Il secondo appuntamento del Ninja Wrap Up – l’evento mensile con un condensato delle notizie più “scottanti” del mese che per essere un Ninja del Digital devi assolutamente conoscere – è dedicato ai Digital Trend e Tool che segneranno il 2023 dei Marketer.
Questi alcuni degli interventi che troverai:
?I take away dei marketer per il mese di febbraio con Fabio Casciabanca, Managing Editor Ninja Marketing
? Salesforce presenta lo State of Marketing 2023 con Mattia Leopizzi, PreSales Leader, Salesforce
?AI Marketing: le piattaforme che non puoi non testare se sei un… con Massimo Nava, Creative Director, Artlandis Webinar
?Sonic Science 2.0: l’audio per migliorare la vita quotidiana – un’opportunità per gli inserzionisti con Alberto Mazzieri, Head of Sales, Spotify Southern Europe
?I take away della giornata con Marian Pascariu, Instructional Designer Ninja Academy
Nokia dopo 60 anni decide di proporre un rebranding del suo iconico logo. Una volontà che rispecchia un cambio del posizionamento del brand.
Nokia Connecting People
Conosciuto da tutti grazie ai suoi telefoni cellulari indistruttibili come il 3310, a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 Nokia è stato un marchio davvero iconico e popolare, dal design inconfondibile, dalle diverse personalizzazioni e dai ring tones ancora nelle nostre memorie.
Strumento innovativo per l’epoca, in cui già l’animazione dell’incontro di due mani alla sua accensione dava l’impressione di entrare nel futuro della tecnologia. Precursore dei giochi da telefono come l’indimenticabile Snake, protagonista di sfide interminabili tra amici.
Ma poi cosa è successo?
Nel boom del suo successo, il 1998, il fatturato delle vendite di Nokia ammontava a 20 miliardi di dollari con un profitto di 2,6 miliardi: il brand finlandese presidiava il 30% del mercato della telefonia mobile.
Dal 2010 però tutto cambia: Symbian, il sistema operativo creato internamente, viene presto superato in termini di prestazione e tecnologia dai concorrenti Android e iOS.
Nokia preferisce investire ancora nel suo sistema invece che seguire le crescenti esigenze e le richieste in evoluzione di questo nuovo mercato. Nonostante gli sforzi, gli investimenti ed i cambiamenti attuati, Nokia non è riuscito a mantenere il passo con suoi competitor, tanto da finire negli anni nella friendzone dei telefoni cellulari.
Il rebranding, input di un vero cambiamento?
Dopo molti anni, Nokia intende dare una nuova percezione di sé. Non più azienda di telefonia mobile B2C ma azienda tecnologia e di innovazioneB2B. E lo fa comunicando una nuova immagine del logo che riflette le peculiarità della sua nuova mission. Un nuovo marchio incentrato sulle reti e sulla digitalizzazione industriale che poco ha a che fare con Nokia dei nostri ricordi.
La vecchia caratterizzazione del logo è sostituita da un insieme di lettere ispirate alle forme e alla geometria. Sebbene le lettere N K e A siano state tagliate per dare un assetto pulito e più futuristico, nell’insieme non è difficile riconoscere il logo Nokia.
Presentato su sfondi colorati, sfumati e luminosi che richiamano l’energia, il rebranding attuato da Nokia, in collaborazione con la società di consulenza di designLippincott, è accompagnato da una serie di immagini che rimandano alla tecnologia, alla trasformazione digitale e al potere che la sinergia umana genera nel mondo.
Credits: Nokia & Lippincott
Tanto che il precedente payoff Connecting People non si distacca totalmente dal nuovo concept ma si evolve seguendo un panorama più contemporaneo: “Creiamo tecnologia che aiuta il mondo ad agire insieme” come afferma Pekka Lundmark, CEO di Nokia.
Credit: Nokia & Lippincott
I punti di debolezza
Nonostante il rebranding Nokia sia incentrato sulla contemporaneità e sulla digitalizzazione, la realizzazione non è piaciuta proprio a tutti.
La scarsa leggibilità e l’astrattismo concettuale tirato al limite hanno incontrato diverse critiche, tra cui l’associazione ad un altro rebranding non molto apprezzato, quello Kia.
C’è da dire che la decisione di inserire colori pastello e gradienti sono al momento delle scelte quasi obbligate per le aziende B2B che intendano parlare al pubblico in modo contemporaneo non distaccato.
Quello che non dovremo aspettarci di sicuro è che questo rebranding possa aiutare Nokia a tornare in auge come una volta perché con il suo nuovo posizionamento sembra aver definitivamente chiuso nel cassetto i suoi memorabili cellulari, come malinconicamente abbiamo fatto anche noi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/rebranding-Nokia-ninja-marketing.jpg6731414Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2023-03-02 12:30:012023-03-03 11:59:11Il rebranding di Nokia che non ci farà tornare negli anni '90
L’epoca contemporanea è definita era della conoscenza, nella quale l’idea detiene una posizione di potere. Ma avere delle idee senza riuscire a comunicare agli altri la loro potenzialità è pressoché inutile.
Pensiamo al filosofo Cartesio che, partendo proprio dall’analisi del contenuto del pensiero, dalle “idee”, è riuscito a motivare le personali prove circa l’esistenza di Dio.
Non è importante solo quello che si dice, ma anche come lo si dice: la comunicazione non è più solo una soft skill, ma una delle capacità necessarie per il mondo del lavoro.
“Non puoi investire troppo nelle capacità di comunicazione (abilità scritte e orali), se non puoi semplificare un messaggio e comunicarlo in modo convincente. Credimi, non puoi convincere le masse”, ha sottolineato Indra Nooyi, ex CEO Pepsi e membro del Consiglio di amministrazione di Amazon.
È impossibile essere un leader senza essere un buon comunicatore.
“[…] comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L’attività e l’inattività, le parole o il silenzio, hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri, e quest’ultimi, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro”, spiegava nel primo assioma della comunicazione, Paul Watzlawick, padre della comunicazione moderna.
Comunicare è un’arte che i leader del presente cercano di affinare per essere dei vincenti: nel 2004, Jeff Bezos (fondatore del colosso Amazon), bandì dalle riunioni aziendali il classico Power point, a favore della scrittura.
Le slide dovevano, infatti, essere sostituite da “memo strutturati narrativamente”, con titoli e frasi complete (verbo, predicato, complemento). Lo sforzo richiesto aveva la motivazione di spingere i dipendenti ad accantonare il linguaggio schematico che, complici le nuove tecnologie, sempre più ci appartiene.
