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pico visore metaverso

Bytedance sfida Meta e lancia un visore VR per il Metaverso

Pico, società controllata da ByteDance, ha presentato il suo ultimo headset per la realtà virtuale.

Il Pico 4 sarà inizialmente disponibile in Giappone, Corea del Sud, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Italia e altri otto Paesi europei.

Pico non ha ancora rivelato i piani di rilascio negli Stati Uniti, ma punta a portare il dispositivo a Singapore e in Malesia entro la fine dell’anno e in Cina in un secondo momento.

Gli headset, dotati di processore Qualcomm XR2, GPU Adreno 650 e 8 GB di RAM, possono essere utilizzati come dispositivo indipendente stand-alone. Pico sostiene che la batteria, che si trova nel cinturino posteriore per aiutare a mantenere l’equilibrio, garantisce circa tre ore di utilizzo con una singola carica, come rilevato da The Verge.

Il dispositivo pesa 295 grammi senza il cinturino e 586 grammi quando è collegato.

Pico è anche per il gaming

È anche possibile collegare il dispositivo a un PC da gaming per esperienze VR di livello superiore. Uno step necessario per sfruttare appieno i doppi display, che offrono una risoluzione superiore al 4K con 4.320 x 2.160 pixel per ciascun occhio. Secondo Pocket-lint, i display hanno un refresh rate di 90 Hz e un campo visivo di 105 gradi.

Pico 4 utilizza il tracking interno all’esterno senza bisogno di beacon esterni. Viene fornito con i controller di movimento Pico 4 (con la funzione di vibrazione incorporata) ed è dotato di quattro telecamere esterne, come sottolinea Road to VR. Secondo il sito web di Pico, il dispositivo offrirà un passthrough a colori – qualcosa su cui Meta sta lavorando per il suo headset Project Cambria.

Anche sport, concerti e TikTok in modalità immersiva

Dato che ByteDance possiede anche TikTok, non dovrebbe sorprendere la possibilità di visualizzare i video sul dispositivo e dal dispositivo. Sarà infatti possibile condividere esperienze VR anche su TikTok. 

Pico sta lavorando per portare sulla piattaforma anche sport dal vivo e “concerti basati su avatar”.

Per quanto riguarda i giochi, ce ne sono già 165 nello store di Pico e ogni settimana se ne aggiungono altri. Gli headset supporteranno giochi del calibro di Peaky Blinders: The King’s Ransom, Demeo, The Walking Dead: Saints & Sinners, All-in-One Summer Sports VR e Just Dance VR (che arriverà nel 2023 come esclusiva Pico). È previsto anche il supporto per SteamVR.

pico visore VR di Bytedance

Il suo Metaverso potrebbe arrivare prima di Horizon

Nel frattempo, l’anno prossimo è previsto il lancio di un’esperienza in stile metaverso chiamata Pico Worlds. A differenza di Horizon Worlds di Meta, gli avatar di Pico sembrano avere le gambe.

Considerando il prezzo e le specifiche, Pico sta cercando di competere con Meta Quest 2 (Meta ha recentemente aumentato il prezzo di ben 100 dollari).

Resta da vedere se il marchio potrà competere con Meta sul fronte dei contenuti. È improbabile che gli utenti possano giocare a Beat Saber, per esempio, uno dei giochi più popolari di Oculus, anche se Bytedance ha svelato il suo ultimo dispositivo poche settimane prima della presentazione di Meta del suo dispositivo di fascia alta al Connect: Project Cambria.

Quanto costa Pico

Pico 4 con 128 GB di memoria costa 429 euro (circa 422 dollari). Un modello con capacità di memoria doppia costerà 499 euro (circa 491 dollari). I preordini saranno aperti il mese prossimo e i prodotti saranno spediti il 18 ottobre.

L’azienda prevede anche di rilasciare alcuni accessori l’anno prossimo, tra cui un fitness tracker più preciso, un dongle wireless per la connessione al PC e una custodia per il trasporto.

 

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sondaggio di google sulla privacy e gli annunci

Le persone comprano di più quando sono sicure sulla privacy: lo dice un sondaggio di Google

Dare alle persone il controllo sui loro dati non è sufficiente; infatti, secondo un nuovo report commissionato da Google a Ipsos sulla privacy, è fondamentale aiutarle anche a percepire di avere questo controllo per aumentare la fiducia degli utenti e la preferenza per un determinato brand.

