i brand più reattivi sono andati in onda con spot pubblicitari girati in case, mostrando un messaggio di vicinanza al pubblico.

Ma proprio dal mercato del marketing tradizionale arriva il primo grande paradosso: gli ascolti della TV esplodono ma i brand fanno retro-front sugli investimenti pubblicitari.

Secondo uno studio svolto in queste settimane recente studio, la penetrazione degli ascolti TV aumenta ogni giorno, mediamente un italiano su tre guarda la tv, la chiusura delle scuole aggiunge una bella fetta di bambini, che tuttavia rimane inferiore a quella degli adulti. Il picco di ascolto è alle 9 di sera con quasi la metà degli italiani davanti alla televisione, mentre il day time ha beneficiato maggiormente della situazione con un incremento del 17%.

Lo stesso dato di crescita, tra TV tradizional e streaming si registra inoltre in tutto il mondo, come mostrato da Statista.

statista crescita ascolti tv e streming coronavirus

Ma nonostante ciò, in Italia si stima una riduzione degli investimenti in acquisto di spazi televisivi. Un vero e proprio paradosso, spinto dall’ondata di crisi economica verso cui stiamo andando incontro.

spesa adverttising tv coronavirus

L’Out of Home potrebbe essere la forma di advertising più colpita. Ha ancora senso la pubblicità per strada? Nei prossimi mesi sarà sempre meno frequente camminare per strada, spostarsi da casa a ufficio, raggiungere da qualche parte un amico. E allora quanto saranno utili i cartelloni pubblicitari? Quale sarà l’effettivo ritorno dell’awareness di una pubblicità sugli un autobus, o in una stazione della metropolitana? C’è tuttavia da considerare che una buona fetta della spesa pubblicitaria in questo settore sia allocata alla fine dell’anno, per le festività natalizie.

Infine, anche il mercato delle sponsorizzazione ne risentirà: i grandi eventi sportivi, come il campionato di calcio e perfino le olimpiadi, sono sospesi e alcuni brand tenderanno a tagliare gli accordi di sponsorizzazione.

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coronavirus corporate social responsibility

La strada del Digital Marketing

A differenza delle forme di pubblicità tradizionali, gli investimenti in digital marketing potrebbero aumentare.

Da una ricerca di Dentsu Aegis Network, su 155 brand intervistati, il 14% ha dichiarato di spostare budget online, da media offline.

Nei prossimi mesi potremmo vedere un netto aumento della spesa pubblicitaria digitale poiché i consumatori trascorreranno naturalmente più tempo online, scegliendo di fare acquisti online anziché uscire di casa.

La ricerca di Global Web Index ha rilevato che stiamo assistendo a un netto aumento delle persone che accedono ai social media in tutte le fasce di età. Il 27% tra la Gen Z, il 30% tra i Millennials, il 29% tra la Gen X e il 15% tra i Boomer.

La spesa pubblicitaria sui social media è quindi destinata ad aumentare. Si ritiene che gli investimenti in social advertising potrebbero aumentare del 20%.

Sarà però fondamentale fare attenzione alla scelta del contenuto, capire e scegliere le parole e le immagini giuste per comunicare in questo momento di crisi. Come content creator, abbiamo la responsabilità di scegliere con consapevolezza i contenuti che pubblichiamo in questo momento. Le persone hanno bisogno del supporto dei brand che amano e i social media forniscono un ottimo veicolo per farlo.

Stiamo assistendo poi ad un enorme aumento dell’influencer marketing, con un recente studio che ha riscontrato un aumento del 76% dei Mi piace accumulati quotidianamente sui post #ad di Instagram nelle ultime due settimane. Le dirette Instagram sono all’ordine del giorno fra gli influencer che fanno compagnia agli italiani dalle loro case. Chiara Ferragni e Fedez sono un chiaro esempio di come gli influencer possano avere un ruolo da protagonisti positivi: la loro iniziativa di solidarietà, sfonda i 3 milioni di euro in meno di 48 ore.

Nulla sarà più come prima? Probabilmente sì, cambierà anche il mondo del marketing. Solo chi avrà la capacità di cambiare velocemente le sue strategie, dotandosi di strumenti e competenze adeguate, potrà evitare la crisi o almeno superarla indenne.

email marketing coronavirus

Post-covid: l’emergenza cambierà per sempre le nostre abitudini di consumo e di lavoro

  • Nel post-covid ci sarà un sistema che cambierà per non morire, così come questa emergenza ha generato milioni di lavori flessibili.
  • Alla contrazione della domanda di servizi si contrapporrà, con lo stabilizzarsi della crisi e il graduale ritorno alla normalità, l’emergere di nuovi bisogni generati dalla trasformazione delle nostre abitudini.

 

“Come si cambia per non morire, come si cambia per ricominciare” sono le parole che ruberei a Fiorella Mannoia per descrivere il presente che si trasforma. Non solo nella testa o nel cuore. C’è un sistema che cambierà per non morire, dalla necessità all’abitudine. Così come questa emergenza Covid ha generato, sta generando e genererà milioni di lavori flessibili.

Oggi 9 su 10 freelancer su un campione esteso intervistato dalla piattaforma di business data Statista, dichiara aspettative crescenti di riduzione delle attività.

freelance lavoro post-covid
Una contrazione della domanda di servizi a cui si contrapporrà nel post-covid, con lo stabilizzarsi della crisi e il graduale ritorno alla normalità, l’emergere di nuovi bisogni generati dalla trasformazione delle nostre abitudini.

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Come è cambiato il nostro quotidiano (e cosa ci porteremo nel post-covid)

È bastato questo periodo di vacanze pasquali per i nostri ragazzi a farci scoprire quanto sia difficile lo smart working con un figlio completamente libero dalle call di Zoom della scuola e farci rimpiangere la colf appena licenziata e le babysitter last minute che popolano le rubriche telefoniche di tutte le mamme.

Due giorni fa un caro amico mi ha chiesto come sopperire ai mancati ricavi della sua attività ora che i clienti non entrano più in negozio per provare la vista e comprare un paio di occhiali. Nella stessa giornata, in una chat di scuola, alcuni genitori si lamentavano perché temono che il figlio ricomincerà a prendere brutti voti, non potendo più frequentare le ripetizioni . E per finire immagino, dal taglio improbabile di capelli che ho inflitto a me stesso e ho visto nelle video call di questi giorni, come sia in difficoltà il gentil sesso che non può accedere al proprio parrucchiere per un taglio e una piega.

In questi giorni ho provato ad aiutare queste persone e son partito da tre considerazioni prima di dar loro un consiglio.

emergenza covid

Prima considerazione

Le abitudini in questo momento sono alterate dallo stravolgimento di un’emergenza planetaria che ha imposto un regime di quarantena. Aziende e lavoratori non erano preparati e devono da oggi prendere in seria considerazione di sviluppare un “gruppo di continuità” a protezione della capacità di sostentamento in casi di emergenza (al di là di ammortizzatori sociali).

