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abitudini di acquisto covid 19

Le nuove abitudini di acquisto degli Italiani al tempo del Coronavirus

  • Il Coronavirus ha mutato le nostre abitudini di acquisto e di intrattenimento, spostando l’asse verso il canale di accesso più semplice, internet
  • Sia nel suo aspetto ludico che informativo, quello dei contenuti multimediali è un trend oggi ancora più in crescita

 

Chiamarle “abitudini di acquisto” suona di sconfitta, tuttavia la parola corretta è proprio questa. La quarantena – spesso, ahinoi – è per alcuni una forma di vero e proprio auto-isolamento che ha mutato anche le convenzioni di approvvigionamento e di intrattenimento, spostando l’asse (già ben rodato e utilizzato) attraverso il canale di accesso più semplice e immateriale: internet e i suoi molteplici touchpoint.

Secondo l’Agenda Digitale gli operatori della filiera del commercio elettronico hanno registrato una crescita imprevista della domanda a seguito dei diversi decreti sul Coronavirus, anche da parte di consumatori non abituali, solitamente restii all’acquisto e ai pagamenti online, aumentando così il livello di difficoltà e organizzazione dell’intero sistema di logistica e consegne.

Ma facciamo un passo indietro e vediamo cosa sta cambiando.

Una ricerca di GFK fa registrare una preoccupazione crescente, soprattutto da parte delle donne. A fronte di una ovvia e necessaria riduzione della mobilità, il consumo di contenuti è cresciuto a dismisura.

La ricerca mostra inoltre che cresce l’attenzione per la cura personale e l’alimentazione intesa come strumento di benessere. Resiste la voglia di vacanze, nonostante le preoccupazioni del Coronavirus; gli italiani, infatti, continuano a guardare alle vacanze estive come possibile “risarcimento” per l’attuale momento di difficoltà.

LEGGI ANCHE: Come cambiano le abitudini di acquisto dei consumatori durante l’emergenza Covid-19

Coronavirus e nuove abitudini di acquisto

Veniamo adesso ai dati dei dei singoli punti sopra citati, allo scopo di tirare le somme alla fine di questo approfondimento e capire come i brand dovranno agire per posizionarsi strategicamente rispetto alle nuove abitudini di acquisto.

Le donne sono più preoccupate degli uomini: se in generale gli italiani sembrano ancora preoccuparsi soprattutto per la situazione economica e per la futura difficoltà – del tutto verosimile – di uscire da questa fase difficile, il 47% delle donne intervistate dichiara di essere molto preoccupata per il diffondersi di nuove malattie (il 17% in più rispetto agli uomini).

Le donne sembrano essersi rese conto per prime della gravità della situazione, tanto da aver modificato le proprie abitudini di consumo prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive alla circolazione, riducendo o in molti casi smettendo di frequentare centri commerciali e negozi.

abitudini acquisto coronavirus

Mobilità privata

Cresce la percentuale di persone che a causa delle restrizione utilizza la propria auto privata a discapito dei mezzi di trasporto pubblico. La ricerca fa notare come tale cambiamento rischi di ripercuotersi sui futuri comportamenti e abitudini di acquisto degli italiani; infatti i mezzi di trasporto privati potrebbero essere difficili da abbandonare anche al termine dell’emergenza COVID-19.

Ciò che di conseguenza rischia di cambiare è la sensibilità degli italiani in materia di sostenibilità ambientale. Un tema che si è – fortunatamente – fatto strada negli ultimi anni, ma che a causa dell’emergenza rischia di fare diversi passi indietro.

Voglia di contenuti multimediali

Chi non ha assistito ad almeno una diretta o non ha guardato un video del proprio beniamino di turno, scagli la prima pietra. Questa frase sarebbe in grado di riassumere da sola ciò che sta succedendo sui principali social network: da Tit Tok a Instagram, i nostri profili social sono inondati di contenuti più o meno validi da masticare e deglutire tra una siesta e la preparazione di una torta. Oltre all’aspetto ludico dei contenuti multimediali va aggiunto quello dell’informazione, legato chiaramente alle notizie relative al Coronavirus, come questa che state leggendo.

Altro dato scontato è quello relativo alla crescita di iscrizione a questo o quel servizio di streaming a pagamento: Netflix, Prime Video, Disney Plus, su tutti.

abitudini di consumo coronavirus

Salute e benessere

Cresce la paura e cresce in maniera quasi proporzionale la necessità di una vita all’insegna della salute e del benessere, anche in cucina: in questo periodo gli italiani stanno di più in casa e dedicano più tempo del solito all’igiene personale e alla pulizia/sanificazione della casa e dei vestiti.

Cresce anche l’attenzione all’alimentazione, intesa come strumento per stare bene, in salute – e non tanto come una concessione o una compensazione.

Vacanze

Il passaggio della pasquetta senza la tipica gita fuori porta con annesso pic-nic, ha aggiunto ulteriore valore a questo punto e incrementato la voglia di vacanze, la quale resiste alle preoccupazioni del Coronavirus. Gli italiani continuano a guardare alle vacanze estive come possibile “risarcimento” per l’attuale momento di difficoltà. Una prospettiva importante, anche dal punto di vista psicologico. Il dato andrà monitorato nelle prossime settimane, ma sembra indicare che – qualora la situazione dovesse migliorare – gli italiani sono pronti a rimettersi in movimento.

Questi i punti più centrali della ricerca fatta da GFK sulle abitudini di acquisto, ma quali sono le principali categorie merceologiche che sono uscite quasi incolumi dal tornado COVID-19? Intendiamoci, molte lo sono state per forza di cose. La risposta è pressoché scontata: chi possiede un touchpoint di vendita online (leggi eCommerce).

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Le principali categorie merceologiche in crescita

Il settore Food è senza dubbio quello che ha più ha beneficiato in questo momento di difficoltà. Infatti si registra un vero e proprio boom di vendite online. Il trend è iniziato in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le tre regioni più colpite dal virus.

Con l’arrivo del decreto del 10 marzo – quello sul quale si indicava che tutta l’Italia sarebbe stata obbligata a restare a casa – l’impennata dell’eCommerce di beni di prima necessità ha raggiunto tutto il paese, partendo dai generi alimentari, passando per i farmaci e terminando con i prodotti per la cura della persona.

generazione covid

Generazione Covid: cosa cambierà domani per i ragazzi di oggi

  • La Generazione Z potrebbe essere la più colpita e trasformata dagli effetti dell’emergenza;
  • Sarà la variabile tempo a determinare se l’emergenza riuscirà a segnare un’intera generazione, ma parlare di generazione Covid significa immaginare che questo fenomeno si prolunghi;
  • Per il momento, l’uso dei social ha consentito ai nativi digitali di adattarsi più facilmente di altri all’isolamento sociale.

 

Ci sono eventi che segnano intere generazioni. Senza andare troppo a ritroso, si potrebbero citare la Guerra in Vietnam, una delle cause a originare il movimento del Sessantotto, o ancora per i millennial l’11 settembre con le immagini del crollo delle Torri Gemelle e insieme delle certezze di una generazione.

E poi, per tornare ai tempi nostri, c’è il Covid-19, con la Generazione Z che potrebbe essere la più colpita e trasformata dagli effetti dell’emergenza.

A tal proposito ha senso parlare di “Generazione Covid”? E come è destinato a cambiare la percezione del mondo per i ragazzi? Per rispondere a questi interrogativi, abbiamo rivolto qualche domanda a Duala Grassini, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale.

generazione covid

Millennial vs Generazione Z, chi è più vittima dell’isolamento?

Sarà la variabile tempo a determinare se l’emergenza riuscirà a segnare un’intera generazione. Come è prevedibile, gli effetti potrebbero essere diversi se i tempi per un ritorno alla “normalità” si prolungassero di tanto. Ciò premesso ci sono già dei fenomeni che si stanno manifestando tra i ragazzi:

«Un adolescente ha il compito di svincolarsi dal nucleo familiare di origine e vive, per questo, un periodo di ribellione e fuga dalla famiglia, per avvicinarsi al sistema dei pari, nel quale attraverso il confronto sviluppa e delinea la propria identità».

In questi mesi di isolamento forzato, i ragazzi condividono per più tempo la quotidianità con la loro famiglia. In virtù di questo, ci si aspetterebbe che siano i più colpiti dalle norme dei decreti per contrastare la diffusione del virus. Eppure, sorprendentemente non è così:

«Io che immaginavo gli adolescenti nel chiuso delle loro stanze, in preda all’acuirsi del conflitto generazionale ho trovato, al contrario, ragazzi che, più degli adulti, dei bambini e degli anziani, continuano a nutrirsi delle loro relazioni quotidiane attraverso strumenti come i social. Gli stessi che erano stati spesso, a buon dire, demonizzati da genitori ed esperti perché, laddove gli adolescenti manifestavano tratti di personalità schizoide, ritiro sociale, divenivano l’unica modalità per mettersi in relazione con gli altri».

Se da una parte, l’isolamento ha senza dubbio acuito alcuni fenomeni di ritiro, come per esempio gli Hikikomori (termine che definisce chi fa dell’isolamento sociale e dell’uso dei social media, l’unica modalità per stare al mondo), dall’altra l’uso dei social ha consentito “ai nativi digitali di adattarsi più facilmente di altri all’isolamento sociale”.

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generazione covid

Imparare da remoto, opportunità e rischi

Gli adolescenti sono quindi i più pronti a una vita da remoto: hanno imparato a digitalizzare le loro relazioni, ad acquistare corsi di formazione a distanza. L’emergenza Covid-19 ha, insomma, solo accelerato questo processo ed incrementato canali come l’eCommerce e l’eLearning:

«L’uso esclusivo di questi strumenti, tuttavia, mette a rischio la dimensione più funzionale della relazione, che non può prescindere dal rapporto umano. Una relazione si compone di aspetti non verbali e prosodici, che si stanno sempre più perdendo all’interno della comunicazione. Questo può portare a fraintendimenti e a sviluppare relazioni sempre più superficiali».

