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Week in Social: TikTok e la quarantena, la nuova app per coppie e i tornei su Facebook

Natale con i tuoi, Pasqua con Ninja Marketing. Chi avrebbe mai immaginato una Pasquetta così? Per fortuna, la Week in Social non va in vacanza e potrà tenervi compagnia, qualora lo vogliate, anche in questo weekend.

TikTok e la quarantena

Complice l’emergenza Covid-19, complice la novità, complice la voglia di divertirsi che abbiamo in questo periodo e che, purtroppo, si può sfogare in pochi modi, dati alla mano, i numeri di TikTok in Italia sono in crescita: se non ci credete, sfogliate una manciata di video e noterete che l’età media non è affatto di 15 anni come in origine.

TikTok

Facciamo una prova: guardate quante famiglie, nonni, genitori sono coinvolti in questi video, nella challenge di turno e quanti gatti e cani sono protagonisti del sistema TikTok? Lo ammettiamo, ci siamo anche noi. E sicuramente, i banchi di scuola li abbiamo abbandonati da un pezzo. Poveri giovani d’oggi: non possono scoprire un’app che il mondo adulto se ne impossessa subito. 

Smart working e TikTok

Sono tanti i modi con cui gli utenti di TikTok esprimono la nostalgia verso il loro lavoro. I più colpiti dal blocco delle attività, come estetisti, parrucchieri, hostess e steward di bordo, sono anche i più creativi sulla piattaforma.” scrive il Ninja Giancarlo Donadio.

C’è chi, per esempio, come @justcallmepino, non rinuncia alla sua passione per il volo. Per combattere la noia, con indosso una divisa da pilota, si esercita facendo volare un modellino di aereo. In attesa di pilotare un aereo vero è riuscito a “far volare” le visualizzazioni, che hanno superato le 230mila.

smart weorking su tiktok

Gli estetisti, i parrucchieri e i tatuatori danno invece un nuovo significato alla parola “telelavoro”. Con la TV accesa che proietta immagini di loro potenziali clienti in saloni di bellezza, si impegnano, ferri del mestiere alla mano, a fare una messa in piega, disporre lo smalto sulle unghie, e a disegnare coloratissimi tatuaggi. In tempi in cui la telemedicina fa miracoli, in cui è possibile operare i pazienti a distanza, chissà se un giorno le loro professioni potranno essere svolte “da remoto”.

LEGGI ANCHE: Meccanici da salotto e barbieri da giardino: lo smart working su TikTok

Tuned, la nuova app di Facebook per le coppie

Dating tarda ad arrivare in Italia per i motivi che già sappiamo (non diteci che siete lettori distratti, ne abbiamo parlato nella rubrica Week in Social, poche settimane fa) e quindi se Facebook non può fare da Cupido tra gli italiani, sceglie di agire tra chi è già innamorato.

Uno spazio gratuito per dare la possibilità alle coppie di scambiarsi quello che si vuole, dalla musica alle foto, e non necessita del collegamento a Facebook. Perché? Chi lo sa come vanno questi esperimenti, magari domani falliscono e dopodomani invece saranno le funzionalità del momento.

Il modo migliore per capirlo è comunque testarla: ed è subito download.

Facebook Gaming e i tornei

Facebook Gaming si adegua al periodo storico che stiamo vivendo e lo fa informando l’utenza attraverso un tweet, una manciata di giorni fa:

Questa funzionalità sarebbe dovuta uscire più avanti ma non si poteva attendere. Ora, si potranno organizzare tornei e vere e proprie sfide con chiunque. Tutto come fosse reale: ecco, ora sappiamo cosa fare a Pasquetta.

In breve

Zoom –  Cosa fare quando la tua piattaforma passa da 10 a 200 milioni di utenti al giorno? Assumere chi ne sa più di te. Ed ecco perché, in termini di privacy, è stato assunto da Zoom, la piattaforma di videochiamate e teledidattica del momento, l’ex capo della sicurezza di FacebookAlex Stamos. Non si possono correre rischi, quando si diventa famosi.

Data for Good –  Mark Zuckerberg mette a disposizione degli esperti dati e spostamenti delle persone nel mondo per monitorare il contagio da Covid-19. Grandi mappe, a definire quanto e come si sta evolvendo la situazione. I social (o chi per loro) che aiutano il progresso.

Fake News – Continua la lotta alle fake news: secondo un recente studio dell’Università di Oxford, Facebook è in grado di bloccare il 76% delle notizie false.

LuxuryInstagram non è più il padrone social incontrastato del settore lusso: ora TikTok offre una bella e variegata concorrenza. Tantissimi i brand che si affidano a questo social per la propria comunicazione.

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Come fare Storytelling, anche durante l’emergenza Coronavirus

Quando si fa storytelling non si raccontano semplicemente “storie”, bensì si comunica alla propria audience, che si deve conoscere e che si è precedentemente analizzata, un “autentico racconto”.

Accompagnare questi interlocutori verso la dimensione desiderata non è un’operazione affatto facile. Ma vale la pena affrontarla. Lo storytelling necessita di un cosiddetto habitat narrativo, all’interno del quale si invitano i soggetti scelti, verso un comune destino.

Bisogna analizzare la realtà e riprodurla. In maniera coerente e strutturata. Partendo da qui si possono creare contenuti unici che sappiano nel tempo mantenere ed assicurare credibilità. Ecco da dove inizia la sfida.

LEGGI ANCHE: Corporate Storytelling: come raccontare al meglio la tua storia (e quella del tuo pubblico)

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Perché raccontarsi: necessità o inadeguatezza?

Il termine storytelling oggi è forse un po’ abusato. Per questo forse ci si è dimenticati della sua naturale accezione e della sua complessa struttura.

Raccontare aiuta certamente a riflettere ed esprime intrinsecamente, una volontarietà che può configurarsi in ambito digital, come una vera e propria necessità: vendere ad un pubblico specifico, con una direzione business-oriented, oppure esprimere una dimensione di inadeguatezza.

Talvolta esigiamo di voler elaborare un “racconto” di noi, pensiamo di aver in pugno tratti unici ed irripetibili, che la storia da proporre sia vitale per noi e per chi ci ascolta. Può essere così, ma bisogna ricordare sempre di essere sinceri quando si racconta: è fondamentale, al di là di tutto, per arrivare al cuore di chi ascolta.

6 variabili chiave dello Storytelling

L’attività di storytelling necessita di un’organizzazione ben precisa. La delinerei, come riportato dalla Marvel Cinematic Orchestra, un vero e proprio insieme di “regole e passaggi facenti parte di una strategia molto più ampia”.

Ecco le sei variabili chiave dello storytelling ed i suoi più importanti protagonisti:

  • Story listener (lettore o ascoltatore del racconto)
  • Story (il racconto in sé che deve essere adatto ai canali digitali di distribuzione)
  • Show (modalità di svolgimento)
  • Story-teller (chi potenzialmente influenza le storie e ne determina la cosiddetta story-experience)
  • Story-architect (il “creatore della dimensione” desiderata)

Che ti piaccia o no, ognuna di esse non può esistere da sola e tutte insieme, formeranno il tuo racconto.

Partire dal lettore. Si comincia da qui

Partiamo dal presupposto che non dobbiamo, e non possiamo, piacere a tutti. I racconti devono innanzitutto presentarsi come coerenti e reali. Parti da un obiettivo ben delineato, la cosiddetta core-story, e ricordati alcune semplici domande da porti prima di iniziare. Questo processo, seppur presentato in minima parte, ti aiuterà senz’altro a capire a chi ti stai rivolgendo.

  • Chi è il tuo pubblico?
  • Perché l’hai scelto?
  • Che età ha?
  • In quale canali riuscirà a seguirti meglio?

La checklist per iniziare a fare storytelling

Pubblico analizzato, obiettivi chiari e sinceri. Adesso ci siamo, quasi! Prima di raccontare e fare storytelling, analizzate per l’ultima volta la vostra core-story e create uno storyboard accattivante che sappia conquistare il target di riferimento.

Poniti gli ultimi doverosi quesiti:

  • Quale tipo di immagine preferisce il mio pubblico?
  • Quale contesto?
  • Quali immagini potenzialmente rifiuta?

LEGGI ANCHE: La narrazione è un habitat dove abitiamo, viviamo, competiamo: Storytelling for dummies di Andrea Fontana

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Mai fermarsi con lo storytelling, neanche durante l’emergenza

Da professionisti della comunicazione, è doveroso riflettere su alcune azioni da adottare in queste drammatiche settimane. Condividere esperienze, anche e soprattutto adesso, può rivelarsi di grande aiuto, specie nella comunità “always-on”, di tutti i professionisti digitali che sono in difficoltà sul come rivedere i propri piani editoriali e continuare il racconto dei brand che gestiscono.

Ecco alcuni consigli, frutto della reale esperienza sul campo (ma anche di un forte senso civico) per operare al meglio nei circuiti digitali, anche durante l’emergenza Coronavirus.

Leggi le attuali norme ministeriali

Per prima cosa, dai un’attenta lettura alle ultime disposizioni ministeriali per consigliare al meglio i clienti su quali notizie tenere d’occhio e quali  comportamenti mantenere.

Rimodula i piani editoriali

Elimina tutti i post inopportuni o che mirino a valorizzare i prodotti dei clienti, specie se durante momenti attualmente sconsigliati, quali l’aperitivo o l’after dinner.

Stop a qualsiasi evento o manifestazione che presupponga un luogo fisico in cui incontrarsi.

Elimina, se in programma, eventi ed altre manifestazioni che non possono, attualmente aver luogo.

Non consigliare di partire

Se gestisci i canali di comunicazione di un’agenzia di viaggi, ad esempio, ricorda che non è possibile al momento partire. Meglio puntare, quindi, su contenuti esperienziali, ricordando viaggi indimenticabili che potranno essere ripresi non appena tutto tornerà alla normalità. Una buona idea potrebbe esser quella di condividere ricette locali dei luoghi visitati e da riproporre, al momento, in casa, magari creando engagement proponendo attività che mirino alla condivisione da parte dei follower.

Evita le battute divertenti (potresti rischiare la gaffe)

Essere divertenti può non essere la strada giusta al momento. Piuttosto informa la tua community delle nuove disposizioni in vigore, fai capire che ci sei e che non abbandonerai i tuoi follower.

Continua le campagne di routine

Non sospendere campagne “di routine”, ma fai vedere che continui a presidiare i tuoi canali digitali. Assicurerai così, la costanza di parametri quali Traffic Generation e Social Engagement in maniera sana, soprattutto in ambito Social Media Marketing. Proponi contest e premia i contenuti migliori, ma sempre invitando tutti a rimanere a casa (presenta badge #iorestoacasa per Instagram Stories: è una possibilità di grande visibilità tra tutti coloro che ne fanno uso, all’interno della piattaforma). Valorizza eventuali promo online per eCommerce.

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Affronta con buon senso la situazione

Controlla le promo attive, rimodulale, e se necessario modificate i messaggi! Utilizza, soprattutto per il mondo del Food&Beverage, dirette live e i vari strumenti che ti permettano di creare webinar per consigli e piccole masterclass. Se gestisci i canali di band musicali, ad esempio, potresti coinvolgere gli utenti in attività di pura brand awareness e, creare delle dirette.

Consiglia sempre di osservare tutte le norme per ridurre potenziali contagi

Ricorda, laddove possibile, che è impegno di tutti adottare le norme attuali per evitare il più possibile nuovi contagi. Il comportamento degli utenti che ti seguono online, specialmente per un brand o un’attività con alto Customer Loyalty (ma non solo), è sicuramente quello di scoprire e monitorare anche l’impegno sociale.

influencer virtuali

Top model avatar e virtual influencer saranno il futuro della pubblicità?

  • La natura sempre più reale degli avatar digitali li ha resi oggi difficilmente distinguibili dalle persone reali
  • Un recente report di HypeAuditor, mostra un tasso di coinvolgimento sui social quasi tre volte superiore rispetto agli influencer reali

 

Un futuro che ha molti potrebbe sembrare strano è stato illustrato durante l’ultima edizione del CES 2020 di Las Vegas. È stata una società che crea immagini in AI di modelli e modelle che possono essere personalizzati in termini di tratti somatici, colore della pelle e capelli, insieme al colosso dei cosmetici L’Oréal, ad evidenziare come l’intelligenza artificiale può essere sempre di più essere messa a disposizione dei brand per creare servizi fotografici senza avere bisogno di modelle e modelli in carne ossa.

La natura sempre più reale degli avatar digitali li ha resi oggi difficili da distinguere dalle persone reali. La tecnologia può realmente cambiare il modo in cui i modelli o gli influencer compaiono nelle pubblicità, nei post e nei contenuti dei brand e le modalità in cui vengono negoziati contratti e compensi.