I risultati della ricerca “Privacy by design: the benefits of putting people in control sono stati presentati nel dettaglio da Matt Brittin, Presidente Google EMEA, in occasione della conferenza di settore DMEXCO in corso in questi giorni a Colonia (Germania).

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Privacy: l’impatto di un’esperienza negativa

Matt Brittin ha dichiarato: “L’impatto di un’esperienza negativa in termini di privacy supera notevolmente quello di un’esperienza positiva. Ciò significa che, una volta che il danno è fatto, offrire un’esperienza ottimale relativa alla privacy non farà comunque tornare i clienti. Garantire fin da subito un’esperienza incentrata sul rispetto della riservatezza si traduce invece in risultati eccellenti.

“Le persone preferiscono acquistare da marchi che offrono loro un maggiore controllo sulla propria privacy. Che si tratti di chiedere il consenso per personalizzare gli annunci o di inviare promemoria per adattare le impostazioni sulla privacy.”

Quasi tre quarti hanno dichiarato che preferirebbero acquistare da brand che sono onesti su quali dati raccolgono e perché. E più di quattro su dieci hanno dichiarato che sceglierebbero di passare al marchio di seconda scelta, se questo offrisse loro un’esperienza migliore in termini di trattamento dei dati. Investire nella privacy paga“.

E ha aggiunto: “È a causa dell’incertezza che stiamo vivendo che le aziende non possono evitare la privacy. In tempi difficili è necessario investire per il futuro. La privacy è quell’investimento“.

Brittin ha poi spiegato in dettaglio come gli inserzionisti possono apportare questi cambiamenti, utilizzando l’approccio delle “tre M”: rendere le esperienze di privacy significative (meaningful), memorabili (memorable) e gestibili (manageable).

Nel 2021, Google ha commissionato a Ipsos un sondaggio su oltre 7000 europei per la sua prima ricerca Privacy by design. Da questo report è emerso che, quando le persone sentono di avere il controllo sulla condivisione dei propri dati, il marketing risulta più efficace.

sondaggio di google sulla privacy

Le risposte di 20.000 europei

Quest’anno Ipsos, su commissione di Google, ha intervistato 20.000 europei in merito alle conseguenze di esperienze online positive e negative in termini di privacy. Il nuovo report, “Privacy by design: the benefits of putting people in control”, ha dimostrato l’importanza di rispettare la privacy degli utenti e i vantaggi di farlo nel modo giusto.

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Tra i principali risultati emersi:

Esperienze positive

  • Il 43% dei partecipanti ha dichiarato che passerebbe dalla sua prima scelta in termini di brand alla seconda nel caso quest’ultima offrisse un’esperienza positiva relativa alla privacy.
  • Il 71% dei clienti ha affermato di privilegiare l’acquisto da brand che sono onesti riguardo ai dati che raccolgono e alle finalità della raccolta, un dato che raggiunge l’82% tra i partecipanti che si sono definiti “scettici” rispetto ai dati raccolti dai brand e alle modalità di utilizzo di questi dati.
  • È emerso un incremento del 13% della fiducia verso un brand in seguito a un’esperienza positiva in termini di privacy, un dato che sale al 19% tra coloro che sono più scettici riguardo alle modalità di utilizzo dei dati da parte dei brand per finalità di marketing.

sondaggio google ads e cookies

Esperienze negative in termini di privacy

  • L’impatto negativo di un’esperienza scadente relativa alla privacy si è rivelato dannoso quasi quanto quello di una violazione dei dati (-35 punti percentuali rispetto a -44 punti percentuali attribuiti a una violazione).
  • Un incentivo monetario per la condivisione dei dati può non avere sempre un effetto positivo per i brand che hanno già adottato pratiche adeguate di tutela della privacy.
  • Riguardo alla fiducia verso i brand, è emerso in realtà che un incentivo monetario aggiuntivo ha un impatto significativamente negativo (*-6 punti percentuali).

Best practice

Nel report del 2021 è stato riscontrato che i brand potevano creare esperienze migliori in termini di privacy per i loro clienti rendendo le interazioni con loro più significative, memorabili e gestibili.