Riflettiamo, a tal proposito, sull’impatto che possono avere le lezioni a distanza. Su quanto possa essere distaccato un apprendimento che prescinde dalla relazione emotiva tra allievo e docente. D’altronde, gli insegnamenti che più ci sono rimasti impressi sono quelli di docenti che mettevano grande passione nel loro lavoro.

Come può tutto questi riprodursi online, soprattutto quando si parla di strumenti nuovi per la maggior parte degli insegnanti e degli studenti? Diventa allora un grande interrogativo nella ipotesi malaugurata che la scuola sia costretta ancora a interrompere il normale svolgimento delle lezioni nei prossimi mesi per il sopraggiungere di una nuova emergenza.

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gen z covid

L’esame di maturità: la perdita di un rito di passaggio

L’ultimo anno alle scuole superiori, il viaggio e la festa di fine anno, l’esame di maturità, sono tutte esperienze che con ogni probabilità saranno negate ai diciottenni di oggi. Che effetti potranno avere sulla loro vita?

Si può immaginare che molti si esaltino all’idea di non dover provare l’ansia di affrontare una commissione, vis à vis, per esporre ciò che ha imparato e “giocarsi tutto” con la prestazione del momento:

«Quello che alcuni giovani forse non hanno ancora gli strumenti per comprendere, è che rischiano di perdere uno dei riti che sanciscono il passaggio ad una fase evolutiva successiva. La mancanza di riti di passaggio nell’esistenza di un uomo non favorisce le elaborazioni delle fasi della vita. Così come, per esempio, l’assenza di un rito funebre rende più complicata l’accettazione della morte. Un altro fenomeno a cui stiamo assistendo in questi mesi».

La mancanza di un esame di maturità tradizionale significherebbe anche la mancata condivisione di emozioni, momenti di commozione, abbracci, aneddoti da raccontare, pianti, ringraziamenti ecc. La mancanza di tutto questo “potrebbe creare un sospeso con cui prima o poi si dovrà fare i conti”.

gen z

Generazione Z: gestire ansia e stress con creatività

Grassini ci offre consigli anche su come gestire le emozioni aiutando gli adolescenti, e noi tutti, a non farsi schiacciare da ansie e paure:

«Gestire gli aspetti emotivi significa impiegare risorse cognitive e comportamentali. Per esempio, utilizzare i canali giusti di informazione per comprendere quello che sta accadendo, senza incappare in notizie sensazionalistiche che creano allarmismi. E adottare delle buone pratiche, come impegnarsi in attività manuali e creative che sono in grado di dialogare con il nostro “io bambino” e farci vivere il più possibile “il qui ed ora”».

Per quanto riguarda la gestione dello stress, la psicoterapeuta ci aiuta a fare un distinguo, tra chi riuscirà a risolvere attraverso strumenti emotivi e cognitivi, come descritto sopra. Unendo a questi, la voglia di raccontare e condividere questa esperienza con gli altri. Diverso è il caso di personalità che soffrono già di tratti ipocondriaci, paranoici o tendenze depressive:

«Se vi è un passato di traumi legati alla malattia o all’isolamento, la gravità della situazione verrà avvertita maggiormente fino a poter determinare un DPDS (disturbo post-traumatico da stress)».

Rinsaldare i legami familiari e migliorare come persone

Come ogni crisi, anche questa nasconde pericoli e opportunità, e secondo la nostra esperta, non va vissuta dai ragazzi necessariamente nell’accezione negativa del termine.

Per dimostrarlo, ci cita il caso di un suo paziente, un 25enne, che continuava ad essere in protesta con i suoi genitori, pretendendo che “ricoprissero l’immagine idealizzata che si era fatta di loro quando era bambino”. Questa forzata convivenza ha costituito per lui un acceleratore di crescita perché ha avuto modo, accanto alla guida psicologica, di affrontare, comprendere, fino quasi a risolvere, la propria conflittualità familiare ponendo le basi per l’ingresso all’età adulta.

«Ci hanno insegnato che gli eventi e l’ambiente ci plasmano dai primi istanti di vita e ancor prima, ma come ad ogni essere umano. Come i giovani decideranno di utilizzare questa “crisi” ancora una volta dipenderà da loro. Mi piace pensare che la utilizzeranno per rivalutare l’importanza di un abbraccio, di avere ancora un genitore, di poter godere della natura rispettandola e di amare la vita sempre».

Generazione Covid: speriamo di no!

Tornando alla domanda con cui abbiamo aperto l’articolo, ha senso parlare oggi di Generazione Covid? Secondo l’esperta ancora no.

«Parlare di generazione Covid mi fa un po’ effetto, significa immaginare che questo fenomeno si prolunghi fino a segnare in maniera indelebile una intera generazione. Ancora possiamo sperare che non sia così», conclude.

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Week in Social: dalle Facebook Stories di 72 ore ai nuovi sticker su Instagram

Per chi non ha smesso di studiare e migliorarsi, per quelli che hanno scoperto oggi le opportunità che i social offrono, e per chi, invece, ci lavora da tempo. Torna, puntuale come ogni settimana, la nostra Week in Social.

Su Instagram: sticker, live da desktop, tool, IGTV e challenge

Sono quattro le novità introdotte da Instagram questa settimana. Procediamo con ordine. La prima riguarda la possibilità di seguire i live da desktop.

La seconda novità riguarda IGTV, tra il lancio di una nuova home, la monetizzazione dei video, una Discover Tab per navigare la app e scoprire nuovi video, e lo swipe up che invita gli utenti a proseguire nella visione dei video, dopo i primi 15 secondi. Chissà se questi aggiornamenti porteranno più persone a usare la app.


La terza novità Ig di questa settimana riguarda l’aggiunta di gift card, food order, and fundraiser tool per Stories e profili. Come puoi immaginare, i tool sono pensati per aiutare i brand in questo periodo di sospensione. Ovviamente questo non risolve i problemi che molte aziende stanno fronteggiando. Ma la piattaforma pare intenzionata a lavorare in questa direzione.

Per vedere questi ultimi aggiornamenti sui tuoi canali, dovrai aspettare un po‘. Lanciati in USA e Canada, verranno rilasciati a tutti nelle prossime settimane.


Chiudiamo, con l’ultima novità su Instagram. Il social sta sperimentando un nuovo sticker per le Stories, Challenge. Ti ricorda qualcosa? Ma certo: TikTok. Lo stiker, infatti, è pensato per coinvolgere i tuoi amici in sfide e contest online.

Facebook punta su informazione, messaggistica e gruppi

E anche su Facebook la settimana è stata movimentata, lato social. Tanti aggiornamenti in arrivo. A partire dalla partnership con la World Health Organization, per creare un bot Messenger e condividere informazioni accurate e in tempo reale sulla pandemia in corso. In pratica, lo stesso tool usato su WhatsApp.


E mentre da un lato si dà spazio alla comunicazione, dall’altro la si limita, ma per ovvie ragioni, ovvero sanzionare chi non rispetta le regole. Stiamo parlando della possibilità di silenziare i membri dei gruppi per 28 giorni. Cos’altro?
Facebook ha realizzato un nuovo tool per Apple Watch. Si chiama Kit, che sta per Keep in Touch. Con un solo tocco, sarà possibile mandare emoji, localizzazione, messaggi vocali ai tuoi contatti più stretti.

week in social
E, mentre Facebook lavora a nuovi workshop per aiutare gli amministratori dei gruppi a gestire meglio uno strumento che vede sempre più utenti, pare presto avremo la possibilità di condividere Stories che dureranno 3 giorni. Hai capito bene: 3 gioni invece delle canoniche 24 ore. La notizia non è ancora ufficiale. Ma pare che entro un mese ne sapremo di più.

In breve

Pinterest lancia una sezione per aiutare i business che stanno risentendo della crisi economica generata dal Covid-19.

Snapchat crea un hub con tool, link e risorse per aiutare i marketer.

YouTube sta lavorando a ‘Video Chapters‘ option, che permette di segmentare i video in capitoli, ognuno con una precisa descrizione. Sarà così più immediato individuare gli argomenti trattati in un video.

Coming soon

Chiudiamo la nostra Week in Social con due notizie dell’ultima ora. Una riguarda Instagram e Facebook. Pare che presto potrebbe esserci la possibilità di andare live, nello stesso momento, su entrambe le piattaforme: account Instagram e Pagina Facebook.

week in social

Mentre TikTok sta lavorando a una nuova funzione, chiamata ‘Family Pairing‘, che consentirebbe ai genitori di monitorare la presenza online dei propri figli. Screen Time Management, Restricted Mode e Direct Messages sono le tre misure che la app introdurrà, per tenere sotto controllo il tempo trascorso in app, chi può mandare messaggi a chi, e quali contenuti possono essere visti.

contenuti dannosi facebook

Come dovrebbero essere regolati i contenuti sui social, secondo Facebook

  • In materia di contenuti dannosi, Facebook si è recentemente espressa con un white paper che definisce come dovrebbero essere regolati i contenuti su social e web
  • Facebook punta a mentenere il suo ruolo di partner costruttivo per i governi, con approcci più praticabili per gestire i contenuti online

 

In materia di “contenuti dannosi”, Facebook si esprime pubblicando un nuovo white paper per la regolamentazione universale sui social e sul web.

Sulla scia dello scandalo Cambridge Analytica e delle proposte avanzate sul tema privacy, propaganda politica online e portabilità dei dati, arriva una nuova regolamentazione universale dei contenuti dannosi che coinvolge Facebook, legislatori, aziende private, società e utenti.