Immaginiamo di essere un brand di moda che oggi decida di adottare per la sua strategia di comunicazione l’utilizzo di un influencer. La gestione di un influencer richiede costi organizzativi e tecnici come l’invio di capi, l’acquisto di biglietti per partecipare ad eventi, costi logistici e di trasporto.

Se invece scegliessimo un virtual influencer non dovremmo affrontare costi di gestione o spese varie, ma solo ed esclusivamente costi di produzione ed elaborazione grafica e un contratto on l’eventuale azienda che detiene i diritti del virtual influencer.

Esistono già tanti avatar e influencer virtuali che compaiono sulla copertina di riviste di moda internazionali nei feed di numerosi brand di moda.

Si chiamano Miquela, NoonoouriShudu, Imma e Daisy. Hanno volti riconoscibili e milioni di followers su Instagram. E ovviamente i loro outfit sono sempre perfetti.

Secondo quanto mostrato dal rapporto di HypeAuditor, hanno un tasso di coinvolgimento sui social quasi tre volte superiore rispetto agli influencer reali.

LEGGI ANCHE: Chi sono i virtual influencer e come hanno conquistato anche la Cina

I virtual influencer sono il futuro del marketing?

Difficilmente 20 anni fa ci saremmo mai potuti immaginare che modelle o influencer virtuali avessero mai potuto sostituire top model reali nella comuniazione dei brand. L’industria della moda è certamente uno dei primi settori ad aver implementato l’utilizzo di virtual influencer nella propria comunicazione e strategia di marketing.

E sono sempre più numerosi i brand che iniziano a testare queste nuove forme di comunicazione soprattutto sui canali social.

Prima di considerare i pro e i contro dell’utilizzo di virtual influencer esploriamo alcuni esempi.

Daisy

Uno dei brand che sta utilizzando l’AI e ha creato un proprio avatar digitale è Yoox che ha sviluppato Daisy, protagonista principale dell’account instagram del famoso eCommerce di abbigliamento. Daisy sta impersonificando il brand cercando di avere un contatto diretto con i follower.

L’impressione guardando il profilo Instagram. È quello di seguire una vera e propria content creator che si cimenta in diverse attività quotidiane indossando i capi dei suoi brand preferiti.

Tuttavia quello che si nota visionando on più attenzione le caption dei post e i commenti degli utenti, i contenuti non generano grandissimo coinvolgimento e diversi utenti non sempre apprezzano la sue figura e le sue forme ancora non perfettamente umane.

Lil Miquela

Lil Miquela è stata una delle prime virtual influencer, tanto che oggi è ormai una star di Instagram. Oggi il suo seguito è impressionante con 1,6 milioni di follower e sta aprendo la strada a una nuova ondata di It Girl non convenzionali.

Dal 2016 ad oggi si è trasformata da un semplice pixel a una delle influencer più conosciute, conquistando il mondo della moda, della musica e dei social media. Ha collaborato con i più importanti brand come Prada, Samsung, Vetements, Chanel e tanti altri. Le descrizioni dei suoi contenuti sono molto dettagliate e personali, ricchi di emozioni personali e improntati alla scoperta di sé.

Colonnello Sanders

Gli avatar e i virtual influencer non hanno solo conquistato la curiosità dei brand di moda. Si stanno diffondendo nel mondo della musica e anche in quello del food.

L’esempio più significativo è quello del profilo Instagram di KFC. L’iconico colonnello Sanders, storico fondatore del marchio, è apparso per qualche settimana sotto forma virtuale con le sembianze di un influencer hipster.

virtual influencer

I suoi contenuti sono irriverenti e attraverso classiche pose e situazioni in cui è facile ritrovare i veri influencer, svela i  segreti del successo dietro alla sua figura e al brand KFC. Un esperimento che ha avuto un grandissimo successo dimostrato anche dell’engagement dei vari post. Una parodia dell’influencer moderno che ha permesso al brand di divertirsi e far divertire i suoi utenti.

Virtual influencer: reale opportunità o moda passeggera?

Una cosa è certa: il fenomeno è in grandissima crescita, così come i fan che seguono questi influencer del futuro. Non hanno solo apparenze normali, ma comunicano stili di vita molto vicini alla realtà.

È normale che nel lungo termine i dati permetteranno di capire se gli utenti, sempre più in cerca di autenticità e sincerità sui social, continueranno ad apprezzare queste figure virtuali.

Quello che possiamo affermare è che oggi non tutti gli avatar vengono percepiti come finti, poiché ognuno di loro è stato pianificato per sembrare un personaggio reale. Infatti nei loro account pubblicano in maniera costante contenuti anche attraverso le stories, vivono situazioni quotidiane reali, comunicano con gli utenti seguendo le caratteristiche di personas ben definite e pianificate a priori.

Le loro vite seppur digitali e studiate a tavolino, riescono comunque ad esprimere quei caratteri emozionali ed ispirazionali facendo in modo che i loro follower riescano in qualche modo ad immedesimarsi nelle loro situazioni quotidiane.

Tuttavia dall’altro lato possiamo sicuramente affermare che ancora oggi c’è sempre qualcosa di straordinariamente potente e coinvolgente nei contenuti realizzati da persone e influencer reali, che attraverso la loro personalità si collegano con il loro pubblico. Influencer virtuali come Lil Miquela possono essere creati per fingere di avere emozioni umane, ma questo potrebbe facilmente ritorcersi contro se il suo pubblico iniziasse a dubitare che quelle emozioni non siano sufficientemente reali.

È anche vero che i virtual influencer potrebbero apparire in diversi luoghi o eventi contemporaneamente, concedere in licenza le loro immagini e aumentare la quantità di contenuti prodotti in maniera esponenziale rispetto a un influencer reale.

Assisteremo a un futuro in cui i virtual influencer prevaricheranno su quelli reali? Molto probabilmente no, ma sicuramente continueremo ad avere una crescente coesistenza tra reale e virtuale.

filiera agroalimentare coronavirus

Coronavirus: l’impatto dell’epidemia sulla filiera agroalimentare e sui retailer italiani

  • Con il dilagare dell’epidemia da Coronavirus, sono rapidamente mutate le abitudini degli italiani, alimentari e non
  • Le imprese si sono trovate a doversi reinventare per rispondere al cambiamento dei fabbisogni della popolazione
  • Molti dei cambiamenti in atto sono destinati a rimanere nelle abitudini d’acquisto, anche in una fase successiva

 

Ad un mese dall’inizio della quarantena imposta dal governo per contenere l’epidemia di Covid-19, i mercati si sono trovati a fare i conti con un brusco cambiamento dei fabbisogni della popolazione, che ha fatto emergere l’esigenza di un rapido ripensamento dei modelli di business da parte delle imprese.

Alcune aziende si sono parzialmente o radicalmente reinventate per far fronte alle esigenze attuali. Dalle griffe della moda come Gucci, Prada o Armani, che hanno riconvertito alcuni degli stabilimenti, italiani e non, per la produzione di camici e mascherine da destinare al personale sanitario; ai noti brand di alcolici, tra cui Absolut Vodka, Martini e Bacardi, che si stanno adoperando per soddisfare la domanda crescente di gel disinfettante a base alcolica che scarseggia in farmacie e supermercati.

Per descrivere la fase che stiamo vivendo, vi è stato un ampio utilizzo dell’espressione economia di guerra, spesso contestato come uso improprio.

LEGGI ANCHE: Come cambiano le regole del Business nella recessione guidata dal Covid-19

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Senza addentrarsi troppo in una disquisizione linguistica sulla pertinenza di questa locuzione, possiamo affermare che la situazione attuale presenta senza dubbio delle importanti analogie con un’economia bellica, in termini di necessità di un adeguamento quanto più rapido e tempestivo del sistema economico ai bisogni derivanti dall’emergenza in atto.

Quando si fa fronte ad un’economia di guerra, un ruolo chiave è svolto da quei settori che si trovano a dover fornire beni di prima necessità, primo tra tutti il settore agroalimentare, il cui corretto andamento è di primaria importanza anche per far sì che la paura della scarsità non scateni una corsa all’accaparramento e, di conseguenza, un pericolo per l’ordine pubblico.

L’intera filiera agroalimentare italiana si trova di fronte a un forte aumento della domanda di prodotti alimentari, dato che, stando perennemente in casa, le persone finiscono per cucinare e mangiare di più rispetto a quanto facciano normalmente.

LEGGI ANCHE: Gli eroi che combattono il Coronavirus sono anche nella filiera alimentare

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Gli effetti della pandemia sui consumi e sulla produzione

L’inizio della quarantena non ha cambiato solo le abitudini degli italiani, ma anche i loro carrelli della spesa.

I dati Nielsen evidenziano un calo degli acquisti di prodotti freschi a favore di quelli a lunga conservazione come riso (+33%), pasta (+25%), scatolame (+29%), derivati del pomodoro (+22%).

Il presidente di Confagricoltura, Massimo Giansanti, ha rivolto un invito alla popolazione di preferire i prodotti italiani per salvaguardare la propria salute e al contempo sostenere il Made in Italy, rassicurando i consumatori sul fatto che la filiera agroalimentare continuerà a garantire gli approvvigionamenti e a rifornire i supermercati.

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A questo, si è aggiunto un appello della ministra alle politiche agricole Teresa Bellanova a non rinunciare ai prodotti della tradizione e a continuare a comprare prodotti italiani nell’interesse della salute e dell’economia nazionale: Ai cittadini dico: fate la spesa, seguite le regole di sicurezza e comprate italiano. Oggi più che mai facciamo sentire l’orgoglio di essere uniti, anche quando facciamo la spesa. Noi siamo l’Italia e l’Italia fa bene”.

Ma non è tutto. In un’intervista al Corriere Della Sera, Massimo Giansanti ha parlato in toni allarmanti di una carenza di manodopera, che potrebbe rappresentare un serio pericolo ora che si avvicina la stagione della raccolta nei campi. Con le persone colpite dal virus, quelle in quarantena e gli stagionali stranieri rientrati nei Paesi di origine che non possono tornare in Italia per il blocco della circolazione — ha spiegato — nelle campagne mancano braccia. E siamo in un momento cruciale: si avvicina la stagione della raccolta degli ortaggi e della frutta estiva. Servono almeno 200 mila persone subito”.

Il Ministero dell’Interno ha già accolto la richiesta di Confagricoltura di una proroga dei permessi di soggiorno in scadenza di quei lavoratori immigrati impiegati nella raccolta ortofrutticola.

Ironia della sorte, proprio gli stessi lavoratori a cui fino a non molto tempo fa si volevano chiudere le porte (e i porti) dei confini nazionali.

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Le imprese e la gestione dell’emergenza nella filiera agroalimentare

Un importante punto di partenza per la gestione dell’emergenza, come suggerito da Bain & Company, è quello dell’attivazione di un Emergency team formato da un gruppo ristretto di chief aziendali che lavorino a stretto contatto con manager, amministratori delegati, direttori finanziari, per formulare soluzioni cross-funzionali basate su una valutazioni rapide dei rischi e delle esigenze di mercato.

La tutela della sicurezza di clienti e dipendenti dev’essere sempre al primo posto: incentivando dove possibile il lavoro in modalità smart working e implementando gli strumenti digital per lo sviluppo e l’ottimizzazione degli e-commerce, che in questo momento stanno vivendo un boom (+82%), destinato a rimanere nelle abitudini d’acquisto dei consumatori italiani, anche in una fase successiva.

Come affermato da Duilio Matrullo, potrebbe essere questa l’opportunità per colmare un gap del mercato italiano sul fronte degli acquisti online, rispetto ad altri paesi europei.

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Per i retailer alimentari, l’osservazione delle norme igieniche e di sicurezza deve avere la massima priorità: dalla sanificazione degli ambienti di lavoro e delle superfici, alla riduzione ai minimi termini dei contatti tra le persone e dello scambio di denaro contante.

Per quanto riguarda i prodotti freschi, potrebbe essere opportuno garantire una fornitura locale, limitando quanto più possibile gli scambi inter-regionali e anche adattando i packaging alle esigenze del momento (packaging monoporzione o formato famiglia).

È fondamentale, inoltre, avere delle unità locali che monitorino costantemente da un lato l’andamento dell’emergenza sanitaria e dei contagi, dall’altro i dati relativi agli acquisti dei cittadini. In questo modo, si potrà rispondere con una programmazione dettagliata e aggiornata in tempo reale e da remoto, che risponda prontamente alle richieste della popolazione che, di questi tempi, sono suscettibili di cambiamenti significativi di settimana in settimana.