Al mio amico ottico, che aveva un cospicuo seguito nei social ho consigliato di dare un occhiata ad uno dei tanti sistemi di dropshipping che mettono a disposizione i prodotti più disparati da vendere alla propria community senza possedere in magazzino le merci. Magari dando un occhio ai prodotti da mettere in vetrina del suo eCommerce in questo periodo prima di aprirlo. E quando riaprirà la sua ottica, perché non continuare a vendere anche la nuova linea di prodotti scelti in queste settimane!

Non sarà diverso per chi vende servizi, per loro i portali non mancano, nati da tempo grazie al fenomeno noto come Nomadismo digitale ed ora meta di iscrizione anche da parte di freelancer rimasti a bocca asciutta.

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Seconda Considerazione

Quando la marea si ritrarrà rimarranno sulla spiaggia abitudini, bisogni e professioni nuove con una trasformazione dei vecchi modelli che mixeranno le soluzioni tampone adottate in tempo di Covid a quelle più tradizionali a cui la natura umana è più propensa.

In ogni caso se saremo costretti, o sceglieremo di lavorare in regime di smart working da casa, con figli piccoli da gestire, sarà utile sapere che ora le babysitter operano pure a distanza ed organizzano challenge digitali per i più piccoli. O se un figlio doveva scegliere tra gli allenamenti o le ripetizioni di matematica perché i trasferimenti dal docente al campo da gioco non consentivano di incastrare i due appuntamenti nello stesso pomeriggio, non è più necessario. Stanno letteralmente decollando i docenti a distanza, sono più di 23.000 e funzionano alla grande stando ai commenti degli utenti.

post covid emergenza

Terza considerazione

Da ultimo, se non si può velocemente passare a vendere on-line per qualsiasi motivo, forse si riesce almeno a prendersi cura dei clienti distribuendo forme di customer loyalty o coupon che accelerino il graduale ritorno alla normalità senza lasciare sul terreno i vecchi clienti attratti, sotto quarantena, dal vicino di saracinesca.

Sicuramente al fianco di forme di aggregazione che spingono frotte di signore a ritrovarsi in un salone di bellezza si svilupperà<strong> il servizio a domicilio. Sarà il lascito di questa pandemia, un’abitudine con cui le persone stanno prendendo confidenza con le provviste alimentari del bottegaio di fiducia. Fioriranno quindi portali come quello a cui ho consigliato la mia enoteca di fiducia di iscriversi.

Mentre ad un ristoratore dei vicoli di Genova ho fatto scoprire promettoditornare.it, il portale che aiuta i locali – settore particolarmente colpito da questa serrata – consentendogli di vendere dei coupon da riscattare appena la reclusione finirà. Un modo intelligente per ripartire e per chiamare a raccolta i tuoi clienti più cari.

Sempre che non possa accedere alle cucine del suo locale per cui il neonato RistoaCasa è portale ottimo e gratuito, al di fuori del circuito dei blasonati delivery, per servire piatti a domicilio.

Come sarà il post-Covid?

Nessuno può dirlo ma di una cosa sono certo, nel post-covid il livello di alfabetizzazione digitale del Paese sarà migliorato di molto aprendo le porte all’intraprendenza di molte professionalità che hanno scoperto nuovi lavori e un nuovo modo di vivere lavorando.

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Come reinventare una strategia di Content Marketing durante la quarantena

  • Secondo un recente studio di OCM e NetLine, solo il 12% dei marketer è soddisfatto della propria strategia di comunicazione
  • La chiusura temporanea di molte attività rende il Content Marketing l’unico mezzo per mantenere un legame con il pubblico
  • Sunglass Hut, Cookist, Delish ci offrono esempi di contenuti user centered per migliorare la digital strategy

 

Ebbene sì, l’88% degli eBuyer fa acquisti sulla base di contenuti online. Eppure, poco più di un marketer su dieci ritiene che la propria strategia di Content Marketing funzioni realmente e solo due lavorano attivamente con il dipartimento vendite per implementarla.

È quanto emerge dallo studio di OCM e NetLine “Trasformare il Content Marketing”.

Content Marketing: un’occasione mancata?

Sviluppare e misurare un piano di digital marketing avendo come riferimento la domanda degli utenti significa avere la capacità influenzare le loro scelte d’acquisto attraverso dei contenuti editoriali.

Se invece, come rilevato dalla ricerca, il processo di Content Marketing non tiene conto degli interessi del pubblico, ecco che siamo di fronte a una colossale occasione mancata.

L’occasione di farsi conoscere e riconoscere come azienda.

L’occasione di generare engagement ed entrare in sintonia con i bisogni e le abitudini delle persone, quella di acquisire credibilità e guidare le scelte d’acquisto del pubblico.

Una grande occasione mancata, ma anche una sfida che rimane ancora aperta per i professionisti del marketing.

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Il Content Marketing ai tempi del COVID-19

Il COVID-19 ha trasformato radicalmente il modo in cui i brand comunicano e agiscono sul mercato, evidenziando la loro resilienza e la capacità di prendere decisioni d’impatto in maniera rapida.

Come è ovvio, le aziende stanno dando la priorità alla salute dei loro dipendenti e clienti. Per questo, molte attività sono temporaneamente sospese, così come le fiere e gli eventi di settore annullati.

Mai come ora, il Content Marketing rimane un asset fondamentale per connettersi con le persone e manifestare la propria vicinanza in un momento così critico.

Così, i marketer hanno l’opportunità/dovere di sviluppare un piano editoriale che sia davvero incentrato sui bisogni del pubblico.

Come fare? Niente di meglio che seguire le brillanti iniziative di alcuni brand.

Scopriamole insieme.

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Sunglass Hut: #TheSunWithin

“Quando il cielo è pieno di nuvole, guardati dentro, è lì il sole più splendente”. Con la campagna #TheSunWithin, Sunglass Hut invita i propri follower a condividere piccoli momenti di quotidianità.

L’intero piano editoriale del brand costruisce una narrazione all’insegna dell’ironia e della leggerezza: è un richiamo a stare uniti, ad affrontare i momenti difficili con positività e a prendersi cura di se stessi, ritagliandosi piccole oasi di felicità.

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Seppur non incentrato sul core business di Sunglass Hut – e forse proprio per questo- #TheSunWithin funziona perché è costruito intorno alle necessità di “evasione” degli utenti e riesce a trasmettere la vicinanza del brand in un presente incerto.

Cookist: #iorestoincucina

Mai come in questo periodo di isolamento forzato, abbiamo liberato la nostra fantasia in cucina e ci siamo ritrovati, mani in pasta, a creare le ricette più sfiziose o a riscoprire il piacere delle tradizioni di una volta, come il pane o la pizza fatti in casa.

Al nostro viaggio alla ricerca del “nuovo gusto di stare in casa”, Cookist dedica un’intera sezione del suo sito: #iorestoincucina.

content marketing cookist

Si tratta di uno spazio riservato alle notizie, ai racconti e agli approfondimenti sull’emergenza.

Ma anche di una finestra sulla condizione di isolamento che stiamo vivendo, con tutorial, idee e iniziative per sfruttare al meglio questo periodo.

Imparando, ad esempio, a cucinare tutte quelle ricette che avremmo sempre voluto sperimentare e a cui non ci siamo mai potuti dedicare.

Delish: come organizzare un virtual party

Il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle squisitezze delle portate, ma dalla compagnia degli amici.

