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Sostenibile e di qualità: come il food eCommerce italiano può competere a livello internazionale

L’accelerazione digitale degli ultimi anni ha investito tutti i settori merceologici. La crescita dell’eCommerce ha fatto registrare numeri importanti a ridosso dell’emergenza sanitaria, ma la crescita non sembra arrestarsi: secondo Morgan Stanley, a lungo termine, il mercato dell’eCommerce ha un ampio margine di crescita e potrebbe passare dagli attuali 3,3 trilioni di dollari a 5,4 trilioni nel 2026.

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ecommerce across regions morgan stanley

La crescita del commercio digitale rappresenta un cambiamento permanente nel modo di fare acquisti: chi si è dovuto adeguare a questa “necessità” nel periodo delle restrizioni, difficilmente tornerà indietro.

E questo fattore incide particolarmente per quella parte di popolazione di età più avanzata che con il lockdown ha “scoperto” i vantaggi degli acquisti digitali. Fascia demografica decisamente importante nel nostro Paese.

Il modello di settore di Morgan Stanley, insieme ad altri dati, suggerisce che il commercio elettronico continuerà a guadagnare terreno, anche nei Paesi in cui lo shopping online è già popolare.

Anche le abitudini di acquisto nel settore food hanno subito un cambiamento, una vera e propria impennata: secondo i dati del Politecnico di Milano, sono tre i settori che, in valore assoluto, hanno contribuito maggiormente alla crescita complessiva: il Food & Grocery (1,1 mld €), seguito da Abbigliamento (1 mld €) e Informatica ed elettronica di consumo (0,7 mld €).

Per comprendere meglio quali siano le peculiarità del mercato italiano, abbiamo sentito Marco Mazzilli, eCommerce Manager EMEA e Francesco Gasca Head of Digital di Venchi. Con loro, abbiamo esplorato il cambiamento nelle abitudini d’acquisto delle persone, che si è sempre più spostato dal fisico al digitale, rendendo il confine tra i touchpoint sempre più labile.

Venchi - intervista Marzo Mazzilli e Francesco Gasca

Ecco cosa ci hanno raccontato.

Le vendite online per il settore food sono in costante crescita: quali fattori contribuiscono a questo trend?

In primo luogo, un importante impatto riguardo la crescita delle vendite online del settore food lo ha avuto l’avvento della pandemia COVID-19.

Con le restrizioni nazionali – e internazionali – in atto, molte attività commerciali hanno fermato temporaneamente la gestione fisica delle vendite, trovando nel digital l’unico punto di contatto accessibile e sicuro con il cliente.

Questo ha generato un effetto a catena – portando anche gli utenti che tipicamente non acquistavano online, ad acquisire un comportamento d’acquisto più digital. In altre parole, non solo le
aziende food si sono approcciate alle piatteforme digitali, ma di rimando anche i clienti hanno dovuto adattarsi.

In secondo luogo, riteniamo che vi sia stato un altro importante fattore legato al mondo della spesa online con consegna a domicilio. Sempre più persone stanno iniziando ad aderire a
questa tipologia di servizio, diventando quindi familiari e acquisendo fiducia nella vendita di un prodotto delicato come quello del food, anche online.

In altre parole, l’acquisto su eCommerce – così come sulle piattaforme di delivery – ha iniziato a venire percepito come più affidabile.

In breve, la pandemia COVID-19 ha quindi sdoganato le vendite online anche del settore food, e i consumatori sono stati spinti a sperimentare comportamenti d’acquisto prima marginali,
con un esito positivo.

Consumatori e aziende si sono trovati di fronte ad una inevitabile digitalizzazione laddove prima il comportamento d’acquisto tendeva ad essere preferito in sede fisica.

Ne consegue che, laddove si voglia avviare la popolazione a questo tipo di comportamento, è necessario lavorare sui contenuti: trasmettere l’esperienza in store anche online, in ottica omnicanale. Tutto questo per poter garantire che, acquistando online, non si perda nulla rispetto all’esperienza fisica.

Chi è la persona che compra online? Si tratta di un target trasversale o ha caratteristiche ben precise?

L’utente che acquista online è simultaneamente trasversale e con caratteristiche ben precise. Chi acquista prodotti food su un eCommerce, sta diventando sempre più trasversale variando nell’età, genere, interessi, etc.

Ragionando invece con un focus Venchi, il target diventa ben preciso, essendo in primo luogo il nostro un brand segmentante a livello di prezzo. Il consumatore Venchi online è a maggioranza femminile, con fascia d’età principale 25-54 anni (80%).

Può essere riassunto come premium lifetaster – acquista frequentemente viaggi online, abbigliamento ed accessori (65%), è un lettore accanito di notizie (60%), buongustaio (47%), appassionato di intrattenimento (62%) e frequentatore abituale di caffetterie (29%).

In ottica macro, abbiamo due comportamenti d’acquisto principali e ben distinti: l’acquisto di cioccolato per autoconsumo e quello per regalistica.

Ne consegue che, per guidare al meglio queste due tipologie di utenti, lavoriamo costantemente per apportare migliorie alla nostra navigazione in ottica di ottimizzazione della UX.

Quali sono le principali sfide per una piattaforma di eCommerce alimentare?

La sfida principale è quella di riuscire a raccontare un prodotto come il cioccolato senza che possa essere sperimentato con il gusto, l’olfatto ed il tatto.

Rispetto ai nostri store, non avendo la possibilità di far assaggiare una particolare ricetta, diventa essenziale presentare visivamente – con un visual merchandising capace di catturare l’attenzione – e tramite uno storytelling efficace tutto ciò che rende i nostri prodotti veramente unici, affinché l’esperienza online non abbia nulla da invidiare a quella fisica.

Dal punto di vista logistico, un’ulteriore sfida è quella di riuscire a consegnare il cioccolato il più fresco e integro possibile, nel minor tempo possibile.

Ne consegue la necessità di dover traslare tutto ciò che ci rende premium anche nelle spedizioni eCommerce: a domicilio, l’apertura di un ordine Venchi deve rispecchiare l’esperienza in store.

Come è possibile rendere sostenibile la logistica di un food eCommerce?

Stiamo lavorando a diversi progetti per ridurre sempre di più il nostro impatto ambientale.

Per i nostri packaging, utilizziamo materiali in carta riciclabili e lavoriamo per ottimizzarne lo spazio interno. Inoltre, nel packaging eCommerce, abbiamo tolto il polistirene espanso e il ghiaccio secco in plastica dalle nostre spedizioni estive.

Una delle prossime sfide, per diventare ancora più sostenibili, è quella di implementare le consegne presso dei locker dedicati.

Quali sono le strategie che possono permettere al Food&Beverage italiano di competere con i grandi player internazionali?

Lo storytelling legato all’alta qualità delle materie prime è sicuramente in cima alla lista. La garanzia del 100% Made in Italy è un tratto distintivo simbolo di un’italianità ricercata a livello
internazionale.

Ad esempio, la nostra filiera corta della Nocciola Piemonte IGP, coltivata esclusivamente in Piemonte, nel cuore delle Langhe e universalmente riconosciuta come la migliore varietà di nocciola al mondo ci differenzia e distingue dai grandi player internazionali, così come il Pistacchio di Bronte del nostro gelato.

Un eCommerce food italiano è quindi capace di portare un’esperienza innovativa sul mercato: la sintesi della maestria ed eccellenza italiana nella vendita del cioccolato di alta qualità, dalla produzione alla comunicazione visiva e testuale.

Prestashop Power: gli step per creare il tuo negozio online

Continuano senza sosta i nostri appuntamenti con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

L’argomento di questa puntata è dedicato a come utilizzare Prestashop per creare un negozio online, gestire prodotti, ordini e clienti e internazionalizzare il business.

A parlarne con noi Roberto Albanese, Digital Strategist & eCommerce Manager.