Che cos’è l’Additive Manufacturing, spiegato con una mini-serie TV

  • “Societing4.0 – Che cosa sono le tecnologie 4.0″ è una miniserie per capire le principali tecnologie 4.0 (Robotica all’Intelligenza Artificiale, dalla Stampa 3D alla Realtà Aumentata/Virtuale, dai Big Data all’Internet delle cose) e per dare maggiore consapevolezza e strumenti critici sulla loro applicazione a cittadini curiosi, PMI, studenti e insegnanti.
  • Per ciascuna tecnologia le telecamere dei giovani ricercatori entrano nei laboratori dell’Università Federico II dove sono studiate le tecnologie e dove sei luminari rispondono alle domande dei ragazzi, sotto la direzione scientifica del Professore Alex Giordano

 

I giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II hanno intervistato Massimo Martorelli, docente di Disegno e Metodi dell’Ingegneria Industriale presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Napoli Federico IIPuoi guardare la video-intervista integrale sul portale di Rai Scuola a questo link.

Il Prof. Martorelli ritiene che la pervasività e un certo successo dell’Additive Manufacturing sia dovuto anche al movimento dei makers: Negli ultimi anni i Makers, ovvero gli artigiani digitali di ogni età e provenienza si riuniscono per scambiarsi informazioni, nei FabLab (Fabrication Laboratory) oppure condividendo i modelli CAD”.

Questo rende certamente, tale tecnologia, molto più accessibile rispetto a tanti anni fa: “Prima, per andare a realizzare dei prototipi, anche solo per visualizzare e verificare se quel componente era stato progettato correttamente, era necessario ricorrere a delle stampanti molto costose. Oggi invece c’è la possibilità di utilizzare stampanti accessibili a tutti, low cost.

Si tratta, insomma, di una tecnologia piuttosto accessibile anche per le piccole e medie imprese e per per quelle attività artigianali che non devono veder minacciato il loro valore aggiunto, la maestria e unicità della manualità del nostro territorio:Direi che non c’è conflitto tra le tecniche AM e i valori dell’artigianato, anzi. Le tecniche di AM possono essere un vero e proprio aiuto per gli artigiani, accompagnando il lavoro che già facevano con un supporto in più. Possono aiutare nella realizzazione di forme complesse, e quindi affiancare la parte tradizionale aggiungendo nuove competenze”.

Approfondimenti

A cura dei giovani ricercatori dell’Università degli Studi di Napoli Federico II

L’espressione Additive Manufacturing (abbreviato generalmente nella sigla AM) si riferisce ad una serie di tecnologie in grado di costruire oggetti fisici- siano essi prototipi o prodotti finali- a partire da modelli digitali in 3D precedentemente realizzati. Esse si servono di materiali di vario tipo, i quali vengono sottoposti ad un processo additivo: l’oggetto, sulla base del progetto tridimensionale che lo descrive accuratamente in formato digitale, viene così realizzato strato dopo strato. 

Tali tecnologie, di cui ormai si parla in maniera intensiva per via delle loro molteplici applicazioni, spesso si trovano indicate anche con le espressioni 3D Printing (abbreviata in 3DP) o Rapid Prototyping (o RP, primo termine usato per identificare queste tecniche). 

Il primo punto da prendere in considerazione per quanto riguarda le stampanti 3D è la realizzazione della versione digitale dell’oggetto che verrà poi stampato. Il modello 3D può essere realizzato attraverso tecniche e strumenti diversi. Ad esempio, essi possono essere realizzati a partire da zero con i software CAD (Computer Aided Design), vale a dire quei software di modellazione geometrica atti a supportare l’attività di progettazione di manufatti. Oppure, essi possono essere ricavati attraverso scanner 3D (sistemi laser o sistemi di Reverse Engineering non a contatto attivi; o fotogrammetria digitale, sistema di Reverse Engineering non a contatto passivo). 

Oltre alla realizzazione del modello digitale 3D al CAD è anche possibile scaricare modelli 3D direttamente da Internet grazie a siti come Thingiverse o il Progetto RepRaP, ideato da Adrian Bowyer, professore dell’Università di Bath. Entrambi gli esempi sopracitati si basano infatti sul principio dell’open source e permettono quindi a ogni utente il download del modello e l’implementazione del proprio contributo.

A seguito della realizzazione del modello 3D si può passare al processo di stampa vero e proprio. Esso è caratterizzato dalle seguenti particolarità: la fabbricazione del componente avviene generalmente in modo additivo, strato dopo strato (layer by layer); la lavorazione procede in maniera completamente automatica a partire dal modello tridimensionale dell’oggetto da realizzare; la costruzione è indipendente dalla complessità della forma dell’oggetto, quindi vi è la possibilità di realizzare parti dalla forma geometrica molto complessa.

Le stampanti 3D oggi rappresentano un settore in ascesa nel mondo del business e destinato, nell’immediato futuro, a ridefinire i confini sia in ambito industriale che nella vita quotidiana. A sostenerlo è Massimo Martorelli, docente di Disegno e Metodi dell’Ingegneria Industriale presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, nonché Responsabile Scientifico del Laboratorio “CREAMI (Center of Reverse Engineering and Additive Manufacturing Innovation).

La crescente importanza di tali tecnologie è dimostrata, secondo Martorelli, da due fattori chiave. In primo luogo, diverse società- anche molto importanti nei vari rispettivi settori- hanno deciso di investire in modo massiccio su tali tecnologie. Le stampanti 3D sono infatti un elemento cardine di quella che viene chiamata Quarta Rivoluzione Industriale, dopo che la prima ha visto l’avvento delle macchine a vapore, la seconda il concetto di catena di montaggio e la terza l’avvento di Internet all’interno delle aziende. 

In secondo luogo, Martorelli sottolinea che l’aumentato interesse industriale verso i sistemi di Additive Manufacturing è dimostrato anche dall’emanazione di norme Internazionali ISO/ASTM a partire dal 2013 (nonostante il primo brevetto AM risalga al 1986). Dal 2013 ad oggi sono state emanate sette nuove norme. Tra queste, troviamo quelle riguardo la terminologia standard, il formato dei file, le linee guida e le raccomandazioni per la progettazione per AM, i metodi di test e le sperimentazioni e l’overview delle categorie di processi e materie prime.

Attualmente lo sviluppo dell’ Additive Manufacturing si muove lungo due percorsi distinti ma in stretta relazione tra loro: da un lato c’è la ricerca in senso stretto, che prosegue tramite le istituzioni più tradizionali, come università e istituti scientifici.  Dall’altro lato poi ci sono i cosiddetti makers, ovvero coloro che realizzano progetti- in singolo o in collaborazione- e condividono informazioni riguardo questi, nell’ottica di una crescita sostenuta dalla sharing economy e dall’approccio peer-to-peer (ad esempio Makerbot Industries, che nasce come costola del Progetto RepRap, Ultimakers e Printrbot, quest’ultimo tra l’altro realizzato tramite crowdfunding sulla piattaforma Kickstarter).

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Le principali tecniche di Additive Manufacturing

Con il passare degli anni le tecniche di AM si sono modificate ed evolute, andando verso strumentazioni sempre più efficienti e precise. 

Esse costituiscono oggi un ecosistema ricco e vario di metodologie, strumenti e materie prime e si caratterizzano dunque per un’elevata versatilità che risulta in un ulteriore punto di forza.

Le tecniche più diffuse attualmente sono: Fused Deposition Modelling (FDM); Selective Laser Melting (SLM); Laser Metal Deposition (LMD); Digital Light Processing (DLP); Liquid Crystal Display (LCD); Selective Deposition Lamination (SDL).

Si tratta di tecniche che differiscono tra di loro per diversi elementi, come ad esempio le materie prima utilizzate per la realizzazione dei prodotti: alcune, come la DLP e la LCD si servono infatti di polimeri liquidi; altri, come la SDL, utilizzano invece fogli di carta; altre ancora, come la SLM e la LMD si servono di polveri (si parla in questo caso di powder bed– a letto di polvere- o powder deposition, polvere a getto), in particolare di metallo. Queste tecniche permettono la realizzazione di prototipi e prodotti, automatizzando i processi, riducendo notevolmente tempi e costi e introducendo, soprattutto, la possibilità di realizzare oggetti prima inconcepibili. 

Il limite di queste stampanti, se può essere considerato un limite, è che gli oggetti che esse riescono a realizzare possono essere grandi al massimo quanto il piatto di stampa. Ma ciò non costituisce un ostacolo insuperabile, poiché conoscendo il principio di funzionamento è possibile realizzare stampanti sempre più grandi, incrementando sempre di più le potenzialità di questi strumenti. Inoltre, le tecnologie AM possono essere usate in cooperazione con altri hardware e software, in particolare con i robot e i sistemi dotati di Intelligenza Artificiale, utilizzando questi ultimi per realizzare oggetti più grandi depositando il materiale su più ampie dimensioni. 

I campi di applicazione della stampa 3D

Fino a qualche anno fa realizzare oggetti fisici tramite stampanti 3D richiedeva sistemi costosi, laboratori estremamente attrezzati e software sofisticati. Ciò ha significato una limitazione alla diffusione di tali sistemi che potevano essere utilizzati solo in grandi aziende o in centri di ricerca altamente specializzati. 

Oggi invece con l’avanzamento delle tecnologie e il conseguente abbattimento dei costi l’AM è entrata a essere parte integrante di diversi ambiti, ridefinendone i processi lungo i vari step della catena di valore. 

Un ambito cui l’Additive Manufacturing restituisce soluzioni innovative e rivoluzionarie è quello medicale.  In tale settore ad esempio è possibile realizzare il progetto digitale a partire da una TAC, da una microTac o da una risonanza magnetica. Dall’immagine bidimensionale infatti si riesce a ricavare quella tridimensionale da consegnare alla stampante 3D. In questo settore l’AM può essere utilizzato per studi preventivi (come ad esempio sul labbro leporino dei feti), per studi di implantologia osteointegrativa, per la realizzazione di protesi acustiche o per il campo altamente innovativo definito come tissue engineering (ingegneria dei tessuti).

Un settore relativamente nuovo, ma che promette uno sviluppo significativo nel futuro prossimo, è quello delle costruzioni. Qui il Rapid Prototyping viene messo in pratica impiegando grandi e costose stampanti 3D. Una caratteristica che aggiunge ulteriore valore a questo campo di applicazione è la possibilità di utilizzare materiali sostenibili e riciclati, inoltre- oltre alla stampante in sé- i costi sono relativamente bassi se confrontati con i costi di realizzazione degli edifici con metodi standard.

Infine, per fare un altro esempio tra i tanti, oggi proseguono le sperimentazioni in settori più di consumo, come quello alimentare. In tale ambito ad esempio la Barilla ha stampato pasta in 3D con un concorso il cui obiettivo era realizzare nuove trafile con metodi innovativi ma con ingredienti tradizionali. I nuovi formati di pasta sono stati poi presentati all’Expo di Milano nel 2015. In questo settore poi vi è anche il progetto Nasa Advanced Food Technology Program che mira a produrre cibo tramite 3DP per migliorare la qualità di vita degli astronauti durante le missioni spaziali. O, ancora, si potrebbe fare riferimento alla nascita di Food Ink, la prima catena di ristoranti che crea cibo e stoviglie unicamente con stampanti 3D.

Vantaggi chiave

In conclusione, dunque, è possibile sintetizzare brevemente gli effettivi vantaggi che l’Additive Manufacturing è in grado di apportare sia alle industrie sia ai privati. 

Prima di tutto vi è un’ottimizzazione delle materie prime, poiché è possibile limitare gli sprechi e utilizzare materiali anche riciclabili. Uno dei punti di forza dell’Additive Manufacturing è dunque la sostenibilità

Vi è poi la possibilità di elaborare forme complesse che nell’industria tradizionale necessitano di una notevole mole di lavoro per essere realizzate, quando possibile. Dunque le tecnologie di 3D Printing vanno ad incrementare l’efficienza dei processi

Importante poi è anche il lato della customizzazione, dal momento che è possibile produrre oggetti personalizzati secondo le proprie necessità in modo relativamente semplice e poco dispendioso.

Infine, è molto interessante- soprattutto in una prospettiva volta ad osservare l’immediato futuro- il collegamento con i settori della robotica e dell’Intelligenza Artificiale. Si possono infatti utilizzare robot per realizzare strutture di grandi dimensioni o, ancora, attraverso dei software CAD all’interno dei quali sono stati implementati algoritmi di AI, si può implementare nella macchina la scelta tra una serie piuttosto elevata di possibili soluzioni, definite sulla base di vincoli e requisiti impostati dal progettista. 