Tuttavia, le recenti direttive per praticare il distanziamento sociale hanno reso questo piacere un po’ più difficile da raggiungere, ma non impossibile.

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Delish ha infatti creato una guida completa per organizzare e condividere cene, happy hour e feste di compleanno utilizzando il WiFi come “un nuovo grande tavolo”.

Sono i Virtual Dinner Party, luoghi virtuali per divertirsi “separatamente ma insieme”.

Dai consigli sulle piattaforme di video calling, a quelli sulle decorazioni per creare la giusta atmosfera, fino alle ricette e alle attività per intrattenersi a distanza con gli amici, Delish offre agli utenti tutti i dettagli su come organizzare un perfetto party virtuale.

streaming online - netflix torna a crescere

Gen Z e streaming online durante la quarantena: quali sono i contenuti più visualizzati

  • Per i brand è necessario capire le differenze tra la Gen Z e le precedenti per sviluppare campagne video che soddisfino il loro desiderio di autenticità
  • La Gen Z e i millennial si distinguono profondamente per quanto riguarda le abitudini di consumo dello streaming online

 

La pandemia causata dal COVID-19 ha bloccato gran parte del mondo e con essa è cambiato anche il concetto di intrattenimento: stiamo attraversando infatti un momento storico in cui il consumo di contenuti online ha raggiunto un livello mai sperimentato nella storia dello streaming

Su questo tema si articola una ricerca del Global Web Index, condotta alla fine del mese di marzo su 13 Paesi diversi, dove i consumatori hanno citato le tre attività principali che dominano durante il loro stato di quarantena, ovvero:

  • guardare il telegiornale e informarsi online (il 67%)
  • socializzare con la propria famiglia (il 53%)
  • utilizzare servizi e piattaforme di Streaming online (il 51%)

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Ovviamente le risposte cambiano a seconda delle fasce di età intervistate. In particolare,  Generazione Z e millennial dedicano più tempo alla creazione di contenuti video su piattaforme come YouTube e TikTok, con rispetto alla Generazione X e ai Baby Boomers.

Le fasce di età più “anziane”, infatti, preferiscono leggere le ultime notizie, chiacchierare al telefono con i propri famigliari e amici, oppure sperimentare nuove ricette in cucina.

In generale il lockdown obbligato ha portato la maggior parte delle persone a trascorrere più tempo su diversi dispositivi multimediali di casa, soprattutto sullo smartphone, come dichiarato da 8 su 10 intervistati.

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Ma quali sono i contenuti più visualizzati in streaming dalla Generazione Z?

In questo articolo vogliamo concentrarci principalmente sulla fruizione dei contenuti di streaming online da parte della Generazione Z, ovvero quella fetta di popolazione nata a partire dal 1997.

La prima cosa che dobbiamo evidenziare è che Gen Z e millennial si distinguono profondamente per quanto riguarda le abitudini di consumo dello streaming online: piattaforme come Netflix, HBO, Amazon Prime Video e la nuova arrivata Disney+, infatti, sembrano essere quasi prerogativa dei millennial.

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Questa differenza probabilmente è dovuta alla maggiore possibilità da parte dei millennial di pagare l’abbonamento a più servizi contemporaneamente, con un 64% di streamer nella fascia 25-37 anni che pagano per due o quattro piattaforme di streaming online.

La piattaforma preferita per lo streaming della GenZ è YouTube

YouTube è nato nel 2005 ed è cresciuto insieme a questa generazione, per questo la maggior parte degli adolescenti rimane fedele alla piattaforma.

Secondo un articolo pubblicato da Think with Google, infatti, l’85% degli utenti che rientra nella Generazione Z conferma di utilizzarla.

Inoltre bisogna considerare l’ascesa dei “vlogger”, una categoria specifica di webstar che continua ad aumentare la propria popolarità, soprattutto in un momento nel quale tutti sono chiusi in casa e hanno più tempo per produrre contenuti video per il proprio canale.

Basta pensare che, secondo uno studio americano pubblicato lo scorso anno da The Harris Poll in collaborazione con LEGO, risulta che il 29% dei 3.000 bambini intervistati preferiscano diventare una star di YouTube piuttosto che un astronauta (11%).

Vi sembra una cosa triste?

C’è da dire che non è solo l’intrattenimento a rendere YouTube un successo per la Generazione Z, in quanto l’80% degli adolescenti afferma di aver imparato cose nuove grazie ai video di YouTube, mentre il 68% ringrazia la piattaforma per averli aiutati a migliorare o acquisire nuove competenze che potranno essere utili in futuro.

La maggior parte degli studenti, ormai, preferisce cercare informazioni attraverso i video di YouTube rispetto all’utilizzo dei libri di testo, soprattutto per quanto riguarda progetti fai-da-te e prove tecniche pratiche.

La sezione Discover di Snapchat è in continua crescita

Un’altra piattaforma di particolare tendenza tra gli adolescenti, soprattutto americani, è Snapchat, con la sua sezione Discover.

Verso la fine del 2019 infatti, proprio Snapchat ha riferito che il tempo giornaliero trascorso dalla GenZ a guardare i contenuti Discover è aumentato del 40% in un anno, e questa crescita sembra continuare anche nel 2020.

Il successo dei video Discover del fantasmino giallo risiede nelle sue caratteristiche, che seguono il cambiamento significativo delle abitudini di fruizione dei contenuti online.

Si tratta infatti di video in verticale, full-screen, con una durata media di circa 5 minuti: perfetti per adolescenti annoiati, sempre in cerca di qualcosa di nuovo e originale, che riesca a catturare la loro attenzione per pochi minuti.

Impossibile parlare di Gen Z senza citare TikTok

Il fenomeno TikTok è esploso nell’estate 2019, diventando l’app più scaricata nel mondo dopo Facebook in quel periodo, e la maggior parte del suo pubblico rientra nella fascia di età della Generazione Z.

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streaming online

I contenuti di questa piattaforma sono molto più brevi rispetto a quelli di YouTube o di Snapchat, con un limite di 15 secondi per clip, per questo un alto livello di creatività è fondamentale per decretarne il successo.

Ormai gli Influencer che presiedono l’applicazione, i cosiddetti TikToker, sono famosi quasi quanto gli Instagramer e i marketer fanno a gara per collaborare con loro, tanto che è proprio la stessa società ad aver creato un Creator Marketplace: un vero e proprio catalogo dei propri Influencer che i Brand possono cercare e contattare in base alle proprie esigenze.

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La chiave per raggiungere la Generazione Z è il contenuto video

Siamo tutti d’accordo che il contenuto chiave per riuscire a comunicare in modo efficace con la Gen Z è solo uno: il video. Lo conferma anche Forbes, che in un articolo aggiunge che per funzionare deve essere “pertinente, significativo e autentico”.

Gli adolescenti sembrano essere sempre più consapevoli delle strategie di marketing che i brand usano per provare convertirli in consumatori, per questo è necessario che i marketer capiscano le differenze tra la Gen Z e le precedenti per sviluppare campagne video che soddisfino, appunto, questo desiderio di autenticità.

