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Che cosa sono le tecnologie 4.0, spiegato con una mini-serie TV

Sentiamo sempre più spesso parlare di tecnologie 4.0 e sempre più spesso queste entrano nella vita di tutti noi, anche se non ne siamo consapevoli.

Capire a cosa ci si riferisce quando si parla di industria 4.0, automazione, realtà virtuale o digital transformation non è così semplice per chi non si occupa nello specifico di queste realtà. Per questo nell’ambito delle proposte di Rai per l’Inclusione Digitale, Societing 4.0 ha creato una mini-serie video che prevede sei video-interviste a luminari delle tecnologie 4.0 realizzate dai ragazzi del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli.

tecnologia 4.0

Scoprire la tecnologia 4.0 con una serie TV

Le sei puntate avranno un focus su Robotica, Big Data, Intelligenza Artificiale, Stampa 3D, IoT, Realtà Virtuale/Aumentata.

Un format diffuso in occasione delle giornate di quarantena per la sicurezza del Paese, realizzato nel corso dell’ultimo anno da 30 giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali, che hanno partecipato al tirocinio come “Facilitatori della Trasformazione Digitale delle PMI”, hanno visitato i laboratori dove nascono e si sviluppano progetti tecnologici 4.0, e gli esperti hanno risposto con un linguaggio semplice e alla portata di tutti su cosa siano realmente le tecnologie abilitanti e quali le loro applicazioni e utilità per il nostro tessuto economico.

Per permettere a tutti di capire di cosa si parla quando si dice 4.0, l’iniziativa coordinata dal programma di ricerca/azione Societing4.0 e dal progetto PIDMed (Punto Impresa Digitale Mediterraneo) promosso dall’Università degli Studi di Napoli Federico II con la Camera di Commercio di Salerno e con il supporto di Unioncamere e del Ministero dello Sviluppo Economico, punta a raccontare con uno sguardo dal vero ciò che accade in centri per l’innovazione e laboratori oggi.

Chi ci condurrà in questa scoperta

Un modo per scoprire dal vivo e guardandolo con i propri occhi quello che il mondo dell’innovazione sta costruendo e sta portando nelle nostre vite.

Tra gli scienziati intervistati ci saranno Bruno Siciliano – Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologia dell’Informazione (Manifattura avanzata/Robotica), Silvia Rossi – Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione (Intelligenza artificiale), Giuseppe Di Gironimo – Dipartimento di Ingegneria Industriale (Realtà virtuale/aumentata), Massimo Martorelli – Dipartimento di Ingegneria Industriale (Additive Manufacturing/Stampa 3D), Leopoldo Angrisani – Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione (Industrial Internet/IoT), Antonio Picariello – Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione (Big Data and Analytics).

Sul Coronavirus: riflessioni sulla libertà e sulla coercizione

  • L’ammissione del nostro deficit informativo e la delega a terzi delle risposte è un processo normale in tempi ordinari;
  • Le situazioni emergenziali, invece, sono ottimi esempi per costringere le persone a fare quello che si vuole, senza lasciar loro il tempo di pensare a quello che stanno facendo;
  • Il prof. Carlo Lottieri, docente di Filosofia del Diritto all’Università di Verona e Filosofia delle Scienze Sociali a Lugano, ci offre qualche riflessione sulla libertà nell’emergenza Coronavirus.

 

Una canzone di Brunori spalmata su una sequenza di Instagram Stories degli italiani dai balconi, eppure la conduttrice di SkyTG 24 mi aveva promesso che avrebbe aperto con una buona notizia. Cambio canale, su History trovo opportuna la réclame di un documentario sui gulag cinesi.
“The Chinese virus”. La trovata comunicativa del presidente Trump sembra perfetta nella sua semplicità, tagliente ed esplosiva allo stesso tempo. Perché si ostina a chiamarlo virus cinese? Gli chiede una giornalista; perché viene dalla Cina risponde lui, passando alla prossima domanda.

Un amico mi chiama da Milano, vittime in famiglia a causa del virus cinese. Scrollando Facebook vedo un meme che dà la nuova definizione del “butterfly effect”: un orientale che mangia un pipistrello e tu che ti trovi a cantare l’inno di Mameli in pigiama sul balcone.

Da emergenza sanitaria a dittatura sanitaria?

Immaginate di trovarvi in una situazione di confusione: avete appena tamponato la macchina di fronte a voi, tuttavia la precedenza non è chiara, l’altro guidatore scende e vi insulta, quel foglio della constatazione amichevole dove sarà finito chissà. Decidete di fare la foto alla targa col cellulare e di ripartire. Non vi siete presi la colpa, non avete agito d’impulso, non avete replicato agli insulti; adesso siete a casa e chiamate il vostro amico avvocato specializzato in sinistri. Quando non siete sicuri della scelta da fare di solito vi affidate a una persona di fiducia o a un professionista che ne sa più di voi e che può consigliarvi al meglio.

L’ammissione del nostro deficit informativo e la delega a terzi delle risposte è stata finora una leva intelligente per fare rete (tra persone o imprese) e progredire.

Adesso immaginate di trovarvi in una situazione totalmente nuova: non è la pandemia zombie che aspettavate, è una cosa molto più banale, ma tragica dal punto di vista del numero di lutti: una pandemia di polmonite. Non avete amici che possano consigliarvi, i virologi sono pochi e li vedete solo in TV, la politica dà retta agli “scienziati”, che ora sono gli ospiti fissi dei talk show. Optate per la via più semplice: mettere il cervello in “pilota automatico” e delegate il pensiero a chi esercita il potere.

Per chi sei essenziale?

Mentre scrivo cerco il codice ATECO della mia ditta, non so se potrò rimanere aperto. Ma cosa intendono per servizi essenziali? Il bar che mi permette di fare eccellenti colazioni al mattino è essenziale per me. Se è l’individuo a comporre lo Stato, il concetto di “essenziale” dovrebbe essere un concetto privato.

Riprendo in mano Ludwig Von Mises, pensatore ed economista di scuola austriaca, che sfoglio sempre quando cerco qualche nuova, vecchia risposta: esiste solo l’individuo, mi conferma: solo l’individuo pensa, ragiona, agisce. Lo Stato e la società, di fatto, non esistono come soggetti a sé stanti: «La società non esiste che nelle azioni degli individui». Dunque esiste una società che possa operare indipendentemente dagli individui? Può lo Stato esserne il portavoce? Mises ritiene questa ipotesi «Un’assurdità pericolosa sia dal punto di vista etico che politico».

Il pericolo di una dittatura sanitaria è proprio quello che Marcello Veneziani ha scritto per primo in un recente editoriale, chiedendosi le ragioni profonde della paura.

«Se il modo in cui spendi la vita vale più della vita stessa, se l’aspettativa dell’Aldilà supera la difesa della pelle qui e ora, ad ogni costo, allora magari puoi scommettere fino in fondo. Se sei disposto a rischiare anche la vita hai una libertà che nessuno può toglierti. Ma se tutto è qui e non ci aspetta altro, né la gloria né l’eternità, allora la vita è l’assoluto e per lei siamo disposti a tutto, in balia di chiunque possa minacciarla o proteggerla».

Se tutto il significato della nostra vita fosse il “qui e ora” allora il nostro attaccamento al presente potrebbe portarci a un conformismo acritico nei confronti di chi dice di “farlo per il nostro bene”. Ma se la qualità della vita e una prospettiva eterna valessero invece più della vita stessa? Allora avremmo maggiore propensione a prenderci qualche rischio. Le situazioni emergenziali sono ottimi esempi per costringere le persone a fare quello che si vuole, senza lasciar loro il tempo di pensare a quello che stanno facendo.

Non sono un virologo ma…

Ho finito le telefonate: dottoresse, biologi, giornalisti, colleghi e clienti che vivono nelle aree più colpite.
Quale sarà il reale costo umano di questa crisi, una volta che l’emergenza sanitaria sarà passata? Oltre a migliaia di tremendi lutti e agli imponenti danni economici, come conteremo i danni inflitti alle libertà fondamentali? Quanti ragazzi dovranno tornare a vivere con i propri genitori, quante piccole aziende chiuderanno i battenti? Quanti imprenditori decideranno di farla finita, come dopo la crisi del 2008?

«Ciao David!», la voce del prof. Carlo Lottieri mi ricorda quegli anni, sinceri e senza compromessi, in cui pensi di fare la rivoluzione. Carlo insegna Filosofia del Diritto all’Università di Verona e Filosofia delle Scienze Sociali a Lugano, in Svizzera. Ma sogna ancora la rivoluzione.