Non solo dunque l’AM si qualifica come un set di strumenti e tecniche di grande utilità per il settore produttivo ma, nella sua interazione con altri sistemi hardware e software, tale innovazione promette diventare parte di un ecosistema tecnologico esteso destinato a riconfigurare l’ambito industriale e, successivamente, anche quello quotidiano.  

influencer marketing

Insidie e opportunità dell’Influencer Marketing ai tempi del Coronavirus

  • Nell’emergenza COVID-19, all’aumento della presenza di un pubblico disposto ad ascoltare corrisponde una drastica riduzione delle cose da dire;
  • Oggi le persone sono disposte ad ascoltare solo chi si fa portavoce di valori autentici, chi sfrutta la propria influenza per inviare messaggi di solidarietà, per promuovere iniziative benefiche, o per creare contenuti confortanti.

 

In un momento storico come questo, unico per la nostra generazione, caratterizzato da uno scenario sociale profondamente surreale, cosa può davvero attrarre l’attenzione degli utenti? Su quali punti di attenzione (e influenza) si può davvero capitalizzare?

Partendo da questa riflessione, non è difficile comprendere quanto un settore come quello dell’Influencer Marketing, la cui fortuna deriva fondamentalmente dal binomio emulazione e ispirazione, soffra particolarmente in questo momento di distanziamento sociale. Può sembrare paradossale che, nonostante l’audience sui social sia aumentato considerevolmente in questi giorni di reclusione, un lavoro totalmente digitale come quello dell’influencer possa risentirne.

Eppure, è esattamente quello che sta accadendo: all’aumento della presenza di un pubblico disposto ad ascoltare corrisponde una drastica riduzione delle cose da dire, o meglio, di fronte a una situazione di emergenza nazionale che vede la vita di migliaia di persone messa a repentaglio, nessun argomento sembra abbastanza pertinente.

Fare la differenza per non diventare indifferenti

In un periodo così delicato, dove ogni utente – che da qui in avanti definiremo semplicemente persona – è vulnerabile e teso come una corda di violino, è facile trattare argomentazioni fuori luogo, dare pareri non richiesti o, per fare un esempio, venire criticati per aver cercato di scampare la quarantena volando ai Caraibi o in Colombia. Le interazioni sono tante, ma non si possono monetizzare, le travel blogger non possono viaggiare, le fashion blogger non possono sfoggiare abiti all’ultimo grido in locali modaioli: così, tutto quel mondo patinato e costruito lascia spazio alla profonda desolazione di una popolazione ferita, reclusa, che si è dovuta fermare – e non solo letteralmente – a riflettere sui veri valori della vita.

Ed è solo chi si fa portavoce di valori autentici che merita di essere ascoltato, seguito e condiviso; chi sfrutta la propria influenza per inviare messaggi di solidarietà, per promuovere iniziative benefiche e lo fa gratis. Ancora una volta, è Chiara Ferragni a distinguersi per la sua capacità di ascoltare e capire i bisogni della società, di dare sfoggio al suo capitale più importante – quello umano, parlando alle persone e non agli utenti.

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influencer

Stay-Home Economy

La diffusione del COVID-19 ha spinto ognuno di noi a doversi riadattare a nuovi schemi comportamentali, nuove abitudini d’acquisto e di intrattenimento. La cosiddetta “Stay-Home Economy” ci ha in qualche modo obbligati a digitalizzare anche quei comportamenti che era normale esercitare sul territorio.

Quale sarà il ruolo che gli influencer dovranno ritagliarsi in questo nuovo mondo? Senza dubbio sarà necessario far fronte a una serie di bisogni tutti nuovi, lato consumatori.

La prima cosa da tenere in considerazione è il timore di quale sarà la portata del contraccolpo economico che conseguirà da questa situazione: ci troveremo a dovere fronteggiare un periodo di austerità economica per cui non sarà più efficace promuovere viaggi costosi o stili di vita da star, ma sarà necessario confortare le persone, intrattenerle e cercare, a poco a poco, di ricreare una domanda commisurata al loro potere d’acquisto.

Tuttavia, anche se la maggior parte dei brand è riluttante nell’investire in pubblicità in un momento in cui si può facilmente incorrere in ritardi e intoppi nella produzione e nella reperibilità dei propri prodotti o servizi, è fondamentale mantenere viva una relazione con i propri consumatori. Per questo, i marchi si stanno chiedendo come comunicare in modo intelligente – e, ora più che mai, umano – alle persone.

Ed è qui che gli influencer, in quanto persone prima ancora di essere considerati dei media, possono svolgere un ruolo importante. In qualche modo, gli influencer hanno l’occasione per recuperare valore e credibilità, per rilanciare una comunicazione genuina e quasi familiare, che possa assomigliare più al consiglio di un amico che a una réclame fatta unicamente a scopo di lucro, senza nessun senso critico.

social commerce instagram

Shopping online

L’eCommerce diventa l’unico mezzo disponibile per l’approvvigionamento di beni di varia natura, utili o indispensabili che siano. Nella mente del consumatore fare shopping online slitta dal concetto di “comodità” a quello di “essenzialità”.

Per questo, gli influencer hanno la possibilità di guidare in modo davvero efficace le vendite online, andandosi a sostituire ai mezzi tradizionali di contatto con il consumatore (cartelloni, vetrine, …) e accentrando su di sé in modo inedito tutta la sua attenzione. Per dirlo con una metafora: lo scrolling del nostro feed Instagram si sostituisce alla passeggiata domenicale per le vie dello shopping e così l’Influencer Marketing dovrebbe ritrovare nuova centralità anche nelle strategie.

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Il segreto dell’Influencer Marketing sta nel contenuto

Adattarsi al cambiamento per l’Influencer Marketing non significa solo sfruttare l’aumento dello shopping online, ma anche tener conto del fatto che, mai come oggi, le persone accedono ai propri social media alla ricerca di contenuti creativi e confortanti, tramite cui poter fuggire dalla realtà. Significa osservare i trend di comportamento che si sviluppano spontaneamente online e cavalcarli: ad esempio, la tendenza a dedicarsi a cucinare manicaretti per allietare la propria permanenza, a tempo ancora indeterminato, tra le mura di casa può essere orientata e influenzata dai food blogger.

Questo tipo di contributo assume un valore che va ben oltre la mera idea del produrre una videoricetta per rispondere a un bisogno temporaneo degli utenti, ma si traduce nell’opportunità di farsi notare in un momento in cui le persone sono iper connesse e, soprattutto, di farsi apprezzare e ricordare.

influencer

Una ricetta ben fatta, ad esempio, avrà buone possibilità di venire salvata in una Raccolta Instagram, insieme al profilo del suo autore, per poi essere ripresa più volte in futuro. Un ottimo esercizio per mantenersi in forma durante la quarantena può essere condiviso con i propri amici, un canale che produce una serie di contenuti di qualità, interessanti per il target a cui parla (ad esempio, dei consigli per una beauty routine da sfruttare in questo periodo di non esposizione a smog e altre sostanze dannose per la pelle), verrà sicuramente tenuto in conto anche una volta che questa situazione peculiare si sarà conclusa.

Insomma, in un momento in cui le persone sono iper-connesse ma più sensibili ai contenuti, la strategia vincente non è necessariamente tacere, bensì rivedere la propria comunicazione, renderla più umana ed empatica, per essere (davvero) ricordati.

Che cos’è l’Intelligenza Artificiale, spiegato con una mini-serie TV

  • “Societing4.0 – Che cosa sono le tecnologie 4.0” è una miniserie per capire le principali tecnologie 4.0 (Robotica all’Intelligenza Artificiale, dalla Stampa 3D alla Realtà Aumentata/Virtuale, dai Big Data all’Internet delle cose) e per dare maggiore consapevolezza e strumenti critici sulla loro applicazione a cittadini curiosi, PMI, studenti e insegnanti.
  • Per ciascuna tecnologia le telecamere dei giovani ricercatori entrano nei laboratori dell’Università Federico II dove sono studiate le tecnologie e dove sei luminari rispondono alle domande dei ragazzi, sotto la direzione scientifica del Professore Alex Giordano.

I giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II hanno intervistato Silvia Rossi, Assistant Professor al Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione e Co-chief del PRISCA Lab – Intelligent Robotics and Advanced Cognitive System Projects.

Puoi guardare la video-intervista integrale sul portale di Rai Scuola a questo link.

La Prof.ssa Silvia Rossi ritiene che l’intelligenza artificiale “non può essere semplicemente una keyword che va di moda”, questo soprattutto in riferimento agli ambiti di applicazione per le imprese, infatti sostiene: “L’aspetto cruciale sta nel fatto che non si fa realmente comprendere alle aziende quali tipi di problemi potrebbero essere risolti, quali sono i reali campi di applicazione e quali aspetti un’azienda potrebbe migliorare grazie all’utilizzo dei sistemi di Machine Learning o Artificial Intelligence. Diciamo che, secondo il mio parere, l’utilizzo che se ne fa a livello industriale e aziendale è ancora minimo, è molto basso. Ma la mia idea è che nel prossimo futuro ci sarà una grossa rivoluzione in quest’ambito dovuta, appunto, all’utilizzo di sistemi di automazione e sistemi di Intelligenza Artificiale”.

E ancora, a proposito del laboratorio PRISMA aggiunge: “Molte delle tematiche che affrontiamo in questo laboratorio, in realtà, hanno una ricaduta nell’ambito di quella che chiamiamo Industria 4.0, perché la possibilità di poter interagire con l’uomo e aumentare le capacità di un processo produttivo (sia dal punto di vista dell’efficienza che dell’esperienza del lavoratore) può essere sviluppata tenendo conto di algoritmi di apprendimento automatico, oppure dei cosiddetti metodi di Machine Learning, in cui tanti dati e tanti esempi vengono dati in pasto ad una macchina che è in grado di generalizzare sulle caratteristiche e di apprendere quali sono quelle più rilevanti per un determinato argomento. Questo dà la possibilità alla macchina di poter interagire con l’utente in tempo reale e comprendere cosa quest’ultimo vuole, come poterlo aiutare”.

Poi avverte anche sui possibili rischi: Sono le piccole aziende che devono capire come tutelarsi, ma anche noi dobbiamo capire come proteggere la nostra privacy, oppure come fornire i dati soltanto a chi vogliamo e come vogliamo, quindi in maniera più oculata, in modo tale che, chi ne ha bisogno, può avere l’usufrutto di questi dati”.

Sulla possibilità di un approccio mediterraneo all’innovazione, la ricercatrice ritiene che c’è una caratteristica dell’essere mediterraneo, ovvero la capacità di essere flessibile, che è proprio una delle cose che cerca l’AI, cioè rendere i processi flessibili ed adattabili all’uomo. Quindi è proprio in questo incontro con l’uomo che io vedo la visione mediterranea dell’Industria 4.0: l’interazione e la possibilità che macchina e uomo siano entrambi flessibili e possano trovare dei compromessi durante l’esecuzione dei compiti”.

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Approfondimenti sull’Intelligenza Artificiale

A cura dei giovani ricercatori dell’Università degli Studi di Napoli Federico II

L’Intelligenza Artificiale– anche conosciuta con il suo acronimo AI– può essere generalmente indicata come l’intelligenza delle macchine. Questa espressione si riferisce a quei sistemi che vengono dotati di software in grado di incrementare l’automazione, la capacità di decision making e quella di elaborazione contestuale della specifica macchina o dispositivo.

Per automazione si intende la realizzazione di una tecnologia e la sua implementazione al fine di controllare e monitorare -in maniera autonoma appunto- la produzione e l’erogazione di beni e servizi: si tratta, generalmente, di compiti precedentemente eseguiti dagli esseri umani. La capacità di decision making, invece, consiste nella facoltà della macchina di trovare soluzioni e reagire correttamente a imprevisti, emulando l’attitudine decisionale umana. Infine, la capacità di elaborazione contestuale, consiste nel carpire più informazioni possibile riguardo al contesto di riferimento del dispositivo e si divide in contestualizzazione passiva (monitorare continuamente l’ambiente e raccogliere informazioni); contestualizzazione attiva (monitorare, raccogliere informazioni e reagire in base a queste); personalizzazione (comportarsi sulla base delle preferenze dell’utente specifico). 

La branca della computer science che si occupa dell’AI mira dunque a progettare e produrre macchine intelligenti di diversa tipologia, in grado prima di tutto di detenere informazioni: sono infatti le grandi quantità di informazioni a costituire il bagaglio di conoscenza delle macchine, e sono fondamentali perché esse possano agire e reagire sul modello umano. Inoltre, tali dispositivi devono essere in grado di condurre operazioni di problem solving, percepire le caratteristiche del contesto circostante, manipolare oggetti ed eseguire tanti altri task diversi. 