La Generazione Z è formata da adolescenti alla ricerca di nuovi modi per sfuggire dallo stress della vita quotidiana e prepararsi per il futuro: i brand che vogliono entrare in contatto con questa generazione dovrebbero sfruttare questo scenario, aiutandoli a raggiungere i loro obiettivi con contenuti originali e reali.

linkedin algoritmo

Come ottimizzare il tuo profilo LinkedIn (ed essere premiato dall’algoritmo)

  • La piattaforma di LinkedIn è nata esattamente con lo scopo che ha oggi, ossia costituire un luogo d’incontro virtuale per professionisti
  • Sono 663,3 milioni le persone che possono esser raggiunte con l’advertising su LinkedIn, circa il 12% della popolazione mondiale
  • Oggi gli sviluppatori stanno lavorano per implementare numerose funzionalità che aumentino il grado di engagement nelle conversazioni

 

Quando si parla di social media la mente va immediatamente a Facebook, Instagram o – al più – a TikTok, trascurando erroneamente LinkedIn. Si tratta di un social network a tutti gli effetti, anzi è il social network nato per creare connessioni lavorative e nuove interazioni di business. Ecco perché è fondamentale non solo avere un profilo LinkedIn, ma curare le connessioni che si instaurano e lavorare affinché l’algoritmo ci premi.

Vediamo in questa guida non solo perché ottimizzare il proprio profilo su LinkedIn, ma anche e soprattutto come farlo sia che nel caso tu svolga sia un’attività di libero professionista, sia di dipendente all’interno di un’azienda.

linkedin numeri

I numeri di LinkedIn

LinkedIn non è uno dei satelliti della mente del fondatore di Facebook, ma è il prodotto del lavoro di Reid Hoffman, lo studioso laureato in Scienze cognitive nel 1990 all’Università di Stratford, specializzato in Filosofia ad Oxford e con una carriera nell’informatica, che dopo alterne vicende lavorative nel 2002 diede vita insieme a tre colleghi ad un social network nuovo.

La piattaforma di LinkedIn è nata esattamente con lo scopo che ha oggi, ossia costituire un luogo d’incontro virtuale per professionisti che qui potessero scambiarsi idee e pareri su argomenti di attualità e novità nella propria area di business.

Da allora LinkedIn ne ha fatta di strada, non solo per il numero di utenti iscritti, ma come strumento di marketing nel quale si è trasformato nel tempo: basti pensare che sono 663,3 milioni le persone che possono esser raggiunte con l’advertising su LinkedIn, circa il 12% della popolazione mondiale.

Su scala globale l’Italia è solamente al nono posto tra i paesi che utilizzano questo social network, seguita da Messico, Spagna, Australia e Germania; al primo posto gli immancabili Stati Uniti, seguiti da India e Cina.

Insomma, sembra proprio che il colosso acquisito da Microsoft sia diventato il più grande database di professionisti al mondo: sarà forse per questo che gli esperti stanno lavorano per implementare numerose funzionalità che aumentino il grado di engagement nelle conversazioni. In fondo, il rilascio della possibilità di eseguire dei video in diretta conferma quanto LinkedIn sia sulla cresta dell’onda e, anzi, stia lavorando alacremente per trasformare in maniera profonda il proprio algoritmo, in meglio.

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linkedin

Come i liberi professionisti possono usare LinkedIn

Se avere una pagina LinkedIn è fondamentale per le aziende, lo è altrettanto per i liberi professioni o chi ambisce ad esserlo. Anche per te ho alcuni preziosi suggerimenti:

  • il tuo profilo non è un curriculum online. Non confondere il tuo cv con il tuo profilo LinkedIn. Sebbene sia fondamentale inserire correttamente tutte le tue esperienze professionali e abilità, ricordati che la vera differenza viene fatta dalle interazioni e dalla rete di contatti che saprai creati. Emergere può essere difficile, ma con costanza otterrai risultati quasi insperati.
  • Conosci il tuo target. Come avviene in qualsiasi attività online, è fondamentale comprendere a chi ti rivolgi. Domandati quindi: qual è la persona che vorrei trovasse interessante il mio profilo? Quali sono le competenze che è importante inserisca e quali posso invece tralasciare perché non sono al 100% coerenti con le mie ambizioni?
  • Gli head hunter guarderanno il tuo profilo. Come vedremo nei paragrafi seguenti, LinkedIn è uno strumento fondamentale per le aziende che ricercano nuove figure da inserire all’interno del proprio team. Assicurati quindi che il tuo profilo sia aggiornato e con tutte le informazioni che occorrono.

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linkedin consigli

Come le aziende possono utilizzare LinkedIn

Troppo spesso mi trovo a lavorare con aziende che hanno un potenziale inespresso che non traspare minimamente, non solo dal proprio sito ma anche e soprattutto dal profilo LinekdIn aziendale.

Cominciamo quindi con alcuni punti fermi che devono essere tenuti ben presenti quando si parla di LinkedIn per le aziende: la pagina del tuo brand non può essere quella del suo fondatore. Per quanto la strategia di personal branding del CEO, del direttore marketing o qualsiasi altra figura designata debba rispecchiare i valori dell’azienda è fondamentale che questa possa vivere di vita propria su questo social.

Ecco quindi qualche suggerimento preliminare che ti aiuterà a mettere a fuoco come e soprattutto perché la tua azienda deve avere una pagina aziendale:

  • è uno strumento di marketing. Curare la pagina della propria azienda è come assicurarsi che il proprio sito internet funzioni, cioè è semplicemente indispensabile! Infatti, al pari della pagina web, è un importante biglietto da visita a livello commerciale e d’immagine per tutto il team che vi lavora. Inoltre, avevi mai sentito parlare di LinkedIn Advertising? Ne parleremo più avanti.
  • Selezionare le risorse utili per ampliare il tuo team. LinkedIn è come se fosse una piazza in cui ciascuno mostra le proprie caratteristiche, evidenziando pregi e soprattutto aspettative lavorative. Ecco quindi che la tua pagina aziendale è uno strumento da una parte per attirare candidati qualificati e in target con le tue aspettative; dall’altra per procedere concretamente nell’iter selettivo, attraverso il tuo referente risorse umane.
  • Creare una community. Se il target della tua azienda è Business To Business e il tuo interlocutore è – ad esempio – un direttore di banca o un dirigente, allora riuscire a creare un collegamento con lui e proporgli contenuti interessanti e pertinenti potrebbe aiutarti nel processo di acquisizione di nuovi clienti con cui difficilmente potresti entrare in contatto. Ovviamente non sto dicendo che basta collegarsi con un dirigente perché questo ti offra una collaborazione, ma sicuramente mostrare le proprie abilità e progressi può essere un interessante calamita da utilizzare.

LinkedIn

Come ottimizzare il tuo profilo personale

Per procedere con l’ottimizzazione del tuo profilo personale, ti suggerisco di accedervi direttamente al desktop, in quanto alcune modifiche non possono essere apportate attraverso l’applicazione per smartphone. Prima di passare ad alcuni suggerimenti tecnici, vorrei darti un consiglio: durante la fase di registrazione utilizza la tua email personale e non quella aziendale.

