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seo tool indispensabili 2023

I SEO tool indispensabili nel 2023 (anche se sei alle prime armi)

Chi si occupa di contenuti online sa perfettamente che l’ottimizzazione per i motori di ricerca è fondamentale per aumentare il traffico verso il sito web. A questo scopo, questa shortlist di SEO tool può fornire un valido aiuto anche se si è alle prime armi.

In ogni caso, l’ottimizzazione manuale dei contenuti può richiedere molto tempo ed essere parecchio impegnativa: una dote di cui è necessario entrare in possesso è, senza dubbio, la pazienza.

Qualunque intervento (in positivo o in negativo) potrà produrre risultati in tempi ragionevoli, ma è inutile scoraggiarsi se questi tardano ad arrivare. In questo caso, la parola chiave è perseveranza.

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I SEO tool indispensabili per l’ottimizzazione sui motori di ricerca che abbiamo selezionato sono:

  • Ahrefs
  • SEMrush
  • Yoast SEO
  • Google Analytics
  • Moz Pro

Ahrefs

Ahrefs è uno degli strumenti SEO più popolari e potenti. È uno strumento completo che consente di eseguire varie attività, come la ricerca di parole chiave, l’analisi dei backlink, l’analisi dei contenuti e altro ancora.

SEO tool - ahref

Con Ahrefs, è possibile vedere come si posizionano i nostri concorrenti e quali parole chiave utilizzano. È inoltre possibile monitorare le proprie classifiche, controllare i backlink e analizzare i contenuti per individuare eventuali opportunità di ottimizzazione.

Una delle caratteristiche principali di Ahrefs è lo strumento Site Explorer, che consente di visualizzare il profilo di backlink di qualsiasi sito web. Questa funzione è utile a chi ha interesse a guadagnare backlink per i propri siti web in modo da segnalare i propri contenuti in modo da aggiudicarsi un link. Va detto, però, che lo scambio o acquisto di backlink è una pratica sconsigliata: la crescita, in questo senso, dovrebbe avvenire in modo del tutto organico.

LEGGI ANCHE: 7 cose da sapere su ChatGPT prima di utilizzarlo per i contenuti e per la SEO

SEO tool: SEMrush

SEMrush è un altro popolare SEO tool che offre ai creatori di contenuti un’ampia gamma di funzioni.

SEO tool - Semrush

Come Ahrefs, SEMrush consente di eseguire ricerche sulle parole chiave, monitorare le classifiche, analizzare i contenuti e monitorare i backlink.

SEMrush offre una funzione di Site Audit che analizza il vostro sito web alla ricerca di problemi tecnici di SEO, come link rotti, tag mancanti e altro.

La caratteristica principale di SEMrush è lo strumento Domain vs Domain, che consente di confrontare il proprio sito web con quello dei concorrenti.

Questa funzione consente di vedere per quali parole chiave si posizionano i concorrenti e come si posiziona il nostro sito in relazione alle stesse. Si tratta di informazioni che possono aiutare a identificare le aree in cui è necessario migliorare la propria strategia SEO.

Yoast SEO

Yoast SEO è un plugin per WordPress essenziale per i blogger che utilizzano WordPress come sistema di gestione dei contenuti, soprattutto se sono alle prime armi.

Sebbene sia utili specificare che l’ossessione per il semaforino verde non debba prendere il sopravvento sulla qualità del testo, il plugin offre molte funzioni per aiutare a ottimizzare i contenuti per i motori di ricerca, rappresentando una sorta di checklist degli aspetti essenziali che è bene non trascurare in ogni articolo.

Alcune delle caratteristiche di Yoast SEO includono l’ottimizzazione delle parole chiave, l’analisi dei contenuti, la generazione di sitemap XML e altro ancora.

La caratteristica di Yoast SEO è l’analisi della leggibilità. Il plugin analizza la leggibilità dei contenuti e offre suggerimenti per migliorarla.

Questa funzione può essere incredibilmente utile per i blogger che vogliono assicurarsi che i loro contenuti siano facili da leggere e da capire, anche se è importante considerare le differenze linguistiche: la lingua italiana, ad esempio, si presta meno a esporre concetti con frasi e periodi molto brevi, condizionando l’esito dell’analisi.

SEO tool - Yoast

Oltre alla versione FREE sono disponibili dei piani a pagamento.

LEGGI ANCHE: SEO per il Metaverso: le nuove strategie di Content Marketing

SEO tool per il monitoraggio: Google Analytics

Google Analytics è un indispensabile strumento gratuito offerto da Google che consente ai blogger di monitorare il traffico del proprio sito web e di analizzare il proprio pubblico.

Con Google Analytics, possiamo vedere quanti visitatori arrivano sul nostro sito web, da dove provengono e quali pagine visualizzano.

Inoltre, è possibile monitorare la frequenza di rimbalzo del sito web, la durata media della sessione e altro ancora.

La caratteristica che rende unico Google Analytics è il rapporto Audience Overview: il rapporto fornisce un’istantanea del pubblico del vostro sito web, compresi i dati demografici, gli interessi e i comportamenti.

Queste informazioni possono essere incredibilmente utili per i blogger che desiderano capire il proprio pubblico e creare contenuti che abbiano una certa risonanza.

LEGGI ANCHE: SEO Trend: 6 tendenze che non puoi non conoscere

Moz Pro

Moz Pro è un altro strumento SEO completo che offre un’ampia gamma di funzioni per i blogger. Alcune delle funzioni di Moz Pro includono la ricerca di parole chiave, l’audit del sito, l’analisi dei backlink e altro ancora.

SEO tool - Moz PRO

Inoltre, Moz Pro offre una funzione di Rank Tracker che consente di monitorare le classifiche del sito web per parole chiave specifiche.

Lo strumento più popolare di Moz Pro è il suo On-Page Grader, che analizza i contenuti e fornisce suggerimenti per migliorare l’ottimizzazione della pagina. Lo strumento esamina l’uso delle parole chiave, i tag del titolo, le meta-descrizioni e altro ancora.

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addio ai cookie di terze parti

Addio ai cookie di terze parti: prospettive future e soluzioni alternative per i marketer

Nel 2023 Google Chrome bloccherà i cookie di terze parti così come già hanno fatto Safari e Firefox. 

Mentre lo scopo dichiarato di questa scelta è quello di aumentare la privacy di Chrome, molti marketer temono un rafforzamento del potere di mercato di Google, poiché Chrome sarà un indispensabile intermediario per chi farà pubblicità e avrà bisogno di dati. 

Google, infatti, continuerà a possedere e gestire un gran numero di informazioni sugli utenti, mentre ad essere ostacolati nella raccolta delle informazioni potrebbero essere gli editori.

Cosa comporterà quindi l’eliminazione dei cookie di terze parti per chi si occupa di advertising?

Abbiamo analizzato la situazione attraverso l’ottava edizione del report State of Marketing di Salesforce, ma è bene iniziare chiarendo cosa si intende con cookie di terze parti.

LEGGI ANCHE: Le sfide per i marketer nel 2023: la ricerca di Salesforce su un campione di oltre 6.000 leader del settore

Cosa sono i cookie di terze parti, di parte zero o di prima parte

I  cookie di terze parti sono cookie che vengono memorizzati sotto un dominio diverso da quello che si sta attualmente visitando. Sostanzialmente questi cookie vengono impiegati per:

  • Tracciare gli utenti tra i siti web.
  • Visualizzare annunci più pertinenti tra i siti web.

La graduale eliminazione dei cookie di terze parti comporterà inevitabilmente  grandi sconvolgimenti nell’industria pubblicitaria online che, fino a questo momento, era in grado di tracciare le abitudini delle persone e proporre offerte commerciali pertinenti.

Gli esperti di marketing e le organizzazioni si trovano dunque oggi nella condizione di dover ovviare a tale mancanza trovando soluzioni alternative come i cookie di parte zero o di prima parte. Vediamo quindi nello specifico cosa sono i cookie di parte zero o di prima parte.

I cookie di prima parte sono sostanzialmente quelli creati dal web server del sito visitato dall’utente, che avranno lo stesso dominio e indirizzo web e che quindi non forniscono all’esterno informazioni tali da essere utilizzate per erogare pubblicità personalizzata all’interno di altri siti.

I cookie di parte zero corrispondono ai dati che vengono direttamente e volontariamente  lasciati dall’utente, per esempio attraverso sondaggi o la compilazione di form.