Uno dei principali settori del campo dell’AI riguarda il Machine Learning- anche conosciuto con l’acronimo ML– ovvero il sistema attraverso il quale le macchine imparano a gestire nuove situazioni, grazie all’analisi dei dati, l’allenamento, l’osservazione e l’esperienza. È proprio grazie al Machine Learning che è possibile avere computer sempre più intelligenti.  

La ricerca e le applicazioni dell’AI

Oggi gli studi sull’Intelligenza Artificiale costituiscono il cuore dell’innovazione tecnologica grazie alla vastità e alla varietà degli ambiti di applicazione dei sistemi che se ne servono. L’Artificial Intelligence può essere implementata in una serie di dispositivi diversi e per vari utilizzi. Ciò appare evidente dall’osservazione di una delle realtà di ricerca più avanzate ed innovative del panorama italiano: il PRISCA Lab del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione (DIETI) dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. 

Il PRISCA Lab (Projects of Intelligent Robotics and Advanced Cognitive Systems), che si definisce come una realtà che promuove attivamente ‘la connessione umana tra studenti e ricercatori’ è un laboratorio di ricerca riguardo le avanguardie tecnologiche e la loro implementazione per progetti innovativi, come per i social robots Pepper, Nao e Sanbot, solo alcuni dei dispositivi robotici che il laboratorio ospita al suo interno.

Questo laboratorio, che rientra nel più ampio progetto dell’ ICAROS Center (Interdepartmental Center for Advances in Robotic Surgery), comprende un’ampia gamma di attività di ricerca che ruotano attorno allo sviluppo di sistemi dotati di Artificial Intelligence: Machine Learning, interazione H2M (Human to Machine), Mobile Robotics

A colpire maggiormente, però, è la quantità e soprattutto la varietà degli ambiti di applicazione per tali tecnologie, tra cui spiccano il Cultural Heritage (beni culturali), l’e-Health (la salute), quello relativo alle Smart Cities e quello dell’implementazione delle tecnologie per la Gamification (vale a dire l’utilizzo di elementi e modelli mutuati dai giochi per ambiti esterni a quello ludico). 

Silvia Rossi, co-chief del laboratorio e docente presso il DIETI si occupa dell’ambito dell’e-Health e dell’assistenza sanitaria, in cui l’hi-tech costituisce una svolta in termini di qualità dei servizi e riduzione dei costi. Ad esempio, una delle applicazioni di maggior successo riguarda i robot utilizzati durante specifiche terapie di riabilitazione di bambini con deficit motori, questo ne aumenta l’engagement e la motivazione durante il percorso. Ancora, questi device si dimostrano incredibilmente utili nel lavoro con bambini affetti da autismo, poiché stimolano l’interazione e facilitano la valutazione e il monitoraggio dei risultati: ‘per una macchina del genere– sostiene Silvia Rossi- riconoscere un sorriso è la cosa più facile del mondo’.

Ma al di là di banalizzazioni e fanatismi l’implementazione ad hoc di tali tecnologie non riguarda solo i progressi in termini di processori e computazione: la vera sfida tecnologica, afferma la docente, sta nel comprendere le dinamiche di interazione fra uomo e macchina (la cosiddetta interazione H2M, Human-To-Machine) e progettare quest’ultima di conseguenza. È proprio per questo che l’interdisciplinarietà costituisce un aspetto essenziale del PRISCA Lab, tra le cui mura si incontrano medici, psicologi, psichiatri, informatici, linguisti ed esperti provenienti dagli ambiti più disparati. Il tutto in un’ottica di integrazione e collaborazione volta al generale obiettivo di comprendere le necessità dell’utente, valutare l’utilità della tecnologia e progettarla in base a questi parametri. Tale approccio, alla base del PRISCA Lab, costituisce anche il cuore della ricerca del settore AI.

Franco Cutugno, professore di glottologia e linguistica anch’egli del DIETI, che si definisce come un ‘docente anomalo, una via di mezzo fra un linguista ed un informatico’, è un esperto di linguistica computazionale, disciplina che descrive le caratteristiche formali del linguaggio naturale al fine di trasporlo in software eseguibili dal computer. La linguistica computazionale, spiega il professore, è un ambito piuttosto vasto, che si potrebbe sintetizzare in due macrosettori: il trattamento automatico della lingua parlata e il trattamento automatico dei testi. 

Per quanto riguarda il trattamento automatico della lingua parlata, questo comprende macchine parlanti, sistemi di sintesi vocale e riconoscimento automatico del parlato. Sebbene si tratti di tecnologie innovative e avanzate è essenziale non commettere l’errore di sopravvalutarle: questi sistemi di dialogo, ci tiene a precisare Cutugno, come Siri, Alexa e Cortana, non permettono il dialogo fine a se stesso: essi funzionano se, e solo se, il dominio semantico della richiesta rivolta alla macchina è limitato ai compiti normalmente eseguibili dal dispositivo. 

L’impressione che un’Intelligenza Artificiale come Siri possa fare qualsiasi cosa, dunque, è soltanto un’idea di marketing. Brillante, certo, ma pur sempre un’idea di marketing. Da Alan Turing– che ipotizzò un test basato sull’irriconoscibilità fra interlocutore umano e non umano per individuare una macchina pensante- a Philip Dick – che in Do Androids Dreams of Electric Sheep mette in scena un universo in cui tra robot e umani non vi è più nessuna differenza- l’ irriconoscibilità tra intelligenza umana e tecnologica ha sempre costituito un tema di grande speculazione, ma per ora – sostiene Cutugno – è ancora appannaggio della fantascienza. 

Arrivando invece al secondo settore della linguistica computazionale, quello relativo ai testi, il professore la definisce come quella disciplina atta a riconoscere gli elementi fondamentali della grammatica e che prova, dato uno specifico testo, a estrarre da esso tali informazioni. Attraverso questo sistema è possibile la realizzazione di software di sintesi automatica, traduzione automatica, estrazione di informazione, sentiment analysis e molto altro ancora. 

I vari ambiti di applicazione delle tecnologie sviluppate grazie al supporto teorico e pratico della linguistica computazionale forniscono un ottimo spunto di riflessione circa il non così raro incontro fra hard e soft sciences: uno degli ambiti di ricerca di Franco Cutugno e gli altri membri del team PRISCA Lab, infatti, riguarda l’impiego dell’avanguardia tecnologica nell’ambito del Cultural Heritage, dalle tecnologie museali utilizzate per ampliare e arricchire l’esperienza culturale del museo, ai software che definiscono gli standard di conservazione digitale del patrimonio artistico e culturale (vale la pena a questo proposito di citare le piattaforme online Europeana e Iccu). 

Elena Dell’Aquila, ricercatrice presso il PRISCA, è una psicologa specializzata in Psicologia Organizzazionale e Scienze Psicologiche e Pedagogiche. Il suo principale ambito di studio risiede nell’incontro tra tecnologie avanzate e innovative e modelli psicologici riguardo a metodologie educative e tecniche di insegnamento. In particolare tale incontro risulta nello sviluppo di giochi di ruolo virtuali (serious games) finalizzati allo sviluppo delle soft skills

Punto di partenza sono le teorie di Jacob Levi Moreno, psichiatra austriaco che elaborò una metodologia terapeutica fondata sul gioco di ruolo. Mettendo dunque in pratica una particolare declinazione della metodologia del gioco di ruolo moreniano, la dottoressa Dell’Aquila e i suoi collaboratori hanno sviluppato una serie di RPG (Role Playing Games) virtuali. Un esempio di serious games simula una situazione di conflitto in una classe e mette alla prova l’insegnante riguardo la sua modalità di gestione della difficoltà. Attraverso un complesso framework psicologico viene testata la capacità del docente di affrontare l’imprevisto. Inoltre, il software presenta un elevato grado di accuratezza nella comunicazione che si compone infatti secondo una struttura multimodale: verbale, paraverbale e non verbale. Dopo aver presentato la situazione all’utente e avergli fatto compiere le proprie scelte l’RPG genera un feedback e restituisce al docente una sintesi del suo comportamento. 

Attualmente il programma, rivolto soprattutto a insegnanti di istituti di secondo grado, è distribuito in classi interetniche in 5 diversi Paesi dell’UE: Italia, Belgio, Germania, Austria e Spagna. I trial saranno molto utili per cominciare a varare i risultati e le tendenze che poi saranno analizzati e confrontati al fine di ottenere una prospettiva più accurata della dimensione psicologica del conflitto multiculturale. Più in generale, in ogni caso, si tratta di un ottimo esempio di come gli elementi del gioco possano essere traslati al di fuori dell’ambito strettamente ludico per generare un tipo di conoscenza innovativa e approfondita. 

Come illustrato dall’esempio del PRISCA Lab, dunque, quello della robotica intelligente e dei sistemi cognitivi avanzati è un ambito di ricerca che oggi risulta più che attuale e nel pieno del suo sviluppo, grazie soprattutto alla grande varietà delle sue possibilità di applicazione che vanno dall’industria manifatturiera, alle istituzioni culturali fino ad arrivare, infine, all’assistenza della persona. Inoltre, nei suoi 250 mq di struttura, il PRISCA Lab dimostra come la spinta all’innovazione sia particolarmente favorita da un approccio peer-to-peer che si concretizza in uno scambio intellettuale tra ricercatori, docenti e studenti e una solida impostazione collaborativa interfacoltà. 

Considerazioni sul futuro dell’Intelligenza Artificiale

Riguardo all’argomento AI i dubbi e le incertezze non sono pochi. Dall’influenza dell’automazione sul mercato del lavoro ai rischi riguardo privacy e cybersecurity dei sistemi connessi, diverse preoccupazioni sono legate all’ottimizzazione dell’Intelligenza ArtificIale. Inoltre, tale espressione, sembra essere rientrata nell’interminabile elenco di buzzword che animano le discussioni online e non.

È dunque necessario sostenere una divulgazione ampia e accurata di tale argomento, poiché la comprensione di cosa è e cosa non è AI e delle sue caratteristiche principali è fondamentale per favorire il suo pieno sviluppo. Si tratta infatti di tecnologie che se comprese bene nel loro funzionamento, nella loro utilità e nelle loro modalità di implementazione, potranno avere un effetto a dir poco incisivo- non a caso si può parlare di ‘quarta rivoluzione’- in tanti e vari ambiti industriali e non solo, come è dimostrato ad esempio dai social robots. 

La sfida, dunque, è quella di non restare ancorati ad un livello superficiale della tecnologia e di riuscire a perfezionare l’interazione uomo-macchina la quale, come ogni altro tipo di interazione, si basa sul compromesso e sulla flessibilità

È possibile conciliare produttività individuale e produttività aziendale?

  • Produttività individuale e produttività aziendale sono due universi che tendiamo a vedere (e a vivere) come elementi di una sommatoria;
  • Ispirandosi alle startup è possibile trovare i punti chiave e le strategie da adottare per diventare più produttivi in tutte le attività lavorative.

 

Avete presente quando eravate semplici studenti e, tornati dai colloqui scolastici, vostra madre vi rimproverava con la solita frase che ogni professore amava ripetere: “è intelligente, ma non si impegna?” Una cosa del genere potremmo associarla al concetto di produttività di un’azienda. In che senso?

Nella sua forma più elementare, il concetto di produttività è il rapporto tra la quantità prodotta in una data unità di tempo e i mezzi impiegati per produrla. Una definizione abbastanza semplice da capire, ma le strategie per ottimizzarla sono cambiate e si sono evolute negli ultimi due decenni. La tecnologia ha consentito enormi guadagni di produttività personale: computer, fogli di calcolo, email e altri progressi hanno reso possibile per un knowledge worker produrre apparentemente di più in un giorno di quanto in precedenza fosse possibile in un anno.

È allettante concludere che, se gli individui sono in grado di svolgere il proprio lavoro meglio e più rapidamente, la produttività complessiva, quindi aziendale, dovrà essere in forte aumento. Ma non è così. I dati del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti mostrano che, nonostante il boom tecnologico, la produttività complessiva del lavoro è cresciuta solo dell’1-2% all’anno. Con trilioni di dollari investiti durante questo periodo di tempo, è abbastanza alienante come risultato. Non è che forse ci stiamo concentrando sul tipo sbagliato di produttività e, a sua volta, sul tipo sbagliato di gestione?

woman sitting on chair front of black Lenovo laptop

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Il paradosso della produttività sul posto di lavoro 

La produttività aziendale è diversa dalla semplice somma della produttività personale. La maggior parte dei dirigenti ritiene che la produttività aziendale sia semplicemente la somma della produttività dei singoli dipendenti. Si sbaglia di grosso. Per migliorare davvero la produttività è necessario avere un livello di autocoscienza organizzativa per capire quale lavoro spinga effettivamente il valore della propria azienda e indirizzare, di conseguenza, i dipendenti verso questi compiti.

