Anche questa settimana i social si sono attivati, ognuno a modo proprio, per contrastare la disinformazione sul coronavirus, e non solo.
Torna, puntuale come ogni settimana, la nostra Week in Social. Vediamo insieme cosa è accaduto negli ultimi giorni.
Twitter supporta il giornalismo
Mentre Twitter sta registrando un aumento di utenti in piattaforma, dall’altra parte, a causa del COVID-19, il numero dei moderatori è diminuito. Per cui il social si affiderà sempre più a tool automatici per monitorare i contenuti, almeno finchè l’attuale situazione non tornerà alla normalità.
Nel frattempo, pensando a uno dei settori che rischia di essere colpito duramente dall’attuale crisi, decide di devolvere 1 milione di dollaria due organizzazioni chiave nel campo del giornalismo.
Facebook contro la disinformazione
Sono molte le misure che Facebook sta prendendo per supportare utenti e aziende.
Intanto, offrirà assistenza gratuita alle agenzie sanitarie che desiderano utilizzare Messenger per diffondere informazioni sul COVID-19.
Continua la sua battaglia alla disinformazione, per far si che i 2,89 miliardi di persone che accedono alle sue app ogni mese, ricevano informazioni tempestive e accurate sulla pandemia in evoluzione.
Nel frattempo, Zuckerberg prova a espandere la sua presenza in India.
Instagram lancia lo sticker Stay Home e il Co-watching
Mentre da pochi giorni è arrivato lo sticker “Stay home“, Instagram lancia un nuovo modo per permettere alle persone di restare in contatto online, nonostante la quarantena. È in arrivo la funzione ‘Co-Watching‘, che permetterà agli utenti di restare connessi tramite video, scorrere insieme il news feed, e condividere i contenuti più interessanti.
Non avrai accesso al tuo regolare news feed durante la videochat, ma sarà comunque un modo divertente per commentare insieme foto e video.
Notizia delle ultime ore: Instagram sta testando una nuova opzione per promuovere la vendita di buoni regalo o fare donazioni tramite il profilo aziendale. Si chiamerà “Link“.
TikTok e Snapchat, tra entertainment e donazioni
In seguito alla partnership annunciata di recente con l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), TikTok si è impegnata a donare 10 milioni di dollari all’OMS per aiutare i suoi sforzi in risposta al coronavirus.
una sezione dedicata agli aggiornamenti sul COVID-19.
un proprio canale dedicato alle informazioni sul COVID-19 chiamato “Coronavirus: Slow the Spread“, per evidenziare i messaggi ufficiali sull’epidemia e condividere stories su come gli utenti stanno affrontando i cambiamenti delle ultime settimane.
un nuovo gioco AR, per dissipare alcuni dei più comuni miti sul coronavirus.- una risorsa chiamata “Here For You“, per fornire assistenza agli utenti della piattaforma.
Su Pinterest arriva “Today”
In un momento come questo, in cui trascorriamo tutti molto tempo in casa, Pinterest ha pensato bene fosse utile lancire un nuovo tool. Arriva “Today“, che raccoglierà tutti gli ultimissimi trend. Today mostrerà anche informazioni sul Covid-19, almeno inizialmente.
E anche per questa settimana, dal mondo dei social è tutto.
Stay home. Stay inspired.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/week-in-sociale.jpg588942Valentina De Felicehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngValentina De Felice2020-03-28 12:34:382020-03-30 13:00:13Week in Social: una quarantena tra lotta alla disinformazione e intrattenimento
MSD Italia si schiera al fianco delle Istituzioni italiane con la donazione di tecnologie e strumenti che consentono il monitoraggio, il trattamento e il controllo dei pazienti cronici da remoto per un valore di mercato fino a 1,5 milioni di euro.
“Come ricordato dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro – ha dichiara Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore di MSD Italia – se vogliamo che la curva dei contagi scenda, dobbiamo fare in modo che le misure di distanziamento sociale funzionino anche grazie al supporto fondamentale che le nuove tecnologie di telemedicina e tecno-assistenza sono in grado di garantire grazie alla possibilità, per il paziente, di farsi curare da casa”.
Gli strumenti per fronteggiare l’emergenza
L’emergenza sanitaria creata dalla pandemia del coronavirus sta generando una serie di pericolosi corollari, tra i quali la difficoltà di accesso alle strutture ospedaliere e territoriali da parte dei pazienti, soprattutto quelli più fragili, anziani, cronici e con comorbidità. Difficoltà di accesso che riguardano anche la medicina generale, primo punto di ingresso dei pazienti italiani alle prestazioni e servizi sanitari, come più volte segnalato sia dalla FIMMG che dalla SIMG.
Ma oltre alla difficoltà di accesso, c’è un aspetto ancor più grave. È il sacrificio di tante vite umane – trentanove tra medici specialisti e di famiglia – vittime del contagio da coronavirus.
Strumenti come il telemonitoraggio domiciliare, il consulto a distanza, il video consulto – come recentemente dichiarato dal Segretario Generale Nazionale della FIMMG Silvestro Scotti – possono servire a fermare questa strage. La criticità dei sistemi di telemonitoraggio domiciliare e di tecnoassistenza è stata opportunamente rilevata anche dal progetto “Innova per l’Italia”, recentemente lanciato dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, insieme al Ministro dello Sviluppo EconomicoStefano Patuanelli, al Ministro dell’Università e Ricerca Gaetano Manfredi e a Invitalia, a sostegno della struttura del Commissario Straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri.
La donazione nasce da una peculiarità distintiva del Gruppo MSD Italia al cui interno opera la società Vree Health, azienda leader nella progettazione, sviluppo e commercializzazione di servizi innovativi e soluzioni di Connected Health per migliorare la qualità di vita e la salute dei pazienti.
Le piattaforme, le app e i kit di telemonitoraggio con device certificati consentono soluzioni di Disease Management in grado di assistere il paziente cronico e supportare il medico nel monitoraggio costante dello stato di salute e nella migliore gestione delle condizioni cliniche.
“MSD Italia – prosegue Nicoletta Luppi – ha deciso di rispondere alla call for action del Governo con un atto di responsabilità sociale che è nel DNA della nostra Azienda. Vogliamo offrire un contributo distintivo e coerente con le richieste del nostro Governo e annunceremo presto i primi soggetti istituzionali beneficiari della nostra donazione. Il contributo che MSD Italia intende offrire non si esaurisce con questa significativa donazione che rappresenta solo il primo sprint di una ‘maratona di donazioni’ per testimoniare la vicinanza della nostra Azienda al Sistema Paese in questa grave situazione di emergenza sanitaria, sociale ed economica”.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/msd-italia.jpg499947Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2020-03-27 16:36:092020-05-04 16:50:59MSD Italia dona tecnologie e strumenti per supportare le Istituzioni Italiane nell’emergenza COVID-19
Il cibo è portatore di valori culturali in declino a causa del mercato alimentare globale
Molti registi hanno raccontato nei loro documentari come l’industrializzazione stia distruggendo la biodiversità nel food
Una panoramica sulle questioni più dibattute sul tema, passando attraverso dieci documentari recenti
“Siamo ciò che mangiamo”, in questo momento storico forse più che mai. Il cibo è senza ombra di dubbio uno dei topic più discussi del momento, spesso al centro non solo della nostra tavola, ma anche delle nostre conversazioni, online e non.
Non si tratta di una mera questione di nutrizione, il food è cultura e aggregazione. Le tradizioni culinarie locali che si tramandano di generazione in generazione raccontano la storia dei popoli e dei territori in cui sono radicate.
Negli anni, però, le regole dettate dal mercato globale hanno dato il via a un progressivo e sempre più rapido impoverimento dei valori della tradizione e della diversità culturale, in uno scenario in cui l’operato delle piccole comunità locali è asservito alle grandi multinazionali.
Quando ogni forma di contatto tra il consumatore finale e la provenienza di ciò che mangia sembra svanire; le tradizioni culinarie locali diventano sempre più un patrimonio a rischio estinzione, da difendere ad ogni costo.
Food, cinema e vita vera
Da dove arrivano e come vengono prodotti gli alimenti ogni giorno sulle nostre tavole? Qual è l’impatto di ciò che mangiamo sul nostro organismo e sul pianeta?
A queste domande hanno cercato di rispondere molti registi che si sono interrogati sul legame tra il cibo e i consumatori, alcuni approfondendone l’aspetto sociologico, altri dando ai loro film la forma di un’inchiesta di taglio giornalistico.
Ecco una rassegna di dieci documentari a tema food che offrono punti di vista diversi, talvolta anche divergenti tra loro, sulle questioni riguardanti l’industria alimentare in relazione alla salute degli individui e alla sostenibilità ambientale.
Candidato all’Oscar come miglior documentario nel 2010, Food Inc. è un film diretto dal regista e autore televisivo Robert Kenner, che pone sotto analisi il sistema produttivo alimentare su vasta scala negli Stati Uniti (e quindi, per ovvie ragioni, interessa tutto il mondo occidentale).
Negli ultimi 50 anni il nostro modo di nutrirci è cambiato più di quanto non sia avvenuto in 10 mila anni, eppure per vendere i prodotti alimentari ci si serve dell’immagine di un mondo rurale e agreste.
Kenner esordisce puntando il dito contro la comunicazione fuorviante e distorta del prodotto alimentare che arriva al consumatore finale.
Con l’obiettivo di tirare su il “sipario” che viene interposto tra noi e il luogo di provenienza di ciò che mangiamo, Food Inc. pone sotto accusa lo strapotere dei colossi dell’industria alimentare, consolidato grazie all’impiego di manodopera a basso costo e materie prime scadenti, che porta sul mercato prodotti omologati ed economici che sono spesso tra le poche alternative abbordabili per molte famiglie americane a basso reddito.