Dopo Cambridge Analytica, lo stato dell’arte

È il 2018, quando Mark Zuckerberg viene chiamato a testimoniare davanti al Congresso degli Stati Uniti sulla violazione delle informazioni appartenenti a milioni di utenti registrati al suo social network e usate impropriamente dalla Cambridge Analytica.

L’uso che la società di consulenza britannica ne avrebbe fatto coincide con la profilazione diretta di utenti, amici e simili da intercettare per scopi politici a carattere elettorale, attraverso la pubblicità digitale.

LEGGI ANCHE: Mark Zuckerberg va a Bruxelles a spiegare cosa è successo con Cambridge Analytica

mark zuckerberg facebook

Da allora, la questione sulla regolamentazione dei contenuti dannosi su Facebook, i social e nel web è sul tavolo del dibattito come un nervo scoperto in cerca di una linea universale da implementare e delle responsabilità da conferire.

Nel 2019, arriva un primo significativo cambiamento: Facebook passa con decisione dal “non vogliamo più interferenze da parte del governo” a abbiamo bisogno di una supervisione del governo per implementare controlli di sicurezza universali e garantire parità di condizioni per tutte le piattaforme che lavorano per sorvegliare i contenuti web”.

Di fronte alle varie sfide legali e politiche, oggi Facebook mira a favorire un approccio più standardizzato delle policy: “È impossibile rimuovere tutti i contenuti dannosi da Internet” dichiara Zuckerberg in un recente editoriale, “ma quando le persone utilizzano decine di servizi di condivisione diversi – tutti con la loro politica e i loro processi – abbiamo bisogno di un approccio più standardizzato”, conclude.

Una posizione con cui il CEO del social network s’impegna a delineare un quadro strategico entro cui implementare la regolamentazione universale dei contenuti dannosi sui social e sul web.

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Come cambiano le regole per i contenuti dannosi?

Il white paper pubblicato lo scorso febbraio dal gruppo Facebook, mira a rispondere a quattro domande chiave che l’azienda sostiene debbano essere formulate nell’ottica di un dibattito più ampio.

L’azienda sottolinea:

  • In che modo la regolamentazione dei contenuti può raggiungere l’obiettivo di ridurre il linguaggio dannoso preservando la libera espressione?
  • In che modo le normative possono migliorare la responsabilità delle piattaforme Internet?
  • La regolamentazione dovrebbe imporre alle società di Internet di raggiungere determinati obiettivi prestazionali?
  • La regolamentazione dovrebbe definire quali “contenuti dannosi” dovrebbero essere vietati su Internet?

facebook 100 milioni pmi coronavirus

Secondo Facebook, i problemi sorgono quando le persone non comprendono o si sentono impotenti di fronte a decisioni che limitano il loro linguaggio, il loro comportamento e più in generale la loro esperienza online.

Per mantenere un adeguato bilanciamento tra sicurezza, libertà di espressione e altri valori, bisognerebbe attivare sistemi di canali intuitivi per la segnalazione di contenuti o la supervisione esterna di politiche o decisioni di applicazione, attraverso procedure come la periodica segnalazione pubblica dei dati di applicazione.

Una regolamentazione che potrebbe fornire a governi e individui le informazioni di cui hanno bisogno per giudicare accuratamente gli sforzi fatti dalle società di social media.

Le autorità di regolamentazione potrebbero prendere in considerazione determinati requisiti per le aziende, come la pubblicazione dei loro standard di contenuto, la consulenza con le parti interessate-quando apportano modifiche significative agli standard-o la creazione di un canale affinché gli utenti possano presentare ricorso contro una decisione di rimozione o non rimozione di un’azienda.

In questo modo, le normative migliorerebbero la responsabilità delle piattaforme.

È evidente come in quest’ottica le aziende potrebbero essere incentivate a raggiungere obiettivi specifici come mantenere la prevalenza dei contenuti in violazione al di sotto di una soglia concordata.

Ciò significa che la regolamentazione dovrebbe definire quali “contenuti dannosi” dovrebbero essere vietati su Internet?

Nel documento, viene specificato che le leggi che limitano la parola sono generalmente applicate dalle forze dell’ordine e dai tribunali. La moderazione dei contenuti su Internet è sostanzialmente diversa.

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regolamento contenuti social network

Pertanto, i governi dovrebbero creare regole per affrontare questa complessità – che riconoscono le preferenze dell’utente e la variazione tra i servizi Internet, possono essere applicati su larga scala e consentire flessibilità in tutte le lingue, tendenze e contesto.

La situazione odierna con milioni di contenuti pubblicati e diffusi sui social sul Coronavirus e sull’emergenza, resta un banco di prova per tutte le piattaforme.

Il ruolo di Facebook nel nuovo quadro strategico

In sostanza, Facebook sta dicendo che esistono disposizioni sui contenuti in vigore per tutte le altre forme di media e simili e dovrebbero essere attuate per il web; il che ridurrebbe l’onere sull’azienda e su altre piattaforme, a favore di una decisione più autonoma su cosa è e cosa non è accettabile, pur istituendo una misura di base su tutti i social network ed entità.

In tal senso, continuerebbe a mantenere il suo ruolo di partner costruttivo per i governi mentre pesano approcci più efficaci, democratici e praticabili per gestire i contenuti online.

ecommmerce

Effetto COVID-19, l’emergenza mette le ali a eCommerce e GDO

  • Il lockdown sta cambiando notevolmente le abitudini dei consumatori
  • La spesa nella GDO e la preferenza per gli acquisti eCommerce rispecchiano queste nuovi abitudini domestiche
  • Mentre l’Italia chiude, secondo le statistiche, esplodono gli eCommerce

 

Le misure imposte per arginare il diffondersi dell’epidemia da Coronavirus stanno cambiando profondamente le abitudini dei consumatori. Esercizi commerciali chiusi, smart working, quarantene forzate costringono le persone a condurre una vita molto più casalinga e gli effetti si leggono immediatamente sugli acquisti.

Cosa possiamo dire riguardo all’andamento delle vendite della GDO e degli eCommerce tra fine febbraio ed inizio aprile 2020? 

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ecommerce

La spesa nella GDO rispecchia le nuove abitudini domestiche

Secondo una ricerca di Nielsen le vendite della GDO hanno avuto un’impennata a partire dalla settimana tra lunedì 17 e domenica 23 febbraio, in particolare nei supermercati (+8,69%), negli ipermercati (+8,61%) e nei discount (+8,28%) del Nord Italia. Gli acquisti sono aumentati per via di due effetti: lo “stock”, che ha portato all’aumento degli acquisti di prodotti alimentari a lunga conservazione, quali riso (+33%), pasta (+25%), sughi e salse (+19%) e “prevenzione e salute”, che ha portato all’aumento delle vendite delle categorie della cura persona, come il comparto parafarmaceutico (+112%) e quello dell’igiene personale (+15%).

Nelle nostre rilevazioni – ha affermato Romolo de Camillis, di Nielsen Connect Italiasi può leggere l’apprensione per l’eventualità di una quarantena.

Durante le due settimane successive la crescita è dilagata anche al Sud, sempre trainata dai due effetti citati in precedenza, a cui se n’è aggiunto uno nuovo: #Restoacasa. Tra gli ingredienti base più acquistati si sono aggiunti il latte e la farina, mentre nel comparto surgelati, impanati, pesce e vegetali. In termini di valore assoluto sono i prodotti da forno a riscontrare una maggiore crescita, in particolare pasticceria e biscotti. Registrano una forte crescita anche l’acqua in bottiglia, la carta igienica, il sapone, la candeggina, le salviettine umidificate e i detergenti per le superfici. 

A seguito delle nuove misure restrittive, prese dal governo l’8 Marzo 2020, le vendite della GDO sono letteralmente esplose: la crescita di queste settimane risponde alla nuova esigenza di consumare i pasti esclusivamente in casa. Come nella settimana precedente, è il Sud Italia a registrare gli incrementi più alti su base tendenziale (+28,4%), seguito da Nord Est (+18,6 %) e Centro (16,8%). In particolare, il trend positivo si registra nei liberi servizi (+46,3%), nei supermercati (+30,4%) e nei discount (+22,5%).

Anche le vendite di prodotti ideali per un aperitivo home-made crescono, come mozzarelle (+43,4%), affettati (+32,4%), patatine (+31,3%), birre (+13,8%), ma anche di quelli che potremmo considerare “comfort food”, come creme spalmabili (+57,7%), pizza surgelata (+54,3%) e barrette di cioccolato (+21,9%). Sono tanti gli amici, i fidanzati, i colleghi, che nel primo weekend dopo la stretta si sono organizzati per vincere i momenti di noia e solitudine, tramite aperitivi e cene virtuali. Al contrario, il Cash & Carry ha subito un calo molto forte (-44,7%) e probabilmente questo andamento si protrarrà fino alla fine della quarantena, quando verranno riaperti bar e servizi di ristorazione. 

Ricerche prodotti di consumo coronavirus

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Durante la quinta e la sesta settimana (tra il 16 marzo e il 29 marzo), le vendite della Grande Distribuzione Organizzata continuano a crescere, ma in modo più contenuto, probabilmente a causa delle nuove procedure d’ingresso nei negozi e quelle relative allo spostamento (che può avvenire solo all’interno del comune di residenza). Secondo l’osservatorio Lockdown di Nomisma si prediligono ordini online, negozi di vicinato e prodotti a km zero, ma a differenza delle settimane precedenti è il Nord Est a registrare gli incrementi più alti su base tendenziale (+8,9%).