Le possibili deroghe e soluzioni per l’utilizzo di cookie di parte zero o di prima parte

Partendo dal presupposto che l’elemento primario in merito alla protezione dei dati è il consenso dell’utente,  sempre maggiore importanza affinché sia possibile continuare a tracciare e memorizzare qualsiasi dato personale, sarà acquisita dal consenso esplicito.

Una volta compreso questo aspetto fondamentale, le possibili soluzioni adottabili dai marketer possono essere riassunte in quattro punti principali:

  1. Esplicito consenso: a differenza dei cookie di terze parti per cui è necessario il consenso degli utenti all’utilizzo, i cookie di prima parte potrebbero essere esentati da questa regola.
  2. Privacy by default: mentre per alcune leggi sulla privacy, al fine di proteggere la privacy è richiesto che le impostazioni di privacy siano impostate per impostazione predefinita – e quindi i cookie di terze parti sono disattivati ​​per impostazione predefinita – i cookie di prima parte sono invece abilitati.
  3. Soluzioni tecniche: alcune soluzioni tecniche come cookie anonimizzati potrebbero essere la soluzione per consentire l’utilizzo di cookie di prima parte senza violare le normative sulla privacy.
  4. Banner informativi: i cookie di prima parte potrebbero essere abilitati per impostazione predefinita nei siti in cui sono usati banner informativi che consentono agli utenti di scegliere se abilitare o disabilitare i cookie di terze parti.

In un contesto caratterizzato dalle preoccupazioni sulla privacy, dove il consenso esplicito è diventato più che mai fondamentale, costruire e mantenere la fiducia dei clienti lo è altrettanto ed è una grande priorità ed una sfida per tutte le organizzazioni.

In questa nuova situazione, stando ai dati del report State of Marketing di Salesforcesecondo il 91% dei CMO è necessario innovarsi continuamente.

Cosa fare per innovarsi oggi?

Dal report sono emersi sei punti necessari per avviare un processo di innovazione costante:

  • Miglioramento dell’uso di strumenti e tecnologie.
  • Sperimentazione di nuove strategie di marketing.
  • Modernizzazione di strumenti e tecnologie.
  • Costruzione e mantenimento della fiducia con i clienti.
  • Miglioramento della collaborazione.
  • Bilanciamento della personalizzazione con il cliente.

Nel complesso, inoltre, un dato interessante è che il 67% dei marketer dichiari di percepire il proprio lavoro come di maggior valore oggi rispetto a un anno fa.

cookie di terze parti valore dei marketer salesforce

Le principali sfide per i marketer

Le maggiori sfide dei marketer oggi sono quindi legate a due fattori primari: personalizzazione e privacy.

In sostanza, individuare soluzioni sempre nuove che consentano di mantenere il più possibile la personalizzazione dei servizi, pur avendo il controllo sulle norme da rispettare in materia di privacy.

salesforce priorities and challenges

Tali sfide, dovute principalmente a cambiamenti come quelli legati al GDPR dell’Unione Europea o all’aggiornamento della politica sulla privacy di Apple, hanno avuto ovviamente un effetto significativo sull’analisi digitale.

Comprendere dunque come mantenere la conformità ai regolamenti continuando a prestare la giusta attenzione alla personalizzazione si è rivelata una grande sfida, seppur non l’unica.

Le principali sfide che i marketer si trovano oggi ad affrontare infatti possono riassumersi anche in altri fattori, come:

  • Un uso inefficace di strumenti e tecnologie.
  • La misurazione del ROI.
  • Bilanciare la personalizzazione con il cliente.
  • Costruire e mantenere la fiducia con i clienti.

Le nuove strategie dei marketer

Una ricerca di McKinsey ha mostrato come l’industria della pubblicità digitale statunitense, che registra un valore pari a 152 miliardi di dollari, potrebbe subire un calo perdendo fino a 10 miliardi di dollari in entrate pubblicitarie.

Sulla base di questo scenario, nascono nuove strategie riprogettando il flusso di acquisizione e conversione contatti, nonché di fidelizzazione dei clienti. 

Ancora secondo i dati utili presenti nel report di Salesforce, molti marketer stanno riscontrando successo impiegando tattiche che includono:

  • Nuovi segmenti di clientela mirati.
  • Investimenti in collaborazione e tecnologie.
  • Investimento in esperienze digital-first.
  • Investimento nel virtuale e negli eventi ibridi.
  • Target geografici estesi.
  • Automazione del flusso di lavoro.
  • Offerte di prodotti ampliate.

salesforce news trategies

Intelligenza Artificiale

Rispetto alla domanda di data-driven e personalizzazione, il 62% dei marketer ha dichiarato di aver investito nell’intelligenza artificiale (IA), che sempre più rappresenta un valido supporto per chi lavora nel campo digitale migliorando l’efficienza.

Stando ai dati di Salesforce, infatti:

  • Il 68% dei marketer afferma di avere una strategia AI completamente definita.
  • Nonostante la maggioranza dei clienti siano online, il 43% preferisce i canali non digitali e in tal caso l’IA rappresenta per i marketer un valido supporto per collegare esperienze online e offline.

Inoltre, per migliorare la comprensione dei risultati delle nuove strategie, i professionisti del marketing stanno investendo fortemente in capacità di analisi, in modo da garantirsi una panoramica più coerente dell’impatto dei loro messaggi, delle campagne e del budget sul marketing.

Streaming, video, messaggi ed email

Tra le nuove strade che i marketer stanno percorrendo ci sono i servizi di streaming, che hanno registrato il più grande tasso di crescita tra i canali abituali e grazie a cui i marketer riescono a raggiungere prospect e clienti.

In generale i marketer oggi attingono in misura sempre maggiore a:

  • Contenuti interattivi.
  • Video.
  • Messaggistica mobile.
  • Campagne email (secondo i dati di Salesforce le email in uscita sono aumentate del 15% nell’ultimo anno).

salseforce email sms - cookie di terze parti

Conclusioni

Nuovi scenari portano a nuove esigenze da parte dei responsabili della pubblicità online.

In questo contesto diviene di fondamentale importanza conoscere le prospettive future, le possibili soluzioni alternative rispetto alla nuova situazione che si sta delineando e quelli che sono le opinioni e le soluzioni già adottate o in procinto di essere scelte da quelli che possono essere considerate figure leader nel settore della pubblicità online.

Solo così si potrà essere pronti a sfruttare ogni possibilità che le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, o strumenti alternativi a quelli impiegati fino ad oggi, sono in grado di offrire ai marketer per migliorare i risultati del loro lavoro efficientando ogni processo.

Puoi scaricare il report completo a questo indirizzo.

strategie marketing 2023

7 previsioni di digital marketing per il 2023

L’universo del marketing digitale è in continua evoluzione. L’aumento della domanda di nuove tecnologie e di esperienze digitali migliori, il modo in cui le aziende si rivolgono ai clienti, determineranno la possibilità di trasformare le ricerche in acquisti. In uno scenario volubile e dinamico Danni White, CEO di DWCCA – DW Creative Consulting Agency – propone alcune previsioni tradotte in 7 strategie di digital marketing 2023. Scopriamole insieme.

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1. Il video di breve durata è la regina

Se il contenuto è il re, il contenuto video è la regina. Queste le parole di Danni White. E come dargli torto. Il video marketing può essere incredibilmente efficace nell’aumentare i livelli di coinvolgimento e l’interesse dei consumatori per i video non mostra alcun segnale di rallentamento.

  • YouTube sta già superando Facebook come secondo sito più visitato (Google è sul podio, ovviamente);
  • TikTok continua a macinare risultati notevoli;
  • Forrester ha recentemente rilevato che i video hanno 53 volte più probabilità di generare posizionamenti in prima pagina rispetto ad altre tecniche SEO tradizionali;
  • Hubspot ha dimostrato che l’84% delle persone è stato convinto ad acquistare un prodotto o un servizio grazie a un video;
  • Oltre il 50% delle persone guarda un video di prodotto prima di acquistarlo.

Dati, questi, che dimostrano come l’approccio Video First funziona davvero.

È bene, però, concentrarsi su brevi contenuti visivi per le piattaforme di social media in modo da coinvolgere più clienti possibili per distinguersi nel mercato.

Attenzione: la pubblicità video non dipende solo dalle immagini e dalla qualità del montaggio. I video richiedono contenuti testuali pertinenti per ottenere maggiore attenzione dell’utente.

È necessario concentrarsi sul pubblico di destinazione (profilare i buyer personas) e utilizzare didascalie, titoli, descrizioni, tag, parole chiave di tendenza, sottotitoli, miniature e hashtag appropriati per gli annunci video.

Danni White consiglia di generare video al di sotto dei 5 minuti: un girato più lungo consente di frammentare lo stesso in più parti da proporre in vari momenti.