Non perderti i punti salienti del webinar:

  • Perché usare Prestashop
  • Come configurare il catalogo
  • Gestire ordini e logistica

email marketing

5 motivi +1 per puntare sull’Email Marketing

Chi si occupa di social media affronta quotidianamente l’imprevedibilità degli algoritmi che governano i social network. Da un momento all’altro, infatti tutti gli sforzi e i traguardi raggiunti potrebbero svanire a causa di blocco improvviso dell’account oppure può verificarsi un calo improvviso delle performance.  

Se ti occupi di advertising stai invece facendo i conti con l’imminente eliminazione dei cookie di terze parti da parte di Google, che renderà necessaria la riprogettazione del flusso di acquisizione, conversione e fidelizzazione dei clienti.

Non dimentichiamo inoltre, i costi sempre crescenti per fare advertising online. 

In questo scenario, diventa strategico selezionare i giusti canali di comunicazione, in grado cioè di garantire il migliore ritorno sull’investimento ed una performance a prova di “aggiornamento tecnologico”.

La buona notizia è che esiste una soluzione e si chiama email marketing, uno strumento spesso sottovalutato le cui competenze e padronanza nell’utilizzarlo sono sempre più richieste nel mondo del lavoro oggi, sia da parte di aziende italiane che internazionali. 

L’email, nelle sue diverse forme di newsletter e DEM, non é solo un ottimo strumento di relazione one-to-one ma è anche un importante strumento di vendita

E quando parliamo di vendita non ci riferiamo solo alla conversione da lead a cliente ma anche alla possibilità di aumentare il lifetime value dei clienti con azioni di upselling e cross-selling.

Inserirlo quindi all’interno della propria strategia di marketing costituisce non solo una competenza chiave ma anche un fattore competitivo aziendale.

Conosci tutti i vantaggi dell’Email Marketing? Nei prossimi paragrafi ne elenchiamo 5 + 1.

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email marketing getresponse vantaggi

5 vantaggi dell’Email Marketing

L’Email Marketing è una forma di direct marketing (DEM) che si basa su strategie e tattiche per creare e distribuire comunicazioni via email con l’obiettivo di creare e consolidare la relazione tra brand ed audience o inviare informazioni ed aggiornamenti di natura promozionale con lo scopo di vendere un prodotto o servizio.

“L’e-mail marketing è un gioco a lungo termine. E anche piuttosto intimo. Se vuoi generare un ROI elevato, devi costruire relazioni solide con il tuo pubblico. Ciò significa che devi fornire loro valore e mantenere le tue promesse.” – Michal Leszczynski – Head of Content Marketing & Partnerships @GetResponse 

Ecco i motivi per cui l’email non può mancare nella tua strategia di marketing:

1 – È un owned media: l’email fa parte dei media di proprietà che sono sotto il controllo dell’azienda, come il sito ad esempio, dove chi gestisce la comunicazione decide cosa pubblicare, come e quando. In tal senso, l’email è completamente customizzabile oltre che nei messaggi da veicolare anche nell’aspetto visivo, nella frequenza di invio e, ancora più importante nell’audience/segmenti cui si rivolge.

2 – Con l’email vendi: l’Email Marketing garantisce i risultati più performanti in termini di conversione degli utenti rispetto agli altri canali di digital marketing. Il suo ROI è di 3,800% cioè 38 dollari per 1 dollaro investito!

3 – È economico: devi prevedere solo il costo della piattaforma e della persona che prepara le comunicazioni. In sostanza, se  gestisci un piccolo business e ti occupi in prima di persona di scrivere newsletter e DEM, sostieni solo il costo della piattaforma.

4 – Raccoglie dati di prima parte: la scomparsa dei cookie di terze parti renderà più difficile per i marketer indirizzare i clienti attraverso gli annunci.  L’email invece consente la raccolta di dati di prima parte (e consensuale) utili alla segmentazione e alla personalizzazione delle comunicazioni.

5 – È scalabile: ogni risultato raggiunto è facilmente misurabile (open rate, click, click-to-open rate etc. ), testabile (grazie agli AB test) e scalabile. Inoltre l’invio dei messaggi si può automatizzare risparmiando tempo e rendendo più efficaci ed efficienti le comunicazioni, inviando il giusto messaggio, alla giusta persona, nel momento più opportuno.

Email Marketing + Automation e AI

Con l’automazione di DEM e newsletter, si può ottenere un buon grado di personalizzazione dei messaggi. Quest’ultimi infatti si basano sulle caratteristiche/preferenze del destinatario e  vengono inviati in base alle azioni del prospect o cliente (si configurano eventi detti trigger che determinano l’invio del messaggio) , ad esempio l’email di benvenuto dopo la registrazione ad un form o un acquisto, oppure l’invio dopo che l’utente clicca su un link, apre un messaggio, fa un acquisto, abbandona il carrello.

 È come se accompagnassi per mano l’utente verso la conversione!

Nello scenario attuale, l’email marketing sembra cavalcare le nuove tecnologie senza subirle (ad eccezione degli aggiornamenti di IOS, ma attenzione perché non è l’open rate il KPI chiave per interpretare i risultati delle vostre campagne di email marketing o almeno non l’unico).  – 

A riprova di questo, in tempi brevissimi GetResponse, software di email marketing ed automation, introdurrà anche per i suoi clienti italiani un generatore di e-mail AI basato sulla tecnologia GPT di OpenAI per aiutare gli esperti di marketing a massimizzare l’efficienza e le prestazioni.  

La feature di AI applicata all’Email Marketing permetterà di creare facilmente tutta la newsletter/DEM: oggetto, design e testo risparmiando l’85% del tempo e dell’effort.

L’azienda è uno dei primi ad adottare sul mercato la tecnologia GPT di OpenAI. La soluzione mira ad aiutare marketer ed imprenditori a ridurre drasticamente il tempo necessario per creare le proprie e-mail e fornire contenuti più pertinenti e coinvolgenti ai propri abbonati.

Un ulteriore step nella semplificazione del lavoro dei marketer. Ed arriviamo perciò a parlare del “motivo + 1″ per cui l’ Email Marketing non può mancare nella tua strategia.

Il corso gratuito sull’Email Marketing

Nel panorama degli ESP, email service provider,disponibili sul mercato è utile definire alcuni requisiti per poter scegliere in maniera strategica la piattaforma di email marketing più adatta al proprio business. 

In primo luogo, il prezzo che nel caso di GetResponse la posiziona decisamente come migliore ESP rispetto ai competitors in termini di  quantità di funzionalità e prezzo richiesto. All’interno della piattaforma sono disponibili più di 30 funzionalità oltre all’email marketing: conversion funnel, landing page, moduli contatti, webinar a pagamento, gratuiti e on-demand, ecc.

Questo vuol dire convenienza in termini di risparmio sia di soldi che di tempo, potendo contare sull’assistenza in italiano e su più di 150 modelli di newsletter/dem da cui tranne ispirazione, più di 200 modelli di landing page da riutilizzare e più di 30 flussi di Email Marketing automation già pronti da utilizzare.

Per farti conoscere tutti i segreti dell’email marketing e saperlo padroneggiare da vero esperto, GetResponse ha deciso di organizzare in collaborazione con Ninja Marketing un

corso gratuito on demand in programma a maggio adatto sia a principianti che a marketer esperti che intendono approfondire il tema dell’email marketing e della marketing automation. 

Il corso si terrà live martedì 16 maggio e giovedì 18 maggio dalle 18:30 alle 20:30. 

Al termine del corso ed in seguito al superamento del test finale si otterrà un certificato che è possibile condividere sui propri profili social.

<<Riserva il tuo posto al corso gratuito di Email Marketing di GetResponse adesso >>

Dove real cost of beauty campaign - ninja marketing

Dove lancia la campagna Real Cost of Beauty per denunciare la crisi della salute mentale pubblica

Dove insieme all’agenzia Ogilvy London e Ogilvy Toronto lanciano una nuova campagna a supporto della fragilità psicologica degli adolescenti rispetto ai disordini alimentari.