Comunicare è però anche sinonimo di ascolto: il 36% dei dipendenti intervistati da People Element, lamentano malcontento per il fatto di lavorare con una leadership sorda, poco propensa all’ascolto attivo. “La leadership non è dire agli altri cosa fare” aggiunge su Forbes, Glenn Llopis, esperto di strategie di leadership, “ma piuttosto sfruttare al meglio il pieno potenziale delle persone con un coinvolgimento totale”.
Un articolo dell’Harvard Business Review ha elencato quelle che possono essere considerate le strategie vincenti da mettere in atto per parlare come un leader, ma soprattutto, per essere considerato tale dagli ascoltatori:
Frasi brevi per parlare di argomenti difficili:“se ti interessa essere considerato credibile e intelligente, non usar un linguaggio complesso, dove un linguaggio più semplice andrà bene” spiega l’economista Premio Nobel Daniel Kahneman. Le frasi eccessivamente lunghe sono difficili da ricordare ma, soprattutto da scrivere. La scrittura è un’attività da affinare con l’esercizio: la prima lettera scritta da Bezos nel 1997 agli azionisti di Amazon, è stata registrata come di un livello corrispondente alle capacità di terza media (secondo software come Grammarly, che valutano la qualità della scrittura generando un punteggio). Nei successivi dieci anni, l’85% delle sue lettere risultano, invece, essere state scritte con un livello proprio della nona classe del sistema scolastico americano (il corrispondente del triennio dei licei italiani). Usare parole semplici non vuol dire sminuire il contenuto, al contrario, significa essere astuti.
Metafore che restano “appiccicate” nella mente: la metafora è un potente strumento per avvicinare dei concetti astratti a dei concetti familiari. Rappresentano delle scorciatoie per rafforzare i concetti chiave e comunicare frasi complesse in modo accattivante.
Umanizzare i dati per creare valore: per ridurre il carico cognitivo e rendere più interessante il contenuto bisogna renderlo “umano”, cioè persuasivo e accattivante. Quando si ha a che fare con dati, numeri e statistiche, si richiede un particolare sforzo, da parte dell’interlocutore, per memorizzarli. Per parafrasare le parole dell’astrofisico Neil Degrasse Tyson, “occorre inserire il concetto in un terreno familiare”, ossia saper tradurre i dati scientifici in un linguaggio comprensibile. Lo stesso Tyson, in occasione del lancio della sonda spaziale Cassini, giustificò l’ingente spesa economica (rendendola in tal modo comprensibile ai più), sostenendo che la cifra sarebbe stata inferiore a quella spesa in totale dagli americani per l’acquisto del balsamo labbra in un anno.
Comunicare per allineare il team: “la trasformazione è impossibile” ha specificato John Kotter, professore dell’Harvard Business School, a meno che centinaia o migliaia di persone non siano disposte ad aiutare spesso al punto da fare sacrifici a breve termine”. I leader ripetono continuamente i concetti, fino a crearne un mantra, che sappia far convergere intorno ad uno scopo comune l’intero team.
I 10 segreti per diventare un leader della comunicazione
Mike Wyatt, inserito da Thinkers50 tra i principali esperti di leadership mondiale, ha consigliato 10 segreti per una buona comunicazione da boss:
Non parlare in modo tagliente, le persone non si aprono con chi non si fidano, e la fiducia va conquista, con delle parole che stimolano calore e conducano ad ascoltare.
Personalizza la comunicazione, quando si parla si deve pensare a creare un dialogo e non un monologo, il vero leader cerca di sviluppare una relazione significativa.
Sii specifico, occorre comunicare con chiarezza, in modo semplice e conciso, per non confondere l’interlocutore.
Concentrati sui leave-behind e non sul take-away, ossia, dare importanza alla distribuzione dei contenuti e non alla ricezioni, attraverso la proposta di idee, ispirando all’azione.
Mantieni la mente aperta, il vero leader si confronta con chi ha un’opinione diversa dalla propria, con l’obiettivo di capire e non di fargli cambiare idea.
Ascolto attivo, è importante capire qual è il momento di parlare e quello in cui stare zitto.
Sostituisci l’ego con l’empatia, i comunicatori empatici appaiono maggiormente autentici e trasparenti.
Leggi tra le righe, tenere gli occhi aperti e le orecchie pronte a recepire, ascoltando e osservando i grandi leader da cui carpire segreti.
Avere una conoscenza su ciò di cui si parla, sviluppare una padronanza degli argomenti prima di parlarne è fondamentale, il leader deve avere cognizione di ciò che esprime.
Parla ai gruppi come fossero individui, personalizza il messaggio come se ti rivolgessi ad un singolo.
Il Golden Circle
In un TED Talk del 2009, il motivatore e consulente aziendale Simon Sinek, ha mostrato la strategia comunicativa del Golden Circle, adottata da politici e dirigenti aziendali.
“Le persone non comprano ciò che fai, ma come lo fai”, perché per comunicare con successo è necessario aumentare il coinvolgimento emotivo. L’idea di fondo di Sinek è che, una serie di azioni, se perseguite con amore, porteranno alla costruzione di una leadership forte.
Lo scopo della comunicazione non è vendere un prodotto (what), ma un ideale (why), per questo prima di comunicare occorre avere le idee chiare e consapevolezza delle proprie motivazioni. È sufficiente porsi delle semplici domande nel giusto ordine: perché, come, cosa, proprio come ritiene abbiano fatto grandi leader del passato, ad esempio, i fratelli Wright, Martin Luther King e Steve Jobs.
L’idea di Sinek viene rappresentata dal modello d’oro dei tre cerchi concentrici, da lui descritti:
WHY esprimere le motivazioni e dove si vuole arrivare, ossia la vision e la mission
HOW spiegare come viene esplicata la proposta di valore
WHAT descrivere il servizio che si intende offrire al destinatario
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/come-comunicano-i-grandi-leader.jpg6591001Ilenia Vallerianihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIlenia Valleriani2023-03-02 10:14:182023-03-02 10:57:05Come comunicano i grandi leader (e 10 consigli per farlo come loro)
Nuova brand identity per SACE. Il gruppo assicurativo-finanziario, specializzato nel sostegno alla competitività delle imprese italiane, ha lanciato oggi un’identità visiva profondamente rinnovata e attualizzata.
Il logo prima e dopo
Il nuovo look, più moderno e inclusivo, rappresenta la nuova mission del Gruppo, che abbraccia il sostegno a tutte le imprese italiane – da nord a sud, dai champion di filiera alle PMI – sul mercato domestico oltre che all’estero.