Le categorie di prodotti maggiormente acquistate sono sempre legate ai tre “effetti” identificati da Nielsen: lo “stock” (farina, uova, zucchero, latte, burro, caffè, pasta, sughi e biscotti), la “prevenzione” (guanti, detergenti per le superfici, candeggina, sapone, termometri) e “resto a casa” (pizze surgelate, affettati, mozzarella, patatine, vino e gelato). In questo periodo aumenta la gente che si dedica alla preparazione di panificati e dolci in casa. Tutt’ora le vendite della GDO sono stabili, ma vista la proroga della quarantena fino al 3 Maggio, si pensa che ci sarà un nuovo incremento negli acquisti.

Mentre l’Italia chiude, esplodono gli eCommerce

In tutto questo caos, visti i moltissimi esercizi commerciali chiusi, le restrizioni all’entrata dei negozi aperti e la paura del contagio, moltissime persone hanno deciso di rivolgersi agli eCommerce per soddisfare i propri bisogni. Il trend delle vendite di prodotti di largo consumo online è notevolmente cresciuto, passando da un 81,0% (rilevato da Nielsen tra lunedì 24 febbraio a domenica 1 marzo) ad un +162,1% (rilevato tra lunedì 23 a domenica 29 marzo). Da un’indagine di Netcomm, infatti, il 77% delle aziende che vende online nei diversi settori ha dichiarato di aver acquisito nuovi clienti, a dimostrazione che la crisi ha portato diversi consumatori ad avvicinarsi per la prima volta agli acquisti online. Secondo Romolo de Camillis, questa ascesa «rispecchia l’esigenza di evitare lunghi tragitti casa-negozio, nonché di evitare code e assembramenti».

Se si vanno a guardare bene i dati, però, il trend non è totalmente positivo: il boom negli acquisti online c’è stato, ma riguarda principalmente i beni di prima necessità.

Il trend di crescita riscontrato tra fine febbraio e inizio marzo, esattamente come quello del retail tradizionale, ha poi subito un lieve rallentamento: per molti player, sia B2B che B2C, il fattore determinante del calo è stato il decreto emanato il 22 marzo 2020, che ha applicato nuove restrizioni per limitare la diffusione del Coronavirus, ovvero il divieto di vendita dei prodotti non essenziali ed il conseguente ritardo o blocco dei sistemi di trasporto.

Attualmente, guardando i dati aggiornati delle spedizioni rilasciate da Qaplà, la situazione italiana per la logistica del commercio elettronico sembra abbastanza fluida: qualche corriere è in crisi, a causa delle filiali chiuse (in particolare nel Nord Italia) o degli scioperi degli spedizionieri che hanno paura ad andare a ritirare le merci nelle zone più colpite dal virus, ma molti altri stanno lavorando al meglio delle proprie risorse per garantire il flusso della distribuzione. Secondo l’indagine dell’Osservatorio Netcomm datata 31 marzo 2020, la percentuale di merchant che hanno riscontrato un problema nelle spedizioni (su 150 intervistati) è solo del 39,33%, ma un buon 80% non esclude di poter avere difficoltà nei prossimi mesi. 

logistica coronavirus

Andamento delle vendite online a seconda del settore

Analizzando i dati di Qaplà, a Marzo 2020 è stato evidenziato un netto miglioramento nel volume delle spedizioni totali, ma andando ad analizzare lo spaccato dei singoli settori ci si rende conto che le performance non sono per tutti uguali, anzi. 

Settori in crescita: spesa online, pharma, articoli sportivi e bricolage

La categoria che ha fatto segnare numeri da record, in particolare nei primi giorni di Marzo, è quella della spesa online. Tuttavia, nel giro di una decina di giorni il sistema ha fatto crash: nessun player era organizzato per far fronte a una domanda esplosa da un giorno all’altro. Il risultato è stato che molti siti erano diventati lentissimi, o addirittura inusabili, come quello di Carrefour, che bloccava la navigazione ogni qual volta si tentava di inserire un prodotto nel carrello, oppure chiedeva all’utente di rientrare a mezzanotte a saldare il conto della spesa. Altri player, come Iper ed Esselunga, invece, non sono riusciti a reggere il carico della logistica, facendo slittare la consegna di intere settimane.

Ecco quindi, che nelle ultime due settimane, alcune realtà si sono ingegnate per trovare delle soluzioni alternative: alcune realtà locali si sono impegnate nelle consegne a domicilio, magari approfittando della soluzione offerta da Nexi “Pay-by-link”, che consente di incassare l’importo dell’acquirente a distanza, tramite l’uso di un link. Anche molti eCommerce hanno ideato nuovi servizi, ad esempio Carrefour ha da poco lanciato “gli essenziali“, dei cesti precostituiti con alimenti in scatola, prodotti per la casa e per la cura della persona che vengono consegnati entro 4-5 giorni dall’ordine, in tutta Italia.

Trend ricerche spesa online coronavirus
Un altro settore destinato a una crescita esponenziale è quello delle farmacie online: secondo Qapla’ nella seconda metà di Marzo c’è stato un incremento degli ordini del +54%, rispetto allo stesso periodo del mese precedente, mentre Adabra ha registrato un 37% di fatturato in più rispetto all’anno precedente. Tuttavia, anche in questo settore mostra un andamento simile a quello dei supermercati: un boom di vendite nelle prime settimane, che si è poi lentamente assestato su livelli tradizionali.

I dati positivi registrati tra fine febbraio ed inizio marzo sono stati trainati dalla ricerca di prodotti legati al COVID-19, ovvero i detergenti per le mani, le mascherine, i guanti ed i termometri (secondo IQVIA e Pharmacy Scanner +455%), di fatto introvabili nelle farmacie locali e nei supermercati. Durante il corso delle settimane c’è anche stato un incremento di ricerche anche per i termometri e per i pulsossimetri, ovvero strumenti utili per misurare la temperatura e l’ossigenazione del sangue, ma anche di vitamina C, causata da una fake news fatta circolare sui social network e ripostata da Belen Rodriguez.

Trend ricerca farmacie coronavirus

Dopo che Conte ha decretato il lockdown, l’attenzione degli utenti si è concentrata su altre due categorie di negozi online: eCommerce specializzati nella vendita di attrezzature per l’home fitness e del bricolage. Gli articoli sportivi sono molto ricercati e acquistati, in particolare da quando è stato vietato di passeggiare e correre all’aperto: fare sport tra le mura domestiche è diventata una vera e propria ossessione, sia per questioni di forma fisica, che per scaricare lo stress del momento.

E sicuramente l’offerta di video, app e tutorial messi a disposizione dagli influencer e dai personal trainer, ha notevolmente incrementato le vendite di questi prodotti, che secondo Adabra si aggira attorno ad un +48% di fatturato rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda i negozi di bricolage, invece, se inizialmente la vendita è stata trainata dalla ricerca di mascherine ffp2 e ffp3, non sono mancati gli acquisti di vernici, utensili e materiali per i piccoli lavori di casa; secondo una ricerca di ManoMano e YouGov sulle nuove abitudini degli italiani, infatti, risulta che 4 persone su 10, in particolare di sesso maschile, durante la quarantena si sta dedicando ai piccoli lavori di manutenzione domestici.

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Rimangono alte anche le visite ai siti di elettronica di consumo, di giocattoli e di pet care. La necessità di seguire le lezioni e lavorare da remoto, ha incrementato l’acquisto di accessori quali webcam, monitor, cuffie e microfoni. Inoltre, la raccomandazione di evitare di toccare superfici condivise e di tenere puliti gli ambienti di casa, ha favorito le vendite di robot aspirapolvere, di dispositivi smart home.

Al contrario, secondo GfK hanno subito una decrescita prodotti quali smartphone (-6,7%), TV (-10,2%), macchine del caffè (17,4%), stampanti (-27%), condizionatori (-27,4%) e asciugatrici (-31,4%). E mentre i genitori lavorano, i bambini hanno bisogno di distrazioni, di conseguenza non sono mancate le impennate alle visite degli store di giochi e giocattoli; molti di essi però, purtroppo, rimangono chiusi fino a nuova ordinanza. Oltre i bambini, anche gli animali domestici in questo periodo reclamano le dovute attenzioni: il trend delle visite dei negozi di “pet care” è stabile, mentre gli ordini di cibo, integratori e peluche, secondo Qaplà, sono aumentati del 100% nel giro di un mese.

Ovviamente, in tutto questo periodo i marketplace sono rimasti il punto di riferimento per tutti gli italiani, in particolare Amazon ed Ebay. Inutile dire che, anche qui, i prodotti più cercati in assoluto sono state le mascherine e l’amuchina, il termometro ed il saturimetro. Nella top ten compaiono anche libri, accessori per bambini, il Risiko ed il Kindle. Anche l’acquisto su Amazon ha subito una lieve battuta d’arresto: secondo quanto riportato da Bloomberg, anche il grande colosso è rimasto spiazzato dall’enorme aumento delle domanda a livello globale e dal 21 Marzo, ha dovuto prendere la decisione di dare la priorità di consegna ai beni di prima necessità, appartenenti alle categorie della salute e degli alimenti. 

Settori in calo: fashion, lifestyle e travel

Secondo il Consorzio Netcomm, l’emergenza sanitaria ha causato un calo delle vendite degli eCommerce dell’abbigliamento, dell’arredamento e delle calzature. Nonostante le grandi catene di abbigliamento abbiano incentivano gli acquisti online con sconti e promozioni dedicate, il mercato sembra aver subito un calo pari all’84,62%. I motivi di questa tendenza potrebbero essere due.