Dove afferma che il 70% dei bambini che utilizza i social è esposto a contenuti e messaggi di bellezza fuorvianti e pericolosi che influiscono negativamente sulla salute mentale in 3 su 5 di loro.

Il brand con il Progetto Self-Esteem continua la sua battaglia a favore della bellezza reale, cercando di incoraggiare donne, adolescenti e bambine a concentrarsi sulla costruzione della fiducia nel proprio corpo, lontana dagli stereotipi e dai modelli proposti dai media.

Una concezione ristretta e irrealistica del proprio corpo

L’ultimo spot di Dove – Cost of Beauty – ha come protagonista Mary e la storia raccontata attraverso le immagini è quella reale della bambina in cui purtroppo il ruolo dei social ha distrutto la psiche, portandola ad avere importanti disturbi alimentari. Mary, come molte altre sue coetanee, è finita in ospedale per curare il suo corpo malnutrito e per avere soprattutto un supporto psicologico nella ricostruzione della sua identità, distrutta dai modelli tossici imitati dai media.

Lo scopo di questa campagna, sviluppata in collaborazione con la National Alliance for Eating Disorders e Project Heal, è infatti anche quello di supportare un cambiamento a livello legislativo che possa intervenire contro la crisi della salute mentale dei giovani.

L’autostima al primo posto

Dove, in quelle che sono diventate incessanti battaglie culturali più che campagne pubblicitarie, continua a ribadire l’estrema importanza del sentimento dell’autostima che sembra sgretolarsi in maniera prepotente nella società di oggi. Il supporto va anche ai genitori che devono riuscire ad evitare un pericolo attraverso la consapevolezza del valore di sé ed infonderla ai propri figli.

Non è certo facile farlo in una società soggiogata dall’iperconnessione, in cui le relazioni reali diventano irrisorie, a favore di quelle falsate e filtrate dei social. La quantità di contenuti accettati e condivisi per la promozione di un canone di bellezza perfetta, porta alla normalizzazione di quei comportamenti atti al raggiungimento dello stereotipo.

Dove - real cost of beauty - ninja marketing

Purtroppo, a volte, la necessità di essere protagonisti sui social diventa tanto forte da non essere contrastata e superata neanche nelle situazioni più tragiche: è evidente che il disagio sia manifesto nel corpo e nella mente.

Dove, invece, si impegna nella divulgazione di un messaggio equo e maturo, di un percorso di autoconsapevolezza che abbia come scopo la vera bellezza di ognuno: quella autentica, reale, unica.

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Lo abbiamo visto già nelle sue precedenti campagne Reverse Selfie e The Real Beauty in cui il brand esorta il mondo femminile a combattere gli stereotipi e a rappresentare la propria autenticità come segno della vera bellezza, quella reale.

Il costo dell’apparenza ad oggi risulta essere maggiore rispetto a quello della salute stessa, pensiamoci.

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I segreti per una checklist SEO di successo

Il 70% degli italiani si collega con regolarità a Internet. Secondo l’ultima fotografia di Audiweb la total digital audience nel mese di gennaio 2023 è rappresentata da quasi 44 milioni di utenti pari al 75% della popolazione dai due anni in su, online per 68 ore e 38 minuti per persona, pari a due giorni e 20 ore complessivi.

Nel giorno medio del primo mese dell’anno sono stati rilevati 36,4 milioni di individui, pari al 62% della popolazione dai due anni in su, che hanno navigato in media per 2 ore e 40 minuti per persona.

È semplice dedurre perché per un sito è importante posizionarsi su Google e quanto può servire la SEO per raggiungere questo obiettivo.

Come sappiamo aumentare e migliorare le metriche di un sito è un impresa ardua.

Ma con una checklist sempre a portata di mano il gioco si fa interessante.

Dalle nozioni di base della SEO agli elementi che devi tenere presente quando analizzi i tuoi segnali off-page, usa questa lista di controllo come punto di riferimento per assicurarti che il tuo sito aderisca alle migliori pratiche di visibilità.

In questo articolo scopriamo da cosa è composta una checklist SEO di successo.

Checklist SEO di successo. La prima tappa è la Keyword Research

Prima di presentarvi la checklist SEO di successo facciamo un po’ di chiarezza sulla SEO e le sue molteplici declinazioni.

Con l’acronomio SEO – Search Engine Optimization – si intendono tutte quelle attività volte a migliorare la scansione, l’indicizzazione ed il posizionamento di un’informazione o contenuto presente all’interno di un sito web, da parte dei crawler o bot, dei motori di ricerca e, in particolare, di Google, al fine di mantenere e migliorare il posizionamento nella pagina dei risultati del motore di ricerca: la SERP.

Pertanto possiamo parlare di un’attività olistica che richiede un elevato livello di attenzione su vari elementi.

Prima fra tutte la keyword research.

Si tratta, infatti, del primo step di ogni strategia SEO ed è essenziale per capire quali e quanti contenuti ha senso creare, per cercare di posizionare un sito puntando su argomenti di maggior interesse per gli utenti del web.

Sì, perché prima di lavorare sui contenuti del sito web bisogna scoprire quali termini di ricerca vengono utilizzati maggiormente dal pubblico. Solo in questo modo si possono creare e pubblicare contenuti utili e di alta qualità.

Un altro aspetto importante da considerare è riferito alle Money Keyword. È necessario verificare le keyword che porteranno lead, vendite e conversioni al sito.

Non meno importanti sono le keyword longtail che permettono di intercettare il più ampio interesse di ricerca grazie a parole chiave più specifiche che hanno maggiori probabilità di produrre conversioni.

LEGGI ANCHECome ottimizzare gli obiettivi SEO in modo semplice e veloce grazie al software multifunzione SE Ranking

Conoscere il proprio pubblico: Buyer Persona

Per ottenere un ampio elenco di keyword utili a posizionare il sito web è necessario esplorare e conoscere il proprio pubblico di riferimento. Quest’ultimo infatti utilizza i motori di ricerca.

Gli utenti usano termini specifici per cercare prodotti, servizi, attività e argomenti specifici.

Al SEO writer spetta il compito di capire cosa i clienti si aspettano di trovare, quali sono i momenti in cui un prodotto o servizio sono maggiormente ricercati e come si comportano i competitor del nostro stesso settore.

La ricerca di parole chiave specifiche per il proprio pubblico è un’attività importante per evitare di scrivere contenuti inefficaci.

SEO On page e SEO Off page

Google, infatti, premia contenuti che ritiene particolarmente utili per il proprio pubblico. Per fare questo Big G deve analizzare il contenuto sotto vari aspetti.

Innanzitutto l’aspetto del significato.

Per fornire risultati pertinenti, infatti, deva capire cosa stanno cercando gli utenti e, quindi, il loro search intent. Per questo Google ha sviluppato modelli linguistici per cercare di comprendere in che modo le poche parole che hai inserito nella casella di ricerca corrispondono ai contenuti più utili a disposizione.

Il secondo criterio è la rilevanza dei contenuti e, dunque, la pertinenza rispetto all’intento di ricerca. Oltre alle parole chiave, i sistemi del motore di ricerca analizzano anche se i contenuti sono pertinenti per una query in altri modi.

Vengono utilizzati, poi, dati aggregati e anonimi sulle interazioni per valutare quali risultati di ricerca sono pertinenti rispetto alle ricerche.

Trasformiamo tali dati in indicatori che aiutano i nostri sistemi di machine learning a valutare meglio la pertinenza.

La qualità è un altro parametro attraverso cui il motore di ricerca attribuisce priorità ai contenuti più utili che presentano autorevolezza e affidabilità.

Tra gli altri, poi, Google adotta criteri di usabilità e, quindi, valuta l’esperienza dell’utente nella visualizzazione delle pagine di contenuto e il contesto entro cui si esegue una ricerca.