Disponibile su Netflix, Cowspiracy è il primo, ma non l’unico, frutto di una collaborazione tra i due registi californiani Kip Andersen e Keegan Kuhn.
Il progetto nasce dal basso grazie a una campagna di crowfounding lanciata dai due film maker, per poi catturare le attenzioni di Leonardo Di Caprio, che dopo poco tempo ne è diventato il produttore esecutivo.
Non sorprende che sia stato proprio Di Caprio a finanziarlo: l’attore hollywoodiano è tra i personaggi di spicco al momento più impegnati nella tutela dell’ambiente e il film è incentrato sull’impatto ambientale che hanno gli allevamenti e le colture massive.
Il sistema di allevamenti industriali genera una quantità di gas serra maggiore dell’intero sistema di trasporti e “per produrre un hamburger occorrono 2500 litri d’acqua”: i dati riportati mostrano uno scenario a dir poco allarmante e derivano da studi condotti da organizzazioni internazionali come FAO, Science Mag, Nasa, World Watch.
What the health (2017) – Kip Andersen, Keegan Kuhn
Se sei tra coloro che faticano ancora a capire perché al mondo ci sono persone che scelgono una dieta vegana, la visione di What The Health potrebbe servire per chiarirti un po’ le idee.
Il film pone il focus sull’aumento esponenziale registrato negli ultimi anni del numero di persone affette da tumori, malattie cardiovascolari e diabete – individuando la causa nel consumo di proteine di origine animale – e tenta di svelare collegamenti poco trasparenti tra le istituzioni governative e le multinazionali del food.
Accusato su molti fronti di essere eccessivamente fazioso e di adottare toni un po’ troppo apocalittici, il film si fa portavoce di quell’ideologia alla base del veganismo secondo cui una dieta onnivora è innaturale per gli esseri umani; punto di vista opinabile, tuttavia largamente condiviso.
What The Health è il secondo prodotto della coppia Andersen-Kuhn, ed è uscito in concomitanza con l’omonimo libro scritto da Eunice Wong, moglie del giornalista Chris Hedges.
Supersize me (2004) – Morgan Spurlock
Grande classico intramontabile e in un certo senso capostipite di un nuovo format di documentari a tema food, si può dire che Supersize me ha spianato la strada a molto di ciò che è stato fatto dopo.
15 anni fa, il regista Morgan Spurlock fu la cavia del suo stesso esperimento, sottoponendosi per 30 giorni ad una dieta esclusivamente a base di cibo proveniente dalla più grande catena di fast food al mondo, McDonald’s, che a Manhattan, dove il regista vive da sempre, ha un punto vendita ogni 0,7 km².
Nel corso del mese, Spurlock fu seguito da un team di medici, che evidenziarono un progressivo deterioramento dello stato della sua salute (aumento di peso, affaticamento, inclinazione alla depressione e disfunzioni sessuali), che richiese al regista 6 mesi di disintossicazione per tornare alle sue condizioni fisiche precedenti.
Il documentario fece parlare di sé, non senza suscitare le reazioni del colosso americano, che emanò poco tempo dopo un comunicato stampa in cui dichiarò che la quantità di junky food ingerita da Spurlock in un mese equivale a quella di un consumatore medio in 6 anni e che gli eccessi sono nocivi in qualunque caso.
That Sugar Film (2015) – Damon Gameau
Restando in tema di registi che scelgono di mettere a dura prova il proprio organismo, 10 anni dopo l’uscita di Supersize me, l’attore televisivo australiano Damon Gameau nel primo film diretto da lui replicò l’esperienza di Spurlock, adottando per 60 giorni una dieta ad alto contenuto di zuccheri raffinati.
Secondo i dati raccolti da Gameau, lo zucchero è presente nell’80% dei normali prodotti da banco confezionati, anche di quelli considerati salutari o ipocalorici, e la quantità media di zucchero assunta da un maschio adulto occidentale è l’equivalente di 40 cucchiaini al giorno.
Per tutta la durata dell’esperimento, il regista è seguito da un patologo, una nutrizionista e un medico di base che alla fine del periodo gli diagnosticano un principio di obesità, un altissimo rischio di diabete e un preoccupante ingrossamento del fegato. Damon inoltre riscontrò un senso di affaticamento generale, forti sbalzi d’umore, sintomi della depressione e problemi del sonno.
Per disintossicarsi e riportare i suoi valori al livello cui si trovavano prima dell’esperimento, sono serviti altri due mesi.
The World according Monsanto (2008) – Marie-Monique Robin
Pubblicato lo stesso anno dell’omonimo libro, Il mondo secondo Monsanto riassume un’inchiesta condotta dalla giornalista francese Marie-Monique Robin, durata complessivamente tre anni.
Al centro dell’inchiesta, come da titolo, c’è Monsanto, la più grande multinazionale dell’industria chimica, prima in assoluto sul mercato mondiale degli OGM.
Monsanto si presenta come compagnia agricola con una forte spinta all’innovazione, in realtà è responsabile della diffusione di alcuni tra i prodotti diserbanti più tossici in circolazione nel XX secolo e di epidemie di tumori che hanno colpito la popolazione delle cittadine più esposte.
Robin passò in rassegna un fitto elenco di processi, manipolazioni di dati e ricerche scientifiche, persone messe a tacere dopo aver provato a segnalare attività illecite, episodi di omertà da parte di organi di regolamentazione, quali l’EPA (Environmental Protection Agency) o l’FDA (Food and Drug Administration). L’inchiesta volle portare alla luce come Monsanto abbia di fatto consolidato il suo impero imponendo un nuovo ordine agricolo attraverso i brevetti sulle sementi, e distruggendo le piccole comunità rurali.
Sustainable (2016) – Matt Wechsler
Disponibile su Netflix, Sustainable è il racconto di un viaggio intrapreso dallo chef Rick Bayless alla riscoperta del legame tra l’uomo e ciò che mangia.
Attraverso il confronto con agricoltori ed esperti del settore, si ripercorrono le tappe che hanno condotto alla nascita del movimento per promuovere la sostenibilità ambientale e alimentare negli USA come negli altri paesi occidentali.
Il film evidenzia come in America (così come in Europa) si stia aprendo un divario sempre più profondo che vede da una parte i fast food e tutti i cibi di produzione industriale a basso costo e dall’altra la cucina d’élite che gli americani vedono per lo più nei programmi televisivi.
Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una grossa crisi alimentare dovuta alla mancanza di consapevolezza da parte del consumatore e ad una perdita di valori culturali legati al cibo.
Sustainable fa appello proprio al recupero di questi valori, nell’ottica di riavvicinare il consumatore al prodotto e innescare un meccanismo virtuoso in cui un antico know how nel settore incontri l’innovazione e le moderne tecnologie.
Questa volta non parliamo proprio di un film, ma di una serie documentaristica di cui al momento sono disponibili su Netflix 2 stagioni da 6 episodi l’una.
“Se mangi cibo, questo è un problema di cui devi preoccuparti” è il messaggio fondamentale che viene dato al pubblico: Rotten è un invito alla riflessione e un appello al senso etico e critico tanto del produttore, quanto del consumatore.
Prodotta da Zero Point Zero Production, si tratta di una docuserie in cui ogni episodio è dedicato a un cibo differente e affronta questioni che legano il consumatore al prodotto, svelando uno scenario in cui le grandi aziende alimentari si impossessano del lavoro dei piccoli produttori locali, che non hanno molte alternative.
In tutta la serie si cerca di far luce su meccanismi di frode, corruzione, speculazione che dominano il mercato alimentare mondiale, in uno scenario in cui sono i margini di profitto a decidere cosa diventerà cibo nei nostri piatti e la spregiudicatezza nel vendere oltre misura.
Connected By Coffee (2014) – Aaron Dennis
Connected By Coffee è una storia che inizia con un viaggio tra le regioni dell’America Latina maggiori produttrici di caffè. Il regista e attivista Aaron Dennis raccolse le testimonianze di tantissimi coltivatori e piccoli imprenditori del territorio che stanno plasmando insieme un nuovo modello basato sulla gestione cooperativa dei terreni e delle aziende.
Il film spiega come l’andamento del mercato globale non lasci un grande margine di sviluppo per modelli di business come questo che spesso sono obbligati a sopportare anche condizioni di vita poco dignitose.
Il film diretto da Nikolaus Geyrhalter si potrebbe dire un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dell’industria alimentare, freddo e diretto, che lascia parlare le immagini, senza aggiungere interviste, dati, commenti o speech di alcun tipo.
È irrilevante per questo film se una società che produce pulcini si trovi in Austria, Spagna o Polonia, o quanti suini siano trattati ogni anno nel grande macello mostrato nel film. A mio parere questo è il compito dei giornalisti e della televisione, non di un lungometraggio.
Le riprese sono state effettuate dal regista austriaco all’interno delle strutture in cui i prodotti alimentari vengono lavorati e confezionati, per gettare una panoramica dietro le quinte che lasci intendere come non sia sufficiente molto spesso optare per un’alimentazione a base di prodotti bio e priva di proteine animali, perché gli effetti dell’industrializzazione alimentare e della globalizzazione impattano molto più che sul solo cibo.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/02/documentari-food-scaled-scaled.jpg24003600Federica D'Arpahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFederica D'Arpa2020-03-27 12:13:362020-03-27 12:13:40Storie di cibo e sostenibilità: 10 documentari sul food che dovresti vedere
Le case editrici si stanno mobilitando per offrire accesso gratuito e sconti, con le iniziative che invitano a #leggereacasa
L’editoria riscopre la centralità del tempo nella lettura, in qualsiasi formato
Ecco un elenco (temporaneo) di libri gratuiti e scontati!