Produttività individuale 

La produttività individuale può assumere significati diversi secondo ognuno di noi. C’è chi crede che essere produttivi significa portar a termine più compiti possibili in poco tempo. Chi crede sia semplicemente raggiungere i propri obiettivi personali. Ma in realtà può essere la somma delle due cose.

La produttività individuale sul posto di lavoro significa portare a termine compiti che ci avvicinano al raggiungimento degli obiettivi prefissati in modo tempestivo e aiutano a portare più equilibrio e semplicità nella propria vita lavorativa. Ogni azienda dovrebbe incoraggiare e rendere possibile la produttività individuale fornendo l’ambiente lavorativo e la tecnologia giusta. Raggiungere la produttività personale significa che i dipendenti hanno maggiore attenzione e sono in grado di produrre più risultati e più velocemente.

Produttività aziendale

La produttività aziendale viene anche definita produttività organizzativa e rientra nella sfera delle prestazioni aziendali. Abbiamo diversi termini per indicarla, ma non esiste una definizione precisa per descriverla.

Come per la produttività individuale, le definizioni organizzative variano. Alcuni credono che la produttività aziendale ruoti intorno all’efficienza e al lavoro svolto nel modo più smart possibile, mentre altri pensano che avvenga quando si bilanciano correttamente i maggiori profitti con un uso efficace delle risorse.

Al di là delle definizioni, ciò che conta, per un manager, è porsi questa domanda: quale lavoro porta valore all’azienda? I dipendenti possono essere altamente produttivi individualmente, ma una gran produttività individuale non è necessariamente convertibile come valore assoluto per l’azienda.

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Come promuovere la produttività aziendale e quella personale?

L’attenzione alla produttività individuale è un obiettivo necessario perché significa avere dipendenti altamente coinvolti e felici, mentre l’attenzione alla produttività aziendale è ciò che rende le imprese competitive e sostenibili.

I dirigenti aziendali sono costantemente sotto pressione per aumentare la produttività e la crescita sul posto di lavoro, ottimizzando al contempo le loro risorse. Ovviamente le due tipologie di produttività non potranno mai essere in competizione, ma devono essere complementari. È chiaro che l’obiettivo deve essere quello di promuovere la produttività sia individuale che aziendale per offrire un vantaggio competitivo tanto necessario nel mondo degli affari.

Quindi da dove iniziare? Quali passi intraprendere per incoraggiare entrambi i tipi di produttività?

1. Passare ad una mentalità organizzativa

Gli atteggiamenti di chi è al capo di un’attività influenzano quelli di tutti gli altri. Bisogna smettere di pensare alla produttività a livello individuale, o di pensarci a livello di squadra. Abbiamo bisogno di una mentalità organizzativa e dobbiamo far in modo che ogni dipendente faccia lo stesso. La natura umana è un po’ egoista e si preoccupa solo di quali attività vengono svolte in un giorno o come fare per far raggiungere al proprio team gli obiettivi prefissati. Portare i propri dipendenti verso una mentalità organizzativa sarà un beneficio sia individuale che per l’intera azienda.

2. Utilizzare strumenti che consentono una visibilità totale della gestione del lavoro

Gli strumenti giusti aiutano a svolgere un lavoro nel migliore dei modi. E in questo caso, sono necessari strumenti che offrano una visibilità completa sul lavoro quotidiano svolto e sulla creazione o meno del valore. Sarà indispensabile un sistema di gestione e un modo per tenere traccia del tempo dei dipendenti in modo che tutti abbiano una comprensione migliore e più chiara delle attività quotidiane della propria azienda. Questa visibilità avrà un ampio impatto sulla struttura e sui processi aziendali.

3. Avere una comunicazione efficace

La necessità di visibilità ci porta ad avere una comunicazione efficace. Una comunicazione chiara ed efficace consente una maggiore visibilità. Se i dipendenti riferiscono regolarmente ai capi dipartimento e i team tengono riunioni regolari per discutere dei progressi sui progetti, allora tutti restano aggiornati e sanno cosa sta accadendo intorno a loro. Investire in strumenti di collaborazione, come app di comunicazione in tempo reale e software di gestione delle riunioni, per facilitare un migliore lavoro di squadra, comporterà una migliore produttività individuale e aziendale.

L’obiettivo finale, sebbene difficile da raggiungere, è una grande organizzazione in cui tutti i lavoratori hanno pieno contesto, strumenti e supporto per concentrare il loro tempo sui principali aspetti di valore dell’azienda. Ciò è entusiasmante non solo per gli effettivi guadagni di produttività che si tradurranno a livello organizzativo, ma anche per ogni dipendente che avrà finalmente un chiaro senso di ciò che conta e di come avere successo nel proprio ambito.

Una società saprà di aver raggiunto questo stato quando i guadagni di produttività personale si sommeranno a quelli aziendali.

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Ispirazione startup: come incrementare la produttività aziendale 

Se avete un’azienda già consolidata, ma credete sia fondamentale non smettere mai d’imparare, dovete assolutamente dare un’occhiata al modo di fare delle piccole startup. Come fanno a incrementare la propria produttività nel mondo competitivo delle aziende?

Le start-up più ambiziose lavorano, giorno dopo giorno, per raggiungere agilità, efficienza e innovazione a livello mondiale. Quella che segue è una lista di 27 punti, differenziati in base ai casi di utilizzo in cui vengono descritti processi e tecniche che hanno generato un aumento delle prestazioni in diverse imprese. Parliamo dei settori più disparati, da quello high-tech, a quello bancario, per poi passare da quello sanitario fino ai settori produzione e ricerca. Gli ambiti presi in considerazione sono 4:

1. Casi di utilizzo generale: aumentare le prestazioni in tutte le discipline attraverso comunicazioni più convenienti e organizzate meglio della posta elettronica.

2. Casi d’uso DevOps: per le aziende in cui la tecnologia è vitale per il successo, i casi d’uso DevOps accelerano lo sviluppo, aumentando al contempo qualità e affidabilità (comunicazione, collaborazione e integrazione tra sviluppatori e addetti alle operations della information technology).

3. Casi di utilizzo organizzativo: per le grandi organizzazioni, questi casi di utilizzo semplificano la collaborazione con un elevato numero di parti interessate.

4. Casi d’uso di automazione avanzata: quando c’è la necessità che i propri team lavorino con tecnologie all’avanguardia, considerare questi casi d’uso avanzati per raggiungere le massime prestazioni.

E ora tuffiamoci nei dettagli di ogni categoria!.

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Casi di uso generale

1. Messaggistica a livello aziendale

Consolidare i sistemi di messaggistica istantanea con un unico e moderno sistema progettato per raggiungere chiunque lavori in azienda o anche i clienti. Connettersi con chiunque, ovunque. Un singolo messenger riduce la ridondanza, semplificando al contempo la verifica della disponibilità, facilitando le chat di gruppo in tempo reale, inviando messaggi privati ​​e comunicando in modo asincrono con chiunque e su qualsiasi dispositivo. Tutte le comunicazioni vengono archiviate per creare una cronologia persistente disponibile su tutti i dispositivi con funzionalità di ricerca istantanea e avvisi unificati.

2. Formazione per nuovi assunti

Invitare i nuovi assunti a unirsi ai canali chiave in modo che possano leggere rapidamente la cronologia delle chat e aggiornarsi da soli sui lavori e i progetti in atto. Una volta che un nuovo assunto si unisce a canali pertinenti, può rendersi conto del lavoro del team e capire rapidamente come interagisce e opera il proprio gruppo di lavoro.

3. Omologazioni e feed

Allo stesso modo, si può utilizzare la messaggistica per aiutare i revisori e i manager a valutare con precisione lo sviluppo di un progetto o un’iniziativa in un dato momento. Chi si occupa della revisione di un lavoro, potrebbe semplicemente rivedere i progressi compiuti leggendo la cronologia dei canali quando e dove vuole, secondi i suoi tempi.

4. Creazione di notizie e avvisi

È possibile creare canali autonomi per pubblicare e archiviare notizie e avvisi che vengono automaticamente pubblicati tramite bot o aggiunti manualmente dalle parti interessate.

5. Monitoraggio aziendale

Aumentare la consapevolezza e accelerare il processo decisionale collegando le applicazioni aziendali, come SAP o Oracle, ai canali di messaggistica in tempo reale per gli ultimi aggiornamenti. Ad esempio, è possibile trasmettere in streaming i report di vendita giornalieri per una specifica linea di prodotti attraverso aree geografiche in un canale per monitorare l’attività aziendale e porre domande agli stakeholder sull’azienda e avviare piani di reazione e ottimizzazione. Può essere fatto per l’assistenza clienti, per i social media e molte altre funzioni aziendali standard, facilmente gestibili canale per canale.

6. Gruppi specifici dell’argomento

Creare canali specifici per gruppi specifici in base agli argomenti in modo che le parti interessate possano facilmente condividere le informazioni pertinenti tra loro. Questi canali dedicati possono fungere da comunità in cui professionisti appassionati potranno apprendere e condividere le conoscenze reciproche discutendo suggerimenti e trucchi, informazioni sulle tendenze del settore, notizie su nuovi strumenti e gadget che supportano le funzioni lavorative e altro ancora. Ciascuno di questi canali potrebbe pullulare di dipendenti che parlano di come diventare più produttivi e più influenti nei propri campi. Come bonus aggiuntivo, i canali potrebbero anche essere utilizzati per organizzare eventi e incontri di team building.

DevOps Use Cases

7. ChatOps

ChatOps è un modo nuovo di lavorare che riunisce persone, strumenti e discussioni per aumentare la produttività e aiutare le aziende a muoversi più velocemente. Monitoraggio automatizzato, risoluzione del sistema con supervisione e analisi per massimizzare i tempi di attività e di efficienza. Fornisce maggiore affidabilità, tempi di risposta agli incidenti più rapidi e migliaia di ore di risparmio in termini di produttività.

8. Codifica sociale

Negli ultimi anni, il social coding è diventato un modello di grande successo nella comunità open source, in cui gli sviluppatori si incoraggiano reciprocamente a contribuire ai progetti più importanti. La messaggistica consente alle aziende di sfruttare internamente il potere della codifica sociale. Qualità, coerenza e velocità sono notevolmente migliorate quando gli sviluppatori possono richiedere e condividere in modo efficiente feedback su approcci tecnici.

9. War rooms

Quando si verificano le crisi, le persone sanno dove andare. Ciò consente di risparmiare tempo cruciale, consentendo alle aziende di riunire rapidamente team dinamici per raggiungere obiettivi specifici (es. come ripristinare la rete online).

10. Ops Theater

Durante un’interruzione critica, è fondamentale che gli stakeholder di un’azienda ne comprendano lo stato. In un’interruzione, i canali di messaggistica fungono da Ops Theater, dove gli ingegneri stanno lavorando per risolvere il problema mentre centinaia di parti interessate monitorano il canale di aggiornamento in tempo reale per fornire aggiornamenti ai clienti. Ops Theater offre una consapevolezza efficace, su larga scala e in tempo reale, all’interno di un’azienda da qualsiasi luogo e dispositivo.

11. NoOps

NoOps entra in gioco quando i team hanno implementato sistemi altamente automatizzati per operazioni, monitoraggio e ripristino. Quando si verificano interruzioni o i bug vengono identificati da un bot, un processo automatizzato esegue le procedure per il ripristino. La messaggistica consente alle organizzazioni di avvicinarsi a NoOps, passando da persone che monitorano attivamente macchine e flussi di lavoro, a robot che le monitorano, con persone che supervisionano i bot secondo necessità.

12. Hub di notifica

Le soluzioni di messaggistica open source sono completamente personalizzabili. È possibile integrare sistemi standard, personalizzati nell’interfaccia di messaggistica centrale per fungere da hub di notifica e allo stesso tempo ottimizzare i flussi di lavoro. Ciò comporta una riduzione del “rumore” da un panorama di comunicazioni ingombro eliminando il rischio di mancate notifiche.

13. Osservazione e coaching

Le piattaforme di messaggistica sono anche strumenti preziosi per la gestione delle prestazioni dei team. Invece di dover faticosamente intervistare i membri del team, i manager e altri esperti possono usare i loro messaggi per esaminare i flussi di lavoro ai fini di osservazione e coaching. Ciò avvantaggia la trasparenza. I manager possono utilizzare una piattaforma di messaggistica con una cronologia persistente per rivedere occasionalmente le cronologie delle chat e diagnosticare problemi di comunicazione per migliorare i processi in futuro. La piattaforma può anche essere utilizzata per valutazioni e coaching sia formali che informali, fornendo feedback in tempo reale.

produttività individuale e produttività aziendale

Casi di utilizzo organizzativo

Questi casi d’uso condividono esempi di come i canali di messaggistica possono essere utilizzati per semplificare le comunicazioni per scopi diversi.