La SEO off page, invece, include quelle tattiche che riguardano le attività svolte fuori dal tuo sito Web.

La link building è spesso considerata la principale tattica off-page, ma ci sono anche altre attività che si possono portare avanti, come il content marketing, i social media, la comparsa sui podcast, le recensioni, le citazioni locali e altro ancora.

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Search Console, Google Analytics e Sitemap

Nell’ambito della propria strategia online è necessario conoscere le prestazioni del proprio sito web oltre a un’ampia mole di dati che si possono utilizzare per aumentare la visibilità e il traffico organico delle pagine.

Google Search Console è lo strumento che ci offre un valido aiuto in tal senso ed è possibile imparare ad usarlo grazie alle risorse gratuite messe a disposizione da Google Support.

Google Analytics è uno strumento di analisi gratuito che consente di visualizzare dati e approfondimenti su quante persone stanno visitando il tuo sito, chi sono e come interagiscono con esso. Anche in questo caso Google mette a disposizione risorse gratuite per imparare ad usarlo nel modo più corretto.

Lo scopo di una sitemap è aiutare i motori di ricerca a decidere quali pagine devono essere sottoposte a scansione e quale è la versione canonica di ciascuna.

La sitemap è composta da un elenco di URL che specificano il contenuto principale del sito per assicurarsi che venga sottoposto a scansione e indicizzato.

Google supporta diversi formati di sitemap, ma XML è il più usato. In genere, troverai la sitemap del tuo sito su https://www.dominio.com/sitemap.xml.

Dopo aver creato la sitemap è necessario assicurarsi che sia stata inviata ai motori di ricerca.

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Plugin SEO per WordPress

Se si sta realizzando un sito in WordPress, come nella maggior parte dei casi, è necessario installare un plugin SEO per gestire tutte le aree di miglioramento che il tool ci propone.

In questo modo si possono tenere sotto controllo i principali parametri della nostra strategia di ottimizzazione e, in particolare, la nostra keyword, la meta description, il SEO Title, attributi alt delle immagini, link interni e link esterni nonché la presenza della keyword nel contenuto e la sua frequenza di distribuzione.

Questi plugin sono molteplici e, ognuno, prevede piani gratuiti e a pagamento a seconda delle funzioni che si desidera utilizzare per implementare la propria strategia SEO. Come ad esempio creare o modificare File Robots.txt.

File Robots.txt e Crawlability

Molto semplicemente, il file robots.txt del sito comunica ai crawler dei motori di ricerca le pagine e i file che i crawler web possono o non possono richiedere al tuo sito.

Si utilizzano i File Robots.txt per impedire la scansione di alcune sezioni del sito impedendone la visualizzazione su Google. Per sapere se su un sito è attivo basta utilizzare la stringa https://www.dominio.com/robots.txt.

La Crawlability, invece, descrive la capacità del motore di ricerca di accedere ad un sito ed eseguire la scansione del contenuto di una pagina. Se un sito non presenta problemi di scansione, allora i web crawler possono accedere a tutti i suoi contenuti facilmente, seguendo i collegamenti tra le pagine.

Utili consigli per una checklist SEO di successo

La SEO tecnica è quell’area di attività che attiene, appunto, agli elementi tecnici di un sito. La prima cosa da fare è assicurarsi che si stanno utilizzando certificati di sicurezza come gli HTTPS, individuato come fattore di ranking dal 2014. Bisogna poi verificare che non vi siano pagine duplicate come https://www.dominio.com, https://dominio.com, http://www.dominio.como https://dominio.com.

La versione più comune è la prima. Tutte le altre devono avere un redirect 301 che rimandino al principale. La velocità del sito è fondamentale: è qui che si gioca una partita importante. Un sito lento scoraggia gli utenti che progressivamente abbandoneranno il sito facendo aumentare vertiginosamente il bounce rate del sito. Uno strumento come questo può essere utile per valutare le performance del sito.
Checklist SEO di successo Google Page Speed Insight

L’ultimo consiglio della nostra checklist SEO di successo? Rendere il sito particolarmente dinamico anche sotto il profilo dei contenuti e, quindi, sempre aggiornato. Occhio, ovviamente, a evitare fenomeni di content inflation puntando a contenuti efficaci e di qualità.

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Recruitment marketing ed employer branding: tutte le principali differenze

Vengono spesso associate e confuse come un’unica cosa, ma il recruitment marketing e l’employer branding sono in realtà due facce diverse della stessa medaglia. Infatti, entrambe le discipline hanno il ruolo di rendere il brand più interessante agli occhi di chi sta cercando lavoro.

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Ma quali sono le principali differenze e in che modo interagiscono tra loro? Per comprendere al meglio di cosa stiamo parlando è necessario partire dalle definizioni.

Il significato di employer branding

L’employer branding è il processo che consiste nel definire e mantenere positiva l’immagine di un’azienda come possibile datore di lavoro. Dunque è strettamente correlata al modo in cui l’azienda viene percepita dai dipendenti attuali e potenziali. Ovviamente una migliore percezione della società come luogo di lavoro concorre anche al miglioramento del posizionamento del brand nel mercato.

Lo stesso Richard Branson, fondatore di Virgin, ha provato a spiegare l’importanza strategica dell’employer branding dichiarando: “Non vengono prima i clienti. Sono i dipendenti che vengono prima. Se ti prendi cura dei dipendenti, loro si prenderanno cura dei clienti”.

Le componenti principali dell’employer branding

Alla base dell’employer branding ci sono alcuni passaggi da considerare che sono fondamentali per una strategia di posizionamento ideale del brand nel mondo del lavoro:

  1. la definizione dell’Employer Brand dell’azienda in cui sia espressa la mission, la vision e la value proposition.
  2. la definizione dell’Employee Value Proposition con i vantaggi e i premi per i propri dipendenti.
  3. la definizione della Candidate Persona ossia la rappresentazione del tuo candidato ideale.
  4. la definizione della cultura aziendale.
  5. la gestione della reputazione dell’azienda.

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McKinsey & Co., una lezione da seguire nell’employer branding

Una delle più interessanti case history è rappresentata da McKinsey & Co., il brand più famoso al mondo nella consulenza manageriale che, nel 2020, contava 30 mila dipendenti. La sua employee value proposition è sempre stata chiara: chi va via da McKinsey & Co. può lavorare ovunque. Una promessa mantenuta se si pensa che, nel 2000, 70 ex dipendenti dell’azienda erano tra i CEO delle compagnie nella Fortune 500.

Ma cosa differenzia McKinsey & Co. da altri player? Il costante sforzo nel rafforzare la storia e l’identità della compagnia per favorire l’inserimento di talenti tra i propri dipendenti.

Nel frattempo, l’azienda si impegna quotidianamente per creare un ambiente di lavoro aperto alle tematiche dell’inclusione e dell’equità tanto da avere rappresentate oltre 140 cittadinanze all’interno degli uffici presenti in 65 Paesi e da investire 20 milioni di dollari nella ricerca su D&I.

Che cos’è il recruitment marketing?

Il recruitment marketing è l’attività di promozione dell’employer branding di un’azienda. Il suo obiettivo finale è quello di attrarre, coinvolgere, assumere e trattenere talenti di alta qualità attraverso il processo di selezione.

In un mondo del lavoro sempre più saturo e in cui le persone sanno bene cosa vogliono, le aziende attuano strategie di marketing per aggiudicarsi le persone più valide da integrare nel proprio organico. Ecco perché i recruiter hanno iniziato a pensare come marketer, cercando di unire agli annunci di lavoro delle vere e proprie brand strategy per favorire il recruiting.

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Le componenti principali del recruitment marketing

A differenza dell’employer branding, il recruitment marketing ha come elementi chiave:

  1. Comunicare con i candidati incoraggiandoli a compilare una candidatura.
  2. Scrivere offerte di lavoro chiare ed accattivanti, magari grazie al supporto degli attuali dipendenti che sapranno focalizzarsi sui punti di forza dell’azienda e sui vantaggi nel lavorare per essa.
  3. Creare contenuti che nutrano l’employer branding e che generino fiducia nei candidati.