Per questo report, sono state testate una serie di pratiche applicabili di potenziamento della tutela della privacy, ciascuna delle quali è stata messa in correlazione con almeno una delle “tre M”. Anche se ciascuna di queste pratiche può essere adottata singolarmente, i risultati migliori si ottengono quando vengono usate in combinazione.

La combinazione più efficace di pratiche è stata:

  • Chiedere alle persone come (e con che frequenza) volevano che venissero ricordate le loro preferenze (“memorabile”).
  • Inviare un’email di sintesi sulla gestione della privacy (“memorabile” + “gestibile”)
  • Chiedere il consenso per la personalizzazione di un sito web (“significativo” e “gestibile“).

Questa combinazione di pratiche a tutela della privacy ha portato a un aumento del 37% della percezione di controllo. La combinazione più efficace di pratiche non si è tradotta solo in una percezione di maggiore controllo sui propri dati da parte dei clienti, ma anche in un’attitudine più positiva verso gli annunci visualizzati:

  • Ha aumentato la fiducia riguardo alla condivisione dei propri dati personali (+11%).
  • Ha aumentato la positività della risposta emotiva nei confronti degli annunci mostrati (+27%).
  • Ha aumentato la pertinenza percepita degli annunci mostrati (+11%).

Gli operatori di marketing dovrebbero andare oltre i requisiti di base in materia di privacy e fornire esperienze che siano sia etiche che efficaci, superando le aspettative dei clienti in materia di privacy e ottenendo al contempo migliori risultati di marketing.

Kelly Beaver MBE, Chief Executive di Ipsos UK e Irlanda, ha dichiarato: “Il nostro studio suggerisce che le aziende che riescono a far sentire le persone più in controllo dei propri dati possono anche aumentare la fiducia nei confronti del marchio e incrementare la preferenza per lo stesso“.

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eataly vende il 52 per cento

Eataly: Farinetti vende il 52% a Investindustrial

Investindustrial di Andrea Bonomi entra nel capitale di Eataly con una quota di maggioranza del 52% grazie a un aumento di capitale da 200 milioni di euro e l’acquisto di un pacchetto di azioni di circa 140 milioni di euro.

L’accordo conclude una negoziazione durata mesi ed era stato anticipato dal Wall Street Journal.

Con la maggioranza assoluta di Investindustrial, i soci storici del gruppo, Eatinvest (famiglia Farinetti), la famiglia Baffigo / Miroglio e Clubitaly (Tamburi Investment Partners) rimarranno in possesso del restante 48% del capitale.

eataly esterno

Andrea Bonomi ha commentato: “Siamo entusiasti di poter supportare un’eccellenza italiana nel mondo come Eataly in qualità di partner industriale di lungo periodo, forti della nostra esperienza nel promuovere lo sviluppo delle aziende che affianchiamo in ottica di uno sviluppo globale improntato sui massimi principi ESG e di sostenibilità“.

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I nuovi obiettivi di Eataly

Grazie all’aumento di capitale sarà possibile azzerare l’indebitamento finanziario netto della società e puntare sull’espansione internazionale. Al momento Eataly può già contare su 44 punti vendita distribuiti in 15 paesi tra cui Emirati Arabi, Stati Uniti e Giappone, ma l’apertura di altri negozi è già in previsione.

In una nota diffusa da Eataly e Investindustrial si legge infatti che: “l’aumento di capitale è volto a supportare la crescita di Eataly in Italia e nel mondo, tramite l’espansione dei flagship stores su scala globale e tramite lo sviluppo di nuovi formati, e ad acquistare il restante 40% del business di Eataly negli Stati Uniti“.

Cosa cambia nell’azienda

L’ingresso di Investindustrial in Eataly porterà anche cambiamenti a livello direttivo: Nicola Farinetti, figlio di Oscar e attualmente Amministratore Delegato diventerà Presidente e “a breve sarà annunciato il nome del nuovo amministratore delegato, manager di grande esperienza che contribuirà alla crescita e al consolidamento della Società su scala globale“.

marketing inclusivo la sirenetta

Marketing inclusivo, perché i brand non possono ignorarlo

Durante la presentazione dell’attesissimo trailer del film La Sirenetta, in uscita nelle sale nel 2023, Disney ha rivelato che Ariel sarà interpretata dalla cantante e attrice afroamericana Halle Bailey.