Dalla Solidarietà Digitale all’accesso gratuito e agli sconti dedicati ai lettori, l’editoria diventa un porto sicuro nel quale rifugiarsi, che accoglie lettori deboli e forti che sentono il bisogno di leggere, senza distinzione di formato, contenuto e lingua. I libri diventano una cura alla quarantena con un hashtag che invita a “leggere a casa”.
Leggere è la cura?
Probabilmente, un lettore forte non avrebbe avuto bisogno di una pandemia per riflettere sul potere terapeutico dei libri. Il Covid-19, però, ha sconvolto le nostre vite e ha reso sospeso il tempo che trascorriamo in casa, ridefinendo le nostre giornate e la routine quotidiana.
Per mitigare il senso di solitudine, la noia e le difficoltà che la diffusione del virus ha disseminato anche nelle nostre anime, è possibile attingere alla piattaforma Solidarietà Digitale del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, nella quale molte aziende italiane mettono a disposizione i propri prodotti o servizi in modo grauito.
Dalle prime pubblicazioni de Il Maggio dei Libri, una campagna ideata nel 2011 dal Centro per il libro e la lettura, si sono moltiplicate in rete innumerevoli iniziative che hanno sottolineato il potere salvifico della lettura come uno strumento utile alla riflessione e alla crescita.
Oggi, tutte le case editrici stanno incoraggiando i propri lettori a non uscire, per poter #leggereacasa.
Leggere a casa: tutte le iniziative
Dai libri gratuiti agli sconti degli store online come IBS (dove è possibile acquistare ebook e libri cartacei con sconti fino al 45%), Bookrepublic (con #ioleggoacasa… gratis, concedendo un ebook gratuito fino al 5 aprile) eMondadori Store (spese di spedizione gratuite), la scelta spazia dai classici ai temi di attualità, con le iniziative solidali di grandi catene e piccole case editrici.
Mondadori ha anche lanciato un bello spot, Io esco con la fantasia, per ricordare – con tono positivo e strappando anche un sorriso – che leggere permette di crescere e liberare la mente. Tra le pagine di un libro si possono vivere infinite storie senza uscire di casa, come recita l’hashtag che firma il progetto: #IoEscoConLaFantasia.
Tra i primi grandi marchi della filiera editoriale a scendere in campo (digitale) si schiera Mondadoricon un ebook gratuito a scelta nel vasto catalogo e il Gruppo Feltrinelli che lancia l’iniziativa #leggiamoacasa: una sorta di palinsesto editoriale in onda sugli account social del gruppo, per veicolare non solo titoli in sconto ma anche eventi online, consigli di lettura e presentazioni in compagnia di libri e autori.
Mentre le Edizioni E/O rendono gratuito il download di alcuni ebook (come “Vita su un pianeta nervoso” di Matt Haig), la casa editrice Adelphi rende disponibile, attraverso l’iscrizione alla newsletter, il titolo“In cerca di guai” di Mark Twain e altri ebook a scelta tra “Moby Dick” di Hermann Melville o “Suite francese”di Irene Némirovsky.
Il Saggiatore consente di scaricare gratis un ebook con cadenza regolare e anche Add Editore offre libri in sconto fino al 5 aprile, con una scelta di titoli dedicati soprattutto alla riflessione di temi come il tempo, l’attesa, l’ascolto e la solidarietà.
Sempre fino al 5 aprile sarà possibile acquistare anche gli ebook scontati di NN Editore: la casa editrice milanese si è unita all’inziativa #ioleggoacasa di Bookrepublic.
Las Vegas Edizioni racconta il titolo del giorno attraverso le stories dei propri account social e consente di scaricare quotidianamente un ebook gratuito fino al 3 aprile.
Ai lettori più piccoli ci ha pensato Gallucci, che ha reso disponibile una selezione di ebook gratuiti.
L’Orma Editore, invece, propone una “passeggiata letteraria” per scaricare liberamente i libri digitali dal loro sito web, con un calendario di pubblicazioni da leggere tenendo lo stesso passo, insieme.
All’appello solidale risponde anche Bao Publishing con #Iostoacasaconbao, offrendo un prezzo scontato (e fisso su tutti gli store) per alcuni titoli in formato digitale: la lista completa può essere consultata negli account social ufficiali.
Una pioggia di fumetti anche da Sergio Bonelli Editore che, dal 23 marzo al 4 aprile, propone l’inziativa “un Bonelli al giorno” ai propri lettori per poter scaricare un nuovo fumetto gratuito ogni 24 ore.
Coconino, invece, ricorre alla piattaforma Issuu per rendere la fruizione dei titoli completamente gratuita con il progetto solidale “Una quarantena di fumetti”.
Se la quarantena diventa un’opportunità per riscoprire le piccole cose, anche per la filiera editoriale diventa un’occasione per rendere visibile l’operato delle piccole case editrici. Anche queste ultime, infatti, stanno attingendo ai propri cataloghi per rendere accessibili i propri titoli ai lettori, come Cartabianca Publishing che presenta i libri gratuiti come un “antivirus”, offrendo una copia di uno degli ebook a scelta dal proprio catalogo (la richiesta può essere effettuata attraverso l’invio di una mail o compilando il form nel sito web).
Ebook a scelta su richiesta anche dal catalogo Bibliotheka Edizioni, consultando il sito web della casa editrice e inviando un’email per indicare il titolo scelto.
Tra le altre piccole case editrici, anche Cliquot – che regalerà fino al 25 marzo l’ebook “Il cavaliere con gli stivali azzurri” di Rosalía De Castro – e La Nuova Frontiera – con l’invio di tre racconti gratuiti attraverso l’iscrizione alla newsletter dal 15 al 29 marzo e le spese di spedizione gratuite per gli acquisti effettuati sul sito web. Invece, Intra Moenia – casa editrice e caffè letterario di Napoli – dedica una sezione del proprio sito web ai libri gratuiti, fruibili e scaricabili (in pdf) alla voce di menu #leggiamoacasa.
La casa editrice bookabook ha raccolto l’appello solidale regalando un libro digitale gratuito: i lettori possono scegliere l’ebook e scaricarlo gratuitamente inserendo un codice dedicato al momento dell’acquisto, fino al 3 aprile.
La Rai dà il suo contributo con Rai Cultura, per dimostrare che “la letteratura non si ferma” riunendo contenuti, speciali e approfondimenti su scrittori ed eventi dedicati all’editoria.
Alcune iniziative mostrano il lato più concreto della solidarietà, come quella di Castelvecchi: con la pubblicazione del titolo “Coronavirus” (a cura di Benedetta Moro), la casa editrice risponde alle domande sul Covid-19 attraverso le parole dell’autrice Maria Capobianchi, direttrice dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, la prima biologa italiana ad aver isolato il virus. Un volume che prova a fare chiarezza sulle prime nozioni acquisite dalla scienza sul virus e che mira a sostenere la ricerca devolvendo i diritti d’autore del volume al laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani di Roma.
La campagna #IoLeggoaCasa promossa da VisVerbi: i giornalisti italiani raccontano le proprie letture
Restiamo a casa e creiamo un dibattito culturale in rete. Questo l’obiettivo della campagna #ioleggoacasa lanciata da VisVerbi, società milanese di strategie di comunicazione diretta da Barbara Castorina e Valentina Fontana, che da anni promuove D’Autore, circuito di rassegne culturali estive realizzate a Ponza, in Liguria e sul Lago di Garda.
L’iniziativa sta coinvolgendo numerosi giornalisti e personaggi dello spettacolo da Gianluigi Nuzzi a Veronica Gentili, Serena Bortone, Alessandro Giuli, Pierluigi Battista, Chiara Maci e Filippo La Mantia, Gianluigi Paragone, Simona Ventura e Giovanni Terzi, Francesca Cheyenne, Alessandro Bonan, Sabrina Scampini, Roberto Parodi e tanti altri.
Perché la cultura unisce ed ora più che mai abbiamo bisogno di sentirci una comunità.
Sulla pagina Facebook e Instagram di D’Autore vengono pubblicati foto e video di giornalisti che consigliano libri e letture. Un modo per incontrarsi virtualmente in un club del libro aperto a tutti.
Un post condiviso da D’Autore (@visverbi_dautore) in data:
“Sí, viaggiare…” con un libro
“Books are the plane, and the train, and the road. They are the destination, and the journey. They are home.”
L’autrice e giornalista Anna Quindlen ha utilizzato queste parole in “How Reading Changed My Life” per descrivere i libri che si trasformano in passaporti, porte e ponti, che ci consentono di viaggiare ancora, anche durante la quarantena.
Lonely Planet deve aver pensato proprio ai viaggiatori incalliti nella realizzazione della sua ultima guida home made che invita, con un copy ironico, a restare fermi in casa e a scaricare gratuitamente “Viaggiare in poltrona”, il volume che guida il lettore in una selezione di film, libri e canzoni che possono trasportarci in luoghi lontani, pur restando in casa.
Per viaggiare ancora con le storie, possiamo anche indossare le cuffie e ascoltare gli audiolibri gratuiti su Audible – la piattaforma di Amazon – o attingendo al podcast gratuito “Storie dalla quarantena” realizzato da Letizia Bravi per Storytel disponibile anche su tutte le piattaforme free, come Spotify e Spreaker.
Per un’editoria senza confini, i poliglotti più curiosi possono attingere al repertorio reso accessibile gratuitamente dall’Unesco, con una fruizione gratuita di centinaia di libri, documenti e materiali fotografici della World Digital Library.