Le differenze tra l’employer branding e il recruiment marketing

La prima grande differenza tra queste due discipline è la finalità. Infatti, l’employer branding serve a definire il posizionamento dell’azienda come datore di lavoro, mentre il recruitment marketing è finalizzato a promuoverlo.

La seconda differenza sta nella flessibilità. Il marketing si evolve a seconda delle esigenze di mercato, l’employer branding resta immutato e ben saldo sugli asset valoriali dell’azienda.

La terza differenza è l’interconnessione. Pur non essendo intercambiabili, entrambi sono interconnessi perché l’uno non può prescindere dall’altro.

Nel panorama attuale in cui le persone sono sempre più attente a trovare un posto di lavoro in cui realizzare i propri obiettivi senza rinunciare alla qualità della vita, avere una visione chiara di cosa si può offrire in termini di vision e mission è l’unica regola che può avvicinare grandi talenti alla propria azienda.

Come guadagnare e mantenere la fedeltà dei clienti sul lungo periodo

La Brand Advocacy è il sostegno incondizionato che i clienti offrono al brand e rappresenta oggi un fattore più importante che mai per la crescita a lungo termine di ogni business ed è raggiungibile attraverso una efficace strategia di Brand Loyalty.

Sono infatti già molti i brand manager e i CEO di tutta Europa a ritenere fondamentale per il business guadagnare e mantenere la fedeltà dei consumatori.

Per sottolinearne l’importanza, Territory Influence ha raccolto alcuni dati da vari brand manager di diversi settori in tutta Europa che mostrano il loro punto di vista su:

  • cosa la Brand Loyalty significhi per loro e per i loro brand;
  • ruolo dell’esperienza nel promuovere la fedeltà;
  • come gli influencer abbiano aiutato i loro brand ad aumentare la fedeltà delle persone. 

Dai dati raccolti risulta che:

  • il 75% dei consumatori è leale ad almeno un brand;
  • il 60% dei consumatori consiglierebbe i brand a cui è fedele ad amici e parenti.

Ma quando parliamo di brand loyalty cosa intendiamo esattamente? Cosa comporta e come si acquisisce? Vediamolo insieme punto per punto.

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Cos’è la Brand Loyalty e come si misura

Possiamo definire la Brand Loyalty come la tendenza di alcune persone a continuare ad acquistare la stessa marca di prodotti invece che da marchi concorrenti.

brand loyalty

I clienti che possono essere ritenuti fedeli al marchio si distinguono poiché ritengono che un determinato marchio rappresenti una qualità e un servizio superiore rispetto a qualsiasi concorrente a dispetto di quale potrebbe essere il prezzo, fattore che perde di importanza alla luce di una acquisita fedeltà al brand. 

Per misurare la Brand Loyalty  possiamo usare tre elementi o metodologie:

  • la fidelizzazione del cliente;
  • il valore della vita del cliente;
  • sondaggi sulla soddisfazione del cliente.

Ma quali sono gli elementi imprescindibili per fidelizzare i nostri clienti? Vediamolo insieme.

Come si crea una Brand Loyalty strategy efficace

Sono tante le metodologie utili che possono essere impiegate per la creazione della Brand Loyalty.

In questo articolo abbiamo raccolto alcune delle strategie più utilizzate.

Punta sulla qualità

La qualità è la caratteristica principale che un prodotto o servizio deve avere per puntare a creare una brand loyalty.

Potenzia il servizio clienti

Garantire che i clienti ricevano sempre un servizio di assistenza ottimale è un investimento che aumenta il livello di fedeltà al marchio.

Utilizza Brand ambassador

Un ambasciatore del marchio è fondamentale per facilitare il processo di brand loyalty ed è possibile se questo ha una conoscenza approfondita del prodotto o servizio di cui si fa portavoce oltre che una community in target fidelizzata.  Si parla in questi casi di influencer.

Crea una community

Creare una comunità online è utile per la promozione della brand loyalty e questo vale in qualunque settore.

Perché la Brand Loyalty è importante e quali sono i vantaggi

Il motivo principale per cui la Brand Loyalty è considerata così importante è semplice ed è legato alla redditività del business.

Infatti i dati mostrano come:

  • il 65% delle entrate nella maggior parte delle aziende proviene da rapporti commerciali ripetuti con i clienti già acquisiti;
  • i clienti esistenti fedeli ai marchi acquistano il 90% più frequentemente rispetto ai nuovi clienti.

Inoltre un fattore aggiuntivo per cui la brand loyalty è conveniente per il business consiste nel fatto che mantenere il cliente fedele al marchio è un’operazione molto meno costosa rispetto alle strategie di marketing da seguire per attirare nuovi clienti.

Riguardo invece ai vantaggi che si possono avere nell’investire nella brand loyalty possono tradursi in particolar modo in due fattori:

  • maggiori numero di acquisti ripetuti dagli stessi clienti che percepiscono la marca come migliore rispetto alla concorrenza;
  • crescita dei ricavi ottenuti dal brand;
  • ogni consumatore fedele parlerà bene del brand promuovendolo in prima persona;

Come aumentare la Brand Loyalty con l’Influencer Marketing

L’influencer marketing permette più di ogni altra cosa di promuovere un brand costruendo la Brand Loyalty grazie ad una persona che si fa portavoce del brand trasmettendo caratteristiche del servizio o prodotto, ma anche valori dell’azienda e lo fa alla sua community, ovvero un numero significativo di persone che la seguono per un rapporto di fiducia creato.

influencer marketing brand loyalty

Per questo motivo è essenziale che il portavoce abbia caratteristiche precise e adatte alla promozione del brand.

Le principali caratteristiche quindi, a cui porre attenzione nella creazione di una influencer marketing strategy possono essere riassunte nella scelta dell’influencer più adatto che dovrebbe avere:

  • una community fidelizzata;
  • un target di followers in linea con il brand da promuovere;
  • una conoscenza o competenza specifica nel prodotto o servizio di cui si fa portavoce.

A poter contare su queste caratteristiche non sono solo i macro influencer, ma anche quelli definiti come nano e micro influencer, ovvero persone seguite sui loro profili social da un numero inferiore di utenti purché questi siano in target con gli argomenti trattati dall’influencer e da quanto offerto dall’azienda di cui questo si fa portavoce.

Questi sono alcuni ma non tutti gli elementi da considerare per la costruzione di una strategia di Influencer Marketing che porti alla costruzione della brand loyalty e conoscere tutti gli elementi è un fattore essenziale per creare una strategia in linea con le aspettative desiderate.

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sostenibilità e brand

Giornata Mondiale della Terra 2023: perché comunicare la sostenibilità è indispensabile per i brand

Il cambiamento climatico, in atto ormai da molto tempo, sta avendo impatti significativi sulle persone, sulle aziende e più in generale, sull’economia.

Da eventi climatici estremi alla mancanza di risorse fino alla povertà crescente, la “salute” del pianeta è in pericolo e gli effetti dello stato di emergenza climatica sono ogni giorno sempre più evidenti.

Secondo l’ultimo report condotto dall’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico), il tasso di crescita della temperatura è il più alto mai registrato, così come sono in costante aumento anche l’intensità e la frequenza dei disastri naturali.

LEGGI ANCHE: Il futuro degli acquisti è sempre più sostenibile: i dati del report Conscious Commerce

Di conseguenza, una rapida transizione ecologica riveste un ruolo importante per molti nella quotidianità.

Nonostante il carovita dettato dal difficile contesto geopolitico e dall’inflazione, la sostenibilità ambientale è fonte di preoccupazione per molti, influenzando direttamente le abitudini d’acquisto.