La scelta di una professionista nera ha da subito generato numerose polemiche sui social, animate prevalentemente da pregiudizi razziali.

I leoni da tastiera si sono appellati a numerose teorie: dall’impossibilità di una sirena nera all’ormai gettonatissimo e stucchevole “politicamente corretto” a tutti i costi.

Eppure, a fare da controcanto a queste critiche, ci sono le reazioni delle bambine e dei bambini afroamericani che si sono commossi ed emozionati vedendosi finalmente rappresentati sul grande schermo nel live action di uno dei cartoni animati più amati al mondo. 

Cosa c’entra tutto questo con il marketing inclusivo? C’entra eccome

“Inclusione non significa combattere formalmente stereotipi triti e offensivi, ma significa offrire a personaggi di qualsiasi ambiente socioculturale l’opportunità di raccontare la propria storia, senza renderla la storia principale”.

Con poche e semplici parole Shonda Rhimes descrive perfettamente il senso della narrazione inclusiva: dare dignità ad ogni tipo di storia e ad ogni tipo di persona

Ecco perché Ariel interpretata da un’attrice afroamericana ha un potere così forte, così come lo ebbe, con annesse polemiche, il ruolo nei panni di Lupin dell’attore senegalese Omar Sy

In questo diverso approccio alla rappresentazione, la pubblicità gioca un ruolo fondamentale, sia per la sovraesposizione che ha il pubblico a questo genere di narrazione, sia per l’impatto che ha nell’influenzare i comportamenti delle persone. 

marketing inclusivo Halle Bailey la sirenetta

Cos’è il marketing inclusivo

MJ De Palma, responsabile del marketing multiculturale e inclusivo per Microsoft Advertising, lo ha definito “come il marketing che può evidenziare o risolvere un aspetto della diversità dove si verifica l’esclusione”. 

In altre parole le campagne di marketing inclusivo hanno l’obiettivo di parlare a tutte le persone, anche quelle emarginate o sottorappresentate, ma lo fa rompendo gli stereotipi e facendo arrivare a quei gruppi il messaggio che il brand li vede, li capisce e, di conseguenza, parla di loro e a loro. 

Perché tutto questo diventa un valore aggiunto nella comunicazione di un brand? Perché il punto fondamentale di questa strategia sono proprio le persone. 

KPI, dati, analisi, performance, investimenti. Spesso ci dimentichiamo che, al di là dei numeri, ci sono essere umani reali con esigenze reali.

Ecco allora che il marketing, per essere efficace, deve tenere in considerazione la diversità in ogni sua forma.

E quando parliamo di diversità ci riferiamo a 7 aree: genere e identità di genere, disabilità, età, etnia, orientamento sessuale e affettivo, status socio-economico, religione o credo.

L’esempio LGBTQIA+ friendly di IKEA

Quanto è potente il messaggio di un brand come IKEA che, nella giornata mondiale contro l’omolesbobitransafobia, che si celebra ogni anno il 17 maggio, decide di lanciare un messaggio contro la discriminazione delle persone LGBTQIA+. Casa Puoi Essere Tu, questo il claim della campagna, è l’invito a far sentire accolto chiunque, a prescindere dal proprio orientamento sessuale e dalla propria identità di genere. 

I più maliziosi potrebbero pensare che sono solo belle parole. In realtà IKEA si impegna attivamente con veri e propri piani di inclusione a livello globale e, inoltre, supporta associazioni che ogni giorno si impegnano contro le discriminazioni della comunità, come ad esempio l’Associazione Quore, impegnata nel settore del co-housing per le persone LGBTQIA+ che hanno dovuto abbandonare la propria abitazione in seguito al coming out. 

Questo è un punto chiave, non basta fare una bella campagna se non è supportata da fatti veri, capaci di ridurre le distanze per i gruppi marginalizzati . A meno che ci si voglia imbattere nel tortuoso e anche abbastanza tossico mondo del woke washing, ossia della strumentalizzazione dell’inclusione a meri fini commerciali. 