La vita è imprevedibile e non puoi sapere per quanto tempo potrai disporre di quell’indirizzo email: magari, quando cambierai posizione lavorativa, potresti perdere il tuo precedente indirizzo e – insieme ad esso – la possibilità di accedere ed entrare in contatto con la tua community. Mi raccomando, usa sempre la mail personale: un indirizzo Gmail andrà benissimo.

Una volta che hai acceduto al tuo profilo, puoi procedere con l’ottimizzazione di:

  • Foto – è letteralmente la prima cosa che i tuoi potenziali collegamenti vedono. Per questo ti suggerisco di caricare un’immagine in cui il tuo volto si vede in maniera nitida e sei ritratto all’interno di un contesto professionale. Meglio evitare i selfie o immagini al mare, a meno che tu non sia un bagnino o tu abbia un’attività in una località balneare. Ricordati, se possibile, di farti ritrarre mentre sorridi: questo ti aiuterà a fare un’ottima prima impressione su LinkedIn. Per quanto riguarda le dimensioni della foto, puoi mantenerti su 400×400 PX.
  • Immagine di copertina – è vero che questa sezione parla di come ottimizzare i profili personali, ma ricorda che su LinkedIn tu rappresenti soprattutto il tuo lavoro. Ecco quindi che puoi lasciare spazio nell’immagine di copertina per il logo della tua azienda, immagini del team o lo slogan del tuo brand. L’immagine di copertina risulta essere uno spazio prezioso soprattutto per coloro che svolgono un ruolo di prestigio all’interno della propria azienda o in un determinato settore. Per quanto riguarda le dimensioni della copertina: 1584×396 PX.
  • Headline – in questa posizione di testo puoi inserire il ruolo che svolgi all’interno di un’azienda o quello che fai attraverso la tua professione. Ricordati di non eccedere con i dettagli, in quanto non è questa la sezione del tuo profilo in cui potrai inserire la tua intera biografia. Ancora una volta ricorda che il tuo profilo LinkedIn non è il tuo curriculum.
  • Localizzazione – non dimenticare di inserire le informazioni relative al luogo in cui svolgi principalmente la tua attività. Il posizionamento local è un fattore importantissimo non solo su Google, ma anche su LinkedIn.
  • About – ti suggerisco di inserire una descrizione breve di quello di cui ti occupi e di quelle che sono le tue aspirazioni future, soprattutto se sei uno studente che cerca di attirare l’attenzione di un determinato tipo di aziende.
  • Esperienze lavorative – è una delle parti più importanti di tutto il tuo profilo perché è qui e nella sezione che segue che gli head hunter, competitor e potenziali datori di lavoro potrebbero soffermarsi maggiormente. Non inventare esperienze che non hai avuto, evita di inserire quelle che non sono coerenti con il tuo percorso di studi o le tue ambizioni. Mai come in questo caso è importante ricordare che “less in more”.
  • Competenze (skill) – qui puoi inserire le competenze tecniche e relazionali che credi di avere innate o che hai avuto l’occasione di sviluppare durante il tuo percorso di studi e di lavoro. Anche in questo caso, tieni ben a mente il criterio della coerenza rispetto al resto delle informazioni che hai inserito nel resto del tuo profilo. Inoltre, non dimenticare che non è importante tanto (o solo) inserire un gran numero di competenze, ma ricevere le conferme da parte di conoscenti e collaboratori. Per confermare una competenza un utente che visita il tuo profilo può eseguire facilmente questa procedura.

Come ottimizzare la tua pagina corporate

Come detto prima, la tua pagina corporate è la vetrina con cui potenziali clienti entrano in contatto con il tuo brand. È quindi molto importante non solo inserire tutte le informazioni, ma che queste siano corrette, aggiornate e nel formato più adatto. Vediamo insieme i dettagli:

  1. Logo – suggerisco sempre di inserire come “Page logo” quello che è effettivamente il tuo logo. Caricalo nelle dimensioni consentite da questo social media, altrimenti potrebbe essere troppo piccolo o sgranare: nel primo caso hai la possibilità di fare uno zoom, ma è comunque preferibile realizzarne uno ad hoc della dimensione più adeguata.
  2. Immagine di copertina – come accade per Facebook, anche LinkedIn mette a disposizione la possibilità di inserire una immagine di copertina. Ogni azienda riempie questo spazio in maniera soggettiva, ma le scelte più frequenti riguardano l’uso di uno slogan, l’immagine del team o degli edifici in cui svolgono le giornate lavorative. Ricorda che puoi accedere a questa funzione solo nella modalità desktop e non attraverso l’applicazione per smartphone.
  3. Nome – nell’apposita sezione di editing inserisci il nome della tua società e – se hai spazio – anche il tuo payoff che potrebbe permetterti di differenziarti da omonimi o potenziali competitor. Usa un segno divisorio tra il nome del brand e il payoff ricordando che quest’ultimo deve essere parlante ossia descrivere in maniera precisa, puntuale ed esaustiva quello di cui ti occupi.
  4. Tagline – qui hai a disposizione 120 caratteri che compariranno esattamente sotto al nome del tuo brand e al logo. Sfrutta al meglio questo spazio perché è il primo vero contatto con i tuoi clienti: ti suggerisco di inserire il settore al quale appartieni e quello che fai. Non ti dilungare sui servizi (per quello c’è il sito), ma cerca di esprimere quello che ti rende unico sul mercato. Evita le iperboli e frasi scontate come “leader di mercato/di settore”, “massimi esperti di …”.

Oltre a questa prima parte di ottimizzazione pratica, è fondamentale avere un piano editoriale che ti guidi nella condivisione di contenuti rilevanti per il tuo target. Semaforo verde quindi per tutti gli articoli che parlano dell’azienda, interviste ai membri del tuo team o contenuti prodotti direttamente dal gruppo di lavoro (magari su un blog aziendale). Suggerisco lanci brevi e con lo short link alla pagina di riferimento: questo ti aiuterà a tracciare in maniera precisa l’efficienza del tuo pubblico.

Attenzione inoltre ai collegamenti che autorizzi: la tua pagina aziendale non deve essere collegata con i tuoi parenti, a meno che non siano personaggi rilevanti nel tuo settore o appartengano all’azienda stessa. Invia e accetta unicamente collegamenti di valore per il tuo business e quindi coerenti con la tua attività e i servizi sui quali stai puntando.

Uno degli aspetti ai quali porre maggiore attenzione, è relativo ai dipendenti o ai collaboratori che hanno inserito il proprio ruolo all’interno dell’azienda nel proprio profilo: quest’informazione compare automaticamente anche sulla tua pagina aziendale.

È fondamentale porre attenzione ai profili che dichiarano avere un ruolo all’interno della tua azienda in quanto accade spesso che, a seguito di un cambiamento di posizione o d’azienda, l’utente dimentichi di aggiornare la propria posizione lavorativa su LinkedIn. In questo caso è opportuno contattarlo personalmente o tramite email, chiedendo di modificare questa voce del proprio profilo.

linkedin

Come creare engagement sulla tua pagina professionale

Il verso segreto per il successo su LinkedIn – come su tutte le altre piattaforme social – è condividere le proprie esperienze, realizzando contenuti pertinenti e interessanti per il proprio pubblico. Ma creare post interessanti non è abbastanza, soprattutto se la tua pagina aziendale è all’inizio del proprio percorso di crescita: ecco quindi che è fondamentale ottimizzare tutte le risorse che si hanno a propria disposizione, ossia collaboratori, dipendenti e figure chiave all’interno del proprio team.