Non solo video brevi ma, soprattutto, accattivanti.

2. I social media potrebbero aver perso la loro strada

Tra le 7 strategie di digital marketing 2023 è sul podio la creazione di fiducia, alimentare relazioni. Questo è il mantra dei social media.

La strada maestra per evitare la perdita di follower ed engagement. Come fare? Aumentare il grado di interazione con i propri pubblici di riferimento.

Una soluzione è quella di incoraggiare gli utenti a rispondere a una CTA mediante l’iscrizione alla newsletter o facendoli approdare su una landing page accattivante.

E poi, senz’altro utile, è il ricorso alla “messa in evidenza dei benefici”: non può esserci risposta positiva se non si restituisce al pubblico qualcosa. Bene: è necessario mettere in evidenza i benefici cui l’utente potrà accedere se compie il passo successivo, l’azione tanto agognata.

7 strategie di digital marketing 2023

LEGGI ANCHE: Consigli di base per scrivere una call-to-action efficace per i social media

3. Lo sviluppo del pubblico è fondamentale

Spesso la condivisione e i commenti dei contenuti ci emoziona. Pensiamo di aver raggiunto pienamente gli obiettivi della nostra strategia ma, più tardi, scopriamo amaramente che non sempre chi condivide e commenta è davvero interessato a ciò che diciamo. Per questo la regina di ogni strategia è lo sviluppo del pubblico.

E il modo migliore per generare un’audience captive è la mail.

Le persone che si iscrivono a newsletter e notifiche sono davvero interessate ai contenuti poiché si sono attivate per riceverle. Un buon modo, questo, per determinare l’interesse dell’audience di riferimento.

Ma come consolidarli? Bisogna nutrirli e guidarli lungo tutto il percorso per evitare perdite significative. Quando un utente varca la soglia deve ricevere costantemente contenuti di forte engagement per trasformarlo in acquirente. Senza una solida strategia di sviluppo il pubblico rimane passivo e non ci condurrà al raggiungimento degli obiettivi.

L’audience è composta da una fetta di pubblico che nel funnel è già ad uno step avanzato, sono ad un passo dall’acquisto.

Avete presente il funnel delle 5A? Aware, Appeal, Ask, Act, Advocate. Il pubblico a questo punto è già nella fase dell’Ask, che si stanno documentando, ti stanno chiedendo informazioni perché sono interessate direttamente a comunicare con te.

È possibile segmentare l’audience in molti modi ed è molto facile: un invio può essere segmentato in vari modi, si può scegliere di mandare la mail a chi si è registrato da una settimana ed è un contatto caldo, si può mandare un’email a coloro che è da molto che non aprono le nostre mail, a coloro che non hanno mai acquistato, a coloro che sono nostri iscritti da tanto.

La regola aurea? Prima pensa a chi manderai la tua mail, poi pensa al contenuto, solo allora si potrà premere su ‘invio’.

4. Sfruttare l’intelligenza artificiale

Il ricorso all’intelligenza artificiale è utile per creare o riproporre contenuti molto rapidamente. Certo non ci si può affidare all’Intelligenza Artificiale credendo di puntare sull’originalità.

Il concetto di White è semplice: l’AI viene in nostro soccorso per rendere la generazione di contenuti meno stressante.

Non solo nella fase di creatività ma anche, e soprattutto, nelle fasi di analisi di una mole di dati imponente. Grazie ad essa, infatti, possiamo scoprire a chi rivolgerci, quando farlo e cosa comunicare.

L’intelligenza artificiale è un valido supporto, non un nostro sostituto. E, in effetti, ci aiuta a capire quali contenuti generare e quali informazioni considerare per stupire il nostro pubblico.

Intelligenza Artificiale tendenze marketing 2023

LEGGI ANCHE: Content Creation: cosa devi sapere per stupire il tuo pubblico

5. Perseguire opportunità di co-marketing e collaborazione

Il co-marketing e le partnership rappresentano una strategia utile ad aumentare reciprocamente la consapevolezza del brand di un’azienda.

Appoggiarsi all’esperienza di un altro marchio è anche un modo per sviluppare nuove opportunità di creazione di contenuti e uscite sulla stampa.

Un esempio? Attingere alla propria rete LinkedIn. Ad esempio, se una persona della tua rete ti chiede di collaborare per un episodio del suo podcast, potresti trarne beneficio, sarà dunque un ottimo modo per condividere le conoscenze con un nuovo pubblico.

Anche gli eventi di networking locali offrono molte opportunità per costruire relazioni con colleghi del settore che possono diventare partner di collaborazione.

6. Sfruttare il pubblico dei podcast

A proposito di podcast, di questi tempi sono assolutamente di moda. Ed è un must anche per le 7 strategie di digital marketing 2023.

In America ci sono più di 120 milioni di ascoltatori di podcast, di cui più di 104 milioni si sintonizzano regolarmente. Si tratta chiaramente di una strada che vale la pena percorrere, soprattutto perché non richiede una grande quantità di attrezzature per essere prodotta.

Il podcasting è un modo eccellente per condividere informazioni con un pubblico più ampio. Può anche essere utilizzato come strumento di lead generation, fornendo risorse al pubblico per entrare in contatto con il brand. Il valore deriverà dall’evidenziare le competenze che il marchio nel suo complesso possiede.

LEGGI ANCHELe novità di Google, ChatGPT su Bing e le altre news della settimana

7. Concentrarsi sulla SEO che conta

Nel 2022 Google ha introdotto diversi aggiornamenti dell’algoritmo, due dei quali erano fortemente incentrati sulla necessità di garantire che i domini di ranking producessero contenuti utili in modo che fossero effettivamente importanti per il pubblico. Ciò significa che per il 2023 sarà necessario privilegiare la qualità rispetto alla quantità.

Non limitatevi a costruire la vostra strategia sulle parole chiave.

Puntate a diventare l’autorità sull’argomento e a guadagnare la fiducia del vostro pubblico concentrandovi sull’utilità dei contenuti. Provate a rivedere gli ultimi 6-12 mesi dei vostri contenuti per determinare cosa ha funzionato e cosa meno, quindi rielaborate la vostra strategia di conseguenza.

Con le nuove aspettative dei consumatori, il 2023 potrebbe essere un anno stellare per il marketing digitale.

Non è necessario reinventare la ruota, basta modificarla. Finché parlate con il vostro pubblico e create un’esperienza eccellente per loro, sarete pronti per il successo.

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rappresentazione della donna in pubblicità

Da governante a paladina: come è cambiata la rappresentazione della donna nelle pubblicità

Qual è la rappresentazione della donna in pubblicità? Nelle adv, generalmente, gli uomini sono stati rappresentati come forti, intelligenti e lavoratori, ma non si può dire lo stesso delle donne.

Ormai (per fortuna) le donne sono, il più delle volte, valorizzate dai media, ma non è sempre stato così. Non molto tempo fa, le pubblicità sessiste incoraggiavano le donne a essere principalmente due cose: una domestica e l’accessorio di un uomo. Anche dopo aver contribuito a far andare avanti il mondo durante la prima e la seconda guerra mondiale, le donne erano ancora considerate passive e, in un certo senso, inferiori.

Eppure, le donne sono un target molto importante per i pubblicitari: secondo uno studio del 2019 del The Economic Times, il 58% degli annunci contemporanei è rivolto alle donne, contro il 38% che si rivolge a entrambi i sessi.

Vediamo insieme come le pubblicità sono passate dal ritrarre le donne come casalinghe passive a celebrarne la forza.

La rappresentazione delle donne in pubblicità

Inizio del 20simo secolo

Prima della prima pubblicità televisiva, andata in onda nel 1941, la stampa e il cinema erano due dei modi più efficaci per gli inserzionisti per promuovere i loro prodotti a un pubblico ampio.

Pubblicità su carta stampata

Nel 1908, Henry William Hoover (inventore dell’aspirapolvere verticale) fondò il suo omonimo marchio in Ohio, USA.

Negli anni ’20, l’aspirapolvere Hoover era riconosciuto in tutti gli Stati Uniti come un prodotto essenziale per la casa. E la narrativa che le pubblicità del marchio spingevano per promuovere il loro dispositivo di pulizia era che un Hoover era il più grande desiderio di una donna.

Era comune imbattersi in pubblicità cartacee di Hoover accompagnate da didascalie come: “Non deluderla di nuovo questo Natale. Regalale una Hoover“, “Regalale una Hoover e le darai il meglio” e “Hoover salvaguarderà il suo orgoglio di avere una casa pulita“.