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Ecco alcuni dati

D’altra parte, l’inclusività non fa bene solo all’immagine di un brand ma anche alle sue economie. Infatti, secondo un sondaggio condotto da Microsoft, il 70% dei giovani si fida maggiormente delle aziende che rappresentano la diversità nella loro comunicazione. Addirittura il 54% dei millennial afferma di preferire un marchio inclusivo rispetto ad un concorrente. Il 49%, invece, ha smesso di acquistare prodotti di aziende che non rispettano i valori in cui crede. 

Questi dati sono confermati anche da Salesforce, secondo cui il 90% dei clienti crede che le aziende debbano avere la responsabilità di guardare oltre il profitto e impegnarsi a costruire un mondo migliore.

Un recente studio globale sulla diversità nel marketing ha dimostrato che il 72% delle persone pensa che la maggior parte delle pubblicità non rispecchia il mondo che li circonda e il 63% non si vede proprio rappresentato. 

Le pubblicità spesso promettono di risolvere i problemi dei consumatori, ma come può un’azienda essere credibile se neanche riesce a rappresentare il suo pubblico?

Non si tratta solo di vezzi o di fronzoli, si tratta di arrivare al cuore delle persone, perché è questo che si aspettano oggi da un brand.

Le persone non comprano più solo ciò che gli piace, ma scelgono ciò in cui credono e che sostengono. Dovrebbero farlo anche le aziende. 

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audiolibri arrivano su spotify

Spotify lancia gli audiolibri: 300.000 titoli già disponibili

Spotify amplia la sua offerta con l’aggiunta di un catalogo di contenuti che gli utenti richiedono da anni: gli audiolibri.

Gli ascoltatori di Spotify negli Stati Uniti potranno acquistare e ascoltare più di 300.000 titoli di audiolibri, rendendo la piattaforma una vera e propria destinazione all-in-one per le esigenze di ascolto di tutti. Per l’occasione, è stata creata una nuovissima interfaccia utente specificamente pensata per l’ascolto degli audiolibri, che si affianca perfettamente alla musica e ai podcast.

audiolibri su spotify

Secondo quanto dichiarato da Nir Zicherman, vicepresidente e responsabile globale di Spotify, il potenziale dell’audio è illimitato e l’ambizione della piattaforma è quella di essere il pacchetto completo per le esigenze di ascolto di tutti.

Gli audiolibri fanno parte di questo obiettivo perché si tratta di un mercato ancora non del tutto non sfruttato che al momento rappresenta una quota del 6%-7% nel mercato dei libri in generale, ma è una categoria sta crescendo del 20% anno dopo anno.

I risultati dichiarati sono quindi due: da un lato, arricchire l’offerta per il pubblico iscritto a Spotify; dall’altro, contribuire alla crescita del mercato.

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Come ascoltare gli audiolibri su Spotify

Per gli utenti statunitensi gli audiolibri sono già disponibili e possono trovarli, insieme alla musica e ai podcast, come sezione della loro libreria, nella ricerca e nelle raccomandazioni.

Gli audiolibri appaiono con un’icona a forma di lucchetto sul pulsante di riproduzione, a indicare che devono essere acquistati per poter essere ascoltati. Una volta acquistato, il libro verrà automaticamente salvato nella libreria e potrà essere ascoltato quando si vuole.

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Una volta terminato l’ascolto, ci sono una serie di funzioni essenziali per un’esperienza senza interruzioni. Gli ascoltatori possono scaricare i contenuti per l’ascolto offline e la funzione di bookmarking automatico segna il punto di interruzione in modo che le persone possano facilmente riprendere da dove hanno lasciato.

È incluso anche il controllo della velocità, con una serie di opzioni per accelerare o rallentare il ritmo. E per gli ascoltatori che desiderano condividere la propria opinione dopo aver ascoltato un libro, esiste anche una funzione di valutazione, che mostrerà pubblicamente la valutazione aggregata del libro.

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Le opportunità per i brand

Proprio come è successo con il podcasting, viene introdotto un nuovo formato a un pubblico che non lo ha mai consumato prima, creando e rendendo disponibile un intero nuovo segmento di potenziali ascoltatori. Si tratta di un’occasione a cui i brand difficilmente potranno rinunciare, anche se le potenzialità del servizio sono ancora tutte da scoprire e misurare.