«Sai qual è la metafora più efficace per descrivere questo periodo? È quella di un paziente in coma (da debito pubblico, nel nostro caso) che si becca pure il coronavirus».

Ci avevano detto che la fortuna della nostra generazione era la libertà: non aver conosciuto restrizioni, non aver avuto a che fare con le tragedie dei regimi o della guerra civile. Adesso vediamo dirette del presidente del Consiglio su Facebook e gli old media bypassati definitivamente.
Quella brutta abitudine di leggere i “commenti” su Facebook: tutti a volerne di più, di restrizioni, di Stato. I militari in strada? Una grande idea.

Carlo, abbiamo bisogno dei carri armati?

«Non c’è mai bisogno dei carri armati: di fronte a un’emergenza adatti i tuoi comportamenti. Hai notato i cinesi in Italia, ad esempio? Sono spariti prima ancora che la pandemia esplodesse».

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Tutto il mondo lo fa, perché non dovremmo farlo noi?

«Mi chiedi chi ha ragione? Noi cittadini non abbiamo strumenti per decidere in un senso o nell’altro. Certamente da noi le ipotesi più catastrofistiche sono molto apprezzate da politici che adottano soluzioni autoritarie per mettere sotto sequestro le libertà fondamentali».

La mia domanda a Carlo è forse un po’ ingenua nella sua semplicità, ma sincera: perché questo bisogno di limitare le libertà individuali?
«Perché sia le persone che lo Stato sottovalutano la forza dei sistemi adattivi. Stiamo sperimentiamo una fragilità della società».

Mi sto già perdendo. «Ti spiego: la convivenza si basa su dei diritti: tuttavia, in questo frangente, sappiamo cosa è realmente legittimo? Abbiamo degli oggettivi problemi conoscitivi che rendono peculiare la situazione. Solitamente, sappiamo ciò che è lesivo dei diritti altrui e ciò che non lo è. In questo caso però lo Stato qualifica come illegittimo perfino fare visita alla propria fidanzata e in tal modo non trova più barriere di fronte a sé. In nome del nostro bene assume decisioni che sono oggettivamente liberticide e non necessariamente giustificate».

Eppure, nonostante tutto, le persone chiedono più Stato: «Perché lo Stato si basa sulla promessa della tutela dell’incolumità, ma questa tutela non può esserci se non esercitando l’uso sulla forza, di cui lo Stato detiene il monopolio».

In sostanza Carlo mi spiega che ci hanno fatto credere di non essere in grado di badare a noi stessi e allo stesso tempo ci hanno tolto, per legge, la possibilità di difenderci.

Nel frattempo, ho trovato il mio codice ATECO, posso tenere aperta la mia ditta, sono un’attività essenziale. Mi sento quasi lusingato e immagino Conte che mi strizza l’occhiolino. Domani prenderò la macchina e andrò in ufficio, come tutte le mattine.  Mi concedo un’ultima battuta con Carlo e gli confesso di aver sentito analisti che davano la colpa della pandemia al libero mercato: troppe connessioni, dicono.

Carlo si mette a ridere: «Certo, se eravamo cacciatori raccoglitori probabilmente tutto questo non sarebbe successo».

Come ci giudicherebbe Tintoretto?

Il prof. Lottieri sta tornando a casa, a Venezia. Le lezioni adesso sono diventate video-lezioni. Il suo treno è quasi a S. Lucia e noi ci diamo appuntamento a “Quando sarà tutto finito”, come si dice adesso.  Mi manca non poter camminare per Venezia in queste settimane, cosa te ne fai di una cura per il dolore se non ne puoi goderne nei momenti di sofferenza? 

Appoggio il telefono nella scrivania dell’ufficio, accanto al libro sul Tintoretto, che tengo sempre lì, in evidenza, per ricordarmi che in ogni campo della vita si può essere una rock star. Tintoretto nonostante la peste, tenne aperta la propria bottega e continuò lavorare, creare, fare la storia. Era il 1575 e, mentre i cadaveri riempivano le calli, il Robusti finiva da solo il suo lavoro più imponente: il ciclo di affreschi della Scuola di San Rocco. Nemmeno Michelangelo aveva finito da solo la Cappella Sistina. Grazie a lui, e al coraggio di tanti come lui, Venezia non si era fermata nemmeno durante l’epidemia più devastante della sua storia.

Il risultato? La bellezza assoluta, che quando tornerete in Laguna vedrete di nuovo con i vostri occhi.

tiktok live at home

A casa con TikTok: al via le live streaming con artisti e creator

  • Un programma di dirette quotidiane su TikTok: appuntamento tutte le sere alle ore 18.00;
  • Tanti creator popolari, tra cui Elisa Maino e Gabriele Vagnato e gli special guest Mahmood, Francesca Michielin e Ghali.

 

Tutti a casa, ma tutti connessi per fare quattro chiacchiere con i propri beniamini. Questo è quello che accade su TikTok, tutte le sere alle 18.00.

La piattaforma punta ad accorciare le distanze portando allegria e creatività, grazie a un programma di dirette intitolato “A casa con TikTok” che vede la partecipazione dei creator più popolari e artisti.

L’iniziativa, inaugurata con Cecilia Cantarano, prosegue con un ricco e variegato palinsesto che vede numerosi ospiti tra cui, come special guest di oggi lunedì 30 marzo, il cantante Mahmood e, il 2 aprile, Ghali.

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tiktok

Cosa succede a casa con TikTok

Musica, make-up, intrattenimento, ma anche sport e fashion. Questi i temi delle live serali, che daranno occasione agli utenti di avvicinarsi a top creator e cantanti, porre loro domande e chiedere consigli.

Ad alternarsi ai creator, anche i principali artisti musicali della scena italiana. Tutti presenti attivamente su TikTok, i cantanti si presteranno per una chiacchierata informale e intima con i loro fan.

Altra coppia, questa volta di innamorati, saranno gli ospiti delle live di martedì 31 e mercoledì 1 aprile. Virginia Montemaggi intratterrà i suoi oltre 4 milioni di follower con un fashion tutorial; training session invece sotto la guida di Vincenzo Cairo. L’intrattenimento torna venerdì 3 aprile con Gabriele Vagnato e la stand-up comedy: si preannunciano sketch ad alto tasso di ironia. Il fine settimana, vede la top creator con quasi 5 milioni di follower Elisa Maino con un make-up tutorial; domenica 5 aprile sarà Vincenzo Tedesco, da sempre noto per la sua travolgente allegria e spontaneità, a chiudere le dirette.

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I trend del social

La community ha risposto con entusiasmo e partecipazione, arrivando puntuale al rendez-vous con la creatività. A casa con TikTok è andata ad aggiungersi agli altri trend nati spontaneamente in queste ultime settimane sulla piattaforma per avvicinare le persone e creare momenti di allegria in perfetto stile TikTok.

Trainate dall’hashtag #iorestoacasa – con oltre 640.000 contenuti creati e oltre 950 milioni di visualizzazioni – si sono aggiunti #lavatilemani, #distantimauniti, #andràtuttobene, #plankchallenge e #smartworking, oltre alle risorse a disposizione delle community di TikTok in merito all’emergenza Coronavirus.

a casa con tiktok

Qui il programma dei prossimi giorni:

Lunedì 30 marzo
Mahmood – Q&A musica

Martedì 31 marzo
Virginia Montemaggi – Fashion tutorial

Mercoledì 1 aprile
Vincenzo Cairo – Fitness

Giovedì 2 aprile
Ghali – Q&A musica

Venerdì 3 aprile
Gabriele Vagnato – Comedy

Sabato 4 aprile
Elisa Maino – Make-up tutorial

Domenica 5 aprile
Vincenzo Tedesco – Intrattenimento

Il programma di live streaming è attivo anche in altri Paesi in cui la piattaforma è presente tra cui Inghilterra con #HouseofTikTok, Australia e Stati Uniti con l’hashtag ufficiale #HappyAtHome.

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Week in Social: una quarantena tra lotta alla disinformazione e intrattenimento

Anche questa settimana i social si sono attivati, ognuno a modo proprio, per contrastare la disinformazione sul coronavirus, e non solo.

Torna, puntuale come ogni settimana, la nostra Week in Social. Vediamo insieme cosa è accaduto negli ultimi giorni.