Sono proprio loro gli ambassador dei valori, della filosofia e dei risultati che vengono ottenuti dall’azienda. Sebbene ciascun imprenditore non possa obbligare queste figure a “consigliare” o condividere i post della pagina aziendale, tuttavia può fare di tutto per creare engagement e coinvolgerli nelle varie iniziative promozionali. Del resto, i brand che hanno dimostrato di ottenere maggiore successo sono proprio quelli che hanno mostrato il proprio lato umano sui social.

Torniamo, circolarmente, ad un concetto importantissimo per LinkedIn ossia la pianificazione strategica della condivisione dei contenuti secondo il piano editoriale. Per far sì che ogni membro del tuo team si senta parte integrante della grande famiglia che è la tua azienda, perché non coinvolgerli direttamente rendendoli protagonisti di un post? Potresti realizzare dei contenuti in cui li presenti, magari in maniera spiritosa attraverso una frase che li contraddistingue o un aspetto peculiare del loro carattere.

Inoltre, la fase di stesura del piano editoriale (o almeno quella di brainstorming che la precede) può trasformarsi in un’ottima occasione di team building in cui ciascun partecipante può esprimere la propria opinione liberamente su come vive e percepisce il brand, arricchendo la comunicazione di nuovi spunti.

Infine, sia che la tua azienda sia una startup sia che sia una PMI, ricordati che l’imprenditore svolge un ruolo fondamentale nella comunicazione dei progressi e dei risultati raggiunti: il primo commento ad ogni post deve essere il suo, incoraggiando e spronando il lavoro che è stato svolto dal gruppo (mai dal singolo!).

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L’importanza di monitorare i propri risultati

È risaputo come la condivisione di contenuti su LinkedIn condivisi durante le prime ore del mattino sortiscano un effetto migliore rispetto a quelli pubblicati durante il resto della giornata: questo avviene a causa delle abitudini degli utenti che, almeno una volta al giorno, preferibilmente la mattina appunto, accedono alla propria homepage.

Tuttavia, ti invito a non farti trarre in inganno e a monitorare personalmente il comportamento dei tuoi follower giorno per giorno: per farlo LinkedIn mette a disposizione delle pagine una piattaforma di Analytics dalla quale puoi estrapolare tutti i dati che ti occorrono.

Per accedervi è sufficiente cliccare sulla pagina di cui vuoi effettuare l’analisi e – all’interno della tab Analisi, seleziona la voce relativa a Visitatori, Aggiornamenti e Follower. L’usabilità di questa funzione analitica è versatile e permette di legge e confrontare le informazioni in maniera rapida e veloce.

Ricorda che la piattaforma di Analytics proposta da LinkedIn non deve essere confusa con quella di Google Analytics.

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LinkedIn Advertising

Come qualsiasi altra attività di marketing a pagamento, anche quella di LinkedIn Advertising presuppone un’attenta pianificazione delle azioni da svolgere in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Senza voler entrare nel merito specifico di come strutturare una strategia di LinkedIn Advertising – che, comunque, deve essere personalizzata sugli obiettivi di marketing di ogni brand – è opportuno sfatare alcuni miti su questo argomento: infatti, una volta liberato da queste false credenze potrai affrontare LinkedIn Advertising con maggiore consapevolezza e flessibilità.

Vediamo alcuni di questi:

  1. LinkedIn non è una piattaforma per Advertising. Falso! La piattaforma e soprattutto l’algoritmo sono cambiati molto negli ultimi anni, muovendosi nella direzione di ottimizzare l’interfaccia per le promozioni a pagamento. Oggi LinkedIn offre ai propri utenti la possibilità di promuovere il proprio profilo o la propria azienda attraverso una serie variegata di strumenti (che vedremo a breve);
  2. Fare sponsorizzazioni su LinkedIn è costoso. Falso, di nuovo! In senso assoluto è sbagliato definire come costoso o economico una campagna di advertising online in quanto il vero parametro da prendere in considerazione è la qualità dei lead che viene portata in relazione al proprio settore. È vero, l’investimento iniziale su LinkedIn è maggiore e il CPM e il CPC è in base molto più elevato rispetto a Facebook, ma la qualità del ROI è impagabile: provare per credere.
  3. Non funziona. Sbagliato! Pensa che uno degli elementi delle sponsorizzate su LinkedIn è proprio nella gran quantità di dati che gli utenti sono interessati ad inserire all’interno del proprio profilo. Queste informazioni sono materiale prezioso quando vengono impostate delle campagne a pagamento perché consentono di profilare e raggiungere in maniera precisa, dettagliata e puntuale il proprio target.

Una volta assimilate le potenzialità dello strumento, è opportuno ricordare che la piattaforma di LinkedIn ti mette a disposizione differenti soluzioni per fare pubblicità.

  • Ads Testuali: è la soluzione ideale per campagne CPC e CPM; questo tipo di alternativa fa’ sì che il tuo annuncio compaia nella Homepage di LinkedIn, nei risultati di ricerca dei profili e nelle Pagine;
  • Post sponsorizzati: come accade per altre piattaforme Social Media, anche LinkedIn offre la possibilità di sponsorizzare determinati contenuti – posto, foto o immagini – amplificandone l’audience e ampliando il numero di persone che possono essere interessate ai tuoi contenuti.
  • Sponsorizzazione tramite e-mail: si tratta di una soluzione analoga a quella dell’email marketing, con la differenza che si tratta di un sistema interno a LinkedIn stesso. Utilizzando questo strumento di promozione a pagamento è possibile inviare messaggi personalizzati nella posta di LinkedIn ad utenti potenzialmente interessati al proprio servizio. In questo modo non solo si è certi della ricezione dell’input pubblicitario, ma si ha la possibilità di aprire una conversione con il proprio utente in target.

Alla fine di questa lunga rassegna sugli strumenti su LinkedIn e delle numerose opportunità che offre per creare relazioni, mi permetto di concludere con una parentesi sociologica: preoccupatevi delle relazioni umane fisiche reali che stringete durante i corsi di formazione, in azienda o in pausa pranzo e, dopo aver avuto un primo contatto, richiedete il collegamento su LinkedIn, non viceversa!

email marketing coronavirus

Come fare Email Marketing nelle settimane dell’emergenza

L’emergenza COVID-19 ci ha ricordato quanto sia importante mantenere le relazioni con il proprio pubblico. È in momenti come questi che i brand si accorgono di voler comunicare con tutti i loro destinatari e questo li porta a includere anche quella porzione di contatti solitamente esclusa dagli invii.

La segmentazione, il monitoraggio, l’attività di testing, l’equilibrata distribuzione degli invii nel tempo per evitare di generare picchi di volumi rischiano presto essere abbandonate. Ma sarebbe un errore.