Questo permetterà di sostenere un numero ancora maggiore di creatori e a metterli in contatto con i fan che seguono le loro produzioni.

camerini virtuali di walmart in realtà aumentata

Diventi un modello con le tue foto: arrivano i camerini virtuali di Walmart

Walmart sta offrendo un’esperienza di shopping online più intima grazie a uno strumento di prova virtuale che consente agli utenti di vedere come appaiono i vestiti sul proprio corpo. Si tratta di camerini virtuali che ti consentono di applicare gli abiti direttamente sulle tue foto.

La nuova funzione, lanciata per il momento solo per gli utenti iOS sull’app Walmart, arriva dopo che il gigante della vendita al dettaglio ha acquisito la startup di camerini virtuali Zeekit nel 2021.

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Diventa un modello con camerini virtuali

A marzo Walmart ha presentato la tecnologia “Choose My Model“, che consente ai clienti di scegliere tra 50 modelli di taglie diverse per vedere come i vestiti si adattano a un corpo simile al proprio.

Ora, nella fase successiva, “Be Your Own Model“, gli utenti potranno provare più di 270.000 articoli sul proprio corpo (ma dovranno prima spogliarsi della biancheria intima o degli indumenti aderenti perché la funzione funzioni con precisione).

camerini virtuali di walmart

Questa esperienza consente ai clienti di utilizzare le proprie foto per visualizzare meglio l’aspetto dei capi d’abbigliamento e crea una possibilità molto interessante per i clienti“, ha dichiarato Denise Incandela, vicepresidente esecutivo di Walmart per l’abbigliamento.

Cosa cambia con i camerini virtuali di Walmart

A differenza delle tecnologie precedenti che sovrapponevano una foto a un’altra per la prova virtuale, Walmart afferma che “Be Your Own Model” utilizza algoritmi e apprendimento automatico per simulare una vestibilità più realistica.

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Walmart è il primo a offrire un’esperienza di prova virtuale per i marchi di abbigliamento su larga scala, ed è l’applicazione più realistica che abbia mai visto“, ha dichiarato Incandela.

Walmart è l’ultimo rivenditore a lanciarsi nella tendenza della prova virtuale.

Ad agosto, Amazon ha lanciato un servizio di realtà aumentata che consente ai clienti di provare virtualmente le scarpe, e altri rivenditori come Macy’s e Adidas hanno già collaborato con Zeekit per sperimentare la realtà virtuale.

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Adobe compra Figma per 20 miliardi

Adobe annuncia di aver stipulato un accordo di fusione, di circa 20 miliardi di dollari, per acquisire Figma, la piattaforma di progettazione collaborativa leader nel web design.

adobe e figma

Si tratta di un’operazione finanziaria che passerà alla storia: la notizia ha difatti colto di sorpresa un intero comparto creativo.

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Reimmaginare il futuro della creatività

La missione di Adobe è da sempre quella di cambiare il mondo attraverso le esperienze digitali. Oggi tutto il settore deve molto agli strumenti e alle piattaforme di Adobe.

Nel corso della storia le innovazioni della software house statunitense hanno toccato miliardi di vite in tutto il mondo: dall’editing creativo di Photoshop ai documenti elettronici all’avanguardia col formato PDF, passando per altre rivoluzionarie piattaforme.

Il mondo Adobe si è evoluto nel tempo e continua a cambiare.

adobe

La missione di Figma è aiutare i team a collaborare visivamente e a rendere il design accessibile a tutti.

Fondata da Dylan Field ed Evan Wallace nel 2012, l’azienda ha aperto la strada al design dei prodotti sul web.

Oggi consente a tutti coloro che progettano applicazioni web e mobile interattive di collaborare attraverso flussi di lavoro multiplayer, sofisticati sistemi di progettazione e un ricco ecosistema di sviluppatori.

La combinazione di Adobe e Figma è trasformativa e accelererà la nostra visione per la creatività collaborativa” ha affermato Shantanu Narayen, presidente e CEO di Adobe.

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Accelerare la progettazione

Figma ha attratto una nuova generazione di designer, sviluppatori e studenti.

Insieme, Adobe e Figma re-immagineranno il futuro della creatività e della produttività, con l’obiettivo di accelerare la creatività nel web.

L’intenzione è anche quella di accrescere la progettazione dei prodotti e di ispirare le community globali di creator, designer e sviluppatori.