Twitter supporta il giornalismo

Mentre Twitter sta registrando un aumento di utenti in piattaforma, dall’altra parte, a causa del COVID-19, il numero dei moderatori è diminuito. Per cui il social si affiderà sempre più a tool automatici per monitorare i contenuti, almeno finchè l’attuale situazione non tornerà alla normalità.

Nel frattempo, pensando a uno dei settori che rischia di essere colpito duramente dall’attuale crisi, decide di devolvere 1 milione di dollari a due organizzazioni chiave nel campo del giornalismo.

Facebook contro la disinformazione

Sono molte le misure che Facebook sta prendendo per supportare utenti e aziende.

Intanto, offrirà assistenza gratuita alle agenzie sanitarie che desiderano utilizzare Messenger per diffondere informazioni sul COVID-19.

week in social
Continua la sua battaglia alla disinformazione, per far si che i 2,89 miliardi di persone che accedono alle sue app ogni mese, ricevano informazioni tempestive e accurate sulla pandemia in evoluzione.

Nel frattempo, Zuckerberg prova a espandere la sua presenza in India.

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Instagram lancia lo sticker Stay Home e il Co-watching

Mentre da pochi giorni è arrivato lo sticker “Stay home“, Instagram lancia un nuovo modo per permettere alle persone di restare in contatto online, nonostante la quarantena. È in arrivo la funzione ‘Co-Watching‘, che permetterà agli utenti di restare connessi tramite video, scorrere insieme il news feed, e condividere i contenuti più interessanti.

social network

Non avrai accesso al tuo regolare news feed durante la videochat, ma sarà comunque un modo divertente per commentare insieme foto e video.

Notizia delle ultime ore: Instagram sta testando una nuova opzione per promuovere la vendita di buoni regalo o fare donazioni tramite il profilo aziendale. Si chiamerà “Link“.

TikTok e Snapchat, tra entertainment e donazioni

In seguito alla partnership annunciata di recente con l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), TikTok si è impegnata a donare 10 milioni di dollari all’OMS per aiutare i suoi sforzi in risposta al coronavirus.

Mentre Snapchat aggiunge:

  • una sezione dedicata agli aggiornamenti sul COVID-19.
  • un proprio canale dedicato alle informazioni sul COVID-19 chiamato “Coronavirus: Slow the Spread“, per evidenziare  i messaggi ufficiali sull’epidemia e condividere stories su come gli utenti stanno affrontando i cambiamenti delle ultime settimane.
  • un nuovo gioco AR, per dissipare alcuni dei più comuni miti sul coronavirus.- una risorsa chiamata “Here For You“, per fornire assistenza agli utenti della piattaforma.

Su Pinterest arriva “Today”

In un momento come questo, in cui trascorriamo tutti molto tempo in casa, Pinterest ha pensato bene fosse utile lancire un nuovo tool. Arriva “Today“, che raccoglierà tutti gli ultimissimi trend. Today mostrerà anche informazioni sul Covid-19, almeno inizialmente.
E anche per questa settimana, dal mondo dei social è tutto.

Stay home. Stay inspired.

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MSD Italia dona tecnologie e strumenti per supportare le Istituzioni Italiane nell’emergenza COVID-19

MSD Italia si schiera al fianco delle Istituzioni italiane con la donazione di tecnologie e strumenti che consentono il monitoraggio, il trattamento e il controllo dei pazienti cronici da remoto per un valore di mercato fino a 1,5 milioni di euro.

“Come ricordato dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro – ha dichiara Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore di MSD Italia – se vogliamo che la curva dei contagi scenda, dobbiamo fare in modo che le misure di distanziamento sociale funzionino anche grazie al supporto fondamentale che le nuove tecnologie di telemedicina e tecno-assistenza sono in grado di garantire grazie alla possibilità, per il paziente, di farsi curare da casa”.

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Gli strumenti per fronteggiare l’emergenza

L’emergenza sanitaria creata dalla pandemia del coronavirus sta generando una serie di pericolosi corollari, tra i quali la difficoltà di accesso alle strutture ospedaliere e territoriali da parte dei pazienti, soprattutto quelli più fragili, anziani, cronici e con comorbidità. Difficoltà di accesso che riguardano anche la medicina generale, primo punto di ingresso dei pazienti italiani alle prestazioni e servizi sanitari, come più volte segnalato sia dalla FIMMG che dalla SIMG.

Ma oltre alla difficoltà di accesso, c’è un aspetto ancor più grave. È il sacrificio di tante vite umane – trentanove tra medici specialisti e di famiglia – vittime del contagio da coronavirus.

Strumenti come il telemonitoraggio domiciliare, il consulto a distanza, il video consulto – come recentemente dichiarato dal Segretario Generale Nazionale della FIMMG Silvestro Scotti – possono servire a fermare questa strage. La criticità dei sistemi di telemonitoraggio domiciliare e di tecnoassistenza è stata opportunamente rilevata anche dal progetto “Innova per l’Italia”, recentemente lanciato dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, insieme al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, al Ministro dell’Università e Ricerca Gaetano Manfredi e a Invitalia, a sostegno della struttura del Commissario Straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri.

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La donazione nasce da una peculiarità distintiva del Gruppo MSD Italia al cui interno opera la società Vree Health, azienda leader nella progettazione, sviluppo e commercializzazione di servizi innovativi e soluzioni di Connected Health per migliorare la qualità di vita e la salute dei pazienti.

Le piattaforme, le app e i kit di telemonitoraggio con device certificati consentono soluzioni di Disease Management in grado di assistere il paziente cronico e supportare il medico nel monitoraggio costante dello stato di salute e nella migliore gestione delle condizioni cliniche.

“MSD Italia – prosegue Nicoletta Luppi – ha deciso di rispondere alla call for action del Governo con un atto di responsabilità sociale che è nel DNA della nostra Azienda. Vogliamo offrire un contributo distintivo e coerente con le richieste del nostro Governo e annunceremo presto i primi
soggetti istituzionali beneficiari della nostra donazione. Il contributo che MSD Italia intende offrire non si esaurisce con questa significativa donazione che rappresenta solo il primo sprint di una ‘maratona di donazioni’ per testimoniare la vicinanza della nostra Azienda al Sistema Paese in questa grave situazione di emergenza sanitaria, sociale ed economica”.

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Storie di cibo e sostenibilità: 10 documentari sul food che dovresti vedere

  • Il cibo è portatore di valori culturali in declino a causa del mercato alimentare globale 
  • Molti registi hanno raccontato nei loro documentari come l’industrializzazione stia distruggendo la biodiversità nel food
  • Una panoramica sulle questioni più dibattute sul tema, passando attraverso dieci documentari recenti

 

“Siamo ciò che mangiamo”, in questo momento storico forse più che mai. Il cibo è senza ombra di dubbio uno dei topic più discussi del momento, spesso al centro non solo della nostra tavola, ma anche delle nostre conversazioni, online e non.

Non si tratta di una mera questione di nutrizione, il food è cultura e aggregazione. Le tradizioni culinarie locali che si tramandano di generazione in generazione raccontano la storia dei popoli e dei territori in cui sono radicate.

Negli anni, però, le regole dettate dal mercato globale hanno dato il via a un progressivo e sempre più rapido impoverimento dei valori della tradizione e della diversità culturale, in uno scenario in cui l’operato delle piccole comunità locali è asservito alle grandi multinazionali.

Quando ogni forma di contatto tra il consumatore finale e la provenienza di ciò che mangia sembra svanire; le tradizioni culinarie locali diventano sempre più un patrimonio a rischio estinzione, da difendere ad ogni costo.

Food, cinema e vita vera

Da dove arrivano e come vengono prodotti gli alimenti ogni giorno sulle nostre tavole? Qual è l’impatto di ciò che mangiamo sul nostro organismo e sul pianeta?

A queste domande hanno cercato di rispondere molti registi che si sono interrogati sul legame tra il cibo e i consumatori, alcuni approfondendone l’aspetto sociologico, altri dando ai loro film la forma di un’inchiesta di taglio giornalistico.

Ecco una rassegna di dieci documentari a tema food che offrono punti di vista diversi, talvolta anche divergenti tra loro, sulle questioni riguardanti l’industria alimentare in relazione alla salute degli individui e alla sostenibilità ambientale.

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Food Inc. (2008) – Robert Kenner

Candidato all’Oscar come miglior documentario nel 2010, Food Inc. è un film diretto dal regista e autore televisivo Robert Kenner, che pone sotto analisi il sistema produttivo alimentare su vasta scala negli Stati Uniti (e quindi, per ovvie ragioni, interessa tutto il mondo occidentale).