Chi, invece, vuole sfruttare il tempo a disposizione per imparare una nuova lingua, può attingere alle risorse gratuite di Zanichelli, che aderisce alle iniziative di solidarietà digitale rendendo disponibili per 90 giorni cinque dizionari (in italiano, inglese, Francese, tedesco e spagnolo).
Risorse, tempo e blocco del lettore in quarantena
Le case editrici hanno risposto all’appello della solidarietà digitale rendendo più accessibili o, addirittura, gratuiti i propri cataloghi. A questa quantità di risorse disponibili si contrappone, però, un paradosso vissuto da alcuni lettori in quarantena che stanno sperimentando l’impossibilità di leggere.
Deconcentrazione, indolenza, una sorta di “blocco” che contrasta con l’amore per la lettura, che sembra non rappresentare più un sollievo e un rifugio in questo momento difficile.
Per tutti questi lettori non esiste un antidoto né un rimedio, perché non esiste nessuna “sindrome” che possa descrivere questi momenti durante i quali la lettura diventa un’azione ostica. Bisogna ritrovare il proprio ritmo, rispettare i propri tempi e avere pazienza, anche quando non riusciamo più a trovare risposte o conforto nei libri. Anche la quarantena ci sta insegnando che l’unico modo per comprendere le sensazioni contrastanti è affrontarle, accoglierle, darsi del tempo per analizzarle.
Tutti i libri che non abbiamo letto: il tempo per leggere
Questa lista non ha alcun intento esaustivo ed è solo un piccolo contributo per rendere la quarantena un punto di partenza per tutti i viaggi che vorremmo fare, tutte le storie che ci piacerebbe condividere e tutta la bellezza che un giorno ritroveremo anche fuori dalle nostre case e non solo dentro di noi.
Fino ad allora, potremo interrompere l’isolamento rifugiandoci in un libro, nel formato e nelle lingue che preferiamo, cercando un ritmo diverso di una nuova realtà nel tempo dilatato della letteratura.
“Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile dire qualche parola ragionevole.” Goethe
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/libri-editoria-iniziative-coronavirus.jpg549840Kamaehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngKamae2020-03-27 10:53:022020-03-31 08:50:38#Leggereacasa ai tempi del COVID-19: i libri da leggere e le iniziative solidali delle case editrici
Mentre i governi di tutto il mondo fanno fatica a convincere i propri cittadini a rimanere a casa, per frenare la diffusione del Coronavirus i brand si stanno mobilitando per influenzare in maniera positiva i propri consumatori;
Coca-Cola, Mc Donald’s, Chiquita e altri ancora hanno cambiato il proprio logo per invitare le persone a rispettare le raccomandazioni ufficiali relative alla pandemia COVID-19.
Diventato uno dei maggiori topic della storia contemporanea, la pandemia dovuta al Coronavirus è il più grandeproblema sanitario, economico e sociale di questa epoca.
Le varie azioni che abbiamo visto intorno a questa condizione sono innumerevoli, dai personaggi famosi alle iniziative televisive per informare e intrattenere durante questi giorni di quarantena, fino ai marchi che amiamo di più. Infatti, grazie all’utilizzo dei social, dei team marketing interni e delle agenzie partner, sono diverse le aziende che stanno cambiando la propria linea editoriale attraverso la comunicazione, che senza dubbio rimane la più grande leva strategica per promuovere l’assistenza al consumatore e affrontare questa enorme emergenza globale.
Coronavirus e brand: Coca-Cola lancia la sua campagna
L’azienda leader nel mercato delle bevande ha modificato il proprio logo per influenzare le persone a stare distanti tra loro.
Una nuova campagna Coca-Cola è comparsa a Times Square e sui canali social di Coca-Cola Mexico. Il marchio ha separato ciascuna delle lettere che compongono il suo logo per veicolare il messaggio: “Essere separati è il modo migliore di stare insieme”.
Estamos pasando por momentos difíciles, pero sabemos que entre todos vamos a superarlo. Gracias infinitas a los de #YoMeQuedoEnCasa y a los que lo dais todo por ayudar a los demás en esta situación. Ver tanta gente unida es lo que nos llena. ❤️? pic.twitter.com/CUK3XdzPQw
Queste azioni ci ricordano quanto siano importanti i codici grafici per un marchio. Attraverso elementi visivi altamente riconoscibili i brand anche in questa occasione riescono a comunicare valori al consumatore e indurlo ad azioni responsabili per affrontare il contagio Coronavirus.
McDonald’s Brasile separa i suoi archi dorati
In Brasile, McDonald’s ha modificato il suo logo iconico per incoraggiare la sicurezza durante i giorni di pandemia.
I Golden Arches adesso non più ravvicinati, hanno allo stesso modo lo scopo di trasmettere l’idea del distanziamento sociale.
Questa non è la prima volta che la catena di fast food altera i suoi archi dorati per sostenere una causa sociale. È successo anche recentemente quando McDonald’s ha capovolto la sua M in W, in occasione della Giornata Internazionale della Donna.
Sebbene nei ristoranti gli archi rimarranno gli stessi, la nuova versione “distanziata” appare ora su tutti gli account social brasiliani del marchio, inclusi Instagram e Twitter. McDonald’s ha più di 1000 ristoranti nel paese e continuerà a servire i suoi clienti attraverso la consegna a domicilio e il McDrive.
Time Out diventa digitale per il periodo della pandemia
La rivista storica di viaggi britannica ha recentemente cambiato il suo logo in Time In, in “supporto di una politica sanitaria responsabile”.
Coronavirus i brand che hanno cambiato logo
Time Out pubblica i suoi numeri regolarmente dal 1968, con una sola interruzione durante uno sciopero del 1981. La rivista al momento ha deciso di sospendere la sua pubblicazione a Londra per diventare digitale: “Con molti abitanti delle città che attualmente lavorano da casa e meno pendolari, anche la rivista Time Out diventerà temporaneamente Time In e passerà al digitale solo per ora”, si legge in una nota.
Miss Chiquita resta a casa
Questa settimana Chiquita ha pubblicato su Instagram una versione del suo logo senza l’iconica mascotte Miss Chiquita. Il copy della didascalia parla chiaro: “I’m already home. Please do the same and protect yourself. ? #stayhome”
Mercado Libre aggiorna la sua stretta di mano
Il logo della società tecnologica latinoamericana Mercado Libre presenta l’immagine di una stretta di mano, diciamo non proprio il simbolo ideale ai tempi del contagio.
Il rischio epidemia ha imposto un allontanamento sociale in tutto il mondo. Tra le regole anti-diffusione c’è un vero e proprio stop a baci, abbracci e strette di mano. Per questa ragione è stato rielaborato il marchio dell’azienda che include due braccia separate, nel tentativo di comunicare l’importanza della sicurezza durante la pandemia. Da venerdì, il marchio presenta il nuovo logo in tutti i suoi messaggi, dai social all’eCommerce.
“Un’immagine forte e chiara è necessaria per rendere il mondo consapevole dell’importanza delle azioni individuali per garantire il bene comune”, hanno aggiunto Ramiro Gamallo e Matias Lafalla, executive creative director di GUT, l’agenzia di Buenos Aires che ha rielaborato il marchio dell’azienda.
Audi separa i suoi cerchi come segno di solidarietà
Il colosso automobilistico tedesco Audi ha fatto un’impressionante condivisione contro il Coronavirus. Il logo utilizzato dalla società per anni è stato separato, in coerenza con le misure previste dalla pandemia COVID-19 e per attirare l’attenzione sulla distanza sociale.
Un post condiviso da Audi Türkiye (@auditurkiye) in data:
Su Instagram è comparsa una piccola animazione che vede gli anelli dividersi e una frase ad effetto che titola “Manteniamo la distanza”. Man mano che i cerchi si avvicinano nuovamente, appare un altro messaggio che questa volta comunica “Supportiamoci a vicenda”.
Volkswagen separa la V dalla W
Sempre per restare nel settore automotive, anche Volkswagenha aggiornato il suo logo. Un video mostra l’appello della casa automobilistica tedesca, la quale intende ricordare a tutti che per superare la crisi bisogna stare separati.
Per questa ragione con un piccolo escamotage grafico, il marchio separa la “V” e la “W” creando uno spazio considerevole all’interno del logo standard.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/coronavirus-brand-cambio-logo-mcdonalds.jpg7201280Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2020-03-26 17:07:532020-03-31 08:49:01Da McDonald's a Chiquita, i brand cambiano logo per incoraggiare il distanziamento sociale
Questo periodo di emergenza è stato paragonato alla peggiore crisi dopo il secondo dopoguerra ma a quei tempi il cibo non era così scontato
Gli attori della filiera agroalimentare a casa non possono stare devono garantire il cibo a tutti gli italiani che restano a casa
Come tranquillizzare gli operatori della filiera agroalimentare in tutte le fasi del processo attuando nuove regole che possano far lavorare tutti in serenità?
Eroi nelle corsie degli ospedali italiani in questo momento ce ne sono tanti, ma oggi sono qui per parlarvi di altri eroi.
Noi restiamo a casa e diamo per scontato che il cibo sia sempre garantito (anche troppo a vedere le bacheche sui social network di noi italiani in quarantena) anche grazie ad esplicite indicazioni del Presidente del Consiglio, che anche nell’ultimo Decreto del Consiglio dei Ministri, ha chiarito che i negozi alimentari sarebbero rimasti aperti e che i trasporti per le merci di prima necessità sarebbero circolati normalmente.
Questo periodo è stato paragonato alla peggiore crisi dopo il secondo dopoguerra ma a quei tempi il cibo non era così scontato: in tempi di guerra e di epidemie l’approvvigionamento alimentare non era garantito o lo era solo con le razioni settimanali di beni di prima necessità.