Rappresentazione della donna in pubblicità

Photo Credit: www.witness2fashion.wordpress.com

Pubblicità del primo Novecento come questa ritraevano la donna media come una domestica il cui unico desiderio nella vita era quello di tenere in ordine la casa per compiacere il marito.

Pubblicità al cinema

Negli anni ’30 i cinema cominciarono a spuntare ovunque e fecero il loro debutto alcuni dei film più importanti della storia del cinema, come Il mago di Oz e Biancaneve e i sette nani.

Per i pubblicitari, l’avvento del cinema significava un pubblico prigioniero a cui promuovere la propria merce.

Un esempio di pubblicità sul grande schermo degli anni ’30 è “A Film Mystery” di Dreft, che segue un personaggio chiamato Mrs Smith che, ovviamente, si trova in cucina mentre intenta lavare i piatti.

La voce narrante raccomanda agli spettatori, come la signora Smith, di iniziare a usare il detersivo Dreft per lavare piatti e bicchieri.

Si tratta solo di un altro esempio di come, in quell’epoca, le donne fossero viste come nient’altro che governanti.

Ecco una gallery delle pubblicità degli anni ’30.

Rappresentazione della donne nelle pubblicità degli Anni 40 e 50

Negli anni ’40-’50 la televisione si diffuse a macchia d’olio, tanto che. alla fine degli anni ’50. la maggior parte delle persone nei Paesi occidentali possedeva un televisore.

Naturalmente, sempre più inserzionisti capitalizzarono su questo nuovo pubblico, investendo nella produzione di pubblicità su schermo.

Nonostante le donne avessero assunto molti “ruoli maschili” durante la Seconda Guerra Mondiale, anche queste pubblicità erano piene di stereotipi sessisti.

Nella selezione di pubblicità degli anni ’40 qui sotto, raccolta da NowThis News, c’è un’ovvia linea guida: le donne devono essere all’altezza degli standard maschili.

Gli anni ’60

Coca-Cola (1961)

Nel 1961, Coca-Cola reclutò l’attrice Connie Clausen come protagonista di uno spot televisivo incentrato su una teoria stravagante: la famosa bevanda fa dimagrire. “Con Coca-Cola non ci si preoccupa del girovita“, recitava Connie, prima di addentrarsi nella spiegazione dei motivi per cui fosse utile la bevanda analcolica per tenere sotto controllo il peso.

Anche tralasciando l’aspetto scientifico, sappiamo quanto sia dannoso trasmettere alle donne il messaggio che il loro valore è intrinsecamente legato all’aspetto fisico.

Volendo trovare una nota positiva, almeno la protagonista è una donna in carriera, invece di una casalinga incatenata ai fornelli.

Kodak (1964)

Torniamo in cucina con questo spot Kodak, in cui la compianta Betty White prepara un picnic per la spiaggia mentre parla agli spettatori della pellicola a colori Kodak.

Anche se la protagonista non è intenta a cucinare, l’ambientazione lascia decisamente a desiderare.

La rappresentazione della donna in pubblicità negli anni 7o

Tab Cola (1972)

All’inizio degli anni ’70, si iniziano a intravedere veri e propri progressi nell’affrontare la disuguaglianza di genere nei media e nella pubblicità.

Vediamo come esempio questo spot di Tab Cola del 1972: non c’è un uomo, una cucina o un prodotto per la pulizia in vista. Tuttavia, il mondo della pubblicità aveva trovato un altro modo per “sfruttare le donne”: trasformarle in oggetto del desiderio maschile.

Le donne (come quella che si vede in questo spot) iniziavano a venire sessualizzate per invogliare gli uomini ad acquistare il prodotto o il servizio.

Tab (1978)

Sei anni dopo il brand di beverage pubblicò lo spot “Beautiful People“.

Come suggerisce il nome, lo spot ha come protagoniste una serie di persone, tra cui una donna al lavoro, una reginetta di bellezza, una donna sportiva in bici.

Appare chiaro come i pubblicitari stessere iniziando a capire che le donne non fossero tutte uguali e a celebrare invece la diversità.

Gli anni ’80

Martini (1981)

L’assoggettamento delle donne allo sguardo maschile era un problema ancora più sentito negli anni ’80; dopo il decennio della liberazione, le donne apparivano spesso nelle pubblicità indossando abiti succinti per suscitare l’interesse degli uomini.

Un esempio su tutti: La pubblicità della cameriera sui pattini di Martini, del 1981.

BT (1988)

Gli spot BT di Maureen Lipman della fine degli anni ’80 sono a dir poco esilaranti, ma con alcuni temi non proprio ideali che attraversano tutta la serie di pubblicità.

Ad esempio, nello spot che pubblicizza il servizio di ordinazione telefonica di BT, si capisce subito che il personaggio di Lipman non desidera altro che acquistare prodotti elettrici per la casa come aspirapolvere e lavatrici. Sembra di essere tornati agli anni ’20.

La rappresentazione della donna in pubblicità negli anni ’90

Bounty (1990)

Il sesso vende” era il motto degli anni ’90 e i pubblicitari si ingegnavano per trovare modi nuovi e originali per presentare donne seminude nei loro spot.

Ad esempio, questo spot Bounty porta gli spettatori su una spiaggia esotica, invitandoli ad “assaggiare il paradiso” mentre fissano una donna in bikini.

Ma c’è un aspetto in cui questo spot differisce da quello di Martini andato in onda un decennio prima: Bounty includeva anche un uomo seminudo, a beneficio dello sguardo femminile. Sì, era arrivato il momento che anche le donne potessero dare un’occhiata.

Spice Girls (1996)

Se pensiamo al girl power negli anni ’90, ci sono solo loro: le Spice Girls.

Il quintetto pop ispirava le donne di tutto il mondo ad abbracciare la propria personalità per distinguersi dalla massa.

La frase più potente dello spot è quella di Mel C, che sfrutta il suo momento per esclamare: “Attenti ragazzi, le ragazze sono qui!“.

Sembrava che il nuovo millennio avrebbe segnato una nuova era per le donne.

Gli anni 2000

Gillette Venus (2000)

Subito dopo la fine del 2000, Gillette pubblicò il suo spot Venus che prometteva alle donne che si sarebbero sentite “come delle dee” se avessero usato la nuova linea di rasoi del marchio.

È evidente fin dall’inizio che lo spot mira a incoraggiare le donne a radersi le gambe per se stesse, non per impressionare gli uomini.

Questo concetto viene confermato quando la voce narrante femminile dice: “È qualcosa a cui tutte le dee hanno diritto“, parlando di pelle liscia. Gli uomini? Chi se ne importa!

Mercedes (2007)

Anche dopo gli anni 2000, alcuni marchi non erano pronti a comprendere quanto non fosse più accettabile stereotipare le donne come poco intelligenti.

Uno degli esempi più famosi  degli anni Duemila è rappresentato dallo spot MercedesLa bellezza è nulla senza cervello“. In questo spot, una donna, senza rendersene conto, ordinava il suo pranzo a una bibliotecaria, scambiandola per l’impiegata di un fast food.

Che dire…almeno l’esperta bibliotecaria rappresentava le donne sveglie del mondo!

La rappresentazione della donna nelle pubblicità dal 2010

John Lewis (2010)

Nel 2010, la catena di grandi magazzini John Lewis ha celebrato le donne con uno spot emozionante e potente, che ricordava alle persone a casa che le donne sono il collante di tutti gli aspetti della vita.

Nike (2017)

Alla fine del decennio, i pubblicitari si sono resi conto quanto fosse vantaggioso (sia per loro che per il loro pubblico) spingere la convinzione che le donne fossero capaci di tutto.

Improvvisamente, le donne forti e resistenti erano di moda e nessuno (nemmeno gli uomini) si lamentava.

Alcuni dei migliori esempi di pubblicità che conferiscono potere alle donne ci arrivano da Nike, come “This Is Us” del 2017.

Dal 2020 in poi

Dior (2021)

100 anni dopo la pubblicità stampata di Hoover, Dior pubblica uno spot con Natalie Portman in cui l’uomo è un semplice accessorio nella sua vita.

Come sono cambiate le carte in tavola.

Squarespace (2022)

Per il Super Bowl 2022, l’azienda newyorkese di siti web Squarespace ha reclutato Zendaya per il suo spot che ruota attorno a una donna d’affari di successo.

Squarespace utilizza questo esempio di giovane imprenditrice per ispirare le giovani donne ad avviare le proprie attività.