Negli ultimi 50 anni il nostro modo di nutrirci è cambiato più di quanto non sia avvenuto in 10 mila anni, eppure per vendere i prodotti alimentari ci si serve dell’immagine di un mondo rurale e agreste.

Kenner esordisce puntando il dito contro la comunicazione fuorviante e distorta del prodotto alimentare che arriva al consumatore finale.

Con l’obiettivo di tirare su il “sipario” che viene interposto tra noi e il luogo di provenienza di ciò che mangiamo, Food Inc. pone sotto accusa lo strapotere dei colossi dell’industria alimentare, consolidato grazie all’impiego di manodopera a basso costo e materie prime scadenti, che porta sul mercato prodotti omologati ed economici che sono spesso tra le poche alternative abbordabili per molte famiglie americane a basso reddito.

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COWSPIRACY (2014) – Kip Andersen, Keegan Kuhn

Disponibile su Netflix, Cowspiracy è il primo, ma non l’unico, frutto di una collaborazione tra i due registi californiani Kip Andersen e Keegan Kuhn.

Il progetto nasce dal basso grazie a una campagna di crowfounding lanciata dai due film maker, per poi catturare le attenzioni di Leonardo Di Caprio, che dopo poco tempo ne è diventato il produttore esecutivo.

Non sorprende che sia stato proprio Di Caprio a finanziarlo: l’attore hollywoodiano è tra i personaggi di spicco al momento più impegnati nella tutela dell’ambiente e il film è incentrato sull’impatto ambientale che hanno gli allevamenti e le colture massive.

Il sistema di allevamenti industriali genera una quantità di gas serra maggiore dell’intero sistema di trasporti e “per produrre un hamburger occorrono 2500 litri d’acqua”: i dati riportati mostrano uno scenario a dir poco allarmante e derivano da studi condotti da organizzazioni internazionali come FAO, Science Mag, Nasa, World Watch.

What the health (2017) – Kip Andersen, Keegan Kuhn

Se sei tra coloro che faticano ancora a capire perché al mondo ci sono persone che scelgono una dieta vegana, la visione di What The Health potrebbe servire per chiarirti un po’ le idee.

Il film pone il focus sull’aumento esponenziale registrato negli ultimi anni del numero di persone affette da tumori, malattie cardiovascolari e diabete – individuando la causa nel consumo di proteine di origine animale – e tenta di svelare collegamenti poco trasparenti tra le istituzioni governative e le multinazionali del food.

Accusato su molti fronti di essere eccessivamente fazioso e di adottare toni un po’ troppo apocalittici, il film si fa portavoce di quell’ideologia alla base del veganismo secondo cui una dieta onnivora è innaturale per gli esseri umani; punto di vista opinabile, tuttavia largamente condiviso.

What The Health è il secondo prodotto della coppia Andersen-Kuhn, ed è uscito in concomitanza con l’omonimo libro scritto da Eunice Wong, moglie del giornalista Chris Hedges.

Supersize me (2004) – Morgan Spurlock

Grande classico intramontabile e in un certo senso capostipite di un nuovo format di documentari a tema food, si può dire che Supersize me ha spianato la strada a molto di ciò che è stato fatto dopo.

15 anni fa, il regista Morgan Spurlock fu la cavia del suo stesso esperimento, sottoponendosi per 30 giorni ad una dieta esclusivamente a base di cibo proveniente dalla più grande catena di fast food al mondo, McDonald’s, che a Manhattan, dove il regista vive da sempre, ha un punto vendita ogni 0,7 km².

Nel corso del mese, Spurlock fu seguito da un team di medici, che evidenziarono un progressivo deterioramento dello stato della sua salute (aumento di peso, affaticamento, inclinazione alla depressione e disfunzioni sessuali), che richiese al regista 6 mesi di disintossicazione per tornare alle sue condizioni fisiche precedenti.

Il documentario fece parlare di sé, non senza suscitare le reazioni del colosso americano, che emanò poco tempo dopo un comunicato stampa in cui dichiarò che la quantità di junky food ingerita da Spurlock in un mese equivale a quella di un consumatore medio in 6 anni e che gli eccessi sono nocivi in qualunque caso.

That Sugar Film (2015) Damon Gameau

Restando in tema di registi che scelgono di mettere a dura prova il proprio organismo, 10 anni dopo l’uscita di Supersize me, l’attore televisivo australiano Damon Gameau nel primo film diretto da lui replicò l’esperienza di Spurlock, adottando per 60 giorni una dieta ad alto contenuto di zuccheri raffinati.

Secondo i dati raccolti da Gameau, lo zucchero è presente nell’80% dei normali prodotti da banco confezionati, anche di quelli considerati salutari o ipocalorici, e la quantità media di zucchero assunta da un maschio adulto occidentale è l’equivalente di 40 cucchiaini al giorno.

Per tutta la durata dell’esperimento, il regista è seguito da un patologo, una nutrizionista e un medico di base che alla fine del periodo gli diagnosticano un principio di obesità, un altissimo rischio di diabete e un preoccupante ingrossamento del fegato. Damon inoltre riscontrò un senso di affaticamento generale, forti sbalzi d’umore, sintomi della depressione e problemi del sonno.

Per disintossicarsi e riportare i suoi valori al livello cui si trovavano prima dell’esperimento, sono serviti altri due mesi.

The World according Monsanto (2008) – Marie-Monique Robin

Pubblicato lo stesso anno dell’omonimo libro, Il mondo secondo Monsanto riassume un’inchiesta condotta dalla giornalista francese Marie-Monique Robin, durata complessivamente tre anni.

Al centro dell’inchiesta, come da titolo, c’è Monsanto, la più grande multinazionale dell’industria chimica, prima in assoluto sul mercato mondiale degli OGM.

Monsanto si presenta come compagnia agricola con una forte spinta all’innovazione, in realtà è responsabile della diffusione di alcuni tra i prodotti diserbanti più tossici in circolazione nel XX secolo e di epidemie di tumori che hanno colpito la popolazione delle cittadine più esposte.

Robin passò in rassegna un fitto elenco di processi, manipolazioni di dati e ricerche scientifiche, persone messe a tacere dopo aver provato a segnalare attività illecite, episodi di omertà da parte di organi di regolamentazione, quali l’EPA (Environmental Protection Agency) o l’FDA (Food and Drug Administration). L’inchiesta volle portare alla luce come Monsanto abbia di fatto consolidato il suo impero imponendo un nuovo ordine agricolo attraverso i brevetti sulle sementi, e distruggendo le piccole comunità rurali.

 Sustainable (2016) – Matt Wechsler

Disponibile su Netflix, Sustainable è il racconto di un viaggio intrapreso dallo chef Rick Bayless alla riscoperta del legame tra l’uomo e ciò che mangia.

Attraverso il confronto con agricoltori ed esperti del settore, si ripercorrono le tappe che hanno condotto alla nascita del movimento per promuovere la sostenibilità ambientale e alimentare negli USA come negli altri paesi occidentali.

Il film evidenzia come in America (così come in Europa) si stia aprendo un divario sempre più profondo che vede da una parte i fast food e tutti i cibi di produzione industriale a basso costo e dall’altra la cucina d’élite che gli americani vedono per lo più nei programmi televisivi.

Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una grossa crisi alimentare dovuta alla mancanza di consapevolezza da parte del consumatore e ad una perdita di valori culturali legati al cibo.

Sustainable fa appello proprio al recupero di questi valori, nell’ottica di riavvicinare il consumatore al prodotto e innescare un meccanismo virtuoso in cui un antico know how nel settore incontri l’innovazione e le moderne tecnologie.

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ROTTEN – docuserie Netflix

Questa volta non parliamo proprio di un film, ma di una serie documentaristica di cui al momento sono disponibili su Netflix 2 stagioni da 6 episodi l’una.

“Se mangi cibo, questo è un problema di cui devi preoccuparti” è il messaggio fondamentale che viene dato al pubblico: Rotten è un invito alla riflessione e un appello al senso etico e critico tanto del produttore, quanto del consumatore.

Prodotta da Zero Point Zero Production, si tratta di una docuserie in cui ogni episodio è dedicato a un cibo differente e affronta questioni che legano il consumatore al prodotto, svelando uno scenario in cui le grandi aziende alimentari si impossessano del lavoro dei piccoli produttori locali, che non hanno molte alternative.

In tutta la serie si cerca di far luce su meccanismi di frode, corruzione, speculazione che dominano il mercato alimentare mondiale, in uno scenario in cui sono i margini di profitto a decidere cosa diventerà cibo nei nostri piatti e la spregiudicatezza nel vendere oltre misura.