“Agire insieme per creare soluzioni agili per le esigenze di evoluzione delle imprese italiane attraverso un network di relazioni, conoscenze e servizi finanziari” questo è il disegno di SACE che, con la nuova governance del Ministero dell’Economia e delle Finanze, si concretizza nel Piano Industriale INSIEME2025.
Il neo progetto INSIEME2025 posiziona l’ente come partner delle imprese italiane, in particolare le PMI, attraverso un approccio incentrato sull’ascolto delle loro esigenze.
Sostenibilità, trasformazione tecnologica, customer & people centricity: “Oggi scriviamo una tappa importante del percorso di evoluzione del nostro Gruppo e di rinnovamento della nostra identità aziendale” ha dichiarato Alessandra Ricci, Amministratore Delegato di SACE.
“Una nuova brand identity – continua – che esprime l’impegno, il coraggio e i valori condivisi da tutte le persone del Gruppo SACE e vuole diventare un punto di riferimento per tutti gli stakeholder con i quali vogliamo crescere insieme“.
Al centro del nuovo sistema valoriale disegnato dalle persone del Gruppo SACE: coraggio, attenzione alle persone, trasparenza e spirito di squadra.
“Un rebranding non è mai un intervento estetico fine a se stesso, ma il segnale di un percorso di cambiamento, la volontà di presentarsi in una nuova dimensione e l’impegno a realizzare quanto promesso. Inizia oggi un nuovo modo di raccontarci, disintermediato e diretto, che parte dall’ascolto e mette al centro le persone e i risultati concreti raggiunti dalle imprese insieme a noi di SACE” ha aggiunto Rodolfo Belcastro, Chief Communication Officer di SACE.
Il carattere del nuovo logo è disegnato ad hoc ed è molto essenziale per esprimere trasparenza; la ricerca di forme curve richiama la circolarità della sostenibilità e il calore delle persone.
Per il progetto di rebranding il team di SACE si è avvalso della collaborazione ed esperienza di Angelini Design.
L’agenzia indipendente di brand strategy e design, con sedi a Roma, Torino Parigi e Shanghai, ha lavorato al concetto di people centricity, ora espresso nel simbolo grafico attraverso l’unione di due forme curvilinee che si abbracciano dando vita alla “S” di SACE.
La scelta cromatica evoca la sfera valoriale del mondo SACE:
Il purple blue della scritta è la combinazione tra la passione del rosso, che appartiene alla storia di SACE, e l’istituzionalità e affidabilità del blu.
Lo sky blue scelto per l’icona grafica evoca l’azzurro Italia e conferisce un’accezione tech, digital, moderna.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/nuova-brand-identity-sace-3.jpg533800Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2023-02-28 12:00:512023-02-28 10:19:12La nuova brand identity di SACE per crescere insieme alle imprese italiane
Bing Chat, il chatbot AI alimentato da ChatGPT, è uno dei prodotti più interessanti di Microsoft e lo sviluppatore di Windows non perde tempo e incorpora l’intelligenza artificiale in altri suoi prodotti, tra cui tre delle sue app mobili: Skype, Bing mobile ed Edge.
Microsoft ha annunciato la novità in un post sul blog. Il browser Edge e l’app Bing sono le scelte più ovvie per l’aggiunta della ricerca potenziata dall’intelligenza artificiale e gli utenti con accesso anticipato inizieranno presto a vedere Bing Chat in queste app.
È un po’ una sorpresa che Microsoft stia portando questa funzione AI anche su Skype. L’azienda ha sottolineato che oltre 36 milioni di persone utilizzano Skype ogni giorno per telefonare e chattare.
E questo numero potrebbe crescere in modo significativo con l’aggiunta di Bing Chat come copilota.
Le domande che sorgono durante una chat di Skype possono trovare una risposta rapida con l’aiuto di Bing Chat, senza interrompere il flusso della conversazione per aprire la pagina di un browser web.
Bing Chat è apparso per la prima volta in anteprima limitata alla waitlist il 7 febbraio 2023. Microsoft si sta muovendo rapidamente, ma ci vorrà del tempo prima che sia disponibile per tutti.
L’introduzione lenta è una mossa saggia perché l’intelligenza artificiale ha mostrato un comportamento irregolare nei primi test e molti utenti hanno condiviso screenshot e conversazioni non propriamente incoraggianti.
Da Google era già arrivata giorni la risposta a ChatGPT con Bard che, a differenza del prodotto di OpenAI, è ancora in fase di test e sarà rilasciato al grande pubblico nelle prossime settimane.
Google Bard verrà integrato nel motore di ricerca per contrastare le intenzioni di Microsoft di integrare ChatGPT in Bing, e consentirà di sintetizzare query di ricerca complesse, ma non è proprio un prodotto “nuovo” realizzato da zero dai ricercatori di Mountain View; la sua importanza è legata al fatto che alle sue spalle si cela un sistema informatico chiamato LaMDA (Language Model for Dialogue Applications), di cui abbiamo parlato anche in altri articoli, che fece scalpore perché il suo ingegnere in Google, Blake Lemoine, affermò che i programmi di intelligenza artificiale stavano diventando “coscienti”.
Come migliorare il Marketing con l’Intelligenza Artificiale
Spingiti oltre i tuoi limiti con il Corso AI Marketing di Ninja Academy: porta nella tua professione digitale le potenzialità di ChatGPT e delle Intelligenze Artificiali e dai un boost alle tue strategie. Iscriviti qui.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/chatgpt-su-skype.jpg578902Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-02-28 09:53:552023-03-01 16:41:34Microsoft porta ChatGPT anche su Skype
Andiamo veloci verso un futuro senza cookie di terze parti e la fidelizzazione assume un aspetto sempre più importante, lo vediamo anche nelle notizie che abbiamo raccolto questa settimana.
Come abbiamo visto nel report di Salesforce, State of Marketing, le sfide per i marketer riguarderanno soprattutto le nuove strategie per raggiungere le persone, permettendo loro di fidarsi e “concedere” i propri dati.
In ritardo, forse, sul tema che sta monopolizzando le conversazioni, il buon vecchio Zuckerberg sposta l’attenzione tirando fuori la spunta blu verificata (a pagamento, ma il loro utilizzo rimarrà gratuito) anche per Facebook e Instagram.
Non si tratta sicuramente di una rivoluzione tanto forte quanto il cambio di nome in Meta ma, per il momento, può essere utile a non scomparire tra un’immagine generata con Midjourney e un articolo scritto da ChatGPT.
Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionalianche in formato podcast.
Secondo un sondaggio di Advertiser Perceptionse ripreso da MarketingDive, i responsabili marketing mostrano un limitato ottimismo per l’anno a venire grazie a budget in leggero aumento, ma l’inflazione sta avendo un certo impatto.