14. Progetti

Creare canali dedicati per progetti specifici e invitare tutti i membri e le parti interessate a partecipare. In questo modo, tutti coloro che sono coinvolti sanno dove si svolgono le discussioni e dove sono archiviati i file e le altre risorse pertinenti.

L’idea in più è quella di organizzare riunioni e facilitare le discussioni apertamente, all’interno del canale e direttamente sulla piattaforma. Ciò consente di risparmiare tempo che sarebbe speso per rispondere alle richieste o riferire su aggiornamenti o altre tipologie di notizie. I partecipanti alla riunione possono controllare il canale a loro piacimento per vedere che cosa ha fatto l’intero team. I manager possono imparare quali sono i problemi che possono frenare i lavoratori e tutto in tempo reale.

15. Team e sottogruppi

Creare canali per ciascun team e ciascun sotto-team che collaborano a un progetto. I sottogruppi consentono conversazioni efficaci e specifiche per il team secondario. I nuovi assunti possono anche unirsi ai canali del team per aggiornarsi rapidamente su cosa si sta lavorando.

16. Canali di discussioni

La creazione di canali per argomenti di discussione specifici, per esempio, un canale sull’intelligenza artificiale, o un canale che facilita le discussioni sul marketing degli sviluppatori.

Funzionano allo stesso modo delle chat room basate su argomenti, ma aggiungono il vantaggio della comunicazione in tempo reale. I partecipanti possono porre domande urgenti a un pubblico di esperti coinvolti e appassionati che possono quindi rispondere immediatamente.

17. Occhio alla geografia

Ogni azienda ha un team distribuito i vari parti del mondo, che siano persone che lavorano in sede, ma anche da casa o che si collegano con il resto del team da una caffetteria. Può essere utile utilizzare una piattaforma di messaggistica per riunire i dipendenti in regioni geografiche simili, creando canali per ogni posizione. Questa funzionalità è utile per eventi di rete o memo amministrativi. I nuovi arrivati ​​possono anche vedere facilmente cosa sta succedendo nelle vicinanze e unirsi.

18. Riunioni

Le riunioni non sono necessariamente produttive. Tutti devono viaggiare dal punto A al punto B e arrivarci contemporaneamente. Si possono spostare le riunioni per risparmiare tempo, aumentare il coinvolgimento e migliorare la produttività. Come? Si può impostare un canale specifico per una riunione ricorrente, pubblicare i nuovi argomenti sul canale prima dell’inizio della riunione, in modo che i dipendenti abbiano il tempo di porre domande.

19. Help Desk

La piattaforma di messaggistica può essere utilizzata per aiutare i lavoratori a imparare come fare tutte le operazioni. Creare un canale di Help Desk esclusivo per indirizzare ad esso tutti i dipendenti. In questo modo, ogni volta che qualcuno non è sicuro di come agire o ha una domanda su argomenti o sistemi particolari, saprà esattamente dove andare. Successivamente, si possono raccogliere tutte le informazioni per compilare un documento FAQ.

20. Outsider Onboarding

Usare la piattaforma di messaggistica per far accedere un consulente, o un membro del team in visita ogni volta che è necessario un aiuto esterno, mettendoli su un piano di parità con il resto del team. Invitare il consulente a entrare temporaneamente in un canale pertinente in modo che possa leggere cosa sta succedendo prima di offrire i propri consigli e iniziare il proprio lavoro. Una volta terminato il lavoro del consulente, ne si può limitare l’accesso.

produttività individuale e produttività aziendale

Casi d’uso di automazione avanzata

21. Monitoraggio dei problemi chiave

Creare bot per monitorare sistemi o altre code per determinate parole chiave e far filtrare automaticamente le informazioni alle persone giuste al momento giusto. Utilizzare la messaggistica sul posto di lavoro per individuare problemi specifici nei sistemi, ad esempio, bug critici. In questo modo i dipendenti verranno avvisati solo quando è necessario.

22. Notifiche

La messaggistica sul posto di lavoro può essere utilizzata per notificare automaticamente ai team i principali eventi di sistema e altri errori. I bot possono pubblicare automaticamente queste informazioni, consentendo ai dipendenti di concentrarsi su altre attività. Si possono creare bot per intensificare i problemi che potrebbero essere stati persi. Come avvisare i team leader se nessuno risponde a un problema/notifica entro un tot di tempo. 

23. Domande e risposte automatizzate

Creare un bot che fornisca automaticamente informazioni su uptime, statistiche di sistema e record basati su ID o attributi. Così i dipendenti chiedono al bot e quest’ultimo risponde automaticamente. Questa funzionalità è particolarmente utile per le discussioni in chat. Nessuno deve lasciare la piattaforma per rintracciare le informazioni di cui necessita.

24. Rimedio automatizzato

Utilizzare i bot per riparare automaticamente i servizi e informare le parti interessate su ciò che è accaduto. Ad esempio, un bot può rilevare errori in base alle notifiche in un canale specifico e riavviare automaticamente un servizio senza richiedere input umani. Il risanamento automatico è un altro modo per recuperare i tempi aumentando la produttività e garantendo una migliore esperienza utente.

25. Aggiornamenti di sistema in linea

I bot possono anche essere usati per trasformare messenger in un’interfaccia di chat per ticketing e altri sistemi di stato del lavoro. Gli utenti possono digitare semplici comandi per aggiornare direttamente i ticket all’interno del proprio strumento di chat. Un ulteriore vantaggio derivante dall’impostazione degli attributi in linea è che tutti possono, in seguito, vedere la cronologia delle operazioni, proprio nella cronologia della chat.

26. Diagnostica

Creare un bot e usare la messaggistica sul posto di lavoro per eseguire la diagnostica e pubblicare i risultati quando richiesto. Questi possono riferire in base a un orario programmato o possono essere attivati ​​su richiesta dell’utente. Questa funzionalità è utile sia per il monitoraggio di routine che per la risoluzione dei problemi.

27. Verificare lo stato di salute

I bot possono anche segnalare gli stati del sistema all’interno della piattaforma di messaggistica, fornendo collegamenti a dashboard pertinenti. Ciò è utile per controlli a campione e iniziative di automazione in corso per assicurarsi che tutto funzioni in modo ottimale e come progettato.

*Questo contenuto è stato liberamente tradotto da “27 things enterprises can learn from startups to increase productivity”.

tecnologia 4.0

Che cos’è la Robotica, spiegato con una mini-serie TV

  • “Societing4.0 – Che cosa sono le tecnologie 4.0″ è una miniserie per capire le principali tecnologie 4.0 (dalla Robotica all’Intelligenza Artificiale, dalla Stampa 3D alla Realtà Aumentata/Virtuale, dai Big Data all’Internet delle cose) e per dare maggiore consapevolezza e strumenti critici sulla loro applicazione a cittadini curiosi, PMI, studenti e insegnanti.
  • Per ciascuna tecnologia le telecamere dei giovani ricercatori entrano nei laboratori dell’Università Federico II dove sono studiate le tecnologie e dove sei luminari rispondono alle domande dei ragazzi, sotto la direzione scientifica del Professore Alex Giordano, tra i massimi esperti di trasformazione digitale in Italia.

I giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II hanno intervistato Bruno Siciliano, Professore di Automatica presso il DIETI (Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione), Coordinatore del PRISMA Lab (Projects of Industrial and Service Robotics, Mechatronics and Automation) e Direttore del Centro ICAROS (Interdepartmental Center for Advances in Robotic Surgery).

Puoi guardare la video-intervista integrale sul portale di Rai Scuola a questo link.

Il Prof. Siciliano ritiene che sia necessario pensare alla robotica come una tecnologia di supporto all’uomo. Non c’è nulla di più falso di attribuire all’automazione la perdita di posti di lavoro, quelli che saranno sostituiti saranno lavori pericolosi, alienanti o ripetitivi”.

Un aspetto questo che suscita le preoccupazioni di chi vede in generale, nell’avvento delle tecnologie all’avanguardia, un problema e non un’opportunità per l’uomo. L’idea del Prof. è molto stimolante: Se pensiamo alla robotica, essa consentirà, da qui a qualche anno, una forma di nuovo umanesimo digitale, avremo molto più tempo per essere creativi, per pensare, per realizzare, e creare degli oggetti che possono portare al miglioramento della nostra vita”.

Una visione che vede certamente proficuo il rapporto tra uomo e tecnologia e aggiunge: “La scommessa della robotica e la sua direzione guardano verso dei sistemi sempre più intelligenti, grazie alla tecnologia e agli algoritmi di intelligenza artificiale che comunque saranno sempre il frutto dell’ingegno e della creatività di chi li ha progettati. È questa la vena creativa che rende la robotica così affascinante tra i giovani, da quelli che giocano col kit di Arduino e realizzano in casa un sistema di tipo artigianale, a quelli che sviluppano sistemi più avanzati”. Il suo pensiero infatti va ai giovani: Il mio compito da professore non è solo quello di formare ricercatori, ma anche quello di formare i giovani che saranno i futuri professionisti dell’economia del Paese”.

E a proposito di economia, il Prof. Siciliano pensa che la tecnologia, la robotica, nello specifico, possa essere d’aiuto anche alle piccole e medie imprese: La robotica è diventata di grande interesse per le piccole e medie imprese da circa 5 anni perché il robot può essere personalizzato in base alla particolare applicazione senza che l’operatore debba conoscere come programmarlo, dal momento che è possibile sviluppare un’applicazione in maniera intuitiva con un livello di intuitività pari all’utilizzo di uno smartphone. Tutto ciò sta diventando sempre più allettante per le piccole e medie imprese, perché con un investimento modesto che riguarda il costo della macchina e magari un costo di integrazione, installazione e manutenzione, l’operatore può eseguire delle lavorazioni utilizzando il cobot in maniera intuitiva alla stregua della robotica domestica”.

Alla domanda sulla possibilità di trovare un approccio mediterraneo alla robotica, il Prof. precisa: Il fatto che mi interessi di robotica e che lo faccia a Napoli, una città che allena alla complessità, ha permesso che fosse proprio la mia città e la sua gente a fornirmi ispirazioni per alcune delle idee più creative”.

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Approfondimenti

A cura dei giovani ricercatori dell’Università degli Studi di Napoli Federico II

La robotica è nata come quel settore dell’ingegneria che si occupa della realizzazione di macchine (robot) e dello sviluppo di metodologie che consentono a queste ultime di eseguire compiti specifici atti a riprodurre il lavoro umano in ambienti vari e per scopi diversi. Nella robotica confluiscono sia discipline scientifiche come l’elettronica, l’informatica, l’intelligenza artificiale, la meccatronica, la bioingegneria, le nanotecnologie, le neuroscienze, sia umanistiche come l’etica, la sociologia, la filosofia, la giurisprudenza, l’etologia e, pertanto, ha assunto via via la connotazione di una scienza interdisciplinare.

Uno dei manuali punti di riferimento del settore è il monumentale (229 gli autori coinvolti), “Springer Handbook of Robotics”. Il volume curato da due esperti di fama internazionale: il professor Bruno Siciliano, dell’Ateneo di Napoli Federico II e Oussama Khatib, dell’Università di Stanford, ha ottenuto il maggior riconoscimento per l’editoria scientifica: 2008 PROSE Award for Excellence in Physical Sciences & Mathematics. In un passo del manuale si prefigura tutta la portata della robotica che è: “fortemente coinvolta nelle sfide crescenti dei nuovi settori emergenti. Interagendo, esplorando e lavorando con gli umani, la nuova generazione di robot è destinata a entrare sempre di più in contatto con gli individui e le loro vite quotidiane”, costantemente alla ricerca di nuovi utilizzi e applicazioni “mirando a raggiungere e oltrepassare i limiti umani”.

La robotica attualmente rappresenta uno degli ambiti di maggiore investimento in termini di ricerca e costituisce, nell’interazione con altre tecnologie come i big data e l’intelligenza artificiale, il futuro dell’innovazione tecnologica o meglio dire il presente, dal momento che a detta di molti esperti tra cui il prof. Siciliano: “oggi, siamo nel pieno dell’era della robotica”.     

Esordi e cenni storici sulla Robotica

Ciò che definisce meglio la robotica nel suo progredire sta nella definizione di “connessione intelligente tra percezione e azione”. Grazie a sensori e attuatori i robot raccolgono informazioni dall’ambiente circostante, le elaborano e compiono le azioni utili a raggiungere i compiti loro assegnati. Questo tipo di “intelligenza” conferisce ai robot ampi margini di autonomia. Tali margini diventano sempre maggiori con l’avanzare della ricerca scientifica e della tecnologia, all’insegna di una storia che parte da lontano.