Connected By Coffee (2014) – Aaron Dennis

Connected By Coffee è una storia che inizia con un viaggio tra le regioni dell’America Latina maggiori produttrici di caffè. Il regista e attivista Aaron Dennis raccolse le testimonianze di tantissimi coltivatori e piccoli imprenditori del territorio che stanno plasmando insieme un nuovo modello basato sulla gestione cooperativa dei terreni e delle aziende.

Il film spiega come l’andamento del mercato globale non lasci un grande margine di sviluppo per modelli di business come questo che spesso sono obbligati a sopportare anche condizioni di vita poco dignitose.

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Our daily bread (2010) – Nikolaus Geyrhalter 

Il film diretto da Nikolaus Geyrhalter si potrebbe dire un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dell’industria alimentare, freddo e diretto, che lascia parlare le immagini, senza aggiungere interviste, dati, commenti o speech di alcun tipo.

È irrilevante per questo film se una società che produce pulcini si trovi in Austria, Spagna o Polonia, o quanti suini siano trattati ogni anno nel grande macello mostrato nel film. A mio parere questo è il compito dei giornalisti e della televisione, non di un lungometraggio.

Le riprese sono state effettuate dal regista austriaco all’interno delle strutture in cui i prodotti alimentari vengono lavorati e confezionati, per gettare una panoramica dietro le quinte che lasci intendere come non sia sufficiente molto spesso optare per un’alimentazione a base di prodotti bio e priva di proteine animali, perché gli effetti dell’industrializzazione alimentare e della globalizzazione impattano molto più che sul solo cibo.

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#Leggereacasa ai tempi del COVID-19: i libri da leggere e le iniziative solidali delle case editrici

  • Le case editrici si stanno mobilitando per offrire accesso gratuito e sconti, con le iniziative che invitano a #leggereacasa
  • L’editoria riscopre la centralità del tempo nella lettura, in qualsiasi formato
  • Ecco un elenco (temporaneo) di libri gratuiti e scontati!

 

Dalla Solidarietà Digitale all’accesso gratuito e agli sconti dedicati ai lettori, l’editoria diventa un porto sicuro nel quale rifugiarsi, che accoglie lettori deboli e forti che sentono il bisogno di leggere, senza distinzione di formato, contenuto e lingua. I libri diventano una cura alla quarantena con un hashtag che invita a “leggere a casa”.

Leggere è la cura?

Probabilmente, un lettore forte non avrebbe avuto bisogno di una pandemia per riflettere sul potere terapeutico dei libri. Il Covid-19, però, ha sconvolto le nostre vite e ha reso sospeso il tempo che trascorriamo in casa, ridefinendo le nostre giornate e la routine quotidiana.

Per mitigare il senso di solitudine, la noia e le difficoltà che la diffusione del virus ha disseminato anche nelle nostre anime, è possibile attingere alla piattaforma Solidarietà Digitale del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, nella quale molte aziende italiane mettono a disposizione i propri prodotti o servizi in modo grauito.

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Dalle prime pubblicazioni de Il Maggio dei Libri, una campagna ideata nel 2011 dal Centro per il libro e la lettura, si sono moltiplicate in rete innumerevoli iniziative che hanno sottolineato il potere salvifico della lettura come uno strumento utile alla riflessione e alla crescita.

Oggi, tutte le case editrici stanno incoraggiando i propri lettori a non uscire, per poter #leggereacasa.

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Leggere a casa: tutte le iniziative

Dai libri gratuiti agli sconti degli store online come IBS (dove è possibile acquistare ebook e libri cartacei con sconti fino al 45%), Bookrepublic (con #ioleggoacasa… gratis, concedendo un ebook gratuito fino al 5 aprile) e Mondadori Store (spese di spedizione gratuite), la scelta spazia dai classici ai temi di attualità, con le iniziative solidali di grandi catene e piccole case editrici.

Mondadori ha anche lanciato un bello spot, Io esco con la fantasia, per ricordare – con tono positivo e strappando anche un sorriso – che leggere permette di crescere e liberare la mente. Tra le pagine di un libro si possono vivere infinite storie senza uscire di casa, come recita l’hashtag che firma il progetto: #IoEscoConLaFantasia.

Tra i primi grandi marchi della filiera editoriale a scendere in campo (digitale) si schiera Mondadori con un ebook gratuito a scelta nel vasto catalogo e il Gruppo Feltrinelli che lancia l’iniziativa #leggiamoacasa: una sorta di palinsesto editoriale in onda sugli account social del gruppo, per veicolare non solo titoli in sconto ma anche eventi online, consigli di lettura e presentazioni in compagnia di libri e autori.

#leggiamoacasa_IBS

Mentre le Edizioni E/O rendono gratuito il download di alcuni ebook (come “Vita su un pianeta nervoso” di Matt Haig), la casa editrice Adelphi rende disponibile, attraverso l’iscrizione alla newsletter, il titolo“In cerca di guai” di Mark Twain e altri ebook a scelta tra Moby Dick” di Hermann Melville o Suite francese” di Irene Némirovsky.

Il Saggiatore consente di scaricare gratis un ebook con cadenza regolare e anche Add Editore offre libri in sconto fino al 5 aprile, con una scelta di titoli dedicati soprattutto alla riflessione di temi come il tempo, l’attesa, l’ascolto e la solidarietà.

Sempre fino al 5 aprile sarà possibile acquistare anche gli ebook scontati di NN Editore: la casa editrice milanese si è unita all’inziativa #ioleggoacasa di Bookrepublic.

Las Vegas Edizioni racconta il titolo del giorno attraverso le stories dei propri account social e consente di scaricare quotidianamente un ebook gratuito fino al 3 aprile.

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Ai lettori più piccoli ci ha pensato Gallucci, che ha reso disponibile una selezione di ebook gratuiti.

L’Orma Editore, invece, propone una “passeggiata letteraria” per scaricare liberamente i libri digitali dal loro sito web, con un calendario di pubblicazioni da leggere tenendo lo stesso passo, insieme.

All’appello solidale risponde anche Bao Publishing con #Iostoacasaconbao, offrendo un prezzo scontato (e fisso su tutti gli store) per alcuni titoli in formato digitale: la lista completa può essere consultata negli account social ufficiali.

Una pioggia di fumetti anche da Sergio Bonelli Editore che, dal 23 marzo al 4 aprile, propone l’inziativa “un Bonelli al giorno” ai propri lettori per poter scaricare un nuovo fumetto gratuito ogni 24 ore.

Coconino, invece, ricorre alla piattaforma Issuu per rendere la fruizione dei titoli completamente gratuita con il progetto solidale “Una quarantena di fumetti”.

Se la quarantena diventa un’opportunità per riscoprire le piccole cose, anche per la filiera editoriale diventa un’occasione per rendere visibile l’operato delle piccole case editrici. Anche queste ultime, infatti, stanno attingendo ai propri cataloghi per rendere accessibili i propri titoli ai lettori, come Cartabianca Publishing che presenta i libri gratuiti come un “antivirus”, offrendo una copia di uno degli ebook a scelta dal proprio catalogo (la richiesta può essere effettuata attraverso l’invio di una mail o compilando il form nel sito web).

leggere libri in quarantena

Ebook a scelta su richiesta anche dal catalogo Bibliotheka Edizioni, consultando il sito web della casa editrice e inviando un’email per indicare il titolo scelto.

Tra le altre piccole case editrici, anche Cliquot – che regalerà fino al 25 marzo l’ebook Il cavaliere con gli stivali azzurri” di Rosalía De Castro – e La Nuova Frontiera – con l’invio di tre racconti gratuiti attraverso l’iscrizione alla newsletter dal 15 al 29 marzo e le spese di spedizione gratuite per gli acquisti effettuati sul sito web. Invece, Intra Moeniacasa editrice e caffè letterario di Napoli – dedica una sezione del proprio sito web ai libri gratuiti, fruibili e scaricabili (in pdf) alla voce di menu #leggiamoacasa.

La casa editrice bookabook ha raccolto l’appello solidale regalando un libro digitale gratuito: i lettori possono scegliere l’ebook e scaricarlo gratuitamente inserendo un codice dedicato al momento dell’acquisto, fino al 3 aprile.

La Rai dà il suo contributo con Rai Cultura, per dimostrare che “la letteratura non si ferma” riunendo contenuti, speciali e approfondimenti su scrittori ed eventi dedicati all’editoria.