Hanno sofferto la fame i nostri nonni o i nostri padri.
Proprio per questo oggi voglio parlare di altri eroi: voglio mettere in evidenza il lavoro svolto da tutti gli operatori che lavorano nella filiera alimentare e che danno a tutti noi la possibilità stare a casa tranquilli e a pancia piena e, ogni tanto, di andare a fare la spesa e trovare comodamente i prodotti necessari sugli scaffali del negozio e del supermercato.
Voglio parlare di tutti gli attori della filiera agroalimentare: operatori agricoli, operatori nelle industrie alimentari, impiegati nel settore alimentare, addetti nelle aree portuali o doganali, fornitori di materie prime alle industrie, trasportatori, salumieri, macellai e cassieri.
Loro a casa non possono stare, devono garantire il cibo a tutti gli italiani che restano a casa e, anche se la mattina escono con la paura di poter contrarre il virus essendo a contatto con tanta gente, ti accolgono nel loro negozio con il sorriso, ora nascosto sotto una mascherina.
Anche loro hanno una gran paura e anche loro hanno un padre o una madre anziana o dei bambini che vorrebbero proteggere e potrebbero infettare.
Gli imprenditori alimentari sono in emergenza: come garantire la produzione e la distribuzione degli alimenti rispettando le regole igienico sanitarie e le norme specifiche per ogni tipologia di prodotto, garantendo allo stesso tempo la sicurezza sanitaria ai propri lavoratori? Come tranquillizzare i propri operatori in tutte le fasi del processo attuando nuove regole che possano far lavorare tutti in serenità?
Ristoranti e bar chiudono, e con loro molte aziende collegate al settore HO.RE.CA. (acronimo di Hotellerie-Restaurant-Café), ma altre imprese collegate al settore retail (vendita al dettaglio) assumono personale perché si mangia di più in casa e si fa quindi più spesa. Dati Nielsen ci dicono che durante la settimana tra lunedì 24 febbraio e domenica 1° marzo (ancora non in piena emergenza) le vendite della Grande Distribuzione Organizzata continuano la crescita rispetto alla stessa settimana del 2019: +12,2% a valore a parità di negozi. Più spesa si traduce in una quantità maggiore di alimenti da produrre e confezionare, per cui il riflesso diretto sulle industrie è evidente.
Ci sono poi imprenditori alimentari che si rendono conto del sacrificio emotivo e fisico che stanno chiedendo ai loro dipendenti così stanziano premi e aumentano gli stipendi, come il Sig. Giovanni Rana, che aumenta gli stipendi ai 700 dipendenti del 25% per ogni giorno lavorato e concede un ticket mensile straordinario di 400 euro per le spese di babysitting, come speciale riconoscimento dell’impegno profuso ai lavoratori impiegati nei cinque stabilimenti in Italia che stanno garantendo, anche in questo momento così difficile dovuto all’emergenza sanitaria del Covid-19, la continuità negli approvvigionamenti alimentari.
È stato necessario quindi in tutte le aziende alimentari ancora aperte per lavorare in modo sicuro per tutti e tranquillizzare gli operatori della filiera alimentare, stabilire nuove procedure e consolidarne di vecchie per evitare che nelle singole aziende possa nascere un focolaio della malattia.
Nei negozi e supermercati le regole da rispettare sono state chiare fin da subito: ingresso scaglionato, sanificanti all’ingresso dei negozi e supermercati, evitare assembramento in ogni fase e indossare guanti e mascherine da sostituire periodicamente. I cassieri, forse i più esposti al contatto con tante persone, puliscono e sanificano la loro postazione con oculatezza e la paura nascosta negli occhi.
Alcune catene come Coop hanno cominciato ad istallare nei loro punti vendita delle barriere in plexigass alle casse per garantire la protezione dei clienti e dei lavoratori.
Ma chi c’è dietro i prodotti alimentari che arrivano nei supermercati o nei negozi?
Ci sono le aziende alimentari che sono già solite avere norme igieniche di produzione molto restrittive e da questo punto di vista, applicandole severamente, l’operatore che vi lavora dovrebbe sentirsi già più tranquillo. Ecco alcune delle più frequenti e più pertinenti al controllo ambientale del Coronavirus:
lavarsi accuratamente le mani con acqua calda, asciugarle e disinfettarle con i sanificanti presenti (generalmente) all’ingresso della sala di produzione degli alimenti, ripetere l’operazione dopo essere stati in bagno, dopo aver mangiato, dopo aver toccato parti del corpo, tossito o starnutito, ad ogni ripresa del lavoro, dopo brevi pause per qualsiasi motivo;
le unghie devono essere corte, curate e senza smalto. Non usare trucco, profumi e creme profumate o con odori persistenti. Vietato usare unghie e ciglia finte che posso essere veicoli di contaminazione chimica, fisica e microbiologica;
indossare guanti in nitrile (nelle azienda alimentari si esclude il lattice) che vanno cambiati e disinfettati prima di riprendere il proprio lavoro e periodicamente in base ad una accurata analisi del rischio.
indossare gli indumenti protettivi relativi alla funzione aziendale ricoperta: la divisa di lavoro non è mai utilizzata esternamente all’azienda alimentare per evitare una possibile contaminazione crociata di natura microbiologica, fisica o chimica degli alimenti; molte aziende si preoccupano di lavare la divisa degli operatori dopo qualche giorno di lavoro (questo elemento è molto variabile in relazione alla mansione svolta in azienda) in modo da essere sicuri della modalità e della temperatura di lavaggio;
indossare sempre i dispositivi di protezione individuale relativi alla mansione svolta, tra questi: la cuffia (o un copricapo), calzari o scarpe da lavoro, guanti in nitrile blu usa e getta e la mascherina chirurgica indossata posizionandola sul naso.
pulire la postazione di lavoro di ogni operatore con frequenza prestabilita con un sanificante e in assenza di alimenti e, più in generale, intensificare le sanificazioni ambientali in tutti i locali e su tutte le attrezzature preoccupandosi di verificarne l’efficacia.
La mascherina era già un accessorio presente ed indispensabile in molte aziende alimentari. Con l’avvento del Coronavirus ho visto gli operatori alzare la soglia di attenzione e stringere bene la mascherina sul naso, gli stessi operatori che, prima di questa pandemia, la abbassavano scoprendo il naso per parlare con qualcuno.
Le stesse mascherine prima tante fastidiose adesso diventato l’oggetto del desiderio per sé e per i propri familiari.
Le mascherine che nelle aziende alimentari già si usavano, finiscono più velocemente ma oggi gli abituali fornitori rispondono all’ufficio acquisti aziendale che hanno difficoltà ad evadere l’ordine periodico e che la consegna sarà rimandata.
Si consumano quindi più mascherine ed i fornitori aziendali non te ne mandano altre. Questa è la situazione emergente. E le aziende alimentari come faranno finite le scorte?
Oltre a queste regole di igiene intensificate, l’imprenditore alimentare deve preoccuparsi di evitare gli assembramenti e il contatto ravvicinato degli operatori: a livello logistico si mettono a punto sistemi di segnaletica orizzontali per garantire le distanze di sicurezza, si allargano le postazioni di lavoro o in alcuni casi si montano dei veri e propri divisori in plexiglas per rendere il lavoro più sicuro per l’operatore e per l’azienda; nelle mense e negli spogliatoi si scaglionano i turni per le pause e gli ingressi così da evitare il transito contemporaneo del personale, si migliora l’areazione dei locali e si chiudono le porte agli esterni.
Infatti per adempiere al D.P.C.M. e non mettere a rischio il proprio personale, l’azienda alimentare blocca o limita gli ingressi delle ditte esterne o ne limita l’accesso nelle aree aziendali, evita di far entrare consulenti o altre persone esterne; vieta l’ingresso in azienda di trasportatori o fornitori, obbligandoli dove necessario all’applicazione delle sue regole igieniche. Regole quest’ultime, molto spesso già presenti in azienda ma che adesso prendono corpo e si rafforzano.
Gli imprenditori alimentari si trovano inoltre a combattere con ordini tagliati, soprattutto quelli destinati all’estero, con fatture pagate meno per cambi sfavorevoli e la preoccupazione di non riuscire a produrre ancora alimenti perché se dovesse scoppiare un focolaio in azienda, tutto verrebbe chiuso.
Dobbiamo ricordarci che le aziende della filiera alimentare italiana sono soprattutto piccole o medie aziende in cui il cui grado di digitalizzazione è spesso basso e il lavoro a distanza, il cosiddetto smart working, non è applicabile nella maggior parte dei casi, per fattori intrinseci al prodotto, oltre che per fattori culturali.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/filiera-alimentare-covid-19.jpg617952Eliana Glielmihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEliana Glielmi2020-03-26 12:18:582020-03-31 08:50:11Gli eroi che combattono il Coronavirus sono anche nella filiera alimentare
In Italia, il COVID-19 continua a diffondersi, annullando confini geografici e sociali. Crescono i contagi e, inevitabilmente, aumenta anche il numero delle vittime.
In breve tempo, il virus ha conquistato il monopolio dei media, che lo hanno analizzato sotto ogni punto di vista.
L’impatto sull’economia
Gli effetti dell’emergenza COVID-19, si riflettono anche sull’economia, come abbiamo già avuto modo di analizzare qui su Ninja, che comincia ad accusare i primi forti contraccolpi, facendo registrare un crollo delle principali borse europee, tra cui quella di Milano, che fornisce, numericamente parlando, un ampio spaccato della situazione.