In primis, alla preoccupazione e all’ansia dovuta alla pandemia in corso, si aggiungono i timori per le conseguenze economiche derivate dal lockdown. Nella nostra testa non c’è più spazio per sfizi ed acquisti accessori, ma solo per beni di prima necessità o articoli particolarmente scontati. A questo, si aggiungono i problemi legati all’operatività e alla logistica: ordinare senza sapere quando si riceverà la merce è un deterrente per molti consumatori. Il mondo del lusso, invece, ha deciso di convertire la propria produzione in strumenti di protezione individuale: sono molti i famosi brand di moda che hanno deciso di impegnarsi in questa causa: da Mango a Gucci, da Dior ad Armani.

Ma il settore che soffre di più in assoluto in termini di vendite online ed offline, è sicuramente quello del turismo. Arrivano a ritmo accelerato in questo periodo, cancellazioni e disdette in tutta Italia, mettendo in ginocchio il mercato. Secondo la rilevazione, realizzata dall’Istituto Demoskopika lo scorso 11 marzo, sarebbero almeno 14 milioni i cittadini che, al netto di una ulteriore proroga dei provvedimenti restrittivi, avrebbero già deciso di non trascorrere l’estate 2020 sotto l’ombrellone: un tasso che si ripercuoterebbe sul sistema turistico con una perdita di circa 5,8 miliardi di euro a cui si aggiungerebbero 3 miliardi, già calcolati per le festività pasquali.

Valori negativi anche per l’incoming turistico italiano, che potrebbe provocare una perdita di circa 15 milioni di turisti stranieri. Questi numeri trovano conferma nelle percentuali di prenotazione rilevate nel report di Darwin, che si assestano attorno al -84% per i viaggi organizzati, -80% per i voli, -73% per i trasporti e -67% per le strutture ricettive. D’altronde “del doman non v’è certezza”: nessuno sa se, come e quando la vita potrà tornare alla normalità

ecommerce trend coronavirus

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Cosa aspettarsi dal prossimo futuro degli eCommerce?

Gli sviluppi dipendono sicuramente da più fattori. È probabile che per alcuni settori aumenti ancora la portata degli ordini, per via dell’esaurimento delle scorte in casa. Inoltre, dal momento in cui assisteremo alla riapertura dei punti vendita e le persone potranno tornare a circolare, con le dovute precauzioni per la tutela della salute, il ruolo del commercio online diventerà ancora più importante: molti preferiranno acquistare online, piuttosto che stare ore ed ore in fila al negozio o correre rischi per la propria salute. Perciò, i proprietari di eCommerce, dovranno rimboccarsi le maniche, per tenere sotto controllo tutta la filiera distributiva ed evitare intoppi nella fruizione del portale e nelle consegne.

Secondo la mia opinione, gli aspetti che devono e dovranno essere necessariamente tenuti sotto controllo sono: la comunicazione tempestiva degli aggiornamenti, l’usabilità del sito, la quantità di merci in magazzino, i prezzi e la scontistica, l’assistenza al cliente 24h e la garanzia di consegna. Se le reti di distribuzione continueranno a funzionare fluidamente durante le prossime settimane non dovrebbero presentarsi grossi problemi, ad eccezione della difficoltà dell’approvvigionamento: è un dato di fatto che già ora, in molti magazzini, la disponibilità di alcune merci è terminata e non sarà facile riassortirla nel breve periodo.

ecommerce

Per alcuni settori sarà comunque necessario tenere conto che il fattore economico potrebbe impattare negativamente: molte aziende, che sono state costrette a rimanere chiuse, subendo ingenti perdite ai profitti, non saranno in grado di pagare i propri dipendenti, e a ciò si aggiungerà un tasso di disoccupazione molto elevato.

Questa preoccupazione è resa nota da una ricerca di SWG del 19 marzo scorso: il 53% degli intervistati teme che “la propria azienda o attività possa subire delle conseguenze” mentre il 44% ha paura di poter perdere il lavoro a causa di questa crisi. Sicuramente il potere di spesa di molti consumatori potrebbe essere notevolmente ridotto rispetto a prima. Purtroppo, avere il negozio migliore del mondo o le campagne di marketing più avvincenti potrebbe servire a poco, se le persone non avranno la possibilità di acquistare.

bambini in quarantena

Bambini e genitori a casa: ecco il metodo SOS (Stimola Organizza Sorridi)

  • È possibile conciliare attività ludiche con i propri figli e smart working?
  • Ecco come organizzare alcuni appuntamenti divertenti con i bambini per combattere noia e sedentarietà

 

Cari genitori, questo articolo è per voi. Qualcuno purtroppo ha smesso di lavorare, qualcun altro deve continuare a farlo ma in smart working, con tutte le difficoltà che spesso bisogna fronteggiare nella gestione dei figli a casa.

Ecco alcuni spunti per svolgere attività con i bambini e divertirvi insieme.

Qui, il classico SOS si trasforma in: STIMOLA, ORGANIZZA e SORRIDI. Vediamo come.

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bambini

Talent Show Live – Let’s dance

Perché non organizzare un talent show a casa? Il vostro entusiasmo nel proporre l’idea sarà fondamentale.

Pensate ai villaggi turistici: quali sono le attività che piacciono di più ai bambini? Qual è il momento della giornata più atteso? I balli della Mini Disco, ovviamente. Quanto sono fieri i bambini quando imparano un nuovo ballo?

Su YouTube potete fare il pieno e prendere spunto da migliaia di video.

Potete decidere insieme cosa imparare e magari farlo insieme a loro. Se invece dovete lavorare, potreste lasciare il “backstage” e partecipare solo all’esibizione finale, come se fosse “il saggio di fine anno” a cui andrete ad assistere in soggiorno.

Se vi piace, potreste anche decidere di dedicare un giorno alla settimana a questa attività.

quarantena con i bambini d

YouTube Kids

Forse non tutti sanno che da 2 anni esiste Youtube Kids, l’app offre ai bambini una navigazione protetta e sicura, un ambiente più controllato e consente ai genitori o a chi si occupa di loro di guidarli mentre scoprono YouTube. Potete sfogliare i canali e le playlist in quattro categorie: ProgrammiMusicaImpara ed Esplora

Ci sono altre accortezze molto utili come:

  • impostare un codice numerico per accedere al pannello app del genitore;
  • regolare i limiti di tempo, una sorta di timer, che se scade l’app si chiude senza possibilità di apertura nell’immediato;
  • selezionare contenuti dell’app da rendere disponibili al proprio figlio;
  • disattivare la ricerca, per consentire la visione solo dei video pubblicati nella homepage anche se, tutti gli altri sono a prova di sensibilità massima. Inoltre nell’app sono state disattivate tutte le funzioni social come il tasto condividi e il mi piace.

Qui trovate una semplice guida su come utilizzarlo.

bambini

Tra i canali da seguire su YouTube, consiglio:

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bambini e genitori a casa

Andiamo in Africa o dove preferisci

Bastano pochi clic per partire alla volta di un nuovo luogo da visitare e stimolare la fantasia dei vostri piccoli.

In questo periodo sono tantissime le segnalazioni del “ritorno di animali” in città, ma non tutti possiamo vederli. Eppure quanto è rilassante e quanto ci manca la natura? Sicuramente tanto. Approfittiamo allora di questa opportunità: le webcam dal mondo. Potremmo organizzare dei “picnic” ogni giorno in un posto diverso. Riascoltare il vento, gli uccelli e il mare ci farà sicuramente bene.

Partiamo per il Kenya: Tsavo East National Park tra Elefanti, giraffe, bufali, zebre, leopardi e altri animali in diretta dalla Savana.

Solidarietà Digitale – Smart Tales e tanto altro

La Solidarietà Digitale è stata uno dei primi supporti del Governo: molte possibilità di accedere ad app, abbonamenti gratuiti e piattaforme per affrontare al meglio questo periodo, al lavoro quanto nel tempo libero.

smart tales solidarietà digitale

L’app per bambini Smart Tales con storie interattive è disponibile su supporti Android ed Apple.

Smart Tales è una ricca libreria di storie interattive e animate che insegnano le materie STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) a bambini dai 3 anni in su.

Ma potrete trovare tantissime risorse liberamente scaricabili anche su Scienza Express: un elenco suddiviso in fasce d’età tra letture, disegni da colorare, podcast e attività didattiche.

quarantena con i bambini

Musei on line da esplorare con i bambini a casa

Visite virtuali ai musei in questo periodo, in aggiornamento costante sul sito del Ministero dei Beni Culturali

Ecco alcuni musei da esplorare con i più piccoli, mediante tour virtuali e canali social.

  1. MUSEI VATICANI (Roma)
  2. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE (Napoli)
  3. PINACOTECA DI BRERA (Milano)
  4. GALLERIA DEGLI UFFIZI (Firenze)
Proptipazione digitale

Coronavirus: la prototipazione digitale scende in campo per gli ospedali in emergenza

Nei giorni dell’emergenza causata dal COVID-19, molte aziende son scese in campo per supportare gli ospedali in difficoltà. Una di queste è Ultrafab, la quale sta adoperando la stampante 3D per raccogliere pezzi utilizzabili per i respiratori.
Il loro obiettivo è aiutare il sistema sanitario nazionale nel modo più capillare possibile.

Ultrafab è una startup innovativa, fondata a Brescia nel 2018. Il core business è gestire l’intero processo di ideazione, progettazione, sviluppo ed industrializzazione di prodotti nel mercato dell’internet delle cose (IoT), con un focus specifico sulle necessità di acquisizione, gestione e comprensione del dato, tramite strumenti di analisi tradizionale e di intelligenza artificiale. Inoltre, gestiscono la raccolta dei dati di produzione, usando nel laboratorio anche stampanti 3D, taglio laser e altri strumenti tipici di un Fab Lab per la prototipazione digitale.

A tal proposito, abbiamo ascoltato il CEO di Ultrafab, Alessio Bernesco Làvore.