Il recente Deloitte 2023 CxO Sustainability report mostra che il cambiamento climatico è identificato dalle aziende in tutto il mondo tra le tre principali criticità da tenere in considerazione per il 2023, superando innovazione digitale e talent pipeline.

Il 75% delle realtà rispondenti, inoltre, ha aumentato nel 2022 gli investimenti legati alla sostenibilità ambientale.

Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di aziende ha scelto di promuovere campagne pubblicitarie e implementare policy sostenibili a 360°.

La sostenibilità è sempre più importante per le persone (e per i brand)

In occasione della Giornata Mondiale della Terra, che ricorre annualmente il 22 aprile, Ninja Marketing invita a riflettere sui motivi per cui diventare aziende “green” è una necessità assoluta – non più solamente un’alternativa – grazie ai consigli di Saverio Schiano, Head of Sales for Italy Pinterest. 

Saverio Schiano Pinterest

Perché è diventato fondamentale comunicare la sostenibilità? E cosa consiglieresti ai brand per evitare il greenwashing?

La sostenibilità non va trascurata a livello di business.

Le aziende e i marketer devono, infatti, attivarsi per migliorare l’ambiente: si tratta di una mossa decisiva per vincere le sfide del futuro e incontrare i desideri delle persone, che – in numero sempre maggiore – si informano sul peso ambientale delle proprie azioni.

Inoltre, si riconosce l’importanza strategica della transizione ecologica: a confermarlo, per esempio, in Europa è il 61% dei cittadini adulti, come riportato dal report  European Sustainability Foundational Study condotto da Kantar.

kantar sostenibilità

E diventa tassativo, pertanto, reinventare la propria modalità di comunicazione senza, tuttavia, incorrere nel greenwashing.

Un primo consiglio, in apparenza semplice ma spesso non applicato da chi vuole comunicare la sostenibilità, è di argomentare qualsiasi informazioni con dati e insight: la conoscenza, quindi, del proprio business in toto è di assoluta importanza per poter introdurre policy ambientali che contribuiscono effettivamente alla creazione di un mondo più verde.

In un processo lungo e pieno di incertezze come la ricerca della sostenibilità, non ci si aspetta che le aziende abbiano tutte le risposte fin da subito (la “perfezione” non esiste e in questo campo, ancora meno), ma l’onestà è certamente un fattore non di poco conto per ottenere la fiducia dei consumatori.

Infine, è bene prestare attenzione al linguaggio scelto nella comunicazione green: l’aggiunta di maggiori dettagli e la ricerca del significato di termini apparentemente “innocui” (ma in realtà, definiti da regolazioni severe) è essenziale!

Di contro, non si deve pensare al green hushing come una via percorribile.

Con questo termine, si fa riferimento ad un fenomeno nuovo, meno conosciuto rispetto al ben noto greenwashing: per paura di conseguenze spiacevoli, reputazionali ed economiche, le aziende scelgono di non comunicare i propri obiettivi di sostenibilità. 

LEGGI ANCHE: Stella McCartney lancia S-Wave, il simbolo della sostenibilità

Quali sono i trend ambientali riscontrati tra i consumatori di recente?

I consumatori sono sempre più alla ricerca di insight sui eco-trend più recenti per poter cambiare il proprio stile di vita, dalla scelta di prodotti più rispettosi dell’ambiente alla riduzione del consumo di carne fino a mezzi di trasporto a basso impatto ambientale.

C’è la volontà di comprendere appieno i cambiamenti ecologici in atto e conseguentemente, di agire per contrastarli nella vita di tutti i giorni (di questa radicale spinta green, Gen Z e Millennials sono i principali promotori).

Oltre il 90% delle persone su Pinterest settimanalmente cercano ispirazione sulla piattaforma per attività volte a diminuire la propria impronta ecologica come il riciclaggio, la donazione di oggetti, la riduzione dell’utilizzo di plastica, l’acquisto di elettrodomestici a basso consumo energetico e il supporto alle imprese locali.

Non solo, ma abbiamo anche constatato che ricerche per termini come “casa autosufficiente”, “energia off grid”, “ecopunk”, e “alloggi collettivi” sono in aumento sulla piattaforma (rispettivamente del 340%, 100%, 130%, e del 150%).

Un’altra conferma del cambio di rotta “verde” arriva dal nostro ultimo report, Pinterest Predicts 2023, che prevede un’attenzione verso pratiche ecologiche come soluzioni alternative per la raccolta di acqua piovana, l’arredamento vintage e i viaggi in treno.

Come le aziende possono sfruttare questi trend per implementare campagne di marketing efficaci?

Per poter sfruttare al meglio gli insight della piattaforma e creare campagne di comunicazione efficaci, il motto delle aziende e dei marketer dovrebbe essere “be educational”: per esempio, la collaborazione con esperti di settore permette di fornire consigli e guide di valore su come vivere in modo sostenibile.

Nonostante la Giornata Mondiale della Terra sia un’ottima occasione per riflettere su temi ecologici e sociali, ogni giorno dovrebbe essere dedicato alla salvaguardia del nostro pianeta.

Non da ultimo, implementare l’utilizzo delle cosiddette credenziali verdi.

Ossia, utilizzare statistiche chiare per mostrare come il vostro marchio o prodotto sia sostenibile e utilizzare termini come “meno plastica”, “a base vegetale”, “biologico” o “coltivato in modo sostenibile” per posizionarlo al meglio.

Parte l’AI Fashion Week, l’evento più atteso dagli stilisti della AI generativa

La città che non dorme mai, la Grande Mela, New York ospita la prima AI Fashion Week dedicata agli stilisti emergenti della moda, che sviluppano le loro creazioni mediante l’utilizzo della Intelligenza Artificiale Generativa.

Partecipano sia stilisti che creatori di AI che, grazie alle loro creazioni, daranno vita a questo incredibile evento unico nel suo genere.

ai fashion week

AI Fashion Week: quando e dove

Le date della AI Fashion Week sono fissate dal 20 al 21 aprile 2023 e vedranno competere tra loro più di 350 creator. La location è al centro di Manhattan presso lo Spring Studio.

L’evento è gratuito ed è stato organizzato in collaborazione con Revolve Group, organizzazione specializzata nella rivendita di moda online, di abbigliamento e calzature, accessori e prodotti di bellezza per il target millennial e generation Z.

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L’Intelligenza artificiale nella moda

Come già detto, l’evento ha lo scopo di scoprire i nuovi talenti della moda: è un vero e proprio scouting di talenti della moda che operano con l’ AI, tanto è che nella giuria sono presenti personaggi di tutto rilievo, come:

  • Pat McGrath, è una delle più prestigiose truccatrici al mondo e la sua influenza nel mondo della bellezza e della moda non ha rivali da oltre 20 anni. L’aspetto visionario che immagina e che quindi crea per sfilate di moda, pubblicità e riviste – definisce i futuri canoni della bellezza.
  • Tiffany Godoy di Vogue Giappone, è una giornalista e influencer di moda esperta di internet.
  • Natalie Hazzout, casting director di Celine, azienda francese di vendita al dettaglio di abbigliamento e accessori.

Negli ultimi mesi l’interesse del settore moda nell’ AI generativa ha superato di gran lunga quello sul Metaverso, dei token non fungibili (NFT), della realtà aumentata e virtuale, argomenti che restano obiettivi di medio periodo rispetto all’AI che ha invece interessato da subito il settore, mostrando gli innumerevoli ambiti di applicazione.

Quello che è importante tenere in considerazione è che questa tecnologia è diventata ampiamente disponibile solo di recente ed è ancora piena di problemi e bug preoccupanti, ma tutto mostra che possa migliorare velocemente di giorno in giorno e diventare un punto di svolta in molti aspetti del business.

AI Fashion Week

Secondo l’analisi di McKinsey, in un periodo compreso tra i tre e i cinque anni l’AI generativa potrebbe raggiungere fino a 275 miliardi di dollari di profitti nei settori dell’abbigliamento, della moda e del lusso.