Alcune iniziative mostrano il lato più concreto della solidarietà, come quella di Castelvecchi: con la pubblicazione del titolo “Coronavirus” (a cura di Benedetta Moro), la casa editrice risponde alle domande sul Covid-19 attraverso le parole dell’autrice Maria Capobianchi, direttrice dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, la prima biologa italiana ad aver isolato il virus. Un volume che prova a fare chiarezza sulle prime nozioni acquisite dalla scienza sul virus e che mira a sostenere la ricerca devolvendo i diritti d’autore del volume al laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani di Roma.

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La campagna #IoLeggoaCasa promossa da VisVerbi: i giornalisti italiani raccontano le proprie letture

Restiamo a casa e creiamo un dibattito culturale in rete. Questo l’obiettivo della campagna #ioleggoacasa lanciata da VisVerbi, società milanese di strategie di comunicazione diretta da Barbara Castorina e Valentina Fontana, che da anni promuove D’Autore, circuito di rassegne culturali estive realizzate a Ponza, in Liguria e sul Lago di Garda.

L’iniziativa sta coinvolgendo numerosi giornalisti e personaggi dello spettacolo da Gianluigi Nuzzi a Veronica Gentili, Serena Bortone, Alessandro Giuli, Pierluigi Battista, Chiara Maci e Filippo La Mantia, Gianluigi Paragone, Simona Ventura e Giovanni Terzi, Francesca Cheyenne, Alessandro Bonan, Sabrina Scampini, Roberto Parodi e tanti altri.

Perché la cultura unisce ed ora più che mai abbiamo bisogno di sentirci una comunità.

Sulla pagina Facebook e Instagram di D’Autore vengono pubblicati foto e video di giornalisti che consigliano libri e letture. Un modo per incontrarsi virtualmente in un club del libro aperto a tutti.

“Sí, viaggiare…” con un libro

“Books are the plane, and the train, and the road. They are the destination, and the journey. They are home.”

L’autrice e giornalista Anna Quindlen ha utilizzato queste parole in “How Reading Changed My Life” per descrivere i libri che si trasformano in passaporti, porte e ponti, che ci consentono di viaggiare ancora, anche durante la quarantena.

Lonely Planet deve aver pensato proprio ai viaggiatori incalliti nella realizzazione della sua ultima guida home made che invita, con un copy ironico, a restare fermi in casa e a scaricare gratuitamente “Viaggiare in poltrona”, il volume che guida il lettore in una selezione di film, libri e canzoni che possono trasportarci in luoghi lontani, pur restando in casa.

Per viaggiare ancora con le storie, possiamo anche indossare le cuffie e ascoltare gli audiolibri gratuiti su Audible – la piattaforma di Amazon – o attingendo al podcast gratuito “Storie dalla quarantena” realizzato da Letizia Bravi per Storytel disponibile anche su tutte le piattaforme free, come Spotify e Spreaker.

Per un’editoria senza confini, i poliglotti più curiosi possono attingere al repertorio reso accessibile gratuitamente dall’Unesco, con una fruizione gratuita di centinaia di libri, documenti e materiali fotografici della World Digital Library.

Chi, invece, vuole sfruttare il tempo a disposizione per imparare una nuova lingua, può attingere alle risorse gratuite di Zanichelli, che aderisce alle iniziative di solidarietà digitale rendendo disponibili per 90 giorni cinque dizionari (in italiano, inglese, Francese, tedesco e spagnolo).

libri da leggere in quarantena coronavirus

Risorse, tempo e blocco del lettore in quarantena

Le case editrici hanno risposto all’appello della solidarietà digitale rendendo più accessibili o, addirittura, gratuiti i propri cataloghi. A questa quantità di risorse disponibili si contrappone, però, un paradosso vissuto da alcuni lettori in quarantena che stanno sperimentando l’impossibilità di leggere.

Deconcentrazione, indolenza, una sorta di “blocco” che contrasta con l’amore per la lettura, che sembra non rappresentare più un sollievo e un rifugio in questo momento difficile.

Per tutti questi lettori non esiste un antidoto né un rimedio, perché non esiste nessuna “sindrome” che possa descrivere questi momenti durante i quali la lettura diventa un’azione ostica. Bisogna ritrovare il proprio ritmo, rispettare i propri tempi e avere pazienza, anche quando non riusciamo più a trovare risposte o conforto nei libri. Anche la quarantena ci sta insegnando che l’unico modo per comprendere le sensazioni contrastanti è affrontarle, accoglierle, darsi del tempo per analizzarle.

libri quarentena per i più piccoli

Tutti i libri che non abbiamo letto: il tempo per leggere

Questa lista non ha alcun intento esaustivo ed è solo un piccolo contributo per rendere la quarantena un punto di partenza per tutti i viaggi che vorremmo fare, tutte le storie che ci piacerebbe condividere e tutta la bellezza che un giorno ritroveremo anche fuori dalle nostre case e non solo dentro di noi.

Fino ad allora, potremo interrompere l’isolamento rifugiandoci in un libro, nel formato e nelle lingue che preferiamo, cercando un ritmo diverso di una nuova realtà nel tempo dilatato della letteratura.

“Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile dire qualche parola ragionevole.” Goethe

Coronavirus e brand

Da McDonald’s a Chiquita, i brand cambiano logo per incoraggiare il distanziamento sociale

  • Mentre i governi di tutto il mondo fanno fatica a convincere i propri cittadini a rimanere a casa, per frenare la diffusione del Coronavirus i brand si stanno mobilitando per influenzare in maniera positiva i propri consumatori;
  • Coca-Cola, Mc Donald’s, Chiquita e altri ancora hanno cambiato il proprio logo per invitare le persone a rispettare le raccomandazioni ufficiali relative alla pandemia COVID-19.

 

Diventato uno dei maggiori topic della storia contemporanea, la pandemia dovuta al Coronavirus è il più grande problema sanitario, economico e sociale di questa epoca.

Le varie azioni che abbiamo visto intorno a questa condizione sono innumerevoli, dai personaggi famosi alle iniziative televisive per informare e intrattenere durante questi giorni di quarantena, fino ai marchi che amiamo di più. Infatti, grazie all’utilizzo dei social, dei team marketing interni e delle agenzie partner, sono diverse le aziende che stanno cambiando la propria linea editoriale attraverso la comunicazione, che senza dubbio rimane la più grande leva strategica per promuovere l’assistenza al consumatore e affrontare questa enorme emergenza globale.

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Coronavirus e brand: Coca-Cola lancia la sua campagna

L’azienda leader nel mercato delle bevande ha modificato il proprio logo per influenzare le persone a stare distanti tra loro.

Una nuova campagna Coca-Cola è comparsa a Times Square e sui canali social di Coca-Cola Mexico. Il marchio ha separato ciascuna delle lettere che compongono il suo logo per veicolare il messaggio: “Essere separati è il modo migliore di stare insieme”.

 

Queste azioni ci ricordano quanto siano importanti i codici grafici per un marchio. Attraverso elementi visivi altamente riconoscibili i brand anche in questa occasione riescono a comunicare valori al consumatore e indurlo ad azioni responsabili per affrontare il contagio Coronavirus.

McDonald’s Brasile separa i suoi archi dorati

In Brasile, McDonald’s ha modificato il suo logo iconico per incoraggiare la sicurezza durante i giorni di pandemia.

I Golden Arches adesso non più ravvicinati, hanno allo stesso modo lo scopo di trasmettere l’idea del distanziamento sociale.

Coronavirus: i brand che hanno cambiato logo per incoraggiare il distanziamento sociale

Questa non è la prima volta che la catena di fast food altera i suoi archi dorati per sostenere una causa sociale. È successo anche recentemente quando McDonald’s ha capovolto la sua M in W, in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

Sebbene nei ristoranti gli archi rimarranno gli stessi, la nuova versione “distanziata” appare ora su tutti gli account social brasiliani del marchio, inclusi Instagram e Twitter. McDonald’s ha più di 1000 ristoranti nel paese e continuerà a servire i suoi clienti attraverso la consegna a domicilio e il McDrive.

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Time Out diventa digitale per il periodo della pandemia

La rivista storica di viaggi britannica ha recentemente cambiato il suo logo in Time In, in “supporto di una politica sanitaria responsabile”.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Time Out pubblica i suoi numeri regolarmente dal 1968, con una sola interruzione durante uno sciopero del 1981. La rivista al momento ha deciso di sospendere la sua pubblicazione a Londra per diventare digitale: “Con molti abitanti delle città che attualmente lavorano da casa e meno pendolari, anche la rivista Time Out diventerà temporaneamente Time In e passerà al digitale solo per ora”, si legge in una nota.