Oltre un terzo degli intervistati si concentrerà maggiormente sulla fidelizzazione dei clienti esistenti piuttosto che sull’acquisizione di nuovi.
Notizie sull’intelligenza artificiale: Bing progetta annunci pubblicitari con l’AI
Microsoft ha iniziato a discutere con le agenzie pubblicitarie su come intende guadagnare dal suo rinnovato motore di ricerca alimentato dall’AI generativa.
L’azienda, secondo Reuters, avrebbe detto che intende consentire link a pagamento all’interno delle risposte tra i risultati di ricerca.
Gli annunci pubblicitari all’interno del chatbot di Bing potrebbero anche godere di una maggiore evidenza sulla pagina rispetto agli annunci di ricerca tradizionali.
Spunta blu a pagamento anche per Meta
Ad annunciarlo è stato Mark Zuckerberg in persona che ha spiegato che “questa settimana verrà implementato il programma Meta Verified, un servizio in abbonamento che consente di verificare il proprio account, offrendo agli utenti il badge blu di verifica e l’accesso diretto all’assistenza clienti.
Microsoft porta ChatGPT anche su Skype
Dopo la presentazione del nuovissimo motore di ricerca supportato dall’intelligenza artificiale, la società di Redmond continua a spingere sulla tecnologia del momento.
Oltre a mantenere una descrizione semplice, per un risultato accurato è utile scegliere una tavolozza di colori che l’AI utilizzerà per la generazione dell’immagine. Infine, è bene avere pazienza e non demordere.
La CX è fondamentale per la creazione di valore
A dirlo è una nuova analisi di Kantar, secondo la quale un’ottima Customer Experience deve soddisfare le aspettative dei clienti attraverso i punti di contatto fisici e digitali e trasmettere i valori del marchio per favorirne la crescita.
Fino al 75% della costruzione del brand proviene da touchpoint esperienziali. L’esperienza del prodotto o del servizio e il passaparola sono i touchpoint esperienziali che figurano tra i primi cinque di maggior impatto a livello globale.
Meta introduce i Canali su Instagram
Il CEO Mark Zuckerberg ha annunciato giovedì scorso l’introduzione su Instagram dei canali broadcast, simili a quelli già presenti su Telegram. Con il nuovo formato, i creatori possono trasmettere messaggi e aggiornamenti a un ampio pubblico di follower che scelgono di seguire il canale. I follower non potranno postare nei canali, ma potranno reagire con le emoji.
La nuova identità mira a differenziare la piattaforma video in un panorama sempre più affollato.
Notizie di adv: 150 anni di Levi’s 501, le adv memorabili
Levi’s celebra i 150 anni dei suoi mitici jeans 501 e ci ricorda quanto sia uno dei brand più iconici e conosciuti in tutto il mondo.
Per festeggiare questo importante traguardo Levi’s si è affidato all’agenzia Droga5 New York che ha realizzato tre diverse campagne che raccontano storie reali legate alla storia dei 501.
Se vuoi ricevere tutte le notizie ogni giorno, senza pubblicità, con il formato audio attivabile su Alexa e l’accesso a tutti gli articoli e i webinar PRO iscriviti a Ninja PRO Information.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/griglia-immagine-di-copertina-1.jpg6001200Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-02-27 12:01:592023-02-28 09:54:38ChatGPT su Skype, la spunta blu di Meta e le altre notizie della settimana
Essere aggiornato su Trend e Tool per il 2023 è un’esigenza irrinunciabile per ogni marketer.
Il Ninja Wrap Up nasce per mettere insieme la potenza informativa e di Intelligence Ninja con la profondità dell’Alta Formazione.
Si parte infatti da un condensato delle principali notizie Digital del mese, tra quelle selezionate ogni giorno dalla Redazione dalle più autorevoli fonti internazionali, per poi commentarle con i migliori esperti del settore e renderle applicabili concretamente.
Se ti impegni costantemente per restare al passo con le novità che impattano sulla tua professione, ma vorresti andare oltre il livello superficiale della notizia e affidarti a chi ne sa qualcosa per esperienza diretta, il Ninja Wrap Up è l’appuntamento mensile di cui ha bisogno per unire tutti i punti e imparare ad applicare nelle tue attività quotidiane nuovi trend e funzionalità, tool e best practice del Digital.
Trend e Tool 2023 al secondo Ninja Wrap Up
Il secondo appuntamento è dedicato ai trend e i tool che possono semplificare le tue attività e darti un vantaggio competitivo su tutti gli altri.
Mercoledì 1 marzo a partire dalle 12:30, insieme al Ninja Team e ad alcuni tra gli esperti che stanno intercettando e decifrando per primi i cambiamenti del Digital Marketing per il 2023, li identificheremo e capiremo come ottimizzare strategie e budget.
Ecco cosa troverai nel Ninja Wrap Up #2
I take away dei marketer per il mese di febbraio con il Ninja Team
Salesforce presenta lo State of Marketing 2023 con Mattia Leopizzi, Manager, Solution Engineering, Salesforce
AI Marketing: le piattaforme che non puoi non testare se sei un…con Massimo Nava, Creative Director, Artlandis Webinar
Sonic Science 2.0: l’audio per migliorare la vita quotidiana – un’opportunità per gli inserzionisti – Con Alberto Mazzieri – Head of Sales, Spotify Southern Europe
Cosa ti porti a casa da questi appuntamenti:
Le notizie più importanti che hai perso durante il mese
I case study di marketing digitale che hanno conquistato la scena
I commenti dei migliori esperti e professionisti sui trend topic
I consigli pratici per ottimizzare le tue strategie integrando le novità più performanti
Ma il programma è ancora in aggiornamento, resta sintonizzato!
Come partecipare al Ninja Wrap Up
Partecipare è semplicissimo: basta registrarsi a questo link per essere tra i primi ad approfondire e sperimentare le più recenti novità del mondo digital.
Se non vuoi arrivare impreparato all’evento puoi approfondire l’argomento con alcuni articoli pubblicati dalla nostra Redazione:
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/tool-e-trend-2023.jpg662801Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-02-24 11:10:392023-02-28 09:34:28Trend e Tool 2023: la checklist del Marketer nel secondo Ninja Wrap Up
Diesel ha svelato una nuova collaborazione con Durex alla settimana della moda di Milano.
La partnership è stata svelata durante la sfilata di mercoledì al Superstudio Maxi. In passerella la sex positivity della collezione Fall Winter 2023 del designer Glenn Martens.
La D di Durex si fonde e confonde con quella di Diesel. Due brand inclusivi si uniscono a favore della libertà sessuale dando un messaggio preciso al loro pubblico con lo slogan “For sucsexful living”.