 

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lead generation

Come creare una Lead Generation efficace e far crescere il business

La lead generation gode di un ruolo di primo piano per il successo delle attività aziendali. Un sondaggio di Gartner, svolto su un campione di 750 dirigenti d’impresa nel Regno Unito, ha dimostrato che il 58% dei responsabili considerano la lead generation lo strumento chiave per la crescita.

L’espressione inglese lead generation sta ad indicare tutte quelle azioni di marketing messe in atto per acquisire i nominativi di nuovi contatti, potenzialmente interessati ai prodotti/servizi dell’azienda.

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L’obiettivo è di convertirli in clienti, attraverso un processo di funnel (ad imbuto).

Rispetto ad altre tecniche di marketing, non è l’azienda che va alla ricerca del cliente ma è il cliente che, lasciando i propri dati, diventa raggiungibile per l’azienda. E se un utente decide di lasciare il proprio nominativo significa che, in qualche modo, ha già mostrato fiducia, che potrebbe tradursi in un acquisto in futuro.

lead generation: identificare i contatti

Nikolas Kairinos, CEO e cofondatore di Prospex.ai, ha dichiarato: “La lead generation è la linfa vitale di un’azienda, quindi è una preoccupazione vedere così tante aziende in difficoltà in questo settore. La nostra ricerca mostra che c’è un’eccessiva dipendenza dai vecchi metodi di lead generation, che potrebbero essere stati la norma decenni fa, ma sono inadeguati nel mondo digitale di oggi“.

Le aziende – continua – devono adattarsi per garantire che rimangano competitive e aumentare il numero di lead che alla fine si convertono in vendite. Fortunatamente, esistono una serie di soluzioni tecnologiche accessibili per cambiare il modo in cui le aziende sono in grado di gestire campagne di vendita e marketing, dai big data e la profilazione dei social media fino all’intelligenza artificiale e all’apprendimento automatico“.

Gli strumenti della generation lead

Possedere un sito web non assicura automaticamente del traffico di utenti realmente interessati. Ecco perché è necessario fornirsi degli strumenti giusti che attirino i prospect verso il proprio brand. Si tratta di vari strumenti che consentono di automatizzare il lavoro raccogliendo i dati del contatto (nome, indirizzo email), per seguire il lead e convertirlo in cliente pagante:

  • Generazione di lead on-page, anche se dalla propria pagina web è difficile generare lead, si può comunque considerare un buon punto di partenza. Se c’è un visitatore sul tuo sito vuol dire che è già interessato ai prodotti, va quindi “colpito” in quel preciso momento, spingendolo a lasciare i propri dati attraverso un form di contatto da compilare
  • E-mail marketing, spesso, con errore, si tende a pensare che l’email sia morta, ma non è così. Nel 2022 sono state inviate 126,7 trilioni di email, l’abbonato medio riceve una media di 13 email al giorno, e il 61% dei consumatori sostiene di avere preferenza nell’essere contattato tramite email. Anche tra i giovanissimi risulta essere uno strumento apprezzato, più dei 3/4 degli adolescenti dichiara di utilizzarle
  • Modulo web, inserire una scheda da compilare con i propri dati all’interno delle pagine web molto trafficate, può aggirare il problema nel caso in cui il proprio sito web generi pochi contatti
  • Squeeze Page, sono definite pagine di destinazione, non finalizzate ad una vendita diretta ma a convertire i visitatori anonimi in una lista di contatti identificati. Possono essere dei pop up, (finestre con testo e grafica che appaiono mentre si naviga), oppure url, (pagine esterne in cui l’utente arriva dopo aver cliccato un link), o ancora, exit intent, (pagine che appaiono quando stai per uscire da un sito)
  • Lead magnet, l’utente deve essere incentivato a fornire i dati personali, per questo è utile offrire un piccolo regalo gratuitamente, definito “calamita”: ebook da scaricare, video tutorial, corsi online, podcast, white paper, buoni sconto, o la versione prova di un servizio
  • Live chat/chat box, forniscono un aiuto in tempo reale, permettendo di guadagnare fiducia rapidamente, risulta molto apprezzato dalla clientela in ambito professionale
  • Call to action, si tratta di quegli elementi che spingono l’utente a compiere un’azione, come ad esempio, “iscriviti alla newsletter”. Frasi di questo tipo vanno poste preferibilmente nella parte alta della pagina web e realizzate con colori a contrasto, in modo da colpire immediatamente il navigatore
  • Blog, ha il vantaggio di raccogliere dei lead profilati, cioè un target del quale già conosciamo gli interessi, considerando che sta seguendo il blog. Il segreto è postare con continuità
  • SEO, attraverso un’ottimizzazione del sito web e la produzione dei contenuti in ottica SEO, si può incrementare il traffico organico del sito web, che rimane uno dei modi migliori per generare lead
  • Backlink, link posizionati su terzi siti affidabili e apprezzati dagli utenti, che riportino alla home del proprio sito web

Le strategie di successo di una generation lead

Le buone tattiche di lead generation fanno parte di un processo costruito ad hoc, come un abito su misura.

lead generatio: trasformare i contatti in clienti paganti

Le strategie di marketing da seguire, e unire allo strumento giusto, sono infatti diverse:

  • Content marketing, la creazione e condivisione di contenuti è il modo migliore per aumentare il traffico web e acquisire i dati dei clienti. Non esistono contenuti più performanti di altri, esistono buoni contenuti lavorati in ottica SEO
  • Social media marketing, permette di lavorare con un approccio più targettizzato, e di essere sempre sul pezzo. Un esperto, infatti, è in grado di operare sulla FOMO (fear of missing out), la paura di perdere notizie, che dilaga tra le aziende. Il social media manager intercetta gli argomenti più scottanti con continuità, attirando i prospect
  • Campagne SEM (search engine marketing), finalizzate ad acquisire posizioni più alte in cima alle query di ricerca
  • Campagne display advertising, banner, pop-up e bottoni che permettono di promuovere un prodotto generando lead
  • Remarketing, distingue gli utenti in base alle ricerche passate, sfruttando i cookie
  • Marketing virale, il cosìdetto “passaparola” online, estremamente efficace, che genera lead senza costi

LEGGI ANCHE: Content Marketing: strategie e tendenze per il 2023

I principali software per generare lead

Nel caso di generation lead on page e con email marketing, tra i vari software consigliati troviamo OptinMonster, che permette di diminuire l’abbandono del carrello con la tecnologia Exit Intent, realizzando promozioni ed offerte mirate, e migliorando la mailing list; TrustPulse, che consente l’aggiunta di notifiche delle attività svolte da persone reali sul tuo sito, come la visualizzazione dei prodotti, rappresenta la prova della fiducia che l’azienda sta costruendo.

i softaware aiutano nella lead generation

Se non abbiamo una mailing list e abbiamo bisogno di andare a “caccia” di contatti, possiamo ricorrere ad Hunter  o Aeroleads.

Comunicare è un’ottima strategia nella generazione di lead, ad esempio, nello sviluppo di chat sono da citare Drift e Intercom, per connettersi con i prospect in tempo reale.

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Sonic Science 2.0, ottimizzare l’audio adv con Spotify: intervista ad Alberto Mazzieri

Le tecnologie si fanno sempre più intelligenti e vicine ad ogni singolo utente. Un aiuto per gli inserzionisti alla ricerca di nuove modalità per rendere ancora più efficienti le campagne di advertising arriva dalle nuove tecnologie di Spotify.

Nella ricerca effettuata da Spotify lo scorso anno, e che ha visto la collaborazione con Neuro Insight, una società di Neuroscienze degli Stati Uniti nell’esplorazione gli effetti del suono sulle persone, si è evidenziato come l’effetto dell’esposizione ai contenuti audio possa realmente agire sul cervello e influenzare il comportamento degli individui.

LEGGI ANCHE: La fotografia di Millennial e Gen Z secondo Spotify: differenze e sovrapposizioni

Come i contenuti audio digitali aumentano l’engagement dei brand

A parlarci delle adv su Spotify c’è Alberto Mazzieri, Head of Sales Southern Europe di Spotify che ci ha raccontato di come le aziende siano estremamente interessate a sfruttare la piattaforma per condurre al meglio i propri obiettivi di comunicazione ed aumentare la propria audience.

Alberto mazzieri spotify

Nella ricerca di quest’anno,Sonic Science 2.0, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Biometrica MindProber, si è invece indagato sull’impatto durante la giornata dell’audio digitale sul fisico e sul comportamento delle persone e di come questo comportamento possa fornire degli insights interessanti da elaborare per raggiungere in modo più efficace il pubblico.