Miss Chiquita resta a casa

Questa settimana Chiquita ha pubblicato su Instagram una versione del suo logo senza l’iconica mascotte Miss Chiquita. Il copy della didascalia parla chiaro: “I’m already home. Please do the same and protect yourself. ? #stayhome”

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Mercado Libre aggiorna la sua stretta di mano

Il logo della società tecnologica latinoamericana Mercado Libre presenta l’immagine di una stretta di mano, diciamo non proprio il simbolo ideale ai tempi del contagio.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Il rischio epidemia ha imposto un allontanamento sociale in tutto il mondo. Tra le regole anti-diffusione c’è un vero e proprio stop a baci, abbracci e strette di mano. Per questa ragione è stato rielaborato il marchio dell’azienda che include due braccia separate, nel tentativo di comunicare l’importanza della sicurezza durante la pandemia. Da venerdì, il marchio presenta il nuovo logo in tutti i suoi messaggi, dai social all’eCommerce.

“Un’immagine forte e chiara è necessaria per rendere il mondo consapevole dell’importanza delle azioni individuali per garantire il bene comune”, hanno aggiunto Ramiro Gamallo e Matias Lafalla, executive creative director di GUT, l’agenzia di Buenos Aires che ha rielaborato il marchio dell’azienda.

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Audi separa i suoi cerchi come segno di solidarietà

Il colosso automobilistico tedesco Audi ha fatto un’impressionante condivisione contro il Coronavirus. Il logo utilizzato dalla società per anni è stato separato, in coerenza con le misure previste dalla pandemia COVID-19 e per attirare l’attenzione sulla distanza sociale.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Evimizden çıkmayalım, mesafeyi koruyalım, sağlıklı kalalım, birbirimize destek olalım. #FlattenTheCurve #Audi

Un post condiviso da Audi Türkiye (@auditurkiye) in data:

Su Instagram è comparsa una piccola animazione che vede gli anelli dividersi e una frase ad effetto che titola “Manteniamo la distanza”. Man mano che i cerchi si avvicinano nuovamente, appare un altro messaggio che questa volta comunica “Supportiamoci a vicenda”.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Volkswagen separa la V dalla W

Sempre per restare nel settore automotive, anche Volkswagen ha aggiornato il suo logo. Un video mostra l’appello della casa automobilistica tedesca, la quale intende ricordare a tutti che per superare la crisi bisogna stare separati.

 

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Per questa ragione con un piccolo escamotage grafico, il marchio separa la “V” e la “W” creando uno spazio considerevole all’interno del logo standard.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

filiera alimentare coronavirus

Gli eroi che combattono il Coronavirus sono anche nella filiera alimentare

  • Questo periodo di emergenza è stato paragonato alla peggiore crisi dopo il secondo dopoguerra ma a quei tempi il cibo non era così scontato 
  • Gli attori della filiera agroalimentare a casa non possono stare devono garantire il cibo a tutti gli italiani che restano a casa
  • Come tranquillizzare gli operatori della filiera agroalimentare in tutte le fasi del processo attuando nuove regole che possano far lavorare tutti in serenità?    

Eroi nelle corsie degli ospedali italiani in questo momento ce ne sono tanti, ma oggi sono qui per parlarvi di altri eroi.

Noi restiamo a casa e diamo per scontato che il cibo sia sempre garantito (anche troppo a vedere le bacheche sui social network di noi italiani in quarantena) anche grazie ad esplicite indicazioni del Presidente del Consiglio, che anche nell’ultimo Decreto del Consiglio dei Ministri, ha chiarito che i negozi alimentari sarebbero rimasti aperti e che i trasporti per le merci di prima necessità sarebbero circolati normalmente.

Questo periodo è stato paragonato alla peggiore crisi dopo il secondo dopoguerra ma a quei tempi il cibo non era così scontato: in tempi di guerra e di epidemie l’approvvigionamento alimentare non era garantito o lo era solo con le razioni settimanali di beni di prima necessità.

Hanno sofferto la fame i nostri nonni o i nostri padri.

Proprio per questo oggi voglio parlare di altri eroi: voglio mettere in evidenza il lavoro svolto da tutti gli operatori che lavorano nella filiera alimentare e che danno a tutti noi la possibilità stare a casa tranquilli e a pancia piena e, ogni tanto, di andare a fare la spesa e trovare comodamente i prodotti necessari sugli scaffali del negozio e del supermercato.

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filiera alimentare coronavirus

La filiera alimentare ai tempi del Coronavirus

Voglio parlare di tutti gli attori della filiera agroalimentare: operatori agricoli, operatori nelle industrie alimentari, impiegati nel settore alimentare, addetti nelle aree portuali o doganali, fornitori di materie prime alle industrie, trasportatori, salumieri, macellai e cassieri.

Loro a casa non possono stare, devono garantire il cibo a tutti gli italiani che restano a casa e, anche se la mattina escono con la paura di poter contrarre il virus essendo a contatto con tanta gente, ti accolgono nel loro negozio con il sorriso, ora nascosto sotto una mascherina.

Anche loro hanno una gran paura e anche loro hanno un padre o una madre anziana o dei bambini che vorrebbero proteggere e potrebbero infettare.

Gli imprenditori alimentari sono in emergenza: come garantire la produzione e la distribuzione degli alimenti rispettando le regole igienico sanitarie e le norme specifiche per ogni tipologia di prodotto, garantendo allo stesso tempo la sicurezza sanitaria ai propri lavoratori? Come tranquillizzare i propri operatori in tutte le fasi del processo attuando nuove regole che possano far lavorare tutti in serenità?

Ristoranti e bar chiudono, e con loro molte aziende collegate al settore HO.RE.CA. (acronimo di Hotellerie-Restaurant-Café), ma altre imprese collegate al settore retail (vendita al dettaglio) assumono personale perché si mangia di più in casa e si fa quindi più spesa. Dati Nielsen ci dicono che durante la settimana tra lunedì 24 febbraio e domenica 1° marzo (ancora non in piena emergenza) le vendite della Grande Distribuzione Organizzata continuano la crescita rispetto alla stessa settimana del 2019: +12,2% a valore a parità di negozi. Più spesa si traduce in una quantità maggiore di alimenti da produrre e confezionare, per cui il riflesso diretto sulle industrie è evidente.

filiera alimentare coronavirus

Ci sono poi imprenditori alimentari che si rendono conto del sacrificio emotivo e fisico che stanno chiedendo ai loro dipendenti così stanziano premi e aumentano gli stipendi, come il Sig. Giovanni Rana, che aumenta gli stipendi ai 700 dipendenti del 25% per ogni giorno lavorato e concede un ticket mensile straordinario di 400 euro per le spese di babysitting, come speciale riconoscimento dell’impegno profuso ai lavoratori impiegati nei cinque stabilimenti in Italia che stanno garantendo, anche in questo momento così difficile dovuto all’emergenza sanitaria del Covid-19, la continuità negli approvvigionamenti alimentari.

È stato necessario quindi in tutte le aziende alimentari ancora aperte per lavorare in modo sicuro per tutti e tranquillizzare gli operatori della filiera alimentare, stabilire nuove procedure e consolidarne di vecchie per evitare che nelle singole aziende possa nascere un focolaio della malattia.

Nei negozi e supermercati le regole da rispettare sono state chiare fin da subito: ingresso scaglionato, sanificanti all’ingresso dei negozi e supermercati, evitare assembramento in ogni fase e indossare guanti e mascherine da sostituire periodicamente. I cassieri, forse i più esposti al contatto con tante persone, puliscono e sanificano la loro postazione con oculatezza e la paura nascosta negli occhi.

Alcune catene come Coop hanno cominciato ad istallare nei loro punti vendita delle barriere in plexigass alle casse per garantire la protezione dei clienti e dei lavoratori.

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gdo coronavirus

Ma chi c’è dietro i prodotti alimentari che arrivano nei supermercati o nei negozi?