L’invito di Diesel alla FW 2023
I modelli hanno sfilato attorno a una montagna di 200 mila scatole di preservativi Durex con il logo rosso e bianco di Diesel.
Gli scenari avanguardisti sono diventati una firma Diesel da quando è tornato alla Milano Fashion Week lo scorso anno.
Che il “sesso sicuro” andasse già di moda ne eravamo consapevoli, nel 2017 il brand nato dal genio creativo di Virgil Abloh, Off-White aveva lanciato dei preservativi con la scritta “SAFE” e il suo logo.
Qualcosa di simile lo avevamo visto nel 2019 quando Demna Gvasalia per la presentazione della collazione SS20 di Vetements durante la Paris Fashion Week Uomo aveva recapitato degli inviti con dei preservativi brandizzati.
Il brand italiano di denim ha anche anticipato l’arrivo di una capsule di abbigliamento con Durex, che include magliette, jeans e cappellini in co-branding. La collezione dovrebbe essere lanciata ad aprile.
Come ulteriore impegno di entrambi i marchi per promuovere la libertà sessuale e il sesso sicuro, 300 mila preservativi Durex saranno esposti e distribuiti gratuitamente presso i punti vendita Diesel in tutto il mondo.
Il brand che produce e distribuisce profilattici, gel lubrificanti e altri prodotti per il benessere sessuale, sappiamo bene che non ha paura di sfidare i tabù.
Il denim non è territorio “vergine” per Durex. Nel 2017, l’azienda ha introdotto in India una gamma dei suoi preservativi con un pacchetto più sottile, progettato per scomparire nelle tasche dei jeans.
Il prodotto e la campagna miravano a rompere il tabù dell’acquisto e del trasporto di preservativi in Asia meridionale, dove l’uso del profilattico non era ampiamente accettato.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/co-branding-durex-insieme-a-diesel-alla-milano-fashion-week-1.jpg529794Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2023-02-24 09:37:092023-03-03 13:17:23Una montagna di preservativi: Durex insieme a Diesel alla Milano Fashion Week
Le strategie di gestione della workforce multigenerazionale rappresentano una leva strategica per l’engagement e la retention in azienda
Come si coniugano motivazioni diverse tra colleghi e colleghe di età distanti
L’eterno trade-off tra tempo e denaro nelle prospettive generazionali del total reward
Dalla pandemia, le persone hanno cercato di prendersi cura di se stesse dal punto di vista fisico e psicologico e di avere più libertà nel lavoro. Questa nuova mentalità ha portato a un grande cambiamento nelle aziende, che hanno iniziato a comprendere quanto sia urgente in alcuni casi, rivisitare valori, modelli e cultura del lavoro.
Inoltre, i dipendenti hanno messo in discussione le proprie motivazioni e hanno iniziato a cercare impieghi che offrano flessibilità, motivazione e empatia.
L’ “abbandono silenzioso” ha innescato riflessioni sul coinvolgimento al lavoro. Oltre ai problemi di attraction, come la scarsità di nuove competenze digitali e sostenibili, ci sono anche problemi di retention, soprattutto in Italia, dove solo il 4% degli italiani risulta coinvolto nel proprio lavoro rispetto al 21% a livello mondiale.
A questo scenario si aggiungono le sempre inquietanti prospettive demografiche, che non si può continuare a sottovalutare. Negli ultimi 5 anni, la popolazione in età da lavoro (16-64 anni) è diminuita di 756 mila persone.
Nel solo 2022 di 133 mila. La scarsità dell’offerta di lavoro sarà sempre più una realtà, così come lo squilibrio tra occupati e pensionati e un minor gettito di entrate per servizi e welfare.
Le cause di questo abbandono silenzioso (quiet quitting) o di “grande rassegnazione” collettiva, comprendono la volontà di evitare l’hustle culture, il burnout, lo stress da lavoro e la mancanza di quella leadership che aiuti a coniugare i bisogni aziendali con quelli individuali e di gruppo.
Non bisogna poi dimenticare eventuali disillusioni di crescita personale e professionale che l’organizzazione compie attraverso i propri messaggi di employer branding.
Tra le cause di questi cambiamenti che hanno portato al “Great Reshuffle” (come suggerito da LinkedIn), non dimentichiamo di includere anche molti fallimenti dei manager nel bilanciare benessere e obiettivi aziendali con la concreta crescita personale o con addirittura comportamenti diffusi di micro-management.
A fine 2022, uno studio globale condotto da LinkedIn su 2.900 executive (C-suite) ha evidenziato un rallentamento delle assunzioni a livello globale, con il 34% delle aziende italiane che ha ridotto i propri piani di hiring.
Oggi, quasi la metà (49%) dei lavoratori intervistati si sente più sicura di richiedere una promozione o una nuova opportunità rispetto all’inizio del 2022, mentre solo un quinto (20%) si sente meno fiducioso. Inoltre, il 47% si sente più a proprio agio nell’esprimere disaccordo con un superiore.
In Italia, più della metà degli intervistati (54%) sta considerando di cambiare lavoro nel 2023, con differenze tra le fasce d’età: il 69% nel gruppo 18-24 anni, il 46% nel gruppo 45-54 anni, e solo il 27% nel gruppo over 55.
La maggior parte dei Millennial (25-34 anni) e dei più anziani (35-54 anni) cita la necessità di guadagnare di più come la ragione principale per un cambiamento, mentre solo il 31% della Gen Z cita la paga come motivo principale.
Invece, per i più giovani (18-24 anni), la ricerca di un migliore equilibrio tra vita privata e professionale (29%) e la sicurezza nelle proprie capacità (29%) sono ragioni importanti per cambiare lavoro, mentre solo il 23% dei millennial cita la work-life balance come priorità e solo il 19% si sente più sicuro delle proprie capacità.
Solo il 20% della Gen Z segnala una buona work-life balance attuale, rispetto al 39% dei millennial e al 30% delle altre fasce d’età. Infine, il 25% dei lavoratori tra i 35-44 anni è annoiato dal proprio ruolo e cita questo come motivo per cambiare lavoro, una percentuale significativamente superiore a tutte le altre fasce d’età.
In questo scenario la parola chiave dell’engagement risuona fortemente, sia per frenare le emorragie di competenze e il loro continuo ricambio, sia per mantenere livelli di performance adeguati a mercati sempre più concitati e veloci, sia per superare le difficoltà di integrazione delle nuove generazioni in azienda.
L’engagement intergenerazionale
Le generazioni attuali sono impegnate ad equilibrare le loro aspettative per il presente, che sono notevolmente differenti e in qualche modo risultanti dalla pandemia e dalle relative trasformazioni.