A risentirne maggiormente, sono il settore turistico e quello della ristorazione che, a seguito delle necessarie restrizioni imposte dal Governo, hanno assistito prima ad una forte diminuzione della clientela e poi alla chiusura temporanea dei loro esercizi, che per alcuni risulterà permanente.
In controtendenza la grande distribuzione
Tuttavia questa crisi non riguarda proprio tutti e c’è chi, come la GDO (Grande Distribuzione Organizzata), ne sta beneficiando. Se l’anno 2020 era iniziato con una tendenza al ribasso, infatti, le ultime settimane di febbraio hanno visto un’impennata delle vendite, soprattutto di articoli per l’igiene e la cura della persona, ma anche di prodotti alimentari, come farina, pasta e riso.
E così, davanti ai supermercati di tutta Italia, si sono formate lunghe code di persone che, prima incuranti della distanza di sicurezza e poi sempre più rispettose delle restrizioni, hanno assalito gli scaffali, riempendo i propri carrelli, per creare scorte sufficienti ad affrontare una probabile, ora reale, quarantena.
Il fenomeno, stando ai dati elaborati dalla Nielsen, solo nella settimana compresa fra il 17 e il 23 febbraio, avrebbe portato ad un incremento delle vendite pari al +8,34%. In questo senso, il Nord-Ovest traina la crescita, con un trend del +11,20% rispetto all’anno scorso, seguito dal Nord-Est con un +9,66%, dal Sud con un +6,06% e quindi dal Centro, che chiude sempre in positivo, ma con un modesto +4,38%.
In particolare, l’aumento degli acquisti è da ricondursi a due principali cause:
effetto “stock”, che ha portato ad un aumento a doppia cifra di alcune categorie della drogheria alimentare a lunga conservazione, quali riso (+33%), conserve animali (+29%), pasta (+25%), derivati del pomodoro (+22%), sughi e salse (+19%);
effetto “prevenzione e salute”, che ha prodotto un incremento delle vendite delle categorie del cura persona, soprattutto il comparto parafarmaceutico (+112%) e quello dell’igiene personale (+15%).
La GDO punta sull’eGrocery durante la crisi Coronavirus
Il quadro attuale però, potrebbe presto capovolgersi, a seguito di nuove pesanti restrizioni, che impongono giorni di chiusura ed intervalli orari ben precisi.
Ad agitare ulteriormente le acque, le proteste dei lavoratori, che temono per la propria salute, e le difficoltà nel limitare il numero degli ingressi. Il rischio infatti, è quello che i supermercati diventino i “nuovi parchi”, ovvero luoghi di aggregazione in cui la diffusione del virus è facilitata.
Dunque, si prospetta uno scenario instabile, che ad un boom iniziale degli incassi, potrebbe opporre importanti perdite di fatturato, con un aumento esponenziale degli acquisti online, che già ai primi di marzo hanno segnato un +97,2%.
Tuttavia, la GDO, per sedare le minacce, sta integrando – o potenziando – i servizi di delivery, che rappresentano una soluzione non solo per gli over 65, che sono i soggetti più a rischio, ma anche per il resto della popolazione. Siamo perciò di fronte ad una rivoluzione epocale, che potrebbe decretare le sorti del settore agroalimentare: la GDO si sta convertendo all’eGrocery.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/gdo-coronavirus-3.jpg518955Kevin Feragottohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngKevin Feragotto2020-03-26 10:33:352020-03-26 12:27:19Effetto COVID-19: la GDO torna in positivo e punta sull'eGrocery
a cura di Thomas Ducato, giornalista di Impactscool
Secondo un rapporto su alcune componenti, Tesla avrebbe un vantaggio tecnologico di 6 anni sui concorrenti
Il mercato dell’auto sta provando ad adattarsi al cambiamento ma la strada potrebbe essere lunga e complessa
Per i suoi utenti Tesla è molto più di un’auto: chi la sceglie non torna indietro
Il 5G potrebbe spingere verso la guida autonoma. Prima però, ci sono aspetti etici e normativi da affrontare
Al netto degli ultimi sviluppi dell’emergenza Coronavirus, la crescita di Tesla pare inarrestabile. La casa automobilistica di Elon Musk ha chiuso il 2019 mettendo a segno il miglior trimestre di sempre e ha raggiunto, nell’arco dell’anno, quota 367.500 vetture consegnate, in crescita del 50% rispetto al 2018. Sono tanti i fattori che hanno contribuito a questo risultato, dal livello tecnologico dell’azienda alla maggiore sensibilità della popolazione verso la tematica ambientale, che sta contribuendo all’accelerazione della conversione all’elettrico da parte degli automobilisti. Inoltre, c’è il tema della guida autonoma (anche se per il momento dovremmo definirla assistita), che potrebbe beneficiare in modo importante delle reti 5G e potrebbe spingerci verso un nuovo modo di vivere la mobilità.
Tesla sta propiziando una rivoluzione nel mercato dell’auto: quali sono i fattori di cambiamento? Ma soprattutto, siamo pronti?
Un successo costruito sulla tecnologia
Qualcuno ha attribuito i risultati ottenuti da Tesla a un’ottima strategia di marketing e alle grandi capacità di storyteller del suo CEO e fondatore Elon Musk. È innegabile che ci sia anche questo dietro al successo della casa americana, ma c’è anche molto altro. La capacità di innovare di Tesla è, dalla sua fondazione nel 2003, una delle caratteristiche chiave dell’azienda, che le ha permesso di attrarre investimenti e conquistare una leadership difficile da intaccare, anche dai colossi del settore. Basti pensare che aziende come Toyota e Volkswagen, che vendono ogni anno 10 milioni di auto, sul piano dell’innovazione sono ancora distanti dalle vetture di Musk.
L’editore Nikkei Business Publications sostiene che l’elettronica di Tesla abbia addirittura 6 anni di vantaggio rispetto a quella delle concorrenti. È il risultato di un rapporto realizzato dallo stesso editore, che ha evidenziato le profonde differenze di progettazione e utilizzo di sistemi tecnologici tra Tesla e i concorrenti. Secondo gli ingegneri che hanno curato il documento alcune componenti, come l’hardware che gestisce i sistemi di ausilio alla guida, potranno essere presente sui modelli degli altri costruttori non prima del 2025. Un vantaggio competitivo enorme che trova origine in scelte strategiche ben definite: Tesla ha creato il suo successo sull’innovazione e il motore elettrico, rendendo potenzialmente obsoleto il mercato dell’auto come lo conosciamo oggi. E le grandi aziende del settore non possono ancora permettersi questa rivoluzione sotto diversi punti di vista.
L’uragano Tesla e il mercato dell’auto
La crescita di Tesla e l’aumento della fetta del mercato dell’elettrico, complice un maggior interesse verso le tematiche ambientale, obbliga anche le case automobilistiche storiche a rivedere le proprie strategie. Ma le loro possibilità economiche e la conseguente capacità di innovare in poco tempo, spingono a credere che il motivo del ritardo non sia solo di tipo tecnologico: l’utilizzo su larga scala di sistemi elettronici tipo quelli di Tesla ridurrebbe drasticamente il numero di centraline elettroniche in auto, con effetti catastrofici su moltissimi fornitori delle grandi case e sui loro dipendenti.
Oggi, però, il mercato inizia a risentirne e il caso della Germania in questo senso è emblematico: alla fine del 2019 prima Audi e in seguito Daimler, la casa madre della Mercedes, hanno annunciato il taglio di decine di migliaia di posti di lavoro.
Secondo l’opinione di analisti ed esperti i costruttori tedeschi stanno iniziando a pagare i ritardi nello sviluppo della mobilità green e la mancata capacità di prevedere in anticipo la volontà dei consumatori di convertirsi all’elettrico. La mobilità green è un trend ben avviato, come confermato anche dai dati sulle vendite del 2019 dove in Germania si è registrato un +75% di nuove immatricolazioni di auto a motorizzazione alternativa, dato che a livello europeo si è attestato al +41%. E il 2020 è iniziato sulla scia del precedente con un incremento sensibile delle vendite di auto elettriche pure.
Se ne è accorta la General Motors, che da qualche settimana ha presentato la sua strategia per i veicoli elettrici, con l’obiettivo di comunicare a clienti e investitori quanto sia decisa ad abbracciare l’elettrico nel prossimo futuro.
Ma qualcuno non sembra essere pronto: Audi, a fine febbraio, ha annunciato di aver interrotto la produzione del suo SUV E-Tron per risolvere i problemi di produzione, compresi quelli legati alla fornitura di batterie, sottolineando le difficoltà che le case tradizionali affrontano per potenziare la loro gamma elettrica. Volkswagen, dal canto suo, ha annunciato che investirà 60 miliardi di euro entro il 2024 per sviluppare l’auto del futuro, attraverso ibridizzazione, mobilità elettrica e digitalizzazione.
La sfida a Tesla, dunque, è stata lanciata e possiamo dire che Elon Musk l’ha raccolta e ha rilanciato: ha scelto (non a caso) l’area di Berlino per costruire la sua prima fabbrica europea.
Molto più di un’auto per i suoi clienti
“I possessori di Tesla non condividono solo la stessa auto, ma abbracciano una visione comune che permette di creare un forte senso di appartenenza. Chi sceglie Tesla difficilmente torna indietro”. Sono le parole di Federico Lagni, Fondatore e Presidente di Tesla Club Italy, associazione no profit indipendente rispetto alla casa automobilistica, che riunisce attorno a sé persone da tutta Italia: una vera e propria community, nata con l’obiettivo di informare sul mondo dei motori elettrici e sensibilizzare le persone sulla mobilità green.