Lo studio ha coinvolto un campione di diverse centinaia di persone distribuite tra US e UK e che sono state esposte nell’arco di 40 giorni a più di 15.000 sessioni audio per un totale di più di 22.000 ore di ascolto.

Grazie a dei sensori indossati nell’arco della giornata e durante ogni attività, è stato possibile analizzare dei dati ricavati dall’attivazione elettrodermica, ovvero alle reazioni della pelle sollecitata da un determinato tipo di stimolo.

Un ulteriore step della ricerca consisteva nell’acquisizione di dati pre e post esperimento per indagare come la percezione dell’esposizione a contenuti audio potesse generare cambiamenti sulla giornata, anche in termini qualitativi.

Il Mood Boost dei contenuti audio su Spotify

“Capire come il ruolo dei contenuti audio, non solo musicali, possano interagire ed influenzare i diversi stati psicologici è utile per avere degli insight interessanti. È interessante per i brand apprendere che l’ascolto di audio sia realmente parte della routine quotidiana e che genera un miglioramento dello stato d’animo e delle emozioni, a prescindere che si parta da uno stato positivo o meno e a prescindere dall’attività che si sta svolgendo. Il che si traduce, per i brand, avere un engagement più alto, con la possibilità di raggiungere un pubblico più connesso e interessato in un momento in cui c’è un’altissima attenzione. Un mood boost quindi, in cui Spotify riesce appieno grazie alla sua offerta non solo di musica ma anche di contenuti che sempre più stanno registrando livelli alti di attenzione e di ingaggio, come i podcast.”

Su Spotify, piattaforma leader nell’audio in streaming, oltre ad un’ampia offerta musicale ci sono moltissime categorie di contenuti podcast, basti pensare che sono presenti 5 milioni di titoli, che spaziano dalle news, al true-crime fino all’intrattenimento comedy: un tasso di immersività e di engagement che si riflette anche nella trasferenza degli annunci pubblicitari inseriti, ovvero nel livello di attenzione del pubblico al passaggio delle ads.

La personalizzazione di Sonic Science 2.0

E a questo proposito, la tecnologia di Sonic Science 2.0 fornisce una cerchia quasi infinita di informazioni utili per i brand, tali da poter personalizzare maggiormente il messaggio.

Infatti, in base al comportamento dell’utente su Spotify, della scelta musicale, di ritmo o di quantità di parole, la ricerca ha evidenziato come ad un determinato contenuto audio scelto durante le diverse attività della giornata, come a lavoro, in auto, con la famiglia o in palestra, sia associato un certo tipo di engagement e di relazione.

sonic science numeri

In questo modo il messaggio pubblicitario costruito su uno specifico momento, legato al contesto e all’ambiente risulta ragionevolmente più dinamico ed efficace rispetto a un messaggio targetizzato su quei dati “statici” come interesse, età e luogo geografico.

Come possono queste informazioni essere sfruttate al meglio per creare dell’advertising efficace su Spotify

I dati a disposizione permettono di creare ampi cluster suddivisi in base al mood e al momento, a cui veicolare le inserzioni in modo specifico e attraverso azioni strategiche: ad esempio se siamo in auto e ascoltiamo un podcast in cui l’attenzione è massima ed il flusso del racconto è costante, si creeranno dei messaggi che non distraggano troppo dal flusso e che abbiano un tono di voce coerente con ciò che si sta ascoltando.

Se invece l’attività sarà quella dell’allenamento in palestra, il messaggio che ci sarà proposto sarà coerente con il ritmo ed il mood di quel momento: presumibilmente sarà energico per non andare ad interrompere il carico adrenalinico del nostro corpo.

“L’iper-targetizzazione sebbene sia molto utile per le aziende, presenta dei limiti naturali, per alcuni casi e per alcuni brand o servizi, in cui è invece necessario raggiungere un pubblico più ampio possibile. In questo caso, bisogna essere consapevoli di non poter generare i numeri attesi o i volumi che si intende raggiungere con questo tipo di ads.  La semplice targetizzazione demografica, il lavorare con la reach e con il retargeting sugli utenti, si rivelano essere comunque azioni efficaci.”

Incuriositi dai dati di Spotify, che ricordiamo essere l’App su cui le persone passano più tempo da mobile rispetto agli altri social, abbiamo chiesto ad Alberto Mazzieri quale sia la percentuale degli utenti disponibili ad ascoltare annunci pubblicitari su questa piattaforma e quale attività quotidiana genera un mood boost superiore.

sonic science slide 01 - spotify

La risposta è chiara: si tratta di una percentuale abbastanza consistente. Il 73% degli utenti dichiara, infatti, di accettare ad essere esposti ai messaggi pubblicitari.

Un pubblico consapevole che le informazioni utilizzate da Spotify possano fornire forme di advertising rilevanti e congruenti, con un tone of voice costruito sulla base delle personali esperienze di ascolto.

“Inoltre, da parte nostra, il condurre regolarmente delle analisi ci porta a scoprire quale sia il feedback degli utenti sulla user experience e come migliorarla, fornendo un’esperienza soddisfacente e che li spinga a rimanere molto tempo sulla piattaforma. Un’ulteriore opportunità che fa gola ai brand proprio perché l’audio digitale, a differenza del video, può essere usufruibile anche indistintamente dallo schermo. “

Per quanto riguarda l’attività più “penetrante” in termini di mood positivo e di attenzione, sempre secondo la ricerca di Sonic Science 2.0, è senza dubbio l’attività fisica. Un momento ormai della quotidianità della maggior parte di noi in cui la presenza della musica è una costante e che registra un livello di engagement superiore del 19%.

Campagne pubblicitarie audio: una media strategy ottimale per le aziende

Dalla ricerca di Sonic Scienze 2.0 si evince anche quanto i dati delle campagne pubblicitarie siano positivi e coerenti su Spotify, in termini di ricordo, memorabilità e trasferimento dell’engagement, aumentando dunque le possibilità di conversione anche attraverso una singola campagna pubblicitaria.

L’immersività dei contenuti audio nel contesto e durante la giornata dimostra difatti che il 93% degli utenti rimane attento durante il passaggio da contenuti editoriali (musica o podcast) a quelli advertising e il 60% conserva un saldo ricordo dei brand e dei tipi di messaggi ascoltati.

sonic science statistica spotify

Di certo, questi sono risultati molto positivi in termini di engagement legato al livello di attività di attenzione, soprattutto se paragonati alle stesse campagne veicolate su altri mezzi. A conferma di come l’audio svolga un ruolo importante in una media strategy articolata.

“In definitiva, pensare di aumentare le prospettive dei brand attraverso Spotify può rivelarsi una mossa ottimale: le metriche di engagement audio sono superiori rispetto a qualsiasi altro social: coinvolgono la fedeltà degli utenti, non solo come tempo di permanenza sulla piattaforma ma anche di ritorno quotidiano, di brand awareness, di consideration del brand e del funnel di conversione. Senza contare che produrre audio è infinitamente più economico che produrre video, per cui c’è la possibilità veramente di declinare tanti soggetti e personalizzare la comunicazione.”

Il momento d’oro dei Podcast

Una grande opportunità che comporta un uso mirato e specifico della piattaforma, con contenuti che calzino perfettamente con essa: il consiglio che Alberto Mazzieri dà alle aziende è quello di fare attenzione alla tipologia di messaggio da veicolare. Utilizzare un formato radio come formato audio su Spotify sarebbe sconsigliato perché andrebbe a creare un’interruzione del flusso di ascolto, non coerente con il momento ed il contesto, generando così una perdita di attenzione dell’utente.

Così come pensare di veicolare uno spot tv su Instagram o Tik Tok: una perfetta strategia comporta una creazione ad hoc del messaggio rispetto ai diversi canali da sfruttare.

Alberto Mazzieri conclude la nostra intervista confermando i dati della ricerca che evidenziano come l’audio digitale sia un compagno quotidiano a prescindere dal tipo di attività svolta o del mood e di come nessun’ altra attività media ci influenzi in modo tanto pervasivo. Questo si riflette su un livello alto e continuo di engagement, che porta ad un ricordo maggiore dei brand e di conseguenza un’efficacia maggiore dei messaggi pubblicitari. L’audio digitale può contribuire in modo consistente al raggiungimento degli obiettivi di una comunicazione multipiattaforma e multicanale.

Un accento importante va posto sui podcast diventati ormai mainstream: secondo l’ultima analisi Ipsos il numero di italiani che ascolta questi contenuti è di circa 11 milioni.