Ci sono le aziende alimentari che sono già solite avere norme igieniche di produzione molto restrittive e da questo punto di vista, applicandole severamente, l’operatore che vi lavora dovrebbe sentirsi già più tranquillo. Ecco alcune delle più frequenti e più pertinenti al controllo ambientale del Coronavirus:

  • lavarsi accuratamente le mani con acqua calda, asciugarle e disinfettarle con i sanificanti presenti (generalmente) all’ingresso della sala di produzione degli alimenti, ripetere l’operazione dopo essere stati in bagno, dopo aver mangiato, dopo aver toccato parti del corpo, tossito o starnutito, ad ogni ripresa del lavoro, dopo brevi pause per qualsiasi motivo;
  • le unghie devono essere corte, curate e senza smalto. Non usare trucco, profumi e creme profumate o con odori persistenti. Vietato usare unghie e ciglia finte che posso essere veicoli di contaminazione chimica, fisica e microbiologica;
  • indossare guanti in nitrile (nelle azienda alimentari si esclude il lattice) che vanno cambiati e disinfettati prima di riprendere il proprio lavoro e periodicamente in base ad una accurata analisi del rischio.
  • indossare gli indumenti protettivi relativi alla funzione aziendale ricoperta: la divisa di lavoro non è mai utilizzata esternamente all’azienda alimentare per evitare una possibile contaminazione crociata di natura microbiologica, fisica o chimica degli alimenti; molte aziende si preoccupano di lavare la divisa degli operatori dopo qualche giorno di lavoro (questo elemento è molto variabile in relazione alla mansione svolta in azienda) in modo da essere sicuri della modalità e della temperatura di lavaggio;
  • indossare sempre i dispositivi di protezione individuale relativi alla mansione svolta, tra questi: la cuffia (o un copricapo), calzari o scarpe da lavoro, guanti in nitrile blu usa e getta e la mascherina chirurgica indossata posizionandola sul naso.
  • pulire la postazione di lavoro di ogni operatore con frequenza prestabilita con un sanificante e in assenza di alimenti e, più in generale, intensificare le sanificazioni ambientali in tutti i locali e su tutte le attrezzature preoccupandosi di verificarne l’efficacia.

La mascherina era già un accessorio presente ed indispensabile in molte aziende alimentari. Con l’avvento del Coronavirus ho visto gli operatori alzare la soglia di attenzione e stringere bene la mascherina sul naso, gli stessi operatori che, prima di questa pandemia, la abbassavano scoprendo il naso per parlare con qualcuno.

Le stesse mascherine prima tante fastidiose adesso diventato l’oggetto del desiderio per sé e per i propri familiari.

Le mascherine che nelle aziende alimentari già si usavano, finiscono più velocemente ma oggi gli abituali fornitori rispondono all’ufficio acquisti aziendale che hanno difficoltà ad evadere l’ordine periodico e che la consegna sarà rimandata.

Si consumano quindi più mascherine ed i fornitori aziendali non te ne mandano altre. Questa è la situazione emergente. E le aziende alimentari come faranno finite le scorte?

filiera alimentare coronavirus

Oltre a queste regole di igiene intensificate, l’imprenditore alimentare deve preoccuparsi di evitare gli assembramenti e il contatto ravvicinato degli operatori: a livello logistico si mettono a punto sistemi di segnaletica orizzontali per garantire le distanze di sicurezza, si allargano le postazioni di lavoro o in alcuni casi si montano dei veri e propri divisori in plexiglas per rendere il lavoro più sicuro per l’operatore e per l’azienda; nelle mense e negli spogliatoi si scaglionano i turni per le pause e gli ingressi così da evitare il transito contemporaneo del personale, si migliora l’areazione dei locali e si chiudono le porte agli esterni.

Infatti per adempiere al D.P.C.M. e non mettere a rischio il proprio personale, l’azienda alimentare blocca o limita gli ingressi delle ditte esterne o ne limita l’accesso nelle aree aziendali, evita di far entrare consulenti o altre persone esterne; vieta l’ingresso in azienda di trasportatori o fornitori, obbligandoli dove necessario all’applicazione delle sue regole igieniche. Regole quest’ultime, molto spesso già presenti in azienda ma che adesso prendono corpo e si rafforzano.

Gli imprenditori alimentari si trovano inoltre a combattere con ordini tagliati, soprattutto quelli destinati all’estero, con fatture pagate meno per cambi sfavorevoli e la preoccupazione di non riuscire a produrre ancora alimenti perché se dovesse scoppiare un focolaio in azienda, tutto verrebbe chiuso.

Dobbiamo ricordarci che le aziende della filiera alimentare italiana sono soprattutto piccole o medie aziende in cui il cui grado di digitalizzazione è spesso basso e il lavoro a distanza, il cosiddetto smart working, non è applicabile nella maggior parte dei casi, per fattori intrinseci al prodotto, oltre che per fattori culturali.

Effetto COVID-19: la GDO torna in positivo e punta sull’eGrocery

In Italia, il COVID-19 continua a diffondersi, annullando confini geografici e sociali. Crescono i contagi e, inevitabilmente, aumenta anche il numero delle vittime.

In breve tempo, il virus ha conquistato il monopolio dei media, che lo hanno analizzato sotto ogni punto di vista.

L’impatto sull’economia

Gli effetti dell’emergenza COVID-19, si riflettono anche sull’economia, come abbiamo già avuto modo di analizzare qui su Ninja, che comincia ad accusare i primi forti contraccolpi, facendo registrare un crollo delle principali borse europee, tra cui quella di Milano, che fornisce, numericamente parlando, un ampio spaccato della situazione.

A risentirne maggiormente, sono il settore turistico e quello della ristorazione che, a seguito delle necessarie restrizioni imposte dal Governo, hanno assistito prima ad una forte diminuzione della clientela e poi alla chiusura temporanea dei loro esercizi, che per alcuni risulterà permanente.

Risultato immagini per crollo delle borse

In controtendenza la grande distribuzione

Tuttavia questa crisi non riguarda proprio tutti e c’è chi, come la GDO (Grande Distribuzione Organizzata), ne sta beneficiando. Se l’anno 2020 era iniziato con una tendenza al ribasso, infatti, le ultime settimane di febbraio hanno visto un’impennata delle vendite, soprattutto di articoli per l’igiene e la cura della persona, ma anche di prodotti alimentari, come farina, pasta e riso.

E così, davanti ai supermercati di tutta Italia, si sono formate lunghe code di persone che, prima incuranti della distanza di sicurezza e poi sempre più rispettose delle restrizioni, hanno assalito gli scaffali, riempendo i propri carrelli, per creare scorte sufficienti ad affrontare una probabile, ora reale, quarantena.

Risultato immagini per file supermercato covid scaffali vuoti

Il fenomeno, stando ai dati elaborati dalla Nielsen, solo nella settimana compresa fra il 17 e il 23 febbraio, avrebbe portato ad un incremento delle vendite pari al +8,34%. In questo senso, il Nord-Ovest traina la crescita, con un trend  del +11,20% rispetto all’anno scorso,  seguito dal Nord-Est con un +9,66%, dal Sud con un +6,06% e quindi dal Centro, che chiude sempre in positivo, ma con un modesto  +4,38%.

In particolare, l’aumento degli acquisti è da ricondursi a due principali cause:

  • effetto “stock”, che ha portato ad un aumento a doppia cifra di alcune categorie della drogheria alimentare a lunga conservazione, quali riso (+33%), conserve animali (+29%), pasta (+25%), derivati del pomodoro (+22%), sughi e salse (+19%);
  • effetto “prevenzione e salute”, che ha prodotto un incremento delle vendite delle categorie del cura persona, soprattutto il comparto parafarmaceutico (+112%) e quello dell’igiene personale (+15%).

Risultato immagini per e-grocery

La GDO punta sull’eGrocery durante la crisi Coronavirus

Il quadro attuale però, potrebbe presto capovolgersi, a seguito di nuove pesanti restrizioni, che impongono giorni di chiusura ed intervalli orari ben precisi.

Ad agitare ulteriormente le acque, le proteste dei lavoratori, che temono per la propria salute, e le difficoltà nel limitare il numero degli ingressi. Il rischio infatti, è quello che i supermercati diventino i “nuovi parchi”, ovvero luoghi  di aggregazione in cui la diffusione del virus è facilitata.

Dunque, si prospetta uno scenario instabile, che ad un boom iniziale degli incassi, potrebbe opporre importanti perdite di fatturato, con un aumento esponenziale degli acquisti online, che già ai primi di marzo hanno segnato un +97,2%.

Tuttavia, la GDO, per sedare le minacce, sta integrando – o potenziando – i servizi di delivery, che rappresentano una soluzione non solo per gli over 65, che sono i soggetti più a rischio, ma anche per il resto della popolazione. Siamo perciò di fronte ad una rivoluzione epocale, che potrebbe decretare le sorti del settore agroalimentare: la GDO si sta convertendo all’eGrocery.