Si tratta del primo club Tesla in Italia e tra i primissimi al mondo, fondato circa 10 anni fa quando l’azienda di Musk muoveva i suoi primi passi sul mercato. “Tesla ha preso un foglio completamente bianco e ha iniziato a costruirci sopra un progetto – ci ha spiegato -. È questo uno degli aspetti che attrae di Tesla: nonostante sia una casa giovane è riuscita in poco tempo a creare un qualcosa di completamente nuovo e i risultati le stanno dando ragione. Dall’altro lato i clienti apprezzano moltissimo gli obiettivi di Tesla sul fronte ambientale e la maggiore sensibilità verso queste tematiche sta contribuendo alla sua crescita, anche se non è l’unica ragione”. A chi critica le auto elettriche perché utilizzano energia prodotta da fonti non esclusivamente pulite, Lagni risponde: “È vero, ma anche considerando ciò, un’auto elettrica è di gran lunga più sostenibile rispetto ad un’auto endotermica, visto che, ricordiamolo, oltre la CO2 (che comunque un’auto elettrica non emette) un altro aspetto fondamentale è l’emissione di polveri sottili nell’aria che respiriamo. Le auto elettriche permettono di ridurre l’inquinamento, è un grande successo”.
Ma la missione di Tesla, secondo la community italiana, va oltre la sostenibilità: “Alla base del progetto – prosegue Lagni – parte da diverse necessità: non solo quella di limitare l’inquinamento, ma anche garantire la sicurezza. Grazie alla tecnologia sta cercando di risolvere una serie di problemi”.
Performance delle batterie e smaltimento
Le batterie sono oggi considerati uno dei grandi limiti per la diffusione su larga scala del mercato elettrico: l’autonomia limitata spinge gli automobilisti verso un nuovo modo di vivere il viaggio, da organizzare in funzione della necessità di caricare l’auto. Inoltre, proprio il costo delle batterie incide in misura importante sul prezzo. Per questo Tesla ha deciso di lavorare molto su questa componente, con l’obiettivo di produrne di più economiche, sostenibili ed efficienti. Nel frattempo un primo passo verso un miglioramento delle prestazioni è stato annunciato da Musk attraverso Twitter, suo canale preferito: è in arrivo un aggiornamento software Over-The-Air, quello di gestione della carica, che aumenterà l’autonomia di Model S e Model X.
Ma guai a considerarla come un’auto con cui non si può viaggiare: “Un’analisi che abbiamo fatto nel 2017 su circa 50 possessori di Tesla – prosegue Lagni – ha dimostrato come questa sia a un’ auto anche per lunghe percorrenze: la media dei chilometri percorsi durante un anno è di 52mila, un dato decisamente elevato. Il campione è piccolo ma è già indicativo e con queste cifre il risparmio economico diventa considerevole”.
L’altra perplessità è legata allo smaltimento di queste batterie: hanno una vita media di 8-10 anni e rappresentano un rifiuto molto inquinante, infiammabile e quindi pericoloso. Potremmo dunque trovarci con meno emissioni, ma tra circa un decennio potremmo avere un nuovo problema da affrontare. Un brevetto italiano, però, potrebbe permettere di riciclare le componenti delle batterie a ioni di litio esauste, con benefici non solo per l’ambiente ma anche economici dato che si tratta di materiali molto costosi, la cui estrazione ha anche un costo sociale molto elevato.
Il futuro della mobilità intelligente e le reti 5G
Non sono elettrica e green, ma anche tecnologica e “intelligente”. Il sistema di guida assistita di Tesla offre già oggi prestazioni ben al di sopra rispetto a quelle dei competitor.
Tutto questo potrebbe fare un ulteriore scatto in avanti grazie alla diffusione delle reti 5G. “In generale – ha spiegato a Impactscool Magazine Roberto Riggio, a capo dell’unità Wireless and Networked Systems del centro di ricerca CREATE -NET di FBK – il 5G non porterà solo a una connessione più veloce ma è un vero e proprio cambio di paradigma, non una semplice evoluzione. Aprirà la strada a servizi che erano prima impensabili. Il parallelo che si può fare è con l’arrivo del 3G, che ha permesso la diffusione degli smartphone e del video streaming. Il 5G, oltre a portare un’evoluzione di questi servizi di base, consentirà la nascita di nuovi servizi avanzati e verticali, specifici ad esempio per l’industria 4.0 o il settore automotive. Oltre alla maggiore capacità della rete, il 5G offre la possibilità di supportare servizi e applicazioni che vengono chiamati a bassa latenza e alta affidabilità: una rete che può rispondere in pochi millisecondi a diverse esigenze, come quelle che arrivano da auto autonome e intelligenti, che potranno condividere informazioni in tempo reale e creare una visione dettagliata di quello che accade intorno a loro”.
Riggio, con la Fondazione Bruno Kessler, è coinvolto nel progetto 5G Carmen, finanziato attraverso il programma Horizon 2020 con 18,5 milioni di euro, che ha l’obiettivo di testare la mobilità autonoma e connessa nel corridoio Monaco-Bologna. “Il progetto – ci ha spiegato – coinvolge diverse realtà industriali e enti di ricerca ed è stato il primo progetto dedicato al 5G che sarà transnazionale (è partito a fine 2018 e proseguirà fino a fine 2021 nrd).
L’obiettivo è quello di validare le reti cellulari di quinta generazione in un contesto automotive, per realizzare casi d’uso innovativi legati alla mobilità connessa. Il progetto riguarderà sia vetture a guida autonoma, in cui il 5G sarà a supporto della macchina per fornire informazione e migliorarne le prestazioni, sia quelle non autonome, toccando ambiti come la sicurezza e il soccorso stradale”.
In questo senso si va verso una mobilità collaborativa, in cui le auto si parlano tra loro, comunicano attraverso sensori e dati, e garantiscono una maggiore efficienza e funzionalità della mobilità
Restano però da affrontare una serie di questione di natura etica e legale, come dimostrano le polemiche ancora vive e accese legate all’incidente che ha coinvolto una Tesla con guida assistita attiva nel 2018 e che ha portato alla morte di un uomo.
“Il fatto che una macchina diventi un agente autonomo, – ci ha detto Cristina Pozzi, CEO e Co-founder di Impactscool – un oggetto in grado di muoversi senza istruzioni precise, ma reagendo al contesto, ci pone di fronte a un tema di responsabilità e sicurezza enorme. E anche se i dati ad oggi in nostro possesso mostrano che le auto a guida semi-autonoma che esistono sul mercato hanno meno incidenti per kilometro percorso, resta il fatto che non possiamo deresponsabilizzare gli esseri umani addossando le colpe di un errore alle macchine. Per questo in Europa è stata istituita una vera e propria personalità giuridica per le macchine – Electronic Personhood – che ci metta in grado di garantire il giusto quadro legale (e etico anche se le due cose non coincidono) e di stabilire doveri, diritti e responsabilità dei soggetti coinvolti, con trasparenza.”
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/11/tesla-space.jpg358642Impactscoolhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngImpactscool2020-03-25 16:22:552020-03-27 10:54:08La crescita di Tesla, tra vantaggio tecnologico e politiche green
Sono tante le “sfide” che si susseguono sul social preferito dalla Gen Z: la “Salt Challenge”, vede gli adolescenti versare il sale direttamente in bocca dal contenitore; partito dagli Stati Uniti, anche il #Coronaviruschallenge ha raccolto sempre più video;
Si tratta di pratiche preoccupanti non solo per i genitori di questi ragazzi, ma anche per il social, che in questo periodo ha messo in campo diverse armi per combattere la disinformazione sulla pandemia.
Dagli uomini che intingono parti del corpo nella salsa di soia agli adolescenti che mettono le monete nei caricabatterie per iPhone, nelle ultime settimane sono circolate su TikTok una serie di challenge molto bizzarre.
Ma cosa sono le #Challenge?
L’ecosistema di questa piattaforma ha una particolarità che piace moltissimo agli utenti, le Hashtag Challenge. Gli utenti, applicando la loro creatività, lanciano un messaggio con un determinato tema sensibile o in tendenza. In genere si tratta di sfide positive o divertenti come: #forclimate, #simpaticissimi, #diconodime, #scherziepici, #halloweenmakeup, #keepltvigorsol e #consigliperte.
Il nome della sfida viene assegnato con un #hashtag per facilitarne la riconoscibilità e la ricerca. Anche i brand più importanti stanno cercando di creare e alimentare queste attività puntando ad una diffusione virale tipica del social.
Ora però, ha iniziato a circolare una tendenza molto pericolosa che consiste nell’ingerire un’enorme quantità di sale postando il video sulla piattaforma. La sfida definita “Salt Challenge“, vede gli adolescenti versare il sale direttamente in bocca dal contenitore.
Mentre il gesto è probabilmente visto dai ragazzi come un divertimento, il fenomeno preoccupa molto medici e genitori.
Quali sono i rischi per la salute?
Il Dottor Simran Deo ha dichiarato: “Come medico raccomando vivamente alle persone di non partecipare a questa attività. Mangiare troppo sale fa molto male alla salute sia immediatamente che a lungo termine”.
Nel breve periodo, a seconda di quanto ne hai ingerito, mangiare troppo sale può essere velenoso per l’organismo. Questo perché aumenta il livello di sodio nel nostro corpo, che può causare sete intensa, confusione, nausea e vomito. In casi estremi può anche portare a convulsioni, coma o può essere fatale poiché gli alti livelli di sodio fanno sì che il cervello si gonfi all’interno del cranio.
Nel lungo periodo invece, mangiare troppo sale nella vita quotidiana influisce sulla pressione sanguigna. Questo perché fa sì che il corpo trattenga troppa acqua, e lo sforzo di pompare il liquido aggiuntivo intorno al corpo fa lavorare il cuore più duramente. Oltre allo sforzo sul cuore, può portare a malattie cardiovascolari come infarto e ictus, pressione alta, mal di testa, calcoli renali e malattie renali.