“Quello dei podcast è un mercato su cui stiamo investendo e che contribuisce all’evoluzione dello stesso Spotify. Il nostro obiettivo è portare sia in ambito di misurazione e tracciamento delle campagne pubblicitarie all’interno dei podcast, la stessa qualità dell’ambito digitale. Abbiamo una tecnologia chiamata Streaming Ad Insertion, in grado di pianificare all’interno dei podcast in modo più accurato, con delle metriche di reach più precise rispetto alla tecnologia standard del mercato.”

Ed anche il pubblico esposto ai messaggi pubblicitari è in continua espansione, dal momento che le inserzioni inserite nei podcast, a differenza dei contenuti musicali, raggiungono sia gli utenti free che quelli premium.

Spotify può dunque aiutare gli inserzionisti a raggiungere i loro obiettivi di marketing, vista l’importante quantità e qualità di dati ed insight a disposizione al fine di conoscere davvero al meglio l’audience, e in particolare, la Gen Z che è il gruppo di utenti con maggiore aderenza alla piattaforma.

È fondamentale dunque fornire ai brand gli insight sul loro pubblico, sui comportamenti, sulle scelte, sui trend che seguono per poter costruire un messaggio accurato che garantisca una sferzata positiva sulla sua efficacia.

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I Trend 2023 per i Marketer, la ricerca di Spotify, l’arrivo di Bluesky e le altre news della settimana

È stata la settimana del secondo Wrap Up Ninja e abbiamo avuto modo di analizzare le notizie e i trend di questo 2023 grazie a top player del digital come Spotify e Salesforce (se te lo sei perso, tranquillo, puoi recuperarlo a questo indirizzo).

Per la nostra community questi appuntamenti mensili sono importantissimi, perché ci permettono di rimanere al passo con i cambiamenti velocissimi che riguardano il Marketing e il Digital (proprio per questo sta per partire il nostro corso dedicato all’intelligenza artificiale).

Infatti, tra le notizie importanti di questa settimana c’è l’annuncio della “versione di Meta” di ChatGPT (trovi molte info su questa AI qui e qui), che dopo l’arrivo del chatbot di Google, Microsoft ha inserito anche su Skype. Poi, l’arrivo di Bluesky, l’alternativa decentralizzata a Twitter (la firma di Jack Dorsey fa ben sperare) e la conferma che Facebook è ancora un importante punto di riferimento per le PMI italiane.

Sarà pure da boomer, ma i numeri (e i bilanci) non mentono. Mai.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

Ninja Wrap Up #2: i trend per i Marketer nel 2023

Il secondo appuntamento del Ninja Wrap Up, l’evento mensile con un condensato delle notizie più “scottanti” del mese che devi assolutamente conoscere, è stato dedicato ai Digital Trend e Tool che segneranno il 2023 dei Marketer.

notizie della settimana state of marketing slide

Due ore e mezza in diretta con Mattia Leopizzi, Manager, Solution Engineering, Salesforce; Massimo Nava, Creative Director, Artlandis Webinar; Alberto Mazzieri, Head of Sales, Spotify Southern Europe. Puoi guardarlo qui.

Arriva “Bluesky”, l’alternativa a Twitter

La piattaforma social decentralizzata fondata dall’ex capo di Twitter Jack Dorsey, sta per essere lanciata in beta privata con alcuni utenti selezionati. Il progetto ha l’obiettivo principale di sviluppare uno “standard aperto per i social media“.

ByteDance sta sviluppando una nuova piattaforma di apprendimento basata sull’AI

La società madre di TikTok sta iniziando a esplorare nuovi orizzonti dell’intelligenza artificiale per sviluppare GeniusJoy: una piattaforma edtech che sarà testata fuori dai confini cinesi.

Meta prepara la sua versione di ChatGPT…

Ha annunciato un nuovo linguaggio artificiale, un modello più semplice e democratico di GPT-3, progettato per aiutare i ricercatori a far avanzare il loro lavoro. “Meta si impegna in questo modello aperto di ricerca e renderemo il nostro nuovo modello disponibile alla comunità di ricerca dell’AI”, ha scritto Zuckerberg in un post su Facebook.

… e Mark Zuckerberg annuncia il nuovo team AI

L’azienda creerà un nuovo gruppo di prodotti incentrato sull’IA generativa. La mossa arriva mentre tutte le grandi aziende tecnologiche fanno a gara per pubblicizzare i loro progressi nelle tecniche di apprendimento automatico.

Il suono rafforza la memorabilità degli annunci

A dirlo è Sonic Science 2.0, il nuovo studio biometrico di Spotify. I risultati provano una correlazione tra la scelta di cosa ascoltare, gli ambienti fisici dove si trovano e le attività che stanno svolgendo.

sonic science - notizie della settimana

Il 93% del coinvolgimento cerebrale verso i contenuti ascoltati si è trasferito direttamente nell’engagement degli annunci, rendendo lo streaming audio più efficace di altri media.

Facebook è il network più importante per le PMI

Lo dice una nuova indagine di Skynova, secondo la quale Facebook rimane il connettore più critico per le PMI.

facebook skynova

Secondo i dati, i social media sono la piattaforma chiave per attirare nuovi clienti, ma il CRM svolge un ruolo fondamentale.

Il nuovo look di 7Up

7Up ha presentato il suo primo aggiornamento dopo 7 anni che include un nuovo posizionamento internazionale del marchio e un’identità visiva rinnovata.

7Up

Il restyling è stato effettuato dal team interno Design and Innovation con l’obiettivo di avvicinarsi il più possibile all’essenza di 7Up.

Durex insieme a Diesel alla Milano Fashion Week

La partnership è stata svelata durante la sfilata al Superstudio Maxi. I modelli hanno sfilato attorno a una montagna di 200 mila scatole di preservativi Durex con il logo rosso e bianco di Diesel.

Diesel

Il brand italiano di denim ha anche anticipato l’arrivo di una capsule di abbigliamento con Durex, che include magliette, jeans e cappellini in co-branding.

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re-hiring cosa è

Il fenomeno del re-hiring: perché le aziende riassumono gli over 50

Viene dagli Stati Uniti la nuova tendenza che sta rivoluzionando il mondo del lavoro. Si chiama re-hiring e vuol dire, letteralmente, “ri-assunzione”. Ma di cosa si tratta?

Cos’è il re-hiring?

Il fenomeno del re-hiring è la tendenza a riassumere in azienda gli over 50 che erano stati licenziati qualche anno fa, tendenzialmente prima del covid. La pandemia ha trasformato totalmente il mondo del lavoro. Il covid ha messo le aziende di fronte a nuove sfide, forse più complesse di quelle del passato.

LEGGI ANCHE: Great Resignation: l’identikit degli italiani che lasciano il lavoro

Partiamo da un presupposto (anzi più di uno): quando un’azienda è costretta a ridurre il proprio personale, è molto probabile che parta proprio dagli over 50, per una questione economica.

Tuttavia, il nuovo assetto organizzativo ed economico in cui le aziende si muovono oggi è sempre più difficile da gestire.

<<Domina i nuovi scenari HR, tra Great Resignation e GenZ: esplora il Corso Employer Branding>>

La tecnologia si evolve in modo ultra rapido, i mercati sono sempre più volatili, l’acquisizione di competenze è un elemento fondamentale per il buon funzionamento di un’impresa, ma talvolta i giovani non sono pronti – e come potrebbero esserlo? – a salire su un treno che corre veloce e che non può fermarsi neanche per farli salire.

cos'è il re-hiring

Ecco, dunque, che le aziende si trovano di fronte a un tale mismatch tra domanda e offerta. Sono portate, dunque, a rivalutare la generazione dei baby boomer, rinominati già longennials che, solo qualche hanno fa, erano stati etichettati dalle imprese e dalla società come incapaci di poter dare ancora valore al mondo del lavoro e, invece, oggi risultano elementi necessari e preziosissimi.

LEGGI ANCHE: Boomer, Zoomer, Millennial: che significano e perché li chiamiamo così

Possiedono molta esperienza, hanno bisogno di poca formazione e possono essere messi a capo di un progetto in corso d’opera immediatamente, conoscono la cultura aziendale e sono legati all’impresa per cui hanno lavorato per anni, sposandone mission e obiettivi.

È questo il profilo che tutte le aziende cercano? Probabilmente sì, specialmente in questi anni.

Cosa dicono i dati?

Una ricerca realizzata da due psicologhe di Harvard, Tessa Charlesworth e Mahzarin Banaji, evidenzia come gli stereotipi riguardanti età e disabilità siano più persistenti di quelli legati alla razza, all’orientamento sessuale e alla religione.