La focalizzazione sul presente è diffusa in ogni generazione, ma la percezione del futuro varia in base all’età, anche se in alcuni casi è simile. Questo incide non poco sulle prospettive di fidelizzazione con un datore di lavoro.
Per mantenere un ambiente di lavoro motivante e coinvolgente, le aziende non possono, pertanto, non tener conto delle diverse generazioni compresenti e delle loro motivazioni, poiché cambia per ciascuna generazione la declinazione di alcuni paradigmi che descrivono importanti aspetti della vita.
Come descrive bene Diego Martone in “Senza età”: “pensiamo al rapporto di equilibrio vita privata/lavoro, con un’evoluzione che è ottimamente riassunta nei seguenti slogan generazionali: si è passati dal “work is living” della Silent Gen al “live to work” dei Boomers, dal “work to live” della generazione X al “live in the moment” della generazione Y, fino al “S1E1:work” della Gen Zed”.
Proviamo allora a fare una breve fotografia delle aspettative delle diverse generazioni al lavoro e delle misure che solitamente vengono apprestate dal mondo aziendale.
La Generazione dei Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964) cerca una stabilità finanziaria e una pensione sicura. I loro obiettivi sono quelli di impegnarsi a mantenersi attivi e in salute cercando di non gravare su figli e nipoti.
Con questo cluster le organizzazioni provano a prefiggersi l’obiettivo di offrire programmi di pensionamento solidi e ben progettati per mantenere il loro impegno e coinvolgimento sul lavoro, magari provando anche a valorizzare l’esperienza e la conoscenza di questa generazione, offrendo loro opportunità di mentoring o formazione per giovani dipendenti.
Per la Generazione X (nati tra il 1965 e il 1980), le opportunità di crescita e sviluppo professionale sono fondamentali per mantenere l’engagement.
Questa generazione si trova una discreta stabilità lavorativa reddituale e patrimoniale (comunque inferiore ai loro genitori) e tra i loro obiettivi c’è ancora il tema di essere condizionati dal completamento del progetto familiare.
E cerca inevitabilmente anche un equilibrio tra vita privata e lavoro; quindi, le aziende si pongono l’idea di offrire flessibilità negli orari di lavoro o la possibilità di lavorare da casa per mantenere una motivazione al lavoro adeguata, provando ad incoraggiarla con la formazione continua e offrendo nuove opportunità di avanzamento di carriera.
Per la Generazione Y o Millennials (nati tra il 1981 e il 1996), la cultura e i valori aziendali sono da sempre stati molto importanti. Questa generazione è stata attratta da aziende che hanno missione e valori forti e che mostrano un impegno per la sostenibilità e la responsabilità sociale, ma vive ancora il lavoro, il reddito e la disponibilità economica come incerte e continua in molti casi ad essere protesa verso l’uscita dalla precarietà, con la prospettiva di creazione o crescita di una propria famiglia.
In questi casi l’orientamento del welfare aziendale dovrebbe essere teso ad incoraggiare la creatività e l’innovazione attraverso progetti di gruppo e fornire una visione chiara e trasparente per il futuro per mantenere l’impegno dei Millennials.
Per quanto riguarda la Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012 circa), cresciuta nel mondo digitale e abituata a lavorare in modo collaborativo e interattivo, dobbiamo considerare un gruppo sociale in buona parte ancora dipendente dalla famiglia di origine, che è impegnata a terminare il proprio percorso di istruzione per il successivo ingresso nel mondo del lavoro.
Il trend che sembra distinguersi oggi per le aziende è quello di incoraggiare sempre di più l’inclusività e la diversità, rispettare le opinioni e le esigenze dei dipendenti più giovani, per creare un workplace positivo e fluido, sulla scorta delle trasformazioni che stanno avvenendo nel mondo del lavoro.
Abbiamo forse compreso che le percezioni, i vissuti e le rappresentazioni dell’ambiente lavorativo differiscono tra le generazioni, ma sempre di più queste condividono gli stessi spazi e gli stessi progetti aziendali.
Trascurare queste differenze può avere un impatto sulla produttività e sul clima aziendale, nella comunicazione e nell’apprendimento del lavoro. Non tanto forse nella difficoltà nell’utilizzo di tecnologie, ma soprattutto nel modo di percepire e vivere con senso di appartenenza le regole e la mission aziendale, considerati sempre di più dei fattori distintivi di valore aggiunto anche per i risultati di business.
Tuttavia, all’interno dei sistemi relazionali aziendali, tende ad emergere una convergenza, basata sugli obiettivi comuni, sul linguaggio specifico e condiviso che caratterizza le attività, sul modus operandi dell’azienda stessa, sul codice non scritto di comportamento aziendale che viene direttamente o indirettamente trasmesso e assimilato dall’onboarding in poi.
A volte è molto più probabile, infatti, condividere una visione comune con un collega di una generazione diversa, ma appartenente alla medesima azienda, che con una/un coetaneo che lavora in un campo o settore molto differente.
In sintesi, quello che solitamente chiamiamo “engagement” ha bisogno necessariamente di una rivisitazione proprio in prospettiva intergenerazionale e di “belonging” organizzativo.
Non solo per i cambiamenti delle fasi e dei cicli di vita delle persone nelle organizzazioni, ma proprio in ottica cooperativa, integrata, di mutuo scambio di esigenze e rappresentazioni semantiche del concetto di lavoro.
Allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare che Baby Boomers, Generazione X, Millennials e Generazione Z, lavorando insieme con esigenze diverse, richiedono una talent & rewards strategy composita e segmentata, che tenga conto dei fabbisogni dei diversi cluster di popolazione aziendale e di quelli individuali.
Engagement intergenerazionale: conviene puntare su tempo o denaro?
In tutte le indagini che approfondiscono le Nuove Generazioni in azienda, i giovani vengono rappresentati come una generazione che ricerca un equilibrio tra vita lavorativa e privata, presta attenzione all’impatto ambientale, all’integrità e agli effetti a lungo termine delle loro azioni.
La loro soddisfazione sul lavoro e il loro impegno nell’azienda sono fermamente legati alla condivisione dei valori personali con quelli dell’organizzazione. Sembra quasi che la formula magica sia: maggiore sarà la coerenza con i principi e l’etica aziendale, più i giovani saranno in grado di dare il massimo.
Ma non possiamo ridurre il ragionamento solo a questo: è necessario fare i conti anche con gli annosi, e pur sempre attuali, aspetti retributivi.