Un altro fenomeno che si sta diffondendo sul social TikTok nelle ultime settimane ha dell’incredibile vista l’emergenza che sta attraversando non solo il nostro Paese ma il mondo intero. Si tratta di una challenge chiamata #Coronaviruschallenge che ritrae giovani TikToker leccare parti della casa come maniglie o tavolette del wc.
Un trend partito dagli Stati Uniti, in particolare dalla influencer Ava Louise, ripresa mentre durante un volo lecca la tavoletta del wc. Inutile dirlo, ma il video ha fatto il giro del web in poche ore provocando indignazione ma anche seguito per la ragazza trovando supporter in tutto il mondo pronti ad emulare tale gesto.
I social possono essere un mezzo per creare community, apprendere ed aiutare il prossimo ma data la situazione queste persone andrebbero sanzionate nel rispetto della pubblica sicurezza.
“La sicurezza e il benessere dei nostri utenti sono una priorità assoluta per TikTok – ci fa sapere un portavoce dell’azienda -. Come è specificato nelle nostre Linee Guida della community, non consentiamo contenuti che incoraggiano, promuovono o esaltano sfide pericolose che potrebbero causare lesioni. Inoltre, non consentiamo agli utenti di incoraggiare gli altri a prendere parte ad attività pericolose. Questa tipologia di contenuti è una violazione delle nostre linee guida e continueremo a rimuoverli dalla nostra piattaforma. Per mantenere TikTok un luogo sicuro, forniamo una serie di impostazioni di sicurezza all’interno della app e risorse informative nel nostro Centro sicurezza”.
Cosa possiamo fare per arginare il fenomeno?
Quello che ogni utente può fare quando naviga all’interno del social, per evitare che il fenomeno si diffonda, è:
segnalare i video con questi contenuti;
non condividere o mettere like a video di questa natura.
Sul sito di TikTok è inoltre disponibile una sezione che include tutte le risorse a disposizione della Community in merito all’emergenza Covid-19.
Tutti gli utenti dovrebbero vigilare con attenzione sulla piattaforma utilizzando i social in modo responsabile ma sopratutto intelligente.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/tiktok-challenge.jpg542990Michele Miconihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMichele Miconi2020-03-25 12:30:322020-03-27 10:34:04TikTok Challenge: Salt e Coronavirus, le due sfide che preoccupano medici e genitori
Non è certo una novità che il mondo digitale stia ormai nel palmo della mano: i tempi in cui gli utenti utilizzavano internet come un sistema asincrono, preventivo, facendo ricerche e richieste per il futuro sono ormai lontani.
Oggi chi accede alla rete cerca informazioni puntuali, in tempo reale. Vuole sapere ciò che lo circonda, e dà per scontata la geolocalizzazione. Si aspetta notizie aggiornate al secondo, in un mondo in cui ormai spesso i social forniscono aggiornamenti su temi scottanti più in fretta dei media. Dà per scontato che i brand, quando interagiscono online, siano tanto veloci, tecnologici e smart quanto lo è lui stesso.
Anche quando parliamo di eCommerce, secondo l’ultimo Report Digital 2020di We Are Social, “quasi 3 utenti internet su 4 (74%) hanno acquistato prodotti online nell’ultimo mese con device mobili, che superano desktop e laptop attestandosi al 52% di device share per pagamenti online: è la prima volta che registriamo questo sorpasso”.
È un mondo nuovo, diverso, a cui chi voglia sfruttare le potenzialità del digitale si deve adeguare e anche velocemente.
Se da un lato Google sta lavorando da diversi anni a soluzioni e strumenti per il mobile, anticipando il mercato e le esigenze di imprese, brand e consumatori, anche Accenture ha colto questa grande sfida con la recente creazione della sua Mobile Factory, con team dedicati che possano traghettare in maniera molto veloce le aziende da una sponda all’altra di questo cambiamento.
La collaborazione fa leva sulla capacità di adattare e rendere fruibile la tecnologia per andare veramente verso il mondo mobile, abbracciando un paradigma completamente nuovo nella sua interezza, con metodologie e programmi che possano essere adottati velocemente e accelerare la crescita delle performance mobile.
Le esigenze del nuovo mondo mobile first
Sull’onda di questo crescente trend, già dalla fine del 2015 Google aveva iniziato a dare centralità alle AMP, acronimo di Accelerated Mobile Pages, con un progetto Open Source pensato per rendere più accessibili i contenuti via mobile web e per migliorare le prestazioni dei siti su questi device. Un progetto che si è evoluto negli anni successivi all’interno di un ecosistema mobile nel quale oggi termini come speed e PWA (progressive web App) sono ormai entrati a far parte del linguaggio comune nel mondo digitale.
Lo ha confermato Davide Contrini, Managing Director Accenture Interactive, responsabile per il Digital Marketing: “L’utente ormai ha accesso all’informazione via mobile in maniera totale, continua. La fruizione di qualunque contenuto tramite questi device deve essere molto più veloce, tenendo anche conto delle esigenze di localizzazione e di sincronicità: gli utenti spesso cercano risposte da un brand, e vogliono da esso una risposta istantanea e precisa”.
Più veloce è il caricamento di una pagina, più velocemente questa potrà essere visualizzata dai visitatori. Dal punto di vista del consumatore, questo è uno degli elementi più importanti di un sito. Come dicevamo, le persone non vogliono aspettare. Un ritardo di un secondo può significare la differenza tra una conversione o un abbandono.
In effetti, lo dimostrano chiaramente i dati: i tassi di abbandono se non viene erogato un contenuto in meno di 3 secondi aumentano esponenzialmente. Sopra questo tempo, più di due terzi dei consumatori lascia il sito. Questo ovviamente ha un impatto enorme, specie nel mondo degli acquisti online.
La capacità di fornire il contenuto in maniera veloce e allineata all’immagine del brand, specie se il canale online è transazionale, è fondamentale.
Per molto tempo le aziende e gli enti italiani non hanno tenuto conto dell’evoluzione delle esigenze e del comportamento dei propri clienti, ma ormai nessuno può negare che i tempi siano cambiati. È già storia come l’uso di internet da mobile abbia superato quello da desktop anche nel nostro Paese.
Google ha registrato questo cambiamento dal punto di vista delle queries effettuate da questi dispositivi: l’incremento di ricerche del tipo “pizzeria più vicina aperta adesso” denotano un cambio totale di scenario. La necessità oggi è quella di rispondere a un bisogno in tempo reale, con informazioni minimali (e pochi passaggi intermedi per ottenerle) ma accurate. Non importa a nessuno sapere le pizzerie vicine se sono chiuse, o quelle aperte adesso che però non sono a portata (quindi, ricerche anche geolocalizzate). È richiesto un approccio totalmente diverso da quello del mondo desktop, e le aziende che non riescono a stare al passo moriranno presto.
Lo conferma Paola Marazzini, Director Agency and Strategic Partnerships di Google Italia: “In questo scenario è fondamentale per le aziende avere asset digitali che forniscano un’esperienza informativa, di consumo e di intrattenimento all’altezza delle aspettative, sempre più alte.
I consumatori sono sempre più curiosi, cercano di tutto, non solo informazioni ad alto valore aggiunto: sono loro stessi a stabilire il valore di ciò che c’è online”.
Spesso l’ottimizzazione per il mobile è stata considerata come l’ “ultimo miglio” delle strategie digitali, utilizzando plugin che facessero velocemente il lavoro di convertire pagine tradizionali in pagine veloci e mobile-friendly. Con il rischio però di non rendersi conto che, se non si cura adeguatamente questo aspetto, si rischia di vanificare tutto il resto del lavoro.
Uno scenario cambiato che unisce Accenture e Google nel sostenere che parlare di AMP ormai non è più sufficiente: è tutto l’ecosistema web che deve essere preso in considerazione in veste mobile.
Aziende e addetti ai lavori hanno estremo bisogno di soluzioni che permettano di fornire ai propri clienti la miglior modalità di accesso a quello che è il sistema più utilizzato per navigare in rete.
Le skill per portare la tua azienda nel futuro
Per “fare mobile” internamente è necessario allocare risorse importanti: il supporto di un partner esterno e di fiducia può essere fondamentale per ottenere metodologie e skill che aiutino le aziende attraverso questa straordinariamente delicata trasformazione.
Nelle esperienze multicanale, il mobile è sia il punto d’ingresso che l’ultimo miglio dei consumatori. Tutti i settori industriali sono impattati, il B2C in maniera solo apparentemente più diretta che il B2B.
Skill e competenze tecniche sono indispensabili per acquisire la giusta tecnologia, ma anche i corretti metodi e una visione di indirizzo di un mercato in continua evoluzione.
Se ne parla da molto tempo, certo, ma ora ci stiamo davvero addentrando in questo nuovo mondo anche in termini di offerte create ad hoc per il mobile. La capacità di guidare l’evoluzione su questo tipo di tematiche sarà quindi fondamentale.
In un mondo sempre più connesso e sempre più mobile, i confini fisici decadono: l’esperienza utente e la capacità delle aziende di non sprecare il patrimonio di relazione costruito finora saranno sempre più importanti. L’obiettivo finale è quello di cavalcare davvero quest’onda con una visione integrata della navigazione mobile.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/02/mobile-factory-accenture-google-3.jpg624959Ilaria Cazziolhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIlaria Cazziol2020-03-25 11:30:012020-03-31 08:47:19Cosa significa avere un approccio mobile first e quali sono i vantaggi per le aziende italiane
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