La società con il nuovo assetto avrà un’enorme opportunità di mercato e sarà capace di generare valore significativo a tutti i livelli: per i clienti, gli azionisti e l’industry.

Adobe e Figma condividono la passione di aiutare le persone e i team a essere più creativi e produttivi. Con l’ampio portafoglio di prodotti, la società combinata avrà una rara opportunità di alimentare il futuro del lavoro unendo capacità di brainstorming, condivisione, creatività e collaborazione.

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adobe

Il web è diventato onnipresente e sta rendendo più facile la creazione congiunta dei team.

Le app digitali sono al centro della nostra vita personale e professionale, stanno creando una crescita esplosiva nell’ambito del product design. I creator sono chiamati quotidianamente a creare un volume crescente di contenuti in stretta collaborazione.

Le capacità multiplayer web-based di Figma accelererà la distribuzione delle tecnologie Creative Cloud di Adobe sul Web, rendendo il processo creativo più produttivo e accessibile a più persone.

Adobe annuncia di aver stipulato un accordo per acquisire Figma, la piattaforma di progettazione collaborativa leader nel web design.

Al termine della transazione, Dylan Field, co-fondatore e CEO di Figma, continuerà a guidare il suo team, riportando a David Wadhwani, Presidente Digital Media Business di Adobe.

Fino alla chiusura della transazione, ciascuna società continuerà ad operare in modo indipendente.

 

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Patagonia cede l'azienda a una onlus

Il fondatore di Patagonia “dona” l’azienda a una onlus per combattere il cambiamento climatico

Il fondatore di Patagonia, Yvon Chouinard, che in precedenza aveva già espresso una certa riluttanza ad accumulare ricchezza, sta cedendo la sua azienda.

L’azienda di abbigliamento outdoor sarà ora nelle mani di una onlus e senza scopo di lucro. Tutti i profitti futuri saranno donati per aiutare a combattere il cambiamento climatico, secondo quanto ha annunciato la società mercoledì.

La notizia, condivisa prima internamente con collaboratori e dipendenti, è stata poi annunciata con una lettera aperta di Yvon Chouinard che ha come titolo: “La Terra è ora il nostro unico azionista“, pubblicata sul sito modificato per l’occasione.

Il fondatore di Patagonia Yvon Chouinard

Il fondatore di Patagonia “dona” l’azienda a una onlus

È passato mezzo secolo da quando abbiamo iniziato il nostro esperimento di business responsabile“, ha detto Chouinard, 84 anni. “Se c’è ancora speranza di vivere su un pianeta sano tra 50 anni, questa richiede a tutti noi di fare tutto il possibile con le risorse che abbiamo. In quanto leader aziendale che non avrei mai voluto essere, sto facendo la mia parte“.

E ha aggiunto: “Invece di estrarre valore dalla natura e trasformarlo in ricchezza, stiamo usando la ricchezza creata da Patagonia per proteggerne la fonte. Stiamo rendendo la Terra il nostro unico azionista. Sono seriamente intenzionato a salvare questo pianeta”.

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Il Patagonia Purpose Trust controllerà tutte le azioni con diritto di voto della società (2%), mentre Holdfast Collective, un’organizzazione no profit per il cambiamento climatico, deterrà tutte le azioni senza diritto di voto (98%).

Chouinard, che attualmente è un membro del consiglio, ha dichiarato che sebbene cercasse di combattere il cambiamento climatico, si è reso conto che la sua azienda stava contribuendo ad esso e si è messo a pensare a come risolvere la situazione.

Un’opzione era venderla e donare il ricavato, ma Chouinard si è detto preoccupato che i nuovi proprietari potessero non avere gli stessi valori o mantenere i livelli occupazionali dell’azienda.

L’altra opzione era quella di diventare un’entità quotata in borsa.

Che disastro sarebbe stato“, ha poi dichiarato. “Anche le società pubbliche con buone intenzioni sono sottoposte a troppa pressione per l’obiettivo creare guadagni a breve termine a scapito della vitalità e della responsabilità a lungo termine“.

Patagonia rimarrà una B Corp e continuerà a donare l’1% dei suoi guadagni a gruppi ambientalisti e la leadership rimarrà invariata. La famiglia Chouinard guiderà anche il Patagonia Purpose Trust, eleggendo e supervisionando il CDA.

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