Abbiamo compreso che il valore della gestione del tempo e del lavoro per obiettivi sembra essere maggiormente apprezzato dai Millennials e dai Gen Z lavoratori, laddove ne abbiano già fatto esperienza del mondo professionale, ma non sappiamo ancora se i giovanissimi (oggi studenti) effettueranno la loro stessa scelta culturale, o nutriranno una percezione del valore del denaro più pragmatica rispetto ai “cugini” di generazione.
La crisi economica del 2008 influì sui Millennials facendo loro abbandonare molte pretese sulla carriera e la certezza del futuro professionale; sarà molto utile monitorare in questi anni gli effetti delle attuali difficoltà economiche su tutta la popolazione giovanile.
Quanto guadagnano Boomer, Gen Z e Millennial
Una recente indagine di Odm Consulting ha rilevato che un impiegato di 30 anni guadagna il 34% in meno rispetto a un impiegato di 60 anni. Le retribuzioni medie di diverse generazioni, tra cui i Baby Boomer, la Generazione X, i Millennial e la Generazione Z, presentano notevoli differenze, creando un vero e proprio “generational pay gap“.
La retribuzione media per un impiegato è di 33.514 euro all’anno, ma un Baby Boomer guadagna il 17,5% in più, un impiegato della Generazione X il 12,2% in più e un Millennial solo l’1,6% in più. Invece, un impiegato della Generazione Z guadagna il 23,1% in meno rispetto alla media.
In altre parole, un Baby Boomer guadagna il 17,5% in più rispetto a un impiegato della Generazione X e addirittura il 34% in più rispetto a un Millennial.
Quando la discriminazione di età diventa strutturale non deve essere sottovalutata, anche se Daniel Pink da alcuni anni ci ha spiegato che la motivazione umana è principalmente intrinseca e che i tradizionali modelli di motivazione guidati dalle ricompense e dalla paura delle punizioni, dominati da fattori estrinseci come il denaro, fanno parte di un vecchio paradigma che non funziona bene negli ambienti di lavoro moderni.
Di certo c’è che gli aspetti retributivi sono parte integrante della “sicurezza psicologica” delle dottrine agile e, se in azienda non sono assicurate saldamente (soprattutto durante le tempeste inflazionistiche) o sono tema di disparità generazionale, l’engagement basato su purpose e storytelling deflagra malamente.
Per quanto riguarda allora i total rewards, ovvero il sistema completo di gratificazioni che comprende sia le componenti tangibili come la retribuzione e il welfare, che quelle qualitative ed intangibili come lo sviluppo e l’ambiente di lavoro, probabilmente le Nuove Generazioni richiederanno un’attenzione riformulata sia degli aspetti intangibili, ma anche di quelli più concreti. Continuerà ad essere importante il “perché” e il “come” dei riconoscimenti ma forse anche il “quanto”.
La gestione della diversità così diventa ancora più olistica: dimentichiamo infatti sistematicamente che tra gli elementi che costituiscono i temi di D&I c’è anche il divario economico tra gli individui, e se consideriamo strategico inserire queste dinamiche culturali in azienda, la “Diversity EQUITY and Inclusion” deve essere considerata fondamentale in tutte le fasi della gestione del capitale umano: dal reclutamento, alla formazione, alla carriera e alla definizione dei pacchetti retributivi, e così via.
Esistono inevitabilmente dei rischi di conflitti tra gruppi eterogenei e difficoltà di comunicazione connessi alle diverse modalità di lavoro. La retribuzione individuale dovrebbe essere maggiormente legata alla professionalità, ai risultati, più che al tempo dedicato al lavoro e alla seniority aziendale.
La capacità di tenere il passo con lo sviluppo tecnologico, l’innovazione e l’attualità culturale diventerà, a tendere, importante quanto l’esperienza maturata.
Per ciò che riguarda la retribuzione, c’è chi suggerisce che potrebbe essere utile personalizzare i pacchetti retributivi con un peso maggiore della retribuzione variabile, per comportare una minore rigidità retributiva e la possibilità di adeguare i pacchetti in base alle performance.
Ma la componente del welfare aziendale continuerà ad acquisire comunque sempre maggior importanza nella retribuzione complessiva, soprattutto in quelle realtà che lo utilizzano come leva di attraction e retention collegandola ai valori aziendali.
Per questo un aspetto cruciale sarà inesorabilmente la capacità delle aziende di comunicare sulle tematiche retributive in modo finalmente trasparente (dagli annunci di lavoro alle prospettive di carriera), invece di considerarle argomenti riservati o tabù.
Le motivazioni “di nuova generazione”
In passato, la motivazione al lavoro era basata sulla semplice accettazione da parte dei dipendenti, ma con l’evoluzione professionale di questi ultimi anni, la motivazione richiede strategie di engagement sempre più profonde.
Citando nuovamente “Drive” di Daniel Pink, per far sì che i dipendenti siano veramente motivati, è necessario che vivano un’esperienza “autotelica”, dove l’attività stessa è una ricompensa e la padronanza di un compito appreso alimenta ulteriormente la motivazione.
Per affrontare questi nuovi paradigmi e migliorare i risultati di attraction&retention, è importante allora considerare gli aspetti di autonomia, padronanza e scopo come elementi chiave delle esperienze professionali in azienda per tutte le generazioni.
È certamente auspicabile che ognuno trovi il suo “flow” attraverso questo tipo di personalizzazione della gratificazione retributiva e non, ma soprattutto che tutto questo venga sviluppato attraverso una lente strategica di intergenerazionalità, magari coinvolgendo direttamente senior e junior in una definizione trasparente dei benefit, delle retribuzioni e degli obiettivi comuni, così come in una riformulazione coraggiosa del classico percorso trifasico (studio, lavoro, pensione) del ciclo di vita organizzativo.
“Nei certificati di nascita è scritto dove e quando un uomo viene al mondo, ma non vi è specificato il motivo e lo scopo.” (Anton Pavlovic Cechov)
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/engagement-generazionale-sul-lavoro.jpg403668Giulio Beroniahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiulio Beronia2023-02-23 12:30:102023-02-23 12:45:55Come motivare generazioni differenti di lavoratori in azienda
Levi’s celebra i 150 anni dei suoi mitici jeans 501 e ci ricorda quanto sia uno dei brand più iconici e conosciuti in tutto il mondo. Per festeggiare questo importante traguardo Levi’s si è affidato all’agenzia Droga5 New York che ha realizzato tre diverse campagne che raccontano storie reali legate alla storia dei 501. Il mitico jeans ha messo d’accordo moltissime differenti persone e personalità che nel corso degli anni hanno scelto questo modello per rappresentare se stessi: dai rivoluzionari, ai sex symbol, ai ribelli.