L’esperienza di Ultrafab

Ultrafab da 3 anni è attiva nel settore IoT. Di cosa vi occupate? Soprattutto, a chi vi rivolgete?

«Principalmente ci occupiamo di quello che viene definito “Industria 4.0”, nello specifico nella parte di raccolta, analisi e condivisione dei dati, con un focus specifico legato ai processi di acquisizione in tempo reale e alla parte IoT. Il nostro prodotto di punta “Bishop” è un sistema operativo di fabbrica. Una piattaforma che permette di far dialogare la parte fisica, quindi i macchinari, con la parte puramente digitale: i sistemi gestionali aziendali, i sistemi di business intelligence e così via.

Il nostro compito è quello di fungere da “broker” di tutti i flussi informativi (e sono parecchi) che si generano, nascono e muoiono all’interno dell’azienda contemporanea. Basta pensare a quante informazioni vengono prodotte quotidianamente da un macchinario industriale e che vengono perse perchè non raccolte ed analizzate. Noi rendiamo possibile questa raccolta ed aiutiamo a valorizzarla, dando un senso ai dati raccolti. Ci rivolgiamo principalmente al mondo manifatturiero, con clienti che coprono un po’ tutti i tipi di produzione e fatturato annuo.

Certo, per posizione geografica e di prossimità (siamo di Brescia) i nostri clienti principali operano nel campo meccanico e metallurgico. Ma abbiamo casi di utilizzo anche lontani dall’industria: biomed, smart building e luxury».

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Come l’azienda sta reagendo all’epidemia COVID-19 (anche con la prototipazione digitale)

Stiamo vivendo una situazione drammatica in tutta Italia e non solo, causata dall’emergenza del Coronavirus. Come vi state comportando come azienda? Siete stati costretti a chiudere, avete adottato lo smart working?

«Come Ultrafab siamo entrati in modalità smartworking fin dall’inizio dell’emergenza. Abbiamo uno spazio fisico di circa 450 metri a Brescia (che chiamiamo affettuosamente “il lab”) ma da tempo i nostri strumenti di lavoro e il nostro ambiente di sviluppo sono totalmente virtualizzato e accessibile in cloud. Quindi in pratica ovunque abbiamo un portatile ed una connessione ad internet, noi siamo operativi. Per noi non è stato abbastanza automatico iniziare a lavorare da casa, anche perchè per chi di noi ha figli è stata una scelta quasi obbligata.

Nel corso delle settimane abbiamo visto i nostri clienti gradualmente chiudere, fino a rimanere a seguire in linea solo quelli direttamente coinvolti nella lotta all’emergenza e qua, purtroppo, non sono pochi. Pensavamo che ci sarebbe stato un totale congelamento delle attività, mentre stiamo ricevendo costantemente richieste da nuovi prospect. Sembra che un buon numero di aziende stia utilizzando questo periodo di stasi per ampliare il ragionamento sulle nuove tecnologie. Speriamo tutti in una applicazione pratica una volta passato il periodo di quarantena».

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In una zona tanto colpita come la vostra avete dato un contributo alla lotta al COVID-19?

«A Brescia c’è stata una risposta fortissima da parte di tutto il tessuto produttivo. Noi nello specifico abbiamo aderito alla call di Make In Italy mettendo a disposizione le macchine di digital fabrication che abbiamo in laboratorio e le competenze IoT. Per la prima parte in particolare abbiamo collaborato alla produzione dei particolari di alcuni face shield e abbiamo messo a disposizione il laboratorio per l’assemblaggio.

Per la seconda stiamo lavorando al progetto di un apparato wearable a basso costo e facilmente riproducibile per il monitoraggio a distanza dei parametri medici dei pazienti, soprattutto nell’ottica di facilitare il controllo delle persone a casa in convalescenza o degli ospiti delle strutture gestite (RSA e residenze per anziani)».

Con quali prodotti, macchinari, attrezzi?

«Avendo due nature, una “digitale” legata allo sviluppo e una “fisica” legata ai macchinari, dividerei le due cose. Per noi la parte macchine di digital fabrication è una risorsa interna, le utilizziamo solo per la realizzazione dei nostri prototipi o per l’adattamento di soluzioni che forniamo ai nostri clienti, non facciamo un service.

Questo ci ha portato ad avere una specializzazione orizzontale, quindi diverse macchine per scopi diversi, piuttosto che verticale, quindi concentrata su poche lavorazioni ma un elevata produzione. Abbiamo stampanti 3D, sia FDM che a resina, con diverse tipologie di stampa e dimensione. Una macchina per il taglio laser, una macchina CNC a 3 assi in grado di lavorare materiali diversi, anche metallici, apparati per la termoformatura e per la lavorazione dei compositi, un laboratorio di elettronica e un reparto “tradizionale” con macchine manuali (trapani, troncatrici, etc). Per la parte di sviluppo da sempre utilizziamo prodotti opensource, sia server che client e tutti i nostri prodotti sono nativi cloud».

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Sulla stampa 3D (o prototipazione digitale) c’è confusione su cosa si possa stampare, sull’utilizzo e la qualità e sulle quantità prodotte. Vogliamo chiarire questo aspetto?

«Come per tutti gli ambiti della tecnologia in cui ci siano due aspetti congiunti (strumento/competenza) che devono interagire dividerei le tre fasce classiche: consumer/prosumer/professional. Come avviene in altri ambiti assimilabili (penso a quello della fotografia?!?) ci sono strumenti consumer che hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni, permettendo anche ad utenti appena affacciati di ottenere soddisfazione, ma ancora semplicemente inutilizzabili “by design” nel mondo professionale.

Per la stampa 3D quello di cui si parla solitamente sui social è la stampa 3D fatta con apparati consumer, quella che permette con un minimo investimento (nell’ordine delle centinaia di euro) di avere qualcosa in grado di stampare oggetti in plastica. La qualità del prodotto realizzato alla fine è la somma di una serie di fattori, nei quali di solito l’esperienza dell’utente e la quantità di modifiche/messe a punto fatte alla macchina (ovvero ora investite) diventano il vero fattore determinante.

È ovvio che in ambito professionale questo tipo di variabilità non è accettabile. Le macchine utilizzate in ambito industriale e che attualmente permettono realmente di produrre pezzi con modalità/tempi/costi impossibili per i processi tradizionali sono altamente automatizzate e hanno un’affidabilità elevatissima, in pratica condividono con le stampanti 3D comprate su Amazon solo il nome generico.


La nostra esperienza specifica sta nella fascia di mezzo, quella degli apparati “prosumer”, prodotti il cui costo più elevato, per quanto ancora accessibile per una realtà piccola e non orientata alla produzione di massa, è giustificato da una maggiore affidabilità e riproducibilità del processo. Per noi avere un reparto di fabbricazione interna vuol dire poter arrivare in “ore/giorni” ad avere un prototipo finito in grado di portarci sul campo per i test, senza peraltro dover mettere piede fuori dal lab. Parlo in generale di fabbricazione anche perchè l’oggetto finito non è quasi mai “100% 3D printed” ma un mix di diverse lavorazioni, stampa 3D, laser cutting, lavorazioni CNC, componenti elettronici, etc.

L’ultimo aspetto determinante è poi legato alla capacità progettuale, è banale, ma una stampante 3D realizza oggetti che sono stati precedentemente disegnati e progettati con programmi di CAD 3D, motivo per cui spesso gli oggetti consumer vengono acquistati per rimanere a breve inutilizzati per mancanza di soggetti da stampare. Più o meno come il fatto che senza pentole non potrai sicuramente cucinare, ma comprare una pentola non ti fa diventare automaticamente Barbieri».

home working

Home Working: le nostre case sono pronte al lavoro da remoto?

Emergenza sanitaria. Il Governo chiede ai cittadini di rimanere in casa e invita le aziende a facilitare le persone a lavorare dalla propria abitazione. Non parliamo di un ipotetico futuro fantascientifico, ma del presente. Si passa così in poco meno di una settimana dai 570mila smart worker censiti a ottobre dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, a 8 milioni di home worker.

Dopo quasi un mese trascorso in questa condizione obbligata, è possibile fare le prime valutazioni su vantaggi e svantaggi del lavoro da casa ed è quello che ha fatto l’Osservatorio Copernico sullo Smart Working, nuove tendenze  nei luoghi di lavoro e lifestyle.

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lavoro-remoto-smart-working

Home Working, Smart Working e le nostre case

L’home working funziona, il sistema sta reggendo ma ormai tutti abbiamo compreso che questo modo di lavorare e lo smart working non sono due facce della stessa medaglia, né due modi diversi di esprimere uno stesso concetto. Semmai il primo può essere una parte marginale del secondo perché praticare lo smart working solo tra le quattro mura domestiche non è efficace.

Se l’home working, grazie alle tecnologie che permettono di essere connessi anche dalla propria abitazione, ha fornito una risposta efficace a una condizione di emergenza, ha creato però anche alcune difficoltà.

Se da un lato la maggiore autonomia e responsabilità ha favorito nel lavoratore un certo senso di appagamento, dall’altro ha reso difficile il work-life balance e, soprattutto per chi abita in città o in un appartamento, la sensazione più comune è stata quella di vivere in una casa che scoppia.

Infatti, se con lo smart working possiamo decidere da dove lavorare e quali attività dedicare alle giornate fuori ufficio, ora siamo costretti a vivere lo spazio domestico in una soluzione di continuità e ad adattarlo perché risponda nel corso della giornata a molteplici funzioni, condividendolo anche con altre persone che possono avere bisogni diversi.