Addirittura, si prevede che, mentre il pregiudizio nei confronti degli omosessuali sarà definitivamente superato entro 20 anni, quello nei confronti delle persone anziane ne impiegherà 150. Un dato che va in contro tendenza rispetto al fenomeno del re-hiring che, tuttavia, sembra non essere ancora definitivamente approdato in Italia.

I percorsi di mentoring

Ma, quindi, in questo modo si smette di investire sui giovani?

Certo che no. I longennials, oltre ad essere definiti lavoratori “ready-to-go”, possiedono una skill fondamentale per far parte della realtà aziendale.

Hanno acquisito l’intelligenza organizzativa che è una capacità che si genera attraverso l’esperienza. Sapere come muoversi in relazione a un progetto, saper gestire un gruppo di lavoro, anche a distanza, interpretare le situazione e avere reali capacità di problem solving. 

Tutto questo rappresenta l’intelligenza organizzativa che ha un’importanza enorme all’interno del mondo del lavoro.

Allo stesso tempo, reinserire persone con esperienza e altamente qualificate porta valore all’azienda anche da un altro punto di vista: la possibilità di avviare dei veri e propri percorsi di mentoring

LEGGI ANCHE: Il mentoring in azienda è importante e ci sono delle regole da seguire

Troppo spesso questo è impossibile, sia per questioni economiche che per scarsità di personale.

In questo modo per un giovane è davvero difficile acquisire le competenze richieste dalle aziende e quindi crescere professionalmente. Se non in azienda, dove possono imparare i giovani che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro?

L’importanza della seniority

Ecco che affiancare ai giovani persone qualificate e di esperienza che possano seguirli in un percorso di crescita è fondamentale anche per non disperdere le competenze che sembrano essere imprescindibili per le aziende.

Dal canto loro, i longennials sono ben disposti ad intraprendere un’esperienza differente rispetto al passato e quindi sono sempre più disponibili ad una consulenza maieutica.

Se nessuno si stupisce che un libero professionista o un imprenditore proseguano il loro lavoro anche oltre l’età pensionabile, perché dovrebbe essere così in azienda?

Il fattore della seniority assume una grande importanza. Oggi, ad esempio, sono sempre di più i manager che intendono spendere gli ultimi anni di carriera assumendo posizioni in seconda linea.

Questo potrebbe essere vantaggioso sia per i dipendenti che per l’azienda. Bisogna solo avere il coraggio di adottare tali soluzioni.

Dunque, se negli Stati Uniti il fenomeno del re-hiring è già un treno in corsa, quando e come rivoluzionerà anche il mondo del lavoro italiano?

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Pregiudizi e bias: qual è il rischio delle AI che imparano dagli esseri umani

Dieci anni fa, nel 2013, uscì nelle sale “HER”, film diretto da Spike Jonze interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix. Il film, che si aggiudicò il premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale, parlava dell’amore tra Theodore, un uomo solitario, e Samantha, un sistema operativo, “OS 1”, basato su un’intelligenza artificiale in grado di evolvere, adattandosi alle esigenze dell’utente.

Quella nel film è un’intelligenza artificiale che impara ad amare e a provare sentimenti come farebbe una persona. Ma se le IA imparano dagli esseri umani, cosa stiamo insegnando loro? 

Intelligenza artificiale o pregiudizi umani?

L’intelligenza artificiale (IA) è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività, mettendosi in relazione con l’ambiente e cercando di risolvere problemi. 

Spesso siamo abituati a pensare che l’intelligenza artificiale sia perfetta e infallibile senza ricordarci però che non sono libere da bias che sono contenuti nei dati con cui i modelli vengono addestrati. 

Un bias è una forma di distorsione cognitiva causata dal pregiudizio e può influenzare ideologie, opinioni e comportamenti. Ecco perché i modelli delle intelligenze artificiali possono ereditare bias basati su razza, genere, religione o altre caratteristiche dai dati che vengono forniti loro. 

Amazon, quando l’algoritmo premia i candidati di genere maschile

Nel 2014 Amazon decise di utilizzare un software di recruitment per analizzare i curriculum dei candidati e automatizzare la procedura di selezione. La cosa incredibile fu che l’algoritmo penalizzò le donne, soprattutto per le posizioni inerenti a ruoli più tecnologici.  

Colpa dell’intelligenza artificiale? Certamente no. Infatti, l’errore era dovuto ai dati reali con cui il modello era stato addestrato che riportava tra i CV dei dieci anni precedenti una prevalenza maschile, soprattutto nel settore tecnologico. 

In quel caso il modello ha acquisito un pattern che riconosceva, tra le caratteristiche ideali per i migliori candidati, il genere maschile. 

MidJourney, anche le immagini mostrano i pregiudizi 

A proposito di pregiudizi legati al genere, recentemente Wired e TBWA\Italia, hanno creato una campagna di denuncia proprio rispetto agli stereotipi che contaminano le intelligenze artificiali. 

L’indagine ha mostrato come, inserendo determinate parole su MidJourney, il sistema di AI capace di realizzare immagini grazie alle istruzioni fornite dagli utenti, il risultato fosse condizionato dai bias “umani”. 

Ad esempio, inserendo la parola inglese “manager”, le immagini rilasciate da MidJourney erano tutte di uomini cis gender bianchi, in giacca e cravatta. Con la ricerca “emotive”, invece, l’algoritmo mostrava donne bianche, giovani, in lacrime. 

Non solo di genere sono le discriminazioni mostrate da MidJourney. Infatti, i risultati per la parola “Lovers” hanno mostrato solo ritratti di uomini e donne dai tratti caucasici. Non c’era traccia di coppie omosessuali o di altre etnie. Stessa sorte per il prompt “Parents”: le coppie sono bianche ed eterosessuali. 

LEGGI ANCHE: Come creare prompt per immagini AI efficaci: la guida

Coded Bias, cosa succede se sei una donna di colore?

Joy Boulamwini è un’informatica del MIT Media Lab, è una donna di origini ghanesi. Ha fondato l’Algorithmic Justice League, un’associazione che si occupa di controllare le ingiustizie dell’intelligenza artificiale. A lei si deve lo studio dei pregiudizi del facial recognition del 2018, secondo cui gli algoritmi hanno imparato dalla nostra società patriarcale e razzista. 

La ricercatrice ghanese è la protagonista del documentario “Coded Bias”, diretto da Shalini Kantayya e disponibile su Netflix. 

Il docufilm ha inizio dal racconto dell’episodio che ha coinvolto e spinto Joy Boulamwini a studiare gli errori dell’IA.

L’algoritmo non la riconosceva, come se il suo viso di donna di colore fosse invisibile per lo strumento. Indossando una maschera bianca, nonostante fosse del tutto anonima per via dell’assenza della sua fisionomia, veniva isolata dal sistema di riconoscimento. 

Ancora una volta l’intelligenza artificiale ha appreso una storia di razzismo e sessismo che fanno parte dei bias della nostra società. 

LEGGI ANCHE: 7 cose da sapere su ChatGPT prima di utilizzarlo per i contenuti e per la SEO

Cosa possiamo fare per combattere i pregiudizi dell’intelligenza artificiale?

Ninareh Mehrabi, nel suo paper “A Survey on Bias and Fairness in Machine Learning”, ha esposto come una prima difficoltà sia la mancanza di una definizione esaustiva e universale di correttezza, poiché le definizioni possono variare a seconda dei diversi contesti politici e sociali. 

Non è un caso che la stessa ChatGPT, interrogata su eventuali pericoli sul suo uso, dichiari come secondo punto i bias e i pregiudizi impliciti. 

Da tempo il tema dell’etica dell’intelligenza artificiale è al centro di un dibattito sociale che riguarda non soltanto i grandi player del mercato ma soprattutto i legislatori che devono garantire tutele in materia. 

Una cosa è certa, le intelligenze artificiali imparano da noi, ma noi ancora non abbiamo imparato a vivere in un mondo privo di pregiudizi, di stereotipi e di disuguaglianze. Risolvere i bias dell’algoritmo è facile, molto più difficile risolvere quelli delle persone. 

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Metaverso: scopri le metapersonas Made in Italy

Continuano senza sosta i nostri appuntamenti con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

L’argomento di questa puntata è dedicato alle Metapersonas Made in Italy, scopriremo le opinioni degli italiani sul metaverso e le sue tecnologie abilitanti e capiremo come il metaverso trasformerà il modo in cui le aziende si connettono con i loro clienti.

A parlarne con noi Vincenzo Cosenza, Consulente di marketing e innovazione.

Non perderti i punti salienti del webinar:

  • Le opportunità per i Marketer
  • Il mercato italiano del Metaverso
  • Le metapersonas Made in Italy