Un’attività di invio massivo, infatti, ha ripercussioni in termini di deliverability. Gli algoritmi dei sistemi di spam filtering dei provider non sono dotati di empatia, purtroppo, e potrebbero penalizzarci.

email marketing coronavirus

Le best practice da non dimenticare

In un recente articolo di Gartner si raccomanda, prima di inviare le proprie comunicazioni, di valutare alcuni aspetti, ponendosi una serie di quesiti:

  • Stai per comunicare qualcosa di diverso rispetto a quanto stanno facendo gli altri brand?
  • Il contenuto delle email diverge da ciò che i destinatari sono abituati a ricevere?
  • I destinatari riescono a comprendere dall’oggetto e dalle prime righe dell’email l’informazione chiave della comunicazione?
  • Le informazioni chiave dell’email sono legate alle esigenze dei destinatari in questo specifico momento?

Su quest’ultimo punto viene posta particolare attenzione. Data la criticità della situazione, la regola generale dovrebbe essere quella di ridurre il più possibile l’intasamento della posta elettronica e il rumore di fondo generale, così da favorire e dare maggiore visibilità ad aggiornamenti e comunicazioni realmente importanti.

Ecco quindi alcuni consigli raccolti da MailUp per continuare a fare Email Marketing in modo rilevante anche nelle settimane dell’emergenza.

email marketing coronavirus

Email per fare marketing e per comunicare

Prima di inviare le email verifica che le indicazioni di cui abbiamo parlato poco più sopra siano soddisfatte, rispondendo alla domanda “i destinatari hanno veramente bisogno di ricevere questa comunicazione?”.

Non bisogna approfittare del momento per caricare nel database una notevole quantità di nuovi contatti ai quali non si è mai spedito. Contatti molto vecchi o acquisiti con modalità non corrette possono portare a un calo di reputazione o addirittura a un blacklisting; senza contare che si potrebbe generare un picco di disiscrizioni, che andrà a pesare sul database anche a emergenza terminata.

Se vuoi vendere qualcosa o lanciare particolari promozioni in questo momento, procedi come hai sempre fatto, segmentando il pubblico in modo oculato.

Un’ultima riflessione può essere fatta sull’engagement. Le settimane che stiamo vivendo ci dicono che l’email non è solo marketing: nel momento del bisogno può essere lo strumento più efficace per comunicare.

Ma ci dice anche un’altra cosa: i risultati medi che siamo abituati a considerare come riferimenti in realtà potrebbero non esserlo in questi giorni. I tassi di apertura, i clic, ma anche il ROI (nel senso più generale del termine, ovvero il ritorno di una determinata attività) possono cambiare a seconda del contesto.

Sappiamo come le attività dei destinatari sull’email siano proporzionali alla rilevanza del contenuto veicolato e oggi i tassi di apertura potrebbero essere decisamente più alti del solito. Questo accade perché i contenuti sono molto rilevanti per i destinatari, più rilevanti rispetto ai contenuti che erano abituati a ricevere dalle stesse aziende.

email marketing coronavirus

No panic

Nonostante si possa assistere in questo periodo a un netto miglioramento dell’engagement di alcune comunicazioni rispetto alla media, è altrettanto vero che un messaggio sbagliato o una pratica sbagliata potrebbero creare problemi di branding e reputazione di invio ancora peggiori rispetto al passato.

In ogni caso il consiglio è di non farsi prendere dal panico e non considerare questo periodo come una fase in cui inviare comunicazioni anche ai contatti che non avevamo mai incluso nei nostri invii, poiché sarebbe controproducente.

Inviamo anche a loro solo se abbiamo qualcosa di fondamentale da comunicare, qualcosa di diverso dal solito. Pensiamo sempre in termini di rilevanza: anche in questo caso rimane sempre il parametro migliore per avere risposte positive da parte dei destinatari.

corporate social responsibility

Il Coronavirus sta mettendo alla prova la Corporate Social Responsibility (e il risultato è sorprendente)

  • Dalle misure rivolte ai dipendenti, alle raccolte fondi, sino alle riconversioni, la Corporate Social Responsibility si esprime in tanti modi al tempo del Coronavirus
  • Le persone credono veramente che la loro azienda abbia uno scopo e dei valori chiari quando il management sacrifica la redditività a breve termine per aderire a quei valori.

 

Sono molte le aziende che si stanno impegnando socialmente per far fronte all’emergenza COVID-19. Un senso di responsabilità che si è inizialmente espresso grazie allo smart working, come soluzione per le imprese impiegate nel settore dei servizi. Anche molte compagnie che non avevano mai previsto il lavoro da casa si sono adoperate per garantire la salute e il benessere dei propri dipendenti.

Altri hanno optato per non chiudere il luogo di lavoro, prevedendo però una quotidiana sanificazione degli impianti, una turnazione del personale per rispettare le distanze di sicurezza e l’acquisto di prodotti per la protezione individuale.

Numerosi gli aiuti economici arrivati da parte delle aziende e degli stessi imprenditori e manager, in favore di ospedali, Croce Rossa e Protezione Civile. La maggior parte di queste offerte sono state utilizzate per comprare macchinari o per riadattare le strutture all’emergenza.

Non dimentichiamo che alcune fabbriche hanno deciso di interrompere la produzione di beni non necessari per cambiare o accelerare la produzione di materiali essenziali per contrastare il virus.

E il modo in cui le grandi aziende stanno rispondendo a questa crisi è un momento determinante che sarà ricordato per decenni.

Se da anni si parla ormai di come le aziende debbano avere uno scopo sociale e rispondere a un insieme di valori, o di quanto abbiano a cuore i loro dipendenti e gli altri stakeholder, ora è il momento di portare avanti questo impegno. Le persone credono veramente che la loro azienda abbia uno scopo e dei valori chiari solo quando vedono il management prendere una decisione che sacrifica la redditività a breve termine per aderire a quei valori.

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coronavirus

Gli esempi più significativi di Corporate Social Responsibility

Moda

Gucci invita tutti i suoi follower a diventare #GucciCommunty, dando un contributo economico per combattere la situazione di crisi che stiamo affrontando, attraverso due campagne di crowdfunding.

Una dedicata al nostro paese, a sostegno della Protezione Civileper sostenere il servizio sanitario italiano e la creazione di nuovi posti letto nelle terapie intensive”. È possibile partecipare alla raccolta fondi attraverso la piattaforma di Intesa SanPaolo ForFunding o tramite la story salvata sul profilo Instagram del brand.

L’altra campagna esorta a fare una donazione al Fondo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sempre grazie alla funzione “donate” nella IG Stories del canale www.instagram.com/Gucci.

Al momento del lancio, Gucci ha devoluto 1 milione di euro in favore della campagna per l’Italia e un altro milione al COVID-19 Solidarietà Response Fund della fondazione delle Nazioni Unite. L’obiettivo finale è di arrivare a raccogliere 10 milioni per entrambi i progetti. Facebook si impegnerà a doppiare la cifra complessiva delle donazioni.

L’iniziativa fa seguito al progetto del gruppo Kering (di cui Gucci fa parte), ossia produrre oltre 1 milione di maschere e camici per il personale sanitario, in risposta all’appello della regione toscana.