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Come dice Francesco Scullica, architetto, professore del politecnico di Milano e direttore scientifico del Master Interior Design del Politecnico gestito da POLI.design e autore del libro Living, Working, Travelling: “Il nostro spazio domestico è improvvisamente inadeguato: i modelli di open space, di spazi a pianta libera, che ha avvantaggiato negli ultimi anni la zona living a scapito di quella più privata, sono messi in discussione”.

La casa: un modello da rivalutare?

Le case, insomma, non si adattano molto bene al lavoro continuativo da remoto. Dopo anni in cui la casa era stata poco vissuta – soprattutto dai più giovani – a favore di spazi pubblici, luoghi culturali, ristoranti e palestre, ora invece tutto accade nelle quattro mura domestiche e l’intero nucleo familiare è costretto a vivere insieme ogni giorno. E sebbene sia una situazione temporanea (che durerà si spera solo ancora qualche settimana), è pur vero che in futuro l’home working inevitabilmente sarà sempre più diffuso.

Tuttavia, è bene ricordare che lo spazio abitativo è pensato per delle funzioni diverse dal lavoro: non possiamo progettare totalmente l’architettura delle nostre case in funzione dell’home working perché perderebbero la loro funziona principale: quella di accogliere noi e le nostre famiglie nei momenti informali, di relax, di vita domestica condivisa.

“La casa non può sostituire completamente un ufficio o uno spazio di coworking. Spesso per ragioni tecnologiche, ma soprattutto per la mancanza del fattore umano. Gli uffici sono infatti spazi relazionali dove si costruiscono comunità. Sono luoghi di incontri, opportunità e scambi di idee, sono acceleratori di relazioni. Ma è probabile che si lavorerà uno o due giorni a settimana da casa” continua Scullica.

E allora, come possiamo organizzare al meglio il lavoro da casa?

In questo specifico frangente, laddove possibile, si è optato per adibire una stanza o un angolo della casa per l’attività lavorativa (magari con una scrivania, una sedia ergonomica e la giusta illuminazione) ma è il massimo che si è potuto fare in una situazione di quarantena.

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Ripensare, trasformare, rendere flessibile

Se vogliamo in un futuro rendere le nostre case più adatte ad accogliere alcune nostre giornate lavorative, possiamo provare a ripensare la distribuzione degli spazi, in particolare la suddivisione tra quello pubblico e quello privato.

“Dovremmo innanzitutto stabilire quali potrebbero essere le stanze della casa aperte a tutti, sempre, e quali gli spazi dedicati al raccoglimento e al lavoro individuale” – ha dichiarato Isadora De Pasquale, architetto progettista di Copernico – “Non sarà come lavorare da un ufficio attrezzato o da uno spazio dedicato allo smart working – che abilita il networking, offre eventi e servizi, favorisce la creatività – ma sicuramente diventerà parte di un progetto più ampio che unisce agli uffici flessibili o agli uffici delle proprie aziende anche un momento tra le quattro mura di casa”.

La parola d’ordine del futuro nell’interior design sarà insomma flessibilità, negli spazi e negli arredi. Se negli ultimi anni il lavoro di architetti e designer si era concentrato per rendere gli uffici adatti sia al lavoro sia alle relazioni, in funzione di un migliore bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa, ora è il momento di fare lo stesso all’interno delle nostre abitazioni.

Ecco allora qualche proposta del Prof. Scullica e dell’Arch. Isadora De Pasquale per trasformare (dove possibile) le nostre case in funzione dell’home working, che sempre più farà parte delle nostre abitudini.

Trasformare la casa in un ufficio?

Se trasformare la casa in un ufficio è impossibile, possiamo però quantomeno cercare di trasferire in casa alcune delle buone pratiche che solitamente adottiamo nell’arredamento funzionale degli uffici. Ecco alcuni esempi:

  • Avere uno spazio personale dedicato al lavoro. Se in ufficio questo si traduce, nella maggior parte dei casi, in una scrivania, in casa significa trovare un angolino che possiamo allestire appositamente. Può essere anche uno spazio molto piccolo, ma deve essere accogliente e confortevole, adeguato al lavoro. Uno spazio in cui non ci siano disturbi esterni, per quanto possibile. E non dimentichiamoci di creare anche uno sfondo adatto alle videoconferenze! Lo sfondo dice molto di noi e delle nostre abitudini.
  • Dare importanza ai luoghi di transizione. Come le hall negli uffici, gli spazi condivisi e i corridoi sono luoghi “neutri” in cui la mente può cambiare orizzonte e riposare: Anche se si lavora da casa è bene avere uno spazio di transizione simile. Inevitabilmente, molto spesso nelle abitazioni questa funzione è svolta dall’ingresso e dai corridoi tra le stanze. Che riacquisiscono così l’importanza che avevano perso nel tempo, tanto che in molte case oggi vengono aboliti in virtù della creazione di soggiorni open più ariosi. Ecco che nella situazione attuale, l’ingresso delle case diventa fondamentale, perché funge da filtro, sia verso l’esterno, ma soprattutto rispetto alle altre stanze della casa (così come i corridoi). Diventeranno i “cuscinetti” tra la zona di lavoro e il resto dell’abitazione, e miglioreranno il famoso work-life balance.
  • Scegliere arredi ergonomici per le zone di lavoro, senza rinunciare però allo stile della propria casa. È importante ricordare ancora una volta che una cosa è l’ufficio, altra cosa è la casa: questa distinzione resterà fondamentale alla fine di questa emergenza, quando potremo tornare ai nostri usuali luoghi di lavoro. Quindi, la scelta migliore sarà, da un lato, rendere confortevole il luogo della casa deputato al lavoro – con una seduta adatta, uno schermo sufficientemente grande e una scrivania della giusta altezza – ma, dall’altro, non dimenticare che i colori e i materiali di questa zona devono integrarsi con quelli dell’abitazione, per non spezzare l’armonia generale dell’arredamento.
  • Scegliere arredi flessibili e mobili può essere un’idea funzionale agli spazi più piccoli o più aperti. Ad esempio, tavoli che possono essere anche scrivanie o sedute leggere che possono essere spostate facilmente. Non tutti hanno la possibilità di creare uno spazio dedicato esclusivamente al lavoro, ma già cambiare la sedia o trasformare il tavolo può aiutare la concentrazione.
    Introdurre degli elementi di verde. Piante verdi da interno, fiorite o grasse, oppure una vista dalla finestra su un parco o un giardino (per i più fortunati): gli elementi naturali aiutano la concentrazione, stimolano la creatività e l’energia. Dovrebbero essere presenti in ogni ufficio e in ogni casa.
  • Infine, ricordiamoci che anche l’arte è un acceleratore di creatività. In questi giorni di quarantena si possono sfruttare i tour virtuali messi a disposizione da tanti musei, ma si potrebbe anche pensare di introdurre elementi artistici in casa, come fonte d’ispirazione. Perché la bellezza, in casa o in ufficio, non è mai abbastanza.
smart weorking su tiktok

Meccanici da salotto e barbieri da giardino: lo smart working su TikTok

  • La piattaforma per i video brevi può contare su oltre sei milioni di utenti in Italia;
  • Su TikTok gli utenti stanno raccontando in modo creativo il loro smart working, anche quando diventa difficile attuarlo, come nel caso di barbieri, tatuatori o meccanici.

 

“La bellezza salverà il mondo”, è una delle frasi più citate dagli utenti della Rete, tratta da L’idiota di Dostoevskij. Parafrasando il genio della letteratura russa, potremmo chiederci se sarà anche una fragorosa risata a fare altrettanto, a salvare il pianeta in tempi di emergenza?

Una possibile risposta è offerta dagli utenti di TikTok, la piattaforma per i video brevi della Gen Z (ma non solo), che può contare su oltre sei milioni di utenti nel nostro Paese, 40 milioni nel mondo.

Nelle loro clip gli utenti raccontano in modo leggero, divertente e creativo l’emergenza che stiamo vivendo.

Tra i temi più discussi, c’è lo smart working. C’è il parrucchiere che si esercita tagliando l’erba al prato, chi si inventa un nuovo lavoro, come camboy, e chi ancora escogita dei trucchi per fuggire dalle call noiose. Siamo andati a curiosare. Ecco cosa altro abbiamo scoperto.

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Estetisti, parrucchieri, hostess e steward di bordo, i più creativi

Sono tanti i modi con cui gli utenti di TikTok esprimono la nostalgia verso il loro lavoro. I più colpiti dal blocco delle attività, come estetisti, parrucchieri, hostess e steward di bordo, sono anche i più creativi sulla piattaforma.

C’è chi, per esempio, come @justcallmepino, non rinuncia alla sua passione per il volo. Per combattere la noia, con indosso una divisa da pilota, si esercita facendo volare un modellino di aereo. In attesa di pilotare un aereo vero è riuscito a “far volare” le visualizzazioni, che hanno superato le 230mila.

@justcallmepinoAnche solo in Smart Working ma sto lavorando eh ##perte ##neiperte ##tiktokita ##iorestoacasa ##smartworking♬ original sound – nourakilla

Gli estetisti, i parrucchieri e i tatuatori danno invece un nuovo significato alla parola “telelavoro”. Con la TV accesa che proietta immagini di loro potenziali clienti in saloni di bellezza, si impegnano, ferri del mestiere alla mano, a fare una messa in piega, disporre lo smalto sulle unghie, e a disegnare coloratissimi tatuaggi. In tempi in cui la telemedicina fa miracoli, in cui è possibile operare i pazienti a distanza, chissà se un giorno le loro professioni potranno essere svolte “da remoto”.