Levi’s 501 ispiratore e protagonista di grandi cambiamenti | The Greatest Story Ever Worn
Con la campagna The Greatest Story Ever Worn, Levi’s celebra il jeans come il protagonista che ha incoraggiato i cambiamenti socialied individuali non solo nella cultura dello stile e dell’abbigliamento delle diverse epoche, invogliando le generazioni più giovani a far parte di una nuova storia.
Le tre nuove campagne si ispirano ad alcuni momenti più importanti ed interessanti: nel primo film, Precious Cargo, diretto da Melina Matsoukas è raccontato l’arrivo dei 501 in una Giamaica degli anni ’70 e di come abbiano stravolto positivamente lo stile degli abitanti. Tanto da diventare i promotori di un nuovo e vivace stile che ha fatto il giro mondo.
Il film Legends Never Die e diretto da Martin de Thurah vede come protagonista un Levi’s addicted che chiede come desiderio quello di essere vestito con i suoi jeans preferiti anche per il suo ultimo viaggio. Ma non solo: chiede a tutti i partecipanti di fare lo stesso durante il suo funerale. Di certo, un’uscita con stile.
Sempre diretto da Martin de Thurah, Fair Exchange ci riporta nel 1962 in Georgia, in cui è avvenuto uno degli scambi più innovativi – o strani se vogliamo- di quel periodo, trasformando il jeans in un irrinunciabile oggetto di desiderio.
Lo spot racconta di un ragazzo che, innamoratosi di questo capo d’abbigliamento avanguardista, decide di barattare la mucca di famiglia con i Levi’s 501.
Sorprendenti e al tempo stesso profondi questi film che ci accompagneranno durante il 2023, certo, ma Levi’s ci ha da sempre abituati a memorabili pubblicità che ancora oggi rimangono impresse, un po’ proprio come la sua storia e i suoi valori. Del resto, è un capo d’abbigliamento così rivoluzionario ed iconico che ha visto una sua continua evoluzione fin dalla sua nascita.
Fonte: Levi Strauss & Co
Era il 1873 quando l’imprenditore Levi Strauss e il sarto Jacob Davis realizzano delle tute da lavoro rinforzate con dei rivetti metallici, resistenti ed adatte al duro lavoro dei cercatori d’oro nel territorio di San Francisco.
La particolare idea nasce non solo da una specifica esigenza ma anche dall’intuizione di migliorare e facilitare l’usabilità delle tasche dei pantaloni, dando vita così ai famosi blue jeans. Le prime salopette da lavoro chiamate XX fino al 1890, furono il prototipo di quello che negli anni diventò il jeans 501, i pantaloni da lavoro più venduti negli Stati Uniti.
Ed è prima del 1900 che venne creata la famosa etichetta Two Horse, registrata come marchio e stampata sulla toppa di pelle, simbolo inconfondibile del brand.
Fonte: Levi Strauss & Co
Gli intramontabili jeans hanno segnato grandi cambiamenti nella cultura e non solo in fatto di stile e abbigliamento. I Levi’s hanno infatti rappresentato per anni il senso di libertà e indipendenza, tanto che nelle sue prime pubblicità i protagonisti erano i cowboy, uomini liberi e dediti al bestiame e alla terra.
Fonte: Levi Strauss & Co
La rivoluzione culturale del dopoguerra
Nel dopoguerra il brand cambia il suo posizionamento: da capo essenziale per il lavoro a quello casual per il tempo libero.
Mantenendo però quella riconoscibilità di un carattere ribelle e provocatorio. Dagli anni ’60 fino agli anni ’90, i 501 segnano una rivoluzione sociale: indossato dai più giovani riescono a sdoganare il tessuto denim, trasformandolo in un simbolo autentico di ogni tipo di cultura e status sociale.
Dalle scuole, all’università, dagli hippy ai rockers, dalle celebrità ai greaser ai motociclisti: i jeans diventano un must have della controcultura, un oggetto del desiderio irresistibile e irrinunciabile che evoca fascino, mistero ed ancora libertà, come James Dean.
Original Route 66 | Vintage Levi’s 1976
Laundrette – 1985
Negli anni ’80 i 501 sono sinonimo di attrazione, evocano quella misteriosa sensualità espressa dai sex symbol il più delle volte irraggiungibili.
È anche grazie a queste coraggiose pubblicità dell’epoca che molte star hanno iniziato la propria carriera. Basta pensare al modello e cantante (e compianto) Nick Kamen, al modello italo-americano Mario Sorrenti o al più noto Brad Pitt.
Camera – 1991
Perché gli originali resistono alla prova del tempo.
Pool Hall -1991
Negli spot dei Levi’s 501 sono incluse anche canzoni considerate pietre miliari della musica o che sono diventate famose proprio grazie alle pubblicità e che leghiamo indissolubilmente al brand. Chi non ricorda Boombastic di Shaggy, Inside degli Stiltskin e Flat Beat del Dj Mr Oizo su cui l’iconico pupazzo Flat Eric faceva headbanging?
Boombastic -1995
Flat Eric -1999
Creek – 1994
Blind Man -1996
Nei primi anni 2000, Levi’s 501 lancia la campagna globale Live Unbuttoned in cui, attraverso diverse pubblicità, si rievoca la libertà senza condizionamenti e si esorta ad avere una visione positiva della vita e sciogliere le inibizioni, a “sbottonarsi” allo stesso modo con cui si sbottonano appunto i famosi jeans.
Unbuttoned – 2008
Nel 2014 la nuova campagna Live in Levi’s che include diverse pubblicità, mira a rinvigorire l’anima del brand, a celebrare il suo spirito ottimista e ad evidenziare l’autenticità del prodotto insieme a quello di ogni persona.
La narrazione si fa più consistente, più impegnata, in cui emerge l’evoluzione dei valori, vicini ad una società che anche in quest’epoca mostra una rivoluzione.
Come anche Circles del 2018 che rafforza il concetto attraverso la condivisione.
Levi’s si pone come quel filo conduttore tra le diverse generazioni promuovendo al tempo stesso gli ideali di inclusività e progresso. Si celebrano i valori del brand che da sempre, attraverso gli anni, i momenti storici e culturali, mettono in connessione le persone, che in modo autentico esprimono la propria individualità all’interno di una grande, e in continua evoluzione, comunità.
Ci aspettiamo un nuovo cambiamento e una nuova storia da ascoltare, ma indossando sempre lo stesso immutabile, iconico jeans.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/flat-eric-pubblicita-levis.jpg6661192Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2023-02-23 10:30:252023-02-24 09:38:40Le indimenticabili pubblicità dei Levi's 501 per celebrare i suoi 150 anni
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