Questa pandemia ci chiama a un compito inaspettato, ma è una chiamata alla quale rispondiamo con decisione, supportando il lavoro straordinario del personale sanitario, dei medici e degli infermieri che sono ogni giorno in prima linea nella lotta contro l’epidemia di Covid-19, in Italia e nel resto del mondo. Sostenendoci a vicenda saremo in grado di superare questa crisi: uniti, ancora più di prima.

Queste le parole di Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, e Marco Bizzarri, Presidente e CEO.

Bizzarri, inoltre, ha donato 100 mila euro a favore dell’azienda sanitaria di Reggio Emilia, sua città d’origine.

Giorgio Armani è stato il primo a riconoscere la gravità del problema, decidendo di sfilare a porte chiuse. In principio con aiuti in favore della Protezione Civile e degli ospedali di Milano, Roma, Bergamo, Piacenza e Versilia, per un valore complessivo di 2 milioni di euro. A partire dal 26 marzo tutti i suoi stabilimenti produttivi italiani hanno iniziato a produrre camici per il personale sanitario. È così che lo stilista piacentino decide di rimane vicino al nostro paese.

Moncler ha offerto 10 milioni per mettere in moto il progetto promosso dalla Regione Lombardia. Realizzare un polo ospedaliero con 400 posti di rianimazione nell’ex Fiera di Milano.

Milano è una città che ha regalato a tutti noi un presente straordinario. Non possiamo e non vogliamo abbandonarla. È un dovere di tutti restituire alla città ciò che fino ad ora ci ha dato.

Pronuncia con orgoglio Remo Ruffini, presidente e amministratore delegato dell’azienda tessile.

In tanti hanno elargito ingenti somme di denaro e convertito la produzione delle loro fabbriche in materiali essenziali per contrastare il virus. Dalle mascherine, ai camici, fino agli igienizzanti per le mani. Valentino, Versace, Trussardi, Dolce & Gabbana, Bulgari, Prada, Gruppo Miroglio, Geox, Calzendonia e The Ferragnez, solo per citarne alcuni.

C’è chi come Trussardi ha deciso di destinare anche il 100% dei ricavi dell’eCommerce all’acquisto di respiratori e ventilatori polmonari.

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corporate social responsibility

Auto e trasporti

FCA e Ferrari, insieme a Marelli, metteranno i loro impianti e dipendenti a disposizione di Siare Engineering International, leader nella progettazione e produzione di apparecchiature medicali a livello mondiale.

L’obiettivo è la fabbricazione di nuovi respiratori polmonari per i pazienti.

Pirelli, grazie alla collaborazione con China Construction Bank, ha deciso di donare 65 ventilatori per la terapia intensiva, 5.000 tute protettive per chi lavora negli ospedali e 20.000 mascherine alla Lombardia.

In un momento di così grande difficoltà, vogliamo stare vicini alla nostra regione e al nostro paese. Dobbiamo dunque ringraziare tutti i nostri partner che ci hanno aiutati in questa iniziativa, per supportare il sistema sanitario in modo rapido ed efficace.

Spiega Marco Tronchetti Provera, CEO della società.

Il gruppo Aponte segue le orme della Gnv Splendid, ovvero la “nave ospedale” ferma a Genova, offrendo la disponibilità di stazionare al porto di Palermo una nave MSC. Un piano B per la quarantena di coloro che risultano positivi al tampone o per i casi confermati di COVID-19.

Settore farmaceutico

La Bayer dona 1 milione di euro agli ospedali della Lombardia per acquistare macchinari per la terapia intensiva.

Menarini ha prodotto tonnellate di gel disinfettante da offrire agli ospedali.

La Roche si impegna a fornire gratuitamente il suo farmaco contro l’artrite, per il tempo necessario e a tutte le Regioni che lo richiedono. Infatti secondo la comunità scientifica questo prodotto sembra migliorare la capacità respiratoria nei pazienti positivi al virus.

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Intrattenimento

C’è un tempo per ogni cosa, e questo per tutti è il tempo per restare a casa, per essere responsabili, per proteggere noi stessi, i nostri cari, le persone più deboli, il Paese.

Queste sono le prime parole del comunicato stampa di Sky del 17 marzo.

L’emittente mostra la sua vicinanza agli italiani e il suo incoraggiamento a stare in casa tramite una programmazione aperta a tutti gli abbonati (nessun limite di pacchetto), senza costi aggiuntivi e lancia una campagna di raccolta fondi per sostenere la Protezione Civile.

Per ora non si sa con certezza fino a quando l’offerta rimarrà valida, l’unico aggiornamento è che dal 4 aprile ci saranno due nuovi canali creati ad hoc. Sky Cinema IoRestoACasa 1, con film per tutta la famiglia e Sky Cinema IoRestoACasa 2, indirizzato a un pubblico più adulto.

Infinity, la piattaforma streaming on demand del Gruppo Mediaset, offre due mesi gratuiti per provare il servizio.

MYmovies mette a disposizione (fino al 5 aprile e a costo zero) 50 film da visionare tramite la prenotazione di posti digitali nelle sale web.

Settore bancario

Il presidente di Intesa SanPaolo annuncia:

In un momento così difficile per l’Italia, destiniamo alla ricerca sul Covid-19 un milione di euro, una misura che si aggiunge alle donazioni alla sanità nazionale, al sostegno economico a privati e imprese, a iniziative di raccolta fondi per progetti meritori.

Insieme ce la faremo!” è lo slogan con cui Banca Mediolanum, in collaborazione con ClassCNBC, ha presentato l’iniziativa che si è tenuta il 19 marzo. Un approfondimento circa le previsioni economiche e finanziarie della crisi, grazie ai commenti di esperti del settore. Inoltre la Banca ha effettuato donazioni per l’emergenza sanitaria e organizzato una raccolta fondi.

UBI Banca ha devoluto 5 milioni di euro a istituti ospedalieri e centri di ricerca direttamente impegnati nella gestione dell’emergenza.

Sport

La Roma ha raccolto 50 mila euro grazie alla fondazione RomaCares, il presidente Pallotta ha donato altri 50 mila euro e il club ha aperto una pagina su GoFundMe (piattaforma di crowdfunding americana) per la raccolta fondi in favore dell’Istituto Spallanzani di Roma.

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Anche altre società come Inter, Milan e Parma si sono impegnate con importanti donazioni, senza dimenticare gli aiuti economici da parte dei singoli giocatori tra cui DyBala, Pazzini, Balotelli, Donnarumma, Ilicic e allenatori come Filippo Inzaghi.

L’ex calciatore invita i suoi follower ad agire tutti insieme, ognuno in base alla proprie possibilità.

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Il valore della Corporate Social Responsibility

Questi sono solo alcuni esempi di Corporate Social Responsibility nel nostro paese.

Dall’attenzione ai dipendenti, a chi combatte in prima linea negli ospedali, a ogni singolo cittadino chiamato a stare in casa per proteggere se stesso e gli altri. Alle aziende che davanti a difficoltà come questa non si fermano. Ciò che non va dimenticato è che in questo momento così critico, le imprese hanno la possibilità di mostrare l’autenticità dei propri valori e in tante lo stanno facendo nel modo giusto, nel modo che non sarà facile dimenticare.