Attualmente i designer, i direttori creativi e i rivenditori possono fare affidamento non solo sui report di tendenza e sull’analisi di mercato, ma possono utilizzare l’AI generativa per analizzare in tempo reale vari tipi di dati non strutturati.

AI fashion Week: dalle sfilate al business

L’AI generativa può, ad esempio, aggregare rapidamente ed eseguire analisi del sentiment dai video sui social media o modellare le tendenze da più fonti di dati sui consumatori.

I direttori creativi e i loro team possono inserire schizzi e i dettagli desiderati, come tessuti, tavolozze di colori e motivi, in una piattaforma alimentata dall’intelligenza artificiale generativa che crea automaticamente una serie di “proposte”, consentendo così ai designer di giocare con un’enorme varietà di stili e look.

Un team potrebbe quindi progettare nuovi articoli sulla base di questi risultati, mettendo il tocco distintivo di una casa di moda su ciascuno dei look. Questo apre le porte alla creazione di prodotti innovativi in ​​edizione limitata che potrebbero anche essere collaborazioni tra due marchi.

Ed è proprio in questa direzione che si muove la AI generativa, individuare i creativi che in questo momento stanno utilizzando in maniera migliore l’ AI generativa.

AI generativa nella moda e Fashion Week 2023

Ai designer viene fornita una piattaforma che ha la funzione di vetrina, grazie alla quale possono mostrare le loro creazioni realizzate tramite AI a eventuali clienti oppure a direttori creativi.

Quando parliamo di creazioni intendiamo, come previsto dagli organizzatori, collezioni costituite da minimo 15 look ad un massimo di 30.

In questo modo si incoraggiano i designers a mettersi in luce a presentare creazioni che altrimenti rimarrebbero nel cassetto e tutto questo consente di creare un nuovo mercato accessibile a tutti oltre che fornire i nuovi designer a sperimentare le tecnologie generative basate su AI.

Gli organizzatori della AI Fashion Week puntano hanno formato la giuria coinvolgendo sponsor tra le grandi firme della moda per offrire premi in denaro ai vincitori. Sono in programma altri eventi subito dopo il calendario della settimana della moda per attirare una maggiore attenzione sull’evento.

Parte l'AI Fashion Week

Le creazioni generate dall’intelligenza artificiale sono state tra i temi più caldi di questi mesi. La moda fantasy, le calzature ed i design di accessori sono ora diffusi su Internet. I creativi ricreano l’immagine dei capi dei loro marchi preferiti e ne sviluppano di nuovi, in alcuni casi creano capi ancora più belli degli originali.

L’AI Fashion Week rappresenta un punto di partenza per tutta una serie di applicazioni ed eventi che possono valorizzare la creatività aprendo nuove prospettive di business per il mondo della moda e per i creativi.

Responsabilità sociale d’impresa, i passi da seguire per realizzarla davvero

A partire dal primo decennio del XXI secolo, il marketing viene accusato di essere uno dei colpevoli della crisi economica, reo di diffondere un atteggiamento iperconsumista, che ha legato il concetto della felicità al possesso dei beni materiali.

Già negli anni ’70, Pier Paolo Pasolini, criticava sul Corriere della Sera l’economia del consumismo, seguito da una miriade di psicologi internazionali.

Nel tempo, il marketing ha necessariamente dovuto migliorare la propria immagine, sfruttando la carta della responsabilità sociale d’impresa. Non si parla quindi di marketing tradizionale bensì di marketing sostenibile e responsabile: non più centrato sul benessere individuale di breve periodo ma sul benessere collettivo di lungo periodo.

La responsabilità sociale d’impresa è un “must have”

Per sopravvivere l’azienda, oggi, deve agire nell’ottica di una responsabilità sociale d’impresa.

Se fino a poco tempo fa, l’attenzione alle problematiche della società era una scelta originale per differenziarsi, ora è necessario per la sopravvivenza di lungo periodo, non solo per le grandi imprese, ma anche per le piccole realtà.

Nella scelta di un prodotto da parte del consumatore, il criterio economico non è più l’unica variabile considerata, soprattutto per la Generazione Z. Si fa attenzione ad altri elementi, quali, il packaging plastic free, lo schieramento dell’azienda contro il gender gap, o ancora, il sostegno ai diritti LGTBQ+, e così via.

Vengono valutate una serie di misure e pratiche con fini etici, ambientali e sociali che un’impresa mette in atto nelle sue operazioni commerciali.

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responsabilità sociale d'impresa

L’azienda come “cittadino” della comunità

Se in passato le aziende potevano concentrarsi esclusivamente sul raggiungimento della redditività, ora la necessità è di ottenerla mostrando qualcosa in più, lavorando per il bene della comunità.

L’impresa è un sistema aperto che si relaziona con l’ambiente. Per perdurare nel tempo deve seguire i passi della società, e adeguarsi ai cambiamenti richiesti dai consumatori, che, grazie al web, discutono e si confrontano.

Se la reputazione aziendale è l’asset intangibile da seguire, allora la migliore reputazione possibile è quella che si realizza dimostrando l’impegno nell’ambito comunitario. All’azienda è richiesto una responsabilità sociale d’impresa che migliori le condizioni ambientali e sociali della comunità nella quale è inserita, secondo un atteggiamento “corporate citizenship”, quello proprio di un cittadino.

La cittadinanza d’impresa, promossa dall’ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel 2000, nel Global Impact, comprende 10 principi essenziali:

  1. promuovere i diritti umani
  2. non essere complici di abusi dei diritti umani
  3. sostenere la contrattazione collettiva
  4. eliminare il lavoro obbligatorio
  5. eliminare il lavoro minorile
  6. eliminare le discriminazioni lavorative
  7. sostenere un approccio preventivo alle sfide ambientali
  8. promuovere azioni di responsabilità ambientale
  9. contrastare la corruzione
  10. incoraggiare lo sviluppo di tecnologie che rispettino l’ambiente

I concetti, ribaditi nel 2001 nel Libro Verde dall’Unione Europea, sottolineano che la sostenibilità non è l’elemento per differenziarsi dalla concorrenza, quanto una via da seguire per rimanere competitivi, e i programmi di responsabilità sociale d’impresa rappresentano un modo per soddisfare questo obiettivo.

Secondo un sondaggio pubblicato dal Word Economic Forum, 9 cittadini su 10, a livello globale, auspicano di vivere in un modo maggiormente sostenibile nel post-Covid 19.

Il 72% degli intervistati dichiara di aspettarsi un miglioramento delle condizioni di vita anziché un ritorno alla vita pre-pandemia.

Si tratta di un messaggio chiaro che le aziende non possono ignorare, “continuiamo a valutare il successo su basi unicamente finanziarie” ha affermato in un intervento al vertice WEF, Alan Jope, Chief Executive Officer di Unilever, “è bizzarro e superato. Le nostre metriche finanziarie, così come la misura della ricchezza di un paese basata sul PIL, stanno creando diseguaglianze sociali e degrado ambientale”.

D’altronde, come asseriva Robert Kennedy nel 1968, “il PIL misura tutto tranne ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.

Come realizzare una strategia di responsabilità sociale d’impresa

Il concetto di CSR (corporate social responsability), fu espresso già nel 1953 nel libro Social Responsability of Bussinessman di Howard R. Bowen, nel quale l’autore si chiede quali responsabilità verso la società sia lecito aspettarsi da chi dirige un’impresa.

La Commissione Europea definisce la CSR come “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”.

responsabilità sociale d'impresa

Quali sono i passi da seguire per realizzare una strategia d’impresa responsabile?