@hilary.bnm##conte ##smartworking ##hairstylist ##csaba ##robertovalbuzzi ##girls ##hair ##hairstyle ##blowdry♬ original sound – nourakilla

@_samypimp_smart working se sei un tatuatore..##tattoo ##tatuaggio ##tattoostudio ##vitadatatuatore ##tatuatore ##smartworking ##quarantena ##justforfun ##perte ##fyp ##fy♬ suono originale – insanitypage

Nuovi lavori: barbieri da giardino, meccanici da salotto e “camboy”

Si sa che i tempi di crisi sono quelli più proficui per innovare. Ci provano, divertendosi, gli utenti di TikTok. C’è il barbiere, come @ciroevinci2, che mette insieme due professioni, il barbiere e il giardiniere, inventando una nuova bizzarra professione: 131mila visualizzazioni per la sua clip.

@ciroevinci2##smartworking ##hair ##hairstyle ##tiktoktaac ##perte ##foryou ##neiperte♬ original sound – nourakilla

C’è poi chi costruisce una sua officina in salotto, uno spazio più accogliente per i clienti, rispetto a un più tradizionale “garage”. E ancora chi fa una ricerca su Google per aprire una nuova attività come “improbabile” camboy.

@superdany89Modalità “SMART WORKI”##quarantena ##conte ##smartworki ##smartworking♬ suono originale – danielerossetti02

@whothefxxkisnic??✨##greenscreen ##tiktoktaac ##homeoutfits ##camboy ##smartworking ##giuseppeconte ##lebimbedigiuseppeconte ##gayboy ##lgbtq ##covid19 ##coronavirus ##xyzbca♬ original sound – nourakilla

Trucchi e brutte figure dello smart working su TikTok

C’è un altro filone molto divertente che racconta trucchi (e qualche svantaggio) dello smart working. L’utente @brannetts per esempio si chiede come fare a sopravvivere a delle noiosissime call di lavoro. La sua risposta è esilarante e potrebbe essere di ispirazione per i tanti che si trovano nelle sue condizioni.

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Mentre altri denunciano gli inconvenienti dello smart working. Nel video, l’utente prepara perfettamente la sua call di lavoro con strumenti iper professionali, ma l’ingresso della madre che lo invita ad andare a pranzo, rompe il clima di professionalità che ha così duramente costruito.

@andrealoprieno8958##funky ##smartworking ##corona ##work ##meeting ##neiperte ##foryoupage♬ Funky Town – 70s Hits

Tiktok piace sempre di più agli italiani

Mentre su Facebook siamo subissati dai post che annunciano ogni giorno il numero dei contagiati e, purtroppo, dei decessi da Coronavirus, e Instagram è un proliferare di dirette (forse troppe), TikTok sta diventando uno spazio felice per chi cerca di evadere dal dramma che stiamo vivendo ogni giorno, per qualche minuto di puro svago.

D’altronde, il trend di crescita del social era già ragguardevole prima della crisi: da settembre e novembre 2019 la community era cresciuta fino a toccare quota 6,4 milioni, con un incremento della fascia d’età tra i 25-34 anni e anche dei 35+.

Scommettiamo che alla fine di questa emergenza i numeri del social sapranno sorprenderci ancora di più?

filiera-agro-alimentare-italia-retail

Come cambiano le abitudini di acquisto dei consumatori durante l’emergenza Covid-19

  • Global Web Index a fine Marzo ha condotto uno studio, basato su 12.845 utenti in 13 mercati, per capire come i comportamenti di acquisto si stanno modificando durante la crisi e cosa significa questo cambiamento per i Brand.
  • Il 22% dei consumatori globali afferma di aver annullato i viaggi programmati all’estero mentre il 35% ha annullato i viaggi programmati all’interno del proprio Paese.
  • Le maschere di protezione per il viso (45%) e il gel disinfettante per le mani (30%) sono i due articoli che i consumatori hanno maggiore difficoltà ad acquistare in tutti i Paesi del mondo.

 

Metà della popolazione mondiale è in stato di quarantena a causa della pandemia da Coronavirus, con più di un milione di contagi registrati a inizio aprile.

90 Paesi in tutto il mondo sono obbligati ad affrontare delle sfide impensabili a livello sanitario, economico e soprattutto social: la quotidianità delle nostre vite è cambiata e non esiste un’azienda, un governo o una singola persona che non abbia risentito degli effetti dell’emergenza Covid-19.

Ma qual è il risultato sulle abitudini di consumo?

Uno tra i tanti impatti stravolgenti della pandemia riguarda le abitudini di acquisto dei consumatori, ovviamente a causa del lockdown obbligato e della chiusura di migliaia di attività. 

Quali sono gli effetti registrati attualmente nei vari settori? Analizziamo lo studio condotto a fine marzo dal Global Web Index, basato su 12.845 utenti in 13 mercati, per capire come i comportamenti di acquisto si stanno modificando durante la crisi e cosa significa questo cambiamento per i brand.

Il crollo inevitabile del settore del Turismo

Ovviamente il primo settore a risentire massivamente della crisi è quello turistico, tra cancellazioni di voli e crollo degli acquisti di nuovi biglietti, annullamento di prenotazioni presso hotel e resort, contando anche la chiusura delle agenzie di viaggio.

Risulta infatti che il 41% dei consumatori a livello globale abbia deciso di ritardare l’acquisto di un futuro viaggio, dato che sale al 53% solo in Cina. In particolare, 1 consumatore su 4 evita di comprare biglietti aerei al momento.

Inoltre, il 22% dei consumatori globali afferma di aver annullato i viaggi programmati all’estero mentre il 35% ha annullato i viaggi programmati all’interno del proprio Paese.

In generale, è interessante notare come i consumatori Giapponesi siano i  meno ottimisti tra tutti i mercati interessati per quanto riguarda la ripresa mondiale dei mercati dall’epidemia di Coronavirus.

abitudini di acquisto covid 19

Il settore del Luxury sta perdendo colpi

In questo periodo di quarantena, anche la parte di popolazione più ricca del mondo è costretta a passare le sue giornate in casa in pigiama. Ed è così che anche il settore del Luxury si vede influenzato dalla crisi, con un 15% dei consumatori intervistati che ammette di evitare l’acquisto di articoli di lusso in questo periodo.

Un duro colpo soprattutto per i brand che operano principalmente in Cina, in quanto il paese domina attualmente il mercato degli acquisti di lusso.

Anche l’età risulta essere un fattore determinante in questa tipologia di acquisti, con la Gen Z più propensa a ritardare le spese più costose a causa del loro livello di reddito solitamente medio-basso rispetto alle precedenti generazioni.

I beni di prima necessità sono i più ricercati

Basta andare a fare la spesa al supermercato per capire come sono cambiate le abitudini di acquisto e che i beni di prima necessità sono attualmente in cima alla lista degli acquisti di tutti i consumatori, comportamento dettato principalmente dalla paura e dal timore di rimanere senza provviste. 

Il 45% dei consumatori di tutto il mondo, infatti, ammette di aver fatto scorte di cibo e bevande, seguiti da carta igienica e prodotti per la pulizia.

Molti rivenditori, dai piccoli negozi alle grandi catene di supermercati, stanno lottando per stare al passo con la velocità – e quantità – di acquisto dei prodotti, ma spesso si trovano in difficoltà e in mancanza di scorte sufficienti.

Le forniture mediche sono quasi introvabili

Ovviamente le maschere di protezione per il viso (45%) e il gel disinfettante per le mani (30%) sono i due articoli che i consumatori hanno maggiore difficoltà ad acquistare in tutti i Paesi del mondo.

Le ricerche di Google di disinfettante per le mani hanno subito un’impennata negli ultimi due mesi, mentre in molte farmacie e negozi sono introvabili.

Inoltre, venditori online come Amazon e Walmart hanno approfittato dell’aumento della domanda per incrementare i prezzi di vendita di questi prodotti, ricevendo severe critiche dalle associazioni a tutela dei consumatori in tutto il mondo.

Al contrario, alcuni brand hanno rivoluzionato la loro attività produttiva per dare una mano, come LVMH che ha iniziato a produrre disinfettanti per le mani e SpaceX che sta realizzando gel e maschere per il viso da donare agli ospedali che ne hanno bisogno.

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Quando si tornerà alla normalità?

Per chiunque è abbastanza chiaro che il ritorno alle abitudini di acquisto tradizionali è ancora lontano, se mai avverrà del tutto. 

Comprensibilmente, il 40% degli intervistati afferma che sta rimandando gli acquisti più importanti alla fine della quarantena nel proprio Paese, mentre il 20% aspetta che la situazione si stabilizzi in tutto il mondo.

Qual è il ruolo dei brand in questo momento di crisi globale?

Oggi più che mai nella storia, i consumatori si aspettano che i brand entrino in azione per aiutare, come possono. 

Come prima cosa, l’80% degli intervistati si trova d’accordo sulla chiusura dei negozi “non essenziali” – dato che arriva al 93% in Italia e Spagna, due dei Paesi più colpiti al mondo dalla pandemia.

Dall’altro lato, ai grandi e piccoli brand viene chiesto di adattarsi alla condizione sociale attuale, rispondendo in maniera attiva alle necessità dei consumatori.

Questo vuoi dire cambiare le loro strategie di comunicazione, così come facilitare la fruizione di contenuti e servizi online, o rafforzare l’home-delivery – sempre con la massima attenzione alle persone implicate nel processo.

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Oltre le abitudini di acquisto: le persone rimangono generalmente ottimiste

Uno studio parallelo, condotto sempre dal Global Web Index, riporta che i livelli di ottimismo e di preoccupazione per il proprio Paese, tra i consumatori intervistati, variano notevolmente tra i diversi mercati, ma generalmente prevalgono gli ottimisti.

Questo cosa significa? Che non solo i governi e le istituzioni ma anche i brand sono chiamati a impegnarsi per favorire un clima di ottimismo attraverso le loro strategie di comunicazione.