La prima tappa si colloca attorno al 1200, quando il matematico e ingegnere arabo Al-Jazari, primo pare ad aver realizzato macchinari dotati di forme umane, mise a punto un sistema con sembianze di donna per il lavaggio delle mani. Dall’automa cavaliere di Leonardo da Vinci (1495) alle Karakuri dolls, bambole meccaniche tradizionali del Giappone (XVII-XIX secolo) la storia dei robot si caratterizza per una dicotomia fondamentale: quella tra il bisogno dell’uomo di realizzare delle macchine utili e il sogno di replicare se stesso.

Il termine robot fu coniato nel 1920 dal commediografo ceco Karel Čapek nell’opera I robot universali di Rossum. Non ci deve sorprendere che la parola robot, (dal ceco robota, cioè lavoro esecutivo) sia comparsa per la prima volta nella sua accezione moderna in un’opera teatrale: per via della doppia faccia di questa tecnologia, tra ricerca di soluzioni di questioni meramente pratiche e  tentativo di forgiare un alter ego dell’uomo, essa ha stretto sin dall’inizio un legame indissolubile con l’immaginario collettivo. 

Dal teatro ai film, 2001: Odissea nello spazio, Blade Runner, fino ad arrivare al film d’animazione Wall-e, e non solo, i robot hanno popolato pagine di libri, serie tv e videogiochi. Il mondo dei media si è da sempre occupato del tema declinandolo in maniera diversa, contribuendo però il più delle volte a trasmettere una rappresentazione distopica delle società tecnologiche.

Nella storia recente, dal 1960 al 1980, la robotica si è andata affermando nel settore manifatturiero per via di una sempre maggiore automatizzazione dei processi produttivi

Nei decenni successivi, la nuova generazione di robot ha iniziato a esplorare pianeti, a compiere operazioni di salvataggio, a entrare nelle case per aiutare nelle faccende domestiche, in sala operatoria, nelle strade, addosso ai nostri corpi. “Viviamo in una nuova era robotica, un’era in cui i robot convivono con noi, ci aiutano, ci connettono, a volte ci sostituiscono”. Queste le parole del prof. Siciliano che aggiunge: “per quanto riguarda il futuro (che è alle porte) il trend principale sarà quello della robotica personale.”

Bill Gates, fondatore di Microsoft, in un articolo pubblicato nel 2006 su Scientific American, sostiene che la robotica, di lì a poco, sarebbe diventata l’hot topic del momento. L’articolo non a caso s’intitola “A robot in every home” e in esso Gates spiega la sua prospettiva riguardo i futuri sviluppi del settore. “Nonostante le difficoltà – scrive il fondatore di Microsoft – quando parlo con persone coinvolte nella robotica, siano essi ricercatori universitari, imprenditori, hobbysti o studenti delle superiori, il livello di eccitazione e aspettative mi ricorda incredibilmente dei tempi in cui Paul Allen e io osservavamo la convergenza delle nuove tecnologie e sognavamo un mondo in cui ci sarebbe stato un computer su ogni scrivania e in ogni casa. E guardando alle tendenze che ora stanno iniziando a confluire, non mi riesce difficile immaginare un futuro in cui i devices robotici diventeranno una componente praticamente ubiquitaria nelle nostre vite quotidiane”.     

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Service Robotics: il futuro (prossimo) della robotica e le implicazioni etiche

Per una tecnologia che promette di essere così diffusa, integrata e pervasiva nelle nostre vite i potenziali problemi non sono di certo pochi, né di poco conto: a tal proposito, centrale è il tema della sicurezza —si pensi ai pericoli fisici per gli individui a stretto contatto con questi dispositivi— e le diverse controversie etiche riguardanti l’utilizzo degli automi.

Tali questioni sono oggetto della roboetica, ovvero l’etica applicata ai robot. Nata ufficialmente in Italia, nel 2004 con il primo Simposio Internazionale di Roboetica, affronta una serie di argomenti che nascono dalla fondamentale differenza tra i robot e la maggior parte delle altre innovazioni: i robot infatti non sono soltanto oggetti tecnologici ma sono, sempre di più, ‘soggetti dotati di capacità decisionali‘. 

Durante il Simposio Internazionale di Roboetica, organizzato in collaborazione con la Scuola di Robotica e l’Arts Lab della scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Gianmarco Verruggio, scienziato robotico sperimentale, ha ideato il concetto di roboetica per indicare il “rapporto positivo che dovrebbe intercorrere fra progettista/produttore/utente di robot e queste macchine intelligenti. Non solo norme negative, dunque, ma la complessa relazione che collega gli umani ai loro artefatti intelligenti e autonomi”. Ciò che è emerso dal simposio a cui hanno partecipato filosofi, giuristi, sociologi, antropologi e scienziati robotici provenienti da Europa, Stati Uniti e Giappone, e che ancora oggi costituisce il nucleo di base della disciplina, è il dovere degli specialisti del settore di accrescere la consapevolezza del pubblico circa le problematiche legate all’utilizzo dei robot. Scopo della roboetica è quello di attuare una divulgazione estesa “affinché la società possa prendere parte attiva nel processo di creazione di una coscienza collettiva, in grado di individuare e prevenire un uso errato della tecnologia. La speranza è che si possa giungere a un’etica condivisa da tutte le culture, tutte le nazioni e le religioni, così che la costruzione e l’impiego di robot contro gli esseri umani sia considerato un crimine contro l’umanità”.

Una delle domande della roboetica riguarda la “titolarità della responsabilità” a proposito dell’eventuale errore o danno provocato da una macchina. In particolare, le inquietudini e le perplessità si moltiplicano con l’aumentare delle applicazioni degli automi in ambiti come l’assistenza medica, personale, la biorobotica e la robotica militare. 

Oggi, è evidente, la roboetica e le sue questioni costituiscono un tema di discussione centrale in una società in cui aumentano sempre di più le applicazioni dei robot in ambienti cosiddetti antropici, in coabitazione con gli esseri umani. È proprio per la natura della robotica, sostiene l’esperto Siciliano, per le molte questioni che solleva e per la varietà delle forme che essa può e potrà assumere nel futuro prossimo, che tale disciplina chiama in causa tutta una serie di studi e considerazioni diverse. L’ingegneria, l’informatica, la fisica, la biologia e anche la sociologia, la filosofia e la cultura d’impresa

Il PRISMA Lab

Da trentacinque anni il laboratorio PRISMA del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione della Federico II si occupa di progetti di robotica industriale e di servizio, meccatronica e automazione. Vincenzo Lippiello, professore associato di Automatica, racconta la storia del laboratorio, partendo dai primi robot entrati in loro possesso, dei COMAU di prima generazione, con cui si è perseguito l’intento di far progredire i sistemi di controllo di tali robot con tecniche di evoluzione sempre più avanzate.

Con il tempo la robotica è progredita verso tecnologie sempre più sofisticate, che hanno la capacità di misurare interazioni fisiche lungo tutta la propria struttura, percependo le forze con cui interagiscono. I robot presenti in laboratorio diventano sempre più piccoli e leggeri, sicuri e intelligenti.

Dal più conosciuto RoDyMan, piattaforma semi-umanoide, capace di manipolare oggetti deformabili grazie alla sua facoltà di comprendere quanta forza applicare durante il trattamento, a robot di piccole dimensioni che riescono a percepire il contatto non solo attraverso i loro bracci meccanici, ma anche attraverso la propria base, fino alla MERO Hand di Fanny Ficuciello, ricercatrice di Bioingegneria Industriale: progetto di una mano antropomorfa, soluzione di particolare rilievo e interesse nell’ambito della ricerca sulle protesi robotiche della mano.

Il PRISMA Lab si occupa anche di robotica aerea, disponendo di un’arena di volo a San Giovanni a Teduccio. Vanta una collaborazione con Eni, azienda che ha dimostrato interesse verso lo sviluppo di nuove tecnologie robotiche.

In particolare la ricerca si concentra sullo sviluppo di droni ibridi, composti da un multimotore, una base mobile e un braccio robotico per l’ispezione di impianti petrolchimici.

google my business covid 19

COVID-19: come gestire la chiusura temporanea delle schede di Google My Business

  • Google ha contrassegnato le schede GMB “temporaneamente chiuse”
  • I proprietari possono aggiornare le schede con le info suggerite
  • Intanto è aumentato il tempo necessario per l’assistenza e il supporto

 

Causa COVID-19,  “chiuse temporaneamente” o “chiuse definitivamente”, gettando nel panico moltissimi proprietari di attività e marketer.

A quanto si legge nei thread dei forum delle Community di Google My Business si tratterebbe di un’azione intrapresa dal motore di ricerca per verificare quali esercizi commerciali non aggiornano le informazioni relative alla propria attività da tempo, a maggior ragione dopo l’emergenza sanitaria. Sono sempre di più le persone che cercano online quali sono le attività aperte:

Aperto ora Google Trends

Google vuole lasciare spazio alle attività aperte, per aiutare le aziende, ma soprattutto gli utenti che vogliono usufruire del prodotto o del servizio.

La cura della scheda è da sempre fondamentale, ma in questo periodo di emergenza è molto utile fornire informazioni accurate, perché possono risultare molto preziose per i potenziali fornitori o clienti.

Per definire la chiusura di un’attività la società ha affermato sfruttare i dati ricevuti dalle fonti autorevoli, come ad esempio i governi nazionali, le amministrazioni locali, le organizzazioni non-profit, le istituzioni educative, etc. Alla fine dell’emergenza, questo status verrà tolto in automatico tuttavia, in qualsiasi momento, la singola attività può collegarsi al pannello di controllo e riaprirla immediatamente.

Perché è un problema avere la scheda “chiusa”? Contrassegnare la scheda con questo status può causare la perdita di traffico, ranking e visibilità. Una volta riaperta la scheda riacquisterà il proprio posizionamento, seppur con qualche fluttuazione iniziale.

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Google My Business vs covid19

Quali sono le modifiche da fare sulla scheda?

Riaprire la scheda Google My Business

In caso la scheda risultasse “chiusa definitivamente” riaprite la sede della vostra attività, cliccando sul messaggio che appare nella tab “informazioni”. Successivamente segnalarla come “chiusa temporaneamente” (nel caso l’attività sia soggetta a chiusura a causa dell’ordinanza), oppure lasciare aperta segnalando le variazioni.

Scheda GMB chiusa

Modificare gli orari dell’attività

Se il vostro orario di lavoro è cambiato modificatelo, in modo che i clienti sappiano se la vostra attività è normalmente aperta o usufruisce di orari ridotti (orari speciali). Se gestite molte località, potete utilizzare il caricamento collettivo o utilizzare l’API Google My Business.

orari speciali GMB

 

Gestire le informazioni personali

Spiegate se la vostra attività è influenzata dall’emergenza sanitaria: grazie agli attributi e alla descrizione potete condividere informazioni su eventuali precauzioni extra che la vostra azienda sta prendendo, come lavorare a porte chiuse e passare al take away, oppure se state riscontrando ritardi nelle consegne.

descrizione GMB

 

Creare uno o più post di aggiornamento

Condividi gli aggiornamenti più dettagliati e tempestivi sulle scelte intraprese dall’attività, tramite dei post: in questo modo sarà più chiaro se il business è aperto e come opera in questo periodo.

Google ha anche lanciato una nuova tipologia di post dedicata al COVID-19, che al momento è solo testuale, ma non è escluso che possa subire variazioni nel corso delle prossime settimane.

Vi suggerisco di creare un messaggio formale, comprensivo di recapiti, ad esempio “In ottemperanza al DPCM dell’11 marzo 2020 e fino a cessata emergenza operiamo a porte chiuse. Contattateci al numero xxxxxxx”.

Attualmente questa tipologia di post sarà disponibile per 14 giorni, ma potrà variarne la durata in base alle effettive necessità dipendenti dal virus. Ad esempio, Fastweb ha lanciato questo messaggio:

Fastweb Coronavirus

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Le modifiche su Google My Business sono immediate?

Come affermato da Google, verrà data precedenza alla modifica delle schede delle attività relative alla salute, in secondo luogo alle modifiche essenziali, ovvero relative agli orari, allo status, alle descrizioni e agli attributi, delle restanti attività verificate.

Queste modifiche potrebbero subire ritardi, ulteriori a tre giorni. In seguito alla riduzione del team di assistenza di Google, a causa della situazione, infatti, è aumentato il tempo necessario per l’assistenza, come riportato ufficialmente da Google nella pagina di supporto.

Le recensioni e le domande, invece, non saranno disponibili per tutto questo periodo. Vista la costante variabilità della situazione raccomandiamo di verificare gli aggiornamenti sull’argomento sulla pagina del Centro Assistenza.