  • Determinare i valori aziendali, secondo le priorità della comunità, collegandoli al brand. Un esempio, è il lavoro di Access Writers Program di WarnerMedia, (produttore di intrattenimento tv), il cui ultimo programma è focalizzato sul migliorare l’accesso alle professioni televisive da parte dei soggetti delle comunità più svantaggiate
  • Ottenere informazioni dettagliate da parte degli stakeholder (attraverso sondaggi, a risposta aperta e multipla), in modo da capire rispetto a quali temi ambientali e sociali i clienti sono più sensibili, e cosa conoscono del passato dell’impresa stessa. Il punto di partenza è la raccolta di feedback da parte degli stakeholders interni dai quali poi si possono intercettare le esigenze della comunità esterna. A tale scopo può risultare utile leggere le informazioni di Community Tool Box, che offre suggerimenti utili per comprendere le esigenze dell’attuale società
  • Prendi in prestito una buona strategia: cerca di individuare i campi di sostenibilità più seguiti. Non pensare che copiare sia sempre un fatto negativo, ogni brand sarà comunque unico nello sviluppare la propria strategia. Per selezionare le migliori strategie già messe in atto ci si può rivolgere alla Baker Library della Harvard Business School, che offre un elenco di report sulla responsabilità sociale delle imprese (la maggior parte delle quali allineate con gli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite sopra citati)
  • Coinvolgimento interno, è fondamentale che la leadership sappia coinvolgere i dipendenti nella creazione della strategia, che permetta loro di rispecchiarsi nel valore supportato, e consenta la massima condivisione dei feedback, in modo da creare un maggiore senso di comunità, soddisfazione e motivazione. È importante che tutti i dipartimenti dell’azienda collaborino tra loro per il raggiungimento dell’obiettivo, in particolar modo è auspicabile la collaborazione del team che si occupa della responsabilità sociale d’impresa con l’area marketing e comunicazione
  • Creare partenariati esterni, dare vita a collaborazioni con organizzazioni o individui che nella società stanno già portando avanti i valori di CSR condivisi dall’impresa. Può essere vantaggioso per generare soluzioni alternative e aprire nuove opportunità riguardo a finanziamenti, sponsorizzazioni e occasioni di volontariato
  • Essere chiari e trasparenti, fissando obiettivi misurabili con metriche di misurazione, per mantenere la fiducia delle persone e a creare un senso di rigore e cura intorno al marchio. Utilizzare un linguaggio numerico consente inoltre di valutare e capire con maggiore facilità i risultati, anche all’impresa stessa. Altrettanto importante sarà poi comunicarli, ciò può avvenire attraverso diversi canali, sito web, newsletter, social media ecc.
  • Migliorarsi continuamente, le strategie di responsabilità sociale d’impresa devono saper essere flessibili perché riguardano le esigenze delle persone, e come tali sono in continua evoluzione. Ad esempio, con la diffusione del Covid-19, molte aziende hanno dovuto adeguarsi ai cambiamenti e rivedere i loro piani repentinamente. Saper anticipare è senza dubbio un fattore chiave.

Parola d’ordine: Report

A causa delle restrittive normative governative e dell’autoregolazione di alcuni, la necessità di una puntuale rendicontazione circa la responsabilità d’impresa è andata crescendo

Il World Business Council Sustainable Development definisce il report pubblico come la modalità da parte delle aziende di fornire informazioni agli stakeholders (interni ed esterni). Il report fornisce un quadro della posizione aziendale sulle attività circa la dimensione economica, ambientale, sociale.

Consente di individuare i punti deboli da migliorare e fornisce informazioni spesso assenti dai rapporti finanziari, tanto che, al classico bilancio economico-finanziario, è abitudine allegare il bilancio sociale.

report responsabilità sociale d'impresa

Il report rappresenta l’impegno dell’azienda nei confronti degli stakeholders, ne migliora la fiducia, e fornisce la potenzialità di attirare nuovi investitori green.

Secondo l’indagine di Deloitte, su oltre 2000 dirigenti, pubblicare e condividere un rapporto annuale di responsabilità sociale d’impresa aumenta la possibilità di ottenere un maggior successo.

Inoltre, protegge la reputazione del marchio contro il rischio di un’errata percezione da parte dei consumatori, che spesso temono che l’azienda possa fare tanti discorsi ma pochi fatti.

Deloitte ha individuato le pratiche per stilare un buon report:

  • Usare indicatori KPI (key performance indicator), riconosciuti a livello globale, che allineano il report alle guide standardizzate
  • Coinvolgere numerosi professionisti e gruppi di consulenza indipendenti per consigliare l’impresa con sguardo obiettivo proveniente dall’esterno
  • Effettuare un incrocio tra report cartaceo e digitale. Ultimamente la pratica si indirizza verso un cartaceo breve che rimanda ad una descrizione più dettagliata sul web, facilmente accessibile ai più.

Chi è il professionista del marketing ambientale

Con lo sviluppo di una responsabilità sociale d’impresa si modifica l’assetto organizzativo aziendale. Si sono rafforzati gli uffici legali delle imprese, si inseriscono così nuove figure necessarie, quali, ad esempio, l’esperto di marketing ambientale.

Si tratta di una figura che sa spaziare dallo studio attento degli adempimenti normativi, alla ricerca dei finanziamenti, fino alla comunicazione all’esterno dell’orientamento imprenditoriale. È una figura che deve saper conciliare gli obiettivi economici dell’impresa con il contributo che fornisce alla società.

Il ruolo da ricoprire richiede skills tecniche normative/ambientali, ma anche competenze trasversali, quali la capacità comunicativa e di leadership.

Dall’identikit del responsabile della sostenibilità, tracciato nel 2022 da Sustainability Markers, emerge che il 64,6% è donna, il 36,5% di esse è in possesso di una laurea in management e il 19,8% di una laurea dell’ambito tecnico-scientifico.

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Attenzione al Greenwashing: quando alle parole non seguono i fatti

Non è sufficiente raccontare di portare avanti dei progetti green, occorre metterli in atto e raggiungere risultati concreti.

Il greenwashing, neologismo inglese, tradotto come ecologismo di facciata, indica la strategia di comunicazione di quelle imprese che, con poco sforzo, cercano di acquisire una reputazione sociale di facciata. “Un’appropriazione indebita di virtù e di qualità ecosensibili per conquistare il favore dei consumatori o, peggio, per far dimenticare la propria cattiva reputazione di azienda le cui attività compromettono l’ambiente” (Furlanetto, 2013).

greenwashing responsabilità sociale d'impresa

Il termine viene fatto risalire al 1986, ad opera dell’ambientalista Jay Westerveld. In quell’occasione, fu utilizzato per denunciare il comportamento degli alberghi che invitavano gli ospiti a ridurre il numero di asciugamani utilizzati dai clienti, al fine di diminuire l’impatto ambientale del lavaggio degli stessi. Il reale motivo, notò l’ambientalista, era invece quello di lenire i propri costi relativi al lavaggio.

Ricorrere a questa strategia è una strada molto pericolosa, che può danneggiare l’impressa anziché aiutarla, come potrebbe sembrare.

Quali sono i principi da seguire per non cadere nella trappola del greenwashing?

  • Autenticità della comunicazione, che deve avere riscontro concreto in ogni particolare che viene raccontato, altrimenti è meglio non dire
  • Sincerità: comunicare le best practice aziendali, ma anche quegli aspetti che vanno migliorati e sui quali si sta lavorando. Non esiste un’azienda ad impatto zero e il consumatore questo lo sa
  • Comunicare le informazioni in modo tecnico, per avere credibilità, ma allo stesso tempo in modo non troppo scientifico. Ricercare un linguaggio creativo per renderlo comprensibile a tutta la comunità
  • Continuità: l’attività di sostenibilità deve essere costante e avere obiettivi di lungo termine, non può estinguersi in un’attività temporanea, una singola azione non rende l’azienda sostenibile
  • Autorevolezza: i dati comunicati circa l’operato sostenibile devono essere certificati da enti esterni, non solo autocelebrati da chi li realizza
  • Non farti travolgere dagli effetti mediatici e dalle mode del momento. Non comunicare un comportamento che potrebbe essere difficile da realizzare concretamente, fissa obiettivi concreti per avere